RASSEGNA STAMPA: I più interessanti articoli che trattano di tennis apparsi sui giornali italiani da giugno 06

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Rubrica curata da

DANIELE FLAVI

Le scommesse? Peggio il doping

(L’apoteosi per il nostro Blog, citato, finalmente, anche dalla “Rosea”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 04-10-07

Dopo la denuncia di Betfair, il sito di scommesse ondine più noto in Italia, l’Atp, che già aveva ingaggiato un ex mafioso americano, ha assoldato investigatori dell’ippica inglese, ed ha aperto un’inchiesta ufficiale. E così ogni giorno c’è un atleta che denuncia di aver rifiutato una proposta a perdere da fantomatici gaglioffi. Basandosi su un anonimo bookmaker, un giornale inglese ha sostenuto che dal 2003 sono stati truccati 138 partite ufficiali. Un giornale francese ipotizza che addirittura 11 tennisti professionisti italiani siano stati indagati perché hanno un conto su un sito di scommesse web o perché puntano denaro sulle partite di tennis. Come peraltro conferma in una lettera ufficiale Gayle Bradshaw, vicepresidente dell’Atp. Un sito Usa - come riportato dal blog www.ubaldoscanagatta.com -, indica 21 match specifici sospetti, puntando ancora il dito contro gli azzurri. Il presidente della Federazione internazionale (Itf) , Francesco Ricci Bitti, peraltro italiano, è preoccupato? “In partenza ero più preoccupato per il doping ed ero più certo della medicina, sulle scommesse sono meno preoccupato perché so cosa c’è nel Dna degli atleti ma sono meno tranquillo sulla medicina perché non tutto è in mano a noi, e moltissimo alla legislazione dei vari paesi. Le scommesse sullo sport ci sono, ci sono state e ci saranno, e non le possiamo fermare” Ma le scommesso, come il doping, non stanno minando la credibilità del tennis? “Sicuramente non fanno bene tutte queste auto-denunce dei giocatori che aumentano il sospetto e quindi la similitudine doping-scommesse. Perciò Atp e Wta (gestori dei circuiti pro), comitato di coppa Davis e Itf stanno lavorando insieme, nell’Integrity Working Group” per raffinare le regole e dissuadere giocatori ed entourage dalle tentazioni” Il campione non va mai in campo per perdere, ma che succede nel primi turni di tornei Atp Tour minori e nel Challenger? «Non credo nella deliberata predeterminazione del risultato dei giocatori (“match-fixing”), temo però la predeterminata intenzione di perdere un incontro - «tanking»: magari per . insoddisfacenti condizioni fisiche o infortuni - e so che soprattutto gli sport individuali, grazie alle modalità delle scommesse che sono sempre più ampie, si prestano a ogni tipo di puntata. Del resto i soldi accentuano tutto, e bisogna essere vigili, soprattutto nei tornei minori: 600, tanti». Non sono tanti anche tutti questi tennisti italiani “chiacchierati”? «Non sapevo niente. Comunque, non bisogna mai generalizzare casualmente possono figurare in queste vicende giocatori di uno stesso paese. Infatti io ho sempre difeso i paesi”. Ma come mai agli Australian Open 2008 elimineranno l’agenzia di scommesse nel torneo e nella home-page del sito della Federtennis Italiana c’è una pubblicità di puntate on line? «Gli australiani si sono mossi su istanza del gruppo dei 4 organi del tennis, l’iniziativa Fit non è il massimo dal punto di vista etico, ma, secondo me, le società di scommesse dovrebbero avere il dovere morale e legislativo di restituire qualcosa allo sport da cui traggono guadagni”.

Tennis e scommesse Scotland Yard a caccia di un pentito

(Come far prendere il posto dei giocatori russi a quelli italiani)

Paolo Brusorio, il giornale del 04-10-07

Un tennista italiano fuori al primo turno non è una notizia. Ma un italiano che scommette sulla propria eliminazione, invece. è solo uno dei tanti cerchi causati da chi ha buttato il sasso nello stagno: le scommesse illegali nel tennis. Voci, pettegolezzi. sospetti. Dimenticati da tempo i gesti bianchi, chiazzata dall’effetto doping (un paio di maxi squalifiche e ombre che si rincorrono) la racchetta finisce nel tritacarne. Ha cominciato il Sunday Telegraph pubblicando un elenco di 138 incontri che sarebbero stati truccati dal 2003 a oggi. Dai primi turni dei tornei dello Slam a incontri minori: ce n’è per tutti i gusti e per tutte le puntate. Esempio: il belga Elseneer ha rivelato di aver ricevuto un’offerta di 100mila dollari per perdere contro Starace a Wimbledon nel 2005. Oddio, che il tennis avesse perso la verginità lo sapevano tutti ma fino a poco tempo fa nomi e cognomi di sospetti e sospettati erano ignoti. Poi, agosto scorso, torneo di Sopot: il russo Nikolay Davidenko numero 4 del mondo, perde contro il carneade argentino Martin Vassallo Arguello. Il punteggio? 6-2, 3-6.1-2 e ritiro. Prima il russo è dato a 1.20 e Arguello a 5.75. A un’ora dal match le quote si ribaltano: su «Betfair» Davydenko sale a 3 e Arguello scende a l,51. Mica fessi, gli esperti del sito di scommesse on line avevano fiutato il marcio. Altalena di quote fino alla sirena d’allarme: quando Davydenkosi ritira, Arguello sta a 1,35. Ma soprattutto sono stati giocati sul match oltre 6,5 milioni di euro. Consultati gli investigatori, Betfair annulla tutte le scommesse. E qui si rompono gli argini. Un’altra spallata arriva dal Journal de dimanche che. si butta nel fango e, con il solito fare da amiconi tipico dei francesi, ci fa sapere che un ruolo centrale in questa vicenda delle scommesse ce l’avrebbero gli italiani. E fa anche i nomi: «Starace, Bracciali, Luzzi o Galimberti, Di Mauro». Per la stampa «amica» i tennisti azzurri avrebbero preso il posto dei russi al centro di questo mondo parallelo che manovrerebbe gli incontri di tennis. Gli italiani secondo il Journal de dimanche, avrebbero scommesso su molti incontri. I loro compresi Interwetten.com: gli azzurri avrebbero un conto aperto su questo sito. Alcuni di loro (Starace, Di Mauro, Luzzi) ammettono le puntate, ma non sul tennis. e tanto meno sui match che li riguardano, altri come Bracciali assicurano di aver smesso col vizietto. Come se non bastasse, poi, un sito americano tennis.com, avrebbe affidato. ad esperti bookmakers l’analisi di alcuni incontri sospetti. Dove per sentire puzza di bruciato non occorre il risultato a sorpresa. ma basta un andamento irregolare tale da movimentare un certo numero di giocate a partita in corso. I bookmakers avrebbero isolato 21 partite contagiate da due virus: il match fixing e il tankig. Ossia: la predeterminazione del risultato (con le sue variabili nei game) e l’intenzione di perdere da parte di un giocatore. Tra gli incontri discussi, quattro vedrebbero in campo Filippo Volandri. Prove? Zero…..

Scommesse nel tennis un fenomeno crescente

(Da Kafelnikov ai giorni nostri la cronistoria del toto-scommesse)

Andrea Facchinetti, E Polis Roma del 3-10-07

Le prime notizie ufficiali di scommesse nel mondo del tennis risalgono a quattro anni fa, quando furono sospesi i pagamenti della partita fra Yevgeny Kafelnikov e Fernando Vicente nel torneo di Lione. Una segnalazione destinata in un primo momento a finire nel dimenticatoio ma che purtroppo è tornata di attualità nel corso di questa stagione, quando, ad agosto, Nikolay Davydenko (allora n°4 del mondo) si ritirò a Sopot contro Martin Vassallo Arguello (n°84) nel terzo set, costringendo l’agenzia Betfair a sospendere i pagamenti in seguito ad una serie di misteriose puntate sulla vittoria dell’argentino che avevano raggiunto in pochi minuti i 5 milioni di euro. Un fenomeno crescente, quello delle scommesse effettuate dagli stessi addetti ai lavori, capace di attirare l’attenzione dell’Atp (Associazione Tennisti Professionisti), che ha assoldato addirittura un mafioso newyorchese per avvisare i giocatori del pericolo a cui vanno incontro. Perché i sospetti che dietro alla questione si nascondano i tentacoli della mafia russa crescono quotidianamente, di pari passo con le segnalazioni relative a tentativi di corruzioni (con Tipsarevic, i fratelli Bryan, Elseneer, Norman, Tursunov nel ruolo di vittime) più o meno veri che hanno coinvolto giocatori del passato e protagonisti di oggi. Polemiche e sospetti hanno ormai portata planetaria: il quotidiano britannico Sunday Telegraph sostiene di essere in possesso di un dossier segreto consegnatogli da un bookmaker nel quale sono menzionati 138 incontri (di cui tre femminili) che sarebbero stati “aggiustati” a partire dal 2003. E giornali francesi quali “L’Equipe” e “Le Journal du dimanche” si sono spinti oltre, tirando in ballo cinque tennisti italiani che sono fini ti nel mirino dell’Atp per un caso di scommesse truccate via internet. I nomi in questione sono Potito Starace, Daniele Bracciali, Alessio Di Mauro, Giorgio Galimberti e Federico Luzzi, i quali risultano titolari (secondo un’inchiesta commissionata dal sindacato alla ESSA, che raggruppa i principali bookmakers europei on Une) di conti a loro intestati presso la società www.interwetten.com. «Non è stato individuato ancor alcun responsabile», fa sapere Chris Dent, vicepresidente esecutivo dell’Atp, ma pronta è arrivata la risposta indignata dei giocatori menzionati. «Non ho alcun problema a nascondere di avere fatto alcune scommesse, ma con altrettanta chiarezza tengo a precisare che non hanno mai riguardato il tennis», spiega Starace, da poche settimane numero 1 italiano. «Io e Luzzi.. abbiamo depositato qualche euro sul conto per giocare come fanno moltissime persone, ma conosciamo le nostre responsabilità e non siamo andati oltre. Ci sono tutti i movimenti di denaro sostenuti e non ho problemi a farli avere a chi di dovere. Se l’Atp intende risolvere il problema in questo modo, sta prendendo la strada sbagliata, e la campagna intrapresa dai giornali francesi contro noi italiani è vergognosa». Smentite simili arrivano pure dagli altri chiamati in causa, che accusano l’Atp di affrontare la questione da un punto di partenza sbagliato. Ma quale sarà la ricetta giusta?

Finalmente il Blog di Ubaldo viene citato in un articolo

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 3-10-07

Milioni di euro. Migliaia di sospetti. Il tennis è uno sport tecnicamente facile da truccare. Basta mettersi d’accordo con un giocatore, al massimo due. Si può influenzare l’esito finale di un match o l’andamento della partita. L’arrivo delle quote variabili ondine, ha aumentato a dismisura le tentazioni……. Cinque giocatori italiani sono stati coinvolti dalla stampa francese nel dilagante scandalo delle scommesse; Il Journal de Dimanche e L’Equipe hanno chiamato in causa Potito Starace, Daniele Bracciali, Federico Luzzi, Giorgio Galimberti e Alessio Di Mauro accusandoli di avere un conto aperto sul sito online interwetten.com. Il Journal de Dimanche ha riportato anche la richiesta fatta dal vice presidente Atp, Gayle David Bradshaw all’ESSA (l’organizzazione dei siti di scommesse europei online): «Visto il gran numero di risultati positivi concernente i tennisti italiani che possiedono un conto-scommesse e scommettono sul tennis, desidererei che voi membri operaste delle verifiche su Navarra, Fognini Seppi Bolelli Galvani e Sanguinetti”. Le ricerche fatte hanno dimostrato l’estranieta dei nostri giocatori da qualsiasi coinvolgimento col mondo delle scommesse. Abbiamo sentito Starace e Bracciali. Dice il campano: «Ci hanno coinvolto in modo ridicolo. Gliel’ho detto personalmente: siete dei cialtroni. E’ vero, ho un tessera per scommettere su quel sito. Ma gioco al Casinò e sempre per cifre minime. Non credo sia una colpa». Deciso anche l’aretino:«Ero iscritto al sito fino al 2003, poi non ho più . giocato. Scommettevo 10 o 20 euro sul calcio, il basket, magari anche su un paio di match di tennis. Ma poca roba. Quando ho perso 600 euro, ho smesso. Non mi ricordavo neppure di essere ancora iscritto. Ma credete che uno di noi sia così scemo di voler scommettere sul tennis per guadagnare e lo faccia con il suo nome?». Di Mauro e Luzzi hanno risposto sul sito blogquotidiani.net/tennis del collega Ubaldo Scanagatta, ammettendo di possedere la tessera ma di giocare a poker o di scommettere sul calcio. Il presidente della Federtennis Angelo Binaghi ci ha detto: «Sono per la totale buonafede dei ragazzi. Creeremo un codice di comportamento. Ma il problema più grande non è in queste cose, quanto nell’assurdità di una situazione mondiale che vede i giocatori governare se stessi in un ambiente frequentato da individui che non dovrebbero mai entrare nel mondo sportivo». In Europa i principali siti online che accettano scommesse sul tennis sono 12 e sono raggruppati in un’organizzazione che si chiama ESSA (European Sports Security Association). L’Atp è in diretto contatto con l’associazione che gli trasmette riscontri oggettivi sulle scommesse fornendo e-mail, conti bancari e altre informazioni sui tennisti scommettitori (“Perchè l’Atp non ha chiesto ammontare e obiettivi delle nostre puntate? La cosa sarebbe finita lì” ci diceva ieri Daniele Bracciali). Il regolamento dell’Atp è chiaro. Recita l’articolo 705 comma C (corruption offense), paragrafo a): «Nessun giocatore e nessuna persona del suo staff può direttamente o indirettamente scommettere denaro o qualsiasi valore sull’evento». E al paragrafo b) completa: «Nessun giocatore e nessuna persona del suo staff può direttamente o indirettamente sollecitare/indurre, persuadere o incoraggiare qualsiasi altra persona a scommettere sull’evento» .La pena prevista è fino a 100.000 dollari di multa, più la confisca i ogni vincita illecita, e la squalifica fino a tre anni. Nel caso in cui il tennista-scommettitore abbia anche influenzato l’esito del match, truccandolo, la squalifica potrebbe essere a vita. Per capire meglio su quali dimensioni si muovano gli scommettitori, ricordiamo che su Federer-Nadal, finale di Wimbledon 2007, sono stati puntati 3.8 milioni di dollari attraverso i bookmaker tradizionali e 45 milioni sul sito online Betfair. Sul match Davidenko- Vassallo Arguello, disputato a Sopot quest’anno, erano stati scommessi 6.5 milioni di euro quando Betfair ha sospeso il gioco, annullandolo per chiari sospetti sulla regolarità della partita. Rino Tommasi ci ricordava che i Ladbrokes (che hanno 1′8% delle loro giocate online imperniate sul tennis) nel 2001 avevano addirittura aperto un Centro Scommesse a Gibilterra per aggirare le pressioni fiscali britanniche. Centro persone che parlavano tutte le lingue del mondo. I soldi girano. E sono tanti. C’ è un dossier stilato da un bookmaker britannico. Riporta nomi e date. Il Sunday Telegraph lo ha riassunto in un recente- servizio. In quel dossier sono: andati 138 (di cui tre femminili) match truccati dal 2003 a oggi. Un sito americano indica un’altra serie di incontri, ognuno dei quali ha subito commenti negativi da parte degli scommettitori. Non per questo, precisa il sito, i match in questione debbono essere considerati truccati. Ci sono nomi che ricorrono più volte, indicazioni di variazioni di quota, dubbi. Una partita ha visto un giocatore dato favorito a 1.50 (contro 1.63 dell’altro) nonostante fosse sotto di un set e un break (4-2). In un’altro incontro, il primo turno di un torneo Challenger su cui sono stati puntati addirittura 500.000 dollari, un tennista è passato (alla vigilia) da favorito a 1.40 a underdog a 4.50. E quel match lo ha vinto davvero. E’ citata anche la vittoria di un tennista che veniva da sette sconfitte consecutive e l’agenzia di scommesse offriva a 4.50. C’è poi un giocatore che era dato strafavorito (pagava 1.02), ma che si era ritrovato sotto 6-4 3-6 0-2 contro un rivale con una classifica largamente inferiore. La quota a quel punto era salita a 1.40. E lui aveva vinto gli ultimi sei game. Un altro giocatore affrontava un rivale nettamente inferiore in classifica. La quota per la vittoria del favorito in tre set scendeva però da 4.50 a 1.70 subito prima della sfida a causa dell’incredibile ammontare di scommesse su quel risultato. Che puntualmente si verificava. Questo e altro racconta il sito americano. Nel mondo del tennis, negli spogliatoi, nelle sale stampa, si fanno nomi e si citano esempi. Come quella dei ritiri improvvisi o delle uscite di scena subito dopo una vittoria dubbia. Le ombre sul tennis sono minacciose. Si parla di scommesse ad arte, match truccati. Fino ad oggi ci sono confessioni di giocatori che sono stati contattati, ma hanno rifiutato. Quando arriverà il primo reo confesso, il re rimarrà nudo e lo scandalo dilagherà. Quest’anno sul Centrale del Roland Garros si vedeva spesso un ragazzo italiano seduto nelle ultime file della tribuna. Aveva il computer perennemente acceso le informazioni online arrivano una frazione di secondo prima di quelle televisive e controllava le quote che cambiavano game dopo game, potendo così scommettere punto dopo punto. In occasione del torneo di Miami, l’Atp aveva vietato l’ingresso in tribuna di persone con il personal computer. Ma gli scommettitori non si sono certo fermati. Il ténnis, dopo calcio e ippica, è lo sport che nel mondo raccoglie il maggior numero di puntate. Basta fornire i dati della propria carta di credito per avere accesso diretto sul sito Internet che offre le quote delle varie partite. Come abbiamo già spiegato in un altra parte di questa pagina, potrebbe esserci la possibilità che i giocatori si mettano d’accordo per governare l’andamento del match. Come? Si fa salire la quota di uno dei due, magari mandando sotto nel punteggio il favorito, e si punta. Poi chi doveva vincere, vince e si può passare alla cassa. L’Atp ha ingaggiato un ex malavitoso (Michael Franzese), ha messo a libro paga gli ispettori della Safir Rossetti (un’agenzia di investigazioni private, gestita da un ex poliziotto) e due agenti di Scotland Yard. Il tutto per provare a scoprire il marcio del tennis. La mafia russa e un consorzio di quattro nazioni (Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia) sono gli indiziati di reato. Ma finora nessun colpevole è stato scoperto e nessuna condanna è stata memessa. Gli ultimi a confessare di essere stati avvicinati da tipi sospetti che proponevano loro di truccare i match sono stati i belgi Giles Elseneer (100.000 dollari per perdere contro Potito Starace, inconsapevole dell’intera vicenda, a Wimbledon 2005) e Dick Norman. Entrambi hanno confessato di aver rifiutato le offerte. Anche Tommy Haas e Tim Henman hanno detto di essere a conoscenza di questo malcostume nel mondo del tennis, anche se non stati mai coinvolti personalmente nella vicenda. Nessuno ha finora ammesso di aver ceduto alla tentazione.

Scommesse e doping. Due ricette per limitarli

(Argomento di fine stagione…o argomento serio)

Massimo Rossi, libero quotidiano del 3-10-07
Può sembrare un argomento di fine stagione, buono a riempire gli spazi lasciati vuoti dalla cronaca agonistica, ma così non è. Molti giornali da un po’ di tempo introducono il tema delle scommesse nel tennis, riferendosi ovviamente a quelle illecite perché basate su risultati comprati. Sta aumentando il numero di giocatori che, a torto o a ragione, si trovano citati in argomento, magari solo per dire che loro si sono comportati bene rifiutando offerte interessanti per perdere un match, spesso contro pronostico. L’argomento è invece importante, non un riempitivo da dimenticare con l’inizio della nuova annata di tornei. Il problema c’è e va affrontato subito, prima che il tennis ne venga travolto. Così come non va trascurato il problema doping, che evidentemente esiste anche nel tennis se a dirlo, dandolo per scontato, è un personaggio come il capo esecutivo della Federtennis inglese. Al proposito non mi “sembra che i controlli dell’Itf abbiano portato a grandi scandali, e quindi c’è da chiedersi se si sbaglia il signor Roger Draper a dire quello che ha detto, oppure se c’è qualcosa che non va nella procedura di controllo. E vero però, come sempre, che è forse la volontà di fare qualcosa di serio che manca. Per entrambi i problemi esistono in realtà tentativi di soluzione che possono essere messi in atto. Da sempre, per esempio, suggerisco che venga definitivamente abolita la regola del tre su cinque, che rende i match troppo spesso infiniti - anche sopra le cinque ore - a discapito della programmazione televisiva e così di una maggiore diffusione mediatica dello sport del tennis. Ma la riduzione dell’impegno atletico del giocatore - a volte ripetuto e ravvicinato - giocherebbe anche a favore di una fisicità più sana e trasparente. Per quanto riguarda invece l’emergente fenomeno delle scommesse, considerato che gli episodi di cui si è saputo riguardano tutti, ovviamente, i match dei primi turni e non di grandissimo spessore, credo che un buon deterrente potrebbe essere costituito dall’aumento del premio partita riconosciuto al giocatore che, vincendo, passa al turno successivo. Con ciò andando marginalmente a ridurre il premio finale del torneo che, almeno negli slam e nei master, ha raggiunto vette imbarazzanti per qualunque società civile. Ecco allora che il prezzo da pagare per far perdere un giocatore sarebbe troppo elevato per il cattivo di turno, rendendo antieconomica la truffa. Come al solito chiudo con un breve cenno ai nostri…

Sergio Tacchini venduta ai cinesi della Hembly

(Per la prima volta i Cinesi acquistano un marchio Italiano)

Luca Vinciguerra, il Sole 24 ore del 28-09-07
Sventola la bandiera cinese sulla Sergio Tacchini. Salvo imprevisti dell’ultima ora, oggi il Tribunale di Novara darà via libera alla richiesta di concordato preventivo dell’azienda di Bellinzago spinta sull’orlo del fallimento da 70 milioni di euro di debiti. L’intesa tra i creditori spalancherà le porte della Sergio Tacchini all’ingresso di un cavaliere bianco cinese: Hembly International Holdings, uno dei principali gruppi asiatici di outsourcing e distribuzione di abbigliamento quotato alla Borsa di Hong Kong, ma saldamente controllato da capitali in arrivo da oltre la Grande Muraglia. Per accelerare i tempi, in prima battuta a salvare dall’insolvenza la società novarese sarà la H4T, una holding cinese che fa capo a Billy Ngok, presidente e padre padrone del gruppo Hembly la scorsa primavera, la finanziaria cinese aveva già prestato i primi soccorsi alla Sergio Tacchini prendendo in affitto il suo complesso aziendale e siglando un accordo di fornitura. Ora il sì dei creditori apre la fase due del contratto che prevede l’acquisto di tutti gli asset da parte di H4T. Quest’ultima, nel giro di tre anni, girerà poi tutto il pacchetto a Hembly Intertional Holdings. Sebbene oggi la Sergio Tacchini sia una società in crisi e dall’immagine sbiadita, si tratta di un’operazione importante. Un’operazione il cui significato va ben oltre il salvataggio di quello che, fino a una ventina d’anni fa, era uno dei marchi dell’abbigliamento made in Italy più conosciuti e apprezzati nel mondo. Per una ragione molto semplice: è la prima volta nella storia che i cinesi riescono a mettere le mani su un’azienda e un brand italiano di fama internazionale. Tutte e due le mani. L’acquisizione della Sergio Tacchini dalla procedura concordataria, infatti, consentirà al gruppo Hembly di diventare azionista unico dell’azienda di Bellinzago, senza joint venture, partnership o altre formule di partecipazione mista. Insomma, da domani la società regina del tennis made in Italy parlerà solo cinese. Il principale obiettivo del cavaliere bianco con gli occhi a mandorla è quello di rilanciare il marchio Sergio Tacchini! In tempi rapidi e anche su mercati dove oggi è ancora del tutto sconosciuto. A partire da quello
cinese che Hembly conosce a menadito. Billy Ngok ha già ben chiara in testa la strategia per riportare la Sergio Tacchini agli antichi fasti, quando campioni del tennis del calibro di Jimmy Connors, llie Nastase, John McEnroe e Vitas Gerulaitis vestivano le magliette made in Bellinzago. Ma il futuro dell’azienda è oltre il tennis. Il progetto di Hembly prevede infatti una declinazione del marchio molto più ampia rispetto al passato. Secondo fonti vicine all’operazione che ha condotto l’azienda novarese in mani cinesi, il gruppo cinese intende trasformare la Sergio Tacchini in un brand destinato alla fascia di mercato tempo libero-smart casual, diretto soprattutto ai giovani che amano vestire lo stile italiano. Il progetto per Sergio Tacchini rientra nella strategia di Billy Ngok che prevede nel giro di qualche anno la creazione di una miniholding del lusso a portata del grande pubblico; anche tramite l’acquisizione di marchi famosi ma dall’immagine appannata. Storie come quella di Sergio Tacchini, o di altre .aziende messe in crisi dal management o dai passaggi di proprietà generazionali che hanno bisogno di un’iniezione di nuova linfa e dell’accesso a nuovi mercati per riprendere quota. Già oggi Hembly ha stretto relazioni d’affari con una trentina di marchi del tessile abbigliamento di notorietà mondiale. Per i quali è fornitore in outsourcing (tra queste figurano anche Benetton, Diesel, Armani Jeans, Lotto, Hugo Boss, Valentino), oppure è distributore sul mercato cinese (Moschino, Stonefly, Sisley). Nel primo semestre 2007, il gruppo di Hong Kong ha realizzato un giro d’affari di 32,5 milioni di euro, con un aumento del 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente

“Mi hanno offerto soldi per perdere”

(Solamente sulla finale di Wimbledon 2007 sono stati scommessi 45 milioni di euro)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 28-09-07
E’ di Gilles Elseneer, belga di 29 anni, la prima confessione su un tentativo di corruzione nell’ambito delle scommesse sul tennis. Era l’estate del 2005, primo turno di Wimbledon. Il rivale del belga era il nostro Potito Starace (completamente estraneo alla vicenda), che sull’erba non si trova certamente a suo agio. «Due signori mi hanno chiesto senza giri di parole di perdere il match, se l’avessi fatto avrei ricevuto 100.000 dollari. Ho chiesto un giorno di tempo per pensarci, due minuti dopo gli avevo già detto di no». E quell’incontro Elseneer lo ha vinto in tre set (6-3 7-6 6-3), respingendo al mittente un compenso che avrebbe rappresentato circa il 25% dei suoi guadagni nell’intera carriera. Il tennis è al centro di mille voci. C’è chi dice che a governare il gioco clandestino sia la mafia russa. Altri sono dell’idea che malavitosi di quattro nazioni (Francia, Gran Bretagna Germania e Italia) si siano associati per gestire l’enorme giro di denaro. Tanto per capire di cosa stiamo parlando: sulla finale maschile di Wimbledon 2007 tra Federer e Nadal sono stati puntati 3.8 milioni di dollari attraverso i bookmaker tradizionali e 45 milioni sul sito online Betfair. L’8% delle scommesse via Internet dei Ladbrokes è legato a questo sport. Su Davidenko-Vassallo Arguello a Sopot erano stati scommessi 6.5 milioni di euro quando Betfair ha sospeso un’ulteriore accettazione del gioco, annullando le precedenti scommesse. Si punta con la quota che cambia ad ogni game. Giocatori con il computer hanno invaso le tribune degli stadi, anche se la federazione mondiale ha proibito l’ingresso dei portatili sulle gradinate. Il giochino è facile. Si fa vincere un set e mezzo allo sfavorito, la quota sul favorito cresce, si riversano le puntate su di lui. Alla fine quello vince come da copione e il gioco è fatto. L’Atp ha ingaggiato Michael Franzese, un uomo legato in passato al mondo della malavita americana, per spiegare i rischi che i giocatori corrono. «Una volta accettato l’inganno, non si esce più dal giro, Si è sempre sotto ricatto». Anche due ispettori di Scotalnd Yard sono stati assunti per investigare sull’incubo di clamorose combine. Il presidente Etienne De Villiers ha annunciato “tolleranza zero”. Pene da 100.000 dollari alla squalifica a vita per chiunque risulti implicato in un crimine, anche se a commetterlo sia stato uno del suo clan. Per girare il mondo a caccia dei punti che fanno classifica, permettono l’ingresso in tabellone e consentono di guadagnare, servono tanti soldi. Il terreno su cui si muovo i malavitosi è dunque fertile. Fino ad oggi non sono state scoperte combine. Ma giorno dopo giorno le voci su tentativi di illecito crescono sempre di più. Davydenko dice di non sapere nulla di queste storie, altri che sono finiti su giornali o nelle chiacchiere da spogliatoio hanno negato. Adesso Elseneer ha fatto un piccolo passo avanti. E’ la conferma tangibile che in giro c’è gente che offre tanto denaro a perdere. Lo sapevamo, ma averne le prove è assai più brutto.

Racchette truccate

(Perché non citare il blog di Ubaldo, essendo stato l’unico che ha contattato il manager di Djokovic)

Deborah Ameri, il messaggero del 26-09-07

LONDRA-«Vuoi guadagnare soldi facili. 165 mila euro? Allora perdi questa partita». E’ la proposta indecente che si sarebbe sentito fare Novak Djokovic, tennista serbo, numero tre al mondo, recentemente finalista agli Us Open. L’ombra dei match truccati e delle scommesse clandestine si allunga anche sullo sport nobile del tennis. Secondo le rivelazioni pubblicate ieri dal tabloid inglese Sun. L’offerta a Djokovic sarebbe arrivata alla vigilia del torneo di San Pietroburgo, l’anno scorso. La proposta era quella di lasciar vincere discretamente il suo avversario nel primo incontro della competizione. Avrebbe avuto i soldi cash, a patto di non fare domande. Il portavoce del tennista ha smentito la circostanza chiarendo che Novak non aveva neppure intenzione di partecipare a quel torneo e che si stava allora concentrando per giocare a Basilea. Ma tant’è la rivelazione ha scosso il mondo del tennis. E l’Atp, l’associazione dei tennisti professionisti, ha già avviato un’inchiesta sul mondo delle scommesse concentrandosi soprattutto su Russia e Ucraina. L’obiettivo è quello di appurare se c’è stata corruzione nei tornei del grande slam o in quelli minori, se qualche atleta è stato pagato per perdere un match e far guadagnare milioni agli scommettitori. Nessun colpevole, finora. Ma pare che l’Atp stia ricevendo informazioni direttamente dai giocatori. I sospetti aleggiavano da tempo. Troppi risultati shock ultimamente. Come la clamorosa sconfitta di Nikolav Davydenko contro il modesto Martin Vassallo Arguello, in Polonia lo scorso agosto…… L’anno scorso di nuovo il Sun aveva denunciato un episodio simile durante il torneo di Wimbledon, quando Richard Bloomfield inaspettatamente si aggiudicò l’incontro contro Argie Carlos Berlocq. E a confermare che il marcio ha contagiato anche questo sport è uno dei campioni, l’inglese Tiin Henman, che in un ‘intervista al tabloid confesa: «Non mi è mai successo, ma ho sentito dire che i tennisti vengono avvicinati per truccare gli incontri». Henman, 33 anni, si è appena ritirato dalle competizioni dopo la vittoria in Coppa Davis (per 4-1 contro la Croazia) e per questo ha potuto parlare liberamente…..A essere ancora più certo della corruzione tra le racchette è il direttore esecutivo della Lta, la federazione inglese del tennis, Roger Draper: “Sta diventando un problema come il doping - ha dichiarato sempre al Sun - saremmo degli ingenui se dicessimo che non sappiamo cosa sta succedendo. In questi ultimi anni le scommesse sul tennis sono aumentate in maniera impressionante…”

Djokovic, soldi per perdere. Altra bufera scommesse

(Anche in questo pezzo si parla di Blog in senso lato come fonti della notizia)

Giancarlo Galavotti, la gazzetta dello sport del 26-09-07

Nuove ombre sul tennis. Il quotidiano inglese Sun, confortato dalla conferma di due avvocati, racconta che Novak Djokovic ha ricevuto un’offerta di 150.000 euro per perdere il primo round dell’Open di San Pietroburgo di un anno fa. Djokovic avrebbe dovuto partecipare al torneo russo, in ottobre, e perdere al primo turno. Il fuoriclasse serbo, precisa li Sun, ha subito rifiutato qualsiasi coinvolgimento. E ieri ha fatto diramare la smentita: «Lo scorso ottobre non avevo deciso a quale torneo partecipare, perché ero stato contattato anche per l’Open di Basilea. Ma a causa di un infortunio ho dovuto ritirarmi…Il torneo svizzero è in calendario nelle stesse date di quello di San Pietroburgo, in programma quest’anno dal 22 al 28 ottobre. Non solo: secondo voci insistenti sui blog, la stessa offerta a perdere sarebbe stata fatta anche all’altro serbo Tipsarevic. Sarebbero solo gli ultimi episodi di un’estate caratterizzata da sospette manovre illecite da parte di gruppi di scommettitori, che offrono sostanziosi incentivi a giocatori di spicco per truffare le agenzie di scommesse. All’inizio di agosto l’agenzia online Beftair ha sospeso i pagamenti del match del russo Davydenko, n.4, ritiratosi per infortunio nell’Open di Polonia contro l’argentino Vassallo, n. 84, che conduceva 2-1 nel terzo set….

Marat Safin posa la racchetta, decide di scalare l’Himalaya

(Una lettera per tranquillizzare i fan ma soprattutto gli sponsor…)

Claudia Fusani, repubblica.it del 23-09-07

MOSCA - “A tutti i miei fan in giro per il mondo, ci rivediamo presto, promesso, sui campi da tennis. Mi raccomando, anche in mia assenza sostenete la squadra russa nella semifinale di Davis contro la Germania… Per adesso vi saluto, da qualche parte, quassù, sul tetto del mondo. Pace a tutti”. La lettera è del 19 settembre, arriva da Katmandu ed è firmata Marat Safin. Sì, proprio lui, il bello e dannato della racchetta, il serve and volley che ha fatto tremare l’hall of fame del tennis, numero 1 del mondo nel Duemila quando aveva vent’anni. Oggi ne ha 27, è numero 28, agli Us Open ha perso al secondo turno da uno svizzero e ha deciso di intraprendere, almeno per un po’, un’altra vita. Ad esempio unirsi a una spedizione di scalatori russi che hanno organizzato l’ascesa alla vetta del Cho-Oyu, 8.201 metri di altitudine, la sesta più alta del gruppo dell’Himalaya e comunque una dei più “facili” ottomila da affrontare. E’ una spedizione lunga circa 40 giorni, iniziata il 9 settembre, guidata da Alexander Abramov, parte da Katmandu, poi Zangmu, Nylam, Tingri e infine la vetta. Così il bel Marat, uno che è sempre riuscito poco a far convivere la prestanza fisica con il rigore che l’agonismo professionistico pretende, il 9 settembre è partito con zaino, tenda e sacco a pelo. Con buona pace del capitano della squadra di Davis che si è trovato, proprio in queste ore, a dover affrontare la Germania nella semifinale senza Marat che al di là della sua esuberanza in Russia, e a Mosca dove è nato, è un eroe nazionale. La sua foto giganteggia di fianco alla Piazza Rossa, un idolo per stuoli di ragazzine e signore e appassionati di tennis. Insomma, la semifinale di Davis senza Safin è un bel danno: alla competizione, alla sua immagine e popolarità. La stampa russa lo ha attaccato e ha ironizzato feroce sull’ “avventura alpinistica” dell’ex numero uno. Ecco perchè Marat ha deciso di postare una lunga lettera di spiegazione ai suoi fan sul proprio sito. “A tutti i miei fan in giro per il mondo, vi sto scrivendo da Katmandu, come sapete mi sono lanciato in questa eccitante avventura sull’Himalaya. Ma credo sia importante che vi spieghi cosa mi sta succedendo, perché sono qui e quali sono i miei progetti futuri”. Una lettera per tranquillizzare, dunque. Fan e…forse anche gli sponsor. Safin comincia dall’inizio della stagione sul veloce, quando dopo Wimbledon il circuito del tennis si trasferisce armi e bagagli sul cemento degli Stati Uniti. Fino a quel momento, va detto, Safin non aveva avuto un buon 2007: terzo turno agli Australian open, secondo turno a Wimbledon contro Federer, una striscia di primi turni senza lasciare traccia. A Los Angeles inizia la collaborazione con un nuovo coach, Hernan Gumy, “tra noi c’è un rapporto eccellente ed è solo grazie a lui, alla fiducia che ho in lui, che ho trovato la forza di fare questa scelta”. Fare uno stop con tutto e andare sull’Himalaya. Nelle otto settimane estive negli Usa, spiega Safin “abbiamo lavorato molto per riportare il mio gioco a quello che era: un tennis veloce, punti brevi, colpire molto forte e stare coi piedi sulla riga di fondocampo, non due metri dietro come è avvenuto nell’ultimo anno e mezzo. Ho sentito veramente che le cose stavano migliorando quando nel primo turno degli us Open il polso sinistro è tornato a farmi male. Lo stesso che ha iniziato a darmi fastidio già nel 2003″. Così Safin spiega la sconfitta nel secondo turno a Wimbledon. Le visite mediche e degli specialisti, a New York e a Mosca, hanno confermato che era necessario uno stop di 4-6 settimane ma che poi tutto sarebbe tornato a posto. “Parlando a lungo anche con Hernan (il coach, ndr) abbiamo capito che la stagione era finita qui e che avevo l’opportunità di unirmi ai miei amici in Tibet. Per la prima volta ho sentito che stavo facendo qualcosa che veramente volevo al di fuori del tennis”. Safin chiarisce che non è una vacanza sulla spiaggia e che anzi, fisicamente quella scalata è una sfida moto dura e intensa ma “essere così lontani e così in alto è un’atmosfera unica e spero tanto che questo dia ancora più forza e convinzione al mio tennis. Voglio che questa diventi un’esperienza molto speciale. E’ qualcosa che dentro di me volevo vivere da un sacco di tempo” Così, in una crisi che sembra una via di mezzo tra la presa di coscienza e l’acquisto della consapevolezza, il bel Marat promette che tornerà a Mosca a fine ottobre e che inizierà gli allenamenti a novembre “per essere pronto per provare a tornare al top della classifica nel 2008″. Nel frattempo prega di “incrociare le dita e di fare il tifo per la sua amata squadra russa nella semifinale di Davis cup” Dalle foto Marat sembra in ottima forma, asciutto, magro, sorridente, ghirlande di fiori intorno al collo, un bel passo lungo i crinali dei sentieri himalaiani, il giusto riposo in tenda o sull’amaca montata nel campo base. “Ci vedremo presto” promette da “qualche parte in cima al tetto del mondo” E poi un sacrosanto “peace to you all”, pace a tutti quanti. Chissà cosa pensano i compagni di squadra di Davis che, custodi dell’Insalatiera vinta nel 2006 proprio grazie a Marat, hanno faticato fino al quarto set del quinto e decisivo incontro per riportare la squadra in finale. A dicembre, contro gli Stati Uniti.

