Rassegna Stampa - Gennaio 2008

Author mug

Dal Web

Laver: “Nessuno come Federer”
MatchPoint

http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1342

Federer appare in difficoltà? In soccorso del numero uno, almeno a livello psicologico, accorre niente meno che Rod Laver. Tra fuoriclasse ci si intende, e si comprendono anche gli inevitabili momenti duri che capitano nel corso di una carriera ad altissimi livelli. Così, l’unico giocatore della storia ad aver realizzato per due volte il Grande Slam, intervistato da “L’Equipe”, ha espresso solo opinioni positive riguardo all’elvetico, reduce dalla dura sconfitta con Novak Djokovic nelle semifinali degli Australian Open. “Federer finito? Macché, non scherziamo”, ha dichiarato il mancino di Rockhampton “la sua capacità di coprire il campo ed il senso dell’anticipo sono pazzeschi, senza paragoni, e lo rendono un giocatore diverso da chiunque altro sul circuito. Nessuno è come lui: non è mai fuori posizione, possiede tutti i colpi e, inoltre, il suo servizio è molto migliorato da un anno a questa parte”. Laver è stato poi interpellato poi sulle chance del 26enne di Basilea di conquistare l’unico Major che ancora manca alla sua collezione, il Roland Garros. “Sono certo che Roger sia deluso e seccato per non aver ancora mai vinto Parigi. Poteva esserci riuscito l’anno scorso. Ovviamente avrebbe già alzato il trofeo se non ci fosse Nadal, che sulla terra è veramente incredibile”.

Obiettivo leadership
Tennis.it http://www.tennis.it/article.aspx?
Dopo la vittoria in Australia, Novak Djokovic vuole diventare “number one”

Novak Djokovic ha siglato il suo primo torneo dello Slam proprio a inizio stagione seguendo così alla lettera i suoi programmi. “Il 2007 doveva essere l’anno dei primi grandi risultati”, ha dichiarato dopo il grande trionfo. E così è stato. “il 2008 - ha continuato - doveva essere quello dello Slam”. Anche qui il serbo non ha fallito. Se non c’è due senza tre, a breve “Nole” dovrebbe raggiungere anche l’altro importante obiettivo: “Il mio punto d’arrivo – ha sottolineato – è sempre stato diventare il n.1 del mondo”. Sicuramente il ventenne di Belgrado di strada ne ha fatta parecchia, attualmente è il n.3 della classifica Atp, ma sa che dovrà lavorare ancora molto su alcuni colpi come il servizio e la volée. Circa un anno fa Novak e il suo allenatore Marian Vadja avevano deciso di ricorrere all’ex-doppista australiano Mark Woodforde proprio per migliorare il gioco al volo e, visti gli ottimi risultati, stanno pensando di prolungare questa collaborazione. Per ora lasciamo al simpatico ragazzone dalla folta chioma corvina qualche giorno per godersi il suo fantastico exploit che dedica tutto alla sua famiglia (composta dai genitori Srdjane e Dijana e dai fratelli minori Marko e Djordje), con la quale domenica scorsa ha festeggiato fino alle 2.30 del mattino. “Ho fatto sollevare il trofeo ad ognuno dei miei per vedere le loro facce - ha raccontato - d’altronde, questo successo non è solo mio, ma anche di chi mi ha sempre sostenuto”. Nonostante giochi spesso a fare il “buffone” avevamo capito che “Nole”, in fondo, è veramente un ragazzo con la testa sulle spalle!

Bravo, sette più!
Wild Card
http://federico-ferrero.blogspot.com/

Premessa per fatto personale: questo è un blog, posso contravvenire alla regola aurea dell’interesse generale. Di seguito troverete quindi il mio punto di vista sulle pagelle date da giornalisti a giornalisti; da tempo c’è chi mi inoltra le pagine web in cui vengono giudicati i telecronisti di tennis su Eurosport e mi chiede un parere. Eccolo. Da quando Eurosport mise improvvidamente in testa allo scrivente una cuffia microfonata tocca pure a lui sottostare alla legge della tivvù per la quale si esiste al mondo solo se certificati dall’arma finale del dottor Goebbels. Per cinque anni ho scritto articoli, interviste etcetera su Il Tennis Italiano ricevendo, non di rado, riscontri scritti da parte dei lettori. La televisione, però, fa parlare di sé (letteralmente) e in misura esponenziale: sul forum del più conosciuto giornalista di tennis nostrano per esempio (sì, Rino Tommasi, che peraltro so del tutto ignaro della gestione e dei contenuti dello stesso) in questi due anni e mezzo mi è capitato di leggere- di un ragazzo barese la cui cugina voleva conoscermi perché secondo lei, a quanto pare, avevo una voce sexy- di sentirmi definire “uno con una voce autoptica” da un utente che si firmava Gil Grissom - di leggere “quello lì è un’idiota” (sic, con annesso apostrofo)- di essere pesantemente criticato per non aver lodato appieno le virtù di volleatore di Melzer, per non aver ricordato i risultati di Cuevas al challenger di Calabasas, per aver tifato apertamente contro Nadal - di essere un raccomandato, senza purtroppo citazione del raccomandante (cugino di Juan Carlos, azzardò un solitario).- di avere una erre moscia meneghina (due inesattezze in una, permettetemi: è un rotacismo ed è tipicamente sabaudo) - di essere parente di Antonio Costanzo (ma perché?). Rispetto agli anni passati, nei quali la pigrizia di scrivere una lettera e di imbucarla con ottocento lire di francobollo inibiva il commento libero - soprattutto quello da bar - Internet offre immediatezza nella comunicazione e soprattutto garanzia (fatte salve indagini per azioni penali) di anonimato. E così molti si sentono liberi di tirare il sasso: lo posso affermare con cognizione di causa avendo iniziato il cammino nel tennis con una furiosa tirata sul web contro i giornalisti “arrivati”, dando sostanzialmente del cretinotto a un vicedirettore perché aveva citato scorrettamente il match point della finale di Wimbledon 1989 tra Becker ed Edberg. Vicedirettore che un dì, anni dopo, mi trovai di fronte a colloquio: a differenza mia non aveva dimenticato l’episodio… ed è una lezione che non ho scordato. Se però dall’umana tentazione di leggere i giudizi degli utenti sul mio conto mi sono, dopo una iniziale e credo per chiunque imprescindibile curiosità, astenuto altro discorso è la pagella. Tutti i telecronisti che conosco, che lo ammettano o no, bene o male leggono o hanno letto pagelle. Nel tennis italiano la moda delle valutazioni dei telecronisti è stata lanciata da uno dei senatori del giornalismo tennistico, Ubaldo Scanagatta, che nel suo blog ospita quelle vergate da un utente anonimo (si fa chiamare Marcos) e quelle di Andrea Scanzi, giornalista della Stampa, affermato scrittore nella scuderia Mondadori e assiduo frequentatore del forum di Rino Tommasi, dove firma i suoi interventi con il nickname di Edberg74. Proprio parlando con i miei colleghi di telecronaca - e non solo - è capitato di discutere su opportunità e limiti dei voti al proprio lavoro da parte di chi fa lo stesso mestiere. C’è chi - quasi tutti, per il vero - è totalmente contrario: è come se i professori, in un collegio docenti, dessero ciascuno il proprio voto agli altri insegnanti. In parte sono d’accordo: pur avendo opinioni ormai piuttosto circostanziate su chi scrive e parla di tennis in Italia non me la sentirei di pubblicare una classifica degli articoli e delle telecronache. Credo, tuttavia, che si possa accettare una pagella tenendo come discrimine il merito: con ironia e per divertissement si può dire quasi tutto. A volte ci si prende troppa libertà, quella che allo stadio permette a ciascuno di urlare ciò che si vuole perché protetto dall’anonimato della folla: Scanzi è un’ottima penna ma si piace un po’ troppo e gli capita di tracimare, come usava dire l’insuperato Remo Gaspari, quando si lancia in considerazioni troppo intime su gusti e qualità personali dei commentatori facendosi scudo dell’argomento per cui paga un abbonamento e ha il diritto di dire ciò che vuole sul prodotto acquistato (o che firma in prima pagina su un quotidiano nazionale, o entrambe le cose). Tutto vero, come è vero che in edicola io pago un euro per La Stampa e tuttavia mi troverei in ambasce a pubblicare su Internet una mia pagella con l’autopsia dei suoi articoli. Non è una difesa corporativa dell’ordine dei giornalisti. Anzi. Detesto l’ordine nella sua forma: solo i giornalisti si coalizzano in una corporazione che non ha barriere all’ingresso (avvocati, commercialisti e ingegneri hanno alle spalle una laurea, una pratica e un esame di Stato serio, i giornalisti no e la mia speranza è che l’Unione Europea intervenga presto per costringere l’Italia a cambiare la legge). In definitiva? Marcos 6,5 (comprensivo della pazienza nello sbobinare una cronaca da capo a fondo: ma come fa? Si firmasse con nome e cognome prenderebbe mezzo voto in più). Andrea Scanzi 5,75 (media tra il sette e mezzo per le qualità scrittorie e il quattro per gli slanci narciso-boccacceschi; voto insufficiente anche per il “buco giornalistico” recentemente preso giacché disse di non riuscire a spiegarsi come mai un mio compagno di telecronache esaltasse le imprese di Andreas Seppi, mostrando di non sapere che trattasi del suo manager. Peccato!). Chiudo qui, grazie per la pazienza, non ci sarà una seconda puntata!

Atp Vina Del Mar: Fognini, che sofferenza!
TennisTeen
http://www.tennisteen.it/notizie/

Dopo una durissima battaglia Fabio Fognini supera il qualificato spagnolo David Marrero e si guadagna l’accesso ai quarti di finale di un torneo atp per la prima volta in carriera. Due ore e dodici minuti, questo il tempo impiegato da Fabio Fognini per guadagnarsi l’accesso per la prima volta in carriera nei quarti di finale di un torneo del circuito maggiore, precisamente in quel di Vina Del Mar, sui campi in terra rossa cileni.
Da salvare però, nella prestazione odierna, c’è solo il risultato, data la fin troppa fatica con la quale il tennista ligure ha piegato la resistenza del qualificato spagnolo David Marrero, apparso in alcuni tratti del match addirittura ingiocabile. Infatti, dopo un inizio caratterizzato da un dominio assoluto da parte di Fognini, che saliva in pochi attimi sul 5-1, l’incontro cambiava rotta e l’iberico rimontava fino al 5-4, game nel quale però fortunatamente Fabio riusciva a tenere la battuta a zero e ad aggiudicarsi il primo set. Iniziavano però ad evidenziarsi le difficoltà del tennista ligure ed infatti nel secondo era lo spagnolo a tenere con più facilità i turni di servizi, prolungando la frazione fino al tie break, nel quale Marrero non tremava e chiudeva per sette punti a cinque. Nella terza frazione tornava il Fognini d’inizio match, e dopo alcuni games di sostanziale equilibrio, il ligure prendeva il largo grazie ad un break realizzato nel terzo gioco e chiudeva per 6-3 dopo aver anche sprecato in precedenza un match point sul servizio avverso. In ogni caso, a parte il risultato, dal punto di vista del gioco c’è poco o niente da salvare quest’oggi, in special modo la percentuale di prime palle servite nel corso dell’incontro , che in alcuni tratti è stata anche al di sotto del 50%. Nei quarti di finale l’allievo di Oscar Serrano se la vedrà con un altro tennista spagnolo, vale a dire Santiago Ventura, che è uscito vincitore da un thriller contro Sergio Roitman, imponendosi solo per 7-6 al terzo set dopo aver servito precedentemente per il match per ben tre volte nel corso dell’ultima frazione.

Intervista a Rianna
Tennis Ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096

Con Umberto Rianna facciamo il punto della situazione sui suoi ragazzi. Massimo Dell’Acqua che tenta l’incredibile rimonta, Potito Starace che si prepara al rientro e Daniele Bracciali che sta recuperando dall’operazione alla spalla. Allora Umberto come sta Massimo? Sta bene, ieri ha giocato anche contro Potito, l’ho visto bene. Ma cosa era successo? Lui ha avuto un problema alla spalla. Sentiva qualcosa già la prima settimana. Gli ho detto di continuare il torneo (che poi ha vinto…), Nel secondo Futures invece non riusciva più a servire, Adesso sta bene, ed è pronto per Bergamo.…Parliamo di Potito, come sta? Sta bene, è pronto a ricominciare. Fisicamente mi hanno detto che sta molto bene. Si è vero e anche in campo sta giocando bene, il problema è un altro. Quale? Vedere come ha reagito alla squalifica. Io purtroppo non posso entrare nella sua testa e vedere come sta. Potrebbe giocare con maggior rabbia o fare difficoltà a riprendere il suo tennis. Si parte da Costa do Sauipe giusto? Si partiamo lunedì perché voglio che Poto si abitui subito alle nuove condizioni climatiche…Poi Las Vegas?Noi ci siamo iscritti, la trasferta sembra molto lunga, valuteremo poi il da farsi. Se sulla terra rossa dovrebbe andare bene quasi sicuramente faremo Las Vegas, se invece dovesse perdere subito sul rosso, magari torniamo in Italia e poi andiamo negli Stati Uniti per i due Masters Series…Bracciali invece come sta?Si è operato come sai, è andato tutto bene. Secondo il primo responso sta avanti sulla tabella di marcia….Difficile a dirsi, noi cercheremo di rimetterlo in campo subito dopo la squalifica, speriamo di riuscirci.
Dal Web

Tennis. Fed Cup, Pennetta: “Ambiente ideale per vincere”
Resport.it
http://www.resport.it/leggi.asp?id=13914&idcat=9&t=c

Morale alle stelle, commenti entusiastici. È un bel clima quello che si vive all’interno della Nazionale italiana in vista della sfida con la Spagna, in programma nel fine settimana al Palavesuvio del quartiere Ponticelli di Napoli e valido per i quarti di finale della Fed Cup,il campionato del mondo a squadre di tennis femminile. Dopo le parole di elogio del capitano Corrado Barazzutti, sono le atlete a plaudire allo sforzo profuso dagli organizzatori, le società Tennis Event e Garden Vesuvio 1972 capeggiate da Carmine e Andrea Palumbo. Al termine dell’allenamento di questa mattina, dalle 12 alle 15, prima Flavia Pennetta e poi Tathiana Garbin hanno avuto apprezzamenti per il centrale allestito per l’occasione al Palavesuvio: “Il palazzetto è bello, il campo è perfetto – dice Flavia Pennetta –. Era proprio come lo volevamo. Siamo cariche, abbiamo voglia di iniziare bene questa nuova avventura che, specie dopo i risultati degli ultimi due anni, ci vede partire come una delle compagini da battere. Favorite contro le iberiche? Sulla carta è così, ma la Fed Cup ci ha sempre abituate a stare attente ai pronostici. In fondo noi lo sappiamo bene: nessuno, nel 2006, quando abbiamo poi vinto, ci dava tra le nazionali favorite”. Poi un pensiero al pubblico napoletano: “Siamo sicure – dice ancora Pennetta – che saprà darci la spinta giusta per battere la Spagna. In fondo il pubblico meridionale sa essere sempre vicina all’Italia nei momenti che contano, e anche il fatto che i napoletani stanno recandosi in massa ad acquistare i biglietti ne è la riprova”. Sulla stessa lunghezza d’onda Tathiana Garbin: “La superficie – sostiene la tennista di Mestre – è come l’avevamo chiesta. In fondo volevano un campo simile a quello sul quale abbiamo giocato la finale dello scorso anno contro la Russia. Anche il palazzetto è davvero bello. Un bel colpo d’occhio adesso che è vuoto: figuriamoci quando sarà pieno di tifosi”. Anche Tathiana Garbin parla del match con la Spagna e soprattutto dei favori del pronostico: “In questi ultimi anni – conclude – abbiamo dimostrato di essere un bel gruppo, tra le più forti nazionali in circolazione. I favori della vigilia sono giusti:spetta a noi dimostrare di meritarceli”. Prosegue a gonfie vele, intanto, la prevendita dei biglietti. Restano a disposizione degli appassionati poco più di 400 biglietti, che gli organizzatori contano di vendere prima del fine settimana. Questo consentirà di centrare l’obiettivo della vigilia, quello del tutto esaurito. Gran parte del merito è della politica dei prezzi popolari voluta dagli organizzatori: 30 euro per assistere alle due giornate di tennis in programma sabato 2 e domenica 3 febbraio. Venerdì alle 12, invece, nella sala giunta del Comune di Napoli (Palazzo San Giacomo) è in programma il sorteggio ufficiale dei quattro singolari, oltre al doppio, in programma nelle due giornate del Palavesuvio di Ponticelli.


Nadal dice no alla sfida con il Perù
Pianeta Tennis
http://www.pianetatennis.it/index.php?

Per la prima volta Nadal dice no alla Coppa Davis. Il mancino spagnolo non parteciperà alla trasferta della sua squadra che dall’8 al 10 febbraio sarà impegnata a Lima contro il Perù nel primo turno del tabellone mondiale della Davis. Rafa è affaticato dopo la trasferta australiana. “Il viaggio di ritorno è stato molto faticoso”, ha spiegato Nadal, che agli Australian Open si è fermato in semifinale battuto dalla grande sorpresa del torneo, il francese Jo-Wlfried Tsonga. Lo spagnolo, che era ripartito sabato da Melbourne, non ha trovato posto in business ed è stato costretto a viaggiare in economica. “Sono atterrato in Spagna con dieci ore di ritardo e in Perù non sarei sicuramente al cento per cento della condizione”, ha aggiunto il tre volte vincitore del Roland Garros. A Lima si giocherà sulla terra rossa: “Non penso di essere indispensabile per questo match, è meglio che vada in campo chi è più pronto di me in questo momento”, dice riferendosi a David Ferrer, Tommy Robredo e Nicolas Almagro e Fernando Verdasco, i quattro giocatori convocati dal capitano Emilio Sanchez per la sfida con il Perù. Il miglior giocatore della squadra sudamericana è Luis Horna, 76 del ranking. Il numero due peruviano è Ivan Miranda, vicino alla trecentesima posizione mondiale. “Ho sempre fatto di tutto per essere presente in Coppa Davis ed è la prima volta che non ci sarò per mia scelta - spiega ancora Rafa - mi spiace molto ma spero che la gente comprenda le mie ragioni. Sono convinto che la squadra vincerà anche senza di me e dai quarti di finale, se Emilio Sanchez mi vorrà convocare, io sarò nuovamente a disposizione”. Il 5 dicembre 2004 Nadal, a 18 anni e 185 giorni, era diventato il tennista più giovane di sempre a vincere la Coppa Davis. Faceva parte della squadra che a Siviglia sconfisse in finale gli Stati Uniti: Rafa superò nella prima giornata il numero uno americano Andy Roddick dando il là al successo della sua squadra. In quell’occasione lo spagnolo superò il record di Pat Cash che nel 1983, quando l’Australia trionfò sulla Svezia, aveva 18 anni e 215 giorni. Lo spagnolo dovrebbe quindi rientrare a Rotterdam il 18 febbraio (è nell’entry list). La decisione di saltare la Davis conferma tuttavia l’impressione avuta agli Australian Open. Nadal non è al top e non ha ancora superato del tutto i problemi fisici alle ginocchia che lo avevano già limitato alla fine della passata stagione. A Melbourne ha giocato la prima semifinale sul cemento in uno Slam della sua carriera ma ha avuto dalla sua un tabellone favorevole: nell’ordine Troicki, Serra, Simon, Mathieu e Nieminen, tutti fuori dai top venti, prima di essere travolto in semifinale da Tsonga.

Altri due squalificati di livello: sospesi Fruttero e Pous Tio
Tennis Ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096

L’ITF ha annunciato di aver squalificato per doping l’americano John Paul Fruttero e la spagnola Laura Pous Tio. Altri due pesci grossi sono finiti nella rete dell’anti-doping dell’ITF. John Paul Fruttero, attualmente numero 388 delle classifiche mondiali e come best ranking numero 193 nel 21 novembre del 2005 è risultato positivo ad un controllo anti-doping. L’americano è risultato positivo ad un controllo tenutosi lo scorso 21 luglio Challengerdi Atpos in California. Nel sangue sono state trovate tracce di Modafinil.Fruttero è stato squalificato per 14 mesi a partire dal 1 ottobre scorso. La spagnola Laura Pous Tio, numero 164 delle classifiche mondiali, ma in passato anche numero 74 del mondo, invece è risultata positiva durante le qualificazoni dello scorso anno a Wimbledon. La Pous Tio è stata squalificata per 2 anni, sempre a partire da ottobre perchè nel suo sangue Idroclorotiazide e Amiloride.


Changing Of The Guards
TennisTeen
http://www.tennisteen.it/editoriali/

Tra i quattro tornei dello Slam, sono gli Australian Open, per solito, a riservare sorprese, pur non mancando casi eclatanti persino a Wimbledon. Non di rado, infatti, ci scappa un finalista, se non un vincitore, inaspettato: vuoi perché siamo all’inizio della stagione e non tutti si svegliano con le scarpette ai piedi, vuoi perché qualche giocatore preferisce una preparazione di medio/lungo periodo, vuoi per il caldo, vuoi perché di là è tutta un’altra storia. Sono particolarmente conservatore nel tennis: mi abituo con qualche difficoltà alle novità, soffermandomi pigramente su ciò che più rifulge, tendendo l’occhio, di tanto in tanto, a ciò che vien dal basso, quando d’improvviso, anche solo per un attimo, nell’alto sa specchiarsi. Comodamente, giustifico questo miope atteggiamento, convincendomi di giorno in giorno, sempre con maggior fatica, che questo, in fondo, non è il mestiere mio. La passione, però, val più d’un mestiere. Per passione e per divertimento, cresce in me, ormai da qualche mese, questo strano convincimento: vuoi vedere che qualche lamentela, qualche piccolo infortunio, qualche sconfitta non preventivata, qualche mese in sordina, qualche partita vinta, ma fin troppo lottata, qualche si sente, ma non si dice…sono l’indice ancor non del tutto chiaro che siamo ormai di fronte ad un momento più unico che raro? Forse, anche su queste pagine, mi è capitato di considerare l’evidente calo del Mano De Piedra, al secolo Fernando Gonzalez, che, dopo aver stupito, all’alba dello scorso anno, col suo nuovo rovescio in back in Australia, e dopo aver illuso a Roma e a Pechino, s’è addestrato in prestazioni più che da bombardero, da fantaccino. A nessuno può essere sfuggita la chiara flessione di Ljubicic, grande tennista e grande uomo, dopo mesi di straordinari risultati. Parimenti si può dire di James Blake, di Hewitt, di Ferrero, di Roddick, di Haas e di Robredo. Safin è un caso parte, ma anche lui può star qui dentro. Davydenko e Nalbandian son capaci di stupirci, ma, dopo tutto quel che han speso, a fatica reggeranno. I campioni di cui sopra non han finito qui: saranno ancora in grado di graffiare, ma non incideranno, a mio parere, più di tanto. Non finirò mai di ringraziare Henman: i suoi meravigliosi gesti bianchi sono ormai, però, già storia. Il re è nudo. Ad Indian Wells fu distrazione. A Miami fu affronto. Non v’era codice su cui si poteva trovar inciso che Roger avrebbe perso per due volte consecutive da Canas. Solo per di qua, si poteva sperare che il nostro Filippo gli facesse lo scalpo un dì di maggio, proprio qui, in mezzo a noi. Scrissi, dopo la finale di Wimbledon vinta balbettando contro Nadal, che, forse, Federer non sarebbe riuscito ad eguagliare il record di Sampras, quanto a numero di vittorie negli Slam. Poi, ne perde altre tre: una finale contro Djokovic, il più serio candidato a sostituirlo in vetta, e due incontri con Nalbandian, che, quando è convinto, unto dalla fede e spalleggiato dalla condizione, può battere chiunque. La sconfitta dell’altro giorno contro Djokovic, ancora lui, conferma, a mio parere, che l’eccezionale striscia di vittorie sin qui ottenuta inizia a farsi sentire: vivere per anni ai massimi livelli comporta uno straordinario dispendio fisico e mentale. Forse, sta finendo la benzina. Sto scrivendo di un tennista che da molti è considerato il più grande di tutti i tempi. Sto scrivendo di un tennista che inizia a chiedersi, anche durante gli incontri, se la tecnica sopraffina, di cui è dotato, è ancora sufficiente per aggiudicarseli. Il principe è in mutande. Qualcuno, come me, avanza da qualche tempo l’ipotesi che Nadal, da giovane, sia stato sottoposto ad una crescita muscolare eccessiva per la struttura ossea e tendinea propria di un teenager. La velocità con cui copriva il campo, per impattare la palla con violenza e precisione, pare venir meno, di partita in partita. Ciò che ho notato, nei suoi ultimi incontri sul duro, oltre al netto miglioramento del rovescio bimane, col quale accelera più di prima, quando arriva bene, è una netta diminuzione della profondità di palla: da qualche tempo, per colpire, si affida più al braccio che alle gambe. Perde, in questo senso, una delle caratteristiche che l’hanno reso imbattibile sulla terra e molto efficace anche sul duro. Sono certo che sui terreni lenti continuerà ad inanellare vittorie su vittorie, ma il suo gioco sul duro, diminuito in profondità, sarà fatalmente sottoposto agli aggressivi attacchi della nuova generazione. Con tutte le cautele del caso, quindi, vedo i campioni, che hanno sin qui illuminato le scene del tennis mondiale degli ultimi anni, in lento, ma progressivo calo. Il mio desiderio è che Roger e Rafa, tenendo conto della differenza d’età, sappiano controllare, con un’intelligente programmazione, la loro uscita di scena, magari vincendo ancora qualche titolo dello Slam, ma la velocità del loro declino agonistico dipenderà molto dalla rapidità con cui la nuova generazione riuscirà ad imporsi. Sono in molti ad emergere ed in molti hanno straordinarie qualità: Djokovic, Murray, Gasquet, Berdych, Baghdatis, Tsonga, Del Potro, Gulbis, Cilic, Monfils…ma anche il gruppo dell’83, Kohlschreiber, Verdasco ed Andreev, tutti questi hanno gli strumenti tecnici per inserirsi nei primi dieci e, qualcuno di questi, può serenamente puntare al podio. Avrei potuto seguire il mio istinto, quel pigro abituarsi solo a ciò che maggiormente brilla, ma l’inedita finale degli Australian Open mi ha dato spunto per guardare un po’ più in là: quel che ora ancor non è, ma che presto arriverà. “Gentlemen, he said, I don’t need your organization, I’ve shined your shoes, I’ve moved your mountains and marked your cards, but Eden is burning, either brace yourself for elimination or else your hearts must have the courage for changing of the guards”.

Novak e Diego amici
Tennis.it
http://www.tennis.it/article.aspx?

Il neo vincitore degli Australian Open sta organizzando un incontro con il suo idolo calcistico, l’argentino Maratona .Novak Djokovic vuole conoscere Diego Armando Maradona. Il recente vincitore degli Australian Open è infatti un grande appassionato di calcio e il suo desiderio di incontrare “El Pibe de Oro” risale a circa un anno fa, quando un giornalista “biancoceleste” gli regalò la maglia autografata proprio dal grande Maradona. “Adoro il calcio – ha spiegato il giovane talento serbo – e tifo per il Real Madrid, la Stella Rossa Belgrado, il Manchester United e il Milan”. Benito Perez Barbadillo, portavoce di “Nole”, si sta impegnando per organizzare questo rendez-vous piuttosto complicato. “Djokovic - ha detto Barbadillo alla stampa durante lo Slam di Melbourne - mi ha dato precise istruzioni per fissare un appuntamento con Maradona e non solo vuole incontrarlo, ma vuole anche invitarlo ad assistere ad un torneo”.Aspettiamo notizie su questo “meeting”, sperando che da imitatore doc qual è Djokovic ci regali al più presto anche un siparietto sul mitico ex calciatore.


Wild Card, troppi stranieri
Tennis Ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096

Quando inizia la stagione dei tornei in Italia torna la discussione sulle Wild Card che da noi troppo spesso finiscono in mani straniere. Alla vigilia del Challenger di Bergamo torna il problema delle Wild Card. Troppo spesso queste vengono date a giocatori stranieri. Chiariamo subito la mia posizione, io ad esempio nel caso dei famosi inviti dati a Rios e Philippoussis a Roma non discuto, mai scelta fu più azzeccata, ma quante volte invece le Wild Card sono andati a stranieri immeritevoli? Facciamo il caso di Bergamo: le prime due wild card sono andate a Andreas Seppi e Fabrice Santoro. Questi due inviti non si discutono, il primo perché italiano, il secondo perché si tratta di uno dei pochi tennisti in grado di divertire e di portare pubblico. Ma che dire della Wild Card a Gilles Simon? Riccardo Bisti giustifica la scelta dicendo che “per un torneo challenger avere il numero 33 ATP e reduce da un terzo turno in uno Slam è sempre un motivo di vanto”. Io rispondo che noi italiani siamo i più furbi di tutti! Ho fatto una ricerca prendendo in considerazione i Challenger giocati in Francia e Inghilterra e la cosa che ne è uscita è sconfortante. In Francia delle 30 wild card date appena 3 sono finite a tennisti non transalpini, nel Regno Uniti invece su 34 neanche una! E noi prendiamo un numero 33 del mondo? Io mi chiedo, chi verrà a vedere il torneo per seguire Gilles Simon? Un tennista che onestamente non fa impazzire e che probabilmente in Italia non è neanche conosciuto. Senza dire poi che per venire il giocatore ha probabilmente preteso un sottobanco. Non è meglio puntare, come fanno nel resto del mondo, su un tennista locale? Diamo una chance, in un torneo importante, ad un giovane azzurro, abbiamo Fabbiano per esempio. Il grande colpo sarebbe stato Miccini! E’ la nostra grande promessa, lo scorso anno ha giocato a Recanati, diamogli una chance a Bergamo? No, prendiamo uno straniero. Soprattutto visto che nel torneo ci sono appena 4 tennisti (Seppi, Bolelli, Cipolla e Luzzi) con gli ultimi che rischiano di non giocare per motivi diversi si poteva pensare a concedere qualche invito ad un azzurro. Potevamo dare l’invito ad un tennista in difficoltà o che prova a tornare su (tipo Sanguinetti?). Non capisco questa scelta tipica italiana, all’estero lo hanno capito tutti, meglio un padrone di casa che un tennista straniero, tranne quando si tratta di un nome di grido. Lo scorso anno sono andati a prendere Van Scheppingen piuttosto che darla ad un italiano a Bergamo. Senza parlare delle Wild Card date a Mariano Puerta, rientrato dopo la seconda squalifica per doping. L’argentino ha ricevuto 4 inviti in Italia (non considerando Lugano e San Marino). Sommando questi due tornei a quelli italiani Puerta ha ricevuto quasi il 50% degli inviti ricevuti nel 2007 in Italia (6 su 13!) mica male o no? Mariano ha avuto più wild card di Thomas Fabbiano! Questo mi sembra sbagliato, molto sbagliato! Allego al pezzo i dati della mia ricerca su Italia, Francia e Inghilterra. Segnalo che da noi solo 3 (su 20!) tornei non hanno dato inviti agli stranieri, in Francia 5 su 8, nel Regno Unito 8 su 8.

ATP Vina del Mar - Fognini inizia col botto
Eurosport
http://it.eurosport.yahoo.com/

A Vina del Mar ottimo esordio del tennista ligure che batte l’argentino Juan Ignacio Chela, testa di serie numero due del tabellone. Subito fuori gli argentini Gaudio e Coria. Fabio Fognini dimentica in fretta la sfortunata tappa australiana di Melbourne (ko al primo turno contro il non irresistibile Russel) trasferendo armi e bagagli dal cemento in plexicushion dello Slam all’amata terra battuta, quella cilena di Vina del Mar. Il tennista ligure supera il primo turno del Movistar Open eliminando 7-6 6-2 l’argentino Juan Ignacio Chela, numero 25 ATP e seconda testa di serie del torneo dotato di un montepremi di 462.000 dollari. Dopo aver concluso il lungo sodalizio con Caperchi, Fognini ha scelto come nuovo coach lo spagnolo Oscar Serrano; è uscito questa settimana dai top 100, ma è deciso a farvi presto ritorno, per poi spiccare il volo verso posizioni di classifica più congeniali alle sue potenzialità. Al prossimo turno il 20enne di Arma di Taggia affronterà la wild card cilena Adrian Garcia oppure il qualificato spagnolo David Marrero: sono due tennisti classificati ben oltre la duecentesima posizione del ranking e ampiamente alla portata del giocatore italiano. Fognini può adesso usufruire di un buon tabellone, visto che, oltre a Chela, dalla sua parte sono uscite altre due teste di serie: il beniamino di casa Nicolas Massu (finalista lo scorso anno), battuto in tre set dall’argentino Roitman, e lo spagnolo Oscar Hernandez (7-6 6-1 da Brzezicki). Vina del Mar era stato ieri teatro del ritorno nel circuito dell’argentino Guillermo Coria, che contro l’uruguaiano Pablo Cuevas ha disputato la sua prima partita ATP dagli US Open 2006. Sotto 6-4 4-2, l’ex numero 3 del mondo ha avuto una reazione d’orgoglio conquistando cinque giochi consecutivi ma ha finito per cedere al terzo set 6-4 4-6 6-3. “Sono molto soddisfatto di come ho giocato - ha dichiarato l’argentino al termine del match - ho servito molto meglio che in passato; ho fatto qualche doppio fallo, ma mia la battuta non è più orribile come prima. Ho bisogno di vincere un po’ di match per riprendere fiducia. Il mio obiettivo è giocare il maggior numero di incontri e il prossimo anno voglio tornare tra i primi 10″. Altro gaucho desaparecido è Gaston Gaudio, pure lui presente a Vina del Mar e uscito subito dal torneo per mano di Santiago Ventura, che gli ha lasciato solo 3 giochi. Campione del Roland Garros nel 2004, Gaudio nella scorsa stagione ha vinto solo sei incontri dei 21 disputati a livello ATP, uscendo così dai primi 100 per la prima volta dal 1998.


Tsonga convocato in Davis
MatchPoint
http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1340

Deve essere un periodo davvero incredibile per Jo-Wilfried Tsonga. Finalista agli Australian Open appena qualche giorno fa dopo aver sconfitto Rafael Nadal nelle semifinali, il francese ha messo la proverbiale ciliegina sulla torta con la convocazione nella nazionale francese per il primo turno della Coppa Davis. Il nuovo talento del tennis mondiale, dunque, debutterà nella competizione a squadre tra l’8 e il 10 febbraio prossimi a Sibiu contro la Romania. “Quando il capitano Guy Forget me lo ha detto, ho accolto la notizia con un grande sorriso”, ha dichiarato il 22enne di Le Mans. “Sono veramente onorato, giocare la Coppa Davis è una sogno che ho da bambino”. I compagni d’avventura dell’attuale numero 18 del mondo saranno l’amico Richard Gasquet, Michael Llodra e Arnaud Clément, ovvero i finalisti del doppio degli Australian Open e Gilles Simon, anche lui alla prima convocazione. A completare la formazione.

Pennetta: «Io, bestia nera delle spagnole»

(Flavia: “non dobbiamo sottovalutare le nostre avversarie”)

Tiziana Tricarico, il mattino del 29-01-08

«Sono in buone condizioni e non vedo l’ora di giocare per la prima volta a Napoli». Parole di Flavia Permetta, precedenti alla mano bestia nera di tutte le giocatrici iberiche convocate per la prossima sfida di Fed Cup tra, Italia e Spagna, in programma sabato e domenica al Palavesuvio di Ponticelli e valida come primo turno del World Group 2008. «Davvero sono in vantaggio io con tutte quante loro? Mica male, medio però non pensarci - sottolinea l’azzurra, numero 34 dell’ultimo Ranking Wta -. Sulla carta in singolare siamo favorite ma in Fed Cup può capitare dì tutto: ci sono tennista anche di classifica inferiore capaci di tirare fuori il massimo. Negli ultimi due anni noi lo abbiamo fatto spesso, il punto più difficile per l’Italia - aggiunge la 25enne brindisina, una tra le giocatoci più avvenenti del circuito, per tre anni protagonista anche del gossip per la sua storia con Carlos Moya - resta quello del doppio: Anabel Medina Garrigues e Virginia Ruano Pascual sono arrivate in semifinale agli ultimi Australian Open dove hanno perso solo dalle sorelle Bondarenko, poi vincitrici del torneo. Non saranno un ostacolo facile da superare; speriamo di riuscire a chiudere la sfida prima». Un primo turno che per le donne vuoi dire già quarti di finale: «Questa formula solo con otto squadre è l’ideale: ogni settimana di Fed Cup per noi giocatrici significa riposo o tornei in meno, quindi meglio così». Flavia arriverà in tarda mattinata a Napoli insieme a Francesca Schiavone (n. 23 Wta), Tathiana Garbin (n. 41 Wta), Sara Errani (n. 64 Wta) ed al capitano Corrado Barazzuttì: nel pomeriggio primo allenamento per testare la superficie del Palavesuvio, il campo con le tribune, da tremila posti è stato ultimato ieri. Già sbarcate all’ombra del Vesuvio, invece, Nuria Llagostera Vjves (n.89) e Lourdes Dominguez-Lin0 (n. 136) mentre arriveranno oggi pomeriggio, direttamente da Melbourne, Medina Garrigues (n. 30) e Ruano Rascual (n. 78), le avversarie più temibili. E sempre dall’Australia -dove ha arbitrato la finale maschile -è reduce anche il portoghese Carlos Ramos, uno dei due giudici di sedia dell’incontro. Quella di Napoli sarà la sesta sfida fra le due nazionali con le azzurre che si sono imposte in tre occasioni: L’ultimo incontro si è disputato nel 2006 a Saragozza quando Schiavone e Pennetta conquistarono uno storico passaggio in finale. L’Italia ha vinto la Fed Cup proprio nel 2006 (in finale sul Belgio) ed è stata finalista nel 2007 (sconfitta dalla Russia): la Spagna vanta invece cinque successi, di cui tre consecutivi (1991, 1993, 1994, 1995 e 1998) e cinque finali (1989, 1992, 1996, 2000 e 2002).


Dal Web

Ranking Atp, prime tre posizioni invariate, vola Tsonga
Pianeta tennis
http://www.pianetatennis.it/index.php?

Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic mantengono tutti e tre le rispettive posizioni al vertice della classifica ATP al termine del primo Slam della stagione ma l’esito del torneo ha ridotto non poco le distanze in termini di punti tra i tre fuoriclasse, situazione che potrebbe preludere ad avvicendamenti nel prosieguo della stagione. L’elvetico, vincitore a Melbourne dodici mesi fa, vede svanire oltre 500 punti e si ritrova un Nadal ora a 650 punti di distanza (erano 1.400 alla vigilia del torneo); consistente passo avanti anche per il serbo neo-campione dell’Australian Open che mette in cascina 850 punti in più rispetto a due settimana fa per portarsi ad una distanza di 815 punti da Nadal e di 1.465 da Federer. Nessuna variazione poi anche per le tre posizioni che seguono dove si confermano Nikolay Davydenko (n. 4), David Ferrer (n. 5) e Andy Roddick (n. 6). Subito dietro eguaglia il suo best ranking di sempre (n. 7) il francese Richard Gasquet (+ 1), mentre scalano ben 6 piazze a testa due giocatori capaci di raggiungere i quarti: Mikhail Youzhny (n. 8, suo best ranking) e James Blake (n. 9). Chiude l’elenco dei top ten l’argentino David Nalbandian, la cui classifica non subisce variazioni. Il balzo più importante della settimana lo compie ovviamente il sorprendente finalista di Melbourne Jo-Wilfried Tsonga, al quale l’exploit di Melbourne regala la sua migliore classifica di sempre (n. 18) con un miglioramento di ben 20 posizioni. Il 22enne di Le Mans l’anno scorso di questi tempi navigava oltre la 200esima posizione mondiale prima di iniziare una rincorsa che attraverso il circuito Challenger prima e ATP poi gli ha permesso di irrompere tra i top 100 nel mese di luglio e nei primo 50 a fine ottobre. Almeno fino all’estate inoltre, Tsonga non avrà punti da difendere sul circuito maggiore con la conseguente chance di guadagnare altro terreno. Oltre al transalpino, sono molteplici i movimenti che caratterizzano il nuovo ranking tra la decima e la ventesima piazza. Due sono i giocatori in discesa, Andy Murray (n. 12, - 3) e Tommy Robredo (n. 17, - 5), mentre tutti in salita gli altri: Tomas Berdych (n. 11, + 2), Marcos Baghdatis (n. 13, + 3), Guillermo Canas (n. 14, + 3), Juan Carlos Ferrero (n. 15, + 6), Carlos Moya (n. 16, + 2), Paul-Henri Mathieu (n. 19, + 6) e Lleyton Hewitt (n. 20, + 2). Tra i numerosi ulteriori spostamenti determinati dall’Australian Open da segnalare anche il crollo del finalista e del semifinalista della scorsa edizione, rispettivamente Fernando Gonzalez (n. 24, - 17) e Tommy Haas, quest’ultimo assente quest’anno per infortunio, il quale deve cedere ben 16 posizioni passando dal n. 11 al n. 27. Bene tra i giovani messisi in luce in queste due settimane invece il 19enne croato Marin Cilic, che grazie al quarto turno raggiunto centra il suo best ranking al n. 39 con un progresso di 18 piazze, e l’altro serbo Janko Tipsarevic che ha fatto tremare Federer nel terzo turno e anch’egli mai così in alto in classifica come oggi (n. 42, + 7). Progressi in classifica a due cifre infine anche per Stefan Koubek (n. 55, + 13), Vince Spadea (n. 60, + 20), Marc Gicquel (n. 63, + 10), Robin Haase (n. 92, + 11) e Kristof Vliegen (n. 93, + 12). Poche sono le variazioni significative sul fronte italiano con l’unica eccezione dell’uscita dai top 100 di Fabio Fognini, eliminato al primo turno a Melbourne e penalizzato dalla fuoriuscita dei punti conquistati nel 2007 con i quarti nel Challenger di La Serena e la finale in quello di Santiago. Il tennista ligure passa così questa settimana dal n. 94 al n. 104. Pressoché invariati invece i piazzamenti dei quattro azzurri di vertice con Potito Starace (n. 35, - 1) e Filippo Volandri (n. 40, - 1) in leggerissima flessione, Andreas Seppi stabile (n. 48) e Simone Bolelli in recupero di 2 piazze (n. 68). Più indietro spiccano i balzi in avanti di Stefano Galvani (n. 155, + 22) grazie alla semifinale di Heilbronn, di Francesco Aldi (n. 243, + 8) e di Paolo Lorenzi (n. 271, + 12), quest’ultimo semifinalista in un Future cinese. Trascurabili gli spostamenti degli altri, tra cui: Flavio Cipolla (n. 117, -), Alessio Di Mauro (n. 130, - 1) e Federico Luzzi (n. 141, + 2).

Ranking Wta, Ivanovic al n. 2, Schiavone e Pennetta in risalita
Pianeta tennis
http://www.pianetatennis.it/index.php?

È una top ten molto diversa quella determinata dal responso dell’Australian Open appena concluso con il trionfo di Maria Sharapova. Se Justine Henin si conferma al vertice mantenendo tuttora un vantaggio enorme sulle inseguitrici (2.554 punti sulla n. 2), troviamo subito cambiamenti importanti nelle posizioni a ridosso della n. 1. La finalista di Melbourne Ana Ivanovic infatti scalza dalla seconda piazza assoluta Svetlana Kuznetsova che deve retrocedere così al n. 3 dopo quasi cinque mesi. La 20enne serba è ancora molto lontana in termini di punti dalla belga ma i miglioramenti messi in mostra nel primo major dell’anno le permettono di guardare con fiducia ad un futuro avvicendamento al top della classifica mondiale. Appena dietro la Kuznetsova si conferma al quarto posto assoluto l’altra serba Jelena Jankovic così come non scala posizioni la campionessa Maria Sharapova (n. 5). Quest’ultima però amplia non poco il distacco sulla n. 6, Venus Williams (+ 2), distanziata ora di oltre 500 punti. Subito dietro cede una posizione Anna Chakvetadze (n. 7), mentre ne guadagnano una a testa Daniela Hantuchova (n. 8) e Marion Bartoli (n. 9) in seguito alla discesa della vincitrice del titolo a Melbourne nel 2007 Serena Williams (n. 10, - 3), quest’anno fermata nei quarti. Subito fuori dalle top ten sono la russa Nadia Petrova (n. 12, + 2) e l’elvetica Patty Schnyder (n. 14, + 1) a far segnare qualche progresso, mentre scende di 3 piazze la semifinalista della scorsa edizione Nicole Vaidisova (n. 15) e restano invariati i piazzamenti di Elena Dementieva (n. 11), Tatiana Golovin (n. 13), Dinara Safina (n. 16), Shahar Peer (n. 17) e Amélie Mauresmo (n. 18). Notevole è poi il balzo in avanti della giovane polacca Agnieszka Radwanska, la quale grazie al suo primo quarto di finale raggiunto in un torneo dello Slam si trova ora al suo best ranking e a ridosso delle prime venti del mondo (n. 21, + 7). Nonostante abbia raggiunto solo il secondo turno, fermata dalla Sharapova, rientra tra le prime cinquanta del mondo Lindsay Davenport che guadagna questa settimana 7 posizioni fino a salire al n. 44, subito davanti alla 17enne danese Caroline Wozniacki, alla quale il quarto turno centrato a Melbourne consente di raggiungere il suo best ranking di sempre (n. 45, + 19). Sempre al quarto turno si è fermata poi la corsa nel torneo di casa della sorprendente wild card australiana Casey Dellacqua, capace di battere Knapp, Schnyder e Mauresmo prima di cedere alla Jankovic; anche lei oggi può festeggiare il best ranking al n. 57 con un progresso di ben 21 posizioni. Sono sette le giocatrici italiane comprese questa settimana tra le prime 100 del mondo, una in meno rispetto a due settimane fa. Maria Elena Camerin infatti deve cedere 14 posizioni e scendere fino al n. 113 dopo la mancata difesa del terzo turno raggiunto all’Australian Open nella scorsa stagione. Segni positivi invece per le due nostre giocatrici di vertice Francesca Schiavone e Flavia Pennetta. La prima, autrice di un buon terzo turno perso senza sfigurare dalla Henin, recupera una piazza risalendo al n. 23, mentre la brindisina nonostante l’eliminazione al secondo turno ne rimonta 3 fino al n. 34. Lievi spostamenti anche per le altre con Tathiana Garbin (n. 41, - 1) e Roberta Vinci (n. 79, - 5) in discesa e Karin Knapp (n. 49, + 1) e Sara Errani (64, + 1) in salita. Più indietro nessuna variazione, o quasi, subiscono i piazzamenti di Alberta Brianti, stabile al n. 156, e di Nathalie Vierin (n. 174, - 1), mentre un importantissimo passo in avanti compie la 18enne Corinna Dentoni, la quale con la semifinale nell’ITF da 50.000 $ di Waikoloa, alle Hawaii, passa dal n. 237 al n. 203, suo best ranking di sempre.

Australian Open - Bentornati nei Top Ten
Eurosport
http://it.eurosport.yahoo.com/28012008/45/

Grazie ai quarti di finale raggiunti all’Open d’Australia, James Blake e Mikhail Youzny entrano questa settimana nei primi dieci della classifica dell’ATP. Il francese Tsonga, finalista a Melbourne, guadagna 20 posti e sale al numero 18. Il primo grande torneo della stagione è stato quello che ha portato in alto la rivelazione francese Tsonga e ha consacrato il talento di Djokovic, spezzando il duopolio negli Slam di Federer e Nadal. La classifica ATP riflette i risultati di Melbourne, così le due settimane da sogno di Jo Wilfried Tsonga si tramutano in classifica con un balzo di venti posti: il francese entra tra i primi 20, issandosi fino alla 18esima posizione. Best ranking per il russo Mikhail Youzhny (dalla 14esima all’ottava piazza), + 6 anche per James Blake, di nuovo nei primi dieci (n°9). Andy Murray, sconfitto al 1° turno da Tsonga, esce dai top ten (da n° 9 a n°12), ma la caduta più pesante è quella di Fernando Gonzalez, lo scorso anno finalista e due settimane fa invece ko al terzo turno contro il croato Marin Cilic (n° 39, +18): il cileno, ora 24esimo, fa registrare un poco incoraggiante -17. Tommy Haas, semifinalista nel 2007, paga a caro prezzo l’assenza di quest’anno e affonda in 27esima posizione. La finale di Melbourne non fa guadagnare posti in graduatoria a Novak Djokovic, ma il tennista serbo consolida la terza piazza alle spalle di Federer e Nadal; il divario con lo svizzero e lo spagnolo si è assottigliato, mentre è aumentato il gap con gli altri tennisti, basti pensare che tra Djokovic e il numero 4 Davydenko ci sono quasi 2500 punti di differenza.