L’addio di Henman finalmente vince a Wimbledon

(un ultimo saluto davanti a 14 mila persone)

Marisa Poli, la gazzetta dello sport del 24-09-07
Infine Wimbledon l’ha premiato. Dopo quelle finali mancate di un soffio (4 volte), con la folla a seguirlo sullo schermo dalla collina di Tim. Dopo le cattiverie: «Piove, Tim è già fuori. E’ Wimbledon». Dopo il peso di avere sulle spalle le speranze di un Paese Intero. Tim Henman ha riportato la Gran Bretagna nel gruppo mondiale di coppa Davis, con il secondo successo in due giorni contro la Croazia. Ieri in doppio con Jamie Murray ha battuto Cilic- Zovko 4-6 6-4 7-6 (3) 7-5 per il punto che vale il 3-0 e la promozione nel gruppo Mondiale. «Ho avuto splendidi scenari nella mia vita. ma questo è fantastico - ha detto Timbledon trattenendo le lacrime -, chiudere la carriera riportando In alto la squadra è perfetto»…. Henman chiude con classe, dopo I titoli vinti e sei semifinali degli Slam raggiunte (4 a Wimbledon, 1 al Roland Garros e una all’Us Open). E la parola fine non poteva arrivare in un giorno migliore. A Wimbledon sono arrivati in 14 mila per vederlo giocare l’ultima volta: “Per la mia ultima, il pubblico è stato fenomenale. L’ambiente era incredibile. È il genere di match e di occasioni che mi mancheranno nel futuro Come tutti i tifosi che mi hanno appoggiato durante la carriera, È stata una magnifica avventura che mi ha permesso di realizzare tutti i sogni. Grazie a tutti» ha concluso l’ex numero 4 del mondo. Niente lacrime, quelle erano arrivate venerdì, dopo il successo in 3 set su Karanusic che resta il suo ultimo singolare…….A 33 anni, dopo aver cercato di risolvere senza risultato i problemi alla schiena, Henman ha chiuso con un dritto vincente prima di ricevere la standing ovation del pubblico. “Sapevo quanto era importante questo spareggio per la squadra, non solo per me. Ho avuto bei momenti durante l’anno, ma l’ultimo punto di questa partita è il migliore” Ha firmato le palline e le ha lanciate al pubblico, prima di tornare negli spogliatoi con in braccio la figlia Rosle. «E’ stato il miglior giocatore inglese dopo Fred Perry-ha commentato il capitano della Gran Bretagna - non poteva chiudere meglio. E’ stato un esempio per tutti, dentro e fuori dal campo».

Nudi alla meta

(La consapevolezza di essere belli del nuovo corpo di atleta. I gemiti studiatissimi delle tenniste. Il tennis uno sport cicisbeo antesignano della fiera della vanità)

Mauro Covacich, l’espresso del 21-09-07
Le ,volte, ormai sempre più rare, in cui vado allo stadio di atletica dell’Acqua Acetosa, mi piace fermarmi un po’. dopo la doccia, a osservare i velocisti in allenamento. Progressioni, ripetute, prove ai blocchi. A ogni recupero, anche di pochi secondi. si abbassano le spalline del body in lycra e tornano verso la partenza a torso nudo. Il regolamento del campo lo vieta, ma loro si ostinano a farlo. Recuperano piano, gonfiando il petto, esibendo il reticolo perfetto degli addominali nelle loro camminate da giovani leoni. Sanno di essere belli, e questa consapevolezza è in qualche modo il valore aggiunto del nuovo corpo dell’atleta, l’illusione di un controllo su ciò che nei rotocalchi, nei calendari, negli occhi degli spettatori, è destinato a diventare oggetto del desiderio. Il segreto dello sport come fonte di erotismo sta tutto in questa novità, secondo me. Consapevolezza. illusione di controllo. L’assimilazione del gesto sportivo nel metabolismo della macchina mediatica ha portato alla spettacolarizzazione della performance e alla sua manipolazione estetizzante. Il mondo glam si è accorto della carica sensuale degli sportivi e li ha fagocitati. Ovviamente, questo assorbimento ha comportato la perdita di caratteri dominanti da parte dell’atleta, quali, ad esempio, una certa selvatichezza d’aspetto, una certa refrattarietà alle pose, A sua volta, l’atleta ha visto i colleghi fotografati da “Playboy”. sdoganati dal mondo ruvido della “Gazzetta dello sport”, in copertina con la sabbia della spiaggia sui glutei. I capezzoli inturgiditi e la pelle d’oca. Ha visto e si è preparato a fare lo stesso. Prima l’atleta era la consacrazione della libertà, dello sforzo disinteressato, della fatica inutile. Si imponeva con un ‘attività sorella dell’arte. in grado di sottrarsi alle logiche utilitariste del sistema socio-economico. Oggi l’atleta è asservito a quelle logiche, Ha rinunciato alla propria “differenza”. accettando le regole non scritte del professionismo (alte prestazioni Over training doping), adottando i criteri di valore del mondo borghese, della società di massa. Prima una ragazza che faceva sport crea una ragazza diversa, anche fuori dal campo si vestiva e si muoveva diversamente. Ora, le ragazze che corrono la maratona la quintessenza del diverso hanno il piercing all’ombelico, la salamandra tatuata sulla caviglia come qualsiasi commessa. Ai miei occhi, la consapevolezza ha sempre aggiunto fascino alla bellezza femminile, non mi meraviglia quindi che la vanità contribuisca al sex appeal delle atlete. Mi è molto più difficile capire come possa favorire gli uomini. I gemiti studiatissimi delle tenniste sono indubbiamente femminili, e pure le unghie smaltare delle nuotatrici lo sono, e gli shorts delle pallavoliste, e le treccine delle velociste caraibiche, ma cosa c’è di maschile nel laccetto mess’in piega di Nesta? Cosa c’è di virile nella manicure di Beckham? Cosa c’è di sensuale nei leoni dell’Acqua Acetosa? È sensuale un uomo che ostenta gli addominali? Ricordo i diari delle mie compagne di classe alle medie, (infinita riproduzione del terzino Antonio Cabrini in azione. Cabrini era desiderabile soprattutto perché non gli importava (non sembrava importargli) di essere bello, non faceva nulla per esserlo. Aveva la faccia effeminata di un angioletto, ma era sempre spettinato, sudato, scomposto. Io lo odiavo, ma sono sicuro che non si sarebbe mai messo un laccetto per reggere i capelli. Era questo che doveva piacere alle mie compagne, la sua negligenza, il modo incurante con cui offriva la bellezza al freddo al fango, agli scontri in campo. È anche possibile che distinguere la sensualità maschile da quella femminile sia errato -magari, agli occhi delle donne, il narcisismo cosmetico di Beckham è proprio la ragione del suo fascino- però la nuova fortuna dei campioni del rugby sembrerebbe darmi ragione. Vestiti da moschettieri, o in smoking, o nudi. i rugbisti sono gli atleti più fotografati del momento, ragazzi con un pilone di cemento al posto del collo, venduti quasi sempre come il miglior sogno erotico. Ebbene, di cosa parlano quei ritratti? Parlano di forza maschia: ematomi, cicatrici, orecchie a cavolfiore nasi che si allargano sulla faccia, labbra e sopracciglia gonfie. Come la tennista fa sesso perché accompagna anche i rovesci più facili con i gemiti di una gatta in calore, così il rugbista fa sesso perché urla la haka. Che sia o no neozelandese, il rugbista è un mascherone, recita il ruolo del vecchio maschio rude, essendone in realtà solo la citazione. In altre parole, anche i campioni del rugby stanno diventando trendy alla velocità della luce, si mettono in posa davanti all’obbiettivo e rilasciano lunghe interviste per dire che non si guardano mai allo specchio. Però, mentre l’effetto “gatta in calore” è una novità, frutto della consapevolezza femminile, l’effetto “gladiatore” è sempre stato intrinseco alle discipline maschili e il suo uso consapevole di oggi non fa che stemperarne il valore. Gabriella Dorio e Novella Calligaris erano due ragazze carine, ma nessuno le avrebbe considerate sensuali. Una correva, l’altra nuotava, i loro corpi si muovevano a meraviglia nella grammatica del gesto sportivo, esprimevano eleganza, tenacia, abnegazione, ma non c’era consapevolezza nel loro sguardo, la bellezza scorreva sulle loro membra come sul peo di un animale. C’è voluta Nadia Comaneci perché la donna dello sport diventasse femmina, è stata lei all’inizio. Non aveva tatuaggi, né piercing, né unghie smaltare, aveva gli occhi rapinosi della peggiore lolita. Ricordo come salì sulla pedana delle parallele alle olimpiadi di Montreal, già diva dentro. Era il ‘76, avevo solo undici anni, eppure riconobbi quei modi, intuii che mi parla vano di un altro mondo, un mondo extrasportivo che un giorno avrei conosciuto. Tra gli uomini, forse i primi oggetti del desiderio furono i fusti del nuoto, Guarducci, Spitz, e qualche tennista, Panatta, Borg, McEnroe (anche se il tennis non fa testo, essendo da sempre lo sport più cicisbeo, e quindi in buona misura antesignano della nuova fiera delle vanità). Ma Gustav Thoeni? Pietro Mennea? Giuseppe e Carmine Abbagnale? Quale donna si è mai morsa il labbro inferiore per le imprese dei nostri campioni? No, fino all’altro ieri lo sport non lambiva i territori della seduzione né quelli limitrofi della mondanità. La sua era una dimensione abitata da eremiti gente che si nutriva di agonismo, esseri umani diversi dominati da una ferrea disciplina interiore incomprensibile ai più. Fino all’altro ieri impensabile che un oro olimpico della sciabola come Aldo Montano scimmiottasse i vezzi di un Costantino (l’altro non l’imperarore). Oggi dell’atleta attrae ciò che riguarda marginalmente la sua pratica il suo mondo: non cioè la tensione psicologica. la determinazione. la resistenza agli enormi carichi di lavoro. bensì il risultato estetico, ciò che ricalca i canoni della bellezza standard - il ventre piano, il deltoide scolpito la morbida conca dei glutei contratti - ovvero gli strumenti primari di una campagna pubblicitaria. Tutto questo può forse eccitare i nuovi appassionati di sport. quelli che alle olimpiadi aspettano il beaçh-volley. Ma i vecchi appassionati che guardavano tra le grate di uno stadio di atletica, come nel chiostro di un monastero? Be’. si sentono un po’ traditi. Per loro il gesto atletico è l’esatto contrario di un’esibizione narcisistica, non mette in mostra la bellezza la applica. Per loro il corpo sportivo è seducente quando non sa di esserlo, la bellezza non va intesa in senso assoluto. ma in rapporto alla finalità del gesto………………

Tennislife Cup, i big in campo

(Poto: “ho rinunciato al challenger di Napoli per migliorarmi sul veloce)

Tiziana Tricarico, il mattino del 20-09-07

Si presenta nel migliore dei modi la prima edizione della Tennis life Cup, il nuovo challenger partenopeo (35mila dollari di montepremi) organizzato da Enrico Rummo, Simona Marzullo e Francesco Maisto che scatta sabato al Green Park Tennis di Posillipo: un entry-list di tutto rispetto una delle migliori di questa Stagione nei tornei di cate¬oria - il “battesimo” nel giorno di San Gennaro ed un ospite speciale come Potito Starace, n. 28 Atp e neo numero uno del tennis italiano. “È proprio un bel tabellone - sottolinea il 26enne di Cervinara - con tre top-100 e tanti specialisti del rosso: Ci sono giocatori di gran nome contro i quali ho vinto e qualche volta ho anche perso. Quel che è certo, è che questo nuovo appuntamento farà bene alla promozione del tennis nella mia regione”. Starace, però, questa volta non sarà in campo poiché giocherà i tornei Atp Tour sul veloce: “Voglio migliorare sulle superfici rapide e dimostrare che posso giocare bene non soltanto sulla terra”. Potito, però, ha promesso di tornare a Napoli ad ottobre per le partite casalinghe del Capri Sports Academy di serie Al. Un centrale da 800 posti, un centralino da 150. un Villaggio Ospitalità ed un sito (www.tennislife.it) con news ed aggiornamenti in tempo reale: la Tennis life Cup non si fa mancare proprio nulla. Si comincia sabato con le qualificazioni (ingresso gratuito): lunedì via ai match del tabellone principale. Il numero uno del seeding sarà lo spagnolo Oscar Hemandez (n. 52 Atp): con lui l’ argentino Gaston Gaudio, re di Parigi 2004 (8 tornei Atp vinti ed ex top-five), il marocchino Younes El Aynaoui (5 tornei Atp) e l’altro argentino Mariano Zabaleta (3 tornei Atp). Colori azzurri difesi da Alessio Di Mauro, Federico Luzzi, Flavio Cipolla e dalle prime due wild card del main draw, i napoletani Giancarlo Petrazzuolo ed Enrico Fioravante. A salutare il neo nato torneo napoletano al Green Park c’erano il presidente del club Giuseppe Di Gennaro (“Un’impresa organizzare, dopo quello femminile, anche un torneo maschile: partiamo con un 35mila ma guardiamo lontano”), quello del Comitato regionale della Fit Michele Raccuglia, l’assessore provinciale allo Sport Maria Falbo, Ciro Vespa di Msc Crociere, Bruno Canneti dell’assessorato allo Sport del Comune ed Antonio Massa di NapletanaGas

Lindsay Davenport, la mamma fa sul serio

(la storia di miss normal)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 19-09-07

Le mamme nel tennis vincono poco. E’ per questo che il successo di Lindsay Davenport in Indonesia merita un approfondimento. Quest’anno un’altra mamma, Sybille Bammer (in febbraio a Pattaya City) ce l’aveva fatta. L’austriaca ha una figlia, Tina, di sei anni. La sorpresa è che sul campo da gioco Lindsay è tornata a soli tre mesi dal parto. Jagger Jonathan è infatti nato il 10 giugno scorso. Prima delle due vincitrici della stagione, per ritrovare un’altra mamma capace di aggiudicarsi un torneo bisogna risalire a Laura Arraya, la peruviana che nel 1989 si aggiudicò il trofeo a San Juan di Portorico. Il mito, in fatto di mamme campionesse, resta comunque Evonne Goolagong, l’australiana di origini aborigene della tribù Wiradyuri, che dopo aver dato i natali a Kelly nel 1977 si aggiudicò undici tornei. Tra cui Wimbledon nel 1980. Prima di lei l’unica mamma tennista ad aver trionfato sull’erba londinese era stata Dorothea Lambert Chambers nel lontano 1914. PALMARES - Torniamo alla Davenport. A Nusa Dusa, in Indonesia, ha centrato il 52esimo successo della carriera. Ha tre Slam, un’Olimpiade e tre anni da numero 1 del mondo nel suo record. Eppure i media si occupano poco di lei. La chiamano Miss Normal e le preferiscono tipi che hanno un centesimo del suo talento tennistico. Lei è una ragazza intelligente (legge tanto e non i libri messi in fila dalle biondone di turno, lei si diletta con Salinger, Dickens, Shakespeare), tranquilla. Ha superato la crisi del divorzio dei suoi genitori dopo 28 anni di matrimonio, ha trovato il compagno giusto in Jon Leach, il finanziere che ha sposato nell’aprile del 2003. Ed ora ha un figlio e nessuna intenzione di fermarsi qui. E’ solo a un terzo del programma. A pensare al ritiro aveva cominciato dopo la finale persa a Wimbledon nel 2005 contro Venus Williams. L’altra saltava in campo, ondeggiando da destra a sinistra come solo Steve Wonder sa fare. Lei piangeva e si disperava, mentre il marito aveva il viso triste in tribuna. Un rovescio di Venus aveva annullato il match point della Davenport e ucciso le sue speranze….Non giocava da un anno, non vinceva da due. E’ tornata e si è ripresa il malloppo, battendo anche la numero 3 del mondo Jelena Jankovic. Impresa non facile quella di fare centro al primo tentativo. In passato c’erano riuscite Monica Seles a Toronto nel 1995 e Serena Williams a Miami nel 2004: Ora la Davenport ha un altro obiettivo nel mirino. Vuole diventare la tennista che ha guadagnato più di tutti in premi. Le mancano meno di 100.000 dollari per superare Steffi Graf, dovrebbe conquistare il comando nei primi mesi del 2008. Ha guadagnato tanto Lindsay. Anche in sponsorizzazioni. Un contratto quinquennale (1999-2003) per undici milioni di dollari, altri sponsor per 13 milioni di euro nel 2004-2005. Soldi, tornei, Slam. Vinceva, ma sembrava che passasse senza che nessuno se ne accorgesse.
Eppure Big Girl (la chiamano affettuosamente così a causa di quell’ 1.90 di altezza e di quei 79 chili di peso), ha un fisico che non può passare inosservato. Per trovare una forma migliore tempo fa si è sottoposta anche ad una dieta severa. Ha perso 15 chili, a costo di enormi sacrifici. Raccontava: «Ho fatto anche tanta palestra. Ho provato a saltare la corda, dopo quattro minuti ero stravolta. Senza fiato, mi sembrava di morire, mi hanno detto che Muhammad Ali faceva gli stessi esercizi per venti minuti. E’ anche per questo che odio la boxe». Poca attenzione dei media. Sarà forse perchè non indossa eleganti e sexy completini in campo e fuori. Quando ha vinto Wimbledon nel 1999 si era addirittura dimenticata di comprare il vestito per il “ballo dei campioni”,la cena di Gala dedicata ai trionfatori del torneo. Non ha acconciatura particolari, i capelli li tiene su con quattro fermagli, e il massimo della stravaganza confessata è un tatuaggio dei cinque cerchi dopo la vittoria ad Atlanta 1996. Lindsay Davenport, la mamma che fa sul serio, è tornata. E le altre dovranno ricominciare ad aver paura di lei.

Starace, un sorpasso che fa bene a tutti

(Quando il Barone De Morpurgo diede uno schiaffo a De Stefani che lo aveva appena sconfitto)

Daniele Azzolini, il messaggero del 18-09-07

ROMA -Il tennis è sport internazionale, come si sa. E potete star certi che fra tutti è il più internazionale. Cosi, quando uno dei nostri sorpassa l’altro, e diventa il numero uno d’Italia. come nel .caso di Potito Starace, che ha; appena superato Filippo Volandri di sette posizioni (28 a 35), i tennisti sono soliti argomentare che la classifìca italiana non è poi cosi importante, e che i confronti si fanno in campo aperto, e su scala mondiale. Sono frasi forse veritiere, che però hanno l’effetto di avvilire chi , le ascolta. Per due motivi il primo è che obbligano ad osservare il problema nell’ottica “Italia vs Resto del Mondo”, con le conclusioni che potete immaginare; il secondo è che negano quel piacere della competizione nazionale che, in mancanza di meglio, darebbe linfa al nostro tennis. Quando il barone De Morpurgo venne sconfitto per la prima volta dal numero due De Stefani, si portò al centro del campo per salutarlo con un gran ceffone e parole di ghiaccio: “Non si permetta più di battere il suo maestro”: Ecco, una scena del genere è escluso che possa accadere fra Potito e Filippo, eppure, il passaggio di testimone non deve passare inosservato e aiuta. nel suo piccolo, a fare il punto sul nostro tennis. Potito Ha giocato una buonissima stagione sul rosso: i successi ottenuti a Bucarest l’hanno finalmente condotto fra i primi trenta. Volandri ne esce, invece, per non aver saputo tesaurizzare quanto fatto di buono fatto fra Roma (semifinali) e Parigi (ottavi). A Bucarest Filo è stato battuto : al primo turno, e ha perso cosi i punti della finale giocata un anno fa. Ora, se Volandri avesse l’urgenza di riprendersi la sua poltrona (è stato 25, a luglio), sarebbe certo un buon inizio. Dopo, potremmo chiedere a Starace (28 è il best ranking) di fare altrettanto, o a Seppi . (74) e Bolelli (89). E chissà che, l’uno inseguendo l’altro, il nostro tennis non migliori

Grande Schiavone ma non basta, vince la Russia

(Barazza: “Russia ci vediamo l’anno prossimo”)

Alessandro Rubino, Ag. Dire del 16-09-07

Russia, 16 set. - Due match giocati alla pari contro la numero 5 e la numero 2 al mondo, due occasioni per portare a casa l’incontro con la Kuznetsova, tre rimonte subite a pochissimo dal traguardo. E poi, cuore e coraggio. La sfida nella sfida di Francesca Schiavone si conclude amaramente, due sconfitte e un pesante e ingeneroso 4-0 con il quale la Russia batte l’Italia nella finale di Fed Cup sul cemento di Mosca. Sconfitte ma con onore, le ragazze italiane escono a testa alta da Mosca, confermando di essere una delle squadre più forti al mondo, e che il titolo conquistato lo scorso anno era stato più che meritato. “Il tennis italiano femminile ha un grande futuro davanti- sono le parole del capitano azzurro Corrado Barazzutti- E’ difficile battere le russe. Non e’ impossibile, però e’ molto difficile. Quando giochi a un livello cosi’ alto contro avversarie cosi forti, uno o due punti possono fare la differenza. E questo e’ quello che e’ successo oggi. Però non bisogna dimenticare che queste nostre giocatrici hanno ottenuto in nazionale grandissimi successi e formano un gruppo che ha ancora un lungo futuro perchè sono tutte giovani. Inoltre, dietro di loro, ci sono altre più giovani che hanno ottime possibilità di diventare forti”. Insomma, dispiaciuto si, ma anche soddisfatto per quanto fatto dalla squadra, che si ripresenterà vogliosa di riprendersi la Fed Cup nel 2008, a cominciare dalla sfida di febbraio con la Spagna. Giornata odierna concentrata sulla sfida tra la Schiavone e Svetlana Kuznetsova, con la russa che si impone 4-6, 7-6, 7-5. Ininfluente poi il successo di Elena Vesnina su Mara Santangelo per 6-2, 6-4, mentre il doppio, che avrebbe dovuto chiudere il programma, non si e’ disputato. Il 2-0 della prima giornata aveva messo la Russia in una condizione di grande favore. Ma la sfida tra le due numero 1 ha spaventato non poco le russe, venutesi a trovare a un passo dal cedere il punto che avrebbe riaperto i giochi. Il primo set, caratterizzato da vari break e controbreak, vede la Kuznetsova portarsi sul 3-1, con la Schiavone che infila quattro giochi di fila, prima di chiudere 6-4. La russa appare in difficoltà, subisce il gioco dell’italiana, non riuscendo a trovare troppo spesso la misura dei suoi colpi. Nel secondo set, sulle ali dell’entusiasmo, la “leonessa” vola sul 3-1, si fa recuperare, per operare un nuovo strappo (5-3). Sul 5-4 serve per il match ma la russa si procura due palle break: dopo aver annullato la prima, Francesca cede sulla seconda che vale il 5-5. Si va al tie-break: la Schiavone ha due palle per chiudere l’incontro, la prima annullata con una gran risposta, la seconda sprecata banalmente. La Kuznetsova non si fa pregare e rimette tutto in discussione (9-7). Nel terzo set il copione non muta: la Schiavone va sul 4-1, la Kuznetsova al settimo gioco fa il controbreak e poi si porta sul 4-4. Nuovo break della russa al nono game, al decimo risponde da par suo l’azzurra. E quando sembra profilarsi un secondo tie-break, la ventiduenne di San Pietroburgo strappa il terzo servizio di fila e regala la Fed Cup alla sua squadra con il punto del 7-5. “Da un lato sono contenta perchè ho giocato un buon match, mi sono divertita a giocare alla pari contro una tennista di questo valore- spiega la Schiavone- Dall’altro lato, pero’, so che potevo batterla e provo un po’ di rammarico. Questi match sono delle esperienze di vita e impari sempre qualcosa, però quando ti capita di avere cosi tante opportunità che poi ti sei lasciata scappare provi rabbia ma anche molta tristezza. Quei due match point nel secondo set? Sono stati diversi. Nel primo ho sbagliato di rovescio mentre nell’altro ho servito male la seconda e lei mi ha aggredito. Brava la Kuznetsova, io un po’ meno. Questa finale ha detto che possiamo batterle. Sicuramente possiamo farlo sulla terra battuta. Io, dal canto mio, prometto che farò di meglio. Me la voglio riprendere, questa Coppa- conclude- Ci vediamo l’anno prossimo”.

Schiavone, miracolo sfiorato ma la Russia si prende tutto

(Francesca: “da Mosca, almeno mi riporto le matrioske”)

Paolo Rossi, la repubblica del 17-09-07

Mosca- La coppa è persa, l’onore è salvo, la giocatrice è ritrovata. L’Italia passa la Fed Cup alla Russia, ma è una sconfitta (4-0) con cose positive. Su tutte, Francesca Schiavone: l’azzurra che aveva avuto una prima parte del 2007 da dimenticare, e poi ritrovata se stessa nella semifinale contro la Francia (prestazione da Guinness dei primati) ha detto al mondo intero che «nel 2008 dovranno fare i conti con me». Perché non è da tutte affrontare la numero due mondiale (e finalista agli Us Open), Svetlana Kuznetsova, giocando sul suo terreno, quello della potenza e del ritmo, e mostrare di essere superiore. In faccia anche al parterre de roi che assisteva in prima fila: Maria Sharapova (n. 4), Anna Chakvetadze (n. 5), Nadia Petrova (n. 8), tutte annichilite nel vedere la Schiavone che prendeva a pallate la propria compagna di squadra, con il povero ct Tarpischev impietrito, capace solo di scuotere la testa. C’era da capirli, i russi: dopo il sabato trionfale, e sul 2¬O, per loro la domenica doveva solo essere il giorno dell’apoteosi. Tutto potevano attendersi tranne di vedere la Kuznetsova, specie di mastino della racchetta, impotente di fronte al gioco dell’italiana. Ed il primo set (6-4 Schiavone) non era un incidente di percorso, o colpa
Della deconcentrazione della russa: la tendenza non cambiava neppure nel set successivo, con la Kuznetsova che, sempre più fallosa, non sapeva come rendere inoffensiva la nostra. Game dopo game la Schiavone si portava sul 5-3, ma la Kuznetsova riusciva in qualche modo a tenere il servizio. 5-4, e cambio campo. In quel minutino di riposo la russa ha fatto il suo capolavoro, forse avrà accelerato i battito cardiaco, aumentate la concentrazione, alzato il livello del gioco, fatto capire perché occupa la seconda seggiola della classifica. Ma la Schiavone ha ribattuto, e le due sono arrivate al tiebreak. L’equilibrio ha regnato fino all’undicesimo punto, appannaggio della Schiavone: match point, ma sprecato da una risposta di rovescio troppo lunga. Ma la leonessa se ne procura un altro, di punto della partita. E’ lei alla battuta, e decide di forzare. Non va. Sul secondo servizio la Kuznetsova gioca il tutto per tutto, ed il suo dritto incrociato è imprendibile. Non avrà più l’occasione, nel momento topico prevale l’ esperienza dell’avversaria: 9-7 al tie-break. In molti, sulle tribune, prevedono il crollo: invece la Schiavo ne riprende il pallino…… «Lei aveva più attitudine ai me a gestire i momenti caldi, che a me mancavano» dirà la Schiavone, che esce da questo fine settimana personalmente rinfrancata. «Mi sono divertita. Ho giocato alla pari, ho rischiato di vincere. Per due volte, in due partite».
Le riesce anche la battuta: «Cosa porto con me da Mosca? Le matrioske…» ed è l’u¬nico sorriso che strappa a capitan Barazzutti, dall’umore sotto i piedi. «Perché sono dispiaciuto Delle ragazze. Tanto. Lo dico sottovoce, potevamo essere 2-1 per noi e giocarcela nel doppio. Ci è mancato un soffio cosi, nostra tutta la sfiga”,. La Schiavone lascia con una promessa, «non essere più protagonista solo in Fed Cup, ma anche negli Slam» , ed il presidente Fit Binaghi le garantisce la presenza sugli spalti. «Riguardo ad oggi dico solo che la vera vittoria è stata aver confermato a molti che il trionfo del 2006 non fu un caso, a dispetto di quello che pensavano in molti”.

Le ragazze senza l’assillo del pallone

(La diversa impostazione sociologica delle donne e degli uomini in Italia)

Gianni Clerici, la repubblica del 14-09-07

Per la seconda volta in due anni, le nostre eroine son riuscite ad issarsi alla finale di Federation Cup, aiutando cosi l’immagine sbiadita del tennis italico. Per onestà cronistica va detto subito che, nel nostro paese, una notevole ripresa del tennis di base, indicata dall’afflusso alle scuole, e dalle semifinali raggiunte da Trevisan e Fabbiano nello US Open jr, non trova riscontro tra i senior, che non riescono a superare la barriera dei Primi Venti, la sola a consentire visibilità. “Le donne, nonostante una scivolata di Leonessa Schiavone, che era quasi giunta tra le Dieci, han rimediato facendo gruppo, e consentendo anche una rotazione grazie alle dignitose classifiche medie. Restano, a loro onore, soprattutto le due vittorie, nelle ultime due edizioni, sulla Francia. Quello contro la Russia è incontro impervio. Le nostre avversarie sono addirittura legione, tanto da rappresentare, nello US Open, Il contingente più importante, con diciassette atlete. Scrivo atlete, e mi par giusto sottolinearlo, osservando anche che il successo delle russe non dipende minimamente da una struttura pubblica, ma da altri due fattori. La possibilità di guadagno, superiore a qualsiasi altro sport, e la mobilitazione di intere famiglie, cosa quasi impossibile nella società occidentale. Le russe, infatti, avrebbero potuto schierare non solo una, ma altre due squadre capaci di affrontare e probabilmente battere le nostre: tutte composte da atlete che appartengono alle Prime Venti. Non fossero stati pessimi i rapporti di tutte le colleghe con Maria Sharapova, non si fossero malconciate la Petrova e la Dementieva, fosse stata selezionata la Safina, ecco altri due team di classifica media ben inferiore alle nostre, nessuna delle quali supera l’ultima delle avversarie nel rankingWTA. Nonostante questo, la finale raggiunta dalle ragazze italiane è un risultato notevole, che suscita un interrogativo: come mai loro sì e i colleghi no. Una delle ragioni, forse la più importante, potrebbe essere di natura sociologica. La grande maggioranza del ragazzini italiani cresce in un ambiente rivolto al calcio, sia nel dialogo che nella pratica. Il caso di una ragazzina è differente. Sono pochissime le calciatrici, e questo consente altre scelte. Indirizza verso sport diversi, dal volley al basket, dallo sci al nuoto, e, infine, al tennis. Attività di maggior attrazione mondana, con le possibilità di permanenza nei clubs, che nessun altro sport - eccettuato il golf- può offrire. Da quel femminista convinto che sono, dovrei aggiungere per finire. che le donne da noi, mi sembrano meno peggio degli uomini: e non solo in parlamento.

Niente Davis? Safin da oggi scala una cima dell’Himalaya

(Marat si prepara alla vita da ex tennista)

Il corriere dello sport del 14-09-07

Mosca – Non convocato per la semifinale di Davis, da oggi il russo Marat Safin scalerà sull’Himalaya gli 8201 metri del Cho Oyu, tra le sei vette più alte del mondo. La spedizione durerà oltre un mese.

Starace in palla sorpassa Volandri ed è numero 1

(Un campano torna al vertice della classifica italiana dopo quasi ventanni)

Ma. Lo., Il mattino del 13-09-07

Il lungo inseguimento è terminato: da lunedi prossimo Potito Starace sarà ufficialmente numero l d’Italia per la classifica mondiale ATP. Il campano si ritroverà per la prima volta nella sua carriera davanti a Filippo Volandri, da tempo indiscusso leader del tennis nazionale. Era dall’ottobre 1988 con Diego Nargiso, da quasi vent’anni quindi, che un campano non diventava numero l italiano nel ranking mondiale. Il sorpasso era da tempo nell’aria ma si è concretizzato solo questa settimana durante il torneo Atp Tour di Bucarest in corso e che si concluderà domenica. Volandri ha perso al primo turno dal francese Monfils mentre Starace ha battuto all’esordio il belga Vliegen. Nel 2006 il toscano aveva conquistato la finale a Bucarest e per i meccanismi del computer dell’Atp perderà i punti dello scorso anno (120), facendo un bel tonfo, in classifica, dall’attuale numero 28 scendendo verso il 35esimo gradino. Per Starace, invece, la certezza di rimanere nei top 30 del mondo……, potrà andare ancora più avanti e conquistare il suo nuovo record personale. “È una bellissima sensazione diventare numero l d’Italia - ha detto Starace, che quest’anno difenderà i colori del Capri Sports Academy in serie Al - anche se un po’ mi dispiace per Filippo. Adesso però penso al torneo e ad andare avanti nel tabellone giorno per giorno. Oggi affronto Pavel negli ottavi, che, è romeno è ha l’appoggio del pubblico; ma io qui sto bene e sono in forma, me la gioco con tutti”. Nel 2007 il neo numero l d’Italia ha ottenuto due finali nel circuito Atp Tour e a Bucarest punta a conquistare il suo primo titolo in carriera.

Santangelo parla da leader: «Proveremo a stupire»

(“Sono, forse, più emozionata quest’anno, rispetto al 2006 in Belgio)

Piero Valesio, tuttosport del 13-09-07

Si sono concesse una spedizione da tifose le ragazze italiane che sabato e domenica tenteranno di realizzare un’impresa al limite del possibile e confermare il loro attuale ruolo di detentrici della Fed Cup. Santangelo, Pennetta, Knapp. Vinci e Schiavone hanno trascorso il tardo pomeriggio al1′Olympiyski stadium per seguire 1′Italia del volley. Mosca, soprattutto dopo l’uscita di scena (e soprattutto dall’Olimpiade di Pechino) della Nazionale di Basket è un po’ il luogo- spartiacque dello sport azzurro: e alla fine potrebbe toccare proprio alle su citate azzurre il compito di provare a realizzare un miracolo capace di risollevare le sorti dello sport italiano. Il che, se ci si riflette, è un po’ una beffa perché proprio il compito che attende la Schiavo e socie è il più terribile. Il Tennis è disciplina dove orgoglio e desiderio di vincere, soprattutto nelle competizioni a squadre, possono mutare profondamente gli equilibri in campo: ma dover superare in singolare due giocatrici che occupano le posizioni n.2 e n.5 della classifica mondiale e un doppio che poggia sulla numero 8 è francamente un’impresa al limite. In Fed Cup il doppio è collocato come ultimo incontro: decisivissimo se lo score è sul 2-2 (come successo l’anno scorso a Charleroi), una esibizione se il risultato è già acquisito. Mara Santangelo ha fino qui vissuto, quest’anno, una stagione di doppio assolutamente pregevole; cinque vittorie e tutte con al fianco compagne diverse. Mara si è imposta al Roland Garros con Alicia Molik; a Pattaya con Nicole Pratt, ad Amelia Island con la Srebotnik, a Roma con la Decy e a New Heaven con Sania Mirza. La riflessione obbligatoria potrebbe essere: se si arriverà al doppio (il che sarebbe già un’impresa memorabile) potrebbe essere lei la carta vincente azzurra. In realtà Mara quasi certamente sarà la seconda singolarista e tale ruolo non pare spaventarla anche se la emoziona parecchio: “Se possibile sono ancora più emozionata dell’anno scorso quando tutte noi abbiamo vissuto la prima finale della nostra storia. Sarà perché in effetti quest’anno potrei giocare in singolare già nella prima giornata certo la Russia è molto forte la più forte tra tutte le squadre possibili: Tarpischev schiererà la Kuznetsova e la Chakvetadze in singolo e Petrova-Vesnina in doppio, vedrete io dico che ci proveremo”. Il che sarà praticamente tutto quanto sarà necessario fare. Intanto, come purtroppo succede sempre, gli appassionati s’interrogano su quale sarà il canale tv ove potranno seguire il match tra Russia e Italia. I diritti li ha la Rai che, a tutt’oggi, ha programmato una finestra di un paio d’ore sabato pomeriggio su Rai 3 e la giornata di domenica su Raisport Satellite. Non esattamente una programmazione di primo livello. Cosa dovrebbero ancora fare Mara Santangelo e compagne per meritare una collocazione televisiva degna di questo nome?

Capri, sbarca Federer. Vacanze da campione

(Da New York all’isola degli innamorati con il primo volo…ovviamente privato e con il borsone sempre in spalla……)

Anna Maria Boniello, il mattino del 12-09-07

Capri - Roger Federer, il Maradona dei campi da tennis, che a soli 26 anni si appresta a diventare il più grande tennista di tutti i tempi, non si è concesso nemmeno una notte di riposo dopo ‘aver conquistato il pubblico di Flushing Meadows, il tempio del tennis americano, che lo ha applaudito domenica sera per la sua dodicesima vittoria nel Grande Slam. Subito a Capri. Roger voleva concedersi una breve vacanza in Europa insieme alla sua Mirka, la compagna del tennista svizzero, che da qualche anno è diventata anche suo manager. L’amore tra i due campioni, Mirka infatti nella sua carriera tennistica ha raggiunto il suo miglior ranking Wta nel 2001 posizionandosi al settantaseiesimo posto, scoppiò alle Olimpiadi di Sidney, quando entrambi rappresentavano la Svizzera, e da quel giorno il loro rapporto non si è mai interrotto. Un tandem consolidato sia nella vita privata, che sui campi da tennis e in particolare negli appuntamenti importanti come gli Open di Australia, Wimbledon e Usa, dove Roger per tre anni consecutivi ha sbaragliato tutti i suoi avversari, confermandosi come uno dei più grandi campioni di tutti i tempi, Una breve vacanza nell’isola dell’amore, quindi, per una delle coppie più gettonate del panorama sportivo che da New York con un aereo privato, è arrivata a Napoli, dove c’era già pronta una limousine che li ha condotti al Molo Luise: qui ad aspettarli c’era il Lions, l’Itama del Capri Palace, dove Roger aveva prenotato una suite con piscina privata. Il viaggio in mare è durato circa quaranta minuti e prima di approdare sulla banchina della darsena del Porto Turistico. All’arrivo la prima sorpresa che il Capri Palace ha riservato ai due tennisti innamorati: una Fiat rossa 1400 scoperta, l’auto d’epoca che il lussuoso albergo anacaprese riserva per i transfer dei suoi clienti migliori. Roger è sceso a terra mano nella mano con Mirka e in spalla il borsone porta racchette, inseparabile compagno di viaggio dell’indiscusso mito del tennis del 2000. La vista dell’isola dall’alto, lungo i tornanti che portano ad Anacapri, ha lasciato i due tennisti con il fiato sospeso. Ad attendere l’arrivo del super campione per dargli il benvenuto c’era Tonino Cacace, patron dell’hotel. Con lui il direttore del Capri Palace Ermanno Zanini, che aveva scelto per la coppia una sistemazione di tutto rispetto la suite Callas, l’incantevole e grandissimo appartamento dedicato al famoso soprano, con un terrazzo di 50 mq con vista mozzafiato su Anacapri e sul golfo, una piscina dal lusso straordinario rivestitada 75.250 tessere luccicanti che costituiscono il “mosaico Gemme preziose”. Dopo una doccia ristoratrice Roger e Mirka hanno fatto colazione al ristorante dell’albergo, sulla terrazza dell’Olivo dove Roger, dimenticando i rigori della dieta sportiva si è deliziato con un’enorme piatto di spaghetti con zuppa forte, rivisitato dallo chef del ristorante Oliver Glowig, mentre Mirka, attenta alla linea, ha apprezzato l’antipasto di mare e un assaggio di parmigiana di melanzane e zucchine. Dolci campani a volontà, innaffiati con un Fiano di Terradora e poi nuovamente in camera per riposarsi finalmente. senza stress, lontano dalle gare. Un pomeriggio di tutto riposo quello del primo giorno, mentre oggi il campione ha già stabilito insieme al direttore della Beauty Farm Spa dell’Hotel, Francesco Canonaco. un mini programma di “remise en form” mentre il maestro Di Stefano dai vicini campi di tennis, ha già annunziato che è stato riservato un campo.

Federer olimpico per amore: «Voglio l’oro di Pechino»

(Un oro olimpico per Mirka)

Roberto Perrone, il corriere della sera del 11-09-07

MILANO - L’imitazione migliore è quella di Maria Sharapova, la peggiore quella di Roger Federer. Soprattutto sul campo. Novak Djokovic, l’Alighiero Noschese del tennis mondiale, aveva un parterre dorato di fan (da Robert De Niro alla stessa bionda Maria) in tribuna a Flushing Meadows, ma il tifo-vip non è bastato. Davanti a questo serbo giovane e bravo con un grande avvenire sulla punta della racchetta, si è parato the man in black (per volere dello sponsor), l’orologio svizzero di Basilea, il genio a cui a inizio camera per ogni successo regalavano una mucca. Federer è stato un muro di classe. E di sportività……Ma il campione che colleziona il terzo “trequarti di Slam”, il tennista dei dodici titoli (a due da Sampras con il quale ha programmato quattro ricchissime esibizioni da qui al 2008) non pensa solo a Novak. Pensa a Rafa Nadal e, sorpresa, per un campione dello sport più professionistico che c’è, guardato con sospetto - come il calcio - tra i vicoli del Villaggio, vuole non solo il Roland Garros (“certo è la sfida più grande, ma non intendo sacrificare tutto per questo..). quel quarto di Slam che gli manca, ma soprattutto l’oro di Pechino. “L’ anno olimpico è molto eccitante per me. E questa volta spero di fare meglio delle altre. Ci tengo, Nel 2000 arrivò quarto, nel 2004 usci al secondo turno. Questo atto d’amore per i Giochi è un atto d’amore per Mirka Vavrinec, l’ex tennista ora fidanzata-manager-amica-tutto. A Sydney, sette anni fa, i due si conobbero, cominciarono a frequentarsi e, l’ultimo giorno con i bagagli già pronti si diedero il primo bacio, superando le perplessità iniziali nate dall’età di lei, di tre anni più grande. Così Roger vuole chiudere il cerchio. Un diamante è per sempre, ma sono pochi al mondo quelli che possono regalare un oro Olimpico alla propria bella.

Federer da sogno

(Le quattro esibizioni con “Pistol” per amore e per soldi?)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 11-09-07

In un giorno dello scorso febbraio, Roger Federer ha chiamato al telefono Pete Sampras. Lo svizzero era negli Stati Uniti, stava preparando il torneo di Indian Wells. Saluti, scambio di complimenti, poi l’invito di Pistol Pete: «Vieni a trovarmi a Los Angeles». Roger ha subito accettato l’offerta. Si sono allenati a lungo nel campo all’interno del parco che circonda la villa di Sampras. Si sono divertiti da matti. E’ li che è nata l’idea. Sampras e Federer giocheranno l’uno contro l’altro in una serie di quattro esibizioni: il 20 novembre a Seul, il 22 a Kuala Lampur per festeggiare il 50′ anniversario della liberazione della Malesia, due giorni dopo saranno a Macao. Quest’ultima partita la disputeranno all’interno del Venetian Resort, il più grande Casinò del mondo costruito ad imitazione della nostra Venezia (10,5 milioni di metri quadri): 3.000 suites, 300 negozi, 1.000 tavoli da gioco, 3.000 slots. Costo, 2.2 miliardi di dollari. In quell’Arena (15.000 posti) sono previste anche le amichevoli di calcio Machester United-Cina e di basket tra Orlando Magic e Cleveland Cavaliers del campionato Nba. Il 10 marzo 2008, i due scenderanno in campo al Madison Square Garden di New York. Federer e Sampras si sono affrontati una sola volta nel circuito Atp; nel 2001 a Wimbledon, quando negli ottavi di finale vinse il giovane Roger per 7 -6 (7) 5-7 6-4 6-7 (2) 7 -5. Pete veniva da sette titoli sull’erba londinese, aveva vinto le ultime 31 partite, ne aveva persa soltanto una delle ultime 56. Lo svizzero doveva ancora festeggiare i 20 anni, l’americano ne aveva già compiuti 30. «Quando penso a lui, lo faccio da tifoso» ha detto Sampras, che poi ha aggiunto: «E’ nettamente il più forte, almeno due o tre livelli sopra Nadal». Roger sorride: “Giocare con Pete è terribilmente divertente. Un sogno che diventa realtà. - Il record? Non sarà certo un incubo”. Si continuano a fare raffronti tra i due. Noi restiamo dell’idea che ciascuno sia campione nella sua epoca. Cambiano avversari, intensità dei match, modo di giocare, racchette, preparazioni, diete, aiuti della medicina. Il confronto tra periodi storici diversi appartiene al campo del divertimento, le certezze lasciamole al campo da gioco. Domenica notte Roger Federer ha continuato la sua sfida contro la storia. Ha battuto in tre set Novak Djokovic in finale (il serbo ha sciupato sette set point: cinque nel primo, due nel secondo), conquistando il suo quarto consecutivo US Open. E’ la prima volta nell’Era Open, non accadeva da quando. Bill Tilden ne infilò sei dal 1920 al 1925. Federer ha guadagnato in un sol colpo 2,4 milioni di dollari, portando il prize money annuale a 7.063.620 e quello in carriera a oltre 35.5. Se si aggiungono i soldi degli sponsor, si arriva almeno a 150. E’ il dodicesimo Slam dello svizzero, sopra di lui c’è solo Pete Sampras con 14, il prossimo anno potrebbe essere quello del sorpasso. Per ora Roger deve accontentarsi di affrontare Pistol Pete in esibizione.

Le azzurre sono a Mosca Barazzutti: «Si può fare»

(Quando l’impresa diventa impossibile le nostre ragazze si esaltano)

Piero Valesio, tuttosport del 11-09-07

Adesso c’è proprio il clima che ci voleva: quello in cui si può concrètizzare la grande impresa. La Russia era già favoritissima prima, figuriamoci ora. Ma proprio in questo può risiedere la possibilità che l’Italia ha, forse l’unica possibilità, di battere le russe a Mosca nel prossimo weekend e aggiudicarsi la seconda Fed Cup consecutiva. Se si guarda alla classifica nuda e cruda non ci dovrebbe essere storia; dopo i risultati dello Us Open Svetlana Kuznetsova, sconfitta in finale dalla Henin, è la giocatrice numero due al mondo: Anna Chakvetadze, sconfitta in semifinale dalla connazionale e reduce da due vittorie nel circuito americano pre-Us Open, è la numero 5. Non che la classificazione Wta aggiunga o tolga qualcosa dai valori in campo: ma aggiunge moltissimo al sapore della contesa e proprio tale sapore è la nostra speranza. Là forza della squadra femminile di Fed Cup è in primo luogo quella di essere una squadra che si esalta anche e soprattutto quando l’agone è durissimo. Se l’impegno è di minor levatura tecnica (come quello contro la Cina in aprile, ad esempio) il primo pericolo che le nostre giocatrici devono affrontare è quello rappresentato dai cali di concentrazione: ne sa qualcosa Flavia Pennetta che nel primo set contro la Shuai Peng rimediò un tennistico ovetto prima di ritrovare se stessa e i suoi colpi (per la prima e probabilmente unica volta nella stagione) nella seconda partita. Se l’impegno è di quelli al limite del possibile, come contro la Francia a luglio, la squadra trova forze e convinzioni insperate, incurante del calore della avversarie e di condizioni ambientali avverse. Ora l’obiezione è naturale: l’Amelie Mauresmo di questi tempi, Tatiana Golovin e Nathalie Dechy non valgono Kuznetsova, Chakvetadzè e Nadia Petrova. E soprattutto la temperatura moscovita, per quanto caldo potrà fare all’interno dello stadio Luzhniki non sarà certo paragonabile ai 40 e più gradi di Castellaneta. Ma voler trovare una chiave di lettura positiva della situazione sarà proprio questa impossibilità generale della missione in Russia a renderla in realtà possibile, o almeno più praticabile. In Fed Cup così come in Davis raramente il pronostico viene rispettato in modo totale: si apre sempre uno spiraglio, una fessura, talvolta uno squarcio. C’è un solo colpo che le ragazze azzurre non dovranno sbagliare: il sapersi infilare in quello spiraglio, in quella fessura, in quello squarcio se e quando si presenterà. Le componenti della squadra azzurra (Schiavone, Vinci, Santangelo, Knapp, Pennetta) sono da ieri a Mosca. Corrado Barazzutti ha esordito all’insegna dell’ottimismo: .”Tutto può accadere anche se la Russia è la squadra più forte al mondo». L’impresa impossibile è appena all’inizio.

US Open, storico poker di Federer

(Una partita non eccezionale per entrare nella storia)

Gianni Clerici, la repubblica del 10-09-07

NEW YORK - Non è cosa facile misurarsi insieme ad un avversario più che promettente con la storia. Ciò accadeva a Roger Federer, giunto a tre set dal dodicesimo Grand Slam, che l’avrebbe apparigliato a Emmo Emerson, nella scia di Pete Sampras, in testa con quattordici successi. Non è semplice. e lo si è visto sin dall’inizio quando un Federer insolitamente dimesso, addirittura timoroso, ha rischiato contro uno Djokovic che non dimostrava timori reverenziali, confortato certo dalla vittoria del dodici agosto a Montreal nel corso dell’Open del Canada. L’imponente coreografia allietata dal bandierone a stelle e strisce, e dagli acuti della vecchia Liza Minnelli non pareva aver minimamente messo a disagio il ventenne serbo, sostenuto in tribuna non solo da una numerosa parentela, ma da Maria Sharapova. con la quale pare siano in corso - direbbe uno skipper-attività sotto coperta. Il gioco - mediocre per una finale - trascinava il match al seguito di ovvi break, sin che, nell’undicesimo game. un Federer falloso si ritrova sotto O-40, e poi di un quarto e un quinto set point, per essere incredibilmente graziato. Costretto così al tiebreak, il giovane Novac non riusciva nuovamente a profittare di un minibreak, e fini va per chiudere con un doppio errore scoraggiante, in quarantasette minuti. Simile vicenda non pareva, in apparenza, lasciare tracce profonde, se all’avvio del secondo Djokovic riprendeva la direzione del gioco, incentrato su una notevole lunghezza di palla e conclusive penetrazioni di diritto. Con un parziale di diciassette punti a sette si issava a 4-2, e a due punti dal 5 a 2. È stato qui che Federer ha è parso ricordarsi di se stesso; ed ha scrollato via un tennis privo di ispirazione, ritornando in partita con una striscia di dieci punti a zero. Lungi dal mollare, un Novak sempre notevole riusciva nuova mente, nel dodicesimo game, a procurarsi due set point sul servizio di Roger. Il primo veniva cancellato da un ace, e sul secondo era in dispensabile l’intervento del Falco per sottrarre di un filo il punto al serbo. Non poco provato, Djokovic terminava un nuovo tiebreak sommerso da una serie spaventosa di prime palle di Federer. Simili ripetute ferite avevano lasciato indubbie tracce nel profondo dell’ammirevole giovanotto serbo. Giocava, ancora, un tennis apprezzabile. ma ormai privo delle motivazioni dell’avvio. Sul tre pari, nel terzo, gli sarebbe ancora riuscito di salvare una palla break per lo svizzero che pareva ormai quello di sempre, disinvolto sino alla spavalderia. Ma la direzione della partita consentiva ormai a Federer di chiudere, in due ore e ventisei e di realizzare così con quattro consecutive vittorie, il record dello US Open nell’Era Open.


Caro McEnroe su Federer sbagli

(Tutta la storia dei più grandi vincitori degli US Open)

Gianni Clerici, la repubblica del 10-09-07

NEW YORK - Roger Federer aveva il settanta per cento di chances di battere Djokovic e di aggiudicarsi così il quarto titolo consecutivo dello U.S.Open. Sulla scia delle dichiarazioni di McEnroe, che ha vinto quattro volte, ma non consecutive, molti volonterosi colleghi si agitano nell’affermare che Roger è il maggior tennista di tutti i tempi. Simili dilettanti non hanno certo passato tre anni nella Northern Library del British Museum, nel tentativo di rintracciare qualche utile informazione. Aprendo il librone, frutto di quelle ricerche, si potrebbe iniziare a trovare qualche notizia. Le elenco. Dal 1881, primo anno dei Campionati USA, Richard Sears vinse nove volte si ma, sino al 1888. E’ giusto ricordare che, quelle vittorie, vennero ottenute secondo la struttura in voga allora, chiamata Challenge Round, e cioè turno di sfida (al Campione). Come ancora accade nella America’s Cup di vela, il detentore del titolo attendeva che, da un torneo (detto All Comers e cioè tutti gli iscritti) analogo a quelli odierni, uscisse un vincitore: era questi a portare la sfida (challenge) al detentore. Detto di passaggio, nel corso della riunione della Hall of Fame, mi sono permesso di suggerire che, nei casi alla Federer, simile formula venisse riadottata. Ma sono stato guardato in modo tale che ho preferito non insistere. Dick Sears, ricordo, fu il partner preferito di Dwight Davis . promotore della omonima Coppa. Ma procediamo, in questa disamina ignota a McEnroe Trent’annì dopo il pioniere Sears. ecco apparire sui verdi palcoscenici il tennista sin qui, più interessante della storia del gioco. William Tilden detto Big Bill per il suo metro e ottantasette che, ai quei tempi erano insolita statura. Personaggio non solo affascinante per il suo tardo esordio ma per una omosessualità che lo condusse dal tribunale al carcere, Big Bill fu un tipo capace di affermare dopo la seconda vittoria a Wimbledon: “Traversi pure l’Oceano, chi pensa di potermi battere” E. di fatto tenne il suo titolo dal 1920 al 1925 che fa, anche secondo Tommasi sei anni. Ma stavo dimenticando. tra Sears e Tilden, un altro tipo che da queste parti definiscono “Legend” Bil Larned uno che se gli davano la palla sul diritto. La mandava a punto, Ne vinse cinque e interruppe quella serie, povero Bill. con un suicidio. Ed eccoci dunque al mio amato semi-connazionale Federer e alle notevoli chances di accedere alla classifica dei Grandi All Time, dopo una vittoria su Djokovic. Ricordando. una volta di più, che la definizione di Grand Slam venne coniata nel 1933. E che. costretto al professionismo. un immortale quale Laver non venne ammesso a venti tornei del Grand Slam.

La lezione di Justine

(Justine e Carlos….la strana coppia)

Daniele Azzolini, il messaggero del 10-09-07

NEW YORK - Justine offre la sua vittoria a Carlos, e Carlos non è altri che il suo coach. Lo fa pubblicamente, con parole che suonano sin troppo cerimoniose, «grazie per avermi sopportato per questi 11 anni». Non esita, la vincitrice, a dichiararsi figlia tennistica di quel buffo omino che la guarda dall’alto del box. Sono talmente diversi i due, da non passare inosservati. Lei biondina, bianca come un formaggino, un filo d’infelicità sul volto non bello, anche quando sorride.. Lui, Carlos Rodriguez, è invece moro e riccioluto, piccolo e frenetico, in equilibrio instabile tra i sorrisi e le incavolature. La finale degli Us Open comincia da qui, e come si vede, siamo già all’ultimo atto. Ma quella che appare l’ordinaria cornice di una festa già vista, nasconde sentimenti diversi ed assume i toni di una replica, anzi di una protesta. E’ la risposta pubblica di Justine alle accuse di miss Pryce, in arte Oracene, ex signora. Williams. Mamma è andata in giro sparlando di quegli sguardi che fluiscono fra Rodriguez e la sua assistita. «Ma non li vedete? Si parlano, si mandano messaggi cifrati. Come può il tennis permetterlo?». La coppa in mano, bene in vista, Justine ritiene che la seconda vittoria agli Us Open, la settima nello Slam, le offra diritto di replica. E il messaggio è chiaro. «Senza di te», dice a Carlos, «non sarei la tennnista che sono». In altre parole, «io una guida ce l’ho», ma voi? Quando mai riuscirete a battermi? L’impressione è che Justine Henin abbia vinto questi Open ancor prima di scendere in campo. Per manifesta mancanza di avversarie. Non è un quadro esaltante, per il tennis femminile, ma non c’entra con i meriti della ragazza belga. Lei tira colpi lindi sa essere insieme morbida e pungente. «È la Federer del nostro tennis», ha detto Martina Navratilova. una che se ne intende. Si potrebbe sostenere, senza spargimento di equivoci, che Justine giochi a tennis mentre le altre si limitano a colpire la palla. Certo, con forza, magari con rabbia, ma senza costrutto. Nessuna ha la sua sapienza tennistica. Peggio: nessuna ha studiato per sembrare, in campo. un po’più intelligente. Svetlana Kuznetsova la finale non l’ha nemmeno giocata. Ha portato le sue cosce da ciclista in campo (figlia di olimpionici della bici, non per niente) e ha cercato di sventrare la prima pallina che le è capitata a tiro. Justine l’ha fatta correre, l’ha presa in contro piede l’ha rintontita con le smorzate. Ottantaquattro minuti dopo, quando il match è finito (61 63), la russa non dava nemmeno l’impressione di essersene accorta. Non ha dimenticato di mandare un bacio in cielo. Justine. alla mamma scomparsa quando lei aveva appena 12 anni. Vincere tiene a bada i suoi tormenti e ora che un nuovo amore ha preso forma (un ragazzo delle sue parti. Liegi. esponente del locale partito socialista). Justine sembra più forte. La stagione cominciata con la rinuncia agli Open d’Australia per seguire le pratiche di divorzio dal marito. Pierre Yves Hardenne, le ha fruttato due vittorie nello Slam. E’ la più forte: ma le altre giocano per lei

Pulcino Henin, è il settimo sigillo

(Le sette o forse otto donne che dominano il circuito a montepremi equiparati)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 10-09-07

Un uomo e una donna, da 11 anni insieme, giorno e notte, nella gioia e nel dolore. Un uomo, l’allenatore Carlos Rodriguez - marito e padre felice -, una donna, la tennista Justine Henin. Non sono amanti, sono amici. E, quando, sabato sera, la prima regina incontestabile della classifica (dopo l’era di Serenona), ha doppiato d’istinto volée e lob finali, subito dopo aver esultato per il secondo titolo agli Us Open e il settimo sigillo negli Slam, ha dribblato i 23mila dell’Arthur Ashe Stadium ed è corsa all’abbraccio, prima con lo sguardo e poi fisico, in tribuna, con l’unico uomo che non l’ha mai tradita, l’argentino sempre uguale: barba lunga, cappellino calcato sugli occhi, incitamenti, e anche segnali vietati, secondo l’accusa del clan Williams e degli spogliatoi…… Eguagliando il record degli Australian Open 2001 della Hingis -, era fin troppo facile pronosticare il successo della Henin: figurarsi contro sciagura-Kuznetsova, più famosa per le partite buttate via che per gli Us Open vinti nel 2004, anche se da domani sarà numero 2 del mondo senza merito. Perché, come dicono le uniche partite spettacolari di New York, sempre con le Williams in campo, il tennis femminile è spezzato in due: Henin, le due famose afroamelicane, Sharapova, quasi quasi le serbe Ivanovic e Jankovic e forse la Vaidisova (con molte perplessità sul ritorno ai vertici di Mauresmo), e poi, staccate tutte le altre. A dispetto dei montepremi equiparati con gli uomini, della finale degli Us Open in «prime-time», dell’enorme esposizione fotografica (più da guardoni che da appassionati di tennis) e dell’attenzione di sponsor e media….. Justine Henin - «la Federer delle donne”, secondo Martina Navratilova - gioca a tennis meglio di tutte, ha rovescio a una mano al bacio e bagaglio tecnico completo con forti miglioramenti verso rete. E, su un motore da 500 (1.67 per 57 chili), s’è costruita una carrozzeria da Ferrari, per i violenti batti e ribatti da fondo di oggi (come non ha saputo/voluto fare Martina Hingis). Se ha raccolto meno di quanto poteva, è per limiti di personalità come nella finale senza storia di sabato, quando ha commesso due doppi falli di fila sul 3-0 iniziale (già due break avanti) e, sul 6-1 5-3, ne ha fatti altri tre, di distrazione, per un grido fuori tempo dalla tribuna. Ma, ora che ha ritrovato la famiglia (che aveva abbandonato per varie incomprensioni, dopo la morte prematura della mamma), ora che sente finalmente “una persona divertente, normale”, ora che non litiga più col suo amico Rodriguez (“Mi sono accettata”), ora quel suo flebile “Allez!” di auto incitamento in campo fa paura: Carlos dice che ho nelle mie mani la possibilità di diventare il campione dei campioni, non so che sarà nei prossimi anni. Da ragazzina sognavo di vincere uno Slam, ora ne ho 7: numeri che mi danno fiducia……Soprattutto, come dice la mitica Billie Jean King: “La sua vittoria più bella è nei bambini che prendono in mano la prima racchetta e vogliono diventare come Justine, una campionessa senza muscoli e centimetri, ma fantasia e tennis” Viva Henin.

Roddick, il servizio non basta. Federer resta sempre un tabù

(Perché i giornalisti europei vanno mandati in piccionaia)

Gianni Clerici, la repubblica del 07-09-07

NEW YORK - Non avevo sin qui visto Federer. se non in un par di brandelli offerti dal televisore che incombe sopra il mio banco. nella sala stampa raggelata dall’aria condizionata, l’immancabile veleno di questo cieco paese. Ne avevo chiesto ai compaesani svizzeri, miei dirimpettai, e avevo ricevuto osservazioni disparate. il più delle volte poco competenti. E’ sempre così quando in un paese che di altri sport si occupa - gli italioti di calcio gli elvetici di hockey - nasce d’un tratto un Fenomeno. Eravamo in tre presenti cronici, sulle nevi. quando un bel giorno da una montagna francese sbucò un ragazzino sud tirolese, e Rolly Marchi e io guardammo increduli i nostri cipolloni: non era possibile, che Gustav Thoeni avesse dato due secondi a tutti. Da quel giorno gli arrivi delle piste bianche si infoltirono di cosiddetti colleghi. che non sapevano distinguere uno spazzaneve da un telemark. Così è anche con Federer, con le doverose eccezioni dei due biografi. Roger Jaunin e René Stauffer. Proprio da Roger avevo appreso che Sua Maestà non era ancora al meglio. Ma era integro? Si, come una trota di montagna. Aveva giusto smarrito per strada due set. in match di semi-allenamento. Ma anche questa sembra una caratteristica positiva. per arrivare al meglio al termine di due settimane. Così iersera mi sono accomodato in piccionaia. dove l’organizzazione sbatte i poveri europei. colpevoli forse di non aver abbastanza assecondato quel pirla di Bush in Iraq. E da simili precipizi ho ammirato. nell’abisso dello stadio. il mio diletto Roger. Di fronte gli si parava quel mezzo campione di Andy Roddick, uno che nemmeno Connors riesce a render completo: terribile di battuta e dirittaccio, insufficiente non solo di rovescio, ma di volèe complicate da assoluta incomprensione nel piazzamento a rete. Uno Roddick. che da Roger le ha pre se tredici volte su quattordici, tanto che ancora ci si domanda come abbia fatto a vincerne una. Partono. dunque. tutti e due ricoperti di neri panni tanto da far pensare ad un funerale. Partono, e Roddick batte tanto bene da far partita eguale, almeno aritmeticamente. perchè lo stile è Federer. Un servizio sull’altro, eccoli affacciarsi al tiebreak, uno degli otto su nove fin qui vinti da Roger. Si gioca il sesto punto, e ne sorte un incredibile palleggio di diciassette tiri al termine dei quali Roddick rende l’anima. Un set per Sua Maestà. Sostenuto - oh molto correttamente – da ventitremila fans eccettuati mamma papà e Mirka Federer - Andy riparte gasato da un Connors incapace di mollare anche per interposta persona. A botte di servizio, ecco i due accedere ad un nuovo tie-break. Pari sino al nono punto, una folgore sui duecento ritorna addosso a Roddick quasi fosse un boomerang: minibreak e subito set per Sua Maestà. A questo punto il match è finito. Federer si appresta a battere Davydenko e a sbarcare alla sua quarta consecutiva finale dell’Open, dopo le tre vinte. Prima di ciò, avevo assistito ad una notevole partita tra una Venus ritornata grande e una Jankovic che vorrei poter consigliare perchè lo divenisse. La serbiatta, se così si può chiamare una grande podista - è stata due volte a due punti dal match. Ma Venus ha ritrovato la voglia di tennis, e tanto basta.

Nostalgia (non solo) per il bel tennis che fu

(I ricordi di un tennis oramai passato)

Cesare Lanza, libero del 07-09-07

La nostra affezionata lettrice Luisa Ricchi mi scrive da Bologna: “Ho letto un articolo sulle mise sfoggiate dalle più importanti tenniste del mondo agli Open di New York. Si parla di uno scamiciato rosso illuminato da decine di cristalli Swarowsky, scelto da
una campionessa siberiana per le partite serali, per le quali un ‘altra atleta ha scelto un completo nero con strisce di raso lungo la gamba, quasi uno smoking. Di costumini scollatissimi dai quali ogni tanto sbuca un seno. Di collane attraenti, ma fastidiose per
chi dovrebbe essere libero nei movimenti. Poche, tra le quali due italiane, hanno optato per completini comodi. Penso ai completi che si usavano sui campi di tennis una quarantina di anni fa e che anche tu ricorderai certamente, per vicinanza anagrafica con me. Ricordo i nostri gonnellini ed i vostri calzoncini bianchi con maglietta assortita (quando si sollevava il gonnellino lasciando vedere un bel culetto, sempre coperto da mutandine in pendant con il resto, gli uomini mostravano di gradire!). I primi vestitini. Le chiacchiere sugli affascinanti, secondo alcuni troppo conturbanti, abitini indossati e lanciati da Lea Pericoli. Per il dopo tennis, per uomini e per donne, maglie rigorosamente bianche con righine rosse e blu allo scollo. Ricordo le ormai antiche racchette (la mia semplice vecchia cara Maxima Torneo), alle quali ogni tanto bisognava far dare una regolata alle corde; le prime racchette in materiali altamente tecnologici, che non servivano a migliorare le prestazioni di chi proprio campione non era! Ricordo le contestazioni di alcuni sessantottini che criticando un abbigliamento che giudicavano snob, cercavano di scendere in campo con calzoni e magliette di colori diversi, e venivano regolarmente respinti dal custode del nostro circolo. Ho nostalgia dello sport, sport e basta. Senza tanti orpelli, che niente hanno a che fare con un torneo sportivo. Tante altre cose di quell’epoca ricordo con tenerezza (e non perché ero molto più giovane): poter andare a sentire la musica subito dopo cena, e non a notte fonda, e riuscire a scambiare due parole con il proprio accompagnatore o con i propri amici (il massimo, come sottofondo la musica di Bruno Martino, senza timpani rotti e fastidio ad altezza diaframma. Cabaret con artisti intelligenti, quasi tutti diventati famosi e quasi tutti passati dal Derby di Milano… luliricchi@libero,it .Rispondo: Anche io ero turbato dai gonnellini di Lea… Ma attenzione! Il meccanismo psicologico dei ricordi, che inducono a memorie di dolcezze ed emozioni importanti, darà fitte al cuore anche ai giovani di oggi. Quando saranno anziani, anche loro sembrerà molto bello ciò che a noi sembra, oggi, inferiore rispetto a ciò che ci appare molto più bello, cioè il bello dei tempi che furono. E saranno scontenti e critici della vita che vivranno fra quarant’anni.

Ciao Nadal, rassegnato e battuto

(Come il dritto di Ferrer ha fatto “male” a Rafa”)

Gianni Clerici, la repubblica del 06-09-07

NEW YORK - Ero rimasto nel grande stadio. iersera. per assistere al primo round dello scontro tra le Sisters e quel piccolo genio di Justine Henin. E. confesso. non mi ero troppo divertito per l’evidente incapacità di Serena nel far match pari. dopo un primo set in cui Justine le aveva offerto una possibilità di aggancio e di rientro. Ero abbastanza incerto. sollecitato dal mio amico Collins. che mi ricordava che la nostra osteria chic Lusardi. non ci avrebbe atteso ancor per molto. Quando mi son passati vicini gli amici spagnoli Neus e Zubi. diretti al campo. “Vince?” ho chiesto. riferendomi a Rafa. la Neus. con quella sua aria di personaggio di Almodovar. ha fatto un faccino molto perplesso. mentre Zubi scuoteva addirittura il capo. Mi sono allora ricordato di Nadal nello studio del mio amico Parra incerto addirittura se cominciare il torneo. conciato com’era. un ginocchio più malconcio dell’altro. E anche del suo primo turno le sorprendenti difficoltà contro quel guitto del film Wimbledon Alun Jones. un tipo che può anche andare nei tornei da diecimila dollari. ma non qui. Non era certo il Rafa di Wimhledon. Lo stesso capace di metter paura al Padrone dei Prati. Roger lo stesso che aveva avuto sulla racchetta e due volte. una coppiola di palle break per un risultato da Scommesse Exchange. tanto incredibile. Per non parlare del Signore del Rosso. inavvicinabile a Roland Garros. specie di Borg degli anni felici. Era. quello di Flushing Meadows. un Rafa dimesso. insolito non solo nei gesti ma nello sguardo: occhi spesso bassi. Sguardi più rassegnati che irritati per errori insoliti quanto incredibili. Nel ricordarmi di aver scritto, al di là degli undici romanzetti due libri tecnici mi andavo dicendo che per uno con i suoi gesti il suo lift di diritto e di servizio non può che ottenere parabole di altezza giusta per un drittaccio avverso: guarda caso. il miglior colpo di un avversario quale David Ferrer. Un tennista di seconda fila ma non un gregario. Uno che ci aveva perso sì gli ultimi quattro match. ma che non si era rassegnato a quella sorta di esibizione che spesso offrono le vittime predestinate: soddisfatte di un grande scambio. di un rally dimostrativo. degno di applausi. Disposti ad un ritiro freudiano. Ferrer no. Il valenciano aveva capito. sin dall’inizio. di avere nel diritto più sprint di Rafa. E. chiudendo con quel gesto violento dall’alto verso il basso i diritti e le seconde di Nadal si era avvicinato ad un break. Nell’undicesimo game del primo. che gli avrebbe probabilmente offerto il set. Sciupata quella chance. esaurita in un siparietto isterico tutta la frustrazione Ferrer aveva preso ad attaccare dal fondo ogni rimbalzo corto di Nadal. aveva preso a comandare. Tanto che soltanto una ventata di sudditanza psicologica. come diceva il Brera. avrebbe potuto metterne in forse la vittoria……

Ferrer, un’impresa di corsa

(David consuma un enormità di paia di scarpe durante un’anno di attività)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 06-09-07

Prima era la tecnica, poi è stata la testa,oggi è il fisico. Senza gambe, senza super gambe, nel tennis non si può vincere. Questo dice, agli Us Open, il derby di Spagna vinto - all’l.50 di mercoledì mattina - da Davide contro Golia, cioè da David Ferrer contro Rafa Nadal, non di tennis, ma di condizione atletica, rapidità, spinta, vivacità di piedi e di sbracciate. Questo suggerisce la maratona di quasi 4 ore che Novak Djokovic risolve, infine, solo presentandosi -insolitamente - a rete 48 volte, per sorprendere l’ennesimo pedalatore, Juan Monaco, capace di sparare il vincente anche dopo lunghi e duri scambi da fondo. Questo ribadisce anche il terzo successo consecutivo nei quarti di finale di uno Slam di Justine Henin su Serena Wil1iams: se la Tyson delle donne fosse stata in forma, nel secondo set non si sarebbe eclissata come ha fatto martedì sera, subendo, da fondo, la numero uno dei mondo…… “Gli altri clienti consumano 4 paia di scarpe da corsa all’anno, Ferrer 12”, rivela Veso Matijas a nome dello sponsor. E giura: «I segreti di David sono un bicchiere di vino rosso, l’allenatore di sempre, Javier Piles, e il piccolo paese dov’è nato, Javea, vicino a Siviglia». Con la faccia da povero, le spalle incurvate e le gambe sempre in spalla, il pony (1.75 per 72 kg) di 25 anni, si è evoluto poco a poco da terraiolo a giocatore completo (col primo titolo sul duro a gennaio ad Auckland), con limiti al servizio, ma già capace di diventare il primo spagnolo a violare l’imbattibilità di Nadal negli Slam
contro i connazionali (unico a superarlo in assoluto, con Moya), di rompere il tabù contro Rafa dopo 4 k.o. di fila. e di toccare i suoi primi quarti agli Us Open. “E’ un ottimo giocatore, molto veloce, quest’anno è uno dei migliori del mondo, forse riuscirà ad andare al Masters, ha giocato molto bene e mi ha battuto.., sentenzia Nadal, dall’alto del numero 2 dei mondo e del tabellone”. E il numero 15, già motivatissimo per i quarti con Chela (dopo 2 k.o. su 2, ma nel 2004, e su terra), gli risponde: “Forse sono stato fortunato perché Rafa aveva problemi fisici, ma ho fatto il mio gioco, punto dietro punto, ho corso tanto e sono stato anche preciso…” Meritandosi l’ennesimo applauso da Maciste,…..In realtà, Nadal non catapulta i suoi micidiali proiettili perché non può spingere di gambe. E, se il numero 3 del mondo, Djokovic, esce dalla medesima situazione - per i soliti problemi di lombosciatalgia e doma Monaco dopo i primi tre set allo spasimo, non lo deve alle miracolose pasticche del fisioterapista (“Dopo il ma1 di schiena, mi era venuto anche mal di stomaco, ho preso delle vitamine e ho recuperato le energie” ), bensì al più vasto bagaglio tecnico. “Juan mi ha sorpreso. Giocava bene come sulla terra, era aggressivo e cercava di prendere il comando da fondo. lo ho lottato, ho giocato bene i punti importanti, e sono andato a rete”, racconta il20enne serbo (4 titoli Atp nel 2007) presentando il 23enne argentino (3 titoli). Appuntamento a Moya, dopo 2 sconfitte su 3…. Justine Henin straccia a sorpresa Serena Williams nella «night session»che sembra ideale per la panterona di casa. Vince in campo, perché ha un set point sul 5-4 40-30, ne annulla uno (con la seconda di servizio) sul 5-6 30-40, e poi domina il tie-break e il secon¬do set: “Già alzandomi dal letto ho sentito che sarebbe stato un gran giorno, l’ennesimo, da quando ho ritrovato la famiglia e mi sento più amata e in fiducia. E, dopo un po’, non solo comandavo gli scambi, ma li dominavo, ero aggressiva, felice di esprimermi da numero uno del mondo e di battere Serena nel suo stadio, in quell’atmosfera….