Karatantcheva poco patriottica
Eurosport
http://it.eurosport.yahoo.com/28012008/45/

La Federtennis bulgara ha minacciato di multare Sesil Karatantcheva perché la tennista si rifiuta di giocare in Fed Cup. Il capitano della Bulgaria Dora Rangelova ha convocato Sesil Karatancheva per il match di Budapest contro l’Ungheria, in programma questo weekend e valevole per il gruppo I della zona Europa/Africa di Fed Cup. La 18enne di Sofia ha fatto sapere di voler rinunciare alla convocazione per concentrarsi maggiormente sui tornei WTA. Numero 35 del ranking nel 2005, quando, a soli 15 anni, salì agli onori della cronaca per aver raggiunto i quarti al Roland Garros - battendo tra le altre Venus Williams -, la Karantcheva è da poco tornata nel circuito dopo aver scontato una squalifica di due anni per doping. La strada per tornare nel tennis che conta è irta e piena di difficoltà, ma la bulgara ha iniziato con il piede giusto, vincendo la scorsa settimana un torneo ITF in Arizona. Questo non è servito comunque a impietosire la Federtennis bulgara: “Sesil è sotto contratto con la federazione e adesso pagherà una penale per non averlo rispettato - ha fatto sapere il segretario generale Georgi Donchev - se si rifiuta di giocare in Fed Cup è impensabile che possa disputare le Olimpiadi di Pechino”. Per la Karatantcheva, tuttavia, ciò che più conta è scalare al più presto la classifica WTA: “Il mio ritorno al tennis si è rivelato più difficile del previsto. Ho bisogno di fare punti in tre tornei per rientrare nel ranking. Non posso rinunciare a una simile opportunità”.

Federation Cup,conto alla rovescia
Repubblica
http://napoli.repubblica.it/dettaglio/

E’ tutto pronto per la sfida tra Italia e Spagna per i quarti di finale della competizione di tennis al Palavesuvio di Ponticelli. Il grande tennis sbarca a Napoli est. La sfida tra Italia e Spagna per i quarti di finale della Federation Cup è ormai alle porte. Le due squadre sono in città per iniziare gli allenamenti in vista dei matches che si disputeranno sabato e domenica al Palavesuvio di Ponticelli. Un’occasione unica per vedere all’opera il team azzurro, capace di ottenere risultati di rilievo mondiale: negli ultimi due anni, infatti, si è aggiudicato la Federation Cup (2006) e si è piazzato al secondo posto (2008). E’ ancora possibile acquistare i biglietti per assistere all’evento. Su Repubblica Napoli ampi servizi sulla manifestazione sportiva. Le giocatrici del team azzurro Francesca Schiavone: E’ la nostra numero uno. Giocatrice forte su tutte le superfici, autore di memorabili successi contro le migliori del mondo è stata anche tra le prime 11. Attualmente, dopo una stagione di alti e bassi, è in forte risalita al numero 23. Gioca il rovescio a una mano ed ha nel suo bagaglio professionale varietà di colpi e schemi. Flavia Pennetta giovane e fortissima, Flavia ha già trionfato in tre prove del Wta tour, successi raccolti negli ultimi tre anni. Rovescio a due mani, dinamicità e resistenza sono le sue armi. Anche lei viene da un anno difficile ma è nuovamente sulla strada giusta come dimostrano gli ultimi risultati. Sara Errani si allena in Spagna dove ha fatto enormi progressi nell’ultimo anno scalando le classifiche mondiale e attestandosi al momento al numero 64 del ranking. Ai recenti Australian open ha fatto tremare l’ex numero uno del mondo Lindsay Davenport. Tathiana Garbin vanta vittorie di altissimo valore nella sua lunga e intensa carriera, come il successo sulla Henin, attuale numero uno del mondo, ottenuto qualche anno fa sulla prestigiosa terra rossa di Parigi, al Roland Garros. Lo scorso anno ha avuto la sua migliore stagione, attualmente è numero 41 al mondo. Gioca un tennis classico con rovescio a una mano.

Galvani da film; ma non c’è lieto fine….
Pianeta Tennis
http://www.tennisteen.it/editoriali/la-settimana..-azzurra/

C’est la vie! Così, mentre i francesi scoprono in Tsonga un nuovo campione in grado di farli sognare, noi dobbiamo “rifugiarci” nell’anticamera dei tornei challenger, con il primo slam dell’anno già chiuso nel cassetto dei ricordi e degli ennesimi sogni rimasti soltanto tali. Siamo già nel vecchio continente, più precisamente ad Heilbronn in Germania e per questa settimana dobbiamo accontentarci di due soli rappresentanti: Stefano Galvani e Federico Luzzi nel tabellone principale e nessun azzurro presente nelle qualificazioni. Doveroso partire da Galvani: già in Australia si era reso protagonista di un match pazzo nelle quali ma in questo torneo ha fatto, se vogliamo, ancora di “meglio”! Speriamo non siano così tutto l’anno i suoi match altrimenti è da sconsigliare ai deboli di cuore. Ma andiamo con ordine; il sorteggio per Stefano non è di certo stato fra i più benevoli visto che l’ha messo di fronte all’americano Bobby Reynolds, tds n. 6 ma lui è stato bravo a sovvertire il pronostico e vincere iniziando proprio da qui la saga dei colpi di scena che ne caratterizzeranno l’intero torneo; vinto il primo set con il punteggio di 6-3 subisce la rimonta USA e deve cedere il secondo parziale per 4 giochi a 6; nel terzo e decisivo set l’equilibrio viene rotto sul 4-4 con Stefano che strappa il servizio all’avversario e va a servire per il match, ma qui perde a sua volta il servizio per poi conquistare i successivi due games e vincere 7-5 al terzo. Al secondo turno l’avversario è lo slovacco Lacko, Galva parte bene e si aggiudica il primo set per 6-4 ma poi subisce il ritorno veemente del suo avversario che si impone con il punteggio di 6-1 e si invola fino al 5-3 del set decisivo; qui il nostro portabandiera reagisce, conquista 4 games di fila e vince di nuovo per 7-5 al terzo set. Anche nei quarti di finale contro Karanusic le emozioni non mancano, soprattutto nel primo parziale che ha dell’incredibile: Stefano si trova in vantaggio 5-3, serve per il set sul 5-4, subisce il break ma non si da per vinto e strappa di nuovo il servizio all’avversario, serve di nuovo per il set e ancora si fa brekkare; giunto al tie l’azzurro si trova avanti 6-3 e due servizi a disposizione, subisce la rimonta del croato gli annulla 3 set point e si aggiudica il tie-break per 12-10!!!! Pazzesco… nel secondo set ci farà sudare e soffrire di meno vincendo per 6-4 e volando in semifinale per affrontare la wild card locale Petzschner numero 158 delle classifiche ATP. Match alla portata di Stefano che guadagnerebbe punti pesanti per scalare posizioni nel ranking. Anche qui le emozioni non mancheranno ma, purtroppo, questa volta l’urlo di gioia ci resta strappato in gola. I primi due set sono equilibrati e vedono prevalere Galvani 6-4 nel primo e il tedesco 6-3 nel secondo; si va quindi al set decisivo e l’Italiano vola sul 5-2 con la finale ad un passo; qui invece qualcosa si blocca e alla fine a prevalere e Petzschner che sul 4-5 annullerà anche un match point per poi trionfare al tie breack (vinto per 7 punti ad 1). Peccato perché la chances era ghiottissima. L’altro azzurro impegnato in questo torneo era Luzzi ma qui di miracoli non ce ne sono stati; semmai abbiamo avuto solo conferme e purtroppo negative. L’azzurro è infatti stato sconfitto subito al primo turno dal rappresentante della Repubblica ceca Hernych con il punteggio di 4-6 4-6. prosegue quindi il momento nero di Federico che non riesce più a vincere un match e che a meno di clamorosi colpi di scena dovrebbe fra una settimana ricevere la stangata della federazione internazionale per quanto riguarda la faccenda delle scommesse. Peccato, peccato davvero perché il ragazzo ha un tennis esteticamente bellissimo e di certo avrebbe potuto stare spesso e stabilmente fra i primi 100 giocatori del mondo. Incomprensibile la scelta di non patteggiare come i suoi colleghi Starace e Bracciali visto che ne aveva la possibilità; incomprensibile in quanto finora ha giocato match con la testa altrove e la concentrazione, si sa, nel tennis è componente fondamentale… ha sempre perso e ora rischia una stangata che lo farebbe precipitare nel ranking; sarà stata una questione di orgoglio ma a volte bisogna lasciare perdere certi principi se non ci si vuole vedere rovinata una carriera. Poca gloria nei futures della settimana con tre semifinali raggiunte e altrettante sconfitte di Dell’Acqua e Stoppini in Austria e Lorenzi in Cina.

SETTIMANE A CONFRONTO:

Nella stessa settimana del 2007 i challenger in calendario furono ben 5 contro i due di quest’anno. 7 azzurri parteciparono alle qualificazioni: 2 raggiunsero l’obiettivo (Crugnola in Inghilterra e Fognini in Cile), uno fu eliminato al secondo turno e 4 al primo. Nei tabelloni principali i nostri rappresentanti furono 9 con il miglior risultato raggiunto dallo stesso Fognini a Santiago dove raggiunse la finale e si fermò ad un passo dal titolo; per il resto abbiamo raggiunto 2 quarti di finale, 3 secondi turni e 2 sole eliminazioni ai primi turni. Quest’anno come detto due soli ragazzi erano presenti ed entrambi direttamente nel MD: risultato finale una semifinale ed un primo turno.

IL PAGELLONE:

GALVANI: 7 – Poteva essere una grandissima settimana ma lui sciupa tutto quando era ad un passo dalla finale; comunque ottimo risultato con una semifinale raggiunta nel ricco challenger tedesco e punti pesanti per risalire in classifica. CARDIOPALMA.

DELL’ACQUA: 6,5 – Che davvero sia tornato? 8 vittorie su nove partite e in semifinale si ritira per un dolore alla spalla; doveroso incoraggiamento per un ragazzo che con un po’ di testa in più avrebbe potuto fare sfracelli. CORAGGIO.

LUZZI: 3 – Si possono usare tutte le scusanti e le attenuanti del caso ma lui in campo non c’è proprio, perde e non raccoglie nulla anche contro avversari alla sua portata. NO COMMENT.

Djokovic è entrato tra i grandi del tennis

(“Già in tempi non sospetti Piatti mi disse che Nole avrebbe vinto uno Slam in breve tempo”)

Gianni Clerici, la repubblica del 28-01-08

MELBOURNE — Novak Djokovic ha vinto il primo dei suoi Grand Slam, come mi aveva detto Riccardo Piatti due anni addietro. Nati sul Lago di Como, Riccardo e io non ci ritroviamo troppo spesso, con una doverosa eccezione: il compleanno di suo figlio Rocco. E quella di Piatti, una festa simile al Natale, propiziata da quella grande cuoca di sua mamma Giuliana. Tra la molta gente allegramente mescolata non mancano i tennisti, primo fra tutti Ivan Ljubicic, l’allievo più affermato del mio amico coach. Insieme a Ljubo c’era, due anni addietro, un bel ragazzino alto, dal viso scavato, gli occhi mobilissimi: parlavano, i due, slavo, e, ad una mia occhiata interrogativa, Riccardo sorrise, e si affrettò a rispondere: «Quello li è capace di vincere uno Slam. Magari già l’anno prossimo. Si chiama Novak Djokovic». Non l’avevo mai visto in campo, il giovanotto, e chiesi a Piatti che tipo di tennista fosse. «Sa fare tutto, magari ha più ritmo sul rovescio bimane, ma spinge molto col destro. Batte regolare e profondo, deve trovare un po’ più di piazzamento a rete, un po’ più di sicurezza sulle volèe. Ma ha grande istinto, grande temperamento. E’ un vincente»…….Ma, nonostante l’interruzione, Piatti ribadì che era soltanto questione di tempo: il suo Slam, Djokovic, l’avrebbe realizzato. A questo pensai l’anno scorso, a New York, come vidi Novak inciampare in cinque set point nel primo set contro Roger Federer. Federer, sappiamo tutti, viene da un’altro pianeta, ma il serbo gli aveva non solo tenuto testa, ma era giunto addirittura, in qualche occasione, a metterlo alle corde. Qui a Melbourne, nel seguirlo durante i primi quattro incontri, nel vederlo costretto ad un solo tie-break, e nel primo turno. E, a fronte, nell’ aver assistito alle difficoltà sofferte da Federer, non mi ero sorpreso più di tanto dal risultato della semifinale, e avevo atteso la finale nella convinzione che il pronostico di Piatti fosse più che maturo. Per contro, la mia natura incline alla fiction, sperava in un diverso spettacolo. Jo Tsonga
era certo il meno atteso dei finalisti, ma di gran lunga il più pittoresco. Grande speranza da ragazzo, era sembrato perduto, troppo fragile per un gioco ormai violentissimo, e traumatico quale il tennis dei fondi in cemento. E, d’un tratto, eccolo svettare, siino ad avvilire un guerriero per solito irriducibile quale Rafael Nadal, costretto al paradossale ruolo di raccattapalle. L’incredibile somiglianza fisica di Tsonga con Muhammad Ali, e l’analogia con la saga dell’altro mulatto francese, Yannik Noah, completavano un possibile copione ancor più intrigante della prima, annunciatissima vittoria di Djokovic. Simile ipotesi avrebbe, per più di un’ora, esaltato il pubblico del Rod Laver, schierato in grande, forse eccessiva maggioranza per l’outsider. Aveva iniziato, Tsonga, a botte omicide, le stesse che avevano massacrato il povero Nadal. Ancorché capace di tenere la botta, di restituire colpo su colpo, Djokovic era stato respinto ben oltre la sua diletta linea di fondo, aveva rischiato sin dal secondo gioco, e poi dal quarto, un break negativo, e aveva poi finito per smarrire la battuta nel decimo, decisivo game serviva più potente, quel fenomeno di Tsonga, e focalizzava gli scambi sul diritto del serbo, in schemi diagonali dai quali usciva il più delle volte vincitore. Un simile tennis, che aveva sorpreso sino all’avvilimento Nadal, spingeva invece Djokovic ad immediati aggiustamenti tattici, che rendevano più rischiosi i tentativi del francese. E un paio di scelte errate di Tsonga e una paradossale ribattuta di rovescio del serbo su un servizio dirompente, conducevano al break, nel settimo game del secondo. Break decisivo, che ammetteva, di fatto, al terzo set. Il francese si batteva ancora splendidamente. Non pareva troppo stanco, riusciva a tenere il servizio sopra i duecento orari. Ma, dall’altra parte del campo, si era verificato un mutamento decisivo. Djokovic aveva guadagnato non meno di un metro, a volte due metri di campo. E i suoi incroci costringevano così Tsonga a difendere angoli sempre più ampi. L’effetto di questa interdipendenza si sarebbe manifestata fin dal terzo game, con un break che il serbo avrebbe poi ribadito, se non proprio con facilità, con un certo agio, fino all’acquisizione del set. E, per uno spettatore professionista, l’unico istante di dubbio sul nome del vincitore sarebbe giunto quando, nel quinto game, una strisciata sul maledetto cemento avrebbe costretto Djokovic a chiamare in campo il fisioterapista. Ma, se non proprio causato una minorazione, quel rischio avrebbe in qualche modo agito da freno sul gioco di Novak. Prudente sino ad essere avaro, si sarebbe issato sino al tic-break, in cui gli errori di uno Tsonga molto affaticato avrebbero chiuso la partita. E, mentre Novak alza la Coppa verso il palco dei suoi numerosissimi sostenitori, della bella mamma bionda, del papa scatenato, un mio amico svizzero tenta di raggiungere, al telefono, Roger Federer, in rotta per Los Angeles. Deve rinnovare il contratto con la Nike, Roger. Chissà che questa vittoria di un concorrente dell’Adidas non gli costi qualche milioncino.

Ma perché l’Italia non può avere un tennista cosi?

(Anche in Australia la solita Italia ferma alle polemiche tra gli addetti ai lavori, ma senza riscontri positivi sul campo)

Marco Lombardo, il giornale del 28-01-08

Fortuna sua Novak Djokovic non è italiano, perché se no a quest’ora si sarebbe già messo in moto il meccanismo che il nostro Paese riserva ai suoi sportivi che contano: comunicati della vittoria, caccia all’auto attribuzione del merito di tale impresa, comparsate in tv e titoloni sul «solo secondo» -stile Tomba insomma - la volta che tale fenomeno si permette dì perdere una finale. Novak Djokovic è invece serbo, il primo del suo Paese a vincere un titolo Grande Slam dopo aver battuto a Melbourne in finale un francese, Jo-Wilfred Tsonga, che prima del torneo era soltanto materia da scommettitori incalliti, E tutto questo in un’edizione degli Australian Open che ha portato in semifinale 8 europei su otto tra maschile e femminile, che erano 28 su 32 a livello degli ottavi con 16 nazioni rappresentate. L’Italia? Non c’era. L’Italia è sparita come al solito (…) (…-) nella prima settimana, i nostri hanno vinto 7 dei 18 incontri disputati con la Schiavone unica al terzo turno, Questo è il punto: perché l’Italia non può avere un tennista come Novak Djokovic? quantomeno - qualcuno simile? La domanda di questi tempi é scivolosa, nel momento in cui il contrasto tra chi giudica e chi pratica, fra giornalisti e giocatori insomma, sì è fatto a volte aspro: i primi rimproverano ai secondi scarsa attitudine al sacrificio, i secondi contestano il pregiudizio. Posizione, quésta, supportata anche dalla federazione, pronta a celebrare successi su successi (ma quali?) ed entrare immediatamente in polemica (è capitato recentemente su alcuni blog, come quello apprezzato del collega Ubaldo Scanagatta) con chi contesta l’esistenza di questa marcia trionfale. In pratica: alcuni risultati ci sono. Probabilmente è vero che i tesserati sono in aumento, è sicuramente certo che i nostri tennisti - soprattutto in campo femminile - hanno migliorato il loro rendimento e i successi in Fed Cup delle ragazze hanno risvegliato in qualche modo l’interesse verso il tennis. Ma non basta, soprattutto in campo maschile, dove i nostri migliori (ad eccezione di Seppi - che studia sempre per migliorarsi - e di Fognini), vivacchiano intorno alla cinquantesima posizione in classifica curandosi l’orticello su terra rossa, una superficie che ormai conta sempre meno sul palcoscenico mondiale. Qualcuno contesta la cronaca fatta solo di numeri tacciando di malafede chi misura la forze di una nazione sulla base dei risultati dei 4 grandi tornei: eppure sarebbe come chiedere le referenze per un’assunzione tenendo conto degli studi primari e saltando l’università. E soprattutto: se negli ultimi dieci anni solo 3 racchette azzurre hanno conquistato gli ottavi di finale dei tabelloni maschili degli Slam, qualcosa Vorrà pur’dire. Invece no: mentre il nostro tennis aspetta il suo Djokovic (o magari, perché no, il suo Tsonga), l’Italia è tutta présa in una lotta di potere («o con noi, o contro di noi» è la parola d’ordine del mandato del presidente Binaghi) che serve solo a rifare la facciata e non le fondamenta. Non ci si spiega altrimenti perché; dopo aver celebrato là ricostruzione dalle precedenti macerie (ma perché allora nominare presidente onorario della Fit Paolo Calgani, responsabile del disastroso Ventennio che ha distratto il nostro tennis?) si è passati a una confusa gestione tecnica anche sui possibili talenti, tipo Trevisan e Fabbiano, con un via vai di tecnici e coach di supporto che rendono difficile capire quale sia l’effettivo potenziale dei due. In pratica Djokovic, a 20 anni ha vinto ieri il suo primo Slam, i nostri-18 anni e mezzo entrambi - ancora non sanno cosa faranno da grandi, E anche Giacomo Miccini, 15enne emigrato in America per giocare (e spesso vincere) con ragazzi più adulti di un paio d’anni, ha già conosciuto il sistema Italia: il suo talento vale solo tremila euro l’anno l’incentico che merita per non essere passato dal Centro tecnico di Tirrenia. Si dirà comunque: nessun problema, c’è sempre speranza, si sa che gli italiani maturano più tardi. Ma il problema è che il nostro tennis non matura mai.

Che incubi per Roger e Rafael

(Nole, il suo mondo sta cercando di salvarlo)

Piero Valesio, Tuttosport del 28-01-08

Ognuno ha il suo incubo, ora che Melbourne è agli archivi. Roger Federer ne ha uno enorme e non perché ha visto Mirka il mattino presto in assenza di maquillage. E’ pur sempre il n.1 al mondo ma ha assistito al crollo del suo progetto di conquista dello Slam già a gennaio: in genere gli succedeva in giugno, a Parigi. L’incubo ha le fattezze di un giovane serbo che potrebbe diventare ciò che lui non è mai stato (il terzo maschietto della storia a conquistare lo Slam) e di se stesso avviato sulla china discendente percorsa anche dal suo amico Sampras. Ha un incubo colorato di rosso, Rafael Nadal. Quello di essere ciò che ha tentato in tutti in modi, spesso con successo, di non essere: un grandissimo solo sulla terrà. Uno che quando ha avuto l’opportunità di affrontare un Federer non debordante si è trovato scavalcato da un serbo pazzerellone e da un Maciste francese. Non dormirà sereno nemmeno il suddetto Maciste. Pure Safin dopo la vittoria del 2005 pareva in procinto di centrare la scalata alla leadership planetaria: alla fine qualcosa ha scalato, ma si è trattato di un 7.000 in Tibet che non da punti per la classifica Atp. Jo non ha ambizioni da rocciatore e nell’incubo vede se stesso capace di ballare una sola estate, ancorché australe. Dormirà benissimo Nole Djokovic. Grazie a lui e alla Ivanovic si parla della Serbia per motivi diversi da una nuova possibile crisi militare con i kossovari. Se è vero che la bellezza salverà il mondo, Nole ha messo un piccolo mattone alla salvezza del suo pezzo di mondo. Speriamo serva.

Dal Web

Australia, la sorpresa è doppio
Gazzetta dello Sport
http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Tennis

Non “tira” come i singolari, ma diverte e offre storie molto interessanti. Come quella delle sorelle ucraine Bondarenko o degli israeliani Erlich e Ram, vincenti nelle rispettive categorie. E nel misto trionfa un altro serbo, Zimonjic, con la cinese Sun Tiantian. Non è vero che il doppio non conta. A parte i soldini che distribuisce, a parte la via che lascia aperta per l’Olimpiade di Pechino, agli Australian Open la specialità ha regalato tutte vittorie importanti. Il misto ha promosso l’inedita coppia formata dalla simpatica Sun Tiantian, cinese, e lo specialista Nenad Zimonjic, già campione a Melbourne 2004 con Elena Bovina e al Roland Garros 2006 con Katerian Srebotnik, che ha dato un dispiacere agli idoli indiani Mahesh Bhupathi e Sania Mirza. Nenad è stato il terzo finalista serbo di questi Open, con Ana Ivanovic e Novak Djokovic, ed era entusiasta: “Facciamo anche un passo indietro, al 2001, quando abbiamo vinto il titolo juniores con Janko Tipsarevic e Jelena Jankovic, andiamo al 2004, quando Ana Ivanovic è andata in finale nel singolare juniores e io ho fatto due finali a Wimbledon. E poi l’anno scorso con Ana in finale a Parigi e Novak a New York, e io ancora tante finali di doppio, e Jelena in semifinale… Per un paese piccolo come la nostra Serbia è un grandissimo risultato, sono sicuro che tantissima gente ci guarda da casa, ora il tennis sta diventando popolare e riceviamo finalmente tanto sostegno, tanti messaggi d’incoraggiamento, tanto interesse. Sono davvero orgoglioso di far parte di tutto ciò, anche se loro sono molto più giovani di me, che ho 31 anni. Ma mi prendo la mia parte di gloria anche in Davis: l’anno scorso abbiamo battuto l’Australia davanti a 20mila persone”. Anche gli israeliani Jonathan Erlich ed Andy Ram - imbattuti in Davis dal marzo 2005 - si sono presi la loro fetta di gloria grazie al primo titolo dello Slam (il numero 11 in coppia) sui più quotati francesi Arnaud Clement e Michael Llodra, mettendo una pietra miliare nella storia del loro tennis. “Ci abbiamo davvero creduto di poter vincere uno Slam, perché siamo una delle prime coppie al mondo, e ora siamo così felici di essere i primi israeliani nella storia. E’ un gran giorno: per noi, per le nostre famiglie, per il nostro paese e per tutti”, come ha commentato Ram. Eccezionale anche il titolo delle sorelle ucraine Alona e Kateryna Bondarenko che l’hanno spuntata su Shahar Peer (Isr)-Victoria Azarenka (Bie) e poi, per bocca di Alona, hanno rivelato: “L’anno scorso non abbiamo giocato molto bene in doppio perché in campo continuavamo a litigare, ma ora abbiamo imparato ad ascoltarci l’un l’altra - cioè, mamma Natalia ci ha convinto - ed è cambiato tutto: è il primo successo in 38 tornei insieme…”. Tre doppi, tre risultati storici.

Cercansi nuovi Tsonga. Il lettone Gulbis su tutti
La Gazzetta dello Sport
http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Tennis

Il 19enne di Riga apre al lista dei potenziali nuovi protagonisti dello Slam. Bene anche il croato Cilic, da tempo in rampa di lancio Gasquet e Del Potro. Tra le donne, a parte la Vaidisova, non si vedono talenti mozzafiato. Chi sarà il nuovo Tsonga? Quali sono i giovani che, potenzialmente, potrebbero salire sulla massima ribalta come il moro di Francia? Il primo nome che balza in mente è quello di Ernests Gulbis, 19enne di Riga (Lettonia), dai 12 anni a scuola dall’ottimo Niki Pilic, a Monaco di Baviera. Alto 1.91, ha gran rovescio e servizio, ha talento e personalità, ma deve ancora formarsi sia come fisico che come attitudine. Il suo tallone d’Achille è papà Ainars, o meglio i suoi soldi, che lo viziano impoverendolo di motivazioni. Promette bene l’altro 19enne Marin Cilic, “il nuovo Ancic”, anche lui seguito da un grande coach, come Bob Brett, anche lui alto (1.96), ma molto migliorato negli spostamenti, e con uno-due servizio-rovescio. E’ in ritardo, il 21enne francese Richard Gasquet, talento purissimo dal rovescio a una mano che incanta, volée e servizio, ma fisico non all’altezza del tennis dei superman. Se però, spinto magari proprio dall’amico Tsonga, trova la formula magica può battere chiunque su qualsiasi superficie. Con meno talento ma migliori prospettive atletiche, il 19enne argentino Juan Martin Del Potro (alto 1.96) è dall’anno scorso sulla rampa di lancio, in attesa della transizione da attaccante da fondo a giocatore spesso di rete. Il suo limite può essere l’enorme aspettativa del paese. Fra le ragazze, in attesa dell’esplosione della 18enne Nicole Vaidisova (R. Ceca), meritano attenzione le 18enni Victoria Azarenka (Bielorussia) e Agniewska Radwanska (Polonia) e le 17enni Tamira Paszek (Austria) e Caroline Wozniacki (danese di genitori polacchi): tutte figlie del vento dell’Est Europa, tutte cariche di grinta e di cattiveria agonistica. Ma certo non si intravedono nuove Martina, né Navratilova né Hingis.


Djokovic, è solo l’inizio
La Stampa
http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/

“Questo è solo l’inizio, giocherò ancora tanti tornei quest’anno”. Ha ragione, Novak Djokovic, il primo serbo della storia a vincere uno Slam. Nole aveva iniziato l’anno scorso la sua rincorsa: semifinali a Parigi e a Wimbledon, finale agli Us Open. Ora, come gli augurava uno striscione in tribuna qui a Melbourne Park, deve puntare al numero 1. Questo è, e sarà per i prossimi mesi, l’argomento di discussione fra gli appassionati. Può Djokovic togliere il trono a Federer, il numero uno che ha già battuto due volte, l’anno scorso a Montreal e oggi in Australia? Già dai tornei sul cemento della primavera americana ne sapremo di più. Per il momento possiamo dire che ne ha i mezzi. E’ giovane, ambizioso. E’ un lottatore – la razza che il divino Roger detesta – pochissimi punti deboli. Tira dritto e rovescio da dentro il campo con un timing mostruoso, serve regolarmente attorno ai 190, 200 all’ora. Passa bene, risponde bene. Se la cava a rete, quando ci va – oggi l’ha fatto quando Tsonga, dopo il primo set, rischiava di prendersi tutta l’inerzia del match – deve migliorare giusto la smorzata, una variazione che tenta troppe volte senza criterio e senza fortuna. La sua qualità più grande, però, è l’universalità. Il cemento è la sua superficie migliore, ma le sue spazzolate non soffrono troppo i cambi di pavimento, come dimostra il fatto che, a nemmeno ventuno anni, è già arrivato almeno in semifinale in tutti quattro gli Slam (solo Federer e Nalbandian, fra i tennisti in attività possono dire altrettanto). Federer non è certo finito, ma la crescita di un avversario di sei anni più giovane e che non soffre complessi di inferiorità nei confronti di nessuno al mondo sicuramente gli renderà meno tranquillo il sonno. E Tsonga? Avesse vinto, avremmo detto che si trattava della più grande sorpresa dai tempi di Becker e Chang. Ha perso e ora dovrà dimostrare di non essere una meteora, il “solito” finalista a sorpresa degli Australian Open che – come è capitato a Clement, a Schuettler, a Baghdatis – rientra velocemente nei ranghi. Non credo sia il suo caso, anche se ai giocatore esplosivi, di attacco come lui, sono spesso capaci di grandi lampi, più difficilmente di grande continuità. L’importante è che Cassius Jo, che ha i colpi per diventare un top-ten, non creda di essere già arrivato. Nel tennis di oggi conta molto il fisico (e questo, con la lunga teoria di infortuni che ha alle spalle, sicuramente Jo-Wilfred lo sa), ancor di più la testa, la programmazione. La capacità di migliorarsi in continuazione. Per trovare il modello a cui ispirarsi, Tsonga non deve pensare a Federer, sideralmente lontano da tutti; e nemmeno a Nadal, che ha caratteristiche diverse dalla sue. Gli basta dare un’occhiata al suo avversario di oggi.
Meravigliosa Maria il bello del trionfo

(Una “nuova” Maria per un futuro più sereno)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 27-01-08

Se Maria Sharapova avesse pianto in mondovisione non l’avremmo riconosciuta. Perciò la prima Barbie del tennis ha lasciato le lacrime alla sua copia bruna, Ana Ivanovic, e si è presa di forza il terzo Slam, ad appena 20 anni, il primo senza perdere un set e il primo nel torneo dei sopravvissuti a fase, caldo, freddo, vento, sole, orari strani e tetto chiuso. Qui nei 35 gradi di Melbourne, dove l’anno scorso era sta¬ta presa a schiaffi da Serena Williams. REGALI Se avesse invitato la misteriosa mamma Cenerentola come regalo di compleanno, la bionda Sharapova avrebbe scongelato quel cuore Siberiano allenato alla scuola militare di Nick Boflettieri in Florida: meglio dichiarare di averle spedito un bel mazzo di fiori grazie al primo premio (822.000 euro). Queste cose da femminucce le faccia pure l’avversaria, che ha regalato un posto in prima fila allo zio e, nella finale più bella,come aspetto delle protagoniste e forse più brutta come gioco, ha regalato (3 errori gratuiti) nei momenti topici del match: da 2-4 a 5-4, con Sharapova 0-30 al servizio, e sul 3-3 del secondo set, quando si è sciolta al sole….. Se «Masha» — come la chiamano gli intimi avesse solo vinto il dérby fra pin-up dalle micidiali sberle in progressione, come pretendeva il pronostico dopo che aveva demolito la numero uno, Justine Henin, non ci sarebbe sorpresa. Anche perché la russa è molto, ma molto, più anziana della serba dei 7 mesi dichiarati all’anagrafe. Come dice alla premiazione: «Ana è una ragazza forte e giovane…tutte e due avremo molte chances ancora». Ma Maria ha fatto molto di più: ha convinto che è guarita ventata una donna, intelligente e arguta. E anche sensibile. Simpatica no non lo sarà e forse nemmeno vorrebbe esserlo, lei figlia legittima dello show-business, e ormai quasi più americana che russa. Tanto che solo il prossimo wèekend farà l’esordio in Fed Cup, per essere eleggibile e giocare l’Olimpiade di Pechino. MAMMA «Voglio dedicare la vittoria a Jane, la madre di coach Michael Kjoyce, ndr). L’anno scorso è stato molto duro, per me, con il problema alla spalla, e per lui, con la mamma che moriva. A metà dell’armo scorso avevo ben altri pensieri, e non avrei immaginato di poter vincere gli Australian Open. Quando passi dei brutti momenti non pensi che ne avrai di belli, però cambi prospettive e apprezzi di più la vita: anche il caldo mi sembrava un pezzo di torta rispetto all’anno scorso», ha declamato Maria. Che, tirata per i capelli, parla di mamma Yelena: «Forse, se non ci fossero 24 ore di volo. Chissà, un giorno, magari nella camera, verrà… Intanto, grazie: quanto ha insistito perché parlassi e scrivessi correttamente…». MINACCIA il messaggio-slogan pre-finale della mitica Billie Jean King: «I campioni prendono l’occasione, la pressione è un privilegio». La promozione di coach Joyce: «Masha è tornata dov’era, anzi, è molto più avanti. Perché è maturata». La minaccia di Maria: «Non sono ancora all’apice della carriera, il mio corpo non è sviluppato al 100%, ogni mattina che mi alzo dal letto non vedo l’ora di allenarmi per imparare». E se domani sarà ancora numero 5 del mondo, con Henin 1 ed Ivanovic 2, sarà solo un miraggio. Vero, nuova Sharapova?

Omaggio a Maria, muscoli, grazia e lacrime

(Niente ha potuto la bella “serbiatta” contro i muscoli di Masha)

Gianni Clerici, la repubblica del 27-01-08

MELBOURNE—Maria Sharapova ha appena vinto la finale, battendo Ana Ivanovic 7-5,6-3. Il commentatore della tv australiana l’invita a salire sul podio, menzionando dapprima il premier Kevin Rudd, in tribuna, e subito dopo la finale di Maria dell’anno passato, contro Serenona. La bionda prende il microfono tra le ditine, per ribattere: «Grazie, ma sono costretta ad una smentita. L’anno scorso sono stata un vero disastro, e ho raccattato tre games». Il pubblico, addirittura schierato durante il gioco con un drappello di ultra» serbi, o comunque molto freddo con Maria, ride, un po’ sorpreso che simile macchina da guerra possieda qualche sense of humour. Ma non è finita. «La finale dell’anno passato non era stata facile. Ma il difficile doveva ancora venire. Nel mio gruppo, sarebbe morta la mamma del mio allenatore Michael Joyce. E’ a lei che dedico questa vittoria». Mi sorprendo, e faccio, in silenzio, autocritica. Da quando il tennis è diventato show business conosco sempre meno i campioni, i quali non mi conoscono affatto. E finisco così col farmi di loro immagini stereotipate. Quella della Sharapova somiglia solo al suo cote amazzone, al suo visuccio carino ma brufoloso che, sul court, si fissa in una maschera crudele, sino a ricordare l’aspetto di quel serial killer da soap opera di suo padre Yuri. Mala tennista russa non va certo in campo con lo scopo di compiacere vecchi scribi. E’ quello il suo lavoro, dice l’ha condotta a soprannomi quali “Twenty Million Dollar Baby”, la somma che pare Maria abbia guadagnato nella scorsa stagione, più della Henin e delle Williams messe insieme. Un lavoro che, sorprendendomi, anche B, aveva riassunto ieri l’altro a una domanda rivoltale in conferenza stampa, sulle sue attività che avrebbero preceduto la finale. «Noia. Una bella noia. Farò ginnastica e un palleggio di riscaldamento il mattino. Giocherò un paio di set al pomeriggio. Mangerò solo cose adatte, e non quelle di cui sono golosa. Starò chiusa in una camera d’hotel, invece che uscire, come una qualunque ragazza di vent’anni». Rivolgo dunque le mie scuse e alla tennista, e ai lettori, per il personaggio poco simpatico che le ho spesso attribuito. È passo ad una breve cronaca della finale che ha offerto alla russa il suo terzo Slam, dopo quelli di Wimbledon e dello US Open. Finale dominata di puro muscolo, contro una bella pupa più giovane di cinque mesi, soprattutto meno esperta, con una carriera professionistica iniziata due anni dopo Maria. L’inizio del match è addirittura umiliante per la bella serbiatta che, nei primi tre games di ribattuta non riuscirà a raccattare mezzo punto. Sharapova tira più forte, più lungo, e per non perdere troppo campo Ana si ritrova a colpire spesso di mezzo volo, dalla linea di fondo: con ovvi, scoraggiami risultati. Il break in favore di Maria giunge quindi già nel quinto game e, in tribuna stampa iniziarne a scommettere sul numero dei games che raccatterà Ana, quando d’un tratto, improvviso e inspiegabile cupio dissolvi, la russa crolla in tre doppi errori: inattesissimi, per una col suo lancio impeccabile di palla, il suo passaggio dipeso totale ma equili-bratissimo. Ma vedremo presto che è stato, quel break, un incidente passeggero. Una serie di dieci punti a due sommerge la serbiatta, e consegna il primo set alla Sharapova. Immersa in quell’autentico tsunami, Ana troverà modo di sbagliare un po’ meno, di rimanere coraggiosamente nella scia della sua implacabile avversaria sino al più che atteso, addirittura ovvio break nel settimo game. Lo sprint finale della campionessa mondiale del gramolo (grugnito più rantolo) recherà con se una striscia di sedici punti a due: roba che, ammetterà Ana, non aveva più subito dalle elementari. È, incredibile che possa sembrare, Maia Sharapova pronuncerà al microfono le sue prime parole con la voce rotta dalla commozione.

Giochi preziosi

(E ora Maria punta dritta verso Pechino)

Stefano Semeraro, la stampa del 27-01-08

«Squali, siete tutti squali!», urlava due giorni fa Yuri Sharapov all’incauto cronista australiano che lo aveva avvicinato in cerca di scoop. «Perché non scrivete della partita, eh? Perché non scrivete della partita?», aveva rincarato la dose Max Eisenbud, manager della piccola ma florida azienda (23 milioni di fatturato annuo) che si chiama Maria Sharapova. La verità, imbarazzante, è che raramente i giochi delle ragazze offrono materia tecnica interessante. Prendete la finale dì ieri, Sharapova contro Ivanovic, la terza conquistata in uno Slam da Maria dopo quelle di Wimbledon (2004) e Us Open (2006). Un match incolore, nonostante l’avvenenza delle due miss. Soffocato da una giornata afosa (35 gradi), impostato e vinto dalla più forte, Maria appunto, sulla diagonale del dritto e sul servizio (89% di punti con la prima palla, contro il 62 dell’avversaria), e deciso anche dalla capacità della russa di cogliere le occasioni Ana Ivanovic si è anche trovata a due punti dal 1′ set, 5-3 e servizio Sharapova, «Ma in uno Slam ha spiegato con cinismo Maria - se vuoi vincere, devi prenderti i punti importanti lei non l’ha fatto». È cresciuta, Maria. È più forte, più donna dei suoi 21 anni Dopo aver alzato la Coppa ha tenuto uno speech commovente, in cui ha ricordato la madre del suo sparring partner Michael Joyce, scomparsa l’anno scorso («Una tragedia che ha cambiato il mio modo di guardare alla vita»), ha promesso dì spendere un po’ degli 850.000 euro del primo premio «per mandare un grosso mazzo di rose a mamma Elena», di cui proprio ieri cadeva 2 compleanno. Di passare a salutarla non se ne parla. Non c’è tempo. Lunedì la diva volerà in Israele per debuttare in Fed Cup, insensibile alla dichiarata ostilità di quasi tutte le compagne di squadra. Ma la Fed Cup è la chiave per partecipare alte Olimpiadi, che Maria sogna fin da bambina. «La cerimonia d’apertura dei Giochi era una delle cose per cui avevo il permesso di rimanere alzata fino a tardi mi mettevo il cappello bianco che indossava anche la squadra e camminavo per tutta la casa, aspettando che i nostri iniziassero a sfilare visto che si va in ordine alfabetico, la Russia arrivava sempre per ultima, attorno all’una di notte». Non lo dice, ma muore dalla voglia di fare la portabandiera a Pechino; «Se mi chiedete di scegliere fra vincere un qualsiasi torneo e rivincere a Wimbledon, scelgo Wimbledon. Ma se devo scegliere fra Wimbledon e le Olimpiadi, scelgo le Olimpiadi», La Sharapova non è certo l’unica a pensarla così. Secondo la vulgata alternasti, di Olimpia, dove sono rientrati nell’88 dopo un esilio di 64 anni, importerebbe poco o punto, il passato per molti, probabilmente è stato così. Pechino, al contrario, sembra aver scate¬nato una contagiosissima febbre nazional decourbertinana, una sorta di rincorsa al quinto, non ufficiale Slam della stagione. Da Giochi proibiti a Giochi preziosi Federwr ha fatto sapere che le Olimpiadi, dove ha sempre toppato, sono uno dei suoi obiettivi. Mamma Davenport è rientrata per tentare di vincere un secondo oro, Nadal - che ancora rosica sulla sconfitta dì Atene - cambierebbe un 4° Roland Garros con la medaglia più preziosa. Le Williams si sono rimesse a giocare il doppio insieme per sbancare i Giochi; le cinesi, che in Grecia vinsero l’oro di coppia con Ting Li e Tian Tian Sun, si giocano il futuro (no medaglie, no tennis, è il diktat). E qui in Australia praticamente tutti, dalla nostra Errani alla taiwanese Hsieh, hanno svelato il sogno dì staccare un biglietto per Pechino. Solo la Henin si dice spaventate dal terribile smog della capitale cinese, al punto di mettere in questione la trasferta. Ma Justine, si sa, è già l’indiscussa medaglia d’oro in una disciplina tanto affollata quanto ingloriosa: la corsa alla scusa.

Dal Web

Servizio e diritto vincente Così Maria conquista il terzo slam
La Repubblica
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/sport/tennis

La “finale delle belle” non è stata una bella partita. Ha vinto la bionda, Maria Sharapova, terzo slam in carriera dopo Wimbledon e Us Open, che da numero 5 del mondo adesso dovrebbe salire alla quarta posizione avendo battuto in semifinale la numero 1 (Justine Henin 64/60). Ha perso la mora, Ana Ivanovic, che ha pagato un po’ di stanchezza e soprattutto l’emozione: per la serba era la seconda finale di uno slam e, si sa, non è quel mostro di freddezza e di determinazione che invece la russa sa tirare fuori quando serve. L’avevano già chiamata la finale delle “veline” perché non c’è dubbio che Sharapova e Ivanovic oltre che due atlete straordinarie sono anche bellissime. Di sicuro è stato un match nervoso, dominato dalla potenza del gioco, con molti errori e scambi brevi, una media di tre-quattro palle, quasi mai sopra le dieci. Tutta “colpa” di due giocatrici che giocano quasi a specchio, con gran botte da fondo campo, molta potenza (Sharapova ha servito la prima palla a una media di 185 km/h, l’anno scorso era al massimo intorno a 175) ma poca “mano”, poche variazioni di ritmo, pochi angoli. Al di là dei colpi hanno dominato i c’mon, dall’una e dall’altra parte con relativo corredo di pugno, gli urli di Maria e il rumore del pesticcìo dei piedi di Ana, ultimo ritrovato della giovane serba che rispetto all’anno scorso ha migliorato il movimento delle gambe e dei piedi a prezzo però di un rumore udibile soprattutto quando aspetta il servizio. Ha dominato, come sempre, babbo Yuri, il padre della Sharapova: ha rischiato la squalifica della Wta perché durante il match contro la Henin ha fatto alla figlia il gesto dello sgozzatore, una cosa del tipo “tagliale la testa”; oggi si è limitato ad alzare braccia, pugni, a urlare e incitare. Inciso: la Wta non lo ha squalificato perché “quel gesto non era un suggerimento tecnico”. E’ stato anche un match relativamente breve, 49 minuti il primo set, 35 il secondo. Nella prima partita la Sharapova si trova sul 4-2 grazie a un break. La Ivanovic tiene il suo servizio e poi, sul 3-4, subito il controbreak grazie a tre doppi falli della Sharapova che sembra sorpresa dall’aggressività della serba che resta attenta e risponde bene, forte, al centro e nei piedi. Ana passa a guidare il primo set e si porta sul 5-4, 0-30 al servizio la russa che però infila una serie di otto punti. Da 5 giochi pari, Sharapova non sbaglia più nulla, torna a essere molto bassa sulle gambe (”stay low, stay low” si urla durante il gioco) e chiude il set sul 7-5. Il secondo set ha molta meno storia. Fino al tre pari la Ivanovic resta in partita, serve bene, risponde forte, gli scambi sono sempre molto brevi e potenti. Non divertenti ma impressionanti per la profondità della palla. Sharapova riesce a trovare angoli pazzeschi nella risposta soprattutto col rovescio. Ivanovic resta con i piedi dentro la linea di fondo e anticipa il dritto. Sul tre pari però qualcosa di rompe. O più semplicemente la russa tira fuori carattere ed esperienza: ci sono solo sette mesi di differenza (aprile 1987 Sharapova; novembre Ivanovic) ma la bionda ha vinto il suo primo slam a 17 anni ed è numero 5 solo perché da agosto dell’anno scorso non ha più giocato per una serie di infortuni. La mora è più dolce, più sorridente, banalmente meno cattiva. E il diritto, fino ad allora vincente, se ne va, si perde lungo oltre la linea o molto spesso in rete. Come spesso accade nel tennis, è il settimo gioco quello che segna la svolta. Sharapova fa il break, si porta 4-3 e da quel momento per la Ivonovic ci sono solo errori. Il buio. La russa ha a disposizione tre match point e va a segno col terzo. Finisce in ginocchio, piange, poi si alza, va in mezzo al campo, inchini, mano sul cuore e ringraziamenti per i 15 mila della Rod Laver arena. Corre verso il suo box (la parte della tribuna riservata a coach e familiari) e stringe la mano a Yuri. Poi si attacca al telefono con mamma Elena. Ma anche, dicono i maligni, per soddisfare le esigenze dello sponsor telefonico con cui ha firmato un contratto milionario per quattro anni. Secondo Forbes, Sharapova ha già vinto 23 milioni di dollari e oggi si è messa in tasca un assegno da 1,2 milioni di dollari. Ivanovic è molto meno teatrale. Poche parole, molti sorrisi, un mare di ringraziamenti dai raccattapalle agli autisti per finire col suo manager-mecenate svizzero che le ha permesso di giocare fin da quando era bambina, qualche lacrima. Da lunedì sarà la numero 2 del ranking mondiale.