Roddick, bandiera yankee

(con la sconfitta di Andy per la prima volta dopo il 1988, si avrebbe una finale si Slam, in un anno, senza neanche un americano)

Roberto Zanni, corriere dello sport del 5-9-07

NEW YORK. È l’ultimo degli americani in corsa in questi US Open e se oggi anche Andy Roddick dovesse uscire, per la prima volta dal 1988 le quattro finali maschili di Slam saranno senza bandiera a stelle e strisce. Inutile sottolineare che le possibilità di essere eliminato ai quarti per Roddick sono altissime, perchè di fronte si troverà Roger Federer, numero 1: il bilancio dello svizzero nei confronti dello statunitense è finatti di 13-1. Il “tredici” Federer lo ha realizzato nelle semifinali degli ultimi Australian Open, ma il ricordo che più brucia ad Andy è la sconfitta subita sempre qui, un anno fa, nella finale 2006. RIVINCITA – “Credo che sia molto meglio essere riposati che stanchi morti - ha detto Roddick al termine del mini-incontro negli ottavi - Se avessi avuto le due opzioni. avrei scelto questa”. Perchè l’americano ai quarti con Federer ci arriva dopo il match con Tomas Berdych durato appena un po’ più di un set (7-6, 2-0), ma anche il secondo turno con Acasuso era finito in anticipo per il ritiro dell’argentino al termine del terzo set, il che vuol dire che dall’inizio del torneo Andy ha disputato solo due incontri completi, contro Gimelstob, n. 475, e Johansson, n. 68, entrambi conclusi in tre set. Roddick, numero 1 al mondo per alcune settimane tra il 2003 e 2004, da quando è stato scalzato dal trono da Federer è precipitato fino al 12° posto l’anno scorso (adesso è il numero 5) e il successo ottenuto agli US Open del 2003 rimane, finora, il suo unico Slam. Lunedì, alla domanda se avrebbe seguito l’incontro di Federer contro Lopez, non ha faticato a rispondere: “Credo che abbiamo giocato uno contro l’altro abbastanza, ci conosciamo, non penso che ho bisogno di guardarlo per scoprire quanto è forte. Per incontri di questo tipo - ha concluso Roddick - senti un peso extra, ma mi aspetto molto da me stesso, non credo che nessun altro si attenda tanto da me». CACCIA AL POKER. Federer però contro Lopez ha stentato all’inizio: “Man in Black” ha perso il primo set con lo spagnolo (un altro lo aveva lasciato a Isner), poi ha vinto di un soffio il secondo, ma nel terzo dallo 0-40 al primo gioco ha infilato 35 punti consecutivi sul suo servizio: «Grandioso», ha commentato lo svizzero quando gli hanno fatto vedere i “numeri” del match….

Moya, lo “sherpa” incanta New York

(Carlos: “Sono stato il primo a credere che noi spagnoli potevamo diventare forti anche sul cemento”)

Daniele Azzolini, tuttosport del 5-9-07

NEW YORK Fu la finale in Australia del 1997 a cambiare il corso del tennis spagnolo. Dieci anni e undici stagioni fa. Qualcuno doveva pur farlo, dice oggi Carlos Moya ricordando gli inizi della sua carriera e accettando con disinvoltura i panni dello sherpa che condusse un’intera nazione tennistica oltre l’ostacolo, aiutandola in un’ardua trasformazione con il migliore degli esempi, quello che viene dalla pratica. Il Paese del Terraioli è oggi quello dei Terra-cementivori, ammesso che si possa dire cosi, e i vantaggi appaiono evidenti, a cominciare dalla classifica. Sono undici, oggi, gli spagnoli fra i primi cento, due di loro fra i Top Ten e sette addirittura nelle prime 35 posizioni; ma basta spostare l’attenzione ai primordi dell’avvento di Moya per notare come il movimento spagnolo, già abbondante nei numeri, mancasse soprattutto di qualità. Nella classifica del 13 gennaio 1997, l’ultima prima degli Open d’Australia che videro Moya finalista (battuto da Sampras), gli spagnoli da Top 100 erano addirittura 14, ma nessuno di loro figurava nei Top Ten. E nel tennis non erano ancora apparse le orde dei tennisti provenienti dall’Est. “Non fu del tutto casuale, quell’impresa, racconta Carlos, ma il frutto di una convinzione. Sapevamo di avere a disposizione fisico e colpi, e lo studio del calendario e della, classifica ci convinse che se non avessimo tentato la strada del cemento non saremmo riusciti a salire fino alla vetta. La mia finale australiana, lì per li, fu tutta mia, ma con il passare de gli anni, lo ammetto, è stata utile per tutti. È servita a convincere tutto il movimento spagnolo che aggiungendo aggressività al nostro tennis avremmo potuto ben figurare anche sul cemento». A condurre un breve paragone con l’attuale situazione del tennis italiano, che in questi Open ha mostrato per l’ennesima volta la sua difficoltà ad uscire dai confini ristretti del tennis su terra rossa (oggi il cemento è la superficie di oltre il 50 per cento dei tornei in calendario), si finisce inevitabilmente per avvertire un senso profondo di invidia. La Spagna ha portato quattro tennisti negli ottavi di finale, ha costretto ieri notte Federer ad un supplemento di match per tenere a bada uno scatenato Feliciano Lopez (un set e mezzo di attacchi forsennati, lui che è lo spagnolo più anomalo del circuito, prima di finire il carburante e subire la rimonta del numero uno), e conta già un primo “quartista”. Ovviamente lui, Carlos Moya, l’uomo più inviso dal settore tennistico femminile italiano dopo il suo colpevole addio a Flavia Pennetta (“non è un uomo”, il giudizio più sferzante fra quelli raccolti)….


Moya firma il poker. La Spagna non è a terra

(L’importanza, non capita dai nostri tennisti italiani, di giocare bene sul duro)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del -04-09-07

Quattro spagnoli agli ottavi sul cemento degli Us Open sono un record che fa pensare, dopo le 12 passate doppiette di 2 iberici, e con l’obiettivo del record di 2 al quarti di finale: Alex Corretja e Javier Sanchez, nel 1996. Anche perché insieme ai terraioli classici iberici, ci sono quelli argentini, mai in cinque così avanti nell’ultima prova stagionale dello Slam, per migliorare il record di tre rappresentanti del 2002 e 2003. Come spiegare questo fenomeno?…Come racconta l’ultima promessa mondiale, il lettone Ernests Gulbis, che ha trovato il coach (Niki Pilic) navigando su internet, e le promesse azzurre, i 15enni Nastassja Burnett e Giacomo Miccini, che s’allenano in Spagna e negli Usa, il tennis è sport sempre più internazionale. Tutti sanno tutto di tutti, tutti studiano, tutti hanno mille possibilità per migliorare. «E il calendario è fatto al 70% da tornei sul duro, per cui chi vuole salire in classifica deve per forza giocare su tutte le superfici» suggerisce Ugo Colombini, ex pro italiano ora manager anche dei argentini Juan Martin Del Potro e Paola Suarez. Quest’ultima, ex n. 1 del mondo di doppio (8 Slam vinti), da lunedì anche ex tennista, che sottolinea: “Per noi è stata importante Gabriela Sabatini. Coi suoi risultati ci ha insegnato che potevamo giocare anche sul duro oltre che sulla terra e, da 3-4 anni, sfoderando un gioco più aggressivo, si sono visti i primi risultati”. Guga Kuerten, l’intelligente brasiliano 3 volte re del Roland Garros ed ex numero uno del mondo prima di una duplice operazione all’anca, se la ride: «Se stessi bene rivincerei, perché il mio gioco sarebbe ancor più differente degli altri. Oggi, giocano tutti più o meno lo stesso perché le superfici si sono tutte avvicinate molto, e non esistono più né specialisti né difficoltà del singolo campo. Fortuna che io ho avuto come esempio Marcelo Rios».
NUOVA SPAGNA La Spagna di ieri, è José Higueras, l’ex regolarista della terra che abbandonò per protesta il Foro Italico contro Adriano Panata sommerso dalle monetine degli spettatori, coach in Califomia di tanti pro, da Courier alla Peer: «Ora tutti i campi sono medi e le palle sono più grandi. Chi comincia a giocare sulla terra non ha più problemi nella transizione sui veloce come prima a Wimbledon e Us Open, quando dovevi battere forte e andare a rete. Una tattica che ora non paga più, ma che ha penalizzato la varietà degli stili. Peccato per tutti, soprattutto per i giocatori che; quando devono pensare, si perdono». La Spagna di oggi, è Carlos Moya: «Con la finale agli Australian Open ‘97, io sono stato un precursore sul veloce, perché da bambino alternavo terra a cemento. La tv e il sistema del computer Atp ci hanno convinti a giocare su tutte le superfici. Cosi, cambiando mentalità e gioco più aggressivo, eccoci competitivi, e in tanti, anche qui sui cemento». E, dopo 20 anni, l’Australia divorzia dal rebound ace, 11 suo anomalo cemento gommoso, per sposare il «plexi-cushion», l’ennesimo cemento lento. Che costa anche meno, di manutenzione

È Blakemania Usa pazzi per il nero bianco

(Lo stile “very english” del giocatore di colore più amato in USA in questo momento)

Gianni Clerici, la repubblica del 4-9-07

NEW YORK - Ogni sera, tornando mica male affranto da 5 o 6 ore di Flushing Meadows prima di lasciarmi cadere sul letto del giusto accendo il televisore. Lo faccio non certo per tennis dipendenza, ma per controllare che non stia accadendo qualcosa di grosso, Federer infortunato. Williams fuggita con Osama Bin Laden. Ogni due sere mi appare il viso di un giovanotto di guance barbute, di cranio lucente, intento nel rimandare un elegante rovescio liftato. ad una mano, nell’attesa che il meschino avversario gli offra una palla moscia, per avventarvisi con un diritto assassino. Di questi tiri vincenti il pubblico, tanto spesso inquadrato, appare entusiasta. C’è addirittura un club di fans che inalbera uno striscione invocandone il nome, James Riley Blake. Non deve sorprendere che il gruppo dei tifosi sia interamente bianco, e che il tennista appaia piuttosto nero. In un palco non lontano si assiepa dignitosa la sua famiglia, una biondissima mamma, Betty, di origini e portamento very english. Conosciuto ad Harvard uno dei pochissimi neri ivi accettati trent’anni addietro. Thomas. la mamma non oppose riserve razziste alla passione. Nacque prima Thomas jl., campione universitario di tennis, e subito dopo il fratellino del quale mi occupo: ancor più bravo poiché, pur non arrivando alla laurea, ha raggiunto il n. 6. Bravo Clerici, commenterà l’aficionado: ma queste cose le sapevamo. Dove vuoi parare? Volevo soltanto dire, ragazzi. che la tv di qui non regala niente. Che, più di una volta, la negritudine delle Williams ha prodotto fastidio sino a raggiungere i boo di riprovazione di Miami. E, poiché in giro non c’è più un attore quale Sampras o Agassi e Roddick non viene giudicato telegenico; insomma, Blake è il meglio che passa il convento. Anche perché qui non è possibile il gioco di parole che faremmo noi provinciali insubri. confondendo Blake con Black (nero), soprattutto perché James più che nero è abbronzato, addirittura mezzo bianco. Impeccabile nell’eloquio, Blake non è meno abile di Yannick Noah nell’assumere il ruolo del Servitore di Due Padroni, il Bianco e il Nero. Gestisce alla perfezione i due ruoli secondo il luogo e il media di giornata. Un esempio, per lui indubbio democratico, di quel che non è possibile a Barack Obama e a Hillary Clinton, infitti nei loro geni come due juventini alle opposte strisce della maglia. Ma poiché io son qui per il tennis e voi peri il tennis mi leggete, ricorderò che quel che mi ha spinto a scrivere dì questo bel giovine è anche l’uscita di un libro, intitolato Breaking Back. titolo anch’esso bi fronte a significare un incidente osseo e un ritorno dalle sfortune. I soci del Parioli ricordano infatti lo scivolone che condusse Black ad urtare un paletto ed a spezzarsi una vertebra. tre anni addietro. Vicenda che ne mise in forse, addirittura, la deambulazione, non fosse stato per l’intervento del dr. Giovanni . Di Giacomo, medico tennista, doverosamente citato e ringraziato nel libro. Che questa sera vado leggendo dato che, per una volta, Blake ha giocato l’ultimo match del pomeriggio.

Serena e la dieta il nuovo segreto della Williams

(Quando “lo scriba” voleva passare come un raccattapalle)

Gianni Clerici, la repubblica del 03-09-07

NEW YORK - Sul pullman che nella bella giornata festiva mi trasporta allo stadio attraverso le strade vuote del weekend e del Labour Day (il nostro l Maggio-Ferragosto) incontro i signori - guarda te - Davis, che non pretendono parentela con Dwight, l’inventore della Coppa. Son giusto dirigenti periferici, che la Usta invita per meriti politici, anche senza spingersi ad una permanente pensione come accade ai nostri eroi, chez Bice, uno dei ristoranti più cari di New York. Mi chiedono, i Signori Davis quale mai sia la mia attività a Flushing Meadows, e rimangono perplessi come rispondo: Ball Boy, raccattapalle. Non abbastanza anziano, commentano, e al gentile paradosso non posso che rispondere: In verità raccattanotizie». “Reporter o columnist?” insiste lui, creandomi involontariamente un dubbio che cinquant’ anni di scritti non hanno risolto. “Colporter”, mi viene d’istinto, e alfine rassicurato sulle mie funzioni, mi accomiato dai Davis. L’idea per la colonnina odierna !Sarebbe quella di occuparsi - nuovamente. Come la scorsa domenica - delle Williams….. Una informazione riservata, raccolta da un’amica della mamma che fingo di corteggiare. garantisce che si sono affidate a un dietologo. compare di un preparatore atletico. A partire da Wimbledon, Serena. che pareva la reclame del Parmacotto, ha perso sei chili la mamma Brandy ventidue. mentre Venus, che era già bella tosta, due soltanto. E non solo. I chili residui si sono tramutati in muscoli, anche se la mia informatrice non me lo può assicurare per Brenda, sempre, sopra il quintale di nero butirro…. Nel torneo vero Serena ha dato una dimostrazione di forma quasi perfetta contro la finalista dì Wimbledon, Marion Bartoli Il match ha confermato che l’exploit della tosco-francese non era stato per nulla casuale: Anche qui ha ribadito i suoi stremi anticipi, gli incroci. Ma Serenona pareva ritornata da Slam, cattiva come un tempo, anche se gli insegnamenti dello Actor Studio la spingono a siparietti di cattiva recitazione. Ci stiamo quindi avvicinando - fuso orario e Safina permettendo - ad una semifinale alta tra Serenona e Heninina. che di una finale vera potrebbe rappresentare la prova generale. Malconcia a Wimbledon, Justine pare aver ritrovato qualche fiducia in una vita sin qui malvissuta. Vittima dapprima di un padre padrone. in seguito di un marito bellone in cerca di dote. Mi dicono gli amici belgi che, a riscaldarle il cuoricino infranto, sia giunto un nuovo principe azzurro: nella speranza non debba trattarsi di un nuovo gigolò. Termino queste note di primo pomeriggio ricordando che Nadal. risanato da Parracelso. ha chiesto al nostro specialista, ormai celebre dopo un’intervista alla Associated Press di rimanere ad accudirlo. “Ho i miei mutuati a Montecatini” è stata la risposta. E poi si parla male della nostra Sanità.

Serena vecchio stile. E’ già schiacciasassi

(Serena: “toglietemi tutto, ma non i miei appunti”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 03-09-07

Le altre star, cioè le altre “top 10” nelle ultime 52 settimane hanno già giocato 19 tornei, le sorellone Williams sono ferme a 12. Ma quando sentono odor di Slam, entrano in forma, abbassano drasticamente le percentuale di errori gratuiti, spingono sempre più e sempre meg1io sull’acceleratore. Cosi, Serena è rinata agli Australian Open di gennaio e, da numero 81 del mondo, dopo uno stop di 3 mesi, ha messo l’ottava firma a Melbourne. Poi ‘è sparita ancora con un certifiCato medico, ha conquistato Miami (salvando in finale 2 match point contro Justin Henin), ha usato al solito - gli altri tornei come allenamento di Parigi e Wimbledon, dove ha perso nei quarti contro la Henin. Poi è scomparsa di nuovo, coi soliti adduttori dolenti e un pollice distorto (“Un infortunio da football: non potevo tirare il rovescio”), per ripresentarsi due mesi dopo agli Us Open, ed entrare in forma, come sempre, durante il torneo….. Al via, qui a New York, dove ha vinto 2 volte in 3 finali, Serena era forse al 40% e ha sofferto la mancina Kerber, finché , non l’ha aggredita sonoramente, più che tennisticamente, strappandosi con rabbia Un fastidioso fiocchetto dalla fascia fucsia che adorna al petto il suo vestitino nero. Stava meglio al secondo turno contro la pugnace Maria Elena Camerin, quando ha cambiato marcia sul 5-6, non d’istinto, ma di testa e tecnica. Poi, contro sciagura-Zvonareva, ha anche ritrovato le gambe e ha rimesso in gioco l’imponente personalità. Quando, a un cambio campo, il giudice di sedia le ha ingiunto di non aprire più gli appunti (“Sono cose tecniche”), che Serenona-come la Henin e altre colleghe - usa rileggere durante i cambi campo, e lei ha risposto in diretta tv: “Non sono Harry Potter e papà non può darmi indicazioni magiche, sono cose che mi sono scritta io. Forse è un divieto dell’Atp Tour, ma io non gioco li. Lo sai? Non ti confondere, non restare impressionata dal mio servizio, chiedi pure alla Wta…” Vincendo anche quel braccio di ferro verbale….. si presenta così, prima promossa ai quarti, dove dovrebbe trovare ancora la numero uno del mondo. Henin. “Mi sembra di migliorare a ogni match, non sono ancora vicina a dove vorrei essere, ma l’importante è progredire”.

Hemnan, addio con un sorriso

(La monotonia della vita da campione)

Gianni Clerici, la repubblica del 02-09-07

NEW YORK - Per solito piangono i campioni, dico, nel giorno in cui si ritirano dalle gare e devono provare una sensazione di postumo in vita. Non ci han mai pensato almeno non troppo, alla vita vera quella di tutti noi. Dal giorno In cui sono inconsapevolmente passati dall’anagrafe del municipio a quella del tennis, al computer Atp la loro vita è divenuta diversa simile a quella di certi Vip. La gente comune ha preso a guardarli. Il loro trasporti si son sempre verificati in auto nuovissime, guidate dall’autista. Mai una volta si son sentiti dire che il ristorante era completo. Spesso al posto del conto, gli veniva addirittura offerto un sorriso. Nessuno di loro aveva mai letto “il Principe Felice” e, inconsciamente, la loro vita assumeva aspetti onirici astratta dalla vita vera. Certo, della vita vera il tennis poteva rappresentare almeno un simbolo. Le giornate erano ripetitive quanto quelle di chi. ogni mattina si reca in ufficio. Allenamento atletico. allenamento sulla palla, colazione limitata ad alcuni cibi e poi. il pomeriggio o la sera, la gara con un risultato tanto più chiaro delle nostre confuse gare esistenziali: vittoria o sconfitta, semplicissimo. Ma tutto ciò avrebbe raggiunto una fine, proprio come nel caso dello Happy Prince. Di fronte al giovanotto ancor pieno di vigore si sarebbe spalancata quel che poteva apparire un misterioso territorio venato anzitempo di vecchiaia. Borg, per citarne uno: tanto confuso nel chiedere a Tommasi e a me, che riteneva amici, cosa dovesse fare. In un atroce ristorante di Las Vegas. figurarsi. Di tanti che ho visto piangere come l’anno passato Agassi, Henman si è dimostrato diverso. Già aveva annunciato la fine di queste grandi vacanze, alla soglia di trentatre anni. Aveva addirittura rifiutato un suggerimento a sfondo pubblicitario, un ritiro in casa, con glorificazione sul Centre Court di Wimbledon il luogo in cui aveva soggiornato ore e ore, senza riuscire a farlo suo: nel corso di ben quattro quarti e quattro semifinali. Forse, anche la Regina. che da poco l’aveva eletto O.B.E. rappresentante dell’Ordine Dell’Impero, si sarebbe finalmente mossa, lei che soltanto una volta si era degnata. l’anno del Centenario. Doveva finire invece qui una carriera iniziata con una racchettina a soli due anni, ancora retto dalla mano di papà Antony. teneramente assistito da una famiglia upper class: mamma Lane che l’aveva in pancia giocando il weekend a Wimbledon, zio Henri Billington capace di raggiungere il terzo turno negli Anni Cinquanta. e nonna Ellen Stawell Brown la prima a servire audacemente sovra spalla quando battere a cucchiaio era la regola. Di fronte ad uno stadio tanto entusiasta da parer britannico. Henman avrebbe affrontato con dignità la sua ultima gara. L’intervistatore lo avrebbe avvicinato Senza rivolgersi al vincitore il francese nero Tsonga, e Tim avrebbe offerto l’ultimo esempio della sua ironica classe: “Guardi che è il mio avversario. il vincitore”, avrebbe sorriso. Exit Tim Henman: e il vecchio scriba si inchina.

Djokovic, maratona brivido a New York

(La partita dei “tipi strani” terminata solamente al tie-break del quinto set)

Daniele Azzolini, tuttosport del 01-09-07

NEW YORK. Pomeriggio con Djoko e Stepa. Colazione, pranzo e merenda, dalle 11 del mattino alle quattro del pomeriggio. Quattro ore e quarantaquattro minuti per risolvere la disputa solo al tie break del quinto set. Sessantatre game giocati, uno in più a favore di Nole Djokovic, che chiude accarezzando il cemento del vecchio centrale dedicato a Louis Armstrong, e nelle prime dichiarazioni assicura di aver imparato almeno una cosa importante, da questo match: mai dimenticare di portarsi la merenda al sacco, quando c’è da giocare con Stepanek. Era il match più velenoso, nel percorso studiato per il tennista che in molti vedono come primo, forse unico avversario di Federer, in questi Open che non sono fatti per Nadal, tanto più per un Nadal tutto cerotti e pomate come quello che si aggira deluso tra gli ombrelloni della players lounge ristrutturata. Stepanek era l’avversario più caldo del momento. L’estate lo ha proposto sulle pagine sportive e in quelle di gossip, e lui non si è fatto mancare nulla: ha vinto a Los Angeles e ha lasciato Martina Hingis, chiudendo due periodi a suo dire del tutto particolari, se non addirittura strambi; della sua vicenda professionale. Non vinceva da 19 mesi di fatto (l’ultimo successo datava febbraio 2006, a Rotterdam), e ormai parlavano di lui solo come del promesso sposo, neanche dovesse diventare il mister Hingis della coppia. Ha chiuso la vicenda di colpo, e con il più curioso degli addii: ha chiesto all’Associazione dei tennisti,l’Atp, che fosse lei a emettere il comunicato ufficiale della separazione. Tipi strani a confronto… No¬Ie che esultava neanche fosse Nadal, sottolineando ogni set vinto con balzi e piroette; Radek che chiedeva assistenza al pubblico, cercando di portarlo dalla sua: voleva la ola, e gliel’hanno concessa, poi ha chiesto i cori, e gli hanno fatto anche quelli. Soprattutto, un match tirato allo spasimo, nel quale è stato Stepanek ad andare più vicino alla vittoria, prima di cedere quasi di schianto nell’ultima volata. Se il ceko avesse messo le mani anche sul secondo tie break, è probabile che Novak si sarebbe eclissato. Del resto, Stepanek gioca un tennis che pochi si possono permettere, di questi tempi. Attacca spesso, e sa tenere la rete con movenze simili a quelle dei grandi volleador del passato. Difficile trovare varchi in quella difesa, ma Djokovic ha capito quale fosse la strategia da seguire, ed è rimasto calmo, obbligando Stepanek, dopo l’avvio fulminante, a giocare a rete più volée in successione, rallentando i colpi e senza cercare subito il passante vincente. E su quei colpi morbidi, all’apparenza inconcludenti, il ceko si è disunito e ha mostrato le pecche più vistose……

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Superman Nadal, ginocchia a pezzi

(Neanche l’attore “Tom Cavendish” ferma il numero 2 del mondo)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 30-08-07

Brividi agli Us Open. Non all’interno di quest’immensa, maleodorante, macchina da soldi di Flushing Meadows dove impera l’aria condizionata, ma fuori, dove fa un caldo umido infernale e il cemento bolle sotto i piedi. Dopo i tam-tam d’allarme di ieri, dopo il disperato appello al laser miracoloso di Pierfrancesco Parra, dopo tanti dubbi anche nell’immediata vigilia dell’esordio nel torneo dello Slam finora più avaro di soddisfazioni, Rafa Nadal, il Maciste del tennis, ha confermato che non stava,bene fisicamente. Il grand’atleta dalle gambe a molla, aveva tutt’e due le ginocchia bendate e ha arrancato, ha sofferto, ha subito, ha reagito, ha ceduto un set, e alla fine ha spazzato via soltanto a fatica e dopo due ore e tre quarti, il pericolo, Alun Jones, sudafricano naturalizzato australiano. ammesso al torneo solo come wild card, appena numero 123 del mondo e famoso soprattutto per aver recitato nel film Wimbledon nel ruolo di Tom Cavendish. DUBBI Che Nadal non stesse bene si sapeva da tempo, ma evidentemente il famoso dottor Ruiz Cotorro, deus ex machina del suo staff medico, ha concesso il nulla osta malgrado i precedenti acciacchi, al ginocchio destro, e il ritiro al torneo di Cincinnati. Che avesse bisogno d’aiuto s’è capito quando martedì s’è accodato con tanti colleghi, dalla Ivanovic alla Dementieva, a tutti gli italiani, davanti alla stanza dell’ormai famoso chirurgo di Montecatini che ha inventato un marchingegno unico nella soluzione di molti problemi fisici degli atleti. Che la menomazione, con rischio di un lungo stop, avrebbe spinto alla rinuncia moltissimi, forse tutti era ugualmente chiaro a tutti: dagli altri tennisti agli spettatori, a John McEnroe, il quale commentava il match in tv e rimarcava ogni zoppia ed indecisione del mancino re della terra rossa e numero 2 del mondo, e quindi degli Us Open…….Ma il gladiatore di Maiorca è diverso…… «Sto meglio di due giorni fa, ora ho un giorno di riposo totale per recuperare, gioco solo venerdì, ma certo devo giocare meglio se voglio rimanere nel torneo».

Il match point di Roger

(Il ricordo di Agassi: “lui sa sempre come può fare per batterti”)

Mauro della Porta Raffo, il foglio del 30-08-07

E’in corso di svolgimento a New York, esattamente a Flushing Meadows, l’attesissimo Campionato Internazionale Open di tennis degli Stati Uniti nel quale il grande Roger Federer cerca di uguagliare, vincendo un torneo dello Slam per la dodicesima volta, Roy Emerson e di avvicinarsi ulteriormente al record assoluto di Pete Sampras (quattordici). Riguardo all’attuale indiscusso numero uno, alcune considerazioni. “Giocando, per quanto il mio avversario potesse essere forte, prima o poi, magari la seconda o la terza volta. trovavo nel corso del match una particolare tattica o un singolo colpo capaci di metterlo davvero in difficoltà e di farmi vincere. Con Roger non ce l’ho fatta: quando ho scoperto un suo lato debole ne ho potuto approfittare ben poco e praticamente mai per un intero incontro. Qualche ulteriore scambio e già aveva scovato la contromossa”. Così sconsolatamente sincero, Andre Agassi dopo aver perso in un amen contro Federer una finale che sembrava già vinta. Fatto è che, per la prima volta dai tempi del ritorno di Rod Laver (1968) e quindi dal momento in cui il tennis è diventato uno sport professionistico - e non più riservato esclusivamente ai gentlemen - il numero uno del mondo è diventato un atleta naturale. completo, geniale, tecnico, bellissimo dà vedere, in grado di vincere sempre e comunque al punto che ogni sua, sia pur rara, sconfitta viene accolta con universale meraviglia. Si dirà che così non è visto che sulla terra rossa Rafael Nadal ottiene risultati migliori dei suoi e quasi sempre lo batte. Ma, quando mai, per esempio, qualcuno ha davvero pensato che Pete Sampras – che pure ha dominato gli anni Novanta del Novecento e che è la Vera pietra di paragone come vedremo anche in seguito - potesse vincere il Roland Garros? Tutti sapevano che ‘pistol Pete’, prima o poi: nel corso del torneo si sarebbe arreso a un ‘terraiolo’ mentre riguardo a Roger ancora tutti pensano che, se non l’anno che viene, il mitico Campionato parigino sarà comunque suo. Guardando indietro, ai primi e per qualche verso incerti anni della carriera dello svizzero, si coglie un ben preci so passaggio. Siamo a Wimbledon 2001. Reduce da sette trionfi negli ultimi otto anni, l’americano Pete Sampras - imbattibile o quasi sull’erba inglese - incontra il giovane di belle speranze che, incredibilmente e al termine di una magnifica partita, lo elimina. Sarà il loro unico incontro: quello, senza dubbio, del passaggio delle consegne. Detentore di molti record Federer non si affanna di certo in quella direzione: la sua vera forza è la serenità che discende dalla consapevolezza………Se Federer non supererà - è difficilissimo riuscirci considerando che Jimbo è rimasto sui campi fin verso i quarant’anni - il limite di vittorie nei tornei ATP di Connors …. i primati a portata di mano che, quasi certamente, farà suoi ben presto: quelli delle vittorie nei tornei dello Slam (è a undici mentre Sampras, come detto, ne ha vinti quattordici) e nei Master Series (è arrivato a quattordici contro i diciassette di Agassi). La matematica degli Open Inutile chiedersi se davvero il basilese possa essere considerato “il più grande di ogni tempo”: le epoche, la preparazione atletica, i campi, le racchette, tutto è diverso. Ma ricordiamoci del suo pianto dirotto a Melbourne il giorno in cui a premiarlo era stato chiamato Rod Laver. alla fin fine- e lo svizzero lo ’sente’ - probabilmente inarrivabile. Un’ultima osservazione: per quanto incredibile possa apparire, anche Roger Federer è in qualche modo soggetto alla cabala che governa lo sporte lo vediamo in due specifiche circostanze. Vince gli Open del Canada quando sono programmati a Toronto e, benché si danni come pochi giorni fa, li perde allorché. negli anni dispari, si gioca a Montreal. Trionfa praticamente sempre al Master Series di Amburgo ed è talmente convinto che così debba essere che proprio nella città tedesca quest’anno ha battuto Nadal in finale sulla tanto poco amata terra rossa!

Isner, il “nonno” che serve a 224 orari

(dal numero 884 atp al secondo turno degli US Open in un solo anno)

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 29-08-07

NEW YORK - Al college lo chiamavano “Granpa”, che vuoi dire nonno: “Perchè faccio tutto molto lentamente, come prepararmi per uscire. sistemarmi i capelli…» , Granpa, che poi è John Isner, quando però è in campo ed è il momento di servire non è tanto lento perchè fa partire delle “sassate” da oltre 224 chilometri all’ora. Lunedì contro Jarkko Nieminen, il 26 al mondo, Isner ha piazzato 34 “ace”. “È il miglior servizio che abbia mai visto” ha detto il finlandese dopo essere stato battuto dall’americano (arrivato ai suoi primi US Open grazie a una wild-card) che nella classifica Atp gli concede un vantaggio di 158 posizioni. NUOVA SPERANZA - “Nonno” Isner per la verità non è neanche giovanissimo, almeno per esordire tra i professionisti: ha 22 anni e solo da qualche mese ha fatto il grande salto dal tennis del college, ha giocato per la University of Georgia, al mondo dell’Atp. A gennaio era 884, il 23 luglio 745, uno sconosciuto, poi all’improvviso il torneo di Washington dove “Big John”, un altro soprannome, facile da spiegare è alto 205 centimetri, si è guadagnato la finale (persa poi con Roddick) vincendo tutti e cinque gli incontri al terzo set e al tie-break, Da quel momento “Granpa”, “Big John” è diventato “Mr Tie. break”(”Per un po’ mi hanno chiamato anche Lloyd, il Jim Carrey nel film “Scemo & più scemo” ha confessato ridendo - per l’orribile taglio dei capelli”) e per tener fede al suo nuovo nickname anche con Nieminen ha vinto due set per 7-6 (e uno lo ha lasciato all’avversario con lo stesso punteggio), mentre il quarto se lo è aggiudicato per 6-4. li pubblico americano, che perso Agassi ha solo Roddick e Blake, è alla disperata ricerca di nuove speranze (se agli US Open non ci saranno statunitensi all’ultimo atto, sarà la prima volta dal 1988 senza stelle e strisce nelle quattro finali degli Slam) e si è fatto conquistare dall’esuberanza, ma anche dalla sincerità di Isner: «Non ho mai sentito parlare di lui - ha risposto a chi gli chiedeva cosa ne pensava del sudafricano Rik De Voest, avversario nel secondo turno - ma non perchè non sia un buon giocatore, è solo che io non conosco nessuno».FINALMENTE YOUNG - Nel giorno di Isner c’è stato spazio anche per Donald Young che in giro per Flushing Meadows sembra un rapper, Diciotto anni, pro da quando ne aveva quindici, mancino, solo una settimana fa era riuscito a vincere il suo primo incontro in un torneo Atp e lunedì ha fatto centro anche agli US Open. INVITATO DA FEDERER - C’è anche Jesse Levine tra le speranze americane, nato in Canada, ma ha passaporto Usa. Diciannove anni, ha perso al primo turno con Davydenko, ma le sue qualità non sono sfuggite a Roger Federer che in luglio l’ha invitato a passare due settimane di allenamento a Dubai, forse anche perchè è mancino, come Nadal. UN PO’ TARDI PER ALTHEA - Non sono mancate le critiche per il tributo ad Althea Gibson di lunedi sera: perchè non festeggiarla nel 2000, era ancora viva, mezzo secolo dopo essere stata la prima atleta di colore a partecipare a quelli che ora sono gli US Open?

Bolelli: «Ho fiducia nel mio servizio, così batterò anche Berdych»

(“Il problema agli addominali è completamente superato”)

Laura Tommasini, il resto del carlino del 29-08-07

Dopo tante settimane di assenza dai campi per un problema muscolare agli addominali, Simone Bolelli (numero 87 al mondo) è rientrato da protagonista. Per farlo ha scelto il palcoscenico degli Us Open (dopo una rapida apparizione nelle qualificazioni di New Haven) e si è regalato il traguardo del secondo turo no grazie al successo ottenuto contro Benneteau (6-3, 6-4, 3-6, 6-1). A poche ore distanza dal successo, Simone non nascono de la sua soddisfazione per il tennis espresso. «Nei primi due set ho giocato bene, ritrovando i colpi che avevo prima del lungo stop per infortunio. Restare lontano dai campi per tante settimane e rientrare alla vigilia di un appuntamento tanto importante come quello di New York non è facile. A parte il terzo set non credo di aver lasciato a Benneteau grandi possibilità di entrare in partita». Così il francese ha lasciato che Bolelli volasse verso il secondo turno dove troverà la testa di serie numero 9 Berdych, vecchia conoscenza poiché hanno la stessa età anche se sui campi sono stati avversari solo una volta e per di più tanti anni fa. “Meglio non ricordare quella partita! Ho perso malamente, ma avevo 14 anni. Lui era già grande e grosso come adesso”. Per fermare il ceco punterà sul servizio. «Scendo in campo con fiducia e mettendogli pressione in battuta cercherò di prolungare la mia avventura agli Us Open».

Young, mani d’oro e scelte sbagliate

(La profezia di McEnroe chi sa se diventerà realtà?)

Stefano Semeraro, la stampa del 28-08-07

Donald Young ha 18 anni, è nero, americano, mancino. Ha mani fatate. E un destino interrotto. Cresciuto nel South Side di Chicago, figlio di Ilona e Donald senior, maestri di tennis convinti di non essere diventati campioni per questioni di budget, a 3 anni già sparava palline. A 10 era un fenomeno. «E’ il primo che vedo che ha una mano come la mia», disse di lui John McEnroe, indirizzato verso un campo di periferia dal suo manager Gary Swain, che aveva annusato il prodigio. Una miscela di effetti, tocchi, volée, angoli limati. Il bambino nero vinceva i tornei giusti Orange Bowl under 18 a 14 anni e diceva le cose che gli americani volevano ascoltare: «Sarò il n. 1. L’ho deciso a 3 anni quando ho visto Sampras e Agassi per la prima volta». Il nuovo Arthur Ashe, la versione maschile delle Williams. Prodotto ideale. Nike e IMG si affrettarono a buttargli addosso pile di carte da firmare, a sostenerlo fiutando l’affare. La scelta di passare professionista a 15 anni, il più giovane di sempre, fece storcere il naso a molti, ma ai Mangiafuoco non importava. A 16 anni Donald era già un divo, sequestrato nel suo talento fragile da un esercito di manager, amici più o meno veri, consiglieri interessati, valanghe di wild card che gli regalavano ingressi in tornei da cui usciva al primo turno, con le tasche vuote di esperienza ma piene di dollari. «Volevo parlare con lui, per dargli qualche consiglio sorrideva basito James Blake -; non sono riuscito a passare il muro di persone che lo circonda». Anche il professionismo si è rivelato un muro impenetrabile. Ma dalla parte di Young. Per due stagioni non è riuscito a vincere un match. 0-11. Bravo, ma leggero, troppo giovane, troppo montato, con i due orecchini di diamante che non riuscivano a illuminare il buio di sconfitte umilianti. Due anni o quasi fuori dai radar. Fino a una settimana fa, quando un Young un po’ più adulto, dopo mesi passati a farsi i muscoli nei circuiti minori, un po’ meno esposto, è riapparso sulla mappa, da n. 223 del mondo, vincendo il suo 1° match Atp a New Haven, contro Delic e mettendo paura a Davidenko. Ieri ha fatto Il bis, agli US Open, 4 set e 9 ace contro Chris Guccione. Donald sorride, come sempre. «So di poter giocare a questo livello». E gli errori del passato? «Contro di noi c’è stata molta cattiva stampa», digrigna papà Young. Ieri notte agli Us Open hanno onorato Althea Gibson, la prima campionessa nera del tennis, morta in miseria nel 2003. A Soweto stanno riaprendo i campi che inaugurò Ashe. Il successo è fatto anche di lacrime. Chissà se Donnie Young ha imparato la lezione?

La Errani passa il primo esame

(Quante prime volte….tutte insieme)

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 28-08-07

NEW YORK - New York? No. Bologna perchè ieri a Flushing Meadows tra un colpo di Federer e uno della Henin, c’è stato spazio anche per le piccole imprese di Simone Bolelli e Sara Errani. Due bolognesi che sul cemento di Flushing Meadows hanno conquistato il secondo turno a distanza di un paio d’ore uno dall’altra, L’impresa più complicata è stata senza dubbio quella di Bolelli, numero 87, che ha superato il francese Julien Benneteau che nel ranking ATP lo precede di ventisei posizioni. La partenza dell’azzurro è stata micidiale: 6-3, 6-1 poi è uscito il francese che si è aggiudicato il terzo set (6-3), ma nel quarto Bolelli ha ripreso in mano l’incontro, ha schiacciato l’avversario chiudendo la partita con un perentorio 6-1 imitando la concittadina Sara Errani che il suo incontro lo aveva vinto un po’ prima. Adesso Bolelli è atteso dal ceco Tomas Berdich, numero nove del tabellone, una sfida inedita. …… Il mese scorso aveva dato l’esame di maturità tra un match e l’altro, da Cuneo, dove era impegnata in un torneo, si era fatta portare a casa a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna dai suoi genitori, papà Giorgio e mamma Fulvia, per poi ritornare in tempo per i quarti di finale. Ieri Sara Errani ha superato un nuovo esame, la prima volta in un torneo del Grand Slam. Sul campo 14, un po’ lontano dal palcoscenico principale degli US Open, ma non importa, l’azzurra ha sconfitto la ceca Renata Voracova per 7-5,6-3. Primo incontro e prima, vittoria in uno dei quattro tornei più importanti del mondo. Sara ci aveva già provato a Wimbledon e anche a New York, nel 2006, poi quest’anno agli Australian Open e a Parigi, ma in tutte le quattro occasioni non era riuscita a passare le qualificaziòni. Ieri invece, dopo essere stata inserita nel tabellone principale (un’altra prima volta), non ha avuto bisogno di molto tempo per superare l’emozione: sotto 3-5 nel primo set, ha ribaltato la situazione infilando quattro giochi consecutivi. Più semplice il secondo set chiuso sul 6-3 strappando il servizio all’avversaria….Adesso nel secondo turno si troverà di fronte Marion Bartoli, testa di serie numero 10, un’altra prima volta, perchè con la francese non si è mai incontrata…. Numero 105 al mondo, la Errani alla fine dell’anno scorso era al 171 posto, il mese scorso, il 23 luglio, aveva raggiunto il suo top con la posizione numero 91. Nata a Bologna il 29 aprile 1987, vive a Massa Lombarda in provincia di Ravenna, la sua scalata verso il grande tennis però l’ha costruita in Spagna, dove, da ormai quattro stagioni, si allena con Pablo Lozano, a Valencia………………

Federer riscrive l’albo dei record

(Dai record di “Re Federer” alle quotazioni dei bookmakers per la vittoria agli US Open)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 27-08-07

Ride e scherza, rilassato, Roger Federer, alla vigilia degli Us Open che scattano oggi a Flushing Meadows: “Finora è la mia miglior estate di sempre… Sei settimane dopo aver eguagliato l’impossibile record di 5 trionfi consecutivi a Wimbledon di Bjom Borg, portandosi a quota 11 Slam (-3 da Pete Sampras), ha già davanti l’asticella del prossimo primato: 4 successi di fila sul cemento del quarto Major stagionale, meglio di John McEnroe e Ivan Lendel primo dell’era Open e secondo nella storia solo a Bill Tilden (1920-1925). Intanto, ancora una volta favorito, a NewYork, dal titolo Atp numero 50 della settimana scorsa a Cincinnati e dalla finale persa fallendo 6 set point contro Djokovic a Montreal, batte un record assoluto ancor prima di metter piede in campo, quello delle settimane consecutive al numero uno della classifica mondiale: 187, da oggi, contro le 186 di Steffi Graf sposata Agassi……. In attesa dei prossimi colpi di scena sulle scommesse nel tennis, Federer è dato favorito dal tabellone, che potrebbe proporgli addirittura 3 qualificati nei primi 3 turni, e dai bookmakers, che lo danno vincente finale a 1.60, davanti a Nadal (6), DJokovic (7), Roddick (20), Blake (40), Davydenko (50), Gasquet a Safin (10.0). Esaltato dall’aggancio a Borg (”Finora il mio record più importante..), eccitato dalla rincorsa a Sampras (”Sono molto vicino e insieme molto lontano»), Roger-Express e sollevato dall’aiuto della buona sorte (-Non ho mai avuto un vero, grande infortunio») e si sente ancora il più forte: “In queste ultime settimane abbiamo giocato al meglio dei 3 set, tutto. succede molto in fretta e se fai un errore sei finito; Negli Slam si gioca al meglio dei 5, lo preferisco perché è più di una battag1ia;permette all’avversario di rientrare nel match e in genere premia il giocatore migliore… Cioé lui, finallista negli ultimi 9 Majors, sconfitto solo 2 volte, sempre sulla terra rossa del Roland Garros e da Nadal…….Parola di Federer: “La nuova generazione si è annunciata già da un anno. Il primo a fare il salto di qualità è stato Djokovic, ma poteva essere Murray, che ha avuto un brutto infortunio. C’è Gasquet, che è arrivato in semifinale a Wimbledon, e ci sono sempre Berdych e Baghdatis che possono esplodere, come Del Potro… Sarà interessante vedere cosa combinano ora negli Slam. Chi è il migliore? Djokovic e Murray hanno chances simili, anche se preferisco il gioco di Gasquet…Nadal? Anche se ha solo 21 anni è già lassù da troppo per non considerarlo un veterano»…..Prima (contro Federer), cercavo solo di dimostrare alla gente che gioco bene a tennis e che ho talento. Ma a Montreal è stato diverso, ho voluto davvero vincere.., rilancia “Nole” Djokovic, l’unico che non ha mai abbassato lo sguardo davanti al re: -Punto ai numero uno, un giorno ce la farò. “Mi sento in gran forma, due anni fa. l’ultima volta che ho vinto questo torneo ho fatto una bella corsa anche a Flushing Meadows, dove ho giocato un gran match contro un certo Andre Agassi, nei quarti. Questa volta spero di andare più lontano.., si autoincita James Blake dopo il successo di sabato a New Haven. Nadal invece nicchia, più del solito: sul cemento Maciste è più umano”.

Quei campi in nome di Ashe il migliore di tutti noi del tennis

(L’esempio del campione morto prematuramente per un’infezione di Aids)

Gianni Clerici, la repubblica del 27-08-07

NEW YORK - Ogni volta che passo i cancelli di Flushing Meadows, alzo gli occhi alla statua bronzea del mio povero amico Arthur Ashe, gli rivolgo un sorriso. e impreco agli dei. Proprio lui, il migliore di tutti noi del tennis, doveva morire per un’infezione di Aids, seguita ad una incauta trasfusione sanguigna. Ai piedi del1a statua, c’era oggi un enorme mazzo di rose. L’amico Bud Collins, che mi accompagnava, credeva di conoscerne la ragione. In quel povero ghetto sudafricano di Soweto, due uomini di buona volontà sono riusciti a ricostruire un centro di tennis che Arthur aveva voluto più di ogni cosa. C’era ritornato, nelle terre dei suoi avi, quando ancora quella federazione era all’indice del Comitato Olimpico. nel 1973. Ricordo, nel corso di una Davis contro l’Italia, le tribune folte di bei signori bianchi. e una piccola tribuna, cinta da una rete metallica arrugginita, dove prendevano posto, come chiamarli? Gli schiavi. Contro questa discriminazione Arthur si era battuto, aveva sfidato la Federazione Internazionale, aveva giocato un match a Soweto, aveva contribuito con denari suoi alla costruzione di un Centro. “Se i bambini giocano, non rubano. Se uno perde, impara a non ribellarsi invano, a accettare la sconfitta», mi aveva detto, in una delle nostre lunghe conversazioni serali, di fronte a un piatto di spaghetti, dei quali era ghiottissimo. La sua vittoria a Wimbledon, nel 1975, era stata riconoscimento non solo per il tennista, ma per un uomo che avrebbe meritato il Nobel per la Pace. Morto Arthur in quel modo atroce, denunciato anzi tempo da un giornalista suo corazziale a ricerca di scoop, al quale lanciai in faccia - e non sono pentito -la mia Ollvetti lettera 22, il Centro si era via via degradato, fino ad essere addirittura saccheggiato e mezzo distrutto. Ci son voluti due nobil uornini neri, a nome Zondi e Smith, per raccogliere i fondi e riaprire quel luogo di educazione ai ragazzini. Zondi è un assessore di Soweto, Smith è stato un gran giocatore zambiano di cricket, sport ben più praticato. laggiù, del nostro tennis. Per l’inaugurazione, è stata invitata Jeanne Moutussamy, la bellissima vedova del tennista. Laggiù, Jeanne ha portato molti dei tremila volumi della collezione di Arthur, con quale mi era accaduto di scambiare libri. Ho ancora nei miei scaffali la sua biografia, con un autografo tanto generoso che mi vergogno a rivelarlo: una magnifica storia a cura dal nostro comune amico Frank Deford. Il miglior scriba sportivo di questo paese, dai tempi del mitico Damon Runyion. Vado qui all’angolo. per un altro mazzo di fiori. E da domani, lo prometto. mi occuperò di Federer.

Il gossip va a rete

(I segreti di Roger con la donna della vita…. Mirka)

Daniele Azzolini, il messaggero del 27-08-07

NEW YORK - Fra tennis e gossip, a tentare una crasi nemmeno troppo geniale, esce fuori il tennis, che non è uno sport ma occorre prenderlo sportivamente, per non inquietarsi oltre il necessario. neologismo, prima che lo cassiate come una neo corbelleria, ha una sua ragione nel curioso andamento di un’estate che molto ha mischiato il tennis con le passioni più ardenti, i break con le separazioni, ed ha razzolato dietro le quinte fino a spingersi inevitabilmente sotto le lenzuola. Forse, i tennis lovers più autentici, per i quali “Love”resterà sempre uno zero, si sarebbero volentieri dedicati a ben altre promiscuità, visto come il terzo incomodo Djokovic è riuscito a intrufolarsi nel menage tra Federer e Nadal, che sembravano avviati a festeggiare lietamente le nozze d’argento. Ma il tennis non ha mai annunciato ai suoi travestimenti pettegoli, seppure raramente sia finito sbaragliato dàl tracimante gossip come in questa calda estate. Così, ad un passo dallo Slam sul cemento, che passa per essere fra tutti il più democratico(certo è meno casuale dell’erba, e più rilassante della terra), sorprende cogliere mollemente sfiniti dai sospiri amorosi, o peggio, afflitti dai tormenti, di un impensabile addio; molti dei protagonisti della reclamizzata volata finale che la vulgata tennistica tenderebbe a descrivere, al contrario, spavaldi e pugnaci, e certo attizzati dai prossimi inebrianti corpo a corpo sui campi di Flushing Meadows. A scorrere i nomi degli “spettegolati”, è addirittura raro scovare chi si sia sottratto alle tsunami gossiparo. Persino un amante della sobrietà come Federer (tipo stabile se ce n’è uno, sul piano degli affetti) ha voluto partecipare al festino dei ficcanaso svelando qualche particolare del suo amore con la procace Mirka: il bacio olimpico nell’ultima giornata dei Giochi di Sydney, la casa a Dubai con la collezione degli oggetti acquistati insieme, e un anello che è un pegno d’amore, e che i due chiamano “l’anello ti amo tanto tanto”. Ma queste, come si vede, sono pinzillacchere di fronte ai boatos pecorecci tipici del genere gossip più truce. Là, nella terra dei perfidi maldicenti, si mormora che il bacio di Carlos Mova alla stellina televisiva Carola Cerezuela, franato sulla nostra povera Pennetta e sui suoi propositi matrimoniali, sia stato peggio di una semplice infatuazione perla biondona detonante, addirittura una messa in scena per giungere alla separazione. Si può essere più crudeli? Ma soprattutto, si può essere meno attendibili? Domanda inutile. Se pettegolezzo ha da essere; diceva quattrocento anni fa Talemmant de Reaux autore delle Historiettes, una sterminata raccolta di gossip secenteschi, che lo si faccia con tutti i crismi, perché il pettegolezzo è una cosa seria. Di più. “Ha una funzione scaramantica sulla società”, sostiene lo scrittore Aldo Busi, “ma deve venire dall’anima, e non dai glutei”…..Del resto, nel grande libro delle citazioni è scritto, più o meno: “Quello che gli uomini fanno più fatica a perdonarti è il male che hanno detto di te”, E noi, che diamine, concordiamo.

Rischio di scommesse l’ippica in aiuto dell’ Atp

(Dopo i “Mafiosi” l’HRA, riuscirà l’ATP a sconfiggere i falsi scommettitori?)

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 09-08-07

Le scommesse fanno paura al tennis. O meglio: le partite combinate. Che poi fanno paura a tutti gli sport, di squadra o individuali. Il problema del tennis è che di partite se ne giocano tante, forse troppe, e che ormai su tutte o quasi è possibile appunto scommettere. Quelle che fanno carriera sono quelle gli Slam, e dei Masters Series per gli uomini e dei Tier I per le donne: le altre fanno punteggi e classifica. Con le scommesse di mezzo, ecco che tutto può cambiare: la vittoria in un primo turno può valere meno di una sconfitta accomodata, parlando di guadagno economico. E’ questo che fa paura agli uomini che gestiscono il tennis, o almeno a quelli che si occupano del circuito maschile. L’allarme è suonato la settimana scorsa, dopo che la società di scommesse Betfair ha segnalato all’Atp un anomalo movimento di gioco sul match perso da Davydenko per ritiro al terzo set, dopo aver vinto il primo, contro Vassallo Arguello a Sopot, in Polonia. Sulla partita erano stati giocati 4-milioni-4 di euro (!), quando normalmente un match come quello, a inizio torneo e con un giocatore favoritissimo (il russo, testa di serie n. l, è 4 del mondo e l’argentino 87), ne raccoglie una decima parte….. Anche perchè già in occasione di Wimbledon 2006, sempre Betfair denunciò gioco anomalo sulla partita persa da Berlocq contro Bloomfield, ma dopo la segnalazione del caso non si è saputo più nulla. La voglia di gioco pulito ha tuttavia spinto l’Atp a un paio di iniziative, non si sa quanto significative. La prima ha portato alcuni giocatori, alla vigilia del Masters Series in svolgimento a Montreal, ad ascoltare un pentito della mafia statunitense. Il succo del discorso è presto fatto: ragazzi, non accettate alcuna proposta indecente, perchè nel caso dopo la prima ne arriveranno altre, e a quel punto o corrotti sempre (accettandole) o a rischio di ritorsioni e ricatti (non accettandole). L’altra iniziativa è molto più di sostanza che di forma preventiva: ovvero alcuni dirigenti dell’Atp a Londra hanno chiesto la collaborazione degli uomini dell’HRA, ovvero l’Authority dell’ippica britannica, implacabili con le “combine” ippiche, diretti da un ex sovrintendente investigativo, Paul Scotney. Chissà, forse in questo modo, col tempo, le scommesse faranno meno paura al tennis

Quando l’etica te la spiega un mafioso

(Ci mancava solo Franzese…l’ultima “buona” idea di de Villiers)

Stefano Lanzo, tuttosport del 06-08-07

L’INCUBO scommesse torna ad aleggiare sul mondo dello sport professionistico. Prima lo scandalo che ha travolto l’arbitro Nba Tim Donaghy, indagato dalla Fbi perché sospettato di aver indirizzato le partite da lui dirette nelle stagioni 2005-06 e 2006-07 (una vicenda che rischia di coinvolgere altri fischietti e di gettare nell’imbarazzo più totale una lega, come quella diretta da David Stern, ritenuta esempio da seguire). Poi il campanello d’allarme è risuonato anche nel pianeta della racchetta. Il sospetto, sul quale l’Atp sta indagando, riguarda Nikolay Davydenko: il
russo, numero 4 del ranking mondiale e testa di serie numero 1 al torneo di Sopot, in Polonia, affronta il modesto argentino Martin Vassallo Arguello, 87 in graduatoria. Sulla carta, vittoria scontata per il favorito, peccato che la mole di scommettitori pronti a puntare tutto sul meno quotato sia fuori da ogni limite e che addirittura aumentino al termine del primo set, vinto dal russo. Normale che Betfair, agenzia di scommesse, fermi tutto, mentre Davydenko si arrende per infortunio al terzo set. Meno normale che accada una cosa del genere. . L’Atp indaga e nel frattempo intende portare avanti il sistema tolleranza zero. Evitare che si ripetano situazioni del genere,
che alimentano veleni e sospetti, cercando di sensibilizzare per prima cosa i tennisti stessi. E chi meglio di un esperto di scommesse clandestine può spiegarne i rischi? Ci si affida perciò ad un vero professionista, nientemeno che Michael Franzese, non nuovo a “collaborazioni” di questo tipo, avendo già lavorato proprio per la Nba e per la Mlb, la lega pro del baseball made in Usa. Un mafioso dei sobborghi newyorkesi in piena regola. con tanto di condanna a 10 anni di galera per racket legato proprio alle scommesse. Contattato dal boss dell’Atp Etienne de Villiers, ha accettato di spiegare ai tennisti a cosa andrebbero incontro in caso di coinvolgimenti in certi loschi traffici, con la pericolosa ombra della mafia a incombere. Insomma, una maniera particolare per evitare che la reputazione del tennis scenda ai minimi storici. Franzese ha parlato ieri ma del torneo Masters Series di Miami, in una conferenza alla presenza di oltre 200 giocatori. Si tratta della prima mossa da parte dell’Atp, che si è imposta di affrontare il problema in maniera composta ma decisa, con un programma anticorruzione….

Solo Roddick ferma “Big Kid”

(Quando il mondo universitario americano sforna de Pro. Con gli “attributi” giusti)

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 06-08-07

Miami - È un gigante di 205 centimetri, “spara” servizi a oltre 200 chilometri l’ora, ma John Isner prima di arrivare alla finale di ieri del Legg Mason (persa di misura contro Andy Roddick) il suo secondo torneo ATP, era solo una stellina dei tornei universitari. Laureato alla Georgia University in comunione, lo chiamano “Big Kid”, per la sua altezza ovviamente. Nato a Greensboro, in Nord Carolina, il 26 aprile del 1985, diventato professionista appena due mesi fa, a Washington si è conquistato un altro soprannome “Tie-break Kid”: infatti per raggiungere la sua prima finale Atp ha vinto tutti i cinque incontri (con Tim Henman. Benjamin Becker, Wayne Odesnik, Tommy Haas e Gael Monfils) al terzo set e al tie¬break, non era mai successo in passato nella storia del tennis professionistico a questi livelli. Isner ha anche altri numeri che non possono essere sottovalutati; nella classifica Atp è il 416 (passerà al 190, sarebbe stato 157 in caso di vittoria) ma solo due settimane fa, prima di vincere il challenger di Lexington, era addirittura al 7540 posto. Solo due atleti fuori dai primi 400 sono riusciti a conquistare un torneo. ATP, Lleyton Hewitt nel 1998 ad Adelaide con il numero 550 e Yahiya Doumbia a Lione nel 1988 con il 453. Quest’anno Isner è il secondo giocatore con la classifica più bassa a raggiungere una finale, meglio dell’americano l’olandese Peter Wessels (488) a Hertogenbosch…. “Sono sempre partito da sfavorito - ha detto al termine della semifinale - ma quando poi entri in campo è tutta un’altra cosa, i curriculum li butti fuori dalla finestra”. A Washington, Isner non è mai stato solo nelle sue maratone: arrivato con una wild card, con lui c’era tutta la famiglia. «Mamma, papà, i miei due fratelli, i nonni, zio e zia, l’assistent coach, compagni e un gruppo di amici hanno fatto il tifo per me, una atmosfera emozionante». Tifo “rumoroso”, più simile a quello che si può sentire durante una partita di football americano che non per una di tennis… Dopo questo exploit Isner si è anche quasi certamente assicurato una wild card per gli US Open che cominceranno il 27 agosto e contemporaneamente la candidatura a promessa del tennis americano, ruolo ambito, ma che fino a ieri non aveva ancora un protagonista.

“Tra latino e greco sogno il Foro Italico”

(Andrea Stucchi, l’astro nascente della capitale, dal basket alla nazionale azzurra di tennis in soli quattro anni ed al titolo di vice campione europeo under 16)

Francesca Paoletti, la gazzetta dello sport del 3-08-07

Un po’ di argento. Un po’ di azzurro. Il luglio di Andrea Stucchi è di quelli difficili da dimenticare. Il 16enne del CC Roma si è reso protagonista, nelle ultime settimane, di due clamorosi exploit che lo consolidano tra i migliori giovani azzurri: una finale agli Europei Under 16 di Mosca e il debutto in Nazionale nella Summer Cup in corso a Maglie. Come ci si sente dopo una svolta così? clamorosa nella sua giovane carriera? “Molta felicità, ovviamente, e anche un po’ di emozione. Ho semplicemente raccolto quello che seminavo dallo scorso inverno. A Mosca è stata una settimana magica: stavo bene di testa e ho giocato forse il miglior tennis della mia vita (non ha concesso un set fino alla finale, per poi arrendersi al fuori classe bulgaro Dimitrov, ndr). A Maglie, invece, malgrado il k.o. al doppio di spareggio nel quarti con la Bulgaria; ho giocato per la prima volta in azzurro» Un passato da cestista e un debutto con la racchetta molto tardi, a 12 anni… “Sì, tutto è iniziato solo quattro anni fa. Facevo basket, ero una guardia di 190 cm. Mio padre, invece, gioca a tennis da sempre al circolo e una volta, partecipando con lui ad un torneo, mi sono divertito talmente che ho deciso di cambiare disciplina. Sono un moderno attaccante da fondocampo, servizio e dritto aggressivi. Mi adatto ad ogni Superficie, sulla terra sono nato e il cemento non mi spiace… Una sorta di Fernando Gonzalez, insomma, il finalista degli ultimi Internazionali d’Italia? Sorride: ..Diciamo che sono su quel genere, anche se . le mie passioni sono altre. Ho sempre amato il tennis classico, quello di Federer o di Henman per intenderei, ma oggi imitare quel tipo di giocatori è difficilissimo, se non impossibile» È seguito da sempre dallo storico maestro del CC Roma Bruno Orecchio e da due anni dall’ex agonista Daniele Baldassarri. Quali sono i loro consigli più frequenti? Tecnicamente stiamo lavorando un po’ sugli spostamenti, ma, soprattutto, mi incoraggiano a continuare gli studi. Frequento il Liceo Classico al “Lucrezio Caro”. Fra due anni concluderò la scuola e deciderò cosa fare. Penso di prendere poi un anno “sabbatico” e dedicarmi solo al tennis per vedere cosa accade, per vedere se posso pensare di fare realmente il professionista…Ma dopo aver rischiato di affiancare nell’albo d’oro dee gli Europei Under 16 campioni del calibro di Edberg, Noah e Wilander, ce l’ha un altro sogno nel cassetto? «Dopo due importanti risultati si rischia di pensare troppo in grande, ma io voglio rimanere con i piedi per terra. Un domani mi piacerebbe giocare bene agli Internazionali d’Italia: sono nato e cresciuto a 10 minuti dal Foro Italico, sarebbe un’emozione particolare”.

Tennis, al “Trani Cup” emozioni targate Italia

(Exploit della promessa Fabbiano che accede ai quarti)

Nico Aurora, la gazzetta di Bari del 3-08-07

Quattro italiani certi nei quarti di finale, ma se nella tarda sera di ieri Francesco Aldi sarà stato in grado di battere lo spagnolo Gimeno Traver, ne avremo addirittura cinque su otto in lizza per il titolo della nona “Trani cup . Trofeo Mister Toto”, in corso di svolgimento allo Sporting club con 50mila dollari di montepremi ed emozioni che, adesso, scorrono a fiumi sulla terra rossa di via Astor Piazzolla. Emozioni targate Italia, ma anche e soprattutto Puglia, perché Tomas Fabbiano, l’astro nascente tarantino della racchetta, sta confermando il suo stato di grazia e la bontà della scelta del direttore del torneo, Nicola Quinto, di assegnarli una wild card. Fabbiano sta -ripagando tutti con moneta pesante, e a farne le spese stavolta è stato il francese Josselin Ouanna, qualificato ma anch’egli atleta di gran forza e talento. Ma sin dalle prime battute dell’incontro, il pugliese di San Giorgio Jonico, già numero sei del ranking europeo junior nella scorsa primavera, ha fatto capire di non avere timori reverenziali e ha giocato alla pari contro il transalpino. Al termine del primo set, vinto da Fabbiano al settimo gioco, è giunto il ritiro del francese, bloccato da una contrattura inguinale. “Sono entrato in campo concentrato - ha spiegato il tarantino a fine gara, ma i primi due giochi sono stati duri, sono durati tanto e il mio servizio non è stato dei migliori, Comunque ho lottato, ho tenuto e mi sono portato sul due a zero. A quel punto ho acquistato fiducia e il resto del set è stato in discesa. Certo, non sapevo del suo problema e mi dispiace, ma stavo bene e credo che l’avrei battuto anche in normali condizioni”. Come dire che il giovane tarantino sa dove può arrivare ed ha piena coscienza del suo valore. Nei derby italiani andati in scena ieri, Flavio Cipolla ha superato in tre set Leonardo Azzaro, mentre Federico Luzzi ha imposto in due partite la sua legge a Enrico Burzi.

Trani Cup, Fabbiano c’è «Sono qui per crescere»

(in questi ultimi tempi ho fatto molta esperienza, ma ancora non basta)

M.SC., la gazzetta del mezzogiorno del 1-08-07

TRANI La prima volta è sempre la più bella. La Trani Cup (50 mila dollari terra) porta fortuna al tarantino Thomas Fabbiano, che per la prima volta in carriera approda al secondo turno in un torneo challenger: 6 4 7 5 all’argentino Fabbri, un successo importante e difficile per il 18enne di San Giorgio Jonico. «Bella partita - racconta lui - ero in fiducia ma ho sofferto un po’ l’esperienza di questo argentino, che non conoscevo. Vengo dalla semifinale a Palazzolo e dalla finale a Modena, dunque un po’ di esperienza me la sto facendo: ma devo ancora crescere, e qui a Trani sto affrontando un test importante». Da quando è finito nelle mani di Cristian Brandi, l’ex davisman brindisino, Fabbiano è cresciuto in solidità e visione di gioco: ieri, in un pomeriggio disturbato dal vento, ha condotto per due terzi di match con un passaggio a vuoto nel secondo set dal 5-2 il tarantino si è fatto rimontare 5-5, poi al tie-break si è ritrovato sotto 4-2: «Probabilmente - dice - ho sofferto la maggiore esperienza dell’argentino, però poi nel momento più importante ho ritrovato la concentrazione). Domani l’avversario di Fabbiano dovrebbe essere un altro argentino, Juan Pablo Guzman, numero uno del tabellone e 103 del mondo, giocatore di ben altro spessore rispetto a Maggi. Guzman ha affrontato, in notturna, il qualificato francese Ouanna. Oggi si comincia alle 14 (ingresso libero): vanno in scena i primi match del secondo turno, dove nel frattempo sono approdati Flavio Cipolla, che ha superato lo spagnolo Pere Riba (6-1 6-4) ed Enrico Burzi ai danni del monegasco Benjamin Balleret (6-3 6-2). Disco verde anche per l’iberico Daniel Gimeno- Traver ai danni dello svizzero Stephane BohIi.

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I giorni felici della Schiavone finalmente prima in un torneo

(la fiducia ritrovata vale più di mille ore di allenamento)

Gianni Clerici, la repubblica del 30-7-07

Da località alpine celebri per discese libere, giungono due confortanti notizie per un gioco non certo legato alle nevi. Sui famigliari fondi in terra rossa, Francesca Schiavone, ritornata Leonessa, vince il torneo di Bad Gastein, mentre Potito Starace manca di poco - se devo credere alle agenzie- il suo primo successo, a KitzbuheI. Il colpo di doppietta avrebbe avuto maggior sonorità. anche perché da sei anni, dal 200l, non accadeva niente di simile: da quando la Silvia Farina, alla sua ottava finale, vinse a Strasburgo, ed ebbe l’infinita gentilezza di telefonare la notizia ad Andrea Gaudenzi, vittorioso, lui, a St. Polten. Sarebbe il caso- vien da pensare - che i nostri programmatori facessero maggiore attenzione a tornei nei quali gli arbitri si esprimono in tedesco. La Schiavone non aveva avuto, sin qui, una gran fortuna nelle otto finali disputate: soltanto tre volte aveva incontrato giocatrici più modeste di lei. Mentre, nelle altre perse si era trovata davanti cacciatrici professioniste indifferenti ai suoi ruggiti. Questa volta, partita con il ruolo di favorita Numero Uno, non si è fatta prendere dall’angoscia di dover assolutamente confermarsi. Ha gestito, in apparenza lo Scriba era lontano dalle montagne, addirittura in crociera -la vicenda con ritrovata serenità. Concisa, questa, con il ritorno del suo allenatore Panajotti, argentino molto bene integrato -ce ne fossero tanti - nella nostra società. non solo tennistica. Una piccola fuga da questo sodalizio era stata da alcuni associata ad una crisi che aveva addirittura costretto Francesca a slittare di una ventina di posizioni. Permettendo, all’ammirevole Tatiana Garbin di superarla, quale prima italiana nel ranking. All’inizio del 2006 Francesca si era ritrovata ad un solo gradino dalle Prime Dieci, e lo scriba non era stato il solo a pronosticarle una meritatissima entrata nel salotto buono: fin qui negato a tutte le nostre passate eroine, con l’eccezione di Annalies Ullstein che si era si imbattuta in due sposi italiani, ma non di meno era cresciuta lontana da questo popolo di eroi tennistici e navigatori. Chi ha assistito al commovente successo della Francesca su Amelie Cuor di Coniglia Mauresmo. nella semifinale di Federation Cup vinta dalle nostre, e con tre punti leonini, garantisce che proprio da li è iniziato il riscatto. Francesca, ben lo sa chi la conosce e l’apprezza, come lo Scriba, nasconde una sensibilità a volte eccessiva sotto un’apparente bizzarria: la stessa che ha reso, a volte, inutilmente difficili i suoi dialoghi con i miei amati colleghi…..Per aver accennato all’avvio di questa cronachetta alla mancata coppiola. par giusto ricordare l’eccellente torneo di Starace, alla seconda finale della stagione, fin qui la sua migliore. L’argentino Monaco il suo affaticato vincitore, detiene il secondo miglior record sulla terra, dopo Rafa Nadal.


La Schiavone impara a ruggire

(Francesca non vinceva più perchè non aveva voglia di sacrificarsi?)

Francesco Rizzo, il giornale del 30-7-07

«Perché Francesca Schiavone non vince più?». S’interrogava tale Butwayser un paio di mesi fa in un dibattito su Yahoo, sentenziava, con sicumera tipica da forum su Internet, un altro che si firma Sam Gangee. Macché. Bastava aspettare. Nata di giugno (il 23 anno 1980), soprannominata Leonessa, in questo luglio d’oro Francesca torna donna copertina del nostro tennis, un tennis verniciato ad ampie pennellate rosa. Gli uomini, una settimana fa festeggiano l’evitata retrocessione nella B di Davis a spese del Lussemburgo; le ragazze hanno già conquistato la finale 2007 di Federation Cup superando la Francia, dopo aver Vinto la corona 2006… Nelle stesse ore, sempre sulla terra rossa d’Austria ma a Bad Gastein, la Schiavone regola Yvonne Meusburger, 6-1, 6-4 in 92′. Come da pronostico, si dirà: Monaco precede Starace nel ranking Atp mentre la Schiavone. testa di serie n.1 a Bad Gastein e 31 al mondo, era opposta a un’austriaca lontana una cinquantina di posizioni nella graduatoria Wta. E invece, per la milanese trapiantata a Londra, è un tabù esorcizzato perché nelle otto precedenti finali aveva sempre perso. Quello di ieri è il suo primo torneo vinto nel circuito donne «pro». Vendica l’azzurra Knapp, eliminata proprio dalla Meusburger, incassa un assegno da 25.840 dollari e tanta fiducia. «Dopo l’ultimo punto ho provato sensazioni indescrivibili»; confessa la Schiavone, che al 2′ turno ha sofferto tre set contro la spagnola Pascual e nei quarti ha eliminato la magiara Szavay, da cui in giugno le aveva prese (6-1. 6-1) a Barcellona. «È un’enorme soddisfazione, ma non mi sentivo sotto pressione. Sono scesa in campo con l’obiettivo di divertirmi. Certo, speravo di vincere. Ora sono una giocatrice diversa». O forse;aveva visto giusto un paio di weekend fa a Castellaneta, in Puglia…. Francesca celebrava l’impresa come il ritorno ad alto livello dopo un anno difficile. Numero 1 assoluta nel gennaio 2006, questa ragazza che si allena sei ore al giorno ed è arrivata due volte ai quarti in un torneo del Grande Slam è poi scesa fino al 31 posto. Tornata a lavorare in maggio con il coach argentino Daniel Panajotti, ha rimesso in ordine gioco e testa, cercando la qualità (“in allenamento, meglio 10 servizi al massimo che 5 bene e 5 Così cosi” sintetizza il tecnico). Per Panajotti. è una mezzo fondista. Una mezzofondista che ha scalato il podio e ora prenota la settimana bianca in Austria…

Agassi e Graf investono nei residence

(E’ proprio vero che per far soldi bisogna avere tanti soldi)

Libero Mercato del 27-7-07

Dopo aver vinto complessivamente più di 100 milioni di dollari in premi, la coppia d’oro del tennis Graf-Agassi si è buttata nel mondo degli affari. Assieme hanno costituito una società chiamata Agassi Graf Development LLC, molto attiva nel real estate. Ultima operazione dell’Agd è stata la costruzione di un complesso residenziale in una località sciistica dell’Idaho, che farà guadagnare al due 600 milioni di dollari. I due assi del tennis sono, inoltre, da tempo proprietari di un complesso turistico di lusso in Costa Rica e di una catena di ristoranti negli States.