Sweat test gatorade: maria sharapova perde mezzo kilo ad allenamento
SportIsland.com
http://www.sportisland.net/news/

La tennista si è sottoposta allo Sweat Test del Gatorade Sports Science Institute (GSSI) per capire come reintegrare nel modo migliore i liquidi persi Maria Sharapova, star del tennis mondiale, già testimonial Gatorade nel 2007, si è sottoposta allo Sweat Test del Gatorade Sports Science Institute (GSSI) per capire come reintegrare nel modo migliore i liquidi persi in allenamento ed evitare così il pericolo di disidratazione. “Per un atleta professionista è fondamentale migliorare sempre le proprie performance” afferma Maria Sharapova “Il GSSI svolge un eccellente lavoro per assicurarsi che gli atleti mantengano un giusto livello di idratazione e sappiamo rigenerare i liquidi persi con l’attività fisica. Questi test mi hanno aiutata a capire che l’acqua non è sufficiente a rigenerare il mio corpo”. Secondo le ricerche condotte sulle atlete del WTA, le tenniste perdono generalmente tra 1 e 2, 5 litri di sudore e tra i 2 e gli 8 grammi di sali minerali in un’ora di attività fisica svolta in un ambiente mediamente caldo. Perdite consistenti di liquidi ed elettroliti possono indurre uno stato pericoloso di disidratazione che si manifesta attraverso crampi muscolari, stanchezza, calo della concentrazione e delle performance. Durante la sessione di allenamenti i ricercatori del Gatorade Sports Science Institute hanno condotto sulla tennista due differenti test:SWEAT TEST Nello Sweat Test sono stati applicati a Maria Sharapova speciali cerotti su fronte, avambracci, schiena, torace e gambe per prelevare campioni di sudore. La successiva analisi dei cerotti ha permesso di stabilire la concentrazione di elettroliti come sodio e potassio e di studiare strategie personalizzate per minimizzare la perdita di liquidi.HIDRATATION ASSESTMENT TESTLa perdita totale di sudore è stata calcolata confrontando il peso di Maria Sharapova ” calcolato prima e dopo i test ” con la quantità di liquidi ingeriti in allenamento e persi anche mediante le urine.“Le nostre ricerche mostrano che molti tennisti presentano livelli inadeguati di idratazione sia in allenamento che in gara” afferma Beth Stover ” senior scientist del GSSI “Il nostro scopo è quello di diffondere il valore dell’idratazione e di aiutare gli atleti a vincere mantenendosi in salute”.Storia del GSSINato nel 1988 a Barrington, Illinois, il Gatorade Sports Science Institute, è una struttura di ricerca che si propone l’obiettivo di migliorare le performance degli atleti e il loro benessere. Ogni anno il GSSI aggiorna più di 100.000 membri ” professionisti dello sport e dell’alimentazione sportiva ” tramite comunicazione diretta, programmi educativi, conferenze e meeting in America e nel resto del mondo. Il GSSI ha già testato centinaia di atleti in tutto il mondo come per esempio Ronaldinho, Tiger Woods, Derek Jeter. In Italia i primi esami vennero svolti nel 2005 sulle squadre Sisley Volley e Benetton Basket e nel 2006 sul pilota Ducati Loris Capirossi e lo sciatore azzurro Giorgio Rocca. Infine il GSSI ha recentemente monitorato, attraverso gli Sweat Test, le reazioni fisiche dei giocatori dell’Inter durante il ritiro estivo di Brunico. Intervista a Maria Sharapova Come mai hai deciso di sottoporti ai test del GSSI?Il GSSI si dedica da sempre alla ricerca sull’idratazione e l’alimentazione sportiva; mi sono sottoposta ai test perché un atleta professionista deve sempre cercare di migliorare le proprie prestazioni e sfruttare al massimo ogni minimo vantaggio.Cosa puoi dirci sui test a cui ti sei sottoposta?Durante il test, i ricercatori del GSSI mi hanno pesata prima e dopo l’attività fisica e poi applicato cinque speciali cerotti per prelevare campioni di sudore. Durante i test ho perso mezzo kilo di liquidi e questo significa che ero un po’ disidratata. Ora so quanto perdo con il sudore e quali sostanza devo reintegrare per mantenermi in forma. Il GSSI conduce molte ricerche sugli effetti della disidratazione su atleti di tutte le età.Come mai è così importante?Molti atleti non si rendono conto di essere già disidratati all’inizio dell’attività fisica; una delle cose che ho imparato dal GSSI è che è necessario idratarsi ore e giorni prima di un allenamento o di una gara per scendere in campo con la giusta energia. La disidratazione inoltre influisce anche sul livello di concentrazione, fondamentale per ottenere prestazioni vincenti.

Ciao re Federer, largo al nuovo

(Forse è presto per intonare il de profundis)

Gianni Clerici, la repubblica del 26-01-08

MELBOURNE — La mia modesta esperienza di spettatore di 161 tornei del Grand Slam può venir buona per non lasciarmi trascinare dall’entusiasmo seguito all’eliminazione di Federer da parte di Djokovic. Giovani colleghi impazzano infatti nei dintorni del mio banco, e non si trattengono dall’intonare cori trionfali, quali: ecco Federer battuto/tutto il tennis è cambiato. Oppure: con i Djokovic e gli Tsonga/nuova ondata ora s’imponga. Ci sono tuttavia elementi che giustificano una qualche sorpresa e, a non esser partigiani del mio svizzero, allietano chi considerava - giustamente - le ultime annate un poco monotone. Se infatti l’accesso alla finale di Novak Djokovic era offerta dai bookmakers di qui a 5 e mezzo, una finale tra lo stesso serbo e Tsonga saliva incredibilmente a 123: non credo ci sia in giro nessun visionario capace di averci puntato un dollaro. Ma torniamo al match di questa sera: vicenda peraltro meno sorprendente, a ricordare gli ultimi due risultati tra Djokovic e lo svizzero-Vittoria del serbo all’Open del Canada dell’agosto scorso, vittoria di Federer allo US Open: in tre set, d’accordo, ma dopo che Novak non era riuscito a trasformare cinque set point nel primo set, e due nel secondo. Tuttavia, prima di accedere alla cronaca, e alla critica, del match di una fresca serata australiana, pare giusto ricordare come i due tennisti avevano avuto accesso a questa storica (?) semifinale. Djokovic non aveva smarrito neppure un set in cinque incontri. Federer si era allenato nei due primi turni perdendo in tutto sei games, ma era dovuto tornare a galla da un set a due contro Tipsarevic, giovane in progresso, in serata felicissima, ma sempre numero 49 del mondo. Avevo assistito a quella partita, e alle due successive con Berdych (n. 13 e Blake n. 15). Vittorie in tre set entrambe combattute, vicende ben controllate dal mio svizzero ma non esaltanti. A proposito di Federer, tra noi giornalisti, si erano così formate due correnti. La prima affermava che stesse riacquistando la forma, ad ogni match. La seconda, alla quale appartenevo, che fosse meno brillante atleticamente che nei suoi ultimi dieci Slam, nei quali aveva sempre raggiunto la finale. Lo svizzero, ricordo, non aveva potuto partecipare alle esibizioni preparatori e dell’Open per un male al pancino, causato da un pollo di dubbia moralità. E mi pare onesto affermare che, non meno del talento del Serbo, i postumi del pollo mal digerito siano responsabili della sconfitta del Number One. Ma pare giusto passare alla cronaca, anche perché un mio vicino yankee, uno dei più entusiasti, va scrivendo che, alle ventidue e dodici (ora australiana) di venerdì 25 gennaio 2008, la storia del tennis è cambiata. Djokovic ha dunque battuto Federer in due ore e ventotto, per 7-5,6-3,7-6. Ha un pochino faticato all’avvio, subendo un break nel settimo game, che ha issato lo svizzero a 5-3. Qui sono emerse le difficoltà di spostamento di Federer, caduto in ben tre errori gratuiti, che hanno causato un break ribadito, nell’ultimo game del set, da altri tre decisivi errori. La maggior difficoltà di Federer era quella di spostarsi lateralmente sul diritto, mentre le lentezza di approccio del rovescio lo costringeva ad abbandonare il diletto colpo di contro balzo, e a servirsi soltanto di un surrogato tagliato. Simile difficoltà pareva addirittura accentuarsi nel secondo set, smarrito da uno svantaggio di uno a quattro, solo parzialmente recuperato. Era nel terzo che Federer pareva rifiutare la lucidissima superiorità del suo avversario, annullando rabbioso quattro palle break nel terzo game, e due set point nel dodicesimo. Avrebbe confidato nella conferenza stampa in tedesco di aver sperato in un ribaltamento seguito ad un minibreak all’avvio del tie-break. Ma Djokovic era troppo mobile e, incredibilmente, più efficiente anche nella media di battuta. E così cadeva, senza troppa gloria, questo Federer lento e soltanto eguale a se stesso nella correttezza, nel render merito al suo giovane avversario. Superiore davvero in tutto, in questa nottata, dall’efficienza del servizio, allo scarto nel bilancio tra punti vincenti e errori (12), addirittura alla percentuale sulle volèe, dove per solito lo svizzero è irraggiungibile. Ho indugiato a parlar di Federer, e mi par giusto ricordare che anche l’anno scorso fu sconfitto otto volte, per finire l’annata pri-missimo. Djokovic tuttavia ha l’aria di voler rimanere a contendergli il primo posto, grazie a una completezza di gioco che lo stesso Nadal non possiede. Dall’alto del suo metro e novanta batte spesso sopra i duecento orari, e alterna slices esterni non comuni a chi è destro. Un rovescio lunghissimo e molto angolato gli consente spesso di avventarsi su ribattute di avversari in difficoltà, e di colpire con un diritto violento ,sia anomalo che incrociato. E’ lucido, costante, non privo di senso dell’umorismo, come dimostrano le sue pubbliche affermazioni. Da oggi entra di diritto nella ribadita rivalità tra Federer e Nadal, quale terzo incomodo. Molto incomodo.

Tsonga finalista: non una meteora il futuro negli Slam sarà anche suo

(Il francese ha tra le mani la possibilità di scrivere la storia di questo sport)

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 26-01-08

L’ elenco dei finalisti a sorpresa nei tornei del Grande Slam è abbastanza lungo se si pensa che per giungere in finale in tabelloni che di regola comprendono 128 giocatori bisogna vincere sei partite. Naturalmente è molto più ridotto l’elenco dei vincitori a sorpresa che non a caso comprende, per gli ultimi 25 anni, soltanto due nomi. Le due sorprese più significative nel periodo che ho preso in esame sono state quelle di Gustavo Guga Kuerten, il brasiliano che nel 1997 ha vinto il Roland Garros da numero 66 in classifica, e di Goran Ivanisevic, che nel 2001 ha vinto Wimbledon da numero 125 dopo avere ottenuto dagli organizzatori una wild card. Le due imprese hanno una loro spiegazione. Postuma quella di Kuerten che infatti si è ripetuto altre due volte al Roland Garros nel 2000 e nel 2001, raggiungendo anche il primo posto in classifica. Diversa la storia di Ivanisevic il cui successo mandò in tilt i bookmaker inglesi ma non si può classificare come clamorosa sorpresa se sipen-sa che il campione croato a Wimbledon aveva già giocato e perduto tre finali, nel 1992 con Agassi e nel 1994 e 1998 con Sampras. Tsonga ha la possibilità in finale di determinare in quale dei due elenchi inserirsi, in quello dei finalisti o dei vincitori a sorpresa, ma la sua età, le sue caratteristiche, soprattutto atletiche, garantiscono che lo ritroveremo, indipendentemente dal ruolo, tra i protagonisti del grande tennis.

Cambio della Guardia

(Federer sarà pronto al riscatto?)

Stefano Semeraro, la stampa del 26-01-08

«Ho creato un mostro, è vero. Vinco così tanto, che appena perdo un set mi danno per finito. La colpa, in fondo, è solo mia». L’orco autogenerato, il Golem crollato ieri sull’acrilico blu della Rod Laver Arena, altri non è che il magnifico Roger Federer, eliminato precocemente dopo 10 - dicasi 10 - finali consecutive nei grandi tornei. L’ultima semifinale persa risaliva all’edizione 2005 di questo stesso, fatale torneo, firmata da Safin. Ma un 3-0 in uno Slam, Roger non li incassava dal 2004. Allora a batterlo, in un 3° turno del Roland Garros, fu Guga Kuerten, un ex - n.l. Stavolta è toccato a Novak Djokovic, n. 3 Atp che ha colpi e sfrontatezza sufficienti per diventare - presto? - erede del fenomeno. Il fragore del tonfo federeriano raddoppia poi sotto l’eco dell’altra sconfitta eccellente di questo Slam scassa gerarchie, quella subita 24 ore prima dal vice re Nadal contro l’inopinato, devastante boxeur Tsonga. Federer ieri non era nella sua edizione migliore, tutt’altro; ma la grande partita dell’ attentatore serbo (ah, la storia che si ripete, se non come farsa, come gioco) ne ha amplificato le magagne. Eppure al number one, colloso negli spostamenti laterali, incerto nel timing sulla palla, poco incisivo al servizio, era riuscito comunque in avvio di partita il primo break. Cinque a tre e 0-30 sul servizio di Djokovic, pareva fatta. Novak però non ha pani-cato, come gli era successo l’anno scorso nel big match di New York. Prima si è tolto dall’impaccio con 2 dei 13 ace della giornata, poi ha infilato altri 3 game infiorettati di parecchi erroracci blu del maestro - compresa una stecca di rovescio sul set-point. Nel secondo set Djokovic, le gambe elastiche piazzate sulla riga di fondo, se non dentro il campo, ha addirittura maramaldeggiato fino al 5-1 con i suoi angolatissimi schiaffoni di controbalzo. Un soprassalto d’orgoglio di Fed-Ex, ieri retrocesso da corriere a postino poco affidabile, Io ha riportato sotto di un solo break, prima della nuova capitolazione. Nel 3° Djokovic ha annullato con un paio di missili uno 0-40 al 2° game; cancellato due set-point sul 6-5 Federer; infine raccolto nel tic-break, chiuso per 7-5 dall’ennesimo dritto in rete, le spoglie dell’ex-Imbattibile. Federer non ha voluto cercare scuse nel virus di inizio anno («dopo i primi due match del torneo mi sentivo bene, con Tipsarevic al 5 ° non ero affaticato»), ma ha ammesso il momento sfocato: «Non ho servito bene, lui sì e nei passanti non riuscivo a trovare il tempo giusto». Roger paga, soprattutto, le poche partite giocate dal Masters di novembre ad oggi, oltre che il tennis moderno, pongistico e contundente di Djokovic. Un forcing asfissiante, che ruba tempo e spazio ai suoi ricami. È presto, molto presto per parlare di cambio della guardia, anche se qualche Cassandra ricorda il caso di McEnroe, invincibile fino al dicembre 1984 - giusto a 26 anni, l’età di Roger - mai più vittorioso in uno Slam dopo. Federer, che ha già in tasca un nuovo contratto con la Nike da 120 milioni di dollari, non pare correre il rischio di un’estinzione subitanea ma deve guardarsi, come peraltro Nadal, da tutta una nouvelle vague di talenti più o meno incombenti. Ai vari Tsonga, Murray, Berdych, Gasquet, ai futuribili Cilic e Gulbis, si aggiungono poi i rivali di sempre, Roddick, Nalbandian, Hewitt - ringalluzziti dalla apparente vulnerabilità dei primi - in un melting pot generazionale che non si riproponeva da inizio anni ‘90. Una nuova età dell’oro, forse. Sempre illuminata da Federer ma nella quale pare destinato a sfolgorare Djokovic. Uno che a 20 anni ha già toccato almeno la semifinale in tutti 4 i major (come Federer e Nalbandian) e che può quindi, in via teorica ma non troppo, ambire al Grande Slam, la Chimera del tennis. Per Federer sarebbe una beffa atroce. Nadal - ieri costretto da un over-booking a tornarsene a Maiorca in classe economica - ha già iniziato ad assaggiare, gli auguriamo temporaneamente, la scomoda posizione dei sovrani decaduti.

Impresa Djokovic: batte Federer e va in finale con Tsonga

(Il segreto di Nole: la calma glaciale)

M.S.K., libero del 26-01-08

Sua Maestà lo sa bene come funziona; «Ho creato un mostro: devo vincere ogni torneo». Se perdi in semifinale, rimandando al: 2009 il Grande Slam e magari al Roland Garros il trionfo numero 13 nei tornei più prestigiosi; se chiudi a quota 10 la striscia di finali consecutive; se vieni sconfitto in tre set dopo quasi : quattro anni, tutti sono già pronti a parlare di declino, della fine dell’era di Roger Federer. Poveri illusi. Ma certo Novak Djokovic in finale all’Australian Open, e soprattutto netto vincitore (7-5,6-3, 7-6) sul numero uno del mondo, contro il quale aveva perso anche l’ultimo atto degli scorsi Us Open, se lo immaginavano davvero in pochi. Per riuscire nell’impresa il serbo ha dovuto tirar fuori dal cilindro una prestazione fantastica. Tredici ace, 50 colpi vincenti, rovescio ingiocabile, dritto solido, accelerazioni, tocchi magici e una calma glaciale. «L’esperienza dei match del passato (i precedenti recitavano 5 sconfitte in 6 match, hdr) mi è servita, nei momenti più importanti ho giocato il mio miglior tennis. Ogni volta che incontri Federer», spiega il numero tre della classifica Atp, «impari qualcosa. Ho cercato di pensare una tattica e seguirla, soprattutto ho cercato di rimanere positivo anche, nei momenti frustranti e ho convissuto bene con la pressione». Domani affronterà l’erede di Noah, il francese Jo-Wìlftìed Tsonga, volto nuovo del circuito e giustiziere di Rafa Nana! Intanto oggi tocca alle donne. Una sfida tra modelle, la bionda Maria Sharapova e la mora Ana Ivanovic, che tirano terrificanti mazzate.

Dal Web

Di ritorno dall’Australia, Andreas Seppi
Tennisteen
http://www.tennisteen.it/notizie/

Di ritorno da Melbourne, abbiamo contattato il miglior azzurro della spedizione italica nel continente oceanico per un primo bilancio della stagione. Ciao Andreas, sei contento delle partite che hai fatto in Australia? Si certamente, ho giocato bene i quattro match in Australia e anche il match a Doha contro Santoro è stato abbastanza buono. Per il livello di gioco mostrato sono contento ma non sono molto soddisfatto dei risultati. Contro Stepanek ho avute delle possibilità di vincere. Anche contro Youzhny ero avanti di un break nel secondo set e nel quarto avrei potuto fare di più. Ho perso delle partite che si potevano vincere ma del livello di gioco sono soddisfatto. E cosa pensi vedendo che Tsonga, che hai battuto dieci giorni fa, è arrivato in finale agli Australian Open? Non me lo sarei mai aspettato; é sicuramente un buon giocatore, è gia arrivato in semifinale ad Adelaide, dove ha battuto Hewitt, ma non avrei pensato che potesse arrivare così lontano. Per noi giocatori che non siamo nei primi dieci è un segnale che ci sono delle possibilità di arrivare a questi traguardi. Dal tuo punto di vista, quale è la cosa più positiva che porti dall’Australia? Per me era importante proseguire giocando a tennis come a fine della scorsa stagione e ce l’ho fatta. Non è mai facile riprendere da dove hai concluso dopo la pausa invernale e io sono riuscito a fare questo, anzi in qualcosa ho anche fatto dei progressi. Ho notato che la prima di servizio è più veloce e che con la seconda di servizio la pallina si alza di più. Si ho fatto dei progressi nel servizio. Abbiamo lavorato intensamente su questo nella fase di preparazione. Ho fatto più punti direttamente con il servizio e a questo livello è molto importante; se funziona il servizio riesci a giocare meglio anche da dietro, ti senti più sicuro e questo incide su tutto il gioco. Era uno degli obiettivi di questo inverno di migliorare il mio servizio. Ma nel match contro Youzhny hai servito soltanto il 48% di prime palle. Sicuramente questa percentuale è troppo bassa, dovrei avere tra il 60 e 70%. Ma in quella partita c’era tanto vento, ed era mezzogiorno e quando servi guardi direttamente nel sole. Per questo anche Youzhny aveva dei problemi.Nel primo set i breaks arrivavano sempre con il servizio da quella direzione infatti. Si, esattamente. Nelle partite precedenti la percentuale era decisamente più alta. Quali sono i programmi per le prossime settimane? Faccio ancora una settimana di allenamento qui a Caldaro poi giocherò a Bergamo, Marsiglia, Rotterdam, Zagabria e Dubai, poi vado in America per i master series. Cosa ti aspetti da questi tornei? Mi aspetto molto. L’anno scorso in questi mesi ho giocato male perciò ho grandi possibilità di migliorare la classifica. Sono in forma, mi sento bene, ho tanta sicurezza, posso andare rilassato in questi tornei. Sono fiducioso, posso fare bene. Quale è il torneo preferito? Marsiglia e Rotterdam hanno una superficie che mi piace; é la stessa superficie di Vienna. Su questa superficie ho fatto i migliori risultati inoltre si gioca indoor e a me piace giocare in palestra. Non sarà facile perché sia a Marsiglia che a Rotterdam ci saranno tanti dei giocatori più forti. Nei tornei di gennaio due volte hai giocato anche il doppio. Questo succederà anche in futuro? Sicuramente, adesso ho un ranking che mi permette questo. Se sei posizionato intorno al numero 80 o 100 non hai la possibilità di entrare nel tabellone del doppio. Gioco volentieri il doppio e in futuro cercherò di farlo più spesso. Nel doppio puoi provare certe cose e questo ti aiuta a migliorare certi fondamentali, per esempio la volèe o la risposta. Grazie e tanti auguri per i prossimi tornei e forse a Bergamo nel finale ci sarà la rivincita contro Santoro. Sarebbe bello. Grazie

“So come si batte Tsonga”Seppi a Sydney c’è riuscito
Gazzetta dello Sport
http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Tennis

L’azzurro l’8 gennaio nel torneo che fa da prologo agli Open d’Australia aveva battuto il francese al primo turno: “Il segreto è aggredirlo e non lasciargli troppo tempo per eseguire i colpi. Il fatto che adesso lui sia in finale mi fa credere di poter entrare nella Top 20″.Andreas Seppi è l’ultimo giocatore ad aver mandato k.o. Jo-Wilfried Tsonga, il Muhammad Ali del tennis. E’ successo a Sydney, il tradizionale prologo all’Australian Open dove il giocatore di Bolzano ha sconfitto 3-6 6-3 6-2 il francese che domani affronterà Novak Djokovic nella finale del primo Slam stagionale. Come è riuscito nell’impresa di battere Tsonga? “Il segreto è giocare con i piedi molto vicino alla riga di fondo, aggredirlo e non lasciargli troppo tempo per eseguire i colpi. E’ quello che non è stato capace di fare Nadal e che invece credo riuscirà a Djokovic. Se resti troppo dietro, lui prende in mano il gioco e ti attacca con grande facilità”. Ma come si può essere aggressivi contro un tizio che serve mediamente sopra i 200 km/h? “Difatti non è semplice. Se però, come è successo al sottoscritto, si riesce a fare un break, allora lui rischia di perdere un po’ di fiducia, comincia a mettere meno prime di servizio e a sbagliare di più dal fondo”. Ma questo servizio è davvero imprendibile? “Una palla che parte a 220 km/h quasi non la vedi. Però da destra serve molto spesso a uscire. Io me ne ero accorto e nei momenti importanti mi buttavo sempre da quella parte: ha funzionato”. Con Nadal ha dominato anche gli scambi da fondocampo: come lo spiega? “Mi ha sorpreso perché quando ci ho giocato contro avevo la sensazione di controllare bene lo scambio. Se riuscivo a rispondere al suo servizio pensavo di avere l’80% di possibilità di fare il punto. Nadal però gli offriva palle con grande rotazione che rimbalzano alte; a lui danno più fastidio quelle piatte e basse. Per questo credo che il suo capolavoro sia stato battere Youzhny nei quarti di finale”. Un pronostico per la finale? “Se Tsonga continua a non rendersi conto di quanto gli sta succedendo può giocare una bella finale, però per avere una chance deve servire fortissimo e con grande continuità. Se Djokovic lo brekka nei primi game, credo possa finire tre set a zero per il serbo”. Lei l’ha battuto due settimane fa: che sensazioni prova a vedergli giocare la finale di uno Slam? “Che posso arrivare nei top 20 del Mondo. Non dico sia facile, ma è certamente possibile. Se penso a questo inizio di stagione, devo essere fiducioso: l’obiettivo non è così lontano”.

Intervista a Flavio Cipolla: “Spero di essere pronto per Bergamo”
Spazio tennis
http://spaziotennis.sport-blog.it/?p=578

Flavio Cipolla intervistato da Alessandro Nizegorodcew per la trasmissione Ho Scelto lo Sport di Nuova Spazio Radio. Flavio nel corso dell’intervista ha risposto a tutte le vostre domande. Si è parlato di Wc per Roma (”Non credo me la daranno”), della vittoria di Noumea, dell’infortunio al ginocchio e di tante altre cose.. Ascoltate e commentate…

Il re, il Joker, il Boxeur Il tennis verso l’età dell’oro
La Stampa
http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/

“Il tennis sta vivendo una nuova età dell’oro. Ci sono almeno due o tre generazioni di campioni che convivono e combattono sul circuito. Quella di Hewitt, Safin, Nalbandian, Roddick, dello stesso Federer che con 26 anni si avvia alla mezza età. Poi Nadal, Berdych, Gasquet, Murray, ora Tsonga che li incalzano. E dietro di loro premono quelli ancora più giovani, come ad esempio Cilic”. E’ Bob Brett che parla, l’antico coach australiano di Boris Becker e Goran Ivanisevic che vive e insegna a Sanremo ed è passato qualche giorno a Melbourne per dare un’occhiata al torneo. E ha visto cose interessanti, ha visto un tennis vivo. Ha visto Tsonga, che è piaciuto tantissimo anche a lui, ha osservato “Federer che si muove ancora meglio di prima, e che ha questa straordinaria capacità di portare il gioco sempre nel punto del campo che preferisce”. Ha ammirato Djokovic, “che rispetto a tutti gli altri sfidanti gioca dentro il campo, con un timing eccezionale”. Guarda caso, i due si incontrano fra pochissimo, una mezz’ora di orologio, alle sette e mezza della sera di Melbourne. E’ stata una giornata bellissima quaggiù, con molto sole e arazzi di nuvole cupe che lasciavano calare sul mare di Santa Kilda lame di luce profetiche. Forse Federer riuscirà ad estrarre l’ennesimo coniglio, come ha scritto il collega Chris Clarey, dal suo profondissimo cilindro. Oppure la spunterà Djokovic, e in finale avremo il primo assaggio di quella che potrebbe essere una nuova era, con la sfida fra il Joker e il Boxeur, le carte più forti di una nuova mano, di un nuovo piatto, di una nuova storia. Ancora più interessante, se possibile, e che a qualcuno già ricorda il magico jet tennis degli anni Settanta e Ottanta.

Noà-Tsongà? Ma va’…Wild Card
blog di federico ferrero
http://federico-ferrero.blogspot.com/

Ma non paragonatelo a Yannick Noah. Credo di aver avuto il privilegio di raccontare in diretta una supernova che esplode in stella con il match che Jo-Wilfried Tsonga ha vinto contro il tricampéon di Parigi Rafa Nadal. Il Mohammed Alì del tennis ha in comune con le treccine più famose della racchetta le origini per metà africane, l’esuberanza fisica, le movenze feline sotto rete e una prima di servizio pesante. E basta. Noah pestava di rovescio, lo sapeva tagliare, picchiare e caricare di spin. Tsonga (che lo gioca bimane) fino allo scorso anno non centrava il campo. Il diritto: secondo Boris Becker il peggior colpo del circuito, ai suoi tempi, era quello di Noah. Spietato ma sincero, Bum Bum. Il diritto di Tsonga è uno dei migliori in circolazione. La rete: vocazione di Noah, che univa al tocco più che discreto qualità atletiche straordinarie. Per Tsonga - come per tutti, ormai - il serve&volley rimane un jolly da giocare due volte a set e la rete, Gianni Vilfredo, la guadagna dopo aver tirato qualche barattolo di napalm e aver fatto piazza pulita del nemico di là dalla rete. Il filmato in cima si riferisce a un match vero, non a un’esibizione. Noah ad Amburgo nel 1991 trascinò nello show un giovanissimo Magnus Larsson e finì per vincere quella partita da circo. Oggi, purtroppo, un istrione così verrebbe squalificato e l’altro non riderebbe come Piedone fece quel giorno mentre si faceva mettere nel sacco.

Fenomeno Tsonga, è nata una stella

(L’energia di Tsonga invade anche la tribuna stampa)

Gianni Clerici, la repubblica del 25-01-08

MELBOURNE—Ero sul Centrale, al mio posticino privilegiato. Intorno a me colleghi per solito affaticati o infastiditi, dopo undici giorni di tennis, apparivano trasformati. Incuranti del vecchio proverbio «no claps in the press stand», niente applausi in tribuna stampa, balzavano su, applaudivano come ragazzini. A suscitare tanto entusiasmo, sottolineato da continui cori di «let’sgo Tsonga, let’sgo!”, era un ragazzone caffellatte che, più che spostarsi, rimbalzava qua e là, in preda a furore creativo, mimi inattesi venati di allegria. E d’improvviso, nella mia memoria di scriba multi sport, si è insinuato un viso molto simile a quello di Tsonga, un viso sorridente, capelli crespi, denti bianchissimi, torace possente. La mano destra non stringeva un manico, ma era nascosta da un guantone. E, dalla bocca anelante, usciva un grido: «Pungo come una vespa, danzo come una farfalla». Era, per un istante, Muhammad Ali quello che mi compariva davanti, per subito dissolvere, e allontanarsi dalla sua reincarnazione, Jo-Wilfred Tsonga. L’avevo ammirato junior; l’avevo creduto perso come accade spessissimo ai ragazzi prodigio. L’avevo ritrovato quaggiù in due match, il primo contro Murray, il secondo contro Gasquet. Qui, soprattutto, avevo creduto di capire che poteva esser campione, anche contro il parere di qualche mio collega francese, che non ama la banlieue. C’è stato infatti, in Francia, un suo zio d’adozione, che si chiama Yannick Noah, e che ha fatto fatica ad essere accettato da un pubblico di borghesi quali gli spettatori del Roland Garros. Ma c’è voluto lui, e la sua mistura franco-camerunese, per rinnovare le glorie dei mitici Moschettieri, Cochet, Lacoste, Borotra, Brugnon. Ora Jo Tsonga si offre di rinnovare il prestigio di un paese capace di mettere in campo qui a Melbourne, ventinove tennisti. Un paese la cui federazione vanta più di un milione di affiliati e il miglior sistema pubblico di assistenza tennistica. Ma sto uscendo dall’entusiasmo che ha appena finito di contagiare anche un vecchio scriba, un testimonio di mille partite. Mentre par giusto menzionare non solo la sorpresa dì tutti, ma l’incredulità dell’avversario di Tsonga, quel Rafael Nadal che mai avevo visto tanto scioccato, ancor prima che battuto. Dire che Nadal non è stato mai in partita è certo un’iperbole, ma non è meno vero. Dire che proprio lui, il Braccio di Ferro del tennis, è stato schiantato in potenza è difficilmente credibile, invece è solo obiettivo. Con i primi dei suoi 17 aces, Tsonga è partito in testa, 3-0, e Nadal non ha potuto far altro che rimanere in scia per meno di due ore senza mai riagganciarsi. Né mai ha avuto, Nadal, su una racchetta che pareva sconquassata, la possibilità di avvicinarsi, di costruire uno degli schemi di regolarità aggressiva in cui è da sempre maestro. Respinto con la rossa canottiera ad appiccicarsi ai teloni pubblicitari,lo si è rivisto avanti solo in fine partita, a tentare addirittura improbabili volée: proprio lui, che a rete ci va soltanto per suggellare scambi di già vinti: «Non mi ha permesso di giocare», avrebbe affermato incredulo, appena uscita dal campo. E la sua sincerità ha certo prevalso sullo stato confusionale in cui era venuto a trovarsi sul Rod Laver, benvenuto dunque a Tsonga, con l’augurio che, insieme a Djokovic, consenta a noi aficionados maggior varietà di scelta, più grandi incertezze, in un gioco troppo a lungo dominato da Federer. Nel pomeriggio erano intanto continuate le ultime eliminatorie per l’elezione di Miss Australian Open. Simile concorso conteneva certo aspetti tennistici, che, peraltro, non sembravano prevalenti, considerate le caratteristiche di non meno di tre delle aspiranti, in grado di sfilare su una immaginaria passerella posata sul Rod Laver, chiuso per una pioggerella. La più brillante, eretta, irraggiungibile, algida e crudele è apparsa di gran lunga Maria Sharaoova. Di fronte a lei sfilava (a volte inciampando) la meno dotata delle quattro. Jelena Jankovic era certo la più simpatica, la più umana, il suo viso irregolare giungeva a ricordare, in certe smorfie, quello di una modella di Bacon. Ma dall’alto del suo metro e novanta la russa la dominava, schiacciandola addirittura, all’avvio, con un punteggio di cinque passerelle consecutive a zero. Di quella inferiorità, sottolineata dalle cadute Melena non cessava di lagnarsi, sino a richiedere assistenza medica. Sinchè, mi è testimonio il fotografo Ray Giubilo, Maria le avrebbe sibilato, tra i canini taglienti, «stop complaining and play!», che nel nostro dialetto, suona «piantala di piagnucolare e gioca!». Veniva in mente, di fronte a tanta crudeltà, la frase dedicata alla russa dal suo ex boyfriend, il cantante dei Maroon 5 Adam Levine: «Era dai tempi in cui mi resi conto che Babbo Natale non esisteva, che non provavo una delusione simile alla notte passata con Maria». La sfilata avrebbe avuto un seguito con il sorprendente avvio di Daniela Hantuchova, l’elegantissima erede di Maria Teresa d’Austria, già grandissima speranza junior risalita dal baratro di una magrezza che sfiorava l’anoressia. Mirabile su gambe ancor più lunghe e sfilate di quelle di Maria, Daniele avrebbe dato otto passerelle di distacco ad una incredula Ana Ivanovic. Sin ché, d’improvviso, l’antica sindrome della perdente sarebbe riaffiorata, e l’avrebbe spinta a lasciare la scena alla deliziosa serba, aiutata, anche, da una giudicessa indegna di un Centrale, Alison Lang.

Potenza, personalità e tecnica; Jo è e da top 5

(Cosa pensano i grandi del passato del nuovo “fenomeno”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 25-01-08

MELBOURNE (Aus) — Un ragazzone di 22 anni, il semisconosciuto ai più Jo-Wilfred Tsonga, francese di papa congolese, con un’evidente somiglianza con il mitico Muhammad Ali, demolisce in due ore perfette, di potenza, di tecnica e di personalità Maciste Nadal, secondo al mondo solo a Federer il Magnifico. Non in una partita qualsiasi, ma nelle semifinali degli Australian Open, lui che tre anni fa era bloccato in ospedale da un’ernia del disco, con la carriera in pericolo, l’anno scorso giocava i tornei minori, due settimane fa perdeva con il nostro Andreas Seppi ed è appena 38 della classifica. È una chimera, oppure è nata una stella? Nella finale di domenica la prima risposta. Nella mite serata di Melbourne, il tennis si stropiccia gli occhi, incredulo. Come quando nel 1985 un ragazzo di 17 anni, il tedesco Boris Becker, conquistò Wimbledon e con coraggio e spettacolarità, e diventò Bum-Bum. «E’ la prima immagine che viene in mente: stessa potenza da fondo, stesso viso aperto, stessa presenza fisica a rete, stessa personalità e simpatia», dicono in coro Martina Navratilova, la più grande tennista di sempre, e Guy Forget, ex protagonista servizio-volée, oggi C.T. della Francia. Che precisa: « Jo ha già battuto Murray, Gasquet e Youzhny, eppure con Nadal ha tenuto sempre lui l’iniziativa e ha migliorato ancora. Soprattutto mi ha colpito per l’equilibrio fra attacco e difesa, e per la serenità con cui gestiva quel pitbull di Rafa: aveva la forza tranquilla di un elefante»…….«Stasera è nata una stella», scommette Jim Courier, 16 anni fa numero 1 del mondo e due volte campione degli Australian Open, oggi telecronista di personalità. «Tsonga è speciale, come Roger Federer. Era tanto che non vedevo giocare così, e non avevo mai visto Nadal dominato in questo modo: Jo è veloce, potente, intelligente, reattivo. Entrerà prestissimo nei primi 5 del mondo e ci resterà a lungo». Mats Wilander, altro ex numero 1 del mondo e tre volte re di Melbourne, va oltre: «Frew McMillan, il grande doppista con cui chiacchiero su Euro-sport, aveva scommesso in diretta su Tsonga vincente in tre set: è ipnotizzato da quando Jo ha battuto Youzhny nei quarti di finale. Io pure lo vedevo vincente contro Rafa, ma avevo qualche dubbio sulla tenuta nervosa: ora però sono più affascinato di prima. Che calma, che capacità di dettare, d’istinto, i ritmi di gioco, che varietà, e insieme che capacità di sostenere di fisico e di personalità uno come Nadal. E che incredibile equilibrio, anche a rete. Tsonga entra subito nei primi 5 del mondo e vincerà almeno 5 tornei dello Slam: è un bagno di freschezza e insieme un tuffo nel passato, nel servizio-volée e nella personalità come Jimmy Connors: va in campo e se la gioca, a viso aperto, contro uno tanto più famoso ed esperto di lui. Qui non siamo davanti a un boscaiolo, qui c’è classe e anche fortuna, da campione»……Incrocia le dita Eric Winogradsky, ex pro di Francia, già ampiamente superato nei risultati dal suo Tsonga, che guida da 5 anni: «Ho fiducia che Jo non sia la stella di una sera perché ha già gareggiato con i più forti, quand’era numero 2 junior. E, se ha reagito alla grande in una semifinale dello Slam e contro un grande avversario, è proprio perché l’ha metabolizzato, ce l’ha dentro. Altrimenti non ci sarebbe riuscito. Non così nettamente, non contro Nadal».

Ana sfida Maria: stanotte il tennis sceglie la regina

(Sulla passerella australiana vanno in scena le più belle del reame)

Marco Lombardo, il giornale del 25-01-08

Lei è la divina Maria, la siberiana: bella, bellissima anzi. E scontrosa, attrice, antipatica, ammaliante, devastante, smorfiosa. Ma, soprattutto, a 20 anni, già con un’erede. Ana, cioè, 20 anni anche lei ma con due titoli dello Slam in meno, serba e deliziosa, simpatica e un po’ bambolina. Sharapova-Ivanovic insomma; sarà l’Australia a scegliere la sua Miss e non. solo grazie alle racchette. Si sa, infatti: il tennis femminile non è solo una questione di sport. Il pubblico si appassiona, soffre e gioisce in maniera direttamente proporzionale all’avvenenza delle sue protagoniste. Cosi, ecco, Sharàpova-Ivanovic arriva al momento giusto, Maria contro Ana in finale, agli Australian Open per il titolo di più bella del reame. Di Maria si sa tutto: ha già vinto Wimbledon e gli Us Open, ha una serie impressionante di servizi fotografici alle spalle (e davanti), linee di profumi e di orologi da lei firmati, il vezzo di mandare-baci al pubblico a fine partita e l’abitudine di piantare a metà l’intervistatore se la domanda non le piace. A Melbourne finora . ha schiantato tutte: in semifinale ha battuto l’altra serba Jankovic, meno solare ma con eguale fascino della Ivanovic, e ora dice di essere «come in una bolla»; dentro ci sono bellezza, milioni di dollari e la possibilità di aggiungere un altro titolo dello Slam nel book. Di Ana invece si comincia a sapere adesso, lei così carina e gentile, nonostante sia cresciuta sotto le bombe della Jugoslavia di Milosevic, dentro una guerra che là costringeva ad allenarsi al mattino presto in una piscina abbandonata che permetteva solo di tirare il lungo linea Ana ha pianto, allora, così come pianse per 4 ore in spogliatoio dopo una sconfitta davanti a Martina Navratilova, perché temeva che il suo manager finanziatore potesse abbandonarla. In campo però adesso sorride, mostra una grinta tutta sexy anche se batte quasi come un uomo, pallate a 190 all’ora e grandi accelerazioni per stordire l’avversaria. L’ha fatto anche contro Daniela Hantuchova, le gambe più lunghe del circuito, rinata dopo un periodo di troppa magrezza fina alla semifinale di ieri. Primo set da 0-6 e poi Ana, la piccola bambola, ha dimostrato di essere cresciuta, ha cominciato a ballare in campo, «ha cominciato ha strascicare per terra i piedi per distrarmi», ha detto alla fin» Daniela con rabbia, mentre la Ivanovjc sgranava gli occhietti giustificandosi: «Lo facevo solo per essere pronta a colpire là palla…», in pratica:; Ana è già un po’ Maria, la Divina con un padre scomodo che sta in tribuna sotto il cappuccio della felpa, occhiali scuri e esaltazione fuori luogo ad ogni vittoria della sua piccina, come quando dopo il match contro la Henin ha fatto il segno del taglia gole, «l’hai sgozzata» le diceva. Maria ha svicolato imbarazzata, ha salutato la mamma che sta lontana - soprattutto dal suo ex marito («però lei c’è e sapere che la troverò a casa quando torno è sempre il mio sollievo») -ed ha cominciato a preparare l’assalto al trono di Melbourne mentre già nella casella di posta elettronica arrivano comunicati del tipo: «Maria Sharapova porta l’alta moda nella finale degli Australian Open» con tanto di foto esplicativa, Si tratterebbe di tennis in realtà, ma flash e passerelle sono già pronte perché la divina Maria e la bella Ana in fondo si giocano molto di più. È come a Miss Italia: scommettiamo che chi vince si mette a piangere?

Maria contro Ana, beautiful tennis

(La sfida tra gli opposti che si attraggono)

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 25-01-08

È Hollywood Open dei belli e non dannati, Maria, Ana, Jo-Wìlfried, il solito Roger e Nicole Kidman sugli spalti, prima che il lutto per la morte del collega Heath Ledger la privasse del piacere del tennis. Melbourne coltiva il gusto dell’estetica e si prepara, stanotte, ad assistere alla finale femminile dell’Australian Open più hot (ma molto più hot) dai tempi di Goolagong-Evert, Maria Sharapova contro Ana Ivanovic, gli opposti che si attraggono, la russa e la serba, la bionda con il papa incappucciato in tribuna («Non volevo tagliare la gola alla Henin, ma a mia figlia… Era uno scherzo tra noi due» ha detto Yuri Shàrapov a proposito del gestaccio ripreso in diretta da Channel 7 dopo la vittoria di Maria sulla numero 1 del mondo, e le babbione della Wta se la sono bevuta) e la bruna accusata di scorrettezze in semifinale dalla slovacca Hantuchova (0-6, 6-3, 6-4): «Ana strisciava le suole per terra mentre servivo, provocando un rumore fastidiosissimo. È ingiusto e ridicolo: l’ha fatto per disturbarmi. Ci eravamo sfidate altre volte e non era mai successo…». Ana arriva da Belgrado, è cresciuta sotto i bombardamenti della Nato, sfida la Sharapova sul suo stesso terreno, potenza e fascino, è nata sette mesi dopo Maria e ne ha mutuato le armi, sito internet da stella del cinema, musica lounge in sottofondo, ogni foto una didascalia che è uno slogan. Ana è una donna d’azione: esitare significa rischiare di perdere. Ana non mostra le emozioni: potrebbe rafforzare l’avversaria, il servizio di Ana (un solo rimbalzo prima del lancio) viaggia a 196 km/h in 0,005 secondi e la sua battuta è così forte che la palla si comprime da 6,3 a 3,2 cm. Ana l’ultima mezz’ora prima del match chiède di restare sola. Ana ama gli abiti scollati sulla schiena e ha un solo grande desiderio nella vita: diventare la più forte tennista del mondo. Ana prima d’ora aveva raggiunto una sola finale Slam (Roland Garros 2007), Maria ne ha già vinte due (Wimbledon 2004 e Us Open 2006) però il match è aperto, appassionante, l’antipasto migliore prima di vedere in azione il talento francese esploso in Australia, Jo-Wilfried Tsonga, le doti atletiche di Noah sotto una faccia d’attore, contro il vincente tra Roger Federer e Novak Djokovic, che non è bello ma all’Hollywood Open non sfigura: sa far bene le imitazioni.

Dal WebQuando Tsonga giocava contro Dell’Acqua…..
Tennis ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096

Ieri mi chiama Carlo (quello che ha programmato il fantastico database di tennis) e mi dice: “Ma quello è il tennista che abbiamo visto contro Dell’Acqua?” e io tristemente “Si e lui…”. “Ma com’è - mi chiede nel suo accento bolognese - che Massimo fa i future e quello è ai quarti degli Australian Open?”. “Che ti devo dire?” gli rispondo sconsolato. Il match che abbiamo visto risale al 2006, qualificazioni del Challenger di Besancon, Massimo era appena rientrato da un problema alla gamba, era già in crisi secondo me (di testa….). Sul sito c’era il live streaming della partita, terzo turno di qualificazione. “Carlo c’è il live streaming di Max sul sito” gli dico prima della partita. Ci guardiamo il match su internet con MSN aperto. “Senti ma quindi fa serve and volley?” mi chiede Carlo riportandomi ai giorni nostri. “Non più, è cambiato Tsonga. Non va più tanto a rete ma è migliorato molto con il rovescio, gioca da fondo provando a sfondare” gli rispondo. “Quindi vince Nadal” conclude. “Non credo, per me visto come sta giocando….”. “A se lo dici te, allora vince sicuro Nadal”. Per una volta ho ragione io, ha vinto Tsonga! Però non dite, come ho purtroppo letto, che il francese ha tocco, perchè non è vero, Tsonga è potenza, potenza pura, ma non tocco. Il suo gioco diverte, ma non è bello come quello per esempio di Gasquet. Gasquet è classe (e tocco), Tsonga è potenza. Mi dispiace che Jo Wilfred abbia abbandonato il serve&volley, che in realtà applica solo sui campi in erba, anche se la scelta, va detto si sta dimostrando vincente.
Fed Cup, rivoluzione francese?
Tennis ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096
C’è sorpresa in Francia per le convocazioni di Fed Cup. Georges Goven ha diramato all’ora di pranzo le convocazioni per la sfida di primo turno contro la Cina. Fra le convocate compaiono Amelie Mauresmo e Marion Batoli. Amelie, ex numero 1 del mondo, voleva quest’anno tornare a lottare per il vertice e per una volta aveva chiesto di essere esentata dalla Fed Cup. Diverso il discorso della Bartoli. La numero 1 di Francia è in rotta con la federazione francese e per questo aveva annunciato, anche lei a dicembre, di non voler giocare in Fed Cup. E adesso? Ci sarà da divertirsi perchè soprattutto la Bartoli non credo che farà marcia indietro. La Goven è stata però chiarissima: “La nazionale francese è prima di tutto. Il capitano deve convocare le migliori tenniste possibili per la sfida, senza tenere in considerazioni le richieste e le preferenze delle varie tenniste. Giocare per la Francia è un onore e quindi se si viene convocate bisogna rispondere e farsi trovare pronte per la partita”.

Bravo Potito, si è iscritto a Las Vegas!
Tennis ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096

Spesso critichiamo gli azzurri per le loro scelte, soprattutto per i loro programmi. Questa volta bisogna dare merito a Potito Starace. Il campano negli ultimi 2 anni sta dando, per me, segnali di grande maturità, non limitandosi a giocare solo sulla terra rossa, ma estendendo il suo calendario anche ai tornei sul veloce. Fermo per squalifica la stagione di Potito inizierà a Costa Do Sauipe l’11 febbraio prossimo. Per Starace ci saranno 3 tornei in Sudamerica sulla terra rossa. Si parte in Brasile, poi Bueons Aires e Acapulco. Il campano non sarà l’unico azzurro, insieme a lui Fabio Fognini e Filippo Volandri. Ma la cosa che mi fa piacere sottolineare è che Starace la settimana successiva si è iscritto al torneo di Las Vegas. Poto giocherà il torneo americano sul cemento per prepararsi al meglio per i due Masters Series sul veloce americani ovverosia Indian Wells e Miami.

La Francia esalta Tsonga il sogno di un altro Noah

(L’eccessivo ottimismo dei nostri “cugini” francesi)

Gianni Clerici, la Repubblica del 24-01-08

MELBOURNE—Sappiamo tutti come son fatti i nostri cugini, conosciamo il loro fanatismo per la grandeur, e l’incapacità di autoironia. Così, ancor prima che abbia vinto un titolo importante, alcuni hanno già preso a definire Tsonga le nouveau Noah. Un uomo, Noah, votato per la seconda volta come il più popolare francese, e addirittura in grado di definire Sarkozy imbroglione e furbastro. Figlio di papa nerissimo e mamma bianchissima, Tsonga è un prodotto dell’immigrazione seguita alla fine del colonialismo francese. Così come il grande Noah possedeva geni camerunesi di papa calciatore, Jo Tsonga è figlio di un campione di pallamano nato in Congo. L’avevo ammirato cinque anni fa, vincitore junior allo Us Open, per poi perderlo di vista, e saperlo vittima di una catena d’incidenti, addirittura di un intervento di ernia discale. Pronti ad ogni tipo di voltafaccia patriottico, certi miei colleghi si erano affrettati a puntare su un altro immigrato più nero di lui, Gael Monfils. Ricostruito con perizia e pazienza, Tsonga è invece ritornato nel gruppo che insegue i primi, e qui a Melbourne ha compiuto la doppia impresa di eliminare Murray e Gasquet, i due migliori giovani in circolazione. Soprattutto con Gasquet, bianchissimo campione annunciato fin dall’asilo, la sua vittoria ha assunto risvolti importanti, non solo sportivi. Dopo la vittoria contro quel balordo di Youzhny, un fotografo francese ha fatto circolare una vecchia immagine: un bimbo moretto alza la manina, quasi volesse lanciare una palla, per schiaffeggiarla con la destra. Immagine che, oggi, appare quella di un predestinato, mentre soltanto due anni fa sarebbe finita in un cestino redazionale. Gli trovano, addirittura, a Tsonga, una somiglianza fisica con Mohamed Ali. E la cosa più incredibile è che non hanno affatto torto, almeno per quanto riguarda i lineamenti. Resta da chiedersi, ma i miei cugini non lo faranno certo, come mai due su tre dei loro migliori tennisti abbiano il papa nero. Una simile, interessante domanda, da me rivolta ad alcuni colleghi, mi è valsa un’accusa di razzismo. Proprio a me, che sono nonno di una piccola francese adottiva di un bel color caffellatte.

Tsonga, la Francia spera in un nuovo campione

(I transalpini negli ultimi 20 anni si sono specializzati nella “costruzione” di seconde linee formidabili)

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 24-01-08

Al di là di una riconosciuta efficienza organizzativa, che fa perno su una generazione di ex giocatori con buona cultura generale, il tennis francese ha il vantaggio di poter attingere, come del resto avviene in altre discipline, a quel serbatoio nero che gli ha già regalato Yannick Noah. Noah è stato l’ultimo francese a vincere il Roland Garros (1983). Più di vent’anni dopo sono apparsi Gael Monfils, nato a Parigi nel 1986, Jo Wilfried Tsonga, nato a Le Mans nel 1985. Monfils, che ha chiuso il 2007come numero 38, è fermo per infortunio. Contemporaneamente, dopo una serie di problemi (il più serio ad una spalla) è tornato in pista Tsonga che ha perduto quasi completamente due stagioni (2005 e 2006) ma che l’anno scorso ha recuperato 150 posti in classifica salendo fino al 43. Una intelligente programmazione nei challenger americani (ne ha vinti quattro) gli ha restituito condizione e fiducia. Quest’anno ha cominciato bene ad Adelaide, dove è giunto in semifinale battendo Hewitt, mentre a Sydney è stato sconfitto dal nostro Seppi. Comunque vada il suo incontro con Nadal dal quale ha perduto l’anno scorso all’Open degli Stati Uniti, avendo battuto qui lo scozzese Murray al primo turno ed il connazionale Gasquet nei quarti, Tsonga si è imposto come la novità del torneo raggiungendo la prima semifinale di un Grande Slam in carriera. Dopo Noah, la Francia non ha più trovato un campione. E’stata delusa da Leconte, poi ha prodotto seconde linee formidabili (Pioline, Grosjean, Clement, Escude, Santoro) fino a quando ha trovato Gasquet che però è in attesa di affermarsi come campione. Proprio battendo Gasquet, Tsonga ha acceso speranze ed illusioni, quali delle due potrebbe dircelo l’incontro con Nadal più probabilmente tutta la prossima stagione.

Ana la bella fa sognare

(Volete fare una dichiarazione d’amore alla bella Ana? Allora leggete con attenzione quest’articolo)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 24-01-08

Ana contro Venus non aveva mai vinto. Per quattro volte la Ivanovic aveva affrontato la più grande delle Williams. E aveva perso, netto e senza guadagnare neppure un set. Trovarsela davanti era diventato una sorta di incubo, ma non le aveva certo fatto perdere il sonno. Al punto che, come lei stessa ha ricordato sul blog che tiene per la Wta, temeva di non sentire la sveglia e di trovarsi in ritardo per il match. Per fortuna il programma l’ha presentata al pomeriggio e tutto si è risolto. Ha vinto Ana, rischiando nel secondo set la rimonta della Williams che si è trovata a condurre 3-0. Poi, la serba ha rimontato e chiuso la partita. Non fatevi ingannare da quel fascione che ingabbiava la coscia sinistra di Venus. La gazzella non è sembrata soffrire problemi fisici sul campo. La Ivanovic ha sbagliato meno, ha servito meglio. Ed ha vinto. Lunedì la ragazza di Belgrado dovrebbe salire al numero 2 del mondo (a meno che l’altra serba in semifinale, Jelena Jankovic, non compia il miracolo di battere la Sharapova e poi vincere il torneo). Per la prima volta Ana è in semifinale agli Australian Open e un intero Paese si entusiasma per lei. In casa sono tutti svegli (solo mamma Dragana è a Melbourne), anche se i match sono alle 3 del mattino ora di Belgrado. Lungo le strade i bambini giocano con racchette e palline, abbandonando per qualche giorno l’amato pallone da calcio. Ana la bella fa sognare. E non solo quando è su un campo da tennis. E’ la più sexy dell’intero gruppo di tenniste, molto più sensuale della regina di ghiaccio Sharapova. La Ivanovic è una mora dalle curve generose, dai lunghi capelli castani, dagli occhioni verdi da cerbiatto. E’ la nuova Kournikova, l’unica negli ultimi venti anni sia stata capace di fare impazzire milioni di tifosi e di portare al tennis anche chi non l’aveva mai visto. Ana è bella. Ha posato nuda sulla rivista “Teniska Lolita”, si è fatta fotografare, vestita da Stella McCartney, per Vogue. Regala gioia quando sorride la nuova Kournikova dunque, ma con una differenza. La Ivanovic vince. La russa non era riuscita ad aggiudicarsi nessuno dei 100 e oltre tornei a cui aveva partecipato. La serba è già a quota cinque. Servizio potente, dritto piatto che semina il panico, gioco consistente da fondo-campo. E tanta grinta. Come potrebbe essere altrimenti. Aveva 12 anni quando la Nato bombardava Belgrado. Lei per allenarsi si alzava alle cinque del mattino («Conoscevamo gli orari dei raid, sapevamo come evitarli») e giocava a tennis all’interno di una piscina abbandonata, dopo aver ricoperto il fondo di terra. Una ragazzone che guarda in alto e sogna. Ieri notte ha affrontato Daniela Hantuchova, la slovacca che è tornata a giocare ad alti livelli e non ha avuto difficoltà a superare la polacca Radwanska. L’Europa continua a farla da padrona in questo torneo. Uomini o donne, in semifinale arrivano solo dal Vecchio Continente. Tra i maschi troviamo uno svizzero, un serbo (di Belgrado), uno spagnolo e un francese. Tra le ragazze (tutte dell’est, ed è la prima volta che accade a Melbourne) due serbe (anche loro di Belgrado), una russa e una slovacca. Ma torniamo ad Ana Ivanovic. A rivelare quanto tenesse al tennis, fu per prima Mattina Navratilova. La vide piangere per tre ore negli spogliatoi dopo la sconfitta in un torneo. Temeva di perdere la fiducia del suo finanziatore (Dan Halzmann della DH Managment, una fortuna in campo farmaceutico, aveva investito 400.000 dollari su di lei dopo aver ricevuto un suo book fotografico) e di dovere rinunciare al grande sogno. E invece è andata avanti e ieri ha rimandato a casa Venus Williams. Qualche chilo di troppo, messo su dopo essersi eccessivamente irrobustita sul piano muscolare, aveva fatto pensare che la sua ascesa potesse fermarsi sotto le Top Ten. Lei si è messa a dieta, ha recuperato energie ed è tornata a spingere. Ora, se le cose andranno come Ana spera, sopra di lei ci sarà soltanto Justine Henin. E il popolo del tennis ha cominciato a sognare con questa ragazza bella, sensuale, forte e vincente.

Ma quanto tira il marchio Djokovic

(La semifinale della verità)

Daniele Azzolini, tuttosport del 24-01-08

MELBOURNE. N.O.L.E… nero su bianco, stampatello, caratteri cubitali. Disegnato sulle t-shirt, il nome prende forma quando la famiglia Djokovic si alza in piedi per applaudire, dunque spesso. Al padre è toccata la N, alla mamma la O, le altre due lettere se le dividono i fratelli minori di Novak, detto appunto Nole. Il box familiare partecipa compatto ai successi del figliolo, e se lo fa in modo un po’ troppo esuberante, beh, lo si può capire……. Nole non ha ancora vinto molto, seppure venga considerato già oggi il futuro numero uno del tennis. Più lui di Nadal, cui viene assegnata una fetta di tennis più ristretta, quella della terra rossa, il problema di Nole, secondo questi disegni che gli scenaristi del tennis avallano, è che non potrà diventare numero uno finché ci sarà Federer, e lo svizzero, in fondo, ha appena 26 anni. Se non accade qualcosa, Nole rischia di stare dietro per altre 4 o 5 stagioni, visto che i progetti di Roger spaziano fino ai Giochi del 2012, quelli di Londra, ma per il tennis quelli di Wimbledon. Occorre dunque accorciare i tempi e cominciare ad avvicinare lo svizzero, peraltro già superato nella finale di Montreal, lo scorso agosto, in preparazione a un’edizione degli Us Open che ha visto i due nuovamente di fronte, in finale. Ma lì ha vinto Federer, e in tre set, seppure talmente vicini nel punteggio da consigliare considerazioni benevole verso O serbo montanaro, battuto, ma non ridimensionato. Si disse, allora, che “la prossima volta” sarebbe stata quella buona per Djoko, e quella “volta” è arrivata: i due saranno di fronte domani, in semi…..Se il confronto fra i box può insegnarci qualcosa, ne deriva però che le possibilità di Federer sono in rialzo. Lo dicono gli sguardi di Mirka, la First Lady del tennis. Colta più volte a lanciare occhiatacce simili a dardi acuminati, nei set iniziali del confronto fin qui più arduo sostenuto dal suo promesso, contro Tipsarevic, Mirka è passata agli sguardi imploranti sul finale di quello stesso match, per tornare a più consoni cipigli nei giorni, mostrando la tranquillità ritrovata, e ieri-addirittura un filo di noia… che tanto si sa come vanno a finire le sfide con Blake. I due giungono a contatto però attraverso percorsi assai diversi. Federer ha avuto i match più difficili compresi Berdych (13) e Blake (15). ma stava per cadere su Tipsarevic, altro serbo, consigliato proprio da Djokovic. Il quale, finora, non ha perso un solo set, dispensando peraltro svariati sei zero, L’ultimo ieri a Ferrer, lo spagnolo che lo aveva battuto al Masters. In calando nel terzo, Djoko si è aggrappato al servizio, cancellando una palla break sul 6-5 che forse avrebbe rimesso in discussione il risultato. «Il fatto è che sono un giocatore che vive di emozioni - spiega Nole - e mi sono un po’ agitato quando ho visto Ferrer avvicinarsi». TIMORI Inutili preoccupazioni. Ferrer non ha giocato davvero uno dei suoi migliori match. «Sì, però corre come un ossesso», ha voluto avere l’ultima parola Djokovic. Federer ha invece tenuto a bada Blake, che sul cemento dovrebbe valere qualcosa in più di Ferrer.

Dal Web
E se spostassimo lo Slam?
La Stampa
http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/

La geografia del tennis è cambiata, anzi è stata stravolta. Australia e Stati Uniti sono stati buttati fuori dalla mappa prima da spagnoli e argentini, poi dai “barbari” in arrivo dall’Est europeo, mentre da un Oriente ancora più lontano si preparano nuove invasioni: i cinesi, forse gli indiani. Ci si chiede, quindi, se anche la secolare cartina degli Slam non sia destinata, in un futuro più o meno remoto, a cambiare. Wimbledon è avvitato nella carne stessa del tennis; gli Us Open e il Roland Garros hanno alle spalle fatturati e federazioni fortissime. Ma gli Australian Open? Il contratto con l’impianto di Melbourne Park scade nel 2016. Gli organizzatori nei giorni scorsi hanno alzato un po’ di polverone, soprattutto per convincere l’amministrazione del Victoria, la provincia dove è situata Melbourne, a scucire un po’ di soldi per un ampliamento delle strutture. Qualcuno però sull’argomento ha deciso di rifletterci sul serio. I cinesi, che dal 2009 restituiranno il Masters all’Europa mantenendo a Shanghai un Masters Series, reclamano uno Slam per l’Asia. Ion Tiriac, il patron di Madrid, vorrebbe portarne il numero a 5. “Una proposta”, ha rivelato qui in Australia il Presidente dell’Itf Francesco Ricci Bitti, “Che ha trovato più di una simpatia nel mondo del tennis”. Serena Williams ha scosso la testa (“L’Australian Open appartiene all’Australia, gli Slam devono rimanere dove sono”), Roger Federer ha rinnovato il suo amore per la tradizione, senza però escludere del tutto un futuro diverso: “Mai dire mai. Non credo che gli Slam si sposteranno a breve, ma chi può dire cosa succederà fra venti anni?”. Tutto, nella storia dell’umanità, ha un inizio e una fine. Persino Roma, e l’Impero Cinese, sono scomparsi nella polvere del tempo. Ci sono sempre nuovi barbari che premono ai confini. Anche a quelli del tennis.
Vina del Mar, wc per Gaudio!
Tennis Ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096

Fabio Fognini è l’unico italiano al via a Vina del Mar. Come previsto si è invece ritirato Guillermo Canas alle prese con problemi al polso. Al momento è dentro Coria che però aveva dichiarato di voler partire da Costa do Sauipe. Intanto la prima WC è andata a Gaudio e si lavora su Murray e Robredo Chiuso l’Australian Open si partirà con la terra rossa Sudamericana. Piccola variazione nel calendario, lo scorso anno dopo Melbourne c’erano Zagabria, Delray Beach e Vina del Mar. Quest’anno invece si giocherà solo il torneo cileno, una scelta particolare. In Sudamerica ci sarà solo un italiano al via: Fabio Fognini. Ma l’azzurro sarà raggiunto poi da Filippo Volandri e Potito Starace a Costa do Sauipe. Intanto la prima Wild Card è stata assegnata a Gaston Gaudio. L’argentino che vinse il torneo nel 2005 e fu finalista nel 2001 è particolarmente legato a questo torneo ed ha accettato volentieri l’invito. Altri due inviti sarebbe indirizzato a Andy Murray e Tommy Robredo, due top ten che renderebbero il torneo di grandissimo spessore. Murray, che la settimana successiva sarebbe impegnato in Argentina in Coppa Davis, potrebbe accettare per giocare qualche match prima della sfida di Davis sulla terra battuta, ma non ha ancora accettato l’invito. Robredo anche lui impegnato in Davis in Sudamerica contro il Perù, potrebbe accettare di giocare a Vina del Mar per lo stesso motivo di Murray.
Hewitt, addio sogni di gloria
Tennis Ace
http://www.blogitalia.it/leggi_blog.asp?id=22096

Lleyton Hewitt dopo la sconfitta contro Novak Djokovic per la prima volta ha ammesso che il sogno di vincere lo Slam di casa potrebbe essere definitivamente tramontato. Anche lui, Fighter di razza sta perdendo la fiducia. Hewitt, demoralizzato dopo la sconfitta contro Djokovic ha ammesso che forse il suo sogno di vincere gli Australian Open è tramontato. In Australia si è scatenato il dibattito. Hewitt può ancora vincere uno Slam? Al momento la risposta sembra negativa. Negativa perché il livello dei più forti si è alzato notevolmente e l’australiano non sembra in grado di reggerlo. L’aussie non ha la stessa potenza nei colpi. Contro Baghdatis ha vinto di grinta. Neanche la cura Roche, noto per gli allenamenti durissimi, è riuscito a cambiare le carte in tavola. L’ultima speranza per Hewitt è che questa nuova cura dia i suoi frutti più tardi, magari a Wimbledon dove la sua velocità negli spostamenti e i suoi passanti rendono il fighter australiano un giocatore ancora temibile sull’erba. Forse più che nello Slam di casa Hewitt ha più chance di vincere a Wimbledon. Anche se lì mi sembra chiuso da un certo Federer. L’unica speranza è che lo svizzero salti il torneo o esca a sorpresa in anticipo. Anche se per me a quel punto Ancic (se in forma) sarebbe il vero favorito del torneo, insomma per Hewitt le chance di vincere uno Slam sono veramente ridotte a un lumicino….

Tsonga e Cilic, ruggiscono i giovani leoni della vecchia Europa
Spazio tennis
http://spaziotennis.sport-blog.it/?p=574#more-574|

La geografia del tennis mondiale cambia. Questa edizione degli Australian Open sarà ricordata come un ritorno alla “Belle Epoque”, quel periodo storico compreso fra la fine del 1800 e l’inizio della prima guerra mondiale nel quale il Vecchio Continente dominava il mondo, forte dei suoi imperi coloniali. Non era probabilmente mai successo che tutti e 8 i semifinalisti, uomini e donne, di un torneo del Grande Slam fossero esclusivamente europei. In campo maschile, le due giovani rivelazioni del torneo sono state probabilmente il francese Jo Wilfred Tsonga (che sfiderà Nadal addirittura per un posto in finale), e il giovanissimo croato Marin Cilic, classe 1988, che ha raggiunto gli ottavi di finale eliminando, fra gli altri, il finalista uscente Fernando Gonzales. Si tratta di due giocatori di impostazione estremamente moderna, che possono fornirci preziose indicazioni su quale potrebbe essere lo sviluppo futuro del nostro gioco. Sotto il profilo tecnico, i due hanno parecchi punti in comune: un gran servizio (anche grazie alla notevole statura), un diritto molto potente, una buona attitudine al gioco al volo e un rovescio bimane “costruito”: i loro tecnici hanno visibilmente cercato di porre riparo, con l’impostazione a due mani, ad una debolezza di fondo dal lato sinistro. E questo, nonostante entrambi gli atleti, sempre a causa della loro statura, abbiano il loro tallone di Achille negli spostamenti, ciò che avrebbe in altri tempi consigliato di optare per un rovescio ad una mano. Ma la tendenza di fondo resta: l’evoluzione dei materiali e delle condizioni di gioco premia sempre più la potenza, piuttosto che la velocità, l’aggressione rispetto alla regolarità. E questo ha notevolmente alzato la statura media del giocatore di tennis professionista. I talent scout guardano sempre più all’altezza come prerequisito fondamentale, e l’idea di fondo è la seguente: intanto prendiamo quello più alto e grosso, poi cercheremo di renderlo più veloce con un lavoro specifico…Un rimedio? Da più parti si richiede all’ITF di accorciare di una decina di centimetri il rettangolo del servizio. Ciò limiterebbe l’incidenza della battuta sul gioco e forse potrebbe riequilibrare i rapporti di forza tra potenti battitori e giocatori di difesa. Staremo a vedere.

Il gran ritorno di Daniela: “Ora cerco un fidanzato”
La Gazzetta
http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/

La 24enne Hantuchova si qualifica per le semifinali dell’Australian Open, mettendosi alle spalle un periodo difficile e guardando con entusiasmo al futuro: “Non ero pronta a reggere le pressioni, sono felice di aver superato queste esperienze”. Tutti guardano le serbe Jelena Jankovic e Ana Ivanovic (in ballottaggio per il numero 2 del mondo nella classifica mondiale di lunedì) e, soprattutto, la bella russa Maria Sharapova (che ha demolito la regina della classifica, Henin). Ma la donna più donna, fra le quattro semifinaliste degli Australian Open è Daniela Hantuchova, 24enne di Slovacchia: gambe più belle del circuito, visino delizioso, capelli biondi, e cervello. Fattore decisivo per tornare alla ribalta, dopo quattro anni di oblìo, cioé dal gennaio 2003 quand’era numero 5 del mondo, ed è uscita anche dalle 50, in crisi tecnica, ma soprattutto psicologica: “Non rimpiango nulla, credo fermamente che tutto succede per un motivo”. FIDANZATO CERCASI - La dolce Daniela, che parla “slovacco, ceco, un po’ di croato, tedesco, inglese e anche un po’ d’italiano”. Daniela che suona il piano: “Purtroppo non mi esercito più tanto, ma è stato molto importante per rilassarmi ed estraniarmi da tutto, soprattutto quando facevo un duro allenamento e poi la scuola, con Mozart, Beethoven, Bach”. Daniela che s’è ripresa transitando alla scuola di Barcellona di Casal e Sanchez, che s’è aiutata con gli affetti familiari (papà è professore di matematica, mamma è farmacologa, una sorella è architetto), Daniela che ammette: “Sto cercando un fidanzato, chi non lo cerca?”. Daniela che chiosa: “La gente riconosce un atleta soprattutto dall’aspetto, ma noi quando andiamo in campo non ci curiamo affatto di che aspetto abbiamo”.
Sharapova, ora ho paura di papà
La Stampa
http://www.lastampa.it/sport/

La sintesi, rozza, indecente, l’ha fornita papà Yuri alla fine del match. Non con una parola, con un gesto. La mano destra che chiude la zip della felpa mimetica - quella con il cappuccio che persino per sua figlia lo fa assomigliare ad un «assassino» - e che poi in un lampo attraversa di taglio la gola, sotto la parodia feroce di un sorriso. Sgozzata, kaput. E prima scaraventata da un lato all’altro del campo, a fare da tergiscristallo sotto lo scroscio di dritti, rovesci e soprattutto prime di servizio di Maria Sharapova. Era da Montreal 2002, contro Jennifer Capriati - e più che il numero degli anni è il nome dell’avversaria a dare la misura del tempo trascorso - che Justine Henin, la n.1 del mondo, non incassava un 6-0. Era dalla semifinale di Wimbledon, 32 partite fa, che non perdeva. «Non voglio cercare scuse», ha smozzicato la belga con il solito visino larvale, da Madonnina di Georges de La Tour, che esibisce dopo le sconfitte. «Ma avevo dolore al ginocchio, non riuscivo a trovare i giusti appoggi». Contro una Sharapova in forma assoluta, fulminante, forse anche a cartilagini salde Justine ieri avrebbe potuto poco. Masha è tornata, insomma. Fuori dal campo, lì sì che Maria ha continuato a dominare. Atleta donna più pagata del pianeta, con un portafoglio di sponsor stimato attorno ai 23 milioni di dollari che a fine 2008, grazie all’ultimo contrattone con la Sony Ericsson, lieviterà fino a 30. La vera icona del tennis mondiale, davanti anche a Serena e Venus Williams, atlete stupende ma con uno charme un filo meno globale, più Usa-centrico. A partire dalla Jankovic, sua prossima avversaria in semifinale, con la quale ha battagliato già mille volte da piccola, chez Bollettieri. Rispetto ai primi successi, al primo Wimbledon, si è fatta donna, ancora più forte («se mi rivedo nelle cassette mi chiedo come ho fatto a vincere a 17 anni, non avevo proprio il fisico!»), ancora più sicura. L’unico problema, forse, inizia ad essere quel padre intrattabile, che ha costretto al divorzio anche mamma Elena, non saluta nessuno e mima la decapitazione delle avversarie. Non esattamente il padre adatto ad una diva.
Fed Cup: finalmente Sharapova,convocata per Israele-Russia
Alice Sport
http://notizie.sport.alice.it/notizie/sport/

Convocata per l’incontro in programma il 2 e 3 febbraio in Israele per il primo turno di Fed Cup, Maria Sharapova potrà finalmente fare il proprio debutto nella manifestazione. La numero 5 del mondo era stata già convocata lo scorso anno per l’ultima finale giocata a Mosca vinta 4-0 contro l’Italia, ma non poté rispondere alla chiamata per infortunio. “La Fed Cup rappresenta una delle priorità nella mia stagione, assieme alle Olimpiadi”, ha detto la Sharapova. Le sue compagne saranno Anna Chakvetadze, Dinara Safina ed Elena Vesnina; escluse invece la numero 2 del mondo, Svetlana Kuznetsova, e Nadia Petrova. la squadra israeliana sarà invece composta da Shahar Peer, Tzipora Obziler, Keren Shlomo e Julia Glushko.

Tennisti fate l’amore!
Tennis.it
http://www.tennis.it/article.aspx?

Gli effetti positivi del sesso sulle prestazioni degli sportivi sono quelli di una sorta di doping autorizzato - Ora lo dicono i medici e gli studiosi, prima lo sosteneva solo il campione francese Yannick Noah: fare sesso fa bene, anche per chi deve compiere una prestazione sportiva. Gli ultimi studi in materia hanno confutato alcune “credenze” che vietavano assolutamente agli sportivi di avere rapporti sessuali in vista di una gara. Quel pericoloso dispendio di energia causato dall’attività fisica di un rapporto d’amore in realtà equivale ad un normale sforzo, come fare di corsa tre piani di scale – tra le 150 e le 300 calorie – facilmente recuperabili con un sonnellino. C’è stato chi, proprio come Noah, non si limitava a fare l’amore la sera prima dell’incontro, ma addirittura poco prima di entrare in campo, riuscendo a scaricare così la tensione. E proprio questo effetto rilassante aiuterebbe gli sportivi come calciatori e tennisti a tranquillizzarsi. Per le donne il discorso è diverso: fare l’amore aumenta nell’organismo femminile la concentrazione di testosterone e anche l’attenzione, tanto che il sesso può essere facilmente considerato una sorta di doping lecito e autorizzato. Infine, sono preferibili le prestazioni amorose con un partner fisso, con cui si è instaurata una relazione stabile e solida. Chissà se la grande forza mentale di un campione come Roger Federer dipenda anche dalla stabilità della relazione che ha saputo costruire con la sua compagna Mirka Vavrinec. La loro unione va avanti indisturbata dal 2000, quando si conobbero in occasione delle Olimpiadi di Sydney.

Nadal sfata il tabù è semifinale Slam sul cemento

(Rafa vola in semifinale senza perdere nemmeno un set)

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 23-1-08

In tutta la sua breve, ma già intensa e significativa carriera, Rafael Nadal non era mai riuscito a raggiungere le semifinali in una delle due prove del Grande Slam che si giocano sul cemento. Il suo bilancio qui in Australia era di un quarto di finale, un quarto e un terzo turno; all’Open degli Stati Uniti di un quarto di finale, un quarto, un terzo e due secondi turni per un totale di 20 vittorie e 8 sconfitte. Finalmente ieri Nadal è approdato alla sua prima semifinale sul duro battendo in tre set Nieminen. In questo torneo quest’anno Nadal non ha ancora perduto un set ma ha dovuto annullare 9 set point così distribuiti: 1 contro il serbo Troicki al 1° turno, sei al francese Simon al terzo e ancora due nel primo set contro Nieminen. Non si può chiamarla fortuna, più semplicemente dimostra la capacità che distingue i campioni e che è quella di saper giocare al meglio i punti importanti. Non è una qualità tecnica e quindi non dipende dalla superficie ma sta tutta nel carattere. La partita di ieri, come quelle precedenti che ho ricordato, poteva complicarsi, poi si è improvvisamente trasformata in una tranquilla passeggiata, perché Nadal si è esaltato, Nieminen si è rassegnato. E’ probabile che a Nadal non dispiaccia trovare in semifinale Tsonga piuttosto che Youzhny che lo ha battuto 4 volte su dieci incontri, compreso un recente k.o. nella finale di Chennai.


Il brutto giorno di Serena e quello felice della Sharapova

(Forse Serena avrebbe fatto meglio a leggere il suo oroscopo prima di scendere in campo)

Gianni Clerici, la repubblica del 23-01-08

MELBOURNE — Mai sono stato quel che in gergo si chiama segugio, ne uno scuppista, e insomma ho svolto la mia modesta carriera al di fuori degli scandali. Assistendo a vane conferenze stampa durante le quali legioni di colleghi sottratti alla camera bancaria rivolgono domande scoraggianti a poveri campioni, mi è più volte venuta sulla punta della lingua qualche provocazione, utile ad uscire dalle idées recues. Accade così che a sera io mi venga a trovare in una sala stampa semivuota, con un solo paio di telecamere puntate su una Serenona tanto affranta da muovere compassione. Insieme a sua sorella Venus ha appena perduto contro due cinesine, Yan e Zeng, che, messe insieme su una bilancia, non fanno la metà del suo peso. Ma il suo scoraggiamento è iniziato non meno di tre ore prima, quando le ha prese, e male, dalla serba Jelena Jankovic, già sconfitta nettamente, proprio qui, nell’ultima edizione. Con una voce d’oltre tomba, Serenona afferma dì non ricordare, nel passato, una giornata tanto negativa, mentre, nella mia mazzetta di giornali, ho non meno di tre oroscopi della Bilancia —; è nata il ventisei settembre — uno più scoraggiante dell’altro. E allora, dopo averle chiesto se non legge mai gli oroscopi, e aver ricevuto come risposta un deluso scuoter di testa, evito di andar oltre, di immergere la penna nella ferita, leggendole un paio di infauste predizioni. E la lascio a tutta la sua delusione, povera Serena, che da tre mesi rimaneva a dieta, e si allenava da mattina a sera, come non mai.
In una vicina stanzetta che pare Chinatown, stanno intanto ridacchiando nel loro modo trillante e infantile le due cinesine. Piccine piccine, entrambe sotto il metro e settanta. Dopo una pessima figura nel non ricordare che, in fondo, hanno già vinto qui l’anno passato, mi arrischio a domandare quale mai sia stata la tattica vincente: la Yan, che dimostra maggior disinvoltura con l’inglese, sorride nell’informarmi: “Abbiamo giocato molto basso, tenuto giù la palla, le abbiamo costrette a scendere dalla montagna”. Sarà un modo di dire cinese, ma non è meno pittoresco. Sono dunque pronto per il clou della giornata, il match che, secondo chi non tiene conto dei progressi delle serbe, Jankovic e Ivanovic, potrebbe valere una finale. Felicemente liberata, insieme, dal marito e dai complessi di moglie ambita per ragioni economiche, Justine Henin è la favorita dei boomakers, i quali hanno, più che professionalmente, tenuto conto dei risultati dei testa a testa: 6 a 2, incluse le due ultime finali del circuito femminile (WTA). Favorita anche mia, sia chiaro, tanto da sorprendermi nel veder una Maria Sharapova assassina scivolare avanti, 3 a 0, battere sul 5 a 3, e nemmeno avvertire il trauma di tre set point mancati, e di un ritorno di Justine. Ahilei, insufficente. Non c’è talento che tenga, sotto la grandine Sharapova. Dopo trentadue partite mirabili, Justine non solo viene battuta, ma dominata. Mi vedo costretto, una volta di più, a riflettere sulla mia modesta conoscenza di questo gioco.

Sharapova arma letale Stesa Henin

(Maria: “Oggi, ho nella pazienza la mia arma in più”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 23-1-08

Mai dire mai. Soprattutto con le donne. Figurarsi con le tenniste che cancellano, contro pronostico e in poche ore, due regine, peraltro le prime candidate della vigilia alla finale degli Australian Open: quella del torneo, Serena Williams, e quella del mondo, Justine Henin. «Ho battuto la campionessa uscente, una grande campionessa, sono in semifinale, sto tremando tutta», cinguetta «The body», Jelena Jankovic, alle 14.30, dopo aver dominato, poi quasi perso e infine vinto il primo derby-rivincita delle «gemelle» serbe, a caccia del primo Slam, contro le sorelle afro-americane, padrone di 14 super-trofei. «Ero come in una bolla, intoccabile, inavvicinabile. Che sogno, Jelena: ci allenavamo da Bollettieri», racconta «la divina» Maria Sharapova, alle 21.30, dopo aver schiacciato la piccola-grande bèlga, imbattuta da 32 partite……. «Sento che posso arrivare su qualsiasi palla, sto correndo quasi come Santoro», scherzava Serena. Forse troppo in forma e troppo sicura, dopo la miracolosa campagna d’Australia 2007, e invece nervosissima nel riscaldamento e inguardabile in campo, contro il grande difensore Jankovic (scampata a 3 match point con Paszek). Che faceva pretattica: «Serena è tanto potente che sembra che mi spazzi via». E, al riesplodere dell’estate australiana, l’americana è ferma sui blocchi di partenza, sbaglia, gioca corto e schiuma rabbia e frustrazione insieme a un servizio-record a 193 all’ora. Mentre la serba dai lineamenti orientali, vola di qua e di là, e su, fino al 6-3 3-1, pur lobbando fuori il 4-1: «Se elenco i doloretti non la smetto più. Ma, come un animale ferito, lotto fino all’ultimo». Il doppio time-out medico recita: vescichetta al piedone sinistro di Serena e «Ho sentito come un coltello nel quadricipite. Che male», racconta quell’attrice di Jelena. Serena riguadagna in qualche modo il 4-5, ma, sul 40-15, quando sembra tornata padrona, si suicida, sbagliando 4 punti di fila. «Sono impazzita: ho fatto troppi errori, ho fallito tutte le occasioni, non ho fatto il gioco che volevo, non trovavo ritmo, andavo a sprazzi, non servivo e non mi muovevo bene. La colpa non è del ginocchio che. Non cerco scuse». Che giornata: perde anche il doppio con Venus e si autopunisce negandosi i Police. L’alibi dei suoi: stava male. …….Ancor più sorprendente è il modo, più che il risultato, con cui la Sharapova travolge «La Federer delle donne», Henin, quasi ripetendo, a parti invertite, la finale 2007 con Serena. Guarita alla spalla, la 20enne russa sfodera servizio e coraggio dei tempi belli, ed aggredisce con le famose sbracciate di mezzo volo, aprendosi perentoriamente il campo con colpi sempre pesanti e profondi, che poi chiude a rete (82% di punti). Armi alle quali Justine, impaurita e titubante come nei giorni peggiori non trova risposta (45 punti contro 69). Neppure quando, evitato l’l-5, e recuperato il break, cede poi il servizio del 6-4, e insieme la speranza, subendo un umiliante 6-0 finale: il primo dal Roland Garros 2002….. La regina del momento, Henin, si scusa: «Brava lei, è stata la migliore, mi ha superato in tutto, ha meritato. Io ero preoccupata da qualche giorno per il ginocchio che invecchia. Magari mi fermo per un po’». La regina designata ma discontinua, Sharapova, con grinta e fluidità dei trionfi a Wimbledon 2004 e Us Open 2006, festeggia: «Ho giocato come so. Io devo essere aggressiva, è quel che faccio quando gioco bene. Non sono una giocatrice passiva. Non voglio esserlo. Voglio essere quella che forza il loro errori. Ma non sono più la 17enne magra come uno spaghetto che forza al terzo scambio, ora ho pazienza, e con quella ho battuto Justine». Il tennis è avvisato.

L’uragano Maria sulla Henin

(Peccato solo per papa Yuri e i suoi gesti “infelici”)

Daniele Azzolini, tuttosport del 23-01-08

MELBOURNE. Ogni urlo un “quindici” da celebrare. Ogni pugnetto un affondo straripante. Ogni ravviata dei biondi capelli un colpo impeccabile, ma duro, da lasciare senza fiato, ai limiti di un tennis di stampo maschile. ……Purtroppo, per ogni sguardo che vola verso padre Yuri, là in tribuna, ecco il gesto che non ti aspetti da parte del genitore padrone. E sono quasi tutti irriverenti, quasi tutti fuori luogo. Vince così, Maria Sharapova, e inevitabilmente provoca sentimenti opposti, in bilico fra l’ammirazione per la tennista e la costernazione per l’esibita grossolanità della sua panchina, uno spettacolino da angiporto che si conclude, figurarsi, con mister Sharapov che accenna al taglio della gola. La mannaia, il simbolo dell’avvenuta esecuzione. Un pessimo finale per una splendida partita……… Ma di simile sortite se ne può fare a meno, ciò che resta è il match quasi perfetto giocato dalla russa contro Justine Henin, la numero uno che non perdeva dalle semifinali di Wimbledon, 32 incontri filati, compresi una finale degli Us Open e una del Masters, quest’ultima proprio contro Masha. Una battaglia da cui la russa ha succhiato tutto il nettare che le serviva, per ripresentarsi finalmente istruita a questa nuova disfida. E non ha commesso errori, se vi va di non considerare tale una lieve titubanza sul 5-3 del primo set, quando si è complicata la vita pretendendo troppo da se stessa e dai suoi colpi. Subito superata, peraltro, con un formidabile break giunto nel game successivo, che le è valso il primo set. Lì, le due ragazze si sono confrontate con tutto l’arsenale a disposizione, ed è stato un momento da ricordare per un tennis femminile che spesso non sa offrire grandi emozioni……Quattro set point per Masha, una palla per il 5 pari sulla racchetta di Justine. Scambi vorticosi, chiusi da mirabolanti sferzate anomale, in contropiede. Un tam tam di colpi ingigantito dal silenzio di un grande stadio, il pubblico con il fiato sospeso. Persino a rete le due si sono contese il primato, pur senza averne le qualità, nemmeno Henin che certo ha più sensibilità di Masha…… La smorzata, la rincorsa.., ecco che la russa libera il. suo dritto, con la Henin imprigionata a mezza via, nella cosi detta “terra di nessuno”, ormai lontana dalla riga di fondo campo ma non ancora così vicina alla rete da permettersi una chiusura più agevole. Era il punto del 6-4, e da lì in poi c’è stata solo Masha, dominatrice per altri sei game consecutivi.

Dal web

Australia amara per gli azzurri….come sempre!
Ecco il solito appuntamento con il nostro Diego Stocchi che ci racconta le vicissitudini dei nostri in Australia e non solo…
Tennis teen
http://www.tennisteen.it/editoriali/la-settimana..-azzurra

Correva l’anno 1999… era l’anno dell’inizio della guerra nella ex Jugoslavia e dell’omicidio D’Antona; era l’anno del trionfo di Roberto Benigni con “La vita e bella” vincitore dell’Oscar come miglior film straniero; era l’anno nel quale per l’ultima volta l’Italia, con il barese Gianluca Pozzi, raggiungeva il terzo turno agli Australian Open (e sottolineo terzo turno, non oltre!). per trovare risultati migliori bisogna andare ancora più indietro: 1996 con gli ottavi di finale raggiunti da Renzo Furlan, 1992 ancora ottavi di finale, stavolta con Omar Camporese e 1991 con i grandi quarti di finale raggiunti da Cristiano Caratti. Da anni il primo slam stagionale è avaro di soddisfazioni per i colori azzurri e anche quest’anno non si è sfatato questo tabù. La nostra compagine era rappresentata nella terra dei canguri da 4 atleti che già nella serata di giovedì potevano prendere il primo aereo per tornare in patria. Filippo Volandri non si smentisce neppure qui; l’urna gli riserva Grosjean e tanto basta per estromettere Filo dal torneo al primo turno, in tre set dei quali due terminati al tie break (6-7 3-6 6-7); segnali di lotta ci sono stati, è vero, ma il bottino raccolto è davvero troppo magro per uno che ha ambizioni come le sue; il giovane ligure Fognini ha avuto in sorte l’americano Russel e le speranze di poter raggiungere il secondo turno erano molte anche perché (ma questo è un mio umile parere) per diventare grandi questi avversari bisogna saperli battere; Fabio ha lottato, ma sulle sue qualità di gladiatore nessuno ormai ha più dubbi, ma ha ceduto al quinto set dopo essersi trovato avanti 3-1 nel parziale decisivo.
Il pagellone della settimana:

Seppi 7: La sua trasferta australiana poteva diventare un sogno, per lui e per noi tifosi, invece si ferma sempre li ad un passo dall’impresa. Peccato ma ciò non può togliergli i meriti:. OTTIMO

Dell’Acqua 7: Max trionfa in Austria F1. che finalmente abbia deciso, almeno per una stagione, di mostrarci tutto il suo talento? BUON AVVIO

Marrai 6,5: Scelta coraggiosa quella della trasferta cilena, lui si qualifica bene ma purtroppo pesca un avversario nel MD al quale forse i challenger stanno un po’ stretti. CORAGGIOSO

Bolelli 6-: Ho dovuto pensarci e ripensarci; alla fine ne è uscito un voto di fiducia per aver raggiunto almeno il secondo turno ma per uno sul quale ci sono enormi aspettative è troppo poco vincere al quinto contro Ram e fare solo 5 games contro Djokovic. NON E’ AL TOP

Trusendi 5,5: vedi sopra, tenta la fortuna in Sudamerica ma lui si deve arrendere al turno di qualificazione. ALLA PROSSIMA

Volandri 5: Quanto manca alla cara, amata terra rossa? Spero poco perché vederlo giocare su altre superfici è proprio un calvario; è vero ha portato Grosjean per due volte al tie break ma è altrettanto vero che ci ha perso tre set a zero. RASSEGNAMOCI

Fognini 5: Poteva, doveva essere la sua prima volta al secondo turno di uno slam, invece si arrende in 5 set a Russel, perde i punti dei challenger 2007 ed esce di nuovo dai 100. RIMANDATO

D’Agord 4,5: Sinceramente speravo in un avvio di stagione di tutt’altro spessore per lui; settimana scorsa è uscito subito nel future e oggi dopo aver sofferto un set contro una WC senza ranking, si arrende senza lottare al secondo turno delle qualificazioni. AVVIO BUIO

Jorquera N.G.: Ha avuto problemi fisici e tanto basta per giustificare una sconfitta pesante quanto inaspettata. PECCATO

Anglosassoni addio il tennis è sempre più europeo-continentale

(Tra i primi 32 giocatori dei due tabelloni solo 4 non sono europei)

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 22-01-08

Il tennis lo hanno inventato gli anglosassoni, per anni lo hanno dominato gli americani e gli australiani, ma ora sembra diventato un affare europeo. Alla Germania (Becker, Stick e la Graf, alla Svezia (Borg, Wilander, Edberg), all’ex Cecoslovacchia (Kodes, Lendl, Navratilova) si sono aggiunte la Spagna (Sanchez e Martìnez, poi Ferrero e Nadal) e più recentemente la Serbia Federer ha rappresentato più se stesso che non la Svizzera, la Francia non ha prodotto fenomeni dopo Yannich Noah, ma è sempre stata presente con seconde linee di alto profilo. Poi sono arrivati i russi (e soprattutto le russe), senza contare valori sparsi ma eccellenti come Monica Seles, Martina Hingis, Justine Henin, Goran Ivanisevic. Intanto si è quasi estinta la produzione australiana (Lleyton Hewitt ha trovato un buco tra Pete Sampras e Roger Federer, ma ha ballato una sola estate), gli Stati Uniti non sono riusciti a sostituire Pete Sampras e Andre Agassi con qualcosa di meglio di Andy Roddick. Non sorprende quindi che tra i primi sedici dei due tabelloni di questo Australian Open ci siano 28 tennisti europei mentre il «resto del mondo» è rappresentato soltanto dall’australiano Hewitt e dall’americano James Blake nel maschile, dalle due sorelle Williams nel femminile. Solo dieci anni fa, sempre in questo torneo e sempre allo stesso livello, gli extraeuropei erano dodici (su trentadue). La ragione più importante di questo cambiamento è che le famiglie europee hanno cominciato ad investire di più sui propri giovani mandandoli in giro per il mondo (in Florida, ma anche in Spagna) non appena ne hanno scoperto talento e disponibilità. Anche la piccola Italia che ha smantellato i centri federali di Formia, Latina e Riano, sta faticosamente cercando di fare qualcosa a Tirrenia, ma abbiamo ragazzine che preferiscono andare ad allenarsi in Spagna prima ancora di capire se avranno un futuro.
Ana e Venus a Melbourne in gioco il titolo di Miss Open.

(La bella Anna ha tutte le carte in regola per portarsi a casa il primo slam stagionale)

Gianni Clerici, la repubblica del 22-01-08

MELBOURNE — Superata la prima settimana di vacanze, il vostro vecchio specialista in dispersione cronistica si sente suggerire da qualche lettore di fare il punto sul torneo. Da sempre volonteroso, e non meno incapace di sintesi, inizia a catalogare faticosamente gli articoli ospitati da Waugh, il nipotino della rugginosa Olivetti. E si accorge così di aver dedicato soltanto due pezzi alle amatissime tenniste, del cui fascino è vittima fin dai primi palleggi con la balia friulana. Articoletti, peraltro, più che dovuti, attenzione rivolta ad una delle tre mamme del circuito, Giunone Davenport. E al nuovo look di Serenona, sempre Miss Taglie forti, ma incredibilmente - diciamo così - smagrita. Poiché ho ricevuto un’educazione propiziata da esteti quali il professor Longhi, non posso, a questo punto, evitar di rivolgere la mia attenzione a una delle possibili vincitrici del torneo, che contende alla prossima avversaria , Venus, il titolo di miss Open. E’, questa, la serba Ana Ivanovic, radiante simpatia, gioventù, bellezza, e ancora migliorata dalla passata stagione che la rivelò quale aspirante ad un titolo mondiale. A vent’anni, Ana è ora il numero tre, ma, con un pochino, solo un pochino, di fortuna, potrebbe portare un Grand Slam nel suo martoriato paese. Poiché ha anche studiato e incredibilmente si porta sempre dietro qualche romanzo, il principale quotidiano di qui, The Age, ha avuto l’idea di affidarle una rubrica quotidiana, sovrastata dal candido sorriso e dallo sguardo verdissimo. E’ ovvio che le sue opinioni sulle avversarie debbano essere, in qualche modo, diplomatiche, ma non per questo sono meno lucide. Dopo un non facile match contro la rivelazione danese Caroline Wozniacky, Ana mi ha rivelato che il soggetto della prossima column sarà un’analisi del tennis di Venus, la prossima avversaria. «Ci hoperso quattro volte l’ultima allo U.S. Open dell’anno passato. Ma sarei davvero una sciocca a non aver capito la ragione delle mie sconfitte, e a non cercare delle contromosse. Certo, ha aggiunto, non sarà facile prescindere dall’influenza degli Dei». Ana ha continuato confidandomi la sua autentica passione, datata dall’infanzia, per la mitologia. «Era fortunatamente una materia scolastica, e non l’ho mai abbandonata, trovando un grande diletto soprattutto nel leggere Robert Graves». Affermazione che ha finito per conquistare il mio vecchio cuore.
Altre informazioni sono giunte attraverso colleghi serbi, e anche croati, perché il talento e il fascino della Ivanovic vanno oltre gli odi tribali. All’apparenza tanto razionale e sensata, Ana è vivamente superstiziosa. Non perché, dice, la superstizione non rappresenta altro che un aspetto degradato della religione, ma perché, vivendo da zingari, le superstizioni offrono, se non proprio certezze, punti di riferimento. Così laverà da sé e stirerà ogni giorno la nuova deliziosa sottanella a palloncino color cielo che le ha creato lo sponsor. E consumerà la prima colazione nello stesso bar, e soprattutto eviterà di camminare sulle righe, che scansa quasi fossero munite di invisibili tagliole. Con tutto il rispetto per un’altra futura semifinalista del tabellone basso, la vincente tra Hantuchova e Radwanska, il match tra Ana e Venus dovrebbe designare una delle finaliste, opposta, credo, alla vincente tra Henin e Serena.
Dentro i secondi

(Le grandi rivalità stimolanti dei fratelli nello sport)

Stefano Semeraro, la stampa del 22-01-08

L’altro c’è già stato, è arrivato prima. L’altro l’ha già fatto e probabilmente meglio di te. L’altro è tuo fratello. Il più grande. Eli Manning, il fratello minore di Peyton Manning, quarterback meraviglia degli Indianapolis Colts, è una vita che se lo sente ripetere. Peyton che ha vinto il Super Bowl, Peyton che ha battuto i record di Johnny Unitas, Peyton che tutti ammirano e nessuno mette in discussione. Eli, figlio di Archie, altro quarterback, fino all’inizio dei playoff era il fratellino senza personalità, Capitan Inconsistenza. Bravo, ma non abbastanza. Minore in tutto. Ora che ha riportato dopo 7 anni i New York Giants al SuperBowl, battendo i Green Bay Packers nella finale di conference della Nfl (ai supplementari, in mezzo a una tormenta dì neve), qualcuno in Usa si ricrederà. Eli il calmo, Eli l’eroe. «Si tratta solo di scaldarsi al momento giusto - ha detto il nuovo profeta di New York -, Siamo rimasti concentrati e ci siamo guadagnati il Super Bowl». Fratello, guardami, sto arrivando. «Non possiamo più dubitare dei Giants e di Eli Manning», scriveva ieri il New York Times. Serena Williams non ha bisogno di cambiare parere. Lei ha sempre tifato per i piccoli di famiglia, specie se giocano da Giganti. «Go Giants, Go Eli! - urlava a Melbourne prima del match contro Green Bay -. Voglio che la finale sia Giants-Packers e voglio che vincano i Giants, perché io sto con Eli Manning. E’ il fratello più giovane, e i fratelli più giovani vanno forte». Parola di sorella minore. Quando Venus arrivò sul circuito, Serena non era ancora apparsa sul radar. «Venus sarà numero 1 - giurava papa Richard - ma la migliore delle due è Serena; vedrete». Aveva ragione: 15 mesi e 10 - centimetri in meno, ma 8 Slam contro 6 e 57 settimane da n. 1 contro 11. C’è tutta una storia parallela, nello sport, scritta dai fratelli minori. Laurie Doherty più forte di Reggia. Arantxa Sanchez più vincente dei fratelloni Emilie e Javier. Francesco Moser ciclista più veloce di Enzo, Aldo e Diego. Michael Spinks campione mondiale dei massimi più a lungo di Leon, Agostino Abbagnale bravo al remo quanto Carmine e Giuseppe. Giorgio Di Centa comunque medaglia d’oro come Manuela, Mirco Bergamasco ormai capace di segnare e placcare quanto Mauro, il portiere Sentimenti IV più famoso degli altri tre. La capacità di uscire dall’ombra, di uccidere il tuo doppio. Senza farsi troppo male. Le Williams non litigano mai, si amano. Giocano insieme in doppio, si temono. Serena è la migliore nemica di Venus, «quella che mi rimanda sempre di qua la palla». A Venus, che di Serena è stata l’idolo, in doppio con la sorella «sembra di giocare a fianco di me stessa». Delle 6 finali di Slam giocate una contro l’altra, 4 le ha vinte Serena. Non sempre chi arriva prima vince. Ci vuole pazienza, in famiglia. E nella vita. Anche l’altro fratello minore James Blake, da Yonkers, New York, due quarti di finale agli Us Open, uno fresco fresco agli Australiani Open, ne ha avuta. Suo fratello maggiore Thomas è stato tennista a livello universitario. James era gracile, con la scoliosi. Ma ha fatto meglio: n. 4 del mondo nel 2006. Superando un paio di guai che nel 2004 avrebbero potuto cancellarlo dal tennis. Una vertebra spezzata in allenamento a Roma, poi un herpes zoster che per mesi gli ha paralizzato metà della faccia. «Quattro anni fa spiegai ad un medico che volevo tornare a giocare, e si mise a ridere. Adesso sono qui. A casa conservo un ritaglio di quando, a 12 anni, fui eletto atleta della settimana nel Connecticut. C’è scritto che il mio sogno era giocare agli Us Open. So quanto strano sia il mio mestiere. So che per arrivare qui ho sacrificato tutto». Parliamo dei Giants? «Per fortuna il match femminile prima del mio è durato 3 set e ho potuto vedermi anche i tempi supplementari. Avremmo dovuto vincere prima, il fallo chiamato quando Bradshaw stava correndo verso il touchdown non c’era. Però è andata bene lo stesso, esiste una giustizia. Mi dispiace per Brett Favre, ma Eli Manning ha fatto una gran partita». Vai, fratello, vai.