I trionfi immaginari della Federtennis

(il tennis in Italia è uno sport povero che ha bisogno di mamma federazione che unge con il latte)

Massimo Rossi, Libero del 25-7-07

È dei giorni scorsi un feroce attacco della Federtennis al noto giornalista Rino Tommasi, apprezzato commentatore di cose di tennis e non solo. Nutro da sempre una forte simpatia per Rino, sia perché lo so grande appassionato e intenditore di pugilato -la prima disciplina sportiva cui mi sono avvicinato grazie alla medaglia olimpica di mio padre - sia perché è uno che ama dire sempre la verità che sente. La colpa di Tommasi? Non aver condiviso, e anzi fortemente criticato, le analisi trionfalistiche della Federtennis circa lo stato dell’arte del tennis italiano, gonfio di risultati e di numeri strepitosi, tutti ovviamente riferibili al merito esclusivo della stessa Federtennis. La contraria opinione di Tommasi ha scatenato una reazione furibonda, per niente giustificabile e dal sapore neanche tanto vagamente censorio. Il buffo è che entrambi i contendenti hanno torto e ragione allo stesso tempo. Se è vero infatti che i numeri sono migliorati, si tratta di numeri che nulla hanno a che fare con l’attività della nostra federazione. È infatti esclusivo merito di maestri e circoli di tennis in Italia aumentano i bambini che s’iscrivono ai corsi, aumenta il numero dei tornei aumenta il numero di giocatori che si fanno la tessera agonistica per partecipare a questi tornei e, di conseguenza, aumentano anche gli spettatori dello spettacolo del tennis. Aggiungasi che per ogni bambino che si iscrive alle scuole, per ogni torneo che organizzano e per ogni socio nuovo i circoli pagano fior di soldi alla federazione non il contrario. Cosa fa o cosa dovrebbe quindi fare il nostro massimo organismo sportivo? Qui il discorso si fa lungo. In sintesi si può dire che in Italia esistono sport poveri e sport ricchi per gli sport poveri la loro federazione è tutto: è la mamma che dà il latte, è la sopravvivenza. Per gli sport ricchi non è così; le società sportive si mantengo no da sole grazie a quote di iscrizione… a sponsor e via dicendo. Federazioni come calcio e tennis si devono quindi principalmente occupare di sport di vertice; quello delle rappresentative nazionali, degli atleti da campionati del mondo, europei e da Olimpiadi. Nel tennis parliamo di tornei dello slam, di Coppa Davis, di Fed Cup e naturalmente di Olimpiadi. I risultati in questi livelli sono sotto gli occhi di tutti fatta debita eccezione per le nostre splendide ragazze….

Roberta Vinci moschettiera di Barazzutti

(“Per battere la Russia dobbiamo graffiare”)

Alessandro Salvatore, la gazzetta del mezzogiorno del 23-7-07

Non maneggiano la racchetta per persuadere lo strapotere maschile, come facevano le donne ateniesi (secondo il mito di Lisistrata) con le pentole per fermare la guerra del Peloponneso. Non vanno in campo per fare principalmente passerella, come la pin-up Maria Sharapova, che comunque sparando palline ci guadagna, visti i quasi l0 milioni di dollari in cassaforte. Le quattro azzurre del tennis, fresche finaliste della Fed Cup, sono delle guerriere. Non badano molto all’estetica Francesca Schiavone (la Gattuso del gruppo), Tathiana Garbin (la mestrina pepata), Mara Santangelo (giraffa elegante) e Roberta Vmci, la tarantina verace quanto una mitilo del suo mar Jonio. «Per me il classismo sportivo non ha ragion d’essere, sebbene ammetto che certe colleghe del circuito mondiale si rendono ridicole, con le loro tenute da gala più che da partita di tennis». I gonnellini vertiginosi della Golovin (ammirata nello scorso weekend dal pubblico pugliese durante ltalia-Francia), le culottes intonate con la divisa da cover girl della serba Ivanovic, sono esempi lontani dal concetto di donna sportiva della Vinci: siamo donne, punto. Forse meno potenti dagli uomini - sostiene Robertina, amata per la sua affabilità dal circuito italiano - ma dentro di noi c’è il coraggio. Non accetto le etichette sessuali. Siamo donne, capaci come gli uomini vincere una partita che vale una moneta pesante». Le moschettiere di Barazzutti, battendo la Francia, hanno mandato in estasi l’Italia, maschi compresi. Alla fine, quando c’è lo sport di mezzo, quello sano, l’estetica diventa un dettaglio. La pensa così la Vinci, attuale 44 del mondo, che ha nel doppio la sua arma tagliente. «Se sarò pronta per cercare il mio dodicesimo successo azzurro nella specialità a campo largo? A metà settembre in Russia andrò con questa intenzione. Con le. mie compagne, daremo la caccia alla nostra seconda Fed Cup».A Mosca non dovrebbe esserci come avversaria la modella Sharapova, poiché il capitano russo ha confermato il gruppo vincente sugli Usa. L’Italia non dovrà duellare con l’ammaliante bionda emigrata dalla Siberia per la ricca Florida. «Con o senza Sharapova commenta Robertina -la Russia sarà un osso duro. Come batterle? Graffiandole col nostro tennis»…. «Non abbiamo paura di nessuno» annuncia Robertina. Parole pesanti quanto un editto guerrafondaio, che cristallizza il potere femminile….

Alghero ha superato l’esame a pieni voti

(Ecco perché in Sardegna la nazionale italiana di tennis ha sempre vinto)

Roberto Muretto, nuova sardegna del 23-7-07

E’la conferma che il presidente Angelo Binaghi ha visto giusto quando ha detto sì alla proposta di far giocare la sfida col Lussemburgo in Sardegna. Ma è tutto il contesto che ha funzionato. Non ci sono state smagliature nell’organizzazione, tutto è filato liscio, tanto che persone navigate come Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli (due miti del tennis italiano) si sono congratulati con i dirigenti del T.C. Alghero per come hanno gestito l’evento sportivo.«Alghero ha accolto la nostra squadra con calore ha detto Pietrangeli prima di ripartire per Roma -. Siamo stati benissimo in un ambiente da favola. Il pubblico caloroso e competente. E poi la Sardegna porta bene, qui abbiamo sempre vinto. Non è poco visto che nello sport il fattore scaramantico conta moltissimo. Magari in un prossimo futuro si tornerà in questo paradiso». La folta pattuglia del tennis ha preso d’assalto la Riviera del Corallo. Un fine settimana dove i locali e il centro storico hanno visto transitare dirigenti, sponsor, arbitri e tante bellezze che hanno gremito per tre giorni le tribune. Tra queste l’elegantissima Lea Pericoli. Una donna di gran classe, che oltre a essere stata un’ottima giocatrice, da anni segue con attenzione le vicende del tennis italiano. «La Sardegna non la scopro io ha detto la «divina» come la definisce il giornalista-scrittore Gianni Clerici -. Qui sono venuta tante volte e sono sempre stata trattata con i guanti. Sul piano organizzativo non c’è nulla da dire e la risposta del pubblico è stata eccellente. Non è stato un match ad altissimo livello ma contava vincere». Visi soddisfatti anche tra i dirigenti sardi che si sono fatti in quattro per fare in modo che tutto fosse al proprio posto. Uno staff affiatato, che ha coinvolto oltre cento persone. Ognuno aveva un ruolo e lo ha svolto con grande professionalità. Dai ragazzini che avevano il compito di fare i raccattapalle, agli stewart agli ingressi dell’impianto e dei vari settori del campo centrale, agli addetti ai giocatori, agli arbitri e ai giudici (di sedia e di linea)……

Una racchetta per Aravane: il sogno della Rezai dal camper al centrale di Wimbledon

(“Voglio diventare la numero 1 del mondo”)

Pino Batoli, l’unità del 23-7-07

Aravane Rezai è una tennista francese di origine iraniane, ha vent’anni e naviga anonimamente intorno alla quarantesima posizione del ranking mondiale. Anni fa si è messa in luce nel circuito minore per la sua straordinaria velocità di braccio e per la sua capacità di “smerciare” in ginocchio. I fan da sotto bosco del tennis. quello dei tornei da 10.000 dollari tanto per intenderci, la ricordano anche come l’atleta musulmana che non può baciare e abbracciare uomini, neanche durante una premiazione di un torneo. La sua storia assunse però contorni fiabeschi quando si seppe del suo modo low-cost di viaggiare Aravane e la sua famiglia, per permettersi i trasferimenti, si è spostata e ha alloggiato a lungo, un vecchio “Big Van”. Ma la transalpina ha saputo trasformare queste difficoltà in punti di forza: “Durante un incontro mi dicevo: io dormo in macchina - ha raccontato la Rezai -loro in hotel, non posso proprio perdere contro di loro!”. In seguito, Aravane ha cominciato ad essere una giocatrice temuta anche nel circuito maggiore, quello delle Top 100. Al grande pubblico si è fatta conoscere in occasione del “French Open 2006″ e da quel momento sono arrivati gli aiuti economia di cui aveva bisogno. Da quel momento infatti hanno cominciato a sostenerla gli sponsor e la Federazione francese. Così è riuscita ad entrare stabilmente fra le prime cento giocatrici del mondo, nello scorso gennaio ha raggiunto la quarantesima posizione. Nonostante tutto, però, la Rezai è ancora insoddisfatta: il suo sogno è diventare la numero uno e non le va molto giù l’idea che ad esempio - Maria Sharapova, sua coetanea, stia sulla vetta del ranking mondiale. Lo scorso maggio, a proposito, Aravane si è tolta una bella soddisfazione al torneo di Istanbul: ha battuto quella che sarebbe diventata la regina 2007 dei Championships, Venus Williams (6-4 6-4), successivamente ha eliminato la bella Sharapova (6-2 6-4). E poi all’ultimo Wlmbledon, dove Aravane ha fatto male anche alla nostra Francesca Schiavone, l’eroina di Fed Cup a Castellaneta Marina. Ormai è diventata una tennista di ottimo livello. anche se i più si ricordano di lei Soprattutto Per le accese polemiche fra suo papà, monsieur Arsalan Rezai, e il capitano del team di Fed Cup francese Georges Goven. Certo è che il signor Arsalan fu l’artefice di questo piccolo miracolo tennistico quando un giorno di 28 anni fa decise di portare via dall’Iran l’interera famiglia…La francesina non si cura mai di questo: Giudicare negativamente le diversità - dichiara durante l’ultimo torneo di Wimbledon . fa parte della natura dell’uomo, non ci faccio più caso». Il buon Arsalan riesce con ammirabile saggezza a proteggere sua figlia anche da se stesso e dalla sua ingombrante presenza amorevole….

La Garbin ritrova le racchette di Starace

(Quando lo spirito di squadra va oltre i sessi)

La gazzetta dello sport del 20-7-07

Da lunedì Potito Starace aveva smarrito i borsoni nel viaggio aereo Napoli-Roma-Alghero e si è arrangiato comprando scarpe e magliette e usando una racchetta di Rianna. Ieri mattina, i borsoni sono arrivati a destinazione merito di Tathiana Garbin. La numero 1 italiana, ad Alghero insieme a Mara Santangelo. Li ha riconosciuti in aeroporto, al ritiro bagagli, e li ha presi. Peccato solo Che lo stesso volo abbia lasciato a terra le sacche di Luzzi: lui, però,le racchette le aveva Con sé.

Italia di Davis: basta con le figuracce

(Goudenbour, chi è costui?)

Daniele Azzolini, tuttosport del 20-7-07

ALGHERO. Vigilia coppistica dai forti toni paradossali. Johnr Goudenbour dichiara convinto che il Lussemburgo spingerà l’Italia a giocarsi la serie C della Davis con la Macedonia. Qualcosa non torna, evidentemente. Ma Johny non sente storie e si spinge persino a dettare il punteggio conclusivo del match: 3 a 2. Ovviamente per loro. Gli ultimi che giunsero a tanto furono Muhammad Ali, campione di boxe,e Oronzo Pugliese,tecnico del calcio, i quali, normalmente, quando si dilettavano in arti divinatorie, poggiavano su motivi ben più solidi di quelli cui sembra affidarsi mister Johny, sul quale invece incombe almeno una domanda di tipo propedeutico: chi è costui? Semplice. Goudenbour è il capitano del Lussemburgo di Coppa Davis, tipo gioviale, un filino provocatore magari, ma convinto di ciò che dice. E infatti il capitano Barazzutti gli risponde doverosamente serio:-Giusto che il Lussemburgo voglia vincere. Ma anche noi italiani vogliamo farlo.. il problema, semmai, è un altro, e non è difficile sintetizzarlo nella seguente domanda: come si fa a perdere con il Lussemburgo?….. Ora, una vittoria sul Lussemburgo cancellerebbe, se non dalla memoria, quanto meno dalla fedina tennistica, la molto brutta pagina della sconfitta in Israele, lo scorso aprile. Da quei giorni tanto per dire che anche a noi italiani non dispiace danzare sul filo del paradosso, a rimettere pace fra il nostro tennis maschile e i suoi appassionati è stato Volandri, semifinalista a Roma e negli ottavi a Parigi. Ma Volandri non era in Israele e non è nemmeno qui ad Alghero. Semplicemente, ha altre cose da fare, altri tornei da giocare, e nel tennis di oggi se un giocatore dice di no, non ci sono molti argomenti per fargli cambiare idea. Si è tentato di spiegare la situazione con i Giochi di Pechino da conquistare: Volandri è bene che si occupi di tenere alta la sua classifica perchè sarà quella di luglio 2007 a stabilire chi (e a che titolo) potrà partecipare alle Olimpiadi, dunque ha il placet per non giocare la Coppa. Ma il placet non è piaciuto. Nè a Starace nè a Seppi. che se avessero potuto (e Seppi lo ha persino scritto) di questa Davis ne avrebbero fatto volentieri a meno. Potito più di altri: se i Giochi di Pechino meritavano un impegno particolare, lui per primo avrebbe dovuto curare la classifica per essere sicuro di andare. A Seppi, che viene dalla finale di Bastad, il match più difficile. Subito contro Muller. Una vittoria vale con ogni probabilità il 3-0 già domani. Il quarto è Federico Luzzi, lui sì felicissimo di essere rientrato nel giro Davis. L’intenzione di Barazzutti è di utilizzare Bracciali in doppio se avrà il nulla osta dai medici (la spalla non è ancora del tutto a posto, ma quasi). Ad assistere al match ci saranno anche Garbin e Santangelo, fresche di finale in Fed Cupo Faranno il tifo. E rappresentando la squadra di Coppa fra le due più vincente, forse faranno riflettere gli azzurri sulla necessità di evitare brutte figure. Infine, la superficie. Paradosso per paradosso. il Lussemburgo ha accettato il cambio di sede, ma ha conservato la possibilità di indicare dove giocare. E Johny 18, volpe ha scelto il cemento.

Fed Cup, Russia, senza Sharapova nella finalissima contro l’Italia

(le nostre speranze sono diventate realtà)

La gazzetta del mezzogiorno del 18-7-07

Squadra che vince non si cambia. Shamil Tarpischev; capitano della nazionale russa di Fed Cup, ha confermato che il 15-16 settembre nella finale contro l’Italia scenderanno in campo le stesse giocatrici che hanno battuto gli Stati Uniti. Fiducia dunque a Nadia Petrova, Anna Chakvetadze ed Elena Vesnina mentre c’è ancora uno spiraglio per Svetlana Kuznetsova, assente negli Usa per infortunio e che Tarpischev spera di avere a disposizione. Ancora fuori, invece, la numero uno russa Maria Sharapova, che in squadra non ha molte amiche. Dopo la vittoria di Castellaneta, invece, il ct Barazzutti ha il fiato sospeso: potrebbe perdere la numero uno Tathiana Garbin, alle prese con un infortunio al piede di cui non è ancora stata stabilita la gravità. E da ieri l’Italtennis si è spostata sul sintetico di Alghero dove da venerdi a domenica si disputerà lo spareggio di Coppa Davis contro il Lussemburgo: l’Italia deve vincere per tentare, l’anno prossimo, di tornare in serie A. Forfait di Simone Bolelli, afflitto da un forte risentimento agli addominali. Barazzutti non ha ancora sciolto le riserve sul nome del giocatore che dovrà sostituire il bolognese ma il regolamento di Coppa Davis gli consente di cambiare due dei quattro convocati. Tra i possibili convocabtl1 Federico Luzzi o Matteo Trevisan, n. 2 del mondo juniores

Anche la Pennelta dà una lezione alle francesi

(Flavia: “nonostante tutto, io sono sempre pronta a giocare in Nazionale)

Paolo Vannini, il Corriere dello sport del 18-7-07

PALERMO - Qualcuno forse l’aveva dimenticato, il nuovo trionfo in Fed Cup era stato ottenuto senza di lei, affondata in classifica oltre la novantesima posizione e con una serie di risultati altalenanti che l’avevano fatta diventare la numero 6 d’Italia. Ma Flavia c’è ancora e ha ruggito forte lunedì sera agli Internazonali di Palermo, Snai Open (145.000 $ di montepremi). Un successo convincente, guarda caso proprio con una francese, l’emergente Rezai, che rilancia la Pennetta anche in vista della finale di settembre con la Russia, pur se prevedibilmente si giocherà indoor, situazione che non favorisce la ragazza pugliese. “Non c’era bisogno di questo risultato per rilanciarmi - sorride lei - il capitano sa bene che io ci sono e sono pronta a giocarmi le mie chance) per la finale. Non ci sentiamo battute anche se la Russia certamente il vantaggio del fattore campo. Diciamo 60 loro e 40 noi ma sapete come nelle gare a squadre il pronostico conti relativamente. Intanto nel torneo palermitano, unica prova del circuito principale rimasta in Italia dopo Roma, la Pennetta tiene alta la bandiera azzurra nel giorno in cui l’unico “derby” italiano in programma se l’è aggiudicato la Knapp a spese della Vinci. La Rezai era un brutto cliente, ma Flavia l’ha battuta giocando un gran tennis, opponendo fantasia e smorzate alle sue bordate, rimontando nel 2°set da 3-5 ed annullando tre set point. Stasera se la vedrà con la romena Gallovits, che ha spazzato via una Camerin in pessima giornata, così come sono uscite subito Antonella Serra Zanetti e la Disderi, al primo Wta della carriera….

Lo sport, la politica e il fattore rosa

(Ci vorrebbe un primo ministro donna per vincere la Fed Cup anche in politica)

Gianni Clerici, la repubblica del 17-7-07

Le nostre ragazze, battendo la Francia 3 a 2 hanno di nuovo raggiunto la finale della. Federation Cup, la Davis femminile, che avevano vinto lo scorso anno battendo in finale il Belgto, 3 a 2. Nel dare questa ritardata informazione, lo scriba tiene anzitutto a felicitarsi con Francesca Schiavone, Roberta Vinci, Tathiana Garbin e Mara Santangelo. E non ultimo con Konrad Barazzutti, che ha saputo gestire i cambi improvvisi, secondo il mutare degli eventi, non commettendo nessuno sbaglio: se non quello forse di non aver convocato Karin Knapp, l’ultima arrivata tra le nostre eroine. Ultimata la doverosa notizia di cronaca, lo scriba tiene anche a scusarsi con le ragazze, ad alcune delle quali lo lega autentica amicizia: le aveva seguite l’anno passato nella trasferta di Charleroi, ma quest’anno, affranto per il chiacchiericcio e le column del torneo di Wimbledon, aveva scelto di comportarsi come un qualunque impiegato statale, preferendo la banalità collettiva delle ferie ad un bello spettacolo, per di più verificatosi nelle vicinanze di una magnifica spiaggia…..la Leonessa ha ritrovato se stessa proprio di fronte alla grande avversaria. Ma non solo. Francesca è stata capace di quella che il matematico Tommasi definisce “la prova del nove”. e cioè di ripetersi, risalendo addirittura da due a cinque nel match del pareggio, contro la russa di Francia Golovin. E infine. con una mezz’ora soltanto di intermezzo, ha accettato-deciso? - di ritornare in campo in doppio, al posto di Mara Santangelo cotta di sole, lei candida alpina sud tirolese. Nel ricordare e ammirare la prova della nostra miglior doppista, Robertina Vinci. vengo visitato da .una curiosità che andrebbe probabilmente rivolta a ben altro specialista, e non di sport. Come mal, da qualche tempo, le nostre donne sono più in gamba dei nostri uomini? Prescindo da mia moglie, che è un caso unico ma, senza più essere quello scriba da Olimpiade che fui, da appassionato mi balza alla mente una successione dorata di nomi, Valentina Vezzali e Margherita Granbassi nella scherma, la Compagnoni, la Kostner. la Di Centa e la Belmondo sulle nevi, per non parlare della polisportiva Weissensteiner. E gli ultimi fenomeni, Messia Filippi, Federica Pellegrini e Vanessa Ferrari. Rappresentati come siamo nello sport, viene davvero il dubbio che la politica di questo paese sia in ritardo sulla realtà. Abbiamo infatti solo sei ministre, Bonino, Bindi, Turco, Lanzillotta, Pollastrini e Melandri, in un govemo composto da ventisei dicasteri. Esistono, tra Camera e Senato, soltanto il quindici per cento di rappresentanti rosa, in una popolazione di cinquantanove milioni nella quale le donne superano di quasi due milioni gli ometti.Vogliamo riflettere un minuto, lettori maci, e prendere a votare in modo più lucido? Solo con un Parlamento fatto a metà di donne, e con un Primo Ministro del cosiddetto- ma quando-sesso debole, potremo vincere qualche Fed Cup anche in politica

Smash e volée, Alghero sogna

(Si può perdere contro il numero 1125 del mondo?)

Raimondi Angioni, la nuova sardegna del 17-7-07

Messa da parte la gonna dopo il clamoroso exploit di Castellaneta Marina sulla Francia, il team di Corrado Barazzutti indossa i pantaloni nella sfida contro la squadra del Gran Ducato col preciso intento di centrare il quinto successo consecutivo e mettersi in fila per tentare l’anno venturo di salire in quella serie A che manca agli azzurri dalla sconfitta di Mestre nel 2000 contro il Belgio. In Fed Cup le donne hanno compiuto un autentico capolavoro e adesso il settore maschile è pronto a seguirne le gesta sul green-set del Tc Alghero. Un appuntamento da non perdere in tutti i sensi (nei precedenti confronti l’Italia si è sempre imposta per 5-0) sulle ali dell’entusiasmo per il successo ottenuto da Francesca Schiavone e compagne. Poco importa che nello spareggio del Gruppo 1 della Zona Euroafricana la formazione che fa capo al presidente federale, il cagliaritano Angelino Binaghi, non possa schierare il numero uno Filippo Volandri che d’intesa con la Fit ha scelto di giocare un paio di tornei individuali (Bastad e Stoccarda) per migliorare la propria classifica in vista delle Olimpiadi di Pechino…. Anche se il cittì Corrado Barazzutti (che arriverà ad Alghero stamane in compagnia dell’«ambasciatore»Nicola Pietrangeli e dei maggiori dirigenti nazionali della Federtennis) si è ben guardato dall’ufficializzare lo schieramento. contro il Lussemburgo dovrebbero essere impiegati Potito Starace (44° Atp, la migliore classifica di sempre per il giocatore napoletano) e Andreas Seppi, da ieri 83° dopo la finale persa a Gstaad contro il francese Mathieu, risultato che gli ha permesso di fare un balzo in classifica di ben 28 posizioni. Senza misteri anche il doppio con la collaudata coppia Starace-Daniele Bracciali (l’aretino è sceso al 142° posto ma dà notevoli garanzie nella specialità). Ieri, frattanto, sono stati segnalati i primi arrivi. Di prima mattina è sbarcata ad Alghero la squadra lussemburghese che può contare sul n.1 Gilles Muller (134° Atp), sul secondo singolarista Laurent Bram (1125) sul n° 1511 Gilles Kremer e su Mike Scheidweiler, senza classifica ma collaudato compagno di Muller in doppio. Questo quartetto, sotto lo sguardo del capitano Johnny Goudenbour, si è allenato nel pomeriggio sul centrale dell’impianto di Maria Pia, già quasi pronto ad accogliere il grande appuntamento. In casa azzurra il primo a raggiungere la Riviera del Corallo è stato Daniele Bracciali, mentre nel pomeriggio è toccato a Potito Starace. Entrambi hanno voluto prendere confidenza sulla superficie del campo centrale (un green-set molto lento rifatto a nuovo) in attesa di incontrarsi stamane con Fognini e Barazzutti. Un cittì abbastanza gasato dopo l’exploit al femminile ma sempre con i piedi per terra per un match che, sue parole testuali, «bisognerà conquistarsi sul campo». «Attenzione al Lussemburgo - ha aggiunto il capitano - che potrà schierare quel Muller che ho visto molto bene a Wimbledon e ha una classifica non veritiera. Sul duro sa farsi rispettare»

Schiavone, un’Italia di leoni. E’ ancora e sempre finale

(Come trasformare il tennis in uno sport di squadra)

Marisa Poli, la gazzetta dello sport del 16-7-07

Sono le ragazze meravigliose. Dopo quattordici set, oltre tredici ore in campo, la Francia è battuta, di nuovo. E’ un’altra. Finale di Fed Cup per le campionesse del mondo. Non hanno intenzione di mollarla la Coppa. E allora tirano furoi le unghie vincono anche quando sembrerebbe impossibile, contro pronostico. Dietro al coraggio di Francesca Schiavone, la leader in un Weekend da batticuore. Resta il fiato solo per dire brave a queste atlete che hanno trasformato il tennis in uno sport di squadra. La maratona è cominciata a mezzogiorno Sotto un sole che in campo portava i termometri a oltre 40 gradi E’ finita alle 20.20, dopo una Serie di emozio in altalena che hanno portato l’Italia due punti dall’eliminazione prima di tornare su…. Non era facile contro la franco-russa, Golovin L’ultima volta ci ha perso 6-1 6-0. Ieri l’ha dominata fino al 5-1 del primo set, assoluta padrona della, partita che pian piano è scivolata di mano. La Schiavone si è trovata sotto 2-5 nel terzo. Ma, parola di Barazzutti scottato dalle 8 ore e mezza sotto il sole: “Non ho pensato che potesse perdere che la Schiavone soprattutto quando sta sotto è una che sa giocare molto bene”…….. Barazzutti si è trovato a cambiare di nuovo squadra, nel doppio decisivo. La Santangelo era a bordo Campo con qualche linea di febbre dopo la partita giocata a 40 gradi la Garbin con un piede dolorante. Mezz’ora di riposo ed è toccato di nuovo alla Schiavone, accanto a Roberta Vinci autentica padrona della rete: Un set perso per trovare la misura, altri due per vincere e confezionare un altro capolavoro prima che scendesse il buio. Il capitano gongola: «Con un gruppo di ragazze di questo genere. bisogna credere che tutto è possibile»

Tennis, giù le mani da Tommasi e Clerici

(Rino non va oltre il circoletto rosso e Gianni fa solo gossip)

Lettere alla Gazzetta dello sport

Caro Beppe, . Wimbledon, il mitico torneo del tennis mondiale, si è svolto in tutta la sua gloria con alterne vicende, causa il tempo pazzerello, tipico di questo mese in Inghilterra con piogge inusitate, che hanno aggiunto alle difficoltà del campo in erba anche il logorio psicologico connesso con le continue interruzioni. Mi pare che Sky abbia fatto un lavoro egregio con le telecronache interattive dove si può scegliere la partita da guardare e con servizi ed Interviste dei grandi di questo sport. Un’annotazione che a me sembra doverosa: quando si decideranno ad affidare il commento delle partite chiave a professionisti un po’ più giovani ed efficaci? E non dico questo perché sono un giovanotto In quanto sono nella fascia d’età di entrambi questi signori, ma non posso non rilevare che Rino Tommasi, sopraffino giornalista e commentatore d’altri tempi, non è più capace di andare al di là del “circoletto rosso” con cui sottolinea i punti più spettacolari e al mero annuncio del punteggio, che peraltro tutti vediamo nella grafica; e Gianni Clerici, più che commentare i fatti sportivi, è tutto proteso a fare del gossip e i suoi interventi, che un tempo suscitavano interesse per l’ironia che era capace d’infondere nelle sue affermazioni, sono ormai degli stereotipi che non fanno onore alla sua lunga carriera. Non so se segui questo sport, ma mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi.
Massimo Di Egidio

Sì, ogni tanto Wimbledon lo guardo. Considero il tennis il più inglese degli sport, chissà, forse sono suggestionato dal fatto di essere qui nella mia amata Londra: bella, strana e mutante. Quando vivèvo qui, negli anni ottanta, a Wimbledon andavo, e ne ho scritto pure. Ora mi accontento della tv (almeno non piove!). Quindi dico: giù le mani da Tommasi e Clerici! Avercene, come loro. Gente che sa le cose, e non te le sbatte in faccia. Gente che non disturba. Il commento del tennis non può essere quello del calcio: occorre sempre capire il respiro della partita, e seguirlo. I giovani devono avere più spazio, in Italia (non solo in televisione); ma non a spese di chi è bravo, indipendentemente da quanti anni ha.

Seppi conquista la prima finale: “ho ritrovato me stesso”

(Un italiano in finale a Gstaad 31 anni dopo Panatta)

La gazzetta dello sport, del 15-7-07

Sulla terra rossa di Gstaad qualcosa è cambiato: per Andreas Seppi c’è la prima finale in carriera, il primo segnale di ripresa dopo un periodo buio. Seppi in semifinale ha superato Igor Andreev in un terzo set chiuso al tie-break 7-5. Il russo al Roland Garros si è fermato ai quarti ed era stato l’ultimo a battere Nadal prima della striscia di 81 successi consecutivi sulla terra. Sconfitto nelle altre due semifinali giocate contro Andreev (e in tutti e 4 i precedenti contro il russo), ieri Seppi ha cambiato tattica. «L’ho visto vincere contro Gasquet e ho capito che l’unica possibilità era essere molto aggressivo e non farlo comandare col dritto. E’ stata la chiave della partita: con la risposta l’ho sempre messo in difficoltà”. FINALE Seppi riporta un italiano in finale a Gstaad 31 anni dopo Adriano Panatta e dà un segnale importante dopo un periodo nero. L’altoatesino è uscito dai 100 del mondo a metà giugno dopo una stagione in cui ha vinto 8 partite e ne ha perse 16. «La fiducia ha cominciato a crescere dopo aver battuto Koubek al secondo turno con due tie-break combattuti. Una sensazione che si è ripetuta con Vassallo Arguello nei quarti e poi con Andreev dice il 23enne di Caldaro. TUNNEL Quando tutto andava male, quando sono arrivate; le 8 eliminazioni al primo turno (e altre sette al secondo), il suo allenatore, Massimo Sartori, chiedeva solo una cosa: pazienza. «In questo periodo Andre as ha fatto fatica, ma è anche cresciuto come persona - spiega -. E’ più responsabile e ha continuato sulla sua strada, anche nei periodi di confusione. Doveva un pò gestirsi, forse è arrivato il momento di raccogliere i frutti del lavoro dell’ultimo anno….. “In alcune partite forse mi facevo troppe domande e perdevo le occasioni. Ho ricominciato a sentire buone sensazioni nei tornei sull’erba…”

Barazzutti difende Volandri

(Il capitano di Davis: “sono sicuro che potrò contare sempre su filo”)

F.P., la gazzetta dello sport del 11-7-07

Corrado Barazzutti allontana le polemiche di Starace sulla mancata convocazione di Volandri in Davis per la sfida con il Lussemburgo ad Alghero del 20-22 luglio: “La decisione di non convocarlo è stata presa di comune accordo, per farlo giocare a Stoccarda e conquistare la migliore posizione possibile in vista di Pechino 2008. Per Volandri la maglia azzurra rimane una priorità e sono certo che potrò sempre contare su di lui”.

Nadal sempre più forte, l’anno prossimo Wimbledon sarà suo

(la matematica non è un’opinione; è certa la vittoria di Nadal a Wimbledon 2008. La differenza nei due campioni sta “solo” nella ragazza)

Massimo Rossi, Libero Quotidiano del 11-7-07

Federer ce l’ha fatta a conquistare il suo quinto Wimbledon. pareggiando così il mito di Borg. La finale è stata bellissima, cinque set molto combattuti che hanno portato Nadal ad un passo dalla vittoria neanche troppo clamorosa a parer mio. La matematica non è un’opinione e quindi è praticamente certo che nel 2008 lo spagnolo si è infatti avvicinato al traguardo anno per anno, sempre allungando la durata del match fino ai due 15 40 sul servizio di Federer nel quinto set….D’altra parte il giovanotto se lo Wlmbledon perchè, al contrario di Roger che non ha fatto niente per migliorare il suo tennis sulla terra, Rafaellito ha fatto di tutto per togliersi l’etichetta di specialista del rosso, e ci è riuscito….E poi diciamolo Rafael merita il primo posto perché appartiene a quella schiera di tennisti che giocherebbero anche gratis, lo svizzero no. Lo si capisce dalle facce che hanno, dai gesti, dagli occhi. Non è difficile individuare gli appartenenti a una o all’altra categoria….Insomma a Nadal per il momento manca soltanto una fidanzata, ma mi auguro che quella che vedremo un domani inquadrata sugli spalti sia un po’ più sorridente di Mirka, dal piglio un po’ manageriale. Del resto bisogna capirla, povera ragazza; il suo istinto femminile le dice che quando si romperanno gli schemi anche il suo fidanzato, come tutti gli ex bravi ragazzi, la prima cosa che farà sarà quella di mollarla…….

DAVIS POLEMICA Starace: «Perché non c’è’Volandri?»

(Dov’è finita la tanto agognata armonia di Casa Italia?)

M.C., la gazzetta dello sport del 10-7-07

Il c.t. di Coppa Davis, Corrado Barazzutti, ha diramato ieri le convocazioni per l’incontro italia-lussemburgo, al Tc Alghero dal 20 al 22 luglio, valido come spareggio per rimanere In B: sul campo in greenset ci saranno Simone Bolelli, Daniele Bracciali, Andreas Seppi e un insoddisfatto Potito Starace. ..”Questa Davis è un disastro, ci sono sempre cose che danno fastidio - dice Il tennista di Cervinara, impegnato nel 1° turno a Gstaad -: la Federazione e Barazzutti farebbero bene a chiarire certe cose. Per cominciare, il perché della mancata convocazione del numero 1 italiano, Volandri. Mi è stato detto che sul veloce non è competitivo e che sono io il numero 1, una risposta di comodo. A meno di infortuni, a giocare per l’Italia si va sempre, anche per uno spareggio per evitare la C contro il Lussemburgo. Ad Alghero vado. Anche se mi costa una dolorosa rinuncia come il torneo di Stoccarda. Finiscano di raccontare sciocchezze, non mi va di essere preso in giro, Volandri doveva essere convocato: o tutti o nessuno, questo è il concetto”


Ma Super Federer non vale Borg

(Il prossimo record da raggiungere per Roger)

Gianni Clerici, la repubblica del 10-7-07

I cronisti della storia scriveva G.M.Trevelyan - tendono a sopravvalutare gli avvenimenti contemporanei, privi di prospettiva come sono. Quel grande scrittore-guarda caso, un britanno-aveva più di una ragione. Domenica sera, mentre stavo per allontanarmi dal banco della sala stampa, mi si è presentato uno splendido gentiluomo In cravatta verdeviola, e dopo avermi domandato «Mr. Clerici?» si è affrettato a presentarsi quale Mr. Antony Renshaw. «Sono - mi ha informato – un pro-pro-nipote dei gemelli Renshaw, ma mia nonna riteneva che somigliassi di più a Willie che a Ernest. Ho tentato di presentarmi ad alcuni dei suoi colleghi, ma il mio nome non ha suggerito niente a nessuno. Forse avrò più fortuna con lei». L’ho rassicurato, vergognandomi come un ladro, per non aver citato che a lato della mia cronaca l’immortale nome di Willie, l’inglese capace non solo di vincere Wimbledon sei volte di fila. dal 1891 al 1896, ma di creare un interesse per quello sport agli albori, e per se, affascinante com’era «con uno stile di gioco sciolto. pieno di grazia, ma addirittura strenuo Quando il punteggio lo richiedeva. Qualcosa, nel suo viso abbronzato, nella sua straordinaria eleganza, affascinava lo spettatore e lo avrebbe tenuto inchiodato al suo posto per ore. Ma spesso non ce n’era bisogno, tanto le sue vittorie erano fulminee»: cosi scrive un mio collega dei tempi, H. S. Scrive e mi pare il caso di ricordarlo, giusto perché Federer dovrà vincere - e probabilmente ci riuscirà un altro Wimbledon per eguagliare quel record: interrotto, tra l’altro, da un fortissimo “gomito del tennista”…Roger Federer eguglierà molto probabilmente e forse batterà l’antico record di Renshaw. Rimarrà grandissimo, ma non rappresenterà il prototipo del tennis verde. In parte perché son cambiati i prati, perché nonostante le smentite di Mr. Seeward, il capo giardiniere, i fili verdi sono più bassi degli ufficiali otto millimetri. In parte perché con le nuove racchette la rete si è idealmente allargata, ed una tattica di continui attacchi diverrebbe suicida. C’è anche da dire che Federer sarà probabilmente ricordato per il talento di accelerazione sui rimbalzi, soprattutto sul diritto, grazie ad una velocità di braccio eccezionale e ad una mano benedetta. Non disgiunto, sia chiaro, da un altissimo livello degli altri colpi, tra i quali la battuta è stata basilare nel decidere la sua vittoria sullo straordinario Nadal: non solo nello scarto statistico di più di venti punti, ma nei due episodi determinanti, le quattro palle break annullate nel quinto set. Proprio queste considerazioni mi spingono a un’annotazione che vuole soltanto essere oggettiva, senza nulla detrarre alla pentaprodezza del mio svizzero. Nelle precedenti finali Roger ha battuto tennisti non certo immortali, tra cui il Nadal del 2006, che pareva un volonteroso nipotino di quello di ieri, in grande progresso, soprattutto tattico. Direi addirittura che Rafa ha meglio adeguato i suoi colpi da terraiolo alle esigenze dei prati di quanto non abbia fatto Federer. Pur applaudendolo il mio svizzero, credo sia onesto dire che la dipartita di un consulente quale Roche non lo ha certo aiutato. Federer non si è giovato a sufficienza non solo del rovescio tagliato, ma di schemi che avrebbero maggiormente complicato la vita di Nadal…..

Il grande romanzo del tennis dall’incredibile crollo di Tilden al tie break Borg-McEnroe

(Le finali mitiche della storia del tennis)

Stefano Semeraro, la stampa del 10-7-07

La storia di tutti gli sport, tennis compreso, è un patchwork di mille tessuti e mille fantasie, di stoffe anche minime e quotidiane. Ma sono i grandi match che la tengono cucita. Che le danno forma. Quella di domenica fra Federer e Nadal è stata una finale sofferta e combattuta, appassionante, decisa da pochi soffi, da colpi memorabili. Ora si pone il problema di come collocarla nel grande romanzo del tennis, che ha conosciuto capitoli anche più straordinari. Avesse vinto Nadal, l’avremmo paragonata, in controluce e con trame stilistiche rovesciate, alla finale delle finali, quella del 1980 a Wimbledon fra Borg e McEnroe, l’ultima agguantata dall’Orso svedese. Era il cinque luglio, Borg ancora con la fascia, lo sguardo congelato, il passante bimane e la maglietta a righine che oggi fa tanto vintage, sprecò cinque match point nel leggendario tie-break del quarto set, finito 18 a 16 per McEnroe, ma vinse 8 a 6 al quinto. È ancora oggi la clip tennistica più vista e ritelevisizzata, fu l’ultimo lembo del dominio di Borg a Londra. L’anno dopo, nella rivincita, Mac il terribile usò ancora meglio le sue danze nell’aria, le sue volèe da ebanista. Chiuse un epoca, ne aprì un’altra Appena dopo tre anni, a Parigi, il SuperMoccioso avrebbe però vissuto il contrappasso di quell’impresa. In finale contro Lendl si trovò avanti due set a zero, un break di vantaggio nel terzo, a un passo dal prendersi il trofeo più difficile per gli attaccanti, sulla terra più nobile del mondo. Pareva fatta, ma Lendl si inventò una linea Maginot tutta mentale, cinica, vincente: iniziò a stordirlo di pallonetti, lo mandò in confusione, gli ingomitolò i pensieri e i colpi. Fini per vincere 7-5 al quinto. E da allora in poi Parigi è sempre stata la tana degli orchi rossi, quelli che a rete vanno solo per stringere la mano all’avversano. Lo smarrimento più famoso, più incredibile, statisticamente forse irripetibile è quello che colse Big Bill Tilden, il proto-Sampras degli Anni ‘20 e ‘30. Nel ‘27 Tilden, un colosso nel tennis, al tempo istrionico e fragile nella vita, riuscì a perdere una incredibile semifinale di Wimbledon contro Cochet, uno dei quattro Moschettieri francesi: in vantaggio 6-2 6-4 5-1 si bloccò in maniera inspiegata e inspiegabile, perdendo 17 punti di fila e poi il match. Un altro immortale, l’australiano Jack Crawford, con un crollo meno folgorante ma simile perse invece nel 1933 quello che sarebbe potuto essere il primo Grande Slam della storia. Un termine che allora il tennis non conosceva neppure. Vincitore in Australia, a Parigi e Wimbledon - dove in un altro big match destinato a passare alla storia, strappato in cinque set a Ellsworth Vines, lo yankee dal servizio bomba «Gentleman Jack» arrivò da favorito anche a New York, sofferente d’asma, ansioso di carattere, avanzò nel torneo nonostante una debilitante insonnia, e in finale si trovò davanti l’inglese maledetto, Fred Perry. «Se Crawford oggi vincerà, avrà realizzato su un campo da tennis l’equivalente di un Grande Slam», scrisse John Kieran sul New York Times. Avanti di due set a uno Jack rimase in campo durante l’intervallo che allora era previsto dopo il terzo set, sorseggiando un tè al bourbon che gli dilatò vasi e bronchi, ma gli appesantì le idee e i muscoli. Perry rientrò negli spogliatoi, si docciò e rivestì con cura. Crawford riprese a giocare infreddolito, leggermente brillo, e Perry, spietato, lo umiliò lasciandogli appena un game negli ultimi due set. Il Grande Slam, appena inventato, era già sfumato…

Federer eguaglia Borg immorlale a Wimbledon

(Roger. “Rafa, peccato meritavi di vincere tu”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 09-07-07

Vince ancora di classe. Roger il Magnifico ed entra definitivamente nella storia del tennis eguagliando i 5 trionfi consecutivi di Bjorn Borg a Wimbledon e anche gli 11 Slam dello svedese con sempre più vicini i 14 titoli-record di Pete Sampras. Vince ancora con quelle fiammate che solo lui sa scatenare. impressionando i 15mlla del Centre Court. chissà quanti milioni di telespettatori a casa e anche il grande rivale Rafael Nadal. Vince domando l’enorme pressione che ha sulle spalle: Con Bjorn Borg seduto li Jimmy Connors seduto li. John McEnroe seduto li Boris Becker seduto li. Ah, c’era anche Jack Kramer? Non lo sapevo. Per me era un grande momento.. Tanto da crollare poi al suolo come un burattino senza fi1i, dopo 3. ore e tre quarti da ricordare, al secondo match point chiuso con una botta di dritto e una volée alta. In lacrime: «Quando ho alzato il trofeo. alla fine è stato speciale: lo ricorderò per tutta la vita»……L’infortunio al ginocchio destro. con time-out medico e benda rigida sul 4-1 del quarto set non è decisivo. E’ decisivo l’1-l l5-40 del quinto set, quando il mancino. che sogna il bis dell’unico. successo spagnolo a Wimbledon di Manolo Santana nel ‘66 - anch’egli in tribuna- ha avuto «la grande occasione. non sul primo “15″. ma sul secondo. quando ha mancato il dritto vincente di poco cosi… Un dritto che in genere spara a occhi chiusi. Ma che. stavolta, invece di dargli il break (Con buone chance di prendersi il titolo..). trasforma un Federer impacciato e nervoso in un gigante inarrestabile….Ma, come spesso gli accade da quattro anni nei momenti importanti, entra in trance agonistica, ritrova il servizio (24 ace, spesso in serie “il servizio mi ha salvato ne: momenti importanti”) e dal 3-2 l5 40,infila un parziale di 12 punti a 1. fino al 5-2 Prologo del 6-2 finale. dopo: 3 ore e 45 minuti. Condendo l’ennesimo sprint di fuori classe con un passante al bacio, un dritto devastante sono quelle gemme preziose. Perché lui, più giovane di 5 anni, «prossimo numero 1 del mondo» (come suggerisce Becker), «prossimo vincitore un giorno di Wimbledon» (come scommettono Connors e McEnroe), fra un balzo in campo a da risposta e una sbracciata, fra uno scatto e un recupero. si fermerebbe quasi ad applaudire «Roger Express». Tanto che, ad Amburgo, quando quello l’ha stoppato dopo 81 vittorie sulla terra rossa. ha voluto il suo autografo sulla maglietta madida di sudore. Del resto come non apprezzare i tre ace di fila sul 2-3 15-40 del terzo set, e poi la volée alta di rovescio sul 4-5 40-40 chiusa con la grazia e l’equilibrio di un ballerino, e quindi il passante di dritto in corsa del 6-2 al successivo tie-break? Come non dire grazie a Goran Ivanisevic che gli fa da sparring partner, mancino? Era stato il re dell’ultima finale di Wimbledon in 5 set…

Federer trionfo e lacrime

(Una finale che sicuramente rimarrà nella storia…..)

Stefano Semeraro, la stampa del 09-07-07

Ci sono giornate normali e giornate che si ricordano tutti i giorni per tutta una vita. Vittorie speciali e vittorie che segnano un’epoca. Ci sono fuoriclasse immensi e altri che vivono e giocano in una luce ancora superiore. Roger Federer ieri ha vinto il suo undicesimo Slam, il quinto consecutivo a Wimbledon. Uno dei più facili nelle due settimane del torneo - con i cinque giorni di vacanza regalati dalla pioggia e dal ritiro di Tommy Haas. Sicuramente il più difficile, infartuante e faticato della carriera se badiamo solo alla finale, la prima vinta dal Federer in cinque set in un grande torneo. Uno Slam che lo mette sullo stesso piano di Borg, a tre passi dal record di Pete Sampras. Federer se l’è andato a prendere dal fondo della disperazione, immerso nella luce a tratti abbagliante, quasi irreale di un Centre Court . per la prima e unica volta nella storia privo della palpebra verde del tetto. Se l0 è preso davanti ad un parterre di suoi pari quasi imbarazzante per nobiltà, spalmato su sette decadi di eccellenza: Borg, appunto, di cui ieri ha .eguagliato un record che pareva destinato a sfidare il tempo; e poi Jimmy Connors, John McEnroe, Manolo Santana, Jack Kramer, e Goran Ivanisevic, il mancino croato, trionfatore della finale più incredibile e thriller di sempre, quella del 2001, al quale aveva chiesto di palleggiare prima del big match per abituarsi alle rotazioni sinistrorse di Nadal. Ad alzare la coppa Federer è andato vestito in pantaloni lunghi e giacca candida, trovandosi dentro le parole che avrebbe usato il barone Von Cramm, l’ultimo dei gentleman, sempre respinto da Wimbledon: «Stringendogli la mano ho detto a Rafael che meritava di vincere a meno quanto me. E che sono contento di averlo battuto ora, lui è più giovane». Ben detto. Il migliore stavolta ha avuto bisogno di soffrire cinque set…. per battere Nadal, l’anticristo, il nemico, l’arcirivale, che fra la metà del quarto e l’inizio del quinto set sembrava aver trovato l’antidoto all’erba, ad un mezzo infortunio al ginocchio, ai colpi di Federer, disegnati su misura per Wimbledon. Ecco, appunto i colpi. Il servizio (24 ace), temibile e decisivo come quello di Sampras, il dritto, le volée, le magie che con la freddezza e la puntualità di cui erano capaci Borg e Wilander ieri hanno tolto Roger dai guai nei momenti giusti….«Cosa ha fatto la differenza oggi? Alcuni punti», ha ammesso sconsolato Rafa. «Non il dolore al ginocchio, che non mi ha aiutato ma non è stato importante. Forse il servizio, che sull’erba è fondamentale. Le occasioni che ho perso nel quinto, mentre stavo giocando, sull’erba, al suo livello». Perchè Nadal, che al quinto set ha uno statino migliore (9 incontri vinti contro 2, Federer è 9-10) è stato ad un passo dal battere il penta-campeon, arrivando due volte a 15-40 sul servizio di Federer proprio nel quinto set, sbagliando un dritto facile che probabilmente gli avrebbe aperto la strada della vittoria. “Rafa sta giocando un tennis incredibile - concorda Roger -. Da fondocampo non posso dire che oggi mi abbia surclassato, ma spesso ho sentito che era lui a guidare il gioco. Non riuscivo ad essere aggressivo, ad andare a rete perché lui mi impediva di farlo”……

Williams il giardino è tuo

(Quando una sensazione ritrovata vale più di un titolo)

Daniele Azzolini, tuttosport del 08-07-007

WIMBLEDON. Signora della pioggia, sposa di Wimbledon, prediletta dalle divinità erbivore. La padrona del giardino. Venus Williams conquista il quarto titolo e si rilancia… Oppure no, non è questo che cercava, la Sister esultante, esuberante di baci inviati al popolo dei Championships, irrefrenabile nella gioia scombiccherata e trascinante, che la spinge a saltare e a ridere fino a piegarsi in due. Forse non le interessa fare di nuovo i conti con il tennis delle classifiche e delle ragazzine che, se un giorno ti alzi con il piede sbagliato, ti battono fra pugnetti turgidi e sguaiate esortazioni. Vamos. C’mon! Forse Venus cercava solo di rinnovare quelle sensazioni felici che questo torneo riesce a darle. In fondo, quello che doveva fare lo ha già fatto. E’ stata numero uno, ha vinto sei Slam’ in carriera, è ricca e ha un’azienda di design di interni ben avviata. L’erba però la fa tornare bambina audace e spensierata. ..È qualcosa che mi nasce dentro.., dice, cercando di spiegare il perché sia diventata la nuova signora di questi prati, dopo Billie Jean e Martina, che la seguono dalla tribuna, e dopo Steffi ormai mamma a tempo pieno: E quasi come se la pioggia dei giorni scorsi le avesse strappato di dosso il torpore di due stagioni insignificanti. come se l’avesse rinfrescata dai bollori che le ardevano dentro, fra voglie di resurrezione e consapevolezza di non essere più la dominatrice di un tempo. ..A me la pioggia fa bene - aveva detto – Mi rende tutto .più facile, vedo tutto più chiaro e logico… A Wimbledon dicono che la pioggia sia parte integrante del torneo, e che imponga le sue scelte, promuova l’uno e bocci l’altro seguendo schemi sconosciuti a noi poveri mortali. Se è cosi Venus era stata già scelta, sin da quando gli organizzatori l’avevano posizionata al numero 23 del seeding, avanzandola di qualche posizione rispetto alla sua classifica (era trentesima). ma non quanto avrebbero potuto rispetto al suo valore di plurivincitrice del torneo. Di fatto, quel ventitreesimo posto l’ha posta sulla strada di Maria Sharapova, e da li Venus ha cominciato il suo torneo; ritrovandosi e menando fendenti come faceva sette anni fa, nel 2000, quando vinse la prima volta. Ha continuato a farlo ieri, nella finale contro Marion Bartoli, la francese che papà Walter da Retournac ha allevato a modo suo, descrivendole il tennis attraverso le mille attività umane… la canna da pesca per capire la posizione delle braccia, le zeppe sotto i piedi per trovare i giusti equilibri nel servire la pallina. Ma che poteva fare la povera Marion di fronte a una Venus cosi? ..Mi serviva a 200′ orari, addosso, è impressionante quello che riesce a fare”. si è quasi scusata la francese, accettando il verdetto….

Marion e il dolcetto di papà

(Il mio segreto? “la grande forza di volontà”-….)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 07-07-07

“Io non ho paura. lo non le ho dato il tempo e il modo di recuperare, sono stata sempre attentissima perché lei ha già dimostrato di poter rovesciare match già persi. Io sono sempre stata forte di testa, è questa la mia grande qualità». Io, io, io, MariOn Bartoli è stata forgiata in tutto e per tutto da papà Walter. «Abbiamo sempre lavorato insieme, sin da quando 16 anni fa ho preso per la prima volta in mano la racchetta. Quindi siamo arrivati insieme a questa finale. E quindi lui è un gran coach di tennis, oltre a essere un gran bravo dottore e un gran padre»…. Fu proprio papà, nel 1992, a cambiare presa alla piccolina, a 7 anni: «Mancavo di forza nel dritto, lui aveva visto la Seles vincere la finale del Roland Garros contro la Graf e mi suggerì di colpire anche il dritto a due mani. E io mi sono trovata subito a mio agio,.. E fu lui a motivarla coi i primi premi: «Mi dava dolcetto ogni volta che colpivo una riga dei campi indoor, che in Francia sono multi-disciplina, e quindi anche di pallavolo e pallacanestro. E l’out era ad appena un metro, cosi dovevo stare per forza dentro il campo….«Ho visto fra il pubblico Pierce Brosnan, uno dei miei attori preferiti, e mi sono detta: “Non posso giocare cosi male davanti a lui, e quand’ho visto che mi incitava mi sono caricata ancor di più. Perciò un po’ devo la vittoria anche a lui….”

Mamba Djokovic contorsioni da numero..uno

(Novak: “Wimbledon ha più a cuore i soldi e la tradizione che le esigenze dei giocatori”. Da Sampras in televisione al futuro da numero 1)

Stefano Semeraro, la stampa del 6-7-07

Novak Djokovic, se glielo chiedi, diventa Fregoli, Allighiero Noschese, ZeIig. Copia alla perfezione il suo compaesano serbo Tipsarevic, si impettisce come la Sharapova. Serve identico a Roddick, si trascrive su corpo Snodabile, sul volto da mimo beffardo i mille tic di Nadal. uno dei suoi cavalli di battaglia, nelle lunghe pause negli spogliatoi - o carèna lo sterno per imitare l’inimitabile Federer. Uno spasso. Digitare il suo nome su You Tube per credere. «Ma lo faccio per.- come si dice in italiano? Divertimento. Per far ridere gli altri. Anche se osservare e adattare le cose migliori degli altri, alla fine mi aiuta anche a completare il mio tennis. Qualche volta, in allenamento, provo anche a giocare un set con lo stile m qualcun’altro». È un talento universale, Nole il sorridente. Parla serbo, inglese, tedesco e italiano. Quest’anno ha vinto sul cemento a Miami. battendo Nadal. Sulla terra è arrivato in semifinale al Roland Garros, sull’erba è già in ottavi a Wimbledon. Ha solo vent’anni, è n° 3 del mondo. Se la gode. Ieri ha eliminato negli ottavi quella bestiaccia di Lleyton Hewitt in 4 set nevrili e scorbutici ….«Chico, diventerai fortissimo», gli profetò l’anno scorso agli US Open Pancho Segura, il vecchio pigmalione di Jimmy Connors. «Perché tu tienes cojones». C’è bisogno di tradurre? Djokovic “si pronuncia Giocovic, come Giorgio in italiano”, puntualizza papà Sredjan (occhiale assassino e sahariana un filo fuori stagione) picchia con coraggio dritto e rovescio e non si nasconde dietro le parole. «Voglio diventare n’ l del mondo e lo dico, che altro dovrei fare? Masticare le solite ipocrisie e dire che Nadal e Federer sono irraggiungibili, bla bla bla? Anch’io prima faticavo a vedermi nel panni di un vincitore di tornei dello Slam, ma sono proprio quelli che voglio. Anche Wimbledon, perché no. Adesso spero proprio che la finale si giochi di lunedì, chiunque ci arrivi. E’ stato sbagliato tenerci fermi domenica scorsa, la verità è che Wimbledon ha più a cuore i soldi e la tradizione che le esigenze dei giocatori». Nato sulle montagne attorno a Belgrado, dove papà e mamma gestivano un ristorante specializzato in pizze e plumcake, aveva davanti un destino da sciatore o pedatore. Ha scelto il tennis perché davanti alla porta del ristorante costruirono. un campo da tennis, la folgorazione arrivò guardando Sampras In tv. La guerra nei Balcani come è capitato a Ana Ivanovic, la sua concittadina con cui, famiglie presenti, è spesso uscito in queste sere - gli ha fatto bigiare scuola e coltivare il tennis. Ma lo ha anche costretto ad emigrare. Prima in Germania, chez Niki Pilic, poi in Italia, da Riccardo Piatti, in cerca di strutture e tecnici meno sgarrupati, oltre che di un medico capace m correggergli il difetto al setto nasale che gli impediva di respirare bene. Adesso lo Zelig serbo di coach ne ha addirittura due: il ceko Marian Vajda e Mark Woodforde……

Venus, la ragazza che ama ballare sotto la pioggia.

(“non so cosa mi succede, ma quando arrivo qui mi sento meglio. Amo la pioggia perché sono cresciuta in un posto dove non veniva mai e le rare volte che cadeva significava che potevamo smettere di allenarci”)

Roberto Perrone, il corriere della sera del 6-7-07
LONDRA- Tutti con gli occhi verso il cielo grigio su e le foglie gialle giù questo autunno inglese di luglio, tranne una. Tutti a maledire l’Inghilterra e la sua pioggia e a chiedere all’arbitro del torneo, Andrew Jarrett, se non sarebbe stato meglio giocare la domenica di mezzo come nel 1991, 1997 e 2004, tanto non si capisce cosa c’entra la sosta con un torneo che da tempo ha venduto, l’anima al diavolo (sponsor, tv, tetto). Tutti a spostare prenotazioni aerre temendo un altro 2001! l’anno della cometa Ivanisevic, della wild card croata uscita dal mazzo nella terza settimana. Tutti, ma soprattutto Rafa Nadal (un’altra vittoria al quinto set per sfatare. la legge del campo numero 2, il cimitero dei campioni) e il giovane emergente Novak Djokovic, i più irritati con gli organizzatori …Tutti, ma non la ragazza della pioggia, la Venere nera che, per definizione, sorge dalle acque. E Venus Ebony Starr Williams esce dal gruppo e non canta nel coro conquistando la semifinale (con Ana Ivanovic che annulla tre match point della Vaidisova) di Wimbledon schivando le minacce russe e pure le previsioni del tempo….Ecco,qui sta il punto. Mentre gli altri si lamentano della pioggia e maledicono la selva degli ombrelli (lo speaker, di origine napoletana, invita ogni volta a non aprirli alle prime gocce, che porta male) Venus confessa che questa, asciutta o bagnata, è l’erba più bella che c’è, l’erba che non c’era a casa sua. “Il centrale è un po’ delle sorelle Williams. Adesso non sò cosa succederà, ma ogni volta che arrivo qui mi sento meglio”…… “Amo la pioggia perché sono cresciuta in un posto dove non veniva mai e le rare volte che cadeva significava che potevamo smettere di allenarci”. La pioggia come fuga da un’infanzia-adolescenza sacrificate al tennis……

Super Vaidisova bionda,esplosiva

(Per la Mauresmo è stato un match di M….

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 04-07-07
Vince e saltella giuliva, Nicole Vaidisova. Il terzo ko di fila inflitto ad Amelie Mauresmo vale doppio: elimina la campionessa 2006 di Wimbledon e vola ai quarti contro l’altra super-atleta Ana Ivanovic. Vince con la risposta. «Mai visto rispondere così», sottolinea la: voce tecnica di Sky, Paolo Bertolucci. Vince coi nervi, dopo gli stop sul 2-4 del primo set, ancora sul 2-4 e sul 4-5 del secondo set. Vince,la bella 18enne bionda; perché spinge sempre (22 vincenti), a costo di sbagliare molto (25 errori gratuiti) e mette pressione sulla francese, ancora fuori condizione dopo l’appendicite di marzo: «La cercherà in Fed Cup contro l’Italia». Vince, la clone di Maria Sharapova, perché; quando alle 14.20 torna in campo per iI terzo e decisivo set, trova di là dal net la vecchia Mauresmo, non quella dei due ultimi trionfi Slam. Che confessa: «Ho. Perso già al primo set? Certo, da 5-3 e con 3 set point… E’ stato un match di merda e anche un terzo set di merda». Nicole se la ride: le semifinali del Roland Garros 2006. e degli Australian Open 2007 le sono andate di traverso, cosi come i quarti dell’ultimo Parigi. Ma forse sta imparando a domare la paura di vincere. “Nel primo set ho vinto perché sono stata sempre positiva, nel secondo ho perso un po’ di concentrazione; nel terzo volevo vincere con tutta me stessa»..

Mentre a Wimbledon nascono nuovi talenti, in Italia si perde tempo

(Tipsarevic da Castellani ed i nostri……….a casa)

Massimo Rossi, libero del 04-07-07

Secondo tradizione, anchie quest’anno il torneo di Wimbledon si è trasformato in vetrina importantissima per nuovi giocatori di talento. Forse in ragione della particolarità della superficie, infatti, sull’erba londinese capita più spesso che in altri tornei, anche dello slam, che a turni avanzatissimi approdino giocatori pressoché sconosciuti al grande pubblico e all’alta classifica. Quest’anno è capitato al serbo Tipsarevic a al giovane di origine congolese Tsonga. Certo la somiglianza incredibile del primo con ringhio Gattuso e del secondo con il mitico Muhammad Alì (per i più nostalgici Cassius Clay), ha favorito la spinta mediatica dei due, ma questo nulla toglie al valore delle loro vittorie, sin qui, nei primi tre turni dei Campionari per eccellenza. Ventitre anni il primo e ventidue il secondo, penso che non scompariranno nel nulla. Fa un po’invidia, da italiani, veder nascere in continuazione talenti promettenti, come anche, in capo femminile, la giovanissima austriaca Tamia Paszek, che a soli sedici anni ha battuto l’altro ieri nel terzo turno niente popo di meno che Elena Dementieva….Abbiamo un bel dire che il tennis in Italia è in ripresa, ma a livello individuale (e anche di Davis) la situazione è parecchio disastrosa. Bolelli fra i maschi e la Knapp fra le ragazze possono fare un po’ sognare, ma forse varrebbe la pena che i nostri addetti ai lavori si soffermassero a guardare in casa di paesi come la Serbia, dove dalle macerie di un disastro sociopolitico e bellico,sono stati capaci di sfornare atleti come Novak Djokovic (n.4), Jelena Jankovic (n. 3), Ana Ivanovic; (n. 6) e, anche questo sosia di Gattuso. Risultati che hanno del fenomenale se si pensa che solo sette anni fa il loro miglior giocatore era numero 700e adesso ne hanno tre nei primi dieci. Tutta gente che si è messa a tracolla un paio di racchette e ha cominciato a girare, senza troppe storie. Ma com’è che Tipsarevic, girando qua e là, è approdato proprio in Italia, in quel di Perugia a casa di un matto che fa il coach? E còm’è che quel matto, al secolo Alberto Castellani non ha mai ricevuto una telefonata dalla nostra Federazione? Misteri. Certo è che di questo passo non si intravede come il tennis italiano uscirà fuori a riveder le stelle.

La pioggia salva Serena. “Muoio ma non perdo”

(Il fascino di Wimbledon sta anche nel saper scrutare il cielo)

Stefano Semeraro, la Stampa del 03-07-07

Lacrime e pioggia, l’immagine è quella. La fotografia di una giornata liquida, inimitabile, surreale ovunque ma normale a Londra. L’immagine è Serena Williams che cade a terra, il polpaccio fradicio di crampi, sul 6-2, 5-5, 30-15 nel terzo turno contro Danielina Hantuckova, esile, incredula matadora. Sono le cinque della sera, o poco più, e la belva è a terra, ferita. Un grido nel verde, durante un innocuo spostamento, l’acquario del Centre Court che sussulta e si azzittisce. La panterona geme e tenta qualche passo zoppo, il reggiseno a vista che sulla schiena le comprime le carni; si appoggia alla fisioterapista, con gli occhi allagati di disperazione alza lo sguardo alla tribuna dove c’è papa Richard, scalmanato, tracimante dal box. Rotea i pugni, gesticola, saltella Richard senior, mentre accanto sorella Venus, scura e bella come un gioiello d’ossidiana, prega abbarbicata al suo nuovo fidanzato, il pallidissimo golfista Hank Kuebne. Con il bianco degli occhi sparato in campo come una fotoelettrica trasmette un ordine chiaro, il vecchio orco, il papà che non smetterà mai di teleguidare le sue due animalesse, il coach fai-da-te che legge l’aria come uno sciamano: tieni duro, baby, sento la pioggia arrivare…. Dal 1919 per sedici volte la pioggia ha allungato il torneo alla terza settimana, l’ultima nel 2001 1′anno di Ivanisevic. Ogni goccia ha un prezzo. Si torna in campo, ma solo per il palleggio, attorno alle tre e mezzo, poi una nuova sosta; la ripresa un’ora più tardi. Venus ha fatto in tempo a chiudere il suo match con la Morigami, giocando gli ultimi quattro colpi sotto un mezzo diluvio. Con il rischio di scivolare, di piegare le sue caviglie delicate come felci. È una Williams, una ex campionessa, si mormora, «deve» vincere. Il sospetto di un aiuto cala ora anche su Serena. Le concedono troppo tempo per recuperare dal crampo, una pausa - otto minuti - molto più lunga dei canonici tre minuti. La verità è che il cronometro degli infortuni va fatto scattare secondo la lettera di un regolamento ambiguo, sbagliato e slabbrato, adattato alla bisogna da consuetudini buoniste - solo dopo che il fisioterapista ha visto, valutato, diagnosticato. Il supervisor Laura Ceccarelli, osserva, lascia correre: «Fai con calma, Serena». Passano cinque, forse sei minuti. Fosse stata un’altra, qualcuno azzarda, l’avrebbero già squalificata. Ma Serena è Serena, in tutto. Si raddrizza, fa stretching, piange, resiste. Non si muove, o quasi, ma tiene il servizio, approda ad un tie-break, e su1 5-2 Hantuchova, la pioggia invocata da papà Richard arriva, puntuale. Il match riprende alle 19 e 34, ora di Londra. Serena - dopo il ghiaccio negli spogliatoi è in fuseaux bianchi. Prima claudicante, poi sempre più orca. Capace, nonostante il dolore, di scaricare tonnellate di ferocia, infuriata fino alla vittoria dalle smorzate dell’avversaria, dall’arbitro che non le concede una pausa per la pipi. Finisce così: 6-2 al terzo, le braccia al cielo, Papà Richard che scatta fotografie. «L’acqua mi ha salvato ma io piuttosto che perdere muoio in campo», dice la belva. Le nuvole, beffarde, 5 minuti dopo sganciano su Londra l’ultimo scroscio di una giornata infinita. È Wimbledon, ragazzi.

Quando Wimbledon cantò con la Wade la ragazza che conquistò anche la Regina

(Virginia, la più ricercata…alla faccia di Roger)

Gianni Clerici, la repubblica del 02-07-07

LONDRA - Riapro il mio diario della primavera del 1963, e vi trovo la seguente annotazione: “al Tennis Club Milano, per dare un’ occhiata agli Juniores del Trofeo Bonfiglio. C’è una straordinaria inglese con la coda di cavallo e gli zigomi slavi, fa serve & volley su due splendide gambe appena arcuate: si chiama Virginia Wade. La invitiamo a cena, io e Bitti Bergamo. ma appare addirittura spaventata. Mi dicono sia la figlia di un parroco anglicano, e questo può spiegare le sue riserve nei riguardi di due sfrontati giovanotti meridionali”. Mentre la giovane inglese cresceva, e, da scriba, ammiravo il suo stile brillante, e la natura ribelle, spesso vittima di instabili umori, avrei stabilito con Ginny - questo il suo soprannome - un rapporto decisamente amichevole. Alla mia compagnia avrebbe preferito quella di un collega britannico, in un amore lacerante, per l’impossibilità di concluderlo in modo tradizionale. Il collega era infatti infelicemente maritato, e padre di due figli. Forse anche a causa di questa perenne lacerazione, non soltanto Ginny gettava al vento match già vinti, forse per punirsi, o per punire l’amante. Ma, tutto d un tratto, apparve al suo fianco una bella. giovane signora, che prese a seguire il circuito, accompagnandosi a noi. Pian piano, la relazione con il collega parve morire….. Virginia si avvicinò alla semifinale, mentre i cronisti locali alludevano ormai a lei come “ourGinny”., la nostra Ginny. In semi le si parò dinnanzi la detentrice del titolo Chris Evert, il maggiore esempio vivente di geometria, e la titolare del più straordinario rovescio bimane di ogni tempo Nel terzo set Virginia giocò il miglior tennis della sua vita, chiudendo con un sei a uno mortificante per Chrissie. In finale. dall’altro lato, si era issata un’olandesona. una tipa dal fisico possente. insolito per quei tempi di donne normali. Betty Stove giocò al meglio, vinse un set d’avvio contro una Wade contratta sino all’isteria, ma parve in seguito subire le ondate di magnetismo negativo che si levavano da un pubblico solo esteriormente corretto. Virginia le lasciò tre games nel secondo e uno solo nel terzo. Si videro allora quattordicimila spettatori levarsi e intonare “She’s a jolly good yellow” mentre anche la regina concedeva sorrisi. Ho scritto questa storia non solo perché a Wimbledon pioveva. Virginia è, in questi giorni è la più ricercata tra i tennisti di Wimbledon, addirittura incluso Roger Federer….

Federer il fortunato

(tanto riposo per il “Re” prima dello sprint finale)

Rino Tommasi , il tempo del 02-07-07

WIMBLEDON - Bravura e fortuna, si sa, vanno spesso. a braccetto soprattutto in campo sportivo. Eclatante esempio di questo binomio è, di questi tempi, il numero uno del tennis mondiale, lo svizzero Roger Federer. La cui perizia tecnica ieri si è rivelata pari alla buona sorte che spésso lo bacia sulla fronte. In mattinata, infatti, è arrivata la notizia che il tedesco Tommy Haas, avversario al terzo turno del numero uno del ranking e grande favorito anche qui a Wimbledon, aveva dato forfait per una contrattura agli addominali. In pratica, ora Federer avrà quattro giorni di riposo, perchè tornerà in campo mercoledi prossimo per affrontare il vincitore della sfida tra lo spagnolo Juan Carlos Ferrero ed il serbo Janko Tipsarevic. Insomma Federer, campiorie in carica passa ai quarti senza sprecare una goccia di sudore e questo sarà un bel vantaggio contro tutti gli sfidanti, a cominciare dallo spagnolo Rafae1 Nadal che quest’anno sogna il grande colpo anche sull’erba del tempio inglese del tennis…. Viene cosi danneggiata la migliore giornata del torneo, che a mio parere è sempre stata il lunedì della seconda settimana che con lo svolgimento degli ottavi di finale delle due gare di singolare, sedici partite di grande livello con la possibilità di poter scegliere, anche. per chi guarda Sky, quella preferita. Invece i due tabelloni sono rimasti zoppi. Si sono qualificati per il quarto turno dieci giocatrici (otto nella parte alta la Mauresmo e la Sharapova fu basso) ed otto giocatori. Complessivamente sono ancora in corsa 22 giocatrici e 24 giocatori ma invano cercherete tra loro un nome italiano perché i nostri sono già usciti tutti almeno per quanto riguarda le gare di singolare.Volendo compilare una provvisoria classifica per nazioni dovremmo assegnare il primo posto alla Francia, che ha ancora in gara sette rappresentanti, ben quattro nel maschile (Gasquet, Tsonga, Monfils e Mathieu) e tre nel femminile (Mauresmo, Bartoli e Rezai) ma è ovvio che rispetto alle possibilità ed alle tradizioni è della Serbia la prestazione complessiva più straordinaria con due ragazze e due giocatori, che sono ancora in corsa. In linea generale sono state pochissime sorprese. il cileno Gonzalez, la quinta testa di serie nel singolare maschile, è l’unica vittima di una certa qualità anche se dopo la finale raggiunta nel gennaio scorso all’Australian Open, il giocatore non è più riuscito a: ripetersi ad alto livello…..