Dal Web
4:53 del mattino (dietro le quinte di una telecronaca)
WildCard (blog di Federico Ferrero)
http://federico-ferrero.blogspot.com/

Uno Slam commentato in cinque costringe a dimenticarsi della vita per due settimane, se per giunta si gioca in un Paese che è dieci ore avanti rispetto al fuso dell’Italia e se - disdetta! - la trasferta downunder è davvero troppo onerosa per la truppa dei telecronisti di Eurosport. Prendere il ritmo degli Open d’Australia significa per me svegliarmi alle undici di sera, trascinarmi in redazione, prepararmi e iniziare a commentare per ‘tirare’ fino alle otto, tornare a casa (di Lorenzo, che da amico mi ha dato le chiavi del suo alloggio) con due occhiaie così mentre la gente va a lavorare, mangiare qualcosa (eh sì, dopo tante ore in piedi si ha fame), dare un’occhiata furtiva al giornale - stile ultima scena di Casa Vianello - e provare a dormire, stanco morto ma senza il vero sonno della notte. Fino all’ora di pranzo, non di più, perché poi ci si sveglia. Si mangia un qualcosa a metà tra un pasto e una merenda, si lavoricchia se c’è da fare - e purtroppo qualcosa da fare c’è sempre, anche in questi giorni da pipistrelli - con la televisione accesa per tenersi desti e verso le otto, dopo un’altra pennichella di un paio d’ore, si mangia. Altro breve riposo (in questi giorni non riesco a leggere alcunché di impegnativo, mi sto dedicando alla biografia di Roscoe Tanner!) e si ricomincia. Vero è che, come disse Luigi Barzini junior, storico caporedattore del Corriere della Sera, tanti anni fa: “Il mestiere del giornalista è difficile, carico di responsabilità, con orari lunghi, anche notturni e festivi. Ma è sempre meglio che lavorare”. Australian Open survival kit - Lattine di Red Bull (un paio a sessione, by Lorenzo Cazzaniga) - Mocaccino Lavazza e barrette Twix (assumere ogni tre ore) - Acqua (solo mezzo litro per limitare le soste alla toilette!)- Fisherman’s Friend - Hall’s Mentholyptus (gentilmente fornite da Paolino Canè) - Lindor (i cioccolatini Lindt, quelli col cuore morbido: sponsor Barbara Rossi).

Lo Zen e l’arte di verniciare i campi da tennis
La Stampa
http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/rubricahome.asp?ID_blog=119

Il centrale della Rod Laver Arena, come tutti i campi di Melbourne Park, diventa più veloce. La patina acrilica di superficie, la più rugosa, si consuma partita dopo partita. Un po’ come avviene come le piste dei circuiti motoristici, che “gommandosi”, sporcandosi, acquistano grip e consentono – anche se per la ragione opposta a quella dei campi da tennis - migliori tempi sul giro. E’ il contrario di ciò che succede a Wimbledon, dove il Centre Court diventa più lento man mano che l’erba, calpestata e percossa, lascia il posto al terriccio. “Chi era lo scemo che diceva che il centrale quest’anno era lento?”, ha scherzato oggi Federer, uscendo dal match vinto contro lo sciagurato Berdych (un break avanti nel secondo set, 4-1 nel tie-break, e due set-point orribilmente scialati). Lo scemo era Federer stesso: quello delle dichiarazioni di una settimana fa. Ma è poi vero, che differenze in fondo minime possono produrre effetti decisivi? Per noi europei, greci, aristotelici, scienzati e sofisti, abituati a spaccare il capello, ad analizzare l’infinitesimo, forse sì. La taiwanese Hsieh un paio di giorni fa spiegava, con grande naturalezza, che per lei “una superficie vale l’altra, si assomigliano tutte. E comunque, dopo un giorno, io mi sono già adattata al passaggio”. Un approccio zen, decisamente orientale. Abituato a cogliere, dietro il velo della molteplicità del reale, l’unicità dell’essere, la sua contiguità con il niente, con il vuoto. E l’inutilità delle mille scuse eternamente accampate da quei chiacchieroni viziati e vanitosi degli occidentali.

Le lezioni di papà aiutano Agnese e la Polonia
La Gazzetta dello sport
http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/

La Radwanska batte la Petrova e porta per la prima volta il suo Paese ai quarti di uno Slam. “A Cracovia, papà allenava la Petrova e io e mia sorella la studiavamo in attesa che ci liberasse il campo”. Agnieszka Radwanska scrive un’altra pagina di storia dello sport polacco. Non è ancora arrivata a una finale dello Slam, come Jadwiga Jedrzejowska, al Roland Garros 1939. Ma, dopo aver vinto Wimbledon juniores nel 2005, ed aver trascinato la sorellina Urszula allo stesso risultato l’anno scorso, a 18 anni, porta per la prima volta il suo Paese nei quarti di uno Slam. Prima donna dell’era Open, seconda tennista dopo il pioniere Wojtek Fibak, che ha toccato i quarti a Roland Graros, Wimbledon e Us Open. FIGLIA D’ARTE - Agnese ha il tennis nel sangue, visto che papà, professionista a Gronau, nel campionato a squadra tedesco, le ha messo la racchetta in mano quand’aveva appena 4 anni. E lei, alta 1.72 per 56 chili, ci ha messo impegno e intelligenza, facendosi una fama di ammazza-russe, eliminando, l’anno scorso a New York, Maria Sharapova, n°2 del mondo (”Sapevo che a lei non piace se sulla seconda di battuta le avversarie stanno ben dentro il campo, le mettono pressione e si muovono molto»), e ripetendosi ora a Melbourne, castigando Svetlana Kuznetsova, attuale 2 della classifica (”Ci avevo perso 3 volte su 3, non volevo perderci ancora, l’ho fatta correre molto per il campo, da sinistra a destra, e ancora, e ancora”), e poi eliminando anche l’altra russa, Nadia Petrova (n. 14). Sempre lottando punto dietro punto, e cambiando spesso tattica.

Massimo Sartori è soddisfatto della trasferta australiana di Andreas Seppi.
Tennis Ace
http://tennis.sport-blog.it/index.php/

Massimo allora un commento sulla trasferta di Andreas Seppi? Siamo contenti, Andreas ha giocato bene, ha fatto solo un po’ di confusione in alcuni tratti dei vari match, ma ha giocato molto bene. Considerazione che viene spontanea: Seppi batte a Sydney Tsonga che arriva ai quarti a Melbourne, agli Australian Open toglie un set a Youzhny lottando tutta la partita ed il russo sembra candidato alla fine agli Aussie Open. Si è vero ne stavamo parlando oggi… Andreas ha battuto due tennisti in grande forma e molti forti. Contro Tsonga ha vinto grazie ad un solo break ma ha giocato veramente bene. Ha lottato, è stato lì su ogni palla e nel terzo il francese ha perso un po’ la testa e Seppi gli è salito sopra. Contro Youzhny molto bene il primo set, nel secondo invece ha spinto di meno e lì la partita è girata. Peccato perchè alla fine sono stati pochi punti. Comunque partita importante per Seppi. Lui ha preso confidenza e adesso è convinto di poter giocare a quei livelli. Adesso Bergamo? Adesso due settimane di duro allenamento. Poi andiamo a Bergamo. Per noi sarà un torneo d’allenamento l’obiettivo adesso è portare Seppi al massimo per Marsiglia. Andreas deve fare bene, molto bene in uno dei prossimi tornei ATP: Marsiglia-Rotterdam e Zagabria. Quindi puntate in alto? Andreas è pronto! Adesso dobbiamo solo fare la prestazione, naturalmente è importante farlo nei tornei importanti. Per questo se facciamo un buon risultato in uno dei tre ATP europei Seppi salterà Dubai per andare a Indian Wells. Il nostro scopo è iniziare a fare punti nei Masters Series.

Bracciali torna a marzo
Tennis Ace.
http://tennis.sport-blog.it

Daniele Bracciali sta bene ma è ancora fermo dopo l’intervento alla spalla. Daniele come stai? “sto bene, ho ancora il tutore. Devo stare fermo ancora un po’ poi inizierò la rieducazione”. Quanto durerà la fisioterapia? Farò un mese di rieducazione per la spalla, se tutto andrà bene. Quando ti rivedremo in campo? “Spero di tornare per fine marzo e inizio aprile. Insomma finita la squalifica tornerò in campo subito spero!” Hai saputo di Luzzi? “No, sapevo che il suo processo si terrà il prossimo 28 gennaio. So che rischia tanto perchè lui non ha voluto il compromesso, vedremo come va”

Hewitt & Ferrero due campioni ritrovati

(I due ex numero 1 che tentano di risalire la china)

Gianni Clerici, la repubblica del 21-01-08

MELBOURNE—Sia in capacità, sia saggezza, non mi sono mai innalzato alle vette delle attività intraprese. Non ho quindi mai provate le emozioni di chi in alto sai, e cade sovente precipitevolissimevolmente. Ho tuttavia un paio di amici che, dopo esser andati molto su, passano la vita a rimpiangere segretamente te loro stagioni felici. Uno è un regista francese, premio Opera Prima a Venezia, costretto a riciclarsi in spot televisivi, e bugiardamente soddisfatto di essere ora ricchissimo e sconosciuto. L’altro un pittore italiano, più che promettente, retrocesso a disegnatore e pubblicitario, causa, secondo lui, la mercificazione del mondo dell’arte. A questi due amici mi hanno fatto pensare, nelle ultime ventiquattr’ore, le vicende parallele di due tennisti, lo spagnolo Juan Carlos Ferrero e l’australiano Lleyton Hewitt, che hanno entrambi raggiunto il quarto turno. Battendo, rispettivamente, giocatori meglio classificati, quali il cipriota Marco Baghdatis (15) e l’argentino David Nalbandian (10). Lleyton Hewitt è infatt in. 21 e Juan Carlos 22. Nel novembre del 2003 Ferrerò era il numero uno, e nel giugno dello stesso anno anche Hewitt era salito a primo del mondo. Oltre a questa connotazione aritmetica i due erano accomunati dalla statura, intorno al metro e ottanta, e dallo stile di gioco. Spesso incollati a fare tergicristallo sulla linea di fondo, correvano da maratoneti, e non era facile intuire, nei loro spostamenti, un minimo di stanchezza. Quanto a stile, entrambi battevano alte percentuali senza peraltro realizzare troppi ace. Arrotavano diritti dignitosi, e non meno regolari rovesci bimani, sufficienti ad allontanare gli avversari dal centro del campo, e a scoraggiarne le velleità offensive. Vincevano, insomma, per doti atletiche, concentrazione, regolarità e, se mi si consente, alta banalità. Hewitt era addirittura riuscito ad aggiudicarsi due Grandi Slam, Us Open nel 2001 e più incredibilmente Wimbledon l’anno seguente. Nutrito di terra rossa, Ferrerò aveva rosicchiato Roland Garros nel 2003, dopo esser stato finalista l’anno precedente. Da quel giorno lo spagnolo era caduto via via ai numeri, 18,33,24. Hewitt, negli ultimi due anni, oltre il venti. Questa vicenda negativa è stata spiegata da Ferrero, meno introverso, con una parola: appagamento. Juan Carlos ha spesso confessato di aver perduto l’assoluta dedizione all’attività cui si era dedicato anima e corpo, di essersi felicemente svagato con la fidanzata, Patricia,e ancor più distratto con le costruzioni di un club di tennis, lo Equelite, e di un Hotel per vip. La suite, nella nativa Villena. Quanto a Hewitt, la vicenda appare complicata da un ritardo di maturità, causata da un doppio complesso, da una copia di asfissianti genitori che avevano giocato un ruolo decisivo nella separazione dal coach dei successi, Darrell Cahill, e dalla fidanzatina, la campionessa Kim Cljisters. Il madripaterna vittima starebbe ora, grazie ad un matrimonio e alla paternità, recuperando un’identità personale, mentre i genitori, per la prima volta, son stati invitati a non assillarlo, e sono spariti. Tutte queste buone ragioni, che sono andato elencando un po’ troppo sinteticamente, non appaiono però seconde all’avvento, sulla scena, di quell’autentico Campione di Roger Federer. Esistono, infatti, nella storia del tennis, momenti di contronda, nei quali semi-campioni hanno la ventura di galleggiare. Cosi è avvenuto a Hewitt e Ferrero. Verrebbe da definirli Piccoli Grandi.

Volée come pugni show del nuovo Ali

(Il francese che non ti aspetti che suon di salti approda ai quarti)

Stefano Semeraro, la stampa del 21-01-08

Dicono che Yannick Noah, palleggiandoci contro anni fa al Roland Garros, si lasciò scappare un soffio lungo fra le labbra. «Questo tira davvero forte», il cucciolo di energumeno, coloured come Yannick; era Jo Wìlfried Tsonga, il francesino meno pubblicizzato della generazione Gasquet. Gael Monfils al momento è disperso, e Richard Gasquet ieri sì è fatto cancellare dagli Australian Open proprio dal suo amicone Jo. La vera rivelazione della prima settimana del torneo. «Se devo perdere, preferisco perdere con un francese», ha mugolato Gasquet. «Io e Richard siamo amici, ma sul campo l’amicizia non esiste», ha replicato l’altro. «Con lui ho giocato quattro volte negli ultimi sei mesi batterlo non mi diverte, ma non posso fermarmi». Eccolo, Tsonga. Un metro e 87 per 90 chili, servizio a 233 all’ora, dritto che pare il diretto di un peso massimo, il rovescio usato come un jab. E il rapporto con la boxe non finisce qui. Tsonga assomiglia al giovane Cassius Clay, il futuro Mohammed Ali. Potenza e carisma. «Me lo dicono da quando sono bambino. È un onore». Non punge come un’ape, Cassius Jo. Ma sa dove è Kinsasha, ha letto la biografia di Martin Luther King e quando picchia fa male. Se sbaglia una volée è capace di buttarsi a terra, fingendo disperazione. Quando vince saltella come un pugile, le braccia in alto e i pollici rivolti in basso per dire che sì, il campione è lui «So usare l’energia del pubblico», sorride. «Mi piace fare un po’ di show». Dopo aver demolito al primo turno Murray, dopo essersi confermato contro Warburg e Garcia Lopez, ieri negli ottavi ha sbranato Gasquet in quattro set. Il primo vinto sullo slancio, il secondo perso per un black-out mentale, il terzo conquistato, il quarto passeggiato. «Non so dirvi come è andata, alla fine ho vinto». Tsonga, n, 38 Atp, nato 22 anni fa a Le Mans sostiene che l’agilità e il telaio da atleta gli vengono da papà Bidier, ex nazionale congolese di pallamano. Il rispetto per il prossimo e la tranquillità ulteriore dal lato francese di mamma Evelyn, «Il mio nemico invece si chiama Mister Hyde. Perché dentro di me ci sono due personalità, posso essere molto calmo e insieme aggressivo, e quando divento aggressivo parlo troppo». Altro nemico, più pericoloso: gli infortuni. Jo, di un anno più vecchio di Gasquet, ha perso due stagioni. Schiena, spalle, addominali, ginocchio, caviglia. Un crack infinito. Numero 2 del mondo under 18 nel 2003, dodici mesi fa, Cassius Jo remava oltre il n° 170 della classifica mondiale. Eric Wìnogradsky dall’angolo gli urlava di non mollare. «Gli infortuni mi hanno temprato. Adesso sono qui, uno stadio intero mi applaude, mi sento un privilegiato». Nei quarti c’è Mikhail Youzhny. Cassius Jo sarà lì ad aspettarlo, al centro del ring.

Moviola in campo non funziona correttamente nella Vodafone Arena
Sportalice
http://notizie.sport.alice.it/notizie/sport/

“Occhio di falco” soffre le ombre del pomeriggio di Melbourne, meglio spegnerlo per un’ora. Piccole difficoltà agli Australian Open per la tecnologia della moviola in campo utilizzata nel tennis per consentire ai giocatori di rivedere le chiamate dubbie. Il sistema, infatti, non è più preciso quando le ombre del pomeriggio fanno capolino alla Vodafone Arena. Il direttore del torneo, Craig Tiley, ha così deciso che tra le 16.45 e le 17.45 il sistema non potrà più essere usato nei giorni di sole. “Se il sistema non può garantire il 100 per cento della certezza nel 100 per cento dei casi, allora in quell’orario non verrà più usato”, ha detto Tiley. Ad accorgersi per primo di qualche cosa di strano era stato l’australiano Peter Luczak nel match di secondo turno perso contro lo spagnolo David Nalbandian. “Il mio avversario era contrariato perché il sistema sembrava non funzionare a dovere per qualche strana ragione”, aveva raccontato Luczak.

Federer rischia grosso ma “salta” Tipsarevic

(I consigli di Djoko fanno bene a Tip)

R. T., il corriere dello sport del 20-01-08

MELBOURNE - Roger Federer ha rischiato grosso, grossissimo, ma alla fine ha vinto lui. Dopo aver spazzato via Fabrice Santoro nel secondo turno, agli Australian Open ha impiegato ben 4h27′ per avere ragione di Janko Tipsarevic, numero 49 del mondo. Il serbo, quasi un sosia di Rino Gattuso, ha evidentemente sfruttato al meglio i consigli preziosi del connazionale Novak Djokovic, con il quale aveva parlato prima del match. E Djokovic, una volta liquidato il proprio avversario del terzo turno, Sam Querrey, non ha voluto perdersi l’appassionante match, risoltosi solo per 10-8 nel quinto set: è stato annunciato invano per tre volte in conferenza-stampa, poi ha fatto sapere ai giornalisti che si sarebbe fatto intervistare solo a conclusione di Federer-Tipsarevic!…. - Insomma, ci è mancato davvero poco che l’estroso “Tip” provocasse la più clamorosa delle sorprese. Tiratissimo anche il quinto set, in cui Roger ha sprecato due palle break sul 2-2 e poi si è trovato a servire per restare nel match sul 4-5,5-6,6-7 e 7-8. Sull’8-8 Tipsarevic ha salvato la ventesima palla break della sfida, poi si è arreso sulla successiva (alla fine appena la 5a sfruttata dallo svizzero sulle 21 avute in tutto il match), Federer è andato a servire per il match e ha chiuso sul 10-8, dopo aver realizzato il primato personale di ace in una partita: 39. «A volte sarebbe giusto che anche nel tennis ci fosse il pareggio ha detto il n. 1 del mondo - II quinto set è stato duro, avevo sprecato tante occasioni nei primi tre set e dovevo sempre servire per restare nel match. Se ho pensato di poter perdere? Certo, visto come si era messa la partita poteva accadere, ma per mia fortuna non è successo». Tipsarevic, a Melbourne, ancora lo ricordano in molti per la sua vittoria nel torneo juniores del 2001: in finale aveva i capelli colorati di giallo e di verde! Passa il suo tempo libero leggendo Nietzsche, Dostoevskij e Goethe: anzi, in questi giorni è alla terza rilettura de “L’idiota” di’ Dostoevskjj (del quale, sul braccio sinistro, ha tatuato la frase “La bellezza salverà il mondo”). Federer, quando l’ha saputo, ci ha scherzato su: «Bè, allora sarà il caso che lo legga anche io…». E poi ha reso ancora omaggio allo sconfitto con un pensiero divertente: «Ho giocato una partita fantastica dall’inizio alla fine, sono rimasto impressionato dal suo tennis. È stata una battaglia, rischio i capelli grigi se me ne capiteranno altre come questi». Ora Federer se la vedrà negli ottavi con il cèco Tomas Berdyeh. Intanto continua come un treno la corsa di Djokovic, che ancora non ha perso un set: tra i giocatori approdati agli ottavi, ci sono riusciti anche Rafa Nadal e Nikolay Davydenko. Federer e “Djoko” dovrebbero incrociarsi in semifinale.

Federer si salva contro “Gattuso”

(Re Roger costretto ad attaccarsi a tutte le sue armi migliori per liberarsi del serbo)

Daniele Azzolini, il messaggero del 20-01-08

MELBOURNE - Si starà chiedendo, Roger Federer, come sia potuto cadere in piedi dopo essere precipitato lungo i 5 set di un match che aveva preso le forme di un’imprevista trappola. Uscitone miracolosamente illeso dopo 4 ore e 27 minuti (6-7 7-6 5-7 6-1 10-8), il nostro sbaglierebbe a ritenersi più forte di qualsiasi imprevisto, dato che a sostenerlo nella disputa con il serbo Tipsarevic, sono state armi terrene, tennistiche e personali. Il servizio e l’orgoglio. Piuttosto, l’insolito sviluppo di un match che lo ha visto primeggiare in tutte le percentuali di gioco (202 a 173 i punti ottenuti), eppure incapace di scrollarsi di dosso un avversario infervorato, dovrebbe indurlo a riflettere sulle sue leggerezze, prima fra tutte la pretesa di affrontare uno Slam senza un solo match nelle gambe. Non v’è dubbio che Federer, oggi, appaia il meno brillante fra i più forti, certamente meno di Djokovic, ieri lesto a liberarsi del pivot Sam Querrey (6-3 6-1 6-3). Janko Tipsarevic, per tutti Gattuso, di cui è il gemello separato dalla nascita, ha costruito un match vicino alla perfezione, da vero seguace di quell’eterna speranza che Dostoevskij consegna alle parole del principe Myskiri ne “L’idiota”, “la bellezza salverà il mondo”, parole che Tipsy si è fatto tatuare sulla pelle. «Cercavo di stupirlo con ogni colpo. Lui ha molte risorse, ma non ama chi lo sconcerta». Così, il Gattuso tennista ha resistito fino al diciassettesimo gioco del quinto set. Lì, sul 40-0 in suo favore, ha avuto un lieve tentennamento, ed è stato bravo Federer ad appropriarsi del match. Fino alle 4 e mezza del mattino è durato il match fra Hewitt e Baghdatis: una maratona di quasi cinque ore vinta al quinto set dall’australiano (4-6, 7-5, 7-5, 6-7, 6-3).

II complesso Henin per la Schiavone così Italia tutta fuori

(Anche il “vecio scriba” si accorge del Blog di Ubaldo Scanagatta)

Gianni Clerici, la repubblica del 19-01-08

MELBOURNE — Un aficionado che mi ha fatto la cortesia di leggermi su siti internet specializzati in tennis, tipo quello del collega Scanagatta, mi chiede se non fosse il caso di occuparmi un tantino di più degli italiani. Cerco di spiegargli che, nell’era della televisione il cronista d’altri tempi è scomparso, e non resta quindi altra scelta che lanciarsi in quella che gli anglosassoni chiamano column, nel mio caso una colonnina. Ma perché, allora, domanda lo aficionado, non scegliere una colonnina un poco patriottica? Sarebbe poco generoso rispondergliene, giunti a venerdì la definizione del mio scritto dovrebbe divenire quella di necrologio, in gergo coccodrillo. Con l’eliminazione di Francesca Schiavone, in arte Leonessa, tutti gli azzurri sono infatti usciti dai torneo nel corso della prima settimana, Un record negativo al quale si era sfuggiti, proprio grazie alla Schiavone, durante l’ultimo Roland Garros. Ed è sempre lei la Leonessa, a farci applaudire, a far tifo, se non proprio soffrire, per identificazione, e ammirazione del suo tennis. Un gioco creativo, sempre proteso all’attacco, nonostante Francesca non abbia misure e peso delle atlete contemporanee, tipo Williams o valchirie slave. Era, quello di oggi, il settimo match della Schiavone contro Justine Henin, senza alcun dubbio la prima tennista del mondo, quella dalla mano migliore, dal grande istinto e, alfine, della consapevolezza di sé. Francesca li aveva sì persi tutti, ma la stessa Henin, aveva confessato ad un collega belga di incontrare Leonessa con qualche trepidazione. Come Justine, Francesca gioca infatti un tennis d’attacco, che la porta spesso a rete, nonostante il suo allungo sia limitato dal metro e sessantasei che le ha fatto mamma. Ottima atleta, ha forse un punto debole in certe improvvise mancanze di motivazione, che seguono ad una successione di errori, accadimento che un vero campione dovrebbe metabolizzare e superare. Quelle sue passeggere de-Pressioni, dentro e fuori campo, hanno condotta da una parte alle soglie delle First Ten, il Club di sangue blu, e dall’altra ad una caduta in classifica, intorno al numero 30, e a una faticosa risalita, fissata dall’attuale 24. Questa crisi ha coinciso con un cambiamento di allenatore, ad una separazione momentanea da Daniel Panajotti, argentino immigrato in Lombardia dalle parti di Francesca, che è di Brescia, Per ritornare alla Henin, Francesca ci aveva sì perso, ma con punteggi più che dignitosi, addirittura competitivi. L’anno passato, proprio in Australia, nel torneo di preparazione all’Open, a Sydney, aveva condotto quattro uno al terzo, e servito sul cinque a tre: incespicando a pochi metri dal traguardo, probabilmente a causa di un complesso addirittura ovvio, al quarto match contro Justine. Conversando amabilmente con lo scriba, Francesca insiste a negare un simile trauma e, in favore della sua versione, cita addirittura la vicenda odierna, senza invocare peraltro scuse. Dopo essere risalita da tre cinque a cinque pari, sul quindici pari, Leonessa avrebbe ruggito un ace imprendibile, dapprima giudicato out, poi assegnato dal giudice di linea: un punto che Leanne White, l’arbitra, commetteva l’errore di far ripetere. Avesse il punteggio seguito lo sviluppo che portava Francesca ad un vano vantaggio, Schiavone si sarebbe trovata sei-cinque, e non a cinque-sei. Non voglio dire che, lì giunta, la nostra eroina avrebbe vinto il match. Mi par giusto ricordare la sfortunata vicenda e augurarmi, come fa la Schiavone, che la si possa presto rivedere nei quartieri alti.

Roddick, 42 ace e battuta d’arresto

(Francesca perde dalla numero 1 ma si sente pronta a rientrare tra le più forti)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 19-01-08

La giornata, agli Australian Open finisce solo alle 2.05 del mattino. Dopo 4 ore del solito violento batti e ribatti del tennis maschile, dopo una gragnuola di 42 ace sparati dal bazooka di Andy Roddick (3 per cancellare 3 di 4 match-point). Dopo altri 32 ace sparati da Philipp Eberhard Hermann Kohlschreiber. n. 27 del mondo, che alla fine tira tre passanti «assolutamente ridicoli» — secondo Jim Courier — e, con 104 vincenti, strappa l’inatteso 6-4 3-6 7-6 6-7 8-6. Vendicando lo sgambetto subito contro l’americano (numero 6 del mondo) proprio a Melbourne nel 2005. Roddick, eroe degli Stati Uniti nella finale di coppa Davis 2007, la prende con filosofia: «Questo è il tennis, ragazzi se tu non vuoi vivere emotivamente sulle montagne russe, ma vuoi stare sereno e tranquillo, allora hai sbagliato lavoro. Dovresti andare a fare il cameriere, a servire cocktail in spiaggia»…… La giornata agli Australian Open era cominciata alle 11.15, per l’ultimo italiano in tabellone, Francesca Schiavone, che cede a Justine Henin. Perdere 7-5 6-4 in un’ora e tre quarti contro la numero uno del mondo non è un disonore, soprattutto da numero 24 della classifica, con un misero 0-6 nei precedenti. Perdere «con l’amaro in bocca», masticando un «peccato, stavolta potevo prenderla, dopo tante volte che le sono arrivata vicino», è una grande reazione. Perdere con gli applausi del Centrale e della «Federer delle donne», imbattuta da 31 partite, è una promessa per il futuro immediato: «E’ stata dura, Francesca è sempre un’avversaria difficile: forte fisicamente, corre tanto, carica il top spin, ha un gioco diverso, merita una classifica superiore, le manca un po’ di servizio, rovescio e tecnica, chissà se vuole migliorare»….Perdere facendo gli stessi errori di sempre non è bello e Francesca, la più credibile tennista italiana (uomini compresi) a livello alto, pur bravissima a tener lontana dal campo la regina e a rischiare presto la soluzione, si distrae al servizio nei momenti topici: sul 5-5 del primo set e sull’1-1 del secondo. Tanto basta alla piccola-grande belga dai 7 Slam:«il tennis c’è, ma devo metterci sicurezza e decisione. Sul 5-5 dovevo cercare una seconda più carica, dovevo rischiare. Altre volte non ho spinto al massimo, dovevo essere più decisa. E poi non ho servito bene». Peccato, perché Francesca recupera due volte il break, arriva fino a 5-5 40-30, ma serve solo seconde, si fa aggredire e perde il primo set per 7-5 dopo 57 minuti. Sull’ l-1, cede la battuta a zero, spara anche una parolaccia e scivola 4-1 sotto. Altro vecchio errore: «Ecco, in Fed Cup, con qualcuno in panchina che mi dice la parolina giusta, reagisco e non scendo di ritmo». Perché poi l’azzurra lotta con grin-ta, recupera un break, sfiora un altro, clamoroso aggancio, sul 4-5, quando Justine cancella il 15-40 con un servizio a 186 all’ora e un magico passante di rovescio. Preludio del 6-4 finale…..Perdere e subito rilanciare è importante, Francesca: «Sono propositiva, volevo proprio battere Justine e poi andarmi a prendere le altre, tenere le motivazioni alte è la cosa migliore che ho riscoperto, a quasi 28 anni». Vincere e sorridere, Justine: «Io e Svetlana (Kuznetsova, la n. 2 del mondo, ndr), siamo amiche e abbiamo in comune anche l’hip-hop, A Sydney le ho parlato delle lezioni con il mio preparatore atletico e lei stava ascoltando proprio quella musica cosi strana… Ma non ballerò mai in campo»…. Dietro le quinte, maestro Carlos Rodriguez indottrina: «Quando tutto va troppo bene, Justine si crea i problemi da sola, gioca meglio quando è sotto pressione. Una sconfitta le farebbe bene, adesso pensa più a non perdere che a vincere; si impara tanto da una sconfitta quanto da una vittoria: dalle semifinali di Wimbledon contro la Bartoli non ha più perso».


Dallacqua, avanza un po’ d’Italia

(La determinazione della mamma e la pasta italiana)

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 19-01-08

C’é ancora un po’ d’Italia, in lizza negli Australian Open. Casey Dellacqua di nostrano però ha solo il cognome di un ceppo familiare ormai ben radicato nella terra dei canguri. Tutta la sua famiglia vive a Perth, ma in questi giorni si è trasferita al gran completo a Melbourne, dove ieri ha firmato la sorpresa del giorno nel primo Slam del 2008. Nel terzo turno ha infatti eliminato in tre set la francese Amelie Mauresmo, ex n. 1 del mondo e vincitrice del torneo nel 2006, ancora in difficoltà dopo quello che per lei è stato davvero un “‘annus horribilis”…… - E’ diventata l’orgoglio di una nazione, questa 22enne ragazzotta (è alta 1 e 65) biondastra che in passato ha anche esibito una poco credibile capigliatura castana. Con il successo di ieri salirà almeno al 63° posto nella classifica Wta e diventerà cosi la nuova n. 1 australiana, scavalcando in un colpo solo Samantha Stosur e Alicia Molik. L’impresa le è riuscita proprio nel torneo che per lei sembrava stregato. Dal 2003, quando non aveva ancora 18 anni, fino al 2007 era entrata nel tabellone principale solo grazie alla wild card assegnatale dagli organizzatori, ma puntualmente era stata eliminata al primo turno. Nel 2006 la Dallacqua era stata onorata della Rod Laver Arena, il Centrale di Melbourne, ma venne spazzata via da Lindsay Davenport. Ieri invece ha tenuto il campo alla grande, rimontando un set alla Mauresmo. Alla fine, nonostante si fosse già segnalata per l’eliminazione di Patty Schnyder, quasi non riusciva a crederci, sgranando gli occhi dalla gioia quando è stata intervistata da Tood Woodbridge, mitico doppista e ora commentatore Tv, al quale ha raccontato che prima della partita si era rilassata giocando a “Buzz” con la Playstation e ridendo di gusto quando aveva dovuto rispondere a una domanda sulla Mauresmo…….Lassù, sugli spalti, con papa Kim, meccanico, c’era anche mamma Nita, casalinga, che a Casey ha trasmesso una grande forza di volontà: quella che a lei è servita per combattere e sconfiggere il cancro. Nell’autunno 2006 Casey aveva smesso di girare il mondo ed era rimasta vicina alla madre, allenandosi a Perth e disputando solo tornei minori in Australia. Da allora ha affrontato con spirito migliore tutti i sacrifici necessari per riguadagnare posizioni in classifica e togliersi qualche soddisfazione. Ha iniziato il 2008 da n. 86, a Hobart è arrivata nei quarti e ora eccola attesa da Jelena Jankovic negli ottavi di questi Open……«Cosa cambia ora nella mia vita? Bè, di solito entravo da Target (un negozio sportivo molto popolare in Australia - ndr) e con trenta dollari portavo via tre capi di abbigliamento per i tornei. Qui invece, passato il primo turno, la Nike mi ha fatto saccheggiare il suo stand e ho dovuto chiamare mio padre per portare a casa tutta la roba. E pensare che mi ero portata dietro il completo usato l’anno scorso contro la Sharapova agli VS Open: non potevo mica giocare sull’Arthur Ashe con una cosa qualunque addosso… Qui comunque ho scoperto che nei tornei detto Slam c’è a disposizione il servizio di lavanderia, così non devo lavarmi le divise. E con i soldi guadagnati finora, potrò permettermi qualche buon ristorante invece di comprare la pasta al super-mercato per cucinarla in camera per conto mio». E chissà, lei che è appassionata delle gare delle V8 Supercars ma gira con una Commodore del ‘91, forse ora potrà comprare quella Monaro d’epoca che le piace da sempre.
Il cinico Federer non spreca palline

(Il “re” non si concede mai divagazioni autoironiche)

Gianni Clerici, la repubblica del 18-01-08

MELBOURNE—Tra altre, certo più gravi colpe, che mi verranno rimproverate nella Valle di Giosafat, una sin troppo ribadita riguarderà il tempo perduto nel rammirare i tennisti anomali. Partendo dall’austriaco Huber, Davis Cup Austriaco e portiere dei Diavoli Rossoneri, il più grande tuffatore mai apparso a Wimbledon, su su sino all’oriundo Fabrice Santoro che, a trentacinque anni, ha appena battuto con sessantadue partecipazioni agli Slam il record di Andreino Agassi. Anche oggi mi adagiavo nel loculo destinatomi in tribuna stampa del delizioso Centrale, nella convinzione di ammirare qualche prodezza del tennista che sembra celare, sotto un fusto in grafite, una vecchia racchetta, ma cosa dico, uno strumento da ebanista. Le mie aspettative venivano presto scoraggiate dalla presenza di Roger Federer, sicuramente librato dai microbi che, per qualche specialista di sgub, ne avevano messa in dubbio la partecipazione agli Open. Riusciva, di tanto in tanto, il doppio bimane a ribattere uno dei suoi colpi ingannevoli, dei suoi piccoli fuochi d’artificio. Ma, dall’altra parte, Roger appariva non solo in salute, ma addirittura provocato dal bizzarro talento di quel pied noir inurbato. E lo superava non solo in velocità, ma addirittura in tocco. Accadeva, ad un certo punto che, sballottato come uno yo-yo, il povero Santoro rinviasse una pallina vuota, ma che dico, addirittura morta : rimbalzava due metri oltre la rete e, mentre Federer, da fermo, si apprestava a colpirla, mi ritornava in mente un bizzarro tennista degli Anni Sessanta, Albertino Folena da Livorno. Non certo un campione, al contrario un modesta seconda categoria. Opposto ad un altro sconosciuto, tale Negromanti, Albertino era riuscito ad issarsi al match point quando, improvvisamente, il suo estro gli suggeriva una soluzione meno ovvia di una schiacciata elementare. Alzava la sinistra per bloccare la palla e, rivolto ai pochi spettatori, esclamava: «Troppo facile». Per completare l’opera, Folena avrebbe poi provveduto a perdere quella partita, che divenne un mito del nostro tennis provinciale. Federer, dicevo, si era addirittura bloccato ad osservare la pallina che avrebbe potuto colpire addirittura col manico della sua Wilson. Ma un’idea simile a quella di Folena non sembrava traversargli la mente. Chiudeva, con uno smash irridente, per subito riprendere a dominare lo sventurato Santoro. Quando, più tardi, gli avrei accennato alla possibilità di imitare lo sconosciuto tennista, Roger avrebbe sorriso, con la sua aria non meno disponibile che intelligente. Ma, da quel sorriso, avrei capito che, per vincere quanto lui, per vincere sempre, non gli sono consentite divagazioni autoironiche, possibili soltanto a noi che non siamo campioni. Simile stiracchiata introduzione ha finito per diventare il pezzo della quarta giornata degli Open, mangiandosi lo spazio che avrei forse dovuto riservare agli amati italiani. Eliminati tutti, con poca gloria, al di fuori di Leonessa Schiavone, che non ha moltissime possibilità di sfuggire alle manine avvertite di Justine Henin. Dei superstiti, l’ultimo arrivato Simone Bolelli non è andato oltre al ruolo pur dignitoso di allenatore contro il geniale Djokovic. Lo stesso giovane campione respinto dal noto coach italiano Riccardo Piatti. Che ha, purtroppo, rifiutato di continuare la collaborazione con la Federtennis, una struttura che, di lui, avrebbe un bisogno estremo. Per far qualcosa di più che partecipare, non oltre la prima settimana, ahinoi.


Australia, tutti esauriti

(Una giornata da ricordare per gli amanti del tennis)

Stefano Semeraro, la stampa del 18-01-08

La Grande Giornata del Tennis è finita a mezzanotte, ora di Melbourne, con Marcos Baghdatis che ringraziava la sua torcida ellenica dopo tre ore di lotta contro Marat Safin il reaparecido. Era stata inaugurata alle 11 di mattina, sotto un sole splendente, dallo show da illusionisti del duo Santoro-Federer, il mago e il mago dei maghi del tennis, dentro il tendone di acciaio bianco della Rod Laver Arena. Dodici ore di spettacolo puro, con un indice di gradimento storico: ieri gli Australian Open hanno fatto registrare il record di affluenza per una singola giornata nella storia dei tornei del Grande Slam: 62.885 paganti fra sessione diurna e serale. Il record precedente era stato fissato agli Us Open, giusto l’1 di settembre dello scorso anno, con 61.083 spettatori - quando il tetto dei 60.000 fu sfondato per una settimana di fila -, un totale di oltre 720.000 per le due settimane, 100.000 in più rispetto al 2000, e il 99 per cento dei posti del centrale venduti. A Melbourne quest’anno, dopo i primi 4 giorni del torneo si è arrivati ad un parziale di 234.501 presenze, cioè 14.845 più dello scorso anno. Wimbledon sta pensando di allungare le ore di gioco serali, grazie al tetto che quest’anno coprirà il centrale. Il Roland Garros ha già anticipato l’inizio dei torneo alla domenica, e lotta per allargarsi e regalarsi un nuovo stadio. Il tennis dei grandi tornei piace. Il tennis è sexy. Merito di Roger Federer, certo, che ieri ha mandato in sollucchero il centrale e persine il suo avversario. Spettacolo dentro il campo, ma anche fuori. I siti web dei tornei, sempre più interattivi, attirano e informano. La meraviglia degli impianti e il contorno: mini concerti, stand dove si può fare shopping o farsi tatuare i colori del proprio Paese sul volto, fanno il resto. Gli Australian Open, poi, da sempre sono il palcoscenico preferito dei tifosi - specie europei e attratti da una pausa di caldo nel pieno dell’inverno boreale. Etienne de Villiers, il boss dell’Atp che pensa di trasformare il circuito in una replica di Disneyland, si sbaglia. Il vero sballo del tennis è il tennis. Magari un po’ condito, ma senza additivi sintetici.

Dal Web

Djokovic-Sharapova, fine dell’idillio?
Virgilio Sport
http://sports.virgilio.it/it/cmc/indiscreto/20083/cmc_118156.html

Sembra giunta al capolinea una delle amicizie più chiacchierate del mondo del tennis, quella tra Novak Djokovic e Maria Sharapova. La scorsa estate i due erano stati visti alcune volte insieme e la tennista russa era presente sugli spalti di Flushing Meadows a New York con il team del serbo per assistere alla finale degli US Open tra “Nole” e Roger Federer. Ovviamente erano circolate tante voci su quanto “affettuosa” fosse questa amicizia ma, a chiudere i discorsi, è arrivata la stessa Sharapova, molto irritata per l’imitazione che Djokovic continua a fare di lei, imitazione nella quale ne copia movenze tipiche come quelle di aggiustarsi i capelli o saltellare e replicata anche martedì agli Australian Open. “La mia imitazione fatta da Djokovic? Mah, ormai è un po’ noiosa ma è una sua cosa e non vorrei togliergli questo piacere: è il suo piccolo show e quindi lasciamoglielo fare. Sono sicura che anche voi vi stancherete. Però, è divertente finché qualcuno lo trova piacevole sugli spalti” ha dichiarato la russa in conferenza stampa. “Io imitare lui? Mah, potrei imitare il suo tipico servizio ma ci vorrebbe davvero tanto tempo: mi basterebbe una pallina e poi dovrei semplicemente stare lì a farla rimbalzare a lungo prima di servire. Per quello ci vorrebbe tutto il giorno…”, ha aggiunto Maria, facendo riferimento ai tanti rimbalzi che Djokovic fa fare alla pallina prima di battere, ancora più numerosi prima di un punto importante. Evidentemente Maria non la pensa quindi come tanti tifosi, che anche su Internet hanno cercato gli “show” di Djokovic, noto pure per imitare Rafael Nadal quando si aggiusta i pantaloncini, Andy Roddick quando si tira giù il cappellino o Roger Federer quando saluta il pubblico con la racchetta. Proprio Federer, del resto, s’è espresso con “classe” sulle arti clownesche del serbo: “E’ una cosa un po’ da saltimbanco ma uso questo termine senza offesa: penso che si tratto di una cosa che può dare entusiasmo e qualcosa di diverso al pubblico. Non condivido chi commenta negativamente un’iniziativa del genere”, ha dichiarato il numero uno al mondo. Spiegatelo voi alla Sharapova….

Troppa fatica, mamma Lindsay. La Sharapova non si commuove

(Forse era meglio continuare a preoccuparsi dei pannolini di Jagger)

Gianni Clerici, la repubblica del 17-01-08

MELBOURNE — Le mamme non vincono i Grand Slam. Non più, almeno, dal luglio del 1980, in cui Evonne Goolagong riuscì nell’impresa di conquistare il secondo Wìmbledon con il marito, Roger Cawrtey, a far da baby sitter in tribuna. La bambina di Evonne, Kelly, ha ora trentanni, è felicemente sfuggita al tennis, e nessuno dei cento segugi australiani che mi circondano sembra aver ravvisato una qualche analogia con il piccolo Jagger, un pacioccone di sette mesi, figlio di Lindsay Davenport. E’ nato, Jagger, il dieci giugno dello scorso anno, grazie a un parto cesareo, da una mamma talmente malata di tennis da abbandonarlo dopo due mesi alle cure di papa John Leàch, ex tennista riciclato in agente di borsa. In quelle poche ore la mammona aveva ripreso la racchetta a difesa dei Sacramento Capitals, squadra di Team Tennis, gioco yankee di un certo successo. Questo attività del team tennis, non lontano dalla casa di Laguna Beach, è anche comprensibile. Un poco meno comprensibile che, sorprendentemente smagrita, Giunone ritornasse ai tornei veri, perdendo, in quattro tentativi, soltanto un match, in semi, a Pechino, contro Jelena Jankovic: battendo, al contempo, nientemeno che la stessa Jankovic, Daniela Hantuchova e Elena Dementieva. Di fronte alla sorpresa di quanti apparivano critici, e si chiedevano se la montagna di dollari vinti in carriera non dovessero bastare, Lindsay ha ricordato di esser cresciuta in una famiglia di lavoratori, prima fra tutti sua mamma che la lasciò alle cure della nonna a sole due settimane, per ritornare in ufficio. «Nei miei nove mesi di gravidanza — ha raccontato la Davenport — ho toccato la racchetta quattro volte, due con uno dei miei undici nipotini, e non avrei sinceramente pensato di riprendere. I miei ultimi due anni erano stati una successione di incidenti muscolari, soprattutto alla schiena, e alle gambe, da sempre il mio punto debole. Un luogo comune, che io addirittura condividevo, vuole che una ex-campionessa la smetta con lo sport, cambi vita. Avevo passato dieci anni tra il Numero Uno e il Tre, a ripetermi che non vincevo abbastanza, dovevo motivarmi di più, lavorare di più, soffrire di più. E poi d’un tratto mi si sono aperti gli occhi. Mi posso divertire, non ho niente da difendere, mi sono detta. Certi giorni, il problema più serio è sapere se ci sono abbastanza pannolini per Jagger. E mi è venuta una gran voglia di rigiocare, addirittura ritentare le Olimpiadi, io che avevo vinto l’oro a Atlanta». Nel raccontare queste storie, con l’abituale eleganza, Lindsay ha tralasciato di sottolineare che il ritorno le ha consentito, tra l’altro, di superare Steffi Graf nella classifica dei guadagni. Battendo la nostra bravissima Sara Errani, Mamma Giunone ha raggiunto ventuno milioni ottocento novanta sette mila cinquecento uno dollari: che mi pare rappresenti una bella dote non solo per Jagger ma per la sorellina che Lindsay è intenzionata a dargli. Purtroppo, grazie alla stupidità dei gestori del computer, la sua attuale classifica, N. 51, non le ha consentito di essere testa di serie, ed è finita troppo presto tra i rossi unghielli di Maria Sharapova. Colpiscono, le due, nello stesso identico modo, ma la mamma è ancora più immobile di una balia. Così la povera Giunone ha raccattato un primo game umiliante sullo zero a cinque, per poi riprendersi quanto bastava non certo a far partita eguale, ma a non sentirsi una ex-tennista, nota soprattutto grazie ad un neonato.

Schiavone di corsa verso la Henin

(I miglioramenti infiniti della nostra “Leonessa”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 17-01-08

«Justine Henin sta scrivendo la storia del tennis. Non so che posto occupa oggi tra le più grandi di sempre ma è sicuramente superiore alle Williams: i risultati degli ultimi anni lo dimostrano. Forse ora solo Serena in un certo contesto può batterla… E io». II sorriso non cancella la scommessa. Possibile che qualcuno abbia il coraggio di lanciare pubblicamente il guanto della sfida alla numero uno del mondo, imbattuta da 30 partite consecutive? Possibile che sia addirittura un italiano, e alla, vigilia del terzo turno di uno Slam, qui agli Australian Open di Melbourne? Possibile, ma l’unica che può spingersi tanto in là è Francesca Schiavone, «la leonessa». RITORNO Vista cosi, con i lineamenti addolciti più spesso dal sorriso e dalla sicurezza dell’esperienza, la miglior italiana in classifica (numero 24 al mondo) sembra anche migliore di due anni fa. Quando, nella finale di Sydney, tradizionale preludio degli Australian Open, giocò talmente alla pari con Justine da perderci solo 4-6 7-5 7-5, dopo aver comandato fino a 4-1 al secondo set e 5-3 al terzo. Del resto, contro la numero uno del mondo, regina di 7 Slam, pur subendo 6 sconfitte su 6, la milanese tutta grinta e top spin ha collezionato anche 3 tie-break e, nella finale di Fed Cup, era avanti ancora 4-1 al secondo set. «Vero, ci ho sempre perso, ma a Sydney ho vinto un set, e a Dubai e Montreal ho avuto dei set point. Per me è molto importante: non dico che la batterò sabato, ma prima o poi potrebbe succedere». SICUREZZA Soprattutto, Francesca è attenta, lucida, efficace: contro la Kerber domina con la varietà e con 30 discese a rete. «E’ di nuovo lì, ai livelli del 2006, sta giocando molto meglio, ed è parecchio in forma. Tecnicamente e fisicamente vale le prime 10 del mondo», assicura Daniel Panajotti, il coach argentino che ha trasformato la Schiavone da regolarista in attaccante da fondo, portandola al numero 11 del mondo e al primo titolo Wta (dopo 8 finali perse!), l’anno scorso a Bad Gastein, prima del divorzio, e del ritorno del figliol prodigo, dopo 4 mesi …… «Le abbiamo dato le armi, le abbiamo segnato la strada, le ho assegnato anche un mio concittadino di Tandil, Luis Delgado, che la segue in tutti i tornei. Però, come diceva Adriano Panatta, campioni si nasce, non so se si diventa. Perciò, Francesca deve comunque metterci tanto di suo. Come tennis, vale la Henin, che è molto forte di testa. Francesca dovrà fare le scelte giuste e, soprattutto, dovrà dimostrare di aver davvero imparato dalle esperienze e non ripetere gli stessi errori», stimola Panajotti. Francesca Schiavone traduce: «Justine fra noi è come Federer tra gli uomini, con lei sarà necessario mantenere un livello mentale altissimo, cioè concentrazione massima. Vorrei davvero regalarvi una bella soddisfazione…». Dopo il successo su Amelie Maursmo, numero uno del mondo, l’anno scorso in Fed Cup. Dopo qualche caduta e risalita: «Dove posso arrivare io… non so. Ma mi sto costruendo ancora, anche se fra se mesi compirò 28 anni, non smetto dì costruirmi».

Dal Web
Guga Kuerten: “Addio al tennis nel 2008″
Pianeta Tennis
http://www.pianetatennis.it/index.php

L’ex n. 1 del mondo Gustavo Kuerten ha annunciato ufficialmente che quella appena iniziata sarà la sua ultima stagione da professionista e che il suo ultimo match sarà al Roland Garros, dove ha trionfato in tre occasioni, oppure alle Olimpiadi di Pechino. “Durante le ultime stagioni i problemi fisici mi hanno impedito di esprimermi ai massimi livelli”, ha ammesso Guga. “Non ho perso la passione per il tennis e la competizione ma ovviamente non sono più in grado di giocare come vorrei. Il dolore è un ostacolo verso il raggiungimento del livello dei top players”. Kuerten nel corso del 2008 sarà protagonista di una sorta di tour di addio al tennis durante il quale prenderà parte a cinque tornei del circuito maggiore, al Challenger di casa a Florianopolis e ai giochi olimpici di Pechino

11 febbraio: Brasil Open, Costa do Sauipe
24 marzo: Sony Ericsson Open, Miami
14 aprile: Florianopolis (Challenger)
21 aprile: Masters Series Monte-Carlo
5 o 12 maggio: Internazionali d’Italia, Roma, o Masters Series Amburgo
26 maggio: Roland Garros
11 agosto: Giochi Olimpici, Pechino

“Ho scelto questa programmazione in base ai tornei che preferisco”, ha spiegato Kuerten. “Ognuno di questi eventi mi riporta alla mente ricordi positivi… Sarà un momento speciale giocare in ciascuno di questi luoghi. La gente avrà la possibilità di vedermi in campo per un’ultima volta e io potrò rivivere i momenti indimenticabili che ho vissuto in questi tornei in passato. Il Roland Garros occupa un posto del tutto speciale nel mio cuore. Di Parigi ho solo ricordi positivi. Mi piacerebbe finire lì la mia carriera tuttavia ho la possibilità di prendere parte alla mia terza Olimpiade a Pechino ed è un’occasione che non voglio mancare”. Kuerten, il quale ha creato nel 2000 una fondazione che porta il suo nome per aiutare i ragazzi disabili, ovviamente proseguirà nel suo impegno sociale anche dopo il suo ritiro dal tennis giocato.

Mirza accusata di oltraggio alla bandiera.”Ho anche pensato di lasciare il tennis”
La Stampa
http://www.lastampa.it/sport/

La bandiera è sacra. Guai a chi la offende. Guai a chi la calpesta, anche se solo nella cornice fatua di un trompe-l’oeil. Un paio di settimane fa, durante la Hopman Cup di Perth, la super esibizione a squadre che inaugura la stagione tennistica, un’agenzia diffuse la foto di Sania Mirza, 21enne campionessina indiana, con i piedi nudi poggiati in relax ad una balaustra. Accanto alle sue sexy estremità, per sventura, una bandiera indiana, appesa da un tifoso faccia al campo; invisibile, dunque, agli occhi di Sania. Uno scatto ingenuo, un accostamento casuale. Ma non per il privato cittadino di Hyderabad, la città natale della Mirza, che appena vista l’immagine decise di presentare una sdegnata protesta al Prevention of Insult to the National Honour Act. Oltraggio alla bandiera, alla dignità nazionale. Pena massima prevista: tre anni di carcere. Una condanna all’infamia. «Per qualche giorno - ha ammesso ieri Sania, dopo aver battuto l’uzbeka Iroda Tulyaganova al primo turno degli Australian Open -, ho pensato addirittura di piantare tutto lì. Di smetterla con il tennis». Non è un capriccio, un’isteria da adolescente ritardata; piuttosto il frutto di una lunga esasperazione. Sania, che è indiana e musulmana ma veste e vive all’occidentale, da anni non può muovere, prima metaforicamente, ora anche letteralmente, un passo senza scatenare pandemoni in patria. «Non farei mai nulla per mancare di rispetto al mio Paese -, ha spiegato ieri, accorata, le morbide forme trattenute dalla maglietta griffata -. Amo il mio Paese, altrimenti non giocherei mai la Hopman Cup per difenderlo. In casi del genere, però, non è facile confrontarsi con quello che accade fuori dal campo». Ovviamente tutta la storia nasce da un malinteso, ha riconosciuto Sania, «ma io sono un essere umano e devo ammettere che questa faccenda mi ha turbata. Non faccio politica, il mio mestiere non è plagiare la gente o condurre chissà quali battaglie. Sono solo una ragazza di 21 anni che cerca di giocare a tennis il meglio che può. Il pensiero di lasciare lo sport continua ad aggirarsi da qualche parte nella mia testa, ma per ora l’ho bloccato. E oggi sono molto felice di essere riuscita, nonostante tutto, a vincere la mia partita». Una gioia da gustare, almeno per il momento, a piede libero.

Casey Dellacqua, la nuova speranza del tennis made in Australia
MatchPoint
http://www.mpmtennis.com/index.

Segnatevi questo nome, Casey Dellacqua. Perché? Diciamo soltanto che sembra proprio lei, 22enne australiana di chiare origini italiane, la “prescelta” che farà tornare a splendere il sole sul tennis femminile della terra dei canguri dopo il periodo piuttosto difficile, culminato ieri con l’annuncio del ritiro dalle scene della veterana Nicole Pratt, che ha visto Alicia Molik combattere in continuazione con una moltitudine biblica di problemi fisici e poi l’ex-numero 1 del doppio Samantha Stosur costretta a uno stop forzato per infortunio al piede sinistro. La Dellacqua ha infatti raggiunto il terzo turno del primo Grand Slam della stagione sbarazzandosi con fare da veterana della sempre ostica Patty Schnyder E pensare che fino alla vittoria nel primo turno degli Australian Open, avvenuta appena due giorni, fa la ragazzina di Perth, 1 metro e 65 centimetri per 68 kg di peso, non aveva neanche un contratto di endorsement nonostante le 11 vittorie messe a segno nel circuito ITF tra il 2003 e il 2007. “Poi la Nike mi ha contattato tramite la Federazione Tennis Australiana per incontrarmi”, ha raccontato Casey quasi incredula di raccontare un simile aneddoto, lei che è sempre stata abituata a comprare e a lavare le proprie divise. “Vi basti sapere che sono tornata indietro con una borsa piena zeppa di roba tra completini e accessori… Appena l’ho aperta ho chiamato mio padre chiedendogli aiuto per portare tutto a Perth. E poi ho scoperto che puoi utilizzare la lavanderia del torneo se vai avanti in uno Slam… Sì, affrontare il mio lavoro con qualche comfort in più fa davvero piacere”.

E’ sempre Venus-Serena Un duello su tutti i fronti

(Serena: “sul campo ho paura solo di mia sorella”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 16-01-08

Di numero, non sono le prime 2 degli Australian Open. Ma come 7 e 8 del tabellone, Serena e Venus Williams potrebbero ritrovarsi di fronte in partita, dopo tre anni, soltanto in finale. Intanto duellano in personalità. Anche se la maggiore delle sorelle afro-americane più famose dello sport, la 27enne Venus, giura: «Non litighiamo mai», e la 26enne Serena, rivela: «La mia maggiore preoccupazione per il titolo è Venus, rimanda ogni palla». Ma la competizione interna si legge a Melbourne: dai completini alla condizione atletica, all’abbondante e brillantissima gioielleria. In attesa del ritorno in doppio, qui, insieme, verso l’Olimpiade a Pechino.…….. Serena, che ha il fisico di mamma Oracene, ha sempre invidiato a Venus la silhouette, tutta di papa Richard, «Il corpo non mi permette niente, non è pronto a niente, il mio peggior vizio è sapere che posso vincere anche senza essere in forma, ma stavolta mi sono allenata». Infatti, rispetto a un anno fa, è dimagrita almeno 6 chili. «Da un po’ non stavo così. Il segreto? Nel prossimo blog». Quanti sacrifici ha fatto, povera Serenona? Quanto ha sofferto per quelle foto in imbarazzante bikini di 12 mesi fa? Top secret: «Non sono mai stata più felice, sono sempre contenta e sorridente. Ho messo Serena come A, ed A viene prima di tutto, anche delle vacanze. Quelle foto sono molto vecchie». …….Venus invidia a Serena la cattiveria agonistica, che l’ha portata a vincere ben 5 derby in famiglia in 5 finali dello Slam, anche se il bilancio è 7-7. Le invidia quel primo urrah agli Us Open’ 99 (dopo l’ultima nera, Althea Gibson, nel ‘58), le invidia rimonte in partita e ritorni alle gare, e le invidia l’en plein nello Slam, con gli 8 Oscar. Risultato che vorrebbe avvicinare, aggiungendo un primo Melbourne ai 4 Wimbledon e ai 2 Us Open, per toccare quota 7. «Finalmente il fisico è a posto. Cerco di superare il miglior risultato qui: sono stata vicina a vincere il torneo…». Spingendosi l’un l’altra, Serena ha scavalcato Venus, e Venus ha superato infortuni e paure; nel gennaio 2007, Serena è tornata regina di uno Slam, proprio qui a Melboume, dopo 2 anni a bocca asciutta (non testa di serie e appena 81 del mondo: record, 31 anni dopo Evonne Goolagong), e Venus l’ha imitata a Wimbledon, anche lei due anni dopo l’ultimo successo, battendo il record di regina meno favorita (n. 31 Wta, 23 del tabellone) e nel suo torneo più vincente. …. Venus s’è appena diplomata in architettura degli interni, ha la «V Starr Interiors» a Palm Beach Gardens e Jupiter, in Florida, e disegna una linea di borse e cinture: per la neonata EleVen. Serena non poteva restare indietro e ha lanciato una linea d’abbigliamento, Aneres (il suo nome al contrario), e fa da modella anche ai costumi. Venus è impegnata con il golfista Hank Kuehne: quell’anello significa fidanzamento ufficiale? «Macché, lo porto da 4 anni». Serena è stata in spiaggia con l’attore Jackie Long: è lui che le ha spezzato il cuore come ha svelato sul blog?

Hewitt compra un gesto svedese e vince

(Meglio il vicht di Hewitt o la linguaccia di Del Piero)

Daniele Azzolini, tuttosport del 16-01-08


MELBOURNE. Il vicht, una leggenda. Termine arcaico, probabilmente viking. Si sa che cosa sia, meno a cosa serva. Eppure, un vicht fa sempre bene. «Il mio miglior passo d’avvio in un torneo dello Slam merita un vicht», declama LJeyton Hewitt. Ed eccolo che spunta, il vicht, a conclusione dell’incontro con il belga Steve Darcis, a sottolineare come tutto proceda per il verso giusto, secondo quel “progetto” di cui l’australiano molto parla da qualche tempo a questa parte. Si è messo in testa, Lleyton, la meravigliosa idea di riprendersi il podio tennistico che ha frequentato come capo: classe dal novembre 2001 al giugno 2003 e ha abbandonato da numero 3 nell’ottobre 2005. I suoi anni dorati. Ha chiesto aiuto a Roche, è tornato ad urlare i suoi c’mon, si è allenato con la boxe, e alla fine ha pure acquistato i diritti mondiali sul vicht. E questa, ci crediate o no, è diventata la storia del giorno. Strana storia, in effetti. Quasi ai confini della realtà, ma a suo modo moderna. Gira intorno al nulla, infatti, ma si colora di toni e discussioni persine polemici. Per apprezzarla, però, occorre sapere almeno cosa diamine sia il vicht. Il vicht Bene, è un gesto e niente più. Augurale di sicuro, ma il significato preciso non è così chiaro. Si uniscono le dita a becco d’anatra, e si puntano verso il proprio volto. Indica un cerchio che si chiude, e per questo funziona assai bene a condimento delle vittorie. Quasi uno guardasse negli occhi una proiezione di se stesso. Visto come sono stato bravo? In Svezia ha assunto un significato più comune. Sta per “sicuro”, “logico”. Ma che cosa c’entra la Svezia in tutto questo? C’entra perché il vicht giunge nello sport attraverso due tennisti svedesi, Niklas Kroon e Mats Wilander. Via via altri se ne impossessarono, ma Kroon decise di apporvi il copyright, come se Del Piero acquistasse i diritti della linguaccia che sfodera nei momenti più belli. Se sia o meno un’esagerazione, a voi la scelta, la storia continua perché Kroon ha dimenticato quest’anno di rinnovare i diritti, e LJeyton Hewitt glieli ha soffiati. Ora, il titolare del vicht è l’australiano e Kroon se l’è presa: «Era mio, avrebbe dovuto chiedermelo. C’è gente che per il business è pronta a tutto», il vicht diventerà presto una griffe, ma per sostenere il lancio occorrono le vittorie di Hewitt…. «Mi sto ritrovando, stare ai margini del tennis che conta non fa per me. Voglio tornare a sfidare i più forti e a batterli. Avere Tony Roche dalla mia parte è fondamentale. Essermi preparato boxando mi ha fatto conoscere meglio le qualità del mio fisico. Ho cambiato gioco. Ora aggredisco di più». E travolge Darcis. Azzurri. I nostri chiudono il 1° turno con altre tre promozioni (sono 6 in tutto). Vince Bolelli, al debutto: 5 set con lo statunitense di origini indiane Ram. «Sfido Djokovic, e non ho niente da perdere. Spero mi mettano sul Centrale, ho fretta di conoscere e imparare». Vincono Garbin e Camerin, escono Roberta Vinci e Fabio Fognini. Perde pure Volandri, che ha cambiato daccapo il servizio. «Fra i tanti, questo mi da maggiore stabilità». Servirà sul rosso. Per ora, Filo si piega a Grosjean, lottando. «Ma riuscirò a vincere anche sul veloce, diventa sempre più difficile mantenere una buona classifica solo su terrà». Speriamo l’abbia capito.

Dal Web
Avviso ai naviganti: è aperto il Museo del Tennis
TennisItaliano
http://www.tennisitaliano.it/edisport/tennis/Notizie.nsf/

Dopo il blog di Jacopo Lo Monaco, che dati alla mano ha già fatto il “botto”, una nuova chicca per tutti gli appassionati e per i nostri fedeli internauti. Si tratta del Museo del Tennis, un salone on-line che si divide in molte stanze, ognuna contiene al suo interno degli oggetti da vedere, oggetti che hanno fatto la storia del nostro sport, fin dai tempi in cui nemmeno si chiamava tennis A curare la prima “apertura” del Museo è stato Beppe Russotto, uno dei più esperti in materia di memorabilia del Bel Paese. Uno, per intenderci, che ha pubblicato libri e che ha allestito mostre a tema. Russotto, che mensilmente sulla nostra rivista presenta varie sezioni di oggetti da custodire nella rubrica “Collezionismo”, ha compiuto uno straordinario lavoro filologico, nonché di reperimento di materiali e di catalogazione. Una categorizzazione che non lascia nulla al caso, dalla data cui risalgono le racchette, alle misure delle cartoline. Tutto insomma. In conclusione, una tappa obbligata: un museo da visitare assolutamente, e non c’è nemmeno da fare la fila alla cassa né pagare il biglietto…
Il tennis copia il calcio.
La Stampa
http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/rubricahome.asp?ID_blog=119

L’Italia ripete se stessa Urla, canti osceni, il gioco che si ferma per lunghi minuti. Il finalista del 2007, Fernando Gonzalez, che guarda scuotendo la testa un angolo delle tribune, l’unico non presidiato dai suoi connazionali. La Polizia costretta intervenire nella Margaret Court Arena, durante il secondo set del match fra il campione cileno e il greco Economidis, per calmare e in qualche caso espellere a forza di spruzzi di gas urticante un gruppo di tifosi ellenici. Maglietta della nazionale stirata sulle panze, iracondi, fuori controllo, gli ultrà avevano sorpassato il limite del tifo calcistico, sforando nel territorio spesso estremo di quello pallonaro, da cui probabilmente provengono. “Mai visto nulla di simile su un campo di tennis”, ha dichiarato sconcertato, e anche un po’ disgustato Stephen Butterick, produttore della BBC. E’ vero, il torneo alla fine si è fermato solo per pochi minuti, e su un campo solo. Ma la beceraggine c’è, aumenta. Intendiamoci, nel tennis, lo sport del silenzio e del fair-play, inutile negarlo, c’è sempre stata, specie in Coppa Davis, sfogo nazionalistico di uno sport che prevede per il resto solo ideali e destini individuali. A Melbourne poi, per lo Slam vacanziero, la terra franca australe, sono sempre arrivate frotte di tifosi variopinti e vocianti. Solo che un tempo i più casinisti erano gli svedesi, con gli elmetti cornuti e i canti ritmati. Un po’ molesti, ma sopportabili. Ora che i vikinghi con la racchetta non la prendono più; ora che la globalizzazione e la modernità hanno creato nuove patrie in cerca di identità – Croazia e Serbia, appunto –, o nuove coscienze etniche fra gli emigranti non più in sofferenza economica (i greci, che a Melbourne sono una nazione), l’ora d’aria è degenerata. Il tennis rischia di scivolare dunque verso la barbarie calcistica? Non credo. Non a breve tempo, almeno. Gli anticorpi sono forti. Ma i segnali sono preoccupanti. E molto fastidiosi. Poscritto sulla giornata. Impressionante ma poco impegnato Federer, strabiliante come al solito Santoro, che ha rotto contro il giovine gigante Isner il record di Slam giocati in carriera, 62. Bellissima Venus, con la sua gioielleria da diva e i pantaloncini micro da pin-up nera. Bene Garbin e Camerin, male la Vinci, male Fognini. Che ha perso al quinto contro il battibilissimo Russell, riscattandosi in parte con un lucido esame di coscienza in conferenza stampa. Dimostrando intelligenza, e una maturità che preme sotto un caratterino bizzoso. Ammettendo soprattutto con coraggio i limiti di un ambiente – quello tennistico italiano - che perservera in errori antichi. “E’ colpa nostra – ha detto il bel Fabio, l’Alain Delon del nostro tennis – Della nostra mentalità pigra e poco reattiva. Dai coach ai giocatori, siamo un po’ tutti così, rifiutiamo certe fatiche, anche mentali, e perdiamo tempo”. Riconoscere il problema, a volte, è già risolverlo per metà.

Clamoroso: al Capri Sport sbarca Baghdatis
La Stampa
http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/tennis

Il campione cipriota, numero 16 del mondo, affiancherà Volandri e Starace
Colpo di mercato del Capri Sport due volte campione d’Italia di tennis. La società isolana ha tesserato il fuoriclasse cipriota Marcos Baghdatis, numero 16 delle classifiche mondiali Atp, per la prossima stagione di serie A. Lo avevamo promesso agli appassionati e ai nostri tifosi: c’era l’esigenza di completare l’organico già entro gennaio per non offrire vantaggi ai club rivali - ha spiegato il presidente caprese Roberto Russo -. Baghdatis è un grande tennista e anche uno splendido personaggio. Schierando la formazione migliore potremo avere in campo insieme Baghdatis, Starace, Volandri e Sanguinetti. Non si è mai vista una squadra così forte nella storia della serie A italiana.

Non chiamatela più Serenona

(I dubbi di una presunta liposuzione aleggiano sulla Williams junior)

Gianni Clerici, la repubblica del 15-01-08

Melbourne - «Liposuzione?». Lo sguardo di Serena trafigge il malcapitato scriba aussie, un tipo non addetto ai lavori, una giovinastro da tabloid. Assume un atteggiamento ufficiale, sorta di Hillary Clinton nera, e «per tutto quanto riguarda gli aspetti estranei al match di oggi, potete rivolgervi al mio blog». Più della metà dei presentì, con evidenza disinteressati al tennis, non trova il coraggio di alzarsi e allontanarsi dalla corte di fotografi che mitragliano la ex-Serenona. Ex, dico, in quanto la nuova versione della Williams jr. pare veramente uscita dal laboratorio del Dottor Ivo Pitangy: anche se gli intimi garantiscono che non di liposuzione, non di bisturi si tratti, ma della rinnovata intenzione di assumere il tennis quale attività precipua, più impegnata delle soap opera, e anche del design griffato Aneres, che sarebbe poi Serena letto a rovescio. Un completo oggi incredibilmente sobrio, sorta di grembiulino bianco dell’asilo, su due elastici calzoncini-mutanda color fucsia, ton su ton con la fascia stretta intorno alla fronte. Giusto un anno fa, mi ero recato con qualche speranza sul campo in cui, ad affrontare Serena, al posto della Gajdosova di oggi, c’era la nostra Mara Santangelo. Veniva, Serena, da una stagione di incidenti, ginocchio, caviglia, soltanto quattro tornei portati a termine, tanto da finire incredibilmente al numero cento-quaranta, e non solo: nel primo torneino di allenamento, avanti l’Open di qui, a Hobart, era stata battuta da una ballerina di terza fila, Sybille Bammer. A vederla, quella Serena là, pareva una lontana parente del fenomeno in grado di strappare sette Grandi Slam. Una fotocopia della sua mammona, incapace di impegnarsi in vacillanti corsette, tutta inclinata in avanti causa le straripanti ghiandole mammarie. E invece, dopo aver sommerso la nostra povera Mara, Serena avrebbe dilagato, sino a crocifiggere in finale una Sharapova avvilita sino alla lacrime. Quell’inatteso ritorno, pieno di voglia non sostenuta da una adeguata preparazione, avrebbe condotto Serena ad una annata certo più adeguata al suo talento, ma trapunta di ferite - dal ginocchio, agli adduttori, a un alluce - che le avrebbe probabil¬mente negato Wirnbledon. Un anno che la mia amica Martina Navratilova, molto meno distratta dalla vita extratennis, avrebbe commentato: «Sarebbe la prima, non si facesse sempre male». Sfioro le parti in ferro del computer, per augurare alla ex-Serenona una stagione simile a quelle dell’avvio, i tre Slam del 2002, i due Slam del 2003. I tempi in cui papa Williams pareva un veggente, a sentirlo ripetere che il tennis era ormai un affare di famiglia, Serena contro Venus e basta là. Dopo la caduta della mamma su un gomito del Macho Richard, Serena e Venus si sono schierate con mammà, pur senza abbandonare del tutto il procreatore. Qui, in Australia, il loro lancia-palle ufficiale, Mark Hlawaty, ingaggiato per la quinta stagione, afferma di non averla vista mai in una condizione analoga. Ed è la stessa Serena a far notare, quasi sorpresa, di non aver smarrito altro che una partita, una sola, dal 2003, in questo torneo che meglio non potrebbe riuscirle. Un ritorno, insomma, che meritava, credo, la mia attenzione. Non meno, forse, di quello di Lindsay Davenport, felice mamma di Jagger, un bel paciocco di sette mesi. E tuttavia capace di uscire da una buca ventosa contro una nostra nuova a ammirevole tennista, Sara Errani da Bologna, giunta a condurre quattro a due nel set decisivo, prima di subire lo stizzito ritorno di mamma Giunone.
Regine di denari subito nemiche

(Affascinante sfida tra mamma Davenport e miss Sharapova con la russa che guadagna in sponsor quello che la prima ha guadagnato in tutta la carriera sul campo)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 15-01-08

Sara Errani, una ventenne bolognese, 164 centimetri di grinta, ha cercato di sfilare il malloppo dalle mani di Lindsay Davenport, la lungona del circuito (1.89 l’altezza ufficiale). L’emiliana, che da quattro anni si allena a Valencia assieme a David Ferrer e Igor Andreev, è andata su fino a condurre 4-2 nel terzo set, poi l’altra ha lasciato in panchina il dolce volto di mamma felice ed è tornata a picchiare duro come solo lei sa fare. Impresa sfiorata. Brava l’azzurra, ma l’americana è ancora troppo forte. «Per ora va bene così, ma in futuro voglio un posto tra le prime dieci», ha commentato la bolognese, che spera di andare all’Olimpiade di Pechino e che quasi sicuramente esordirà in Fed Cup contro la Spagna (2-3 febbraio, a Napoli). Lindsay ha passato il turno, ha guadagnato 25.284 dollari e con quelli è diventata la tennista che ha vinto di più nella storia del prize money della Wta. In totale 21.897.501$. Ha cominciato con un assegno alla “Evert Cup” di Indian Wells nel 1993, ha festeggiato il primo milione al Pan Pacific 1995, i 10 milioni a Scottsdale 2000 ed i 20 a Wimbledon 2005. Più di Mattina Navratiloya, più di Steffi Graf. Un altro traguardo importante per questa fantastica ragazza di 31 anni, che viaggia con il figlio di sette mesi, la baby sitter e il personal trainer al seguito. E’ tornata a giocare tre mesi dopo aver partorito il piccolo Jagger. Da allora, era il settembre 2007, ha disputato 20 partite: persa la prima, ha messo in fila 19 vittorie consecutive e tre tornei. Fuori dal giro di foto da calendari per uomini soli, Lindsay Davenport ha ormai dimenticato quei maleducati compagni di scuola che la chiamavano cicciona e ridevano di lei. Oggi, più magra di quanto si sia mai vista su un campo da tennis, è una donna serena. Non insegue le prime pagine, né interviste esclusive. Lei si diverte. E vince. Adesso il tabellone, figlio di un sorteggio che non poteva prendere in considerazione il suo numero 51 del mondo, la vede impegnata questa notte (ora italiana) contro la reginetta dell’immagine venduta a caro prezzo. Maria Sharapova, facile vincitrice della mancina Tosic, è 5 della Wta e, nonostante tutto, ha in comune qualcosa con la Davenport. I guadagni, tanto per cominciare. Ha appena firmato un contratto quadriennale on la Sony Ericsson. Mettendo assieme quelli già siglati con Colgate-Palmolive, Honda, Nike, Microsoft, Pepsi e Tag Heuer è stato calcolato che nel 2008 arriverà ad intascare circa 21 milioni di dollari. Nessuno nell’intero circuito (né uomini, né donne) riesce a fare tanto con gli sponsor. Altro elemento che le avvicina è il gioco. Due lottatrici dalla linea di fondo, grandi colpitrici, buon servizio. Maggiore tenuta mentale dell’americana, più freschezza atletica per la siberiana. La possibilità di battersi contro una che si muove sullo stesso schema tattico, ha consentito alla regina di ghiaccio di essere in vantaggio (4-1) negli scontri diretti con Lindsay. Maria non ha problemi con la sua immagine. A forza di guardarsi allo specchio avrà incrinato il vetro. Per quattro anni di fila è stata nominata “l’atleta più sensuale del mondo” dal mensile Maxim, ha posato in bikini per Sports Illustrated ed ha giocato una partita degli US Open 2006 con un vestito da sera che aveva 600 cristalli di Swarovski. Ispirato, ha detto, a Audrey Hepburn in “Colazione d Tiffany”. Altra classe la splendida Audrey. Lei a Pechino non ci sarà. Non ha giocato la FedCup, prima si è chiamata fuori, poi l’hanno fatta fuori. I Giochi cinesi dovrà guardarli in televisione e sprecare un’occasione del genere non deve essere stato piacevole. Per lei e per gli sponsor.

Dal Web

Pennetta e Schiavone ok Errani sfiora l’impresa

Gazzetta dello Sport


http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Tennis

Agli Australian Open esordio positivo per le due azzurre. Sara fa tremare la Davenport, che vincendo al terzo diventa la più ricca tennista della storia (quasi 22 milioni di dollari vinti). Bene Seppi, Murray battuto da Tsonga. Poteva essere Sara Errani la prima italiana a vincere un match all’Open d’Australia sulla nuova superficie in cemento denominata “plexicushion” e invece il curiosissimo record è andato a Flavia Pennetta. La brindisina, numero 37 del mondo, ha battuto in tre set (6-4 5-7 6-4) la slovacca Dominika Cibulkova (n° 48) GRINTA - “Ho lottato su tutte le palle - ha commentato Flavia al termine del match - soprattutto sul 4 pari del terzo set. Lì potevo anche perdere ma ho avuto il merito di rimanere concentrata su ogni punto avendo sempre tutto sotto controllo”. L’azzurra avrà ora un altro match abbordabile, dovendo affrontare la vincente della sfida in programma tra la statunitense Ashley Harkleroad e la francese Virginie Razzano. LINDSAY MILIONARIA - Sara Errani invece ha sfiorato la grande impresa contro l’ex numero 1 del mondo Lindsay Davenport, tornata alle gare nell’autunno scorso dopo la maternità. La ventenne di Massa Lombarda è stata avanti 4-2 nel corso del terzo set costringendo la Davenpot a dare il meglio per portare a casa la vittoria e l’ennesimo record di una carriera straordinaria. Con il successo ottenuto sulla Errani (6-2 3-6 7-5 in 2 ore e 19 minuti davanti ai 6 mila spettatori della Margaret Court Arena), Linday Davenport è diventata la più ricca tennista nella storia del tennis professionistico femminile, battendo il vecchio record stabilito a fine anni novanta da Steffi Graf (21.897.501 dollari il montepremi della statunitense, 2.224 dollari più di quanto raccolto della tedesca). “Un po’ di amaro in bocca rimane - ha raccontato la Errani in conferenza stampa - soprattutto per l’andamento del punteggio. Alla fine però lei ha meritato più di me e non ho niente da recriminare”. Ma il successo della Pennetta non è stato l’unico sorriso italiano nella prima giornata dell’Open d’Australia. Hanno infatti passato il turno anche Andreas Seppi e Francesca Schiavone. L’altoatesino ha battuto in tre set l’israeliano Harel Levy mettendo a segno un parziale di 18 game a 4 dopo essere stato sotto per 0-3 all’inizio dell’incontro. La milanese invece ha avuto la meglio in due set della francese Emile Loit. Fuori a sorpresa invece Karin Knapp, battuta per 8-6 al terzo dall’australiana Casey Dellacqua. Bene l’esordio della campionessa uscente Serena Williams (6-3 6-3 alla naturalizzata australiana Jarmila Gajdosova) e della numero 1 del mondo Justine Henin (6-2 6-2 alla giapponese Aiko Nakamura).
La stangata di Tsonga, beffato Murray

Matchpoint

http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1299

Si chiama Jo-Wilfried Tsonga, ha 22 anni ed è la prima grande sorpresa degli Australian Open 2008. La sua vittoria nel primo turno dello Slam della terra dei canguri sul favorito Andy Murray, n.9 del seeding e fresco campione dell’ATP di Doha, se da una parte ha spezzato il cuore ai tifosi britannici dall’altra è stata accolta con grande entusiasmo da tutto il pubblico presente sulla Rod Laver Arena, ben felice di aver scoperto un nuovo outsider per cui fare il tifo. “Non avrei potuto chiedere di meglio! La mia prima vittoria a Melbourne è arrivata sul campo centrale e contro una testa di serie, per giunta”, ha dichiarato entusiasta il tennista di origini congolesi attuale n.38 del mondo. “Comunque, non ce l’avrei fatta senza il supporto del pubblico. E’ stato incredibile e mi ha davvero aiutato”. “La ragione della mia sconfitta non ha niente a che fare con problemi fisici”, ha spiegato un tranquillo Murray dopo il match. “Anzi, a dir la verità penso di essere stato più fresco di lui all’inizio della quarta partita. Tutto si è deciso in pochissimi punti e su alcune cattive decisioni che ho preso in campo”.
Sara Errani sfiora l’impresa. Pennetta, Seppi e Schiavone convincono

Matchpoint

http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1298

“E’ stato il match più impegnativo da quando sono tornata in attività e lei ha giocato benissimo, mettendomi sempre in difficoltà nel colpire la palla”. Parola di Lindsay Davenport che al debutto negli Australian Open se l’è vista davvero brutta contro l’azzurra Sara Errani prima di riuscire a superarla in tre set, per 62 36 75. La 20enne di Massa Lombarda, al terzo tentativo contro la statunitense negli ultimi quattro tornei disputati, le ha provate tutte per spuntarla ma alla fine l’esperienza e il potente tennis della super-mamma Lindsay hanno avuto la meglio.”Questa volta però non mi rimprovero nulla perché ho giocato davvero bene, soprattutto dal secondo set in poi”, ha commentato la bionda Sara, uno ’scricciolo’ di un metro e 64 centimetri pieno di grinta e vitalità. “Le prime due volte mi ha battuto senza concedermi chance e invece oggi sono stata capace di confrontarmi con lei alla pari. E’ una bella soddisfazione anche se l’amaro in bocca resta se guardo il punteggio… ero così vicina a farcela”. Poco male, le basi per costruire una buona stagione ci sono tutte E poi la nostra è una che non si accontenta, una che si pone degli obiettivi ambiziosi per migliorare costantemente. “Quest’anno vorrei partecipare alle Olimpiadi e più in generale punto a entrare tra le prime dieci. Non so quando e so di non avere le doti fisiche delle attuali top ten ma è ovvio che se mi alleno tutti i giorni duramente è per raggiungere i miei obiettivi”. La brindisina ha sconfitto la slovacca Cibulkova per 64 57 64 mettendo in mostra un gioco convincente e una buona condizione fisica. “Non è stata una bella partita perché abbiamo entrambe commesso molti errori ma ho lottato fino alla fine e ho portato a casa il match” La Schiavone ha invece avuto meno problemi e ha chiuso la gara con Emilie Loit in due set (63 76). “Ora mi piaccio di più. E faccio la vanitosa davanti allo specchio!”, ha detto la Leonessa con un sorriso. “Scherzi a parte, mi sento migliorata rispetto all’anno passato”. Ottima anche la prova del 23enne di Bolzano che ha spazzato via per 64 62 61 il malcapitato Levy “Devo trovare continuità ma sono contento del mio livello. Mi sento in grado di poter affrontare tennisti di diverso livello”, ha dichiarato dell’attuale n. 48 ATP che al secondo turno dovrà vedersela con il russo Youzhny, mattatore di un certo Rafael Nadal nella finale del torneo di Chennai.

Serena e Justine a segno. Jelena arranca ma non molla

Matchpoint

http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1297

Sgargianti fuseaux viola nascosti sotto un candido vestitino senza maniche. E, soprattutto, qualche chilo di meno e tanta voglia di tennis in più. Così la campionessa in carica Serena Williams è entrata nella Rod laver Arena per il primo match degli Australian Open 2008 ed era tanto tempo che non la vedevamo così in forma. “E’ splendido essere tornata”, ha ammesso l’attuale n.7 del ranking WTA. “Non mi sono mai sentita così felice e tornare in Australia è semplicemente grandioso. Mi è sempre piaciuto giocare al caldo e sul sintetico. E poi adoro il colore blu della nuova superficie di quest’anno”. Le pene amorose risalenti all’anno passato sembrano dimenticate e ora, in campo, c’è posto solo per la concentrazione. “Per prima cosa vorrei difendere il titolo vinto qui l’anno passato e poi vorrei tornare al numero 1, Justine Henin permettendo”. Assente da un anno dai campi di Melbourne Park, la belga numero 1 del mondo è scesa in campo subito dopo la statunitense e ha fatto capire immediatamente che sarà proprio lei l’avversaria da battere in questo torneo dando vita a una partita a senso unico contro la Nakamura. L’incontro con la giapponese è stato archiviato con un secco 62 62 da Justine che, sembra pronta a ripetere l’impresa messa a segno nel 2007. “La scorsa stagione è stata incredibile, la migliore della mia carriera, ma ogni anno è diverso dall’altro quindi non posso fare altro che continuare ad allenarmi e a giocare un match dopo l’altro dando il massimo in ogni singolo momento”, ha commentato la Henin dopo il match. Se la mattinata di Serena e Justine è stata una passeggiata, Jelena Jankovic non ha potuto dire altrettanto. La serba n. 3 del mondo ha dovuto affrontare una maratona di 3 ore e 15 minuti prima battere Tamira Paszek, per 12 giochi a 10 al terzo. “Non volevo mollare. Sapevo solo questo. E alla fine ce l’ho fatta”, ha detto la bella Jelena. “E’ vero, ho giocato male e ho avuto molti problemi nel trovare il mio ritmo ma una vittoria è una vittoria”.

A. Open 2008: la prima giornata

Tennis Italiano

http://www.tennisitaliano.it/edisport/tennis/

Che nottata, la prima nottata. Vissuta sul filo del rasoio, anche per gli azzurri. Tolto il buon Seppi che ha vinto senza troppo faticare con l’israeliano Levy, gli altri, anzi le altre, hanno lottato, sudato e combattuto. Cominciando da Sara Errani, che alla mano beffarda di chi l’ha sorteggiata ancora con Lindsay Davenport (la seconda volta nel 2008, la quarta in pochi mesi) ha risposto con una partita maiuscola, peccato che al fotofinish l’abbia spuntata di un soffio Big Mama Lindsay. E anche se Sara non è il tipo da accettare la pacca sulle spalle e i complimenti a fronte di una sconfitta, è giusto comunque farglieli. Altro match sul filo quello di Karin Knapp che ha ceduto al terzo set alla “padrona di casa” Dellacqua, ventiduenne numero 78 del ranking. Una sconfitta spiegabile in parte con la maggiore abitudine alle temperature australiane di Casey, mentre la “nostra”, altoatesina nel nome e nelle caratteristiche, arriva da un brutto colpo di calore imputabile sempre al solleone australiano. Altro match lungo lungo e duro duro quello di Flavia Pennetta, costretta al terzo set per battere la slovacca Cibulkova. In mattinata ha bisogno del tie-break (ma “solo” del secondo set) Francesca Schiavone che con lo score di 6-3 7-6 si sbarazza al primo turno della francese Emilie Loit. Per concludere il breve sunto della parte rosa di queste prime ore di Oz Open restano da segnalare le passeggiate in salute di Henin (doppio 6-2 alla Morigami), Sharapova (6-4 6-3 alla Kostanic) e Serena Williams, che con l’anello di detentrice ha superato la Gojdosova con un duplice 6-3. Ha rischiato subito, prevedibilmente, Jelena Jankovic: solo 7-6 al Terzo, e in rimonta, contro la promettente austriaca Paszek dopo un primo set sconfortante.
Meno spunti li offre il draw maschile che ha visto in campo solo la parte bassa in questa domenica notte. Patriotticamente detto del più che autorevole Seppi, che lascia solo sette giochi all’israeliano Levy, resta il tonfo piuttosto rumoroso di Andy Murray (la cui vittoria a Doha ha illuso troppi nella vecchia Scozia) che comunque non ha perso da Mr Nessuno ma dal francese Tsonga. Vince e convince l’altro Andy, quello di un oceano più in là. Tre set senza intoppi e Roddick supera un Dlouhy, ceco di bandiera, che non rappresenta un gran coefficiente di difficoltà. In attesa che, nel nostro tardo matinée, scenda in campo Nadal contro Viktor Troicki (solo sei mesi fa appena in tabellone al challenger da 25.000$ all’Harbour Club di Milano), e che concluda le sue fatiche Carlos Moya alle prese con l’austriaco Stefan Koubek, la Spagna tira un sospiro di sollievo per Tommy Robredo che supera il tedesco Zverev solo 7-5 al Quinto e conferma la partenza imballata con un gennaio che se l’è preso subito per mano e se l’è trascinato fuori dai Top 10. Per il Migliore invece (Federer se la vedrà con l’argentino Hartfield) bisgona aspettare che cali la notte, la seconda degli Oz Open 2008.

Il Capodanno degli appassionati

Tennisteen

http://www.tennisteen.it/editoriali/scritti-da-marcos/il-capodanno-degli-appassionati.html

Il Capodanno si festeggia in quasi tutto il mondo il primo di Gennaio, con qualche eccezione degli appassionati di tennis coincide con la data d’inizio degli Australian Open. Dal 1987, quando si spostò definitivamente il torneo in Gennaio, in Italia si stappa lo spumante all’una di notte del lunedì di metà Gennaio. Fino a qualche anno fa, quando Tele+ e, poi, Sky trasmettevano gli incontri dall’Australia, il botto coincideva col coretto di Clerici e Tommasi, che, più o meno intonatamente, abbozzavano un BingoBongo indimenticabile. Considerato lo stile di Jacopo Lo Monaco di Eurosport, sarà molto difficile che ci delizi con qualche vecchio brano; noi, però, festeggiamo lo stesso. Quando penso alle prime edizioni a cui ho assistito, mi vengono in mente le vittorie dell’ordinatissimo Wilander, del meraviglioso Edberg, di Lendl, Becker e Courier. Ricordo l’elegantissima Mary Joe Fernandez e le geometrie variabili del gattone Mecir, impareggiabile Miroslavo. In alto i calici, dunque, cari appassionati: chiediamo al nuovo anno di iniziare maestosamente e di riempire i nostri cuori tennisti di preziose emozioni da serbare gelosamente insieme!

Disastro “Oceanico” per gli azzurri

Tennisteen

http://www.tennisteen.it/editoriali/

Ecco l’analisi del nostro editorialista Diego Stocchi sulla seconda settimana dell’anno tennistica con commenti e voti sui nostri giocatori. È già tempo di parlare della seconda settimana agonistica di questo 2008 e, purtroppo, dopo il trionfo di Cipolla nella prima settimana il bilancio non è dei più entusiasmanti. Il confronto fra la stessa settimana del 2007 è, perciò, il seguente: l’anno scorso 3 azzurri erano nei MD dei tornei atp e il bilancio fu di due primi turni e un secondo; quest’anno abbiamo “collezionato” un primo e un secondo turno. Nelle quali atp 2007 dei 3 ragazzi impegnati, 2 uscirono subito mentre Seppi fu eliminato al turno decisivo e poi ripescato; oggi, invece, dei 5 che hanno tentato la fortuna 3 sono subito usciti, uno è stato eliminato al secondo turno e un altro al terzo. Nelle quali degli aus open 2007, infine, ai nastri di partenza ci furono 8 azzurri dei quali 4 tornarono subito a casa, 3 uscirono al secondo turno e il solo Luzzi abbandonò i sogni di gloria nel turno di qualificazione; nel 2008 su 7 partecipanti abbiamo 2 eliminazioni al primo turno e ben 5 al secondo turno.

Australian Open, Nadal vince ma non convince, Moya ko

Pianetatennis

http://www.pianetatennis.it/index.php?option=com_content&task=view&id=5826&Itemid=32

Un Rafael Nadal decisamente poco brillante, in particolare nella prima metà del match, deve fare ricorso a tutta la sua combattività per uscire indenne da un match di primo turno che alla vigilia sembrava privo di insidie. Di fronte al qualificato serbo Victor Troicki invece, il tre volte campione di Parigi ha rischiato parecchio nella prima frazione, nella quale ha dovuto cancellare un set point, e nella seconda, dove era andato sotto di un break, prima di rimettersi in carreggiata e chiudere in scioltezza nel terzo set. Dopo la pesantissima sconfitta subita una settimana fa nella finale di Chennai da Youzhny anche a causa di qualche problema fisico, Nadal ha dimostrato ancora una volta tutte le sue difficoltà di adattamento a questa superficie. Nel prosieguo del torneo dovrà assolutamente alzare il suo livello di gioco cercando di essere più aggressivo e meno attendista. Il suo avversario odierno peraltro, anche se mai entrato tra i top 100 in carriera e alla prima apparizione nel main draw dell’Australian Open, aveva già creato non poche difficoltà allo stesso Federer nell’ottobre 2006 a Tokyo quando a livello di secondo turno si arrese solo in due tie-break. Sulla non facile strada verso la difesa del quarto di finale ottenuto in questo torneo nella scorsa edizione, Nadal non troverà il connazionale Carlos Moya (n. 16), battuto a sorpresa nella serata australiana sulla Margaret Court Arena da uno Stefan Koubek in forma smagliante in quattro set con il punteggio di 76(5) 67(2) 75 64.
Santoro, il vecchietto sulla strada di Federer

(Fabrice: “il mio record di partecipazione a 62 slam difficilmente Roger potrà cancellarlo”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 14-01-08

Comunque vada sta notte, contro l’ultimo pivot, il 2.06 John Isner, qui nell’esordio agli Australian Open a Melbourne, il «mago» Fabrice Santoro avrà stabilito il nuovo record di griglie di partenza nello Slam: 62, cancellando i 61 di Agassi. Con il bonus, magari, di un secondo turno contro Roger Pederer, che inségue invece i 14 trionfi Slam di Pete Sampras. Un record d’altri tempi in questo mondo del mordi e fuggi dove Superman Nadal sottolinea: «Ma perché vi stupite se il mio fisico a 21 anni è usurato? Gioco così da sempre, quella è la mia arma»………….E Comunque vada, a 35 anni compiuti il 9 dicembre, Santoro, ex talento giovanile e oggi il più anziano in circolazione, passerà alla storia. Unico bimane totale, grande difensore trasformato in geniale contrattaccante da papa Marcel, ex portiere nella serie B di calcio francese. Beniamino di grandi e piccini. «Comunque è l’unico record che posso togliere a Federer», sottolinea il francese dalla lingua lunga e dal carattere indomito, molto intelligente e anche molto furbo che, in doppio è arrivato al numero 6 del mondo e ha vinto anche 2 Australian Open (con Llodra), più due misti al Roland Garros (con Hantuchova), ma in singolare si è fermato al 17 del 6 agosto 2001: «Ho capito presto che non sarei mai diventato il numero uno e mai avrei vinto il Roland Garros». Il suo obiettivo, nel frastornare e addormentare il nemico con effetti sempre diversi e difficili, è diventato: «Giocare il più a lungo possibile a tennis. Un gioco, appunto, non la guerra». E quindi non muscoli, non centimetri, non strappi violenti, ma talento, tocco, e quella faccia un po’ così e quell’espressione un po’ così che hanno i prestigiatori nel far sparire 18 Roland Garros, 12 Wimbledon, 16 Us Open e 16 Australian Open. Qui nel caldo che ti da alla testa, dove, due anni fa, ha fissato nei quarti il primato personale nello Slam…..Roddick neppure si è scomposto: «Tanto vedrete che Federer gioca di sicuro». Courier ha fatto spallucce: «Che nessuno s’illuda, tanto rivince lui». Al re degli ultimi due anni a Melbourne, che ha nel mirino lo Slam numero 13, è andato solo storto un pollo, guastandogli la routine, cioè il test di Kooyong; «Due mesi senza giocare, d’accordo, ma mi è già successo, mi sono allenato molto bene in Dubai prima di venir qui, e mi considero a 100%. Gli ultimi giorni ho giocato dei set, il tennis ritorna molto in fretta»…….. I nuovi campi blu? Lo svizzero, al via contro l’argentino Hartfleld verso la finale consecutiva dello Slam numero 11, attacca: «La superficie è un po’ troppo lenta, come tutto, e ci sì lamenta del gioco da fondo… Non è bello cambiar campo negli Slam: non è più lo stesso torneo, qui l’hanno cambiato troppe volte, questo è meglio che se lo tengano così per i prossimi 50 anni». «Federer-Express» guarda molto più vicino: «Che anno eccitante, a marzo rigioco con Sampras, e al Garden di New York. Punto al Roland Garros, certo, che non ho mai vinto, ma il mio primo pensiero è Wimbledon, quindi il numero uno e l’Olimpiade. Tanti higlight, molti concentrati in pochi mesi, da Parigi a New York, da maggio a settembre. E c’è di mezzo anche il record di 14 Slam di Sampras…».
Vuoi battere Federer? Tienilo in campo

(Rafa scarica tutte le aspettative su Roger)

Daniele Azzolini, tuttosport del 14-01-08

MERLBOURNE. Immagine poco solenne, si dirà, quella del Re Tennista costretto da un virus intestinale su ben altro trono, certo di più umili e comuni frequentazioni. Non por niente Roger Federer si affretta a cancellarla dando le necessarie garanzie, ma non vi riesce del tutto, e forse non o così fosso da privarsi di un’utile scappatoia, nel caso i primi match di questi Australian Opcn si mettessero al brutto, «Non so cosa pensare», risponde a chi gli chiede quali siano le sue sensazioni, alla vigilia di uno Slam che avrebbe voluto preparare in tutt’altro modo. E’ la prima volta che Roger affronta il torneo senza un solo match nelle gambe. Due anni fa era a Doha, l’anno scorso si esibì nel Kooyong Classìe, quest’anno invece solo antibiotici . «Sto bene, ora. Ma devo fare; di necessità virtù. Cercherò di accorciare gli scambi, stare troppo a lungo in campo potrebbe crearmi dei problemi», ammette. L’avvio contro l’argentino Hartfìeld non è fra i più terribili, ma il proseguo con Isner o Santoro (secondo turno), Tipsarevie o Verdasco (terzo), prima degli ottavi contro Berdych o Monaco promette assai meno bene. Il caldo e i medicinali, la spossatezza e la scarsa preparazione, la nuova superficie dei campi («non mi sembra così veloce come dicono») e la pressione che lo segue ovunque («ma a quella se non altro ci sono abituato») potrebbero condensarsi in un frappe indigesto, ed è quello che Federer teme di più. «Se passo la prima settimana, vinco», pare abbia confessato agli amici. Ufficialmente si limita a sottolineare di essersi preparato benissimo nei giorni trascorsi a Dubai, dove ha acquistato un appartamento nel nuovo quartiere dei ricchi, nato sugli isolotti creati artificialmente. “Poi, le cose sono andate meno bene, ma mi sto riprendendo. Il servizio funziona”. Ne approfitta per concedersi a un pizzico di marketing. «Giocherò di nuovo contro Sampras, a marzo, sul campo del Madison Square Garden a New York. È stato lui a chiedermi un match negli Stati Uniti, Ho accettato, ormai siamo amici». A seguire con interesse tutto questo affaccendarsi intorno alla salute dì Federer, è Rafael Nadal, incuriosito (dice lui) dal fatto che il suo avversario non solo è quasi imbattibile ma quasi mai frequenta i dottori. «Il favorito è lui, anche se sta male», dice Rafa, contento di poter assegnare a Federer tutte le responsabilità. La voglia di essere protagonista sino in fondo, però, non la nega, lui che sul cemento degli Slam finora ha ottenuto ben poco (i quarti, al massimo, sia qui, sia agli Us Open). «Non mi sono mai preparato così bene», dice, tanto per mettere uno stop alle voci che lo danno con un ginocchio a pezzi.

Dal WEB

Serena ha un cuore: spezzato

Gazzetta dello sport:http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Tennis/

La più giovane delle Williams, che da lunedì sarà al via degli Australian Open per difendere il titolo, racconta sul suo sito le pene d’amore per un ragazzo che l’ha scaricata dicendole: “Ho bisogno di spazio”. Serena Williams ha il cuore spezzato e lo racconta lei stessa nel diario online che tiene sul suo sito. Una confessione strappalacrime in 600 parole nella quale la fortissima tennista rivela di essersi innamorata di un ragazzo che l’ha poi scaricata brutalmente, dicendole di aver bisogno “di più spazio”. Nel post dal titolo “Stand in these shoes (I’m sure u have before)” (mettetevi nei miei panni, sono sicura vi è già capitato…), la Williams rievoca ogni attimo della sua sfortunata storia d’amore. Finora l’americana, era sempre stata molto abbottonata sulle sue faccende private, ma evidentemente le pene d’amore patite per l’uomo misterioso (lei non lo cita, ma gli indizi porterebbero al musicista hip-hop Jackie Long, anche se a novembre la Williams era stata pizzicata dai paparazzi mano nella mano con il rapper Common) devono averla fatta sciogliere un pochino, tanto da farle ammettere che questo ragazzo è riuscito a conquistarle il cuore, malgrado fosse stata piantata in precedenza da un altro.“E poi un giorno succede quello che tu hai sempre temuto che prima o poi sarebbe capitato: lui smette di chiamarti. E quando lo fa, magari dopo una settimana di totale black-out, è solo per dirti che “ha bisogno di spazio”. Tu resti annichilita da queste parole e capisci il motivo per cui avevi tenuto il tuo cuore in una gabbia d’acciaio: per evitare di vivere ancora un giorno così. E alla fine arrivano anche le lacrime, che ti fanno sentire un po’ meglio, ma il dolore è così forte che ti penetra nell’anima”. “Alla fine, lo sai che ci riproverai ancora e che ritroverai le chiavi del tuo cuore - conclude la tennista –, ma sai anche che una parte di te continuerà a pensare: succederà di nuovo”.

Partite truccate nel WTA Tour? Parla Larry ScottMatchpointhttp://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1293News flash dalla WTA. Larry Scott, boss del circuito professionistico femminile, ha dichiarato che anche il tennis in rosa potrebbe essere nel mirino delle organizzazioni criminali che gestiscono le scommesse clandestine e in particolare della mafia russa. “Dobbiamo prepararci alla possibilità della presenza della mafia russa, anche se, al momento, non ne abbiamo le prove. Bisogna supporre che le persone che gestiscono il crimine organizzato possano tentare di trarre vantaggio dall’alterazione della competizione”.

Guru e pozioni, sette e amori

(La vera storia di Patty Schnyder in una biografia “interattiva”. Il Blog di Ubaldo come fonte di notizie di prim’ordine)

Claudia Fusani, Repubblica.it del 13-1-08

Ragni e insetti entrano e escono dalla casa in pietra, teschi affacciati alle finestre sfasciate. La scena è in bianco e nero, una casa di campagna, isolata, come colonna sonora quella specie di mantra affascinante e maledetto che accompagnava la serie tivù Twin Peaks. Di fianco alla casa c’è una ragazzina, è vestita da tennis, pantaloncini e maglietta, con una mano tiene una racchetta, con l’altra si regge la testa. La ragazza sembra disperata davanti a quella casa. Sa che ci deve entrare e il miglio bianco è un percorso lungo e faticoso, nella propria vita, negli affetti, negli angoli del cuore e dell’intimo. Poi però, sopra la casa, oltre il miglio bianco si alza un farfalla, anche lei di color azzurro, come la ragazzina. Assomiglia a una speranza. Il mondo del tennis ci ha abituato a storie di tutti i tipi, dentro e fuori dal campo: crisi, liti, scandali, doping, padri-padroni e allenatori-truffatori, campioni geniali e sregolati e resurrezioni da malattie che sembravano implacabili. John McEnroe e Pete Sampras, James Blake e Roger Federer, Jennifer Capriati e Martina Hingis, e tanti altri ancora, ognuno a suo modo ha scritto pagine intriganti di questo sport che resta il più difficile di tutti per il delicato equilibrio necessario tra testa e gambe, tra concentrazione e perfomance fisica. Quella di Patty Schnyder, però, 29 anni, oggi numero 15 del mondo ma a lungo nelle top ten, la più talentuosa mancina del circuito, è una di quelle più particolari. E ancora misteriosa. Si snoda tra due Rainer, un papà e una mamma forse un po’ troppo possessivi, porzioni di succo di arancio e altri ingredienti, Viasola system e altre medicine alternative. Soldi, tanti, e ovviamente sesso, o forse amore, plagi e presunti lavaggi del cervello.

“Tutta la verità nel libro”. Nel maggio 2007 agli Internazionali di Roma, arrivata in semi dopo aver sconfitto Serena Williams, rivelò al giornalista Ubaldo Scanagatta (sul blog Servizi vincenti): “Per tanti anni ho avuto molti problemi e ho dovuto combattere duramente. Ma ora mi sento bene, sono serena e concentrata sul tennis, ed è arrivato il tempo che io e Rainer (Hofmann, il marito ndr) scriviamo la storia di questi anni. Uscirà il mio libro e resterete tutti molto sorpresi nel leggere quanti problemi ho avuto. Ma troverete anche storie divertenti…”.

“The White Mile” uscirà a marzo. Annunciato ma poi scomparso dal tam tam mediatico, il libro biografia di Patty Schnyder è pronto e uscirà a marzo. Dovrebbe, sempre meglio usare il condizionale in questi casi. Di sicuro c’è già il titolo “The white mile”, venuto fuori da solo, perché, scrivono nella presentazione Patty Schnyder e Rainer Hofmann, anzi il signor e la signora Hofmann visto che sono marito e moglie dal dicembre 2003, “un miglio può essere lunghissimo specie se è bianco. E se all’inizio può sembrare tutto bianco, poi più scavi e più saltano fuori i colori. Molte cose restano nel buio, ma una volta scoperte sarete sorpresi dalla verità”. C’è la copertina - la casa diroccata, i ragni gli insetti e la bambina con la racchetta da tennis pensata e scelta da loro medesimi - perché “quella che andiamo a raccontare non è la storia di una pallina da tennis e di un volto sorridente”. E c’è un sito ( www.the-white-mile.net) che racconta il work in progress del libro. “Abbiamo creato questa pagina per coinvolgervi nel nostro viaggio. Un viaggio con molti bianchi e neri. Anche per questo abbiamo scelto una grafica così speciale, molto più vicina alla realtà di quello che possiate immaginare”. Nel libro, insistono, “troverete quella verità ancora non detta che dimostra di cosa gli uomini sono capaci se soldi e potere guidano la mente, se le vecchie tradizioni vengono tenute in vita e il tempo diventa qualcosa di veramente prezioso”.

Il primo Rainer. Il miglio bianco comincia quando Patty, mancina, a 17 anni, nel 1995, scala in pochi mesi 634 posizioni nella classifica Wta. Un fenomeno. Un cataclisma nella tranquilla famiglia Schnyder, il papà Willy, banchiere di Basilea, e la mamma Iris, casalinga, il fratello Danny, anche lui buon tennista. Nel 1998 Patty vince 5 tornei Wta ed entra nella top ten. Nel 1999 è la numero 9 del mondo. Se ne parla “poco”, forse anche perchè per il resto del mondo la giocatrice svizzera è un’altra, quella Martina Hingis di circa due anni più giovane che il 31 marzo 1997 diventa numero 1 del mondo.

E’ in quel preciso momento, estate 1998, che Patty - salda nella top ten, talento da vendere, un McEnroe femminile, la pressione che cresce secondo quel puntuale copione che scatta appena un giocatore diventa una macchina da soldi - incontra a bordo campo un tipo un po’ strano. Si chiama Rainer Harnecker, ha 42 anni, ed è una via di mezzo tra un guru e un fisioterapista, uno psicoanalista e un guaritore. Scriveva Robert Finn sul New York Times il 14 marzo 1999: “La principessa del tennis e il suo guru hanno scelto un tavolo al sole, consumano un pranzo a base fagioli, verdure e succhi di guava. Secondo il suo ex allenatore, il suo ex preparatore atletico e i suoi ex genitori (visto che l’hanno messa alla porta) la tennista ha subìto un lavaggio del cervello ed è stata virtualmente rapita. Rainer Harnecker, guaritore tedesco, è sotto inchiesta in Germania per aver praticato medicina alternativa senza le dovute autorizzazioni”. Secondo i diretti interessati, continua Finn, uno dei massimi esperti di tennis, “non c’è nessun lavaggio del cervello ma solo un incontro di menti dopo ore di conversazione e terapia fisica, e un legame tra atleta e allenatore che si è poi perso in territori romantici e ha preso il sopravvento su tutto il resto”.

Una biografia di oltre 400 pagine. Per farla breve - il libro supera le 400 pagine - in due anni di questo menage, a suon di spremute e altre bevande dalle proprietà curative straordinarie ed efficaci “contro il cancro e l’Aids secondo il metodo Viasola”, Patty deperisce a vista d’occhio e chiude il 2001 ben oltre la quarantesima posizione. Babbo e mamma Schnyder non hanno più rapporti con lei e, disperati, decidono di assoldare un investigatore privato per recuperare, prima che sia troppo tardi, la figlia. Nel circuito del tennis femminile la storia viene vissuta con apprensione e timore. Ma i dirigenti Wta non possono fare nulla a meno che non ci siano specifiche condanne a carico dei presunti allenatori. E così salta fuori dal cilindro un altro Rainer, il secondo nella vita di Patty. Questo si chiama Hofmann, è un investigatore privato, ex tecnico di computer, unica esperienza sportiva nel biliardo, con buoni contatti però con Scientology, gruppo religioso molto discusso e in Germania fuori legge. Insomma, sembra l’unica persona in grado di contattare Patty e farla rinsavire.

Il secondo Rainer. E così è visto che nel 2002 Patty molla Rainer I e però si fidanza con Rainer II. A questa eventualità Willy e Iris Schnyder non avevano pensato quando hanno assoldato her Hofmann. Cosa succeda realmente nel passagggio tra Rainer I e Rainer II lo racconterà nel dettaglio la biografia.

Sono cronaca gli anni di cause, tribunali, insulti, condanne - quella che subisce Hofmann per truffa alla Deutsche Telekom - e cause vinte, come quella contro i genitori di Patty a cui viene vietato di cercare la figlia, debiti sull’ordine di migliaia di franchi da pagare come quelli di Hofmann con la giustizia. A fine 2003 Patty e Rainer si sposano a Baden-Baden. Da allora sembrano inseparabili. Lui sempre a bordo campo, lei sorridente. Risale le classifiche e nel maggio 2005, sei anni e mezzo dopo la sua prima vita tennistica, torna tra le top ten, batte Maria Sharapova e Serena Williams, gioca il master di Madrid. Nel 2005 supera il muro dei 4 milioni di dollari vinti in carriera.

I passaggi chiave lungo il Miglio bianco. Quello che succede in quegli anni è il cuore del viaggio lungo “Il Miglio bianco”. I “passaggi chiave” sono cinque foto, altrettante immagini: Patty che vince, Patty che si allena, Patty che si sposa, un uomo dal volto seminascosto da un cappuccio, ancora Patty che gioca ma sullo sfondo ci sono immagini sfuocate, ombre, ricordi, animali preistorici. E’ un libro con molte immagini e un lungo lavoro di ricerca di foto e documenti e testimonianze. Alla fine, forse un’autoanalisi per uscire dal suo personalissimo tunnel. “Abbiamo cercato di essere il più rigorosi possibile, non abbiamo voluto scrivere solo una storia di moda e tendenza” scrivono nella prefazione Patty&Rainer.

La finale di uno slam. E’ il sogno di Patty tennista. L’uscita del libro, l’aver messo a posto ricordi e sensazioni, errori e decisioni, l’aiuterà a realizzarlo? Di sicuro l’uscita dell’autobiografia sarà per lei un ulteriore momento di crescita, di consapevolezza. Di serenità. Lunedì Patty Schnyder scenderà sul centrale di Melbourne contro l’americana Lilia Osterloh. E’ la numero 15 del seeding e della classifica Wta. Gli Australian Open sono la prima passerella tennistica dell’anno. Patty ha esordito nel 2008 al Gold Coast, sempre in Australia, arrivando in semifinale dove ha perso contro la cinese Li Na. Insomma c’è. Sempre lei, capelli ricci lunghi castani raccolti in una coda senza lacci e mollette, drop e lob, accelerazioni e angoli. Delizioso. Ha un gioco diverso da tutte le altre tenniste. Un po’ come la sua storia.

Mamma Davenport: “Figlio e carriera perché scegliere?”
La Stampa http://www.lastampa.it/sport/

Una madre lo sa. «È come se la gravidanza mi avesse dato dei poteri magici. A Bali è stato mio figlio a vincere il torneo per me. Lo terrò al mio fianco ogni volta che giocherò». Mamma Lindsay Davenport, adesso, lo sa. Nel 2006 aveva detto no mas, niente più tennis.. «Il tennis è stato una parte importante della mia vita», annunciò nel dicembre del 2006. «Ma adesso ho voglia di fare la madre e la moglie». Addio a tutti. Per sempre. Anzi, per un anno. Lindsay, la educatissima, intelligente, leale Lindsay, tennista e ragazza modello, dopo il rientro, nell’autunno 2007, di tornei per il momento ne ha divorati tre su quattro. Bali, , poi Quebec City e Auckland, giusto una settimana fa. Non sono Slam, certo, ma la striscia è impressionante. 18 vittorie in 19 partite, l’unica sconfitta a Pechino contro Jelena Jankovic, numero 4 del mondo. «Sono tornata - spiega - perché quest’anno ci sono le Olimpiadi, e io voglio andarci al secondo turno degli Australian Open, un torneo che ha già vinto otto anni fa, se tutto va come deve andare si troverà di fronte Maria Sharapova. Quasi stessa altezza, un paio di centimetri sotto l’1 e 90, ma venti in chili in più, 79 contro 59, per Lindsay. La mamma contro la pin-up, la trentunenne contro la ventenne.
La donnona dolce, zero glamour e tanto fosforo, contro la bionda un po’ spocchiosa che sogna di diventare Bond Girl e ammassa miliardi in sponsorizzazioni. Due ex numero uno. La Davenport ora è n. 51, Maria n. 5.a Davenport picchia di più, e con più raziocinio, Maria si nuove meglio. «All’inizio mi sentivo in colpa come tutte le madri che lavorano. Andavo ad allenarmi, e mi rimordeva la coscienza. La chiave sta nel trovare il giusto equilibrio. Mi sento bene, ho capito che avere un figlio non significa per forza dover abbandonare la carriera». Una madre lo sa.


Australian Open ai nastri di partenza
Matchpoint http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1294

Benvenuti nell’estate australiana, benvenuti a Melbourne dove il tennis diventa una grande festa alla quale vuole partecipare l’intera città, tanto che le principali strade sono letteralmente invase con i colori e i manifesti dell’Australian Open già da qualche settimana. Dopo le polemiche sul cambiamento di superficie dal Rebound Ace al Plexicushion, offrirà grande spettacolo sin dal tanto atteso ‘Day 1′
Rafael Nadal, n. 2 del seeding e uno dei principali favoriti per la vittoria finale anche se lui non la pensa così. “Quante volte lo devo dire? Il favorito numero uno è Roger”, ha dichiarato il gladiatore di Maiorca con un sorriso in conferenza stampa. “Gli basteranno un paio di match per trovare il ritmo ideale e dimenticarsi del virus che lo ha fatto stare male. Fidatevi”. Sui campi in sintetico di Melbourne Park saranno in gara anche 11 azzurri ma soltanto 5 di essi saranno in gara nella prima giornata..

Federer: attitudine, classe e onestà
Matchpoint http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1295

“La fiducia in me stesso? Non so dove sia in questo momento ma devo ammettere di aver giocato a ottimi livelli negli allenamenti a cui mi sono sottoposto a Dubai”. Alla vigilia degli Australian Open, Roger Federer si presenta così, con grande onestà e senza alcun match disputato in queste prime due settimane del 2008 a causa di un virus intestinale. “Sono stati dei giorni molto strani… la febbre che non scendeva dopo i primi tre giorni… Ma non ero preoccupato perché sapevo di avere tempo a sufficienza per recuperare e farmi trovare pronto per l’Australian Open. E ho avuto ragione perché, tutto sommato, sono soddisfatto della mia attuale forma fisica. Ho già ritrovato un buon ritmo negli scambi e mi muovo bene sul campo. “Alla pressione ci sono abituato - ma devo comunque averci a che fare. So bene che i primi incontri di uno Slam non sono mai facili perché tutti sono pronti a dare il massimo ma qui in Australia è un po’ diverso perché siamo proprio all’inizio della stagione, tutti hanno pochi match alle spalle e tanta voglia di fare”.
E Sampras? “Posso dire di essergli amico e che con lui realizzerò uno dei miei sogni: giocare al Madison Square Garden di New York.

Australian Open - Federer lotta contro se stesso
Eurosport http://it.eurosport.yahoo.com/

Nella notte tra domenica e lunedì prendono il via gli Australian Open, primo Slam del 2008. Da quando Federer ha iniziato a dominare il mondo del tennis, ogni volta che inizia una nuova stagione, l’interrogativo che puntualmente si pongono appassionati e addetti ai lavori è sempre lo stesso: riguarda le chance dello svizzero di conquistare il Grande Slam, o, per contro, l’eventualità che qualche tennista possa spezzarne l’egemonia sul veloce.
Limitandoci a una previsione di quel che potrebbe accadere nel primo Slam del 2008 non è un azzardo pronosticare per Federer una cavalcata trionfale simile a quella dello scorso anno, quando vinse a mani basse senza lasciare per strada un solo set.I rivali sono sempre gli stessi: a guardare la classifica, il più pericoloso è Nadal, C’è ovviamente Novak Djokovic, reduce da un 2007 ricco di Roddick a Melbourne vanta un curriculum di tutto, Safin è la solita incognita, che negli ultimi tempi è purtroppo diventata una certezza (in negativo). Nalbandian ha sconfitto Federer due volte nel finale della scorsa stagione, se saprà giocare come ha fatto nei Masters Series di Madrid e Parigi Bercy Capitolo italiani: anche qui, la domanda da porsi (purtroppo) è sempre la stessa: qualcuno tra gli azzurri saprà prolungare il soggiorno di Melbourne fino alla fatidica seconda settimana? Le speranze in tal senso sono affidate come al solito alle ragazze, ma il sorteggio non induce all’ottimismo
Pronto per un tiro mancino

(Rafa: “nella vita voglio essere felice anche senza il tennis”)

Lorenzo Cazzaniga, sport week del 12-01-08

Thomas Fabbiano è una delle migliori promesse del tennis azzurro. Lo scorso dicembre ha svernato in quel di Maiorca per allenarsi con Rafael Nadal: «Problemi fisici? Se quello sta male, gli altri cosa dovrebbero dire? Mai visto nessuno allenarsi con tanta intensità. Corre come uno sprinter di lusso». Sospiro di sollievo dopo la bomba fatta scoppiare dal Diario de Mallorca, che ha titolato: “La carriera di Rafael Nadal è a rischio”. Fosse stato un tabloid inglese, avremmo pensato alla classica boutade in un periodo privo di notizie agonistiche. Tuttavia, il giornale assicurava fonti quanto mai attendibili, addirittura la zio coach Toni, preoccupato dalle condizioni del piede sinistro di Rafa che già avevano messo in discussione la sua carriera nel 2005. La smentita è arrivata fulminea, per bocca del medico che l’ha avuto in cura, Angel Ruiz Cotorro: «Rafael ha sofferto duramente alla pianta del piede nel 2004, quando ha davvero rischiato di smettere col tennis. Ma da due anni tutti i problemi sono superati, come i suoi risultati dimostrano». E così la rincorsa a Roger Federer può continuare, a cominciare dall’Australìan Open ormai alle porte. Riparte la stagione e quindi la caccia a Federer: quanto crede di essergli vicino? «C’è stato un momento dove potevo raggiungerlo: bastava vincere Wimbledon! Mah, per adesso mi sembra lontano anni luce, però… un po’ meno rispetto alle stagioni precedenti. Io mi sono allenato sei ore al giorno per migliorarmi: vedremo se basterà». Quest’anno Federer ha perso due volte da lei, Canas e Nalbandian e una da Djokovic, Gonzalez e Volandri. Qualcuno ha parlato di crisi: lei se n’è accorto? «Una crisi davvero preoccupante! Ha vinto tre Slam, due Masters Séries, la Masters Cup e ha chiuso da numero uno la quarta stagione consecutiva. Solo a pensarci mi viene il mal di testa. Vorrei tanto essere in crisi come lui». Si riparte dall’Australia con l’incognita legata ai suo fisico dopo che sono uscite notizie preoccupanti: tutte infondate? «Assolutamente sì. Fisicamente mi sento in piena forma. Hanno scorso ho avuto solo un problema alle ginocchia ma sono infortuni normali per atleti del mio livello. Non sono per nulla d’accordo con quel che è stato scritto: io non ero presente all’intervista ma credo che le dichiarazioni di mio zio Toni siano state prese fuori dal contesto o che non si siano capiti bene». Diventare numero uno del Mondo è un obiettivo che rischia di trasformarsi in un’ossessione? «Niente rischia di diventare un’ossessione per me. Il vero obiettivo in questo momento è essere felice, che non vuol dire solo vincere a tennis. Da quel punto dì vista mi basterebbe essere un giocatore migliore di quello che sono stato fino ad ora. Se poi qualcun altro riesce a fare meglio, che ci posso fare?». Mai sperato che Federer non fosse mai nato? «Macché, tanto ci sarebbe stato qualcun altro al suo posto. Ogni epoca ha avuto i propri fenomeni. E comunque la soddisfazione di battere il più forte di tutti i tempi non ha paragoni». Pare che lei e Federer andiate molto d’accordo: ma si può essere amici del proprio rivale? «Amico è Tomeu (Salva Vidal, tennista professionista, ndr), con il quale sono cresciuto a Manacor. Con Federer c’è un buon rapporto: per intenderci, quando a Montreal ho avuto un problema con il volo mi ha ospitato sul suo aereo privato. Ma soprattutto discutiamo insieme se ci sono decisioni importanti da prendere». Come allearsi contro l’Atp e la sua rivoluzione del calendario 2009 che non vi trovava granché d’accordo? «Il presidente dell’Atp (Etienne De Villiers, ndr) sta cercando di rendere i tornei più spettacolari e questo va bene, ma non ci si può dimenticare della tradizione. Declassare tornei storici come Monte Carlo è sbagliato. Lo sport non può essere solo business. Insomma, se ho rispetto della tradizione io che ho 21 anni…». Non è dunque soddisfatto dell’operato dell’Atp? «Ogni volta che c’è un cambio ai vertici dell’Atp gli europei vengono sfavoriti rispetto agli americani, anche se da tanti anni siamo noi a dominare il circuito. Il problema è mettersi d’accordo tra noi giocatori perché ognuno pare avere interessi diversi». Doping e scommesse: che cosa rischia di fare più male al tennis? «Mah, secondo me il doping praticamente non esiste nel circuito. Sulle scommesse mi infastidiscono questi giocatori che tirano fuori adesso storie di due-tre anni fa. Ma perché all’epoca sono stati siiti? E poi mai nessuno che faccia un nome. Così è troppo facile». Mostra sempre una grinta, fuori dal comune: dote naturale o l’ha, acquisita cammin facendo? «E questione di educazione. Non credo che un bambino nasca grintoso e un altro senza voglia. Mi hanno sempre insegnato che per centrare un traguardo devi spingerti al limite. E poi c’è gente che ha pagato un biglietto: l’impegno è un dovere». Come fermarsi sotto la pioggia a firmare autografi dopo aver perso il terzo set (a Wìmbledon contro Soderling)? «Cosa è più bello, io che mi fermo a firmare qualche autografo o i ragazzini che corrono giù date tribune a chiedermelo? Non credo di meritarmi un premio per questo. Io lo chiamo semplicemente rispetto». Lei hi rischiato di fare il calciatore al posto del tennista. «E per fortuna ho scelto la racchetta! È stato normale visto che mio zio Miguel Angel ha giocato per anni nel Barcellona, anche se io sono un grande tifoso del Real Madrid». Suo zio Miguel Angel dice che lei era, Troppo individualista per il calcio: da ragazzina non gli chiedeva nulla delle sue partite, si fosse anche trattato della finale di coppa Campioni. «Lui esagera! Ero un ragazzino e ogni mia partita mi sembrava valesse una coppa dei Campioni. Ma io amo di più giocare per la squadra e in coppa Davis mi pare di averlo dimostrato». Nel 2005 ha rischiato di dover smettere a causa di un infortunio al piede: che sensazioni prova, a ricordare quei momenti? «Ho avuto tanta paura. Ricordo che me ne stavo a casa a piangere tutto il giorno. Pensavo che i sacrifici fatti fino a quel momento non sarebbero serviti a nulla. Ora invece mi basta prendere qualche precauzione e posso giocare tranquillo». Ma non si stanca mai di correre così tanto sul campo? «Beh, non è che i miei avversari giochino da fermi… Ogni tanto li faccio correre anch’io! Sto cercando di essere sempre più aggressivo col servizio, la risposta e di migliorare il gioco al volo. Ma se c’è da correre, se c’è da lottare, non mi tiro certo indietro».

Errani all’esame Davenport

(Anche nel primo slam del 2008 sarà molto difficile avere un nostro rappresentante la seconda settimana)

Piero Valesio, tuttosport del 12-01-08

Occorre essere realisti: anche nel primo Slam del 2008 sarà estremamente improbabile che l’Italia possa godere di un suo rappresentante nella seconda settimana di torneo. il sorteggio dell’Australian Open non è stato particolarmente favorevole nei nostri confronti e ci vorrebbe un exploit decisamente degno di tal termine per poter avere il pregio e il privilegio di vedere un italiano o un’italiana negli ottavi a Melbourne. Ma dato che sperare è un diritto inalienabile della persona e giocoforza dello sportivo vediamo quali potranno essere i cammini de nostri tennisti….. Volandri esordirà contro il francese Grosjean (in ripresa) e qualora riuscisse a vincere un match sul veloce (gli è successo una volta sola tra fine 2007 e inizio 2008) si troverebbe di fronte Ivan Ljubicic, in un match anteprima, sempre che Ljubo decida di giocare, del prossimo match di Davis. Fabio Fognini (al suo esordio nel tabellone principale di Melbourne) potrà giocarsela contro l’americano Russell ma poi avrà James Blake e il suo cammino dovrebbe finire lì. Come dovrebbe concludersi al secondo turno quello di Simone Bolelli che, superato un qualificato, si troverebbe di fronte Novak Djokovic. Il Seppi più conscio dei propri mezzi visto negli ultimi tempi ha nel mirino il terzo turno: dopo un qualificato avrà di fronte Youzhny sul cui livello di concentrazione non si può scommettere….Alla Errani è toccato il sorteggio peggiore: all’esor-dio si troverà di fronte Lindsay Davenport, colei che, reduce dalla vittoria in Nuova Zelanda, potrebbe essere la sorpresa del torneo e che l’ha già battuta due volte negli ultimi mesi, a Bali e Auckland. La Schiavone è finita dalla parte della Henin che potrebbe incontrare nel terzo turno se batterà all’esordio la francese Loit. Un po’ meglio il tabellone della Pennetta: «prima» con la Cibulkova (possibile), secondo turno contro la Razzano (idem) ed eventuale terzo contro la Jankovic che però non è in perfette condizioni fisiche. Gli altri primi incontri delle italiane: Garbin-Danilidou, Vinci-Ruano Pascual, Camerin-Wheeler.

DAL WEB

TENNIS, AUSTRALIAN OPEN F.: IL COMMENTO AL SORTEGGIO DI FLAVIA PENNETTA
Sportisland.net


(http://www.sportisland.net)

“A parte la Errani, che ha pescato la Davenport, il sorteggio del primo turno non è stato negativo”. Flavia Pennetta, reduce dalle semifinali a Hobart, commenta il tabellone degli Australian Open che cominciano lunedì. Per Flavia al primo turno c’è la diciottenne slovacca Dominika Cibulkova: “Conosco la mia avversaria, ci ho perso una volta ma poteva andare peggio. daniilidou, avversaria della Garbin. Ha vinto il torneo, gioca un bel tennis ma Tathiana è solida. Si difende molto bene anche l’australiana Casey Dellacqua, avversaria della Knapp, La velocità della palla della Schiavone è nettamente più alta di quella della francese Loit. per la Vinci dipende dal ginocchio a Camerin è più forte dell’australiana Wheeler


Lunedì via all’Australian Open

Corriere dello Sport

(http://www.corrieredellosport.it)

Pronti, quasi via. Primo atto degli Australian Open, canonico, i tanto attesi tabelloni, quelli che designano le strade che i protagonisti dovranno fare per arrivare alla tanto sospirata vittoria finale. Chi saranno gli «eredi» di Roger Federer e Serena Williams, trionfatori nel 2007? E fino a dove possono giungere i tanto bistrattati italiani? Analisi dei Tabelloni Maschili e Femminili e gli incontri degli italianiDa lunedì parola al campo.

Djokovic: “Sarò io il numero uno”
Skylife
(http://www.skylife.it)

Il serbo lancia la sfida a Federer: “La strada è lunga, ma lui non resterà primo per sempre”. L’ambizioso Novak - “Posso diventare il numero uno del mondo”. La stagione del tennis entra nel vivo e Novak Djokovic si candida al trono. Il serbo, numero tre del mondo, lancia la sfida a Roger Federer, dominatore del ranking, e allo spagnolo Rafael Nadal, fenomeno della terra rossa e rivale designato del fuoriclasse elvetico. “Tutti noi abbiamo obiettivi ambiziosi”,”Voglio concentrarmi sulla mia carriera e diventare il numero 1: so che la strada è lunga, perche’ Federer sta dominando. Roger, però, non starà lì per sempre… E poi nessuno è invincibile: io l’ho battuto, Nadal l’ha battuto e lo ha fatto anche Nalbandian”. nel 2008 giochero’ meno, pensero’ soprattutto ai tornei dello Slam e dei Masters Series per non sprecare energie”. Il numero 1 sarà suo: “Non se se tra 1, 5 o 10 anni”, dice lui. E se il primato non dovesse mai arrivare? “Se dovessi ritirarmi senza aver raggiunto questo traguardo non mi suiciderei. Bisogna anche saper apprezzare le piccole cose… Ho solo 20 anni e tutta la vita davanti”.

“Linea di fondo”, il blog di Jacopo Lo Monaco

Tennis italiano

(http://www.tennisitaliano.it)

Ready? Play. E’ cominciata un’altra partita, un’altra sfida per Tennisitaliano.it. E in campo per noi è sceso un giocatore d’eccezione, Jacopo Lo Monaco, prima voce del tennis su Eurosport nonché uno dei migliori e più preparati telecronisti di tennis. Parte oggi, “Linea di fondo”, il blog quotidiano che vi accompagnerà giorno per giorno (o notte per notte, visti gli imminenti Australian Open) lungo la stagione 2008 jacopo sarà sempre lì, a “remare” per tutto l’anno. Siamo solo al primo 15, il match è appena iniziato. Ma si profila emozionante, da non perdere insomma…
BTA…BBTC…VDM…No, non sono obbligazioni bancarie…
Diario Italiano di un vagabondo della racchetta

(Il “nostro” scrittore-viaggiatore ci racconta le ottime scuole tennis di Bologna, San Remo e Marengo)

Stefano Grazia, 0-15 di gennaio 2008

E dopo quelli Africani, Americani e Australiani continuo questa volta con un meno eclatante, dal punto di vista del titolo, ma non meno avventuroso, Diario Italiano… Il fatto é, e dovete capirmi, che mancavo dal suolo natio da quasi due anni e sono partito da Luanda pensando di farmi questa volta una bella vacanza in Italia, al seguito di mio figlio Nicholas, 10 anni, al quale avevamo designato una estate tutta incentrata sul tennis. A differenza degli altri anni infatti non avevamo previsto il solito viaggio in Florida perché, come chi legge 0 15 ormai sa quasi a memoria, pensavamo di eventualmente di fargli finire il ciclo delle elementari negli Stati Uniti o al massimo in Australia, cogliendo i classici due piccioni con una fava: ottima scuola in un “full english environment” e allenamento di qualitá ovviando cosí alle carenze della situazione tennistica angolana e in particolare alla mancanza di un calendario di tornei giovanili. L’idea era quindi di seguire Nicholas in giro per tornei, circoli ed Academies magari alternando con una settimana di sci estivo e una al mare, e di farci cosí un’idea del panorama giovanile tennistico italiano. Ma come si suol dire avevamo fatto i conti senza l’oste. Da Luanda ero infatti partito con un contratto in scadenza a settembre 2008 ma dopo nemmeno una settimana dal mio rientro in Italia sono stato raggiunto dalla notizia che, per motivi troppo lunghi da spiegare ma essenzialmente burocratici (la legge angolana non permette agli espatriati che lavorano per le Oil Company un soggiorno superiore ai tre anni e pare che con me avessero giá fatto un’eccezione visto che stavo per cominciare il quinto) che a Settembre avrei mutato sede lavorativa, destinazione ancora ignota … per cui a un certo punto mi ero davvero sentito, in giro per tornei ed academies a parlare di tennis, mentre ancora non sapevo dove avrei messo mio figlio a scuola, come gli orchestrali sul Titanic che continuavano a suonare mentre la nave andava a fondo. Insomma, non mi son goduto come avrei voluto le vacanze italiane ma é stata egualmente un’esperienza molto interessante, questa mia prima estate immerso nelle profondità oscure del junior tennis italiano… eh si, perché questa é stata la mia prima volta in Italia al seguito di mio figlio Nicholas, Under 10, un passato già denso di esperienze tennistiche africane americane australiane ma praticamente a digiuno delle stesse esperienze sul suolo italico.
Per esempio, il mio primo torneo Under 10 in Italia é stato…bé, quite interesting, direbbero gli inglesi…e, diremmo noi, con momenti esaltanti (combinazione vincente con risposta di dritto seguita da swing volley devastante in campo aperto), paradossali (3 gironi Round Robin, passano i vincenti e il miglior secondo…poi un genitore parlotta col giudice arbitro e si decide che a passare saranno i vincenti e i tre secondi…Il che era anche giusto in partenza ma guarda caso, il figlio di quel genitore non sarebbe stato il miglior secondo…), imbarazzanti (qualcuno che riconosce Nicholas dagli articoli su 0 15), surreali (quando Nicky sbatte la racchetta per terra disgustato durante i palleggi preliminari…di un incontro poi vinto 61 61…), commoventi (l’amicizia di Nicholas con un ragazzo down innamorato del tennis che a bordo campo faceva il tifo per lui), felliniani (quando dopo aver gridato ad un cambio di campo: “bravo Nicky, su, è una bellissima partita, state giocando bene tutti e due, lui è bravo: sono queste le belle partite da giocare e vincere!”mi sono beccato un warning per coaching!) . Semmai continuo a non capire come mai in Italia i Tornei non si facciano, seguendo l’esempio non solo degli stati Uniti ma anche, per es, della Francia nei Fine Settimana: durante la settimana ti alleni e sabato e domenica giochi, magari tutt’al più anche al venerdì sera, tanto 2 o 3 partite al giorno i nostri pargoli se le giocano come ridere…Invece così se devi andare avanti e indietro anche per 50-100 km durante la settimana, se giochi tornei NON ti alleni…Sul Blog di Ubaldo Scanagatta se ne è discusso spesso ma in Italia al Sabato e alla Domenica si va al mare o ci si polleggia in casa o si fa il bucato (negli US si va nella lavanderia a gettone…e si torna dopo la partita)…Vabbè, capisco nel caso degli adulti (o meglio: non li capisco ma cerco di essere empatico) ma con gli Under 10, 12 e 14 non sarebbe davvero meglio un Calendario di Partite incentrato sul Week End? Pensate ai vantaggi: Allenamenti agonistici non persi durante la settimana,alcuni dei quali pagati fior di soldi. Minor impegno dei genitori e più facilità per accompagnamenti. Meno viaggi. Possibilita’ di organizzare convenzioni con bar e ristoranti dei circoli, con quasi tutti i partecipanti concentrati nel week end. Possibilita’ per i tecnici di visionare le finali.. Vi dicevo delle Academies in Italia: ce ne siamo fatti una scorpacciata (Bologna Tennis Academy con Cesare Zavoli, Bob Brett Tennis Center, Van Der Meer a Merano con Luigi Bertino) e mi sono anche meritato delle critiche sul Blog da vari addetti ai Lavori che “non capivano il progetto” e mi rimproveravano la mancanza di un punto di riferimento tecnico e di trasformare mio figlio in un tester di academies Al che io rispondevo più o meno: MA COME FATE A GIUDICARE O A SCEGLIERE SENZA PRIMA ANDARE A VEDERE? E in effetti al di là delle ragioni dei miei detrattori, tutte giustificate e con un fondo di verità, io contrappongo la perfetta riuscita di quest’estate: Nicholas alla fine ha giocato solo tre tornei e pur giocando scampoli di gran tennis e vincendo alcune partite, non ha ancora alcun trofeo in bacheca ma é stato visto e apprezzato da alcuni tecnici “federali” che si sono espressi molto positivamente e si é perfino procurato uno sponsor per le racchette, Head. Quanto al pericolo di privare mio figlio di un Punto di Riferimento … In realtà il punto di riferimento di Nicholas rimane al momento la coppia Lance Lucani/Margie Zeisinger dello Strategy Zone Program alla Bollettieri Academy a Bradenton, ma in Italia noi lo avevamo subito trovato fin dall’anno scorso in Cesare Zavoli e nella sua Bologna Tennis Academy che da un paio d’anni ha trasferito dal Circolo del Dopolavoro Ferroviario al Circolo Siro e che dirige in società col Prof Salvatore Buzzelli, con la collaborazione del Maestro Paolo Lubiani (si, proprio il padre di Francesca, ex top 100) e dei preparatori atletici Emanuele Tendi ed Elena Bozzelli. Senza dimenticare la moglie di Zavoli, Loredana, un vero e proprio factotum. Cesare Zavoli nell’ambiente è molto noto e in passato ha allenato fra gli altri la Garbin, la Camerin e la Lubiani. Esaurita quella esperienza Zavoli preferisce ora concentrarsi sulla “formazione del giovane tennista” e la sua manifesta intenzione è appunto quella di colmare la lacuna che esiste fra l’addestramento di base della SAT e l’agonismo vero e proprio. Zavoli ha inoltre avviato una interessante collaborazione tecnica con il Centro Federale di Tirrenia e segnatamente con Giancarlo Palumbo, il responsabile nazionale Under 16, e tramite il quale si allenano alla BTA anche allievi di interesse nazionale seguiti dalla FIT quali Eros Siringo e A. Grimalska. Inoltre anche Tathiana Garbin, allora numero uno in Italia e 21 nel mondo, quest’estate si è preparata atleticamente fra uno Slam e una Fed Cup, col Prof Buzzelli. Fra gli allievi del circolo Manuel Righi, (U 14) e A. Patracchini, T. Bordoni, E. Corsini, tutti Under 16, Oana Golimbioschi, numero 700 WTA e quel matto di Davide Zucchini, un 2/5 di vent’anni dalla simpatia contagiosa che é divenuto subito, ahilui!, uno dei favoriti di Nicholas. Purtroppo Nicholas quest’estate era l’unico bambino di 10 anni e questo gli ha creato qualche difficoltà di ambientamento in particolare col Gruppo di Ferrara, tutti 14enni ed oltre, costretti a volte a sopportarlo sullo stesso campo-e a volte so per esperienza quanto possa essere fastidioso… Uno dei punti di forza dell’Academy a mio parere, oltre alla proficua collaborazione con Palumbo, é il Prof Salvatore Buzzelli, ex decathleta di livello nazionale prima che un incidente in moto gli tarpasse le ali e autore giá negli anni 80/90- quando la figura professionale del Preparatore Atletico non esisteva, almeno in Italia,-di articoli e perfino DVD antesignani sulla Preparazione Atletica del Tennista (basati sulla esplosività), fra i primi anche ad utilizzare sistemi di allenamento personalizzato che utilizzavano il computer. Quando l’ho incontrato per la prima volta di persona-ci eravamo scambiati solo delle email- il Prof stava insegnando la dinamica del servizio illustrando ad alcuni allievi la tecnica del lancio del giavellotto… Ovviamente mio figlio si è subito entusiasmato: wow, poter lanciare un giavellotto e magari infilzare anche qualcuno!!! Trascinato quasi di forza a spiegare la sua intuizione, il Prof spiegava anche nel Blog di Scanagatta che cominciando a giocare a tennis dopo l’incidente si era accorto quasi subito che il servizio era il suo colpo naturale ed incisivo ed questo, si rese conto, era dovuto a quei 56 metri e rotti di lancio del giavellotto, suo record di allora. Trovando pronto riscontro nei risultati del suo allievo di allora, un giovanissimo Davide Scala, il Prof continua “Ritengo le esercitazioni di lancio del giavellotto (da 400g fino a 600g a seconda delle età dell’allievo) meritevoli di considerazione in quanto attività ludica per i ragazzi ed efficace mezzo tecnico di allenamento, perché se vuoi lanciare vicino-preciso o lontano e provare la sensazione dell’esplosività nel vedere la coda dell’attrezzo che vibra vigorosamente all’impatto col terreno ed in linea col lanciatore, devi necessariamente acquisire equilibrio dinamico, scioltezza nel movimento, giusta escursione articolare supportata da giusti caricamenti e giusti dosaggi di forza esplosiva che garantiscono lunghezza della leva ed elevata velocità angolare finalizzata, esattamente quello che un servizio di livello richiede”. Questi concetti, in forma diversa, traspariranno anche dalle parole di Luigi Bertino alla Van Der Meer e in particolare durante una Dimostrazione ad un gruppo di Maestri del PTR in cui spiegava come alla base dell’insegnamento del tennis ai bambini dovesse esservi IL GIOCO e questo inteso proprio sottoforma di giocattoli e ammennicoli vari, propedeutici al tennis, che permettessero di fare gli stessi movimenti ma che non obbligassero ad usare sempre la racchetta con il rischio della ripetitività eccessivamente noiosa. “Inoltre il “giochino” –concludeva infatti il Prof Buzzelli-costituisce una esperienza ed una memoria motoria significativa, diversa, divertente ed altamente correlata col gesto tecnico specifico ed anche un modo per uscire dagli schemi classici ed a volte alienanti eseguiti sul campo. Con i miei giovani allievi utilizzo questa metodica, ed il transfer tecnico è tangibile.” A parte il Prof Buzzelli, comunque quello che differenzia, almeno secondo noi, l’Academy di Zavoli e Buzzelli da molti altri Circoli di Bologna e non, è il fatto di rendersi subito conto che la BTA non è un circolo ma soprattutto un posto dove ci si allena. E chi vuol intendere, intenda, abbiamo giá detto tutto. Piú che insegnare, rifinire,potenziare il bagaglio tecnico,atletico e mentale-come recita uno dei loro spot pubblicitari- io credo che sia molto importante anche l’approccio di Cesare Zavoli al mondo delle competizioni giovanili: Zavoli e Buzzelli non stanno solo sul campo ad allenare ma battono in lungo e in largo la regione cercando di andare a vedere i ragazzi in torneo, come si comportano, che problemi hanno, come cercano di risolverli. Si tratta di una preparazione orientata davvero alla competizione e comincia fin dalla programmazione, e questa atmosfera la si respira appena si entra al Circolo. L’anno scorso non avevamo potuto che spendere pochi giorni ma quest’anno, durante la nostra permanenza a Bologna, Nicholas ha in pratica vissuto mattina e pomeriggio alla BTA, mangiando coi ragazzi nell’ottimo ristorantino del Circolo, e questo gli ha fruttato la possibilità di essere visto e valutato anche da Palumbo che di tanto in tanto, a cadenze più o meno regolari, presenzia a qualche allenamento. La prima settimana di luglio invece partendo a notte fonda per evitare il traffico e il caldo a bordo di una vecchia Toyota Front runner con l’aria condizionata guasta ci siamo spinti fino a Sanremo dove avevamo prenotato,grazie all’intercessione di Adriano Parodi, un giovane coach figlio del mio vecchio capo cantiere quando lavoravo con l’Ansaldo come medico in Jamaica, una settimana all’Academy di Bob Brett, il famoso allenatore di Becker e Ivanisevic e in tempi piú recenti di Sanja Mirza. Del Bob Brett Tennis Center potrete leggere nell’articolo a parte completamente dedicato e più avanti in sede di bilancio: qui mi limiterò a sottolineare ancora una volta la soddisfazione immensa per questa esperienza molto positiva sia per quanto riguarda la qualità sia per quanto concerne l’intensità. Ricorderò solo che si trattava di un programma speciale estivo con sei ore al giorno, quattro di tennis e due di preparazione atletica), che sul campo vi sono sempre non più di 3-4 studenti per campo e che, soprattutto, Bob Brett in persona, gira TUTTI I CAMPI, mezzora qui, mezzora lì, mezzora nell’altro, non facendo differenza fra Cilic e Nicholas Grazia. (Mai visto fare neanche alla Bollettieri dove per esempio Nick ha il suo Court Personale ed eventualmente, se sei un fenomeno -o se sei disposto a pagare 800$ all’ora- ti chiama lui…) . Rientrati da Sanremo a Bologna dopo un’altra settimana spesa alla BTA questa volta ci dirigiamo, come da programma preparato mesi prima, a Merano o meglio e piú precisamente a Marlengo dove ha sede il Van Der Meer Training Center Europeo e dove nel mese di Luglio da ormai una quindicina d’anni si tengono i corsi di Luigi Bertino. Anche qui ci arriviamo tramite l’altro dei figli del mio vecchio capocantiere in Jamaica, questa volta Igor Parodi, Maestro FIT e PTR, che da sempre mi ripeteva che in Italia per i bambini il non plus ultra era il Maestro Luigi Bertino di cui lui ha una venerazione messianica sia come tecnico che come persona. Chi sia Luigi Bertino non é un segreto per tutti quelli che masticano un po’ di tennis:collaboratore di Riccardo Piatti e Pino Carnovale ai tempi del Circolo Le Pleiadi di cui é stato Direttore Tecnico, ha curato e seguito la preparazione tecnico-agonistica di molti giocatori professionisti ed é considerato un profondo conoscitore dei più moderni metodi di allenamento, specializzato nella preparazione tecnica ed agonistica dei giocatori juniores. Attualmente é Direttore Tecnico Regionale FIT per il Piemonte e svolge la sua attività come Direttore Tecnico del Tennis Club Monviso di Grugliasco (TO) ma è da 15 anni il responsabile del programma agonistico World Class Training alla Van Der Meer Tennis University Europa di Marlengo (BZ). Ha collaborato e tuttora collabora, scrivendo articoli di carattere tecnico sulle migliori riviste specializzate come il “Tennis Italiano” ed é l’autore del libro “Munchkin Tennis”, dove si tratta l’insegnamento del tennis ai bambini dai 4 ai 10 anni. Che non è solo la traduzione del testo PTR americano, ma è un manuale nel quale Luigi Bertino analizza e spiega tutte le tematiche legate all’insegnamento del tennis ai bambini. Bene, l’anno scorso Nicky era ancora troppo giovane per il programma agonistico World Class Training - l’etá minima richiesta é 10 anni- e quindi eccoci qui, quest’anno, per quello che già da tempo era considerato il clou della stagione estiva. Il clou anche e soprattutto perché per la prima volta Nicholas sarebbe stato lasciato solo. Infatti tutte le volte che siamo stati da Bollettieri o da Pat Cash o in qualsiasi altro Centro, uno dei due genitori era comunque presente, un po’ per osservare ed imparare le metodiche d’allenamento, un po’ perché in effetti, per quanto Nicholas sia stato precocemente esposto ad una vita diciamo cosí di viaggi ed avventure, otto-nove anni sono pur sempre pochi per lasciarlo completamente in balia d’estranei. Confortati dalla presenza di Igor e dagli ottimi riscontri durante l’anno quando aveva cominciato a dormire nei week ends a casa degli amici di scuola, avevamo dunque deciso di portarlo alla VDM e di rimanere due,tre giorni in zona anche per vedere come si comportava e poi… di abbandonarlo al suo destino
E infatti l’Esperienza VDM è stata piuttosto positiva ma per ragioni che esulano dal mero aspetto tennistico: non che l’insegnamento non sia buono, anzi, anche se sicuramente più soft rispetto a Bollettieri,Cash e Bob Brett Academies o almeno con un target non esclusivamente di giocatori che sognano la carriera pro…Diciamo che si tratta di una SAT agonistica, che si rivolge anche o maggiormente ai ragazzini del circolo non ancora abituati ai ritmi forsennati di una Bollettieri o di una Sanchez…Ricorda un po’ le Colonie Estive con il Tennis a farla da padrone ma quasi più importante del tennis è l’esperienza “boarding”, cioè il vivere tutti insieme, il rispetto delle regole, l’empatia…insomma, per molti di questi bambini è la prima esperienza fuori casa e questo diventa il nucleo centrale della settimana, il vero motivo, il rito di passaggio…O almeno lo è stato per Nicky che era il più piccolo di età (e di statura)… L’abbiamo lasciato solo restando in zona per 2-3 gg e poi ritornando a vederlo nel week end e poi di nuovo solo per tutta l’ultima settimana…Ha giocato anche un torneo Nike vincendo alla grande un paio di turni e perdendo come al solito netto non appena il gioco si è fatto più duro dimostrando ancora tutta la sua inesperienza e probabilmente non solo…Poi però si è rifatto sotto i nostri occhi nel torneino di tie break finale approdando alla finale nella sua categoria e cedendo solo a un quattordicenne…anche se era arrabbiato nero per aver perso, aveva giocato alla pari e senza paura, esaminiamo dunque le Differenze fra le due esperienze, entrambe ripeto molto positive, quella sanremese al Bob Brett Tennis Center e quella alla Van Der Meer di Marlengo per cercare di aiutare, in chi ci legge, una possibile scelta.
La BBTC a Sanremo é stata veramente una bella sorpresa al punto da farmi dire che forse lavorano addirittura meglio che da Bollettieri dove hanno piú varietá (videoanalisi, matches pomeridiani, teoria, mental conditioning) ma alla fine sono più dispersivi. ATTENZIONE:sto parlando di Summer Camps, non sto parlando di Nicky che ormai da due anni quando va in Florida accede ad un programma tutto particolare e si allena da solo (o con un altro coetaneo al massimo) con Lance Luciani e Margie Zeisinger, fa 2-3 ore solo con loro e del Bollettieri Program Normale prende quel che rimane: gli avversari con cui giocare, ogni tanto qualche drill nel gruppo a cui apparterrebbe (ma in cui raramente va) per fare volume, la mezz’oretta col coach nostro amico per fare consistency… Cioè lui arriva da Bollettieri, viene assegnato ad un Gruppo e poi lui saluta il Gruppo e va a lavorare con Coaches dedicati. Il programma standard del BBTC é superiore (anche se più povero) al programma standard di Bollettieri. Che merita però di essere fatto ugualmente perché é comunque… un altro mondo.
Il Van Der Meer a Marengo é ovviamente un’altra cosa e all’inizio ho avuto, non lo nascondo, qualche perplessità: il livello dei partecipanti al Corso era molto disomogeneo e anche l’accesso ai Coaches sembrava difficile: non sembrano abituati ad avere i genitori intorno e soprattutto non sembrano gradirli. Impressione probabilmente errata ma onestá vuole che io la riferisca. Lo stesso Bertino ammette comunque che il Corso non é rivolto prevalentemente a giocatori del livello di Nicholas (e sia ben chiaro, ce n’erano ma di 3-4 più vecchi) o meglio, che come Nicholas sono già assidui frequentatori di altre Academies, ma rappresenta un primo assaggio di quel che si deve fare per quei ragazzini che si affacciano per la prima volta o quasi all’agonismo. Le metodiche insegnate sono le stesse che ritroviamo anche da Bollettieri,alla Pat Cash o alla BBTC e ma l’intensità é minore. Si vorrebbe far credere che vi sia un occhio più attento alla qualità ma onestamente gli allenamenti di Lance Luciani alla Img Academy sono tutti imperniati sulla qualità, quasi maniacale e anche da Bob Brett, specie quando lui stesso scende in campo, della qualitá non ti puoi certo lamentare. La differenza principale in realtá é che al Corso estivo da Bob Brett non tutti i bambini possono accedervi: sono allenamenti già superspecializzati e risulterebbero una perdita di tempo per l’80% dei bambini e ragazzi presenti al Corso di Marlengo. Diversa quindi la modalità d’insegnamento e anche l’intensità: alcuni ragazzini che si lamentavano della fatica a Marlengo non sarebbero sopravissuti ai camps di Sanremo, Bradenton , Sanchez, Cash… Ma è vero che la filosofia di Bertino è manifestatamente rivolta ad una qualità mirata anche se l’ho visto comunque pretendere concentrazione e disciplina in campo.Bertino è dunque un convinto assertore di un insegnamento del tennis che non sia quantitativo ma qualitativo e che guardi soprattutto ai diversi contenuti con un occhio particolare alla strategia. E finchè si rivolge ai bambini di10-13 anni nessuna obiezione…Ecco, magari per le età superiori i carichi di lavoro potrebbero/dovrebbero essere aumentati se vogliono soddisfare anche gli agonisti più avanzati: 3 sole ore di tennis al giorno (più l’ora e mezzo di teoria e/o preparazione fisica) a mio avviso sono poche per uno stage di full immersion ma questa è solo la mia opinione (ovviamente tre ore al giorno tutti i giorni durante tutto l’anno bastano e avanzano). Devo comunque riconoscere che dopo qualche lieve perplessità iniziale, sono stato molto contento di aver inviato Nicky anche alla VDM e forse, in questo preciso momento, l’esperienza avrà un significato persino maggiore delle precedenti nelle varie altre academies, questo per via dell’aspetto educativo, del fatto che Nicky per la prima volta rimanesse da solo affrontando problematiche di autonomia ed empatia e dovesse imparare anche e soprattutto ad accettare e farsi accettare (e non con l’accetta,possibilmente) dagli altri. Quindi, in conclusione: le differenze fra BBTC e VDM sono chiaramente nel target a cui si rivolgono intendendo dire con questo che il bacino d’utenza é diverso. Mentre da BBTC vanno agonisti e giocatori che già sono pro o comunque sognano,tentano,sperano di diventarlo, da VDM questi ultimi sono solo il 20% e magari ci sono finiti per sbaglio. Per la stessa ammissione di Bertino, il suo Corso si rivolge soprattutto a quei ragazzi che si affacciano per la prima volta o quasi all’agonismo o a uno Stage di Tennis. Il livello di gioco dei partecipanti,salvo qualche eccezione, è insomma notevolmente diverso: superiore alla BBTC, di livello talora modesto alla VDM. Questo non significa che anche quei 6 ragazzini per settimana di livello nettamente superiore agli altri non vengano allenati al meglio ma possiamo forse dire che mentre per esempio la BBTC è una vera e propria Academy per giocatori piú o meno compiuti, e che,ripeto, più o meno giustificatamente credono,sperano,pensano di poter intraprendere (o già stanno intraprendendo, vedi Cilic & Co) una carriera da pro, mentre la VDM è un Corso Pre Agonistico, evoluzione naturale dopo la SAT e rivolto soprattutto ad una Utenza fra i 10 e i 12-14 aa, non necessariamente di aspiranti Pro e con finalità e modalità più educative.
Questo significa che Nicky ritornerá sicuramente da BBTC e non da VDM? Non necessariamente visto che Nicky si é ovviamente divertito moltissimo (il che è a questa etá importantissimo) e sicuramente ha arricchito il suo bagaglio sia tecnico che culturale e dunque puó anche darsi che il prossimo anno trovandoci in Italia si possa decidere di fargli fare tutti i tornei Nike del Trentino e quindi farlo stare, con questa scusa, altre 3-4 settimane a Merano. Potrebbe essere un’idea, se in quel momento avessimo come obiettivo il giocare tornei. Si allena al mattino, lo portano a giocare al pomeriggio. Non so, magari si puó, magari no. Sicuramente Luigi Bertino, che all’inizio ci era apparso fin troppo distaccato nel suo indubbio carisma, ha convertito anche noi: in particolare mi ha conquistato quando,per caso, mi è capitato di assistere la domenica mattina alla sua Lezione/Dimostrazione ai Maestri PTR in cui ha utilizzato i 4 bambini rimasti durante il cambio di settimana (Nicholas e altri 3 piú grandicelli) per dimostrare il suo credo e la sua filosofia nell’insegnamento ai bambini U10-U12, e cioé che alla base debba esservi il GIOCO (e quindi l’utilizzo durante le lezioni di veri e propri giocattoli dalla Z Ball allo Zonker alle Sagome Bersaglio al minitennis al Jumper etc etc etc). La cosa da un lato mi ha ricordato che io a Lagos con Nicky ho cominciato proprio cosí riuscendo anche, nell’ultimo anno, a raggruppare una decina di bambini dai 4 ai 7 anni sui campi dell’Italian School al Sabato Mattina. E se da un lato provavo orgoglio a vedere gli sguardi ammirati dei Maestri nell’osservare mio figlio padroneggiare tecnica e coordinazione, dall’altro riemergeva anche qualche senso di colpa per averlo probabilmente troppo spesso costretto ad allenarsi senza voglia. Cosa che lui faceva solo per farmi un piacere, anche quando avrebbe preferito fare altro. Di non essere,insomma, sempre riuscito ad ingannarlo ed incantarlo con il gioco. E anche se adesso la sua voglia non sembra piú essere in discussione, capisco che si poteva fare meglio e di piú. Ma un Bertino in Africa non c’era e qualcuno dirá che non ce ne sono molti neanche in Italia.
Lasciando la deliziosa Marengo, cosí come prima aveva lasciato Sanremo, e rientrando a Bologna per qualche giorno ancora alla BTA, Nicholas si apprestava al suo ritorno in Africa:quando era partito a giugno non era certo lo stesso atleta e nemmeno lo stesso bambino: BTA, BBTC e VDM lo avevano arricchito, molto di più che certi titoli azionari.

Uomo italiano cercasi

(Tutti i numeri della bella Daniela Hantuchova che non vuole un fidanzato tennista, ma uno italiano si)

Silvia Nucini, Vanity Fair del 10-1-08

Danicla Hantuchova è come si dice, una ragazza che ha dei numeri. Così tanti che si potrebbe, tutta intera, giocare al lotto: 24 anni, 181 centimetri in altezza di cui 112 di gambe, posizione numero 9 nella classifica delle tenniste più forti del mondo, 7 ore di allenamento al giorno, tutti i giorni, più di 5 milioni di dollari — solo di premi guadagnati negli 8 anni di carriera. un centinaio di borse — “sono la mia ossessione” negli armadi delle sue 2 case (Bratislava e Montecarlo), centinaia di migliaia di miglia sulle carte frequent flyer perché è sempre in volo, e in quelle due case non ci sta mai. A distinguerla dal prototipo della tennista di ultima generazione — dentro terminator; fuori modella — due dettagli non irrilevanti: assenza di genitori fortemente orientati al successo (“hanno sempre voluto che continuassi a studiare”), la mattina mi allenavo tra le sei e le sette, perché poi c’era la scuola e di pomeriggio mi portavano via di peso dai campi da tennis per farmi fare i compiti e niente make-up per il match da fastidio, cola, distrae… Di questi tempi lei è una rarità. «Può darsi, di questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno sempre tenuta con i piedi per terra e mi hanno insegnato che non c’è solo il tennis nella vita. Mi sono innamorata di questo sport a cinque anni, guardando in Tv Miloslav Mecir (chiamato “gattone” per i suoi movimenti in campo, ndr) che vinceva l’Olimpiade di Seoul. Ho iniziato ad allenarmi con mia nonna Helena, che è stata campionessa anche lei. Un anno dopo vincevo la mia prima partita: la mia avversaria aveva nove anni e io ero così felice di averla battuta che credo di aver deciso in quel momento che questo sport sarebbe stato la mia vita. Da bambina mi interessa solo giocare. Tutto il resto — farsi vedere, i pettegolezzi — mi lascia indifferente,,. Anche perché lei è stata vittima di pettegolezzi pesanti. «infatti. Il 2003 è stato un anno molto, molto difficile per me. In quello prima avevo raggiunto il quinto posto in classifica e, per questo sentivo molta pressione intorno. Ho iniziato a intensificare gli allenamenti e ho perso molto peso. Sono arrivata a Wimbledon poco serena e i tabloid inglesi hanno pubblicato un mucchio di sciocchezze sul mi conto (la chiamavano skeleton, lo scheletro, ndr), e, da lì, hanno iniziato a girare voci su una mia fantomatica anoressia, Non era vero, ma ci ho messo un anno a fermate tutte queste illazioni e intanto sono precipitata al 540 posto della classifica». Che effetto fa toccare il fondo a ventuno anni? «Si impara che niente, nella vita, è perfetto. Si cresce. Io, comunque, non mi sono fatta mai trascinare troppo dal successo. Vedo tante persone intorno a me che con il successo cambiano, credono di essere qualcuno che non sono E poi la fama, nel tennis, è brevissima: arriva in fretta, ma se ne va anche più velocemente. Solo che molta gente se ne dimentica”. Sembra non avere troppa stima delle sue colleghe. «Io cerco di essere gentile con tutte, ma ce ne sono alcune che non ti dicono neanche ciao, anche se le incontri tutti i giorni. Quando ho iniziato a frequentare questo ambiente ero allibita”. Magari lo fanno per spirito di competizione. “Non ci credo, e comunque non ti serve. La mia migliore amica è la tennista giapponese Ai Sugiyama. Certo, non è facile quando ci ritroviamo dalle due parti opposte della rete, ma se la devo battere la batto e lei pensa a fare lo stesso con me”. Insisto: e se la competizione fosse estetica?
“Boh, sinceramente non è una cosa di cui mi preoccupo. Non faccio nemmeno caso a quello che indosso in campo: è la Nike che decide per me, l’unica volta in un mi sono resa conto che probabilmente il gonnellino era un po’ troppo corto è stato a Doha, in Qatar nell’incontro con Anna Kournikova: gli uomini in tribuna urlavano così tanto che sembrava di stare allo zoo. Quella situazione non aveva niente a che fare con il tennis». Con i colleghi uomini va meglio? “In questo ambiente è molto più facile avere amicizie maschilio che femminili: gli uomini sanno essere rivali in campo e amici fuori, e questo che piace. Molti di loro, poi, sullo anche bellissimi, ma un fidanzato collega non lo voglio: non si parlerebbe altro che di sport». Come lo vuole, allora? “Italiano, se possibile. gli uomini italiani soncs dei gentlemen. E sono sempre vestiti così bene…Per essere più precisa, lo vorrei con gli occhi azzurri e i capelli scuri e un po’ lunghi. Qui da voi è pieno di ragazzi così. Quando gioco a Roma, faccio sempre una gran fatica rimanere concentrata”. Che cosa pensa quando entra in campo? “Che sto per fare qualcosa che è la massima espressione di me e che può rendere felice chi guarda. Sa, magari una persona ha avuto una giornata difficile e allora seguire un match sugli spalti o in tv può risollevargli il morale. Penso che sia vero, o comunque mi piace pensarlo. Mi scusi. ma tra poco devo tornare ad allenarmi, mi mancano le ultime due ore». Sono stanca per lei. “Grazie, lLa maggior parte della gente non ha la minima idea di quanto sia duro questo sport. Al mio livello è qualcosa che occupa la tua vita 24 ore e al giorno, sette giorni su sette, in nome del quale devi rinunciare a tutto”. Si è mai pentita di aver intrapreso questa carriera? “Beh, quando ti ritrovi nel ventesimo aeroporto nel giro di due mesi, qualche perplessità ti viene. E quando vinci l’ennesima bella macchina e dopo un anno ti accorgi clic non hai mai avuto occasione di guidarla nemmeno una volta, ti chiedi che senso ha. Ma non, non mi sono mai pentita. Sono una privilegiata e me ne rendo conto». E quando tutto questo sarà finito? “Ci sarà la vita vera, spero un lavoro come imprenditrice nel campo della moda, un marito, due figli. Diciamo tra una quindicina d’anni? “Sta scherzando? lo spero che finisca molto, molto prima”.
La Schiavone riparte da Sydney

(Buoni i primi segnali dall’Australia dei nostri giocatori)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 9-1-08

Francesca Schiavone ha battuto la numero 10 del mondo, Marion Bartoli. Alla ricerca del tempo perduto, cioè dell’anno scorso quando ha temporaneamente lasciato coach Daniel Panajotti, «la leonessa» si ritrova proprio a Sydney. Dove, nel gennaio di due anni fa ha giocato il miglior tennis della carriera, cedendo per un pelo sotto il traguardo della finale con Justine Henin (oggi regina mondiale)…. Dopo la preparazione invernale, la 27enne di Milano è tirata a lucido, ha la testa sgombra dai suoi mille pensieri e una sola tattica: tirare forte da fondo, ancor più forte quando la palla le ritorna più corta, e quindi andare a rete a chiudere il punto. Così, giocando semplice, la numero uno italiana (25 del mondo) dalle grandi qualità atletiche sta ritrovando la convinzione del magico fine 2O05-inizio 2006 quando, al numero 11 del mondo, sfiorò lo storico ingresso fra le «top ten». E, rimontando la Bartoli per 2-6 6-3 6-3, si è guadagnata la rivincita con la numero 2 Wta, Svetlana «sciagura» Kuznetsova, dopo 3 Successi su 10 sfide, e ha sfiorato il colpaccio nella finale di Fed Cup 2OO7 perdendo 4-6 7-6 7-5 dopo aver fallito 2 match point nel secondo set e avanti 4-1 al terzo…..… Danno segnali di ripresa anche Flavia Pennetta ed Andreas Seppi. A Hobart, la 25enne dl Brindisi, risalita al numero 39 mondiale dopo l’operazione al polso e la fine della love story con il collega Carlos Moya, ha fermato la rediviva Jelena Dokic (ex 4 della classifica 2002, poi dispersa); poi ha ritrovato Sania Mirza (Ind, precedenti 1-1). A Sydney, il 23enne di Bolzano, Seppi, ha eliminato d’acchito l’atletico Jo-Wjlfrjed Tsonga (neo castigatore di Hewitt, ad Adelaide): poi ha trovato Stepanek (inedito)….. Intanto, il croato Ivan Ljubicic, ex presidente del consiglio dei giocatori dell’Atp, ha definito «troppo dure» le sanzioni inflitte agli unici squalificati per le scommesse, gli italiani Starace, Di Mauro e Bracciali, «Hanno fatto una stupidata, ma 9 mesi per aver puntato qualche euro su un match dall’altra parte del mondo mi sembra una pena troppo severa».

“Battaglia dei sessi” nel segno della King

(Quando una storia di tennis diventa un film)

M.V., il corriere dello sport del 9-1-08

Durante la sua carriera Billie Jean King ha vinto 39 titoli di Slam (12 in singolare, 16 in doppio e 11 in doppio misto). La statunitense, ora 64enne, è stata anche una delle più grandi sostenitrici della lotta contro il sessismo nello sport e nella società, e così ancora adesso un episodio della sua carriera per la quale viéne puntualmente ricordata è la partita passata alla storia come “La battaglia dei sessi”. Nel 1973, infatti, Billie Jean affrontò e sconfisse Bobby Riggs, vincitore in singolare a Wimbledon nel 1949 e numero 1 al mondo negli anni 1941, 1946 e 1947. La King vinse per 6-4 6-3 6-3, ma va osservato come all’epoca lei fosse ancora 30enne e il suo avversario ormai 55enne. La partita, disputa a Houston davanti a 30.492 spettatori e seguita in Tv da 50 milioni di appassionati di 37 nazioni, fu preceduta da grandi polemiche dopo che nel maggio dello stesso anno Riggs a Ramona aveva sconfitto nettamente la 31enne Margaret Court, altra giocatrice di vertice dell’epoca, 6-2 6-1. Riggs dopo il match con la Court dichiarò che non avrebbe avuto problemi a battere la n° 1 del mondo, ecco che allora la King, che in precedenza aveva rifiutato una prima provocazione, raccolse la sfida impegnandosi al massimo per superare Riggs. Di recente la sfida è diventata addirittura un film, girato nel 2005 dalla Buena Vista con Rob Silver e Holly Hunter a impersonare i due tennisti. Il titolo? “When Billie beat Bobby”…..tutti ricordano quella partita, quasi nessuno il match disputato da Jimmy Connors (allora 40enne) e Martina Navratilova (allora 36enne) a Las Vegas nel settembre 1992: fini 7-5 6-2 per “Jimbo” che guadagnò i 500000 dollari supplementari in aggiunta a quelli dell’ingaggio.
Italia-Spagna, Ponticelli si prepara

(Fervono i preparativi per riportare la Fed Cup a Napoli, dopo il buon successo della Davis nel 2005 e 2006)

Tiziana Tricarico, il Mattino del 9-1-08

È scattato il conto alla rovescia per Italia-Spagna di Fed Cup, in programma il 2 e il 3 febbraio al Palavesuvio di Ponticelli e valido come primo turno - che per le donne significa quarti di finale - del World Group 2008. Mancano poco più di tre settimane, infatti, al ritorno a Napoli del campionato mondiale di tennis femminile a squadre, assente in città da ben 34 anni: nel 1974 il Tc Napoli ospitò le finali della manifestazione con il trionfo dell’Australia di Evonne Goolagong sugli Stati Uniti. Un attimo più recente l’ultimo incontro di Fed Cup disputatosi in Campania: a Salerno nel 1995 si giocò Italia-Indonesia, valido peri play-off del Gruppo 2 (con sconfitta delle azzurre) certamente non paragonabile al match di febbraio, primo evento ufficiale indoor tra nazionali di tennis mai organizzato a Napoli che non ospita un evento tennistico internazionale al coperto dall’autunno del 1983 (torneo-esibizione al Palargento vinto da Guillermo Vilas). Italia-Spagna sarà un evento nell’evento. Il confronto tra le vice campionesse mondiali e le sempre temibili iberiche non rappresenterà solo l’inizio della scalata delle azzurre al trofeo conquistato per la prima volta due anni fa, ma anche un momento di rilancio per la periferia napoletana. Proprio in questa ottica gli organizzatori - i responsabili della «Tennis Event» e del Garden Vesuvio Torre del Greco - propongono una serie di iniziative rivolte ad appassionati e non solo. Uno degli obiettivi, grazie anche al supporto del Comitato Campano della Fit e del Provveditorato agli studi, è il coinvolgimento dei ragazzi che frequentano i circoli e dei giovani delle scuole della città e della provincia. Intanto fervono i preparativi nella struttura di via Argine dove, dal prossimo 21 gennaio, saranno allestite le tribune (più di tremila i posti a sedere) e sarà montato il campo di gioco, mentre a breve prenderà il via la campagna abbonamenti per la due-giorni di grande tennis. Prezzi popolari per i cinque match in programma al Palavesuvio (sabato i primi due singolari, domenica gli altri due singolari più il doppio): il costo dell’abbonamento sarà di 30 euro mentre i singoli tagliandi, in prevendita, saranno in distribuzione presso tutti gli sportelli della Lottomatica. «La decisione di giocare a Ponticelli -sottolinea Carmine Palumbo, presidente di Tennis Event e già organizzatore a Torre del Greco degli incontri di Davis Italia-Spagna (settembre 2005) e Italia-Lussemburgo (aprile 2006) - è stata dettata dal richiamo che da sempre viene dalla periferia, da quella parte della città che spesso si sente messa ai margini. Siamo certi che le istituzioni ci saranno vicine e convinti che gli imprenditori sapranno apprezzare, e magari condividere, i nostri sforzi. Speriamo che Corrado Barazzutti possa svelare proprio in una conferenza stampa a Napoli i nomi delle convocate azzurre». Il capitano potrà scegliere tra ben cinque top-50 della classifica Wta Francesca Schiavone (n. 25), Mara Santangelo (n. 35), Flavia Pennetta (n. 39), Tathiana Garbin (n. 40) e Karin Knapp (n. 51), senza dimenticare una colonna del doppio come Roberta Vinci (n. 74).
Sharapova e Williams: ecco le stelle del Foro

(Da oggi in vendita i biglietti per la prossima edizione)

Teo Betti, il messaggero del 8-1-08

L’edizione degli Internazionali d’Italia di Tennis 2008, si presenta con le carte in regola per offrire grandi prestazioni, come sempre del resto. Il mitico campo Centrale è stato abbattuto per rinascere a vita nuova impreziosito (tetto mobile) e capienza aumentata di 4000 spettatori. Assisteremo al torneo nello stadio provvisorio che sarà realizzato tra il Parco del Foto Italico e l’inizio della curva Sud dello stadio Olimpico. Il “Centralino” non sarà toccato. Ciò che interessa maggiormente i tanti appassionati della racchetta è la partecipazione degli attori. Essendo gli Internazionali inseriti tra i Masters Series, è prevista la presenza dei 50 migliori giocatori del mondo. Come .da consuetudine, il torneo maschile aprirà i giochi. Data 3-11 maggio. Grande attesa per Rafael Nadal, dominatore sulla terra battuta, E’ l’unico ad aver ottenuto tre vittorie consecutive agli Internazionali d’Italia. Pare affaticato, troppa attività, ma vedrete che sulla terra del Foro Italico sarà sempre l’imbattibile mancino. Oltre a Nadal, rivedremo il fuoriclasse Roger Federer, numero uno del mondo, che non è ancora competitivo come sulle superfici veloci, ma intenzionato a presentarsi nella stagione sulla terra con una preparazione accurata. Il torneo femminile vedrà in campo tutte le migliori giocatrici del circuito inizio il 10 maggio, finale il 18. Le brave sono tante, ma su tutte emerge Jelena Jankovic, campionessa in carica. La bella, fuoriclasse, ha lasciato il segno al Foro Italico. Ha dominato il torneo battendo in finale la russa Kutznetsova. La serba ha i tratti orientali, gli occhi a mandorla, gli zigomi alti. Eppure ha origini totalmente serbe. Attualmente è numero tre del mondo, ma la ragazza ha le potenzialità per guadagnare la testa della classifica. Non mancherà la splendida Maria Sharapova e le sorelle Williams e poi la Mauresmo, le azzurre e ovviamente le altre migliori giocatrici della classifica Wta. Insomma lo spettacolo è assicurato. Da oggi è aperta la vendita dei biglietti giornalieri E’ possibile acquistare i tagliandi per le singole sessioni di gioco tramite internet (www.federtennis.it) e presso le ricevitorie della catena Lottomatica. Abbonamenti e biglietti possono essere prenotati telefonando al numero verde 8001622662.

Lemon Bowl nel segno del Parioli

(Numerose le affermazioni dei baby-giocatori italiani)

Enz. Bia., il tempo del 8-01-08

L’ultima giornata. della 24ésima edizione del «Lemon .Bowl by Head-Ttk» 2008 che quest’anno ha registrato il record di iscrizioni con 1726: partecipanti, ha regalato un bellissimo: tennis, nonostante la pioggia. Le. finali hanno visto l’affermazione dei favoriti: Ricardo Chessari della rappresentativa nazionale nell’Under 12 maschile, il romano Jacopo Berrettini della Corte dei Conti nell’under 10 maschile su Gianmarco Moroni del Parioli, l’inglese Katie Boulter nell’Under 12 femminile e Antonio Mastrelia nell’Under 14 maschile. Equilibrata la finale dell’Under 12 maschile, aggiudicata da Riccardo Chessari di Ragusa e il romano, alla seconda finale consecutiva Sasha Merzetti del Verde Roma. Nell’Under 16 femminile ha prevalso Benedetta Zaulì che ha battuto la romana Benedetta Jaccod.

Il grande tennis riparte contro gli scandali

(Nadal-Moya quando il tennis sa dare emozioni senza “compromessi”)

Rino Tommasi, il tempo del 7-01-08

Il grande tennis si è già messo in moto a grande ritmo perché lunedì prossimo inizia l’Open d’Australia, la prima prova del Grande Slam. Sabato scorso, grazie a Sky, Rafael Nadal e Carlos Moya ci hanno regalato un partita che. pone già una autorevole candidatura per la scelta del match dell’anno per il 2008. I due tennisti spagnoli malgrado i 10 anni di differenza (31 anni Moya, 21 Nadal) sono molto amici anche perché sono nati entrambi a Mayorca. Nadal aveva 12 anni quando Moya vinse nel 1998 il Roland Garros prima di diventare per qualche settimana il numero uno del mondo nel marzo del 1999. Nadal è esploso nel 2003 .e dal 2005 si è stabilmente installato al secondo posto in classifica alle spalle di Federer vincendo per tre volte consecutive a Parigi, affermandosi come il re della terra battuta. L’amicizia non ha impedito che ogni volta, che i due mayorchini si sono trovati di fronte non si siano mai risparmiati. E stato così anche nella semifinale del torneo di Chennai (ex Madras) dove Nadal si è imposto dopo 3 ore e 52 di gioco e dopo aver salvato quattro match point. Inevitabilmente Nadal ha pagato lo sforzo ed il giorno dopo in finale ha subito la più dura confitta della sua carriera perdendo pér 6-0, 6-1 in meno di un’ora dal russo Michail Youzhny, dal quale era già stato sconfitto tre volte su nove precedenti sfide. Tutto sommato, in un momento in cui il tennis è messo sotto osservazione per il problema delle scommesse, sono giunte due dimostrazioni di onestà a di serietà. Dati i rapporti e le gerarchie ormai definite (Nadal è numero 2, Moya 17) i due spagnoli avrebbero potuto accordarsi per un confronto meno faticoso, invece si sono battuti in tre entusiasmanti tie-break regalando spettacolo ed emozioni. Il giorno dopo quando Nadal ha capito di non avere recuperato le energie e di non essere in grado di contrastare Youzhny avrebbe potuto ritirarsi anziché rimanere in campo per subire una sconfitta umiliante. Negli altri due tornei maschili della settimana si sono imposti lo scozzese Andy Murray che ha vinto a Doha battendo in finale lo svizzero Wawrinka e, un po’ a sorpresa, il francese Liodra, uno specialista del doppio che ad Adelaide ha battuto il finlandese Nieminen. Nei due tornei femminili da segnalare il ritorno alla vittoria di Lindsay Davenport (31 anni, al rientro dopo la maternità) che ha vinto ad Aukland mentre a Gold Coast si è imposta. la cinese Li a conferma dei progressi di quel movimento in attesa di registrare qualche segnale anche nel settore maschile. Gli organizzatori dell’Australian Operi dovrebbero dare una buona testa di serie, alla Davenport, temo che non lo faranno. Per quanto riguarda gli italiani partenza in sordina. Volandri si è fatto dominare dal tedesco Kohlschri¬ber, Seppi e Bolelli fuori al primo turno, una bella vittoria della Garbin è stata cancellata dalla sconfitta contro la Cibulcova, accettabili le sconfitte della Schiavone con la Schnyder e della Permetta con la Safina. Una nota positiva per la vittoria del romano Flavio Cipolla che ha vinto il challenger di Nomea, in Nuova Caledonia. Questa settimana Volandri, Seppi, la Schiavone e la Knapp giocano a Sydney, la Pennetta e la Brianti ad Hobart, .gli altri tentano la sorte delle qualificazioni dell’Australian Open.


Camper, camping e Natale e il Lemon Bowl ha fatto boom

(Tanti sacrifici per aprire la porta che porta al successo. Ecco tutti i nomi dei Finalisti divisi per categorie)

Francesca Paoletti, la gazzetta dello sport del 06-01-08

Qui vince l’entusiasmo. La freschezza e la voglia dì sorridere, che il professionismo per ovvi motivi porta via, sono il segreto del Lemon Bowl che stamane, (alle ore 9.30, elegge i suoi nuovi campioncini fra i 1726 partecipanti. La 24a edizione è stata un successo: un boom di numeri e un biglietto da visita che nessun altro torneo giovanile al mondo può vantare.… Se il centro del mondo tennistico dei grandi a Roma è il Foro Italico, sede degli Internazionali d’Italia a maggio, la zona Cristoforo Colombo, con i numeri di questa edizione, si conferma terra di conquista per le racchette del futuro. Dopo la chiusura delle finali e la premiazione, gli organizzatori si concederanno qualche ora di riposo, prima dì tornare al lavoro per la prossima edizione il prossimo Natale si festeggiano le nozze d’argento e l’obiettivo è sfondare il muro delle 1800 iscrizioni. Entro un mese saranno definiti i contratti con gli sponsor, dal primo settembre gli accordi con i circoli e i contatti con le federazioni straniere. Infine, dal primo dicembre 2008, con la pubblicazione delle classifiche nazionali, il via alle iscrizioni costi e impégno «organizzare un torneo di questo tipo — spiega Paolo Verna, direttore e anima dell’appuntamento dall’85 –costa 35-40 mila euro - nell’organizzazione lavorano una quarantina di persone, di cui 12 addetti ai campi e 5 giudici arbitri». Si sono disputati oltre 1700 match tra pre-qualificazioni, qualificazioni e incontri dei tabelloni principali nelle categorie Under 8, 10, 12,14,16 e 18 maschili e femminili (per fare un parallelo, nel 2007 il fratello maggiore del Foro ha ospitato poco più di 200 partite tra singolare e doppio Atp e Wta). Al Lemon Bowl sono state utilizzate 2000 palline normali e circa 300 «mid» per le gare dei più piccoli (contro le oltre 11 mila degli Internazionali) . Il New Penta 2000, la Polisportiva Palocco, l’Eschilo 2 e il Madonnetta Fitness Park, i 4 club romani sede della manifestazione, hanno messo a disposizione 32 campita terra battuta, più 8 indoor (preziosissimi nella piovosissima giornata di ieri). ORGANIZZAZIONE «Al fianco del New Penta 2000 — spiega Verna - c’è un camping che mette a disposizione delle case mobili da 2-4 e 6 posti letto a costi esigui (20-30 euro al giorno, a carico degli ospiti). Poi, abbiamo convenzioni con due alberghi di Casal Palocco e Ostia per i più esigenti». Ma non mancano gli «avventurosi» che raggiungono Roma con i camper e si posizionano nel parco del circolo. «La maggior parte dei ragazzi si muove con le famiglie e le feste di Natale sono un incentivo a visitare Roma. Ma non sono rari i casi in cui i maestri dei circoli accompagnano gruppi di atleti». I vincitori del torneo non ricevono premi in denaro, ma gadgets e materiali tecnici (oltre, è chiaro, ai trofei riempiti di succosi limoni). PROGRAMMI Si parte alle 9.30, sui campi del New Penta 2000 (via di Malafede). Under 10: Mattina Zerulo (Manfredonia Te) - Martina Pratesi (Tc Grossèto) e Gianmarco Moroni (Tc Parioli) -Jacopo Berrettini (Corte dei Conti); Under 12: Giulia Paltone (Te Mónviso)-Katie Boulter (Gbr) e Riccardo Chessari (Tc Ragusa)-Sasha Merzetti. (Verde Roma) ; Under 14: Maria Masini (Tc Firenze) -Valeria Prosperi (Grosseto Tc) e Antonio Mastrelia (Garden Vesuvio)-Alberto De Meo (Libera); Under 16: Benedetta Jaccod (Tc Parioli)-Benedetta Zauli (Tc Grossèto) e Luca Margaroli (Svizzera)-Gianmarco Coletta (Vìanello TT) ; Under 18: Martina Natali (La Valletta)-Martina Gleda-cheva (Bulgaria) e Cristian Rodriguez (Colombia)-Riccardo Mèrone (Aureliano-TT).
Hingis, arriva anche la stangata due anni dì stop per la cocaina(“Chiamarsi Martina a volte è una condanna”)

Gaia Piccardi, il Corriere della Sera del 5-01-08

MILANO — Era uscita di scena col botto il primo novembre 2007, la fronte altissima da cui sgorgavano geometrie illuminate solcata da rughe di perplessità, gli occhioni da eterna bambina sgranati su uno scenario da incubo: un ritiro-bis, il secondo, a 27 anni appena compiuti, contestuale all’annuncio di una positività alla sostanza che ti rimane nel curriculum per tutta la vita. Cocaina. Sparita e muta da allora, Martina Hingis, e invisibile anche ieri, quando la Federtennis internazionale ha sbriciolato, con condanna postuma e in contumacia, quel che rimaneva della reputazione dell’ex numero uno del mondo, condannandola a una squalifica di due anni per doping (decorso partito il primo ottobre) e alla restituzione dei premi (129 mila dollari) vinti dal momento del test in poi. Finisce così, con il terzo tempo della gogna mediatica e l’autoesilio volontario, la corsa a perdifiato della ragazzina prodigio a cui mamma Melanie aveva affidato un nome, Martina in onore della Navratilova, e un destino, emulare la mancina di Praga, proibitivi ed è come se dopo aver retro quel peso mostruoso per anni Martina-due abbia ceduto nel sotto finale di questa favola moderna e mai del tutto convincente, logora e crepata, come un vaso troppo pieno che, alla fine, esplode. L’impossibilità di riprendersi il trono del tennis, ormai nelle grinfie di avversarie forse meno acute, ma molto più muscolari di lei. Il matrimonio annunciato con il connazionale, e collega, Radek Stepanek sfumato quasi sull’altare, l’anello di fidanzamento ancora all’anulare sinistro nel giorno nero del ritiro, pieno di lacrime e giustificazioni: «Sono risultata positiva ma mi sento innocente al cento per cento. Ho il terrore delle droghe e non ne ho mai assunte in vita mia Sono sotto choc da quando mi hanno informata di questa accusa orrenda..». Eppure sia il campione A che il campione B delle sue urine, prelevati dopo la sconfitta al terzo turno di Wimbledon con l’americana Granville, avevano fallito il test e a nulla era servito che Martina affidasse a un’agenzia privata la prova del capello, risultata negativa, per dimostrare che lei, la bambina del tennis più precoce di sempre, non era, non poteva essere, una cocainomane. Oggi, meditando su un inutile appello a un’inutile sentenza, della Hingis rimangono molto fosforo seminato per i ground del pianeta, cinque titoli Slam (tutti tranne il Roland Garros), 209 settimane da n° 1 incontrastata, qualche celebre e infelice frase pronunciata con giovanile arroganza (sulla Mauresmo: «Quella sembra un mezzo uomo, ha pure la fidanzata»; sulla Kournikova: «Noi rivali? Ma se vinco sempre io!»; sulle sorelle Williams: «Essere nere le aiuta a trovare più sponsor»; sulla Novotna: «È vecchia e lenta») e una scomodissima parentela con Diego Hipperdinger, ex numero 491 del mondo, e Sesil Karatantcheva, gli unici tennisti ad essersi beccati due anni di squalifica per doping, il massimo della pena prevista dal codice Wada. I carneadi e la campionessa, autorizzati a rotolarsi nella stessa polvere. «Tutto ciò non ha senso - ha detto ieri il manager Mario Widmer, mentre lei rimaneva fedele al suo silenzio - Martina non giocherà mai più a tennis». Una giovanissima miliardaria con molto tempo a disposizione. Chiamarsi Martina, a volte, è una condanna.

Hingis, sei finita colpa della cocaina

(Se ne va la Shirley MacLaine del tennis, che con un sorrisetto riusciva a zittire tutti)

Vincenzo Martucci, la Gazzetta dello sport del 5-03-08

Martina Hingis è stata squalificata due anni per doping; ha assunto cocaina, la droga dei ricchi per sentirsi più forti. La federazione internazionale non ha creduto alla tesi del sabotaggio, non si è lasciata commuovere dal secondo, volontario, ritiro annunciato dalla campionessa a novembre, a Zurigo, e ha chiuso la carriera con il marchio del baro. Perché l’errore del 29 giugno, all’ultimo Wimbledon, costa lo stop dal l’ottobre 2007 al 1 Ottobre 2009, quando l’ex regina mondiale avrà 29 anni.… Grande sul campo di tennis, l’ex slovacca, naturalizzata svizzera, non è mai stata amata dal suo ambiente. L’altezzosa bambina prodigio, la predestinata a ricalcare le gesta di Martina Navratilova (idolo di mamma Melanie), era la più piccola, la meno muscolata, quella che adopera la racchetta come una bacchetta magica per sbaragliare clave e grugniti delle virago moderne. Era l’orgogliosissima prima della classe che aveva abdicato nel 2003 alle potenti sorellone Williams dando la colpa alle proprie caviglie, ed era tornata nel 2006, con irridente facilità, per vincere ancora i tornei numero 41 e 42 di singolare (compreso Roma), è tornare numero 6 del mondo. LINGUA LUNGA Martina era era la Shirley MacLaine del cinema Zittiva tutti, con il sorrisetto beffardo, con lob e smorzate, con attacchi in controtempo, con amori clamorosi con famosi colleghi ai quali succhiava l’animus pugnandi, novella mantide religiosa. Martina aveva un timing perfetto anche fuori dal campo. Alla vigilia della finale degli Australian Open 1999 smontò l’acerba avversaria, Amelie Mauresmo, dicendo ai media: «E’ qui con la fidanzata, è già un mezzo uomo». Distrasse l’amica-nemica Anna Kournikova: «Ma quale rivalità? Io vinco tutti i miei match». Attaccò pubblicamente Venus e Serena WMams: «Essere nere le aiuta soltanto, cosi trovano sponsor e, a ogni problema, possono dire: “E’ razzismo, le cose succedono per il colore della nostra pelle”. Hanno sempre avuto la bocca larga». Mandò incautamente, e prematuramente, in pensione Steffi Graf : «Ha avuto i suoi risultati, ma ora il gioco è più veloce ed atletico. E’ vecchia, il suo tempo è passato». Un po’ come fece con Helena Sukova, con cui aveva vinto Wimbledon in doppio: «E’ vecchia e lenta». DISDETTA PARIGI Martina si sentiva forte, fin troppo. Così ha buttato via il Grande Slam del 1997, per ostinarsi a saltare comunque a cavallo con l’amato Montana ed operarsi così al ginocchio un mese prima del Roland Garros, l’unico Slam che non ha mai vinto. Il Major stregato che aveva in pugno anche nel ‘99 quando era lì li per firmare i due set a zero contro la «vecchia» Graf, ma contestò una decisione dell’arbitro, si mise contro il pubblico del Philippe Chatrier e scappò quindi sconfitta, in lacrime, negli spogliatoi. Da li riemerse per la premiazione solo per l’intervento della mamma allenatrice. Ma nell’albo d’oro degli Slam non è tornata più regina, fermandosi a 3 Australian Open, un Wimbledon e un Us Open in 12 finali. Tanto per gli altri, poco per chi poteva ottenere l’immortalità tennistica. TRADIMENTO Martina Hingis non era così forte, se ha avuto bisogno della cocaina. «Il test antidoping dell’IW ha rinvenuto nelle sue urine un metabolite della cocaina, il Benzoli ec gonina, che qualche atleta utilizza per migliorare sicurezza ed autostima, ma che è molto pericoloso perché porta meno sangue dalle arterie al cuore», come suggerisce il dottor Giuseppe Banfi, specialista in medicina di laboratorio all’ospedale Galeazzi di Milano. Martina Hingis era debole. Anche se la condanna della Wta è più politica che giusta, dopo tanti, veri scandali di doping e scommesse. Anche se magari il vizietto non è legato al tennis. Anche se è stato davvero l’errore di uria notte. E’ difficile essere forti.

Hewitt e Bell, i guantoni per rinascere

(Il 2008 l’anno giusto per metter in pratica le nuove tipologie di allenamenti)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 3-01-08

Un ex numero uno del tennis, l’australiano Lleytón Hewitt, e un’ex prima scelta dell’Nba, Troy Bell, hanno appena dichiarato di essere rinati grazie alla boxe. Ma che cosa hanno mai in comune i loro sport con i pugni? A meno di clamorosi, e davvero straordinari, esempi, chi usa la racchetta non viene alle mani con l’avversario di là del net, ma percuote solo la povera pallina gialla. E chi pensa a infilare la palla in un cesto cerca piuttosto di evitare, in slalom, piedi e braccia avversati che gli si oppongono. «Io invece non mi sorprendo per niente – puntualizza il c.t. della nazionale azzurra di boxe, Francesco Damiami -, perché l’allenamento del nostro sport mette in moto tutte le articolazioni, sollecitando l’attenzione a scansare il colpo (o l’ostacolo), come la velocità d’esecuzione. Infatti lo suggerirei per la completezza a qualsiasi ragazzo volesse fare un’attività fisica: rinforza armoniosamente gambe, braccia e tronco». ESEMPIO SACCHI Come suggerisce l’ex mondiale dei massimi Wbo, anche Arrigo Bacchi, quando allenava il Rimini, portava i suoi nella palestra di boxe «A far pesi, corda e corsa». Ma qui stiamo parlando anche di altro: perché sia Hewitt che Bell fanno proprio i guanti, come sì dice in gergo. Per raffinare caratteristi che peculiari della boxe come «colpire e volar via, schivare, rimanere in equilibrio, fintare, dribblare con occhio e corpo, avere il controllo totale degli arti, essere veloce di mani e braccia, migliorare i muscoli del tronco e il fiato». Proprio quelle che esaltano oggi sia Hewitt che Bell. SANGUE E ARENA Solo che, mentre Hewitt la boxe ce l’ha nel sangue, per via di papa Glynn, ex giocatore delle violente Australian Rules, e ammira da sempre il Rocky cinematografico con la cui colonna sonora si accompagna fino ad entrare sul ring, pardon, sul campo, Bell, oggi playmaker di Biella, nella nostra serie A, ha fatto a pugni sul serio. Almeno una volta, il 27 agosto 2006, quando il sogno del basket sembrava allontanarsi. Vinse ai punti contro tale David Oropeza: «Ma su nessun parquet ho mai faticato tanto quanto in 3 minuti sul ring». BILANCIO Anche Hewitt sembrava smarrito, dopo il 2001 e 2002, che chiuse al numero 1 del mondo vincendo Us Open e Wimbledon. Sembrava ormai pago anche come uomo, marito e padre, e invece, proprio grazie alla boxe è al nuovo-vecchio stratega, Tony Roche, sembra tornato «Lleyton il selvaggio»: «Ho fatto un sacco di boxe e mi ha aiutato non solo nella condizione fisica, ma anche nell’agilità, nel gioco di piedi e nel cuore». Come già Martina Hingis ed Andy Murray.


Scrivi un commento