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Tamira batte Tatiana e risolve il caso delle mutandine rosse

(Certe cose si possono vedere solo a Wimbledon….)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 29-06-07
Tamirà Paszek si è affacciata da poco nel mondo del tennis che conta. Agli Australian Open si è fatta conoscere. Non tanto per i risultati ottenuti (eliminata al secondo turno), quanto per quelle sottili bretelline a croce che faticavano (non sempre con successo) a tenere il suo seno straripante. Ieri Tamira ha annullato l’allarme rosso. Tutta colpa delle mutandine (rosse) di Tatiana Golovin che le indossava facendo nascere infinite discussioni tra i puristi di Wimbledon (che vorrebbero il bianco assoluto). Discussioni come ne avevano scatenate qualche tempo fa altre mutandine. Quelle di Lea Pericoli, ad esempio: pizzo e piume in bella mostra. Aria di scandalo anche nel 1985, quando Anne White esordì con un bodysuit di lycra. Pezzo unico, bianco, che disegnava ogni curva delle biondina americana. Così vestita superò Pam Shriver che si scusò dicendo di essere stata distratta da “quello stupido abito”. Gussie Moran nel 1949 rivelò, sotto il completino, delle mutandine in pelle di leopardo. I giudici inglesi le vietarono di indossarle. Lei si rivolse allo stilista Ted Tinling e lui creò un vestito con mutandine incorporate, impossibile contestarlo. Indimenticabili gli shorts e la maglia a barchetta di Anna Kournikova. Come, ma stavolta parliamo di US Open, la mini tuta in pelle nera (da perfetta cat woman) di Serena Williams. Di tutto, questo si discuteva a Wimbledon. Poi, Tamira Paszek ha battuto Tatiana Golovin ed ha risolto il problema.

Il ragazzo che accarezza l’erba di Arthur e lancia la pallina al di là di tutti i razzismi

(Blake quella volta con Hewitt perse la partita, ma l’australiano perse, indiscutibilmente, la faccia…)

Beppe di Corrado, E-Polis Roma del 29-06-07

Alla vigilia di Wimbledon, Blake riguarda vecchi vhs. Ashe che vince a Londra, alza la coppa più celebre del tennis. Di fronte a James, c’è il totem Arthur. «È un maestro», ripete. A Parigi è andata male: a casa al primo turno. Qui si ricomincia. Dritto e rovescio: riparte da numero otto del mondo. Ventotto anni, l’unico afroamericano della top ten del tennis. L’America, le palline, le racchette, i punti. La vita di Blake arriva ogni anno alla settimana prima di Wimbledon per riavvolgersi e ricominciare da zero. Perché è il torneo più importante del mondo e perché c’è l’omaggio da rendere ad Arthur Ashe, l’unico nero chi su quell’erbetta ha vinto. Era il 1975, quel 6-1, 6-1, 5-7, 6-4 a Jimmy Connors è il momento che ha fissato la storia. Blake sarebbe nato solo quattro anni dopo, ma ricorda sempre. Ricorda perché Ashe è stato l’uomo che l’ha fatto diventare un giocatore di tennis e allora l’ossessione della vita tennistica è quel torneo. Vincerlo, una volta. «Poi potrei anche ritirarmi».Questione di gratitudine. Un giorno Arthur si presentò in pantaloncini all’Harlem Junior Tennis Program: James era un bambino che aveva appena preso la rachetta in mano. Non l’avrebbe mollata più, né per tutto il resto dell’infanzia passata tra Manhattan e un circolo appena fuori città, né alle superiori alla Fairfield Warde High School in Connecticut, né all’università ad Harvard dove si frequentò due anni e poi lasciò proprio per il tennis. Con lui c’era Brian Barker, suo primo coach. Primo e ultimo, perché è ancora accanto a Blake, a tarargli la palla corta, a calibrargli il lob, a tempestarlo di esercizi sul servizio. James lo ascolta, come faceva da ragazzino…… Lui lo sa. «Ero in un circolo di tennis dalle parti di New York. Giocavo e mia madre parlava con un’amica. L’amica le disse: “Peccato per James, sarà odiato dai bianchi e dai neri”. Ricordo la risposta come fosse ieri: “lo penso invece che potrà essere amato da tutti”. È successo anche dopo: agli US Open del 2001. Giocava contro Hewitt, il numero uno. Hewitt accusò un giudice di linea (nero) di aver favorito il suo avversario. Alla fine James perse il match, mentre l’avversario perse la faccia…

Nadal avvisa Federer, è super anche sull’ erba

(Una russotta capricciosa che per poco non fa fuori la “Venere nera”)

Gianni Clerici, la repubblica del 27-06-07

LONDRA - So benissimo anch’io che il pezzo sarebbe venuto meglio se Venus avesse perso. Ma una sconfitta al primo turno, contro un’ignota russotta, mi avrebbe impedito di ammirarla di amarla-una volta di più. E questo mio centesimo Wimbledon sarebbe divenuto più triste. Uscivo infatti dal loculo che condivido con i resti di Tommasi e mi avviavo) al mio banco per informare gli aficionados sui miglioramenti di Rafa Nadal, quando sul video mi è apparsa l’immagine dell’amata: smarrita, smagrita, spaventata. Si trovava, quella sorta di brutta copia della bella Venus, vittima delle manacce rossastre di una certa alla Kudryatseva, una delle diciassette russe emigrate negli States, o in Catalogna, presso le più pregiate accademie. Avvitata al terreno dal suo stesso peso, la russotta stava avanti cinque a quattro al terzo, ed era allora che mi buttavo verso il Campo Due, chiamato The Graveyard, Il Sepolcro dei Campioni, causa la fama di menagramo. Trovavo per miracolo un posto a mezzo tra Mammà Brandy e Papà Richard. Che più non si avvicina alla ex moglie per paura degli avvocati. E non tardavo ad apprendere il perché delle sevizie alla mia amata: la russotta è figlia di un campione di lotta greco-romana del 1980, e di mamma laureata in chimica: cosa si vuole di più? Per fortuna mia e di Venus, un cherubino travestito da giudice di linea sarebbe, a quel punto, intervenuto con una chiamata assassina. E, privo com’è del marchingegno Occhio di Falco, riservato ai ricchi, 1′arbitro non avrebbe osato mutare il giudizio. La russotta, allora, si sarebbe d’un tratto convinta che gli dei egli uomini fossero coalizzati contro di lei. avrebbe preso a contestare ogni palla nei dintorni delle righe per andar fuori di testa e infine battersi da sola….Simile squilibrio ha fatto sì che bastassero a un Nadal in forma fisica raccapricciante due soli break per venire a capo di questo bel tipo, capace di commettere nel decisivo tie-break del secondo ben quattro errori, sempre di diritto. Rimane da segnalare la permanenza nel torneo di un precisissimo Seppi, che si è dichiarato perfettamente a suo agio su prati tanto meno scoscesi di quelli delle Dolomiti, e di un altro terraiolo come Simone Bolelli. la cui potenza riesce a compensare schemi poco noti ai giardinieri……

Henman, il maratoneta

(Tim: “so cosa vuol dire Wimbledon per gli inglesi”)

Gabriele Marcotti, il corriere dello sport del 27-06-07

LONDRA - Non lo nasconde Tim Henman. Quando ha saputo che il numero uno britannico Andy Murray non avrebbe giocato a Wimbledon si e’ sentito «il peso di tutto il mondo sulle . spalle». Un’aspettativa pazzesca, l’attesa di un’intera nazione che ha dato i natali al tennis sull’erba, ma costretta: con il fiato sospeso da 71 anni nell’attesa di festeggiare un giocatore di casa in trionfo ai Championship. Improbabile imbattersi anche in un solo tifoso che quella domenica del 1936 fosse presente al terzo successo di Fred Perry. Improbabile anche durante le quattro ore e 11 minuti dell’incontro tra Henman e un altro veterano del circuito, lo spagnolo Carlos Moya. Un match-maratona, sospeso per oscurità lunedì sera al quinto set, sul cinque pari e terminato ieri pomeriggio (13-11 per Henman). Prima dello sprint finale, una notte di ripensamenti per entrambi i giocatori. Moya rammaricato per essersi lasciato riprendere quando era scappato avanti di un break nel set decisivo. Henman per i quattro match-point smarriti. Ne avrebbe sprecati altri due alla ripresa del giocò l’inglese, prima di ricevere l’insperato regalo dello spagnolo. Un doppio fallo che ha posto fine all’incontro, spianando la strada al secondo turno con Feliciano Lopez, giustiziere di un altro britannico (Josh Goodall). «Ero tranquillo la sera prima, non sono il tipo di perdere il sonno per una partita - le parole dell’inglese -. Ho scherzato con il mio coach durante il massaggio e sono andato a letto presto. Non mi era mai capitato di interrompere un match cosi a ridosso della fine». Non gli capitava neppure di trovarsi cosi in basso in classifica (78 al mondo), da oltre dieci anni, almeno dal marzo 1996. Ma i suoi risultati nel 2007 parlano da soli: due sole vittorie e sette sconfitte. Al Queen’s ha perso al primo turno in tre set contro Mario Cilic, la settimana successiva, a Nottingham, si e’ fermato al secondo turno. Per ritrovare il suo ultimo successo in una prova dello Slam (assente per. infortunio in Australia, eliminato al primo turno a Parigi dal qualificato Ernests Gulbis) bisogna risalire alla vittoria su Greg Rusedski, oggi ritirato, agli ultimi US Open. Risultati che hanno fatalmente alimentato le speculazioni su un imminente ritiro del 32enne di Oxfòrd….”Sono venuto qui la prima volta che avevo sei anni so cosa significa Wimbledon per gli appassionati del tennis”….

Sanguinetti passa il testimone a Bolelli

(Simone: “già ho vinto un paio di scommesse con il mio allenatore”)

Daniele Azzolini, tuttosport del 27-06-07

Maestro Sanguinetti, lo chiama Juan Martin Del Potro, il pupone argentino che lo mette alle porte del torneo, forse l’ultimo Wimbledon della sua lunga carriera. Nel giorno in cui Tim Henman si scopre ancora giovane, ed elenca game, ore e minuti della sua vittoriosa maratona con Carlos Moya quasi fossero i titoli che qui non è mai riuscito a vincere (“facevamo sessantaquattro anni in due”. dice, “eppure abbiamo giocato più di quattro ore e chiuso il quinto set solo al ventiduesimo game..”). Sanguinetti non può fare a meno di rimpiangere gli anni giovanili, quando Wimbledon gli apriva le porte dei quarti di finale (accadde nel 1998). Ben poco può l’esperienza, contro i muscoli e i centimetri. E certo non cambia la realtà dei fatti l’osservazione che, avesse avuto due anni in meno e gambe meno pesanti, Davide non avrebbe mai perso quella partita. Può consolarsi, Mastro Davide, con il suo allievo Simone Bolelli. I due, per chi non lo sapesse. fanno parte della stessa scuderia. quella di Pistolesi e dunque Davide ha libertà di consigliare il giovanotto, data la sua riconosciuta saggezza erbivora. “..Ed io certo lo sto a sentire… dice subito Simone, ..la sua esperienza è un grande vantaggio. E poi, Davide mi dice le cose di getto, come a me piace sentirle. Mi corregge, mi indica la strada”. Quella percorsa lungo il match contro Garcia Lopez, ad esempio. è parsa una strada assai diretta. Al primo impatto con il Championships, e tre soli match sull’erba alle spalle (l’anno scorso, nelle qualificazioni, che però si giocano a Roehampton). Bolelli si è consentito giusto un passaggio a vuoto, sul tre pari del primo set, ma poi ha preso possesso dell’incontro, approfittando di ogni minimo tentennamento dello spagnolo. “L’erba mi piace, c’è meno tattica., mi sento più libero di colpire la palla”. Intanto; ha vinto la seconda sfida con Pistolesi, tappe di un percorso che il coach gli ha fissato, un po’ per stimolo, un po’ per gioco. La prima riguardava la classifica; Pistolesi è stato il numero 71, Bolelli è a 65 ed è ovvio che salirà ancora. La seconda si giocava a Wimbledon, e bastava vincere un turno per superarla. Non ci sono sfide in palio, invece, per il match con Hewitt. Ma questo è un altro discorso. Bolelli giura di sapersi esaltare di fronte alle prove difficili. Hewitt è stato un campione di questo torneo, sfidarlo ha un sapore particolare. Forse mi faranno scendere su un campo importante, chissà…

Senza il tetto è un po’ meno Wimbledon

(quest’anno c’è qualcosa di diverso….)

Piero Valesio, tuttosport del 26-06-07
Il cielo grigio c’è. Il bianco dei completini indossati da uomini e donne pure. Il verde dei campi riluce di quella luminosità di cui si può godere solo nei primi giorni di torneo, quando ancora le linee di fondo non sono circondate da una striscia pelata. C’è pure la pioggia. C’è Ferderer che, more solito, pare veleggiare sulla superficie che più ama o comunque quella dove oltre alle traiettorie disegnate dal suo braccio paiono una poesia anche quelle ricamate dai suoi piedini. Ci sono i teloni che vanno avanti e indietro sui campi. C’è la nuova capigliatura di Serena Williams e quella inamovibile di Justine Henin. C’è. tutto, è Wimbledon. Tutto proprio no perché qualcosa manca. Il tetto. Sul Centrale. Quello è sparito in nome delle ristrutturazione che l’anno prossimo porterà il Centre Court ad avere una copertura mobile capace di garantire il regolare svolgimento del programma quotidiano. Senza tetto il Championship è diverso, la luce sul campo e differente, la skyline della più celebre area tennistica del mondo è altra cosa…..

Roddick, pazza idea “Vinco a Wimbledon”

(ritratto dell’idolo sfigato di tutti gli inseguitori)

Stefano Semeraro, la stampa del 25-06-07
Andy Roddick di Will Coyote ha tutto. L’espressione, il coraggio, la convinzione, le ammaccature, il dispetto, l’orgoglio, la stolidità luminosa, la sportività e persino la grazia, perché serve anche quella, una grazia tutta particolare, bruciacchiata ma resistente, per diventare un perdente di lusso. Per due mesi e mezzo, fra la fine del 2003 e l’inizio del 2004, ha vissuto anche in una prateria sua, molto texana, una prateria da numero uno del mondo .che pareva deserta di avversari di razza pura e fatta di orizzonti ragionevolmente gloriosi negli Siam. Invece di grandi tornei Andy ha fatto appena in tempo a prendersene uno, gli Us Open del 2003. Poi è arrivato Beep Beep Federer e la festa è finita. È finita per tutti, tranne, in parte, per Nadal. È finita soprattutto per Andy Roddick, la grande speranza americana, l’uomo che più di qualsiasi cosa vuole vincere Wimbledon; Oggi riaprono i Championships, i primi senza tetto sul Centre Court e con la moviola in campo, e rieccolo, Will Roddick, scornato e indomabile: «Ho una chance. di vincere questo torneo, credetemi. A parte Roger, il favorito sono io. E questo credo valga comunque tranne che sulla terra battuta. Per questo continuo a lottare. Sento di poter migliorare ancora». Un filo patetico, ma eroico, Andy Simpatico. Umano, come tutti i sommersi: corre, s’industria, escogita; A costo di carbonizzare pelo e autostima, non si arrende. E l’idolo sfigato di tutti gli inseguitori, di tutti quelli che sognano, un giorno, di tornare a vedere Federer almeno sui rettilinei, non come una nuvoletta di polvere e talento che si perde in una lontananza di record….. Lui continua a correre sul vuoto, è l’ultimo ad accorgersi di non avere più terra sotto i piedi, e solo allora sprofonda nell’abisso con una smorfia costernata dipinta sul muso, accolto da un tonfo ridicolo e mai fatale. Puff. Roddick però dal fondo del canyon è risalito, dopo oltre tre anni è ritornato numero tre del inondo. Intigna, nonostante i difetti il servizio è sempre quello, temibile, forse un po’ più leggibile; il rovescio è migliorato ma ancora fragile, specie nel passante. Sotto rete, in effetti, Andy dà meno sul Piteco, qualcosa in più riesce a combinarla. Connors, dall’angolo, gli consiglia di attaccare, attendendo però il momento giusto. “E’ bello avere accanto uno che capisce cosa vuol dire trovarsi in finale in uno Slam”, ammette il discepolo. «E qualsiasi cosa mi possa capitare sul campo, Jimmy di sicuro c’è già passato attraverso prima di me». Comprese le delusioni più amare: contro Federer, il ragazzo di Austin ha giocato 14 volte, perso 13. “fa però piace credere che il Roddick vero è quello di quattro anni fa», dice Andy. «Quello che era numero uno». La vera nemesi di Connors, a Wimbledon, fu invece Bjorn Borg, il semidio dei cui record vegetali Federer è attualmente a caccia. Cinque titoli consecutivi ai Championships, 41 partite filate senza perdere…… Dopo gli Australian Open ha vinto solo a Dubai e ad Amburgo, la botta di Parigi contro Nadal è stata dura, e ha lasciato il segno anche fisicamente, consigliandogli di rinunciare ad Halle. Gli è capitato un tabellone facilino, ma in Semifinale, teoricamente; nascosto dietro una curva, con un casco in testa e un razzo della Acme legato alla suola delle scarpe, Roddick li coyote lo aspetta con il cuore pieno di illusioni. A prova di bomba, naturalmente…..

“Wimbledon, il sogno di una vita”

(Simone Bolelli. Confessa il suo amore per l’erba….ovviamente quella stesa su di un campo da tennis)

Laura Tommasini, il resto del carlino del 25-06-07

Quando ad appena sette anni Simone Bolelli ha preso per la prima volta in mano una
Racchetta da tennis, come ogni bambino ha sognato di giocare nei tornei più importanti. Ebbene, nel giro di poche settimane quel desiderio è diventato realtà proiettando il ventunenne bolognese sui maggiori palcoscenici del mondo. Dopo Roma e Parigi da oggi toccherà infatti a Wimbledon accogliere l’allievo di Claudio Pistolesi da protagonista facendolo debuttare per la prima volta in carriera su quell’erba tanto ambita quanto temuta. Simone però non ha paura delle difficoltà. «Lo scorso anno - racconta - ho giocato le qualificazioni (in un circolo secondario, ndr) e seppur era la prima volta che giocavo sull’erba mi sono trovato bene. Crèdo quindi di poter esprimere il mio tennis migliore anche su questa superficie>. Sperimentata a Bologna sui Campi del Golf Club Casalonga di Castenaso anche se Giove Pluvio ha fatto di tutto per rovinargli gli allenamenti e lo ha costretto a ripiegare più volte su quella sintetica del Country Club Villanova messagli a disposizione dal suo primo maestro Andrea Saetti. Dai tempi del Ct Siro di anni ne sono passati molti (quattordici) e pochi (è professionista da quattro), a seconda dei punti di vista: dopo l’esperienza nella scuola tennis bolognese Simone Bolelli ha preso il volo verso la classifica mondiale facendo tappa prima al Team Vavassori di Bergamo e poi, da un anno o poco più, scegliendo Claudio Pistolesi come coach. Il connubio tra i due è stato subito produttivo ed ha permesso a Simone Bolelli di migliorare settimana dopo settimana tanto da portarlo a conquistare l’attuale numero 65 della classifica mondiale. Adesso c’è però da concentrarsi sull’emozione del debutto nel tempio mondiale del tennis. «E’ incredibile, sono a Wimbledon e qui tutto è perfetto, pioggia e freddo a parte: ogni cosa è curata al meglio ed il clima che si respira al circolo è unico»…

Al Foro un Museo del tennis, per coniugare sport e cultura

(dove mettere ovviamente la storia del tennis del “sottile commentatore” Ubaldo Scanagatta”)

Vittorio Emiliani, il corriere della sera del 25-06-07

Per il nuovo Stadio centrale del tennis al Foro Italico già si preconizzano i soliti spazi e locali dedicati a fiere e mercati. E se invece, una volta tanto, pensassimo a connettere lo sport, il tennis nel caso presente, ad un discorso e a strutture culturali? Per la vicina e splendida Accademia della Scherma di Luigi Moretti - per decenni svilita ad aula-bunker e invasa di cemento - si è parlato genericamente di un Museo dello sport. Personalmente credo che essa dovrebbe essere anzitutto il Museo del Foro Italico stesso e magari degli sport che più vi si sono praticati, tennis in primo luogo. Un Museo vivo, anzi vivissimo, come le tecniche di oggi consentono. Perché il tennis? Intanto perché Roma è la sola sede italiana di un Torneo Atp. Poi perché lo sport della racchetta ha qui antiche ascendenze documentate da Via della Pallacorda in Campo Marzio dove sorgevano nel ‘600 i campi alla moda del tempo e dove, durante una partita, Caravaggio feri a morte Ranuccio Tomassoni e lo stadio della Pallacorda si chiama (ora intitolato a Nicola Pietrangeli) il metafisico stadio del tennis di Costantino Costantini al Foro Italico…Questo museo del tennis dovrebbe essere animato da materiali visivi, come foto d’epoca, affiches, diplomi, e audiovisivi quali i filmati del Luce, della Incom, della Rai, miniera documentarie nella quale si possono muovere giornalista in attività come Giampiero Galeazzi. Una storia degli Internazionali d’Italia, da decenni stabilmente a Roma, l’ha appena sfornata quel sottile commentatore che è Ubaldo Scanagatta, compagno di banco del massimo scriba di tennis, Gianni Clerici. Poi vi sono i giornalisti romani autori di storie e di una massa di articoli: Lino Cascioli (per il Panoli), Giancarlo Baccini, Teo Betti e molti altri ancora. Materiale istruttivo, nobile, evocativo. Come il tennis. È un palla che lanciamo al Coni, al Comune, alla Fit. Chissà se qualcuno vuole rimandarla oltre la rete, positivamente.

I nemici di Roger? La delusione di Parigi e il debutto sull’erba

(Chi sarà l’antagonista del numero uno del mondo?)

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 25-06-07

I motivi di maggiore curiosità alla vigilia di questo Wimbledon riguardano la possibilità per Federer e Nadal di ripetere il risultato dell’anno scorso. Per Federer si tratterebbe del 5°successo consecutivo in questo torneo che gli permetterebbe di uguagliare il primato di Borg, campione dal ‘76 all’80. Per Nadal un’altra finale dopo quella raggiunta a sorpresa l’anno scorso sarebbe la conferma di un talento, non solo agonistico ma anche tecnico, non più confinabile sui campi in terra battuta.Per quanto riguarda Federer il problema non riguarda la superiorità sulla superficie che più di ogni altra premia il talento. Nelle ultime 4 edizioni Federer ha infilato 28 vittorie, con un bilancio di 84 set vinti e solo 5 perduti, mai più di uno nello stesso incontro. Gli hanno strappato un set nel 2003 Fish (quest’anno avversario all’1° turno di Nadal, nel 2004 Hewitt nei quarti e Roddick in finale, nel 2005 il tedesco Kiefer al 3° turno. l’anno scorso Nadal in finale. Abbastanza per ritenerlo pressoché imbattibile, almeno fino alla nascita di un nuovo talento o di un grande specialista, circostanza piuttosto improbabile ora che il tennis d’attacco è quasi scomparso e che sull’erba si giocano tre tornei l’anno. Ci sono due situazioni da prendere in considerazione. A differenza degli anni scorsi Federer non ha giocato ad Halle, vinto nelle ultime 4 stagioni. Non è un particolare trascurabile legato alle conseguenze soprattutto psicologiche che potrebbe aver lasciato la sconfitta patita con Nadal al Roland Garros. Aveva sempre perso dal rivale a Parigi, ma l’impressione è che stavolta il campione svizzero fosse convinto - e non solo per la vittoria ottenuta nella fìnale di Amburgo - che era l’anno giusto per completare il Grande Slam, traguardo che Roger ritiene quasi indispensabile per appagare la propria ambizione…

Erba nuova al torneo

(Per fortuna che quest’anno hanno cambiato le orrende divise verdine dei giudici…)

Alessandro Merli, il sole 24 ore del 24-06-07

Forse non c’è neppure bisogno di scomodare l’inglesissimo autore giapponese Kazuo Ishiguro per evocare un mondo che sta scomparendo, sempre più omogeneizzato non solo agli altri tre tornei del Grande Slam tennistico, ma in, genere all’universo che sta fuori dai cancelli in ferro battuto nero e oro di Church Road e a cui era stato sempre ostinatamente rifiutato l’ingresso. Restano 28 tonnellate di fragole che verranno divorate, rigorosamente con panna, al prezzo ridicolo (però bloccato dal 2003) di due sterline, cioè tre euro, per un cestino di dieci, dal mezzo milione di persone che, a partire da domani, varcherà quei cancelli…Ma non ci sarà più da quest’anno la disparità dei premi fra uomini e donne, che distingueva questo torneo politica- mente scorretto, dove un vincitore del singolare maschile definì una volta le sue colleghe dei «grassi maiali». E non ci saranno più, grazie a Dio, come già l’anno scorso, quelle orrende divise verde e beigiolino, in perfetto nylon, dei giudici di sedia e di linea, sostituite dal «sarto ufficiale di Wimbledon, l’inglesissimo stilista americano Ralph Lauren, con giacche blu. con il marchio del giocatore di polo in bella evidenza. Il quale Ralph Lauren, non contento di apparire sui courts, quest’anno ha voluto strafare occupando anche gli schermi televisivi, sponsorizzando l’idolo dei campi d’erba, Boris Becker, trasformato in commentaore tv……Non ci sarà più nemmeno, per la prima volta, la possibilità di errore dei giudici nelle loro nuove uniformi, perché, adeguandosi agli Open degli Stati Uniti e d’Australia, Wimbledon si è piegato alla tecnologia dell’Hawkeye, l’occhio di falco elettronico che da due schermi giganti ci dirà se la palla è dentro o fuori. I più schizzinosi saranno rassicurati dal fatto che tutto il sistema è gestito dalla Rolex; che già fornisce i cronometri ufficiali ed è l’unica a poter esporre in bella vista, il proprio marchio sul campo centrale. E non ci sarà più, come già l’anno scorso, Henman Hill, la collina dove i tifosi senza, biglietto si accalcavano per incitare il beniamino di casa, l’inglesissimo Tim Henman, che, per i limiti del suo tennis e la pressione delle aspettative di una nazione, si è esaurito cercando di riportare sotto la bandiera di San Giorgio un trofeo che manca da settant’anni, cioè da quando lo vinceva Fred Perry, oggi immortalato da una statua in bronzo presso il cancello principale. L’ha sostituito nei cuori dei tifosi il giovane Andy Muira.y, che ha maggior talento; ma purtroppo è scozzesissimo e per di più’ arriva ai Championships di quest’anno reduce da un serio infortunio. Ma la cosa più grave è che non ci sarà più, per quest’anno, il tetto sul Centre Court, il campo centrale, vero santuario del tennis mondiale, perchè sono iniziati i lavori sul vecchio impianto degli anni Venti. Lo hanno scoperchiato ora, per poi dotarlo l’anno prossimo di un tetto fisso e..ne1 2009, di uno retrattile, in modo da poter giocare anche sotto la pioggia. rispettando così tempi e scadenze dettati da Regina televisione, che negli anni ha gonfiato le entrate nelle casse dell’All England Lawn Tennis & Croquet Club……

Federer, i love Wimbledon

(Il Re si confessa prima del “suo” torneo: “tutti noi dobbiamo ringraziare Borg”)

Vincenzo Martucci, sportweek del 23-06-07

Roger Federer e Wimbledon, un amore grande che l’8 luglio dovrebbe partorire una delle imprese più grandi dello sport mondiale: cinque trionfi consecutivi nel tempio del tennis….«Le prime due volte ho perso al primo turno, in 5 set con Novak nel ‘99 e in 3 6 set combattuti contro Kafelnikov nel 2000. Poi pian pianino ho imparato. All’inizio ero convinto che, sull’erba, bisognasse fare solo e soltanto servizio-volée, ma ho capito presto che, col tennis moderno e quindi con la facilità di tirare i passanti, dovevo trovare un mix di gioco, e non snaturarmi……”Non lo so, non dimenticherò mai quel match: tutta la storia dei tre Wimbledon di fila che Pete aveva vinto, e io che lo battevo dopo altri quattro consecutivi…Ce l’ho fatta. per 7-5 al quinto, l’ho fermato dopo 31 vittorie di fila, e poi non 1′ho incontrato mai più. Ne abbiamo riparlato quest’anno, quando abbiamo palleggiato insieme, a Indian Wells. Per me quella partita resterà “La partita”. Anche se, ovviamente. ancor più indimenticabile resterà il mio primo successo, che ho dovuto attendere fino al 2003, perché, l’anno dopo aver battuto Sampras persi subito, contro Ancic. Il giorno della finale contro Philippoussis avevo le mani fredde, ho impiegato il riscaldamento e tutto il primo gioco per vincere l’angoscia. Ma sull’1-0 la pressione ha cambiato campo. Lei lo ha detronizzato, eppure Sampras parla benissimo di Federer e si augura che batta il suo record di7 Wimbledon in otto anni. E’ Sorpreso? «No, Pete è davvero un grande campione, abbiamo un rapporto speciale anche se, pur essendo lui uno dei miei idoli, non ho mai cercato di imitarlo: mi piace, di più il mio gioco. L’ha detto anche a me che vorrebbe che fossi io a superare i suoi sette Championships, e io gli credo… E con Bjon Borg che potrebbe eguagliare con cinque titoli di fila a Wimbledon che rapporto ha? «Ci ho parlato un po’, a Dubai per me è un eroe del tennis e dello sport. Tutti noi tennisti gli dobbiamo molto per come ha fatto crescere la popolarità del nostro sport, e quindi anche i premi, gli sponsor e la visibilità in tv. E più passa il tempo più l’apprezzo e mi sorprendo di quanto ha saputo fare vincendo per tre anni di fila sia Londra sia Parigi, e poi i 5 Wimbledon e i sei Roland Garros: ha fatto uno sforzo incredibile, fisico ma, soprattutto, mentale”. Quattro finali quattro successi: qual è stato il più difficile? «Il secondo, nel 2004 contro Roddick: io ero molto nervoso, lui ha giocato benissimo, ho dovuto fare uno sforzo enorme per concentrarmi sulla risposta. E il suo servizio, che all’inizio mi sembrava mostruoso, è diventato prendibile. Cera la pioggia che ci fermava e incombeva, e io decisi di andare di più a rete per non farmi mettere troppa pressione… Quando ho servito per il match. Sul 5-4, avevo troppe idee in testa, speravo di mettere la prima e pregavo che lui sbagliasse: fossimo andati 5-5, in quel momento sarebbe stato un disastro». Dopo la terza finale, la seconda con Roddick ha pianto in campo. “È stato un momento molto forte, e intenso. Sono arrivato al traguardo davvero sfinito, e mi sono lasciato andare alle emozioni ho apprezzato molto quella finale, più delle altre, perché ho avuto l’impressione che non mi potesse succedere nulla. A tratti è stato come se mi guardassi giocare, forse è stata la più bella di tutte. Dopo Roland Garros e Halle, ero arrivato a Londra davvero stanco. Ma per fortuna ho ritrovato il gioco già all’inizio del torneo”…. è il vero segreto di Federer? “Credo la continuità. Ho avuto avversari molto forti: Safin, Roddick, Agassi, Nadal. Alcuni di loro hanno avuto stagioni, o mezze stagioni, molto forti, ma non sono stati in grado di ripeterle. Io, invece, ho tenuto un ritmo sempre molto alto negli Slam, focalizzando la preparazione per quegli appuntamenti. Ho sempre pensato che, se fossi calato un attimo nei Majors, avrei ceduto anche il numero uno in classifica. Ma non è successo. Da 12 febbraio 2004″. E quest’anno quali sono i suoi avversari più pericolosi? «Nadal, che già m’ha sorpreso arrivando in finale l’anno scorso, e Roddick, che sull’erba è sempre capace di grandissime cose e ha perso due volte in finale con me, in match molto aperti. Ma il mio avversario più pericoloso rimane il primo giorno, quell’emozione del campione uscente che apre il torneo sul Centre Court. È davvero fortissima”…

Il primo trionfo di Federer

Marco Lombardo, Il Giornale

Vedere uno svizzero che piange è l’ultimo miracolo di Wimbledon. Vedere uno svizzero che piange con il trofeo in mano vuol dire che «ehi, tutto è possibile», come Roger Federer afferma con i lucciconi agli occhi prima di scoppiare a piangere davvero: «Ehi, it’s great!». È grandissimo. Roger Federer, svizzero di Munchenstein, vicino a Basilea, è il nuovo campione di Wimbledon a 21 anni: battendo e sbattendo l’australiano Mark
Philippoussis 7-6, 6-2, 7-6 diventa uno dei quattro tennisti capaci di fare la doppietta sull’erba di Londra, torneo junior (1998)-torneo senior. E siccome gli altri si chiamano Bjorn Borg, Pat Cash e Stefan Edberg c’è da credere che davvero non sia finita qui. Roger Federer è arrivato fino in fondo con il Challenge Trophy sopra la testa e un assegno di 575.000 dollari che la banca di casa sta già aspettando con riconoscenza giocando la partita perfetta, 21 ace, risposta precisa come un orologio (naturalmente svizzero), neanche una palla break concessa all’avversario i cui missili sono stati disinnescati opponendo tranquillità. Ad ogni servizio a 200 all’ora una risposta in campo, ad ogni ace un due di picche, ad ogni colpo un colpo più forte: e alla fine è vittoria su tutta la linea, anche quella dei numeri, con tre soli errori nei primi due set e un totale di nove alla fine. «Ehi, tutto è possibile» insomma per Roger Federer, un padre di origine sudafricana, una madre modesta tennista ma soprattutto un passato di ragazzo poco tranquillo sul campo, il contrario di quello che è oggi: «Un giorno i miei genitori vennero a vedermi giocare: sul campo mi agitavo come un matto, spaccai perfino una racchetta per terra e, naturalmente, persi. Durante il viaggio di ritorno in macchina non mi rivolsero la parola. Fu terribile». Fu
così allora che Roger decise di fare sul serio, cominciando da un collegio in cui si parlava solo francese e non tedesco e finendo nelle mani di Peter Carter, il tecnico sudafricano che lo ha lanciato nel circuito facendone un giocatore vero, ma che un anno fa lo ha lasciato solo dopo essersi schiantato con la macchina. Oggi Roger è allenato dallo svedese Peter Lundgren, che ieri ha fatto coppia fissa in tribuna con la fidanzata del suo campione Miroslava Vavrinek. A lui, a lei, ma anche a Carter, Roger ha dedicato il trionfo, il più grande: «A tutti quelli che mi hanno aiutato in questi anni ho finalmente restituito qualcosa. Non posso ancora crederci, non riesco più a muovermi dopo aver vissuto delle emozioni così forti: una finale non è come un match qualsiasi, una finale a Wimbledon non è come tutto il resto. Da dove arrivano le mie lacrime? Ehi, vengono dalla Svizzera (risata). Cosa farò stasera? Ehi, c’è il ricevimento ufficiale. Nel ’98 fui invitato, ma preferii partire perché dovevo giocare un torneo in Svizzera e volevo prepararmi bene. Ho sempre avuto il rimpianto, poteva essere un’occasione unica». Eppure la realtà è che a Wimbledon ha rischiato sul serio, terzo turno contro lo spagnolo Lopez e una schiena a pezzi, tanto che
dopo due game ha dovuto chiamare il massaggiatore: «Ho sentito un dolore tremendo, non riuscivo più a fare niente. Poi, dopo il massaggio, le cose sono migliorate a poco a poco e ho potuto continuare finendo per vincere». Insomma un sogno: «Ehi, tutto è possibile». Non ce l’ha fatta invece Mark, la faccia triste di Wimbledon che piace alle donne, accorse in massa sulla collina di Henman per trasformarla in un feudo australiano. Non ce l’ha fatta, anche se la sua favola non è finita qui. Cinque anni fa a suo padre i medici dissero: «Sorry Mister, lei non ha più di sei mesi di vita». Due anni fa a Mark, dopo tre operazioni al ginocchio, dissero: «Sorry Mister, lei non potrà più giocare. E per camminare ne
riparliamo tra un po’». Ieri Philippoussis padre e figlio erano a Wimbledon, uno in tribuna e l’altro in campo, ma per il lieto fine, quello tennistico, ci sarà ancora tempo visto che Mark ha promesso, con quell’espressione più piatta della sua tavola da surf, che tornerà per vincere: «È ricominciato un lungo viaggio, sono solo all’inizio. Da qui porto via tante cose positive». È certo così, in un torneo che ha perso per strada i primi della classe,
subito Hewitt e poi Agassi, ma che ha portato al trionfo l’uomo che forse può cambiare il tennis prossimo venturo. Quest’anno Federer ha vinto tornei indoor, sulla terra rossa e ora sull’erba e quando gli ricordano una certa somiglianza con Sampras, che all’All England ha vinto sette volte e che due anni fa fu eliminato da campione in carica proprio da Roger, lui risponde sicuro: «Credo che non si sia mai annoiato con questo trofeo in mano. Ma la
strada è ancora lunga». Roger Federer insomma è il campione di oggi e forse di domani, Mark Philippoussis è ancora un (gran) giocatore: questa la morale di un torneo
che offre al tramonto gli ultimi frammenti. Martina Navratilova che a 46 anni lotta ancora nel doppio misto per vincere il suo 20º titolo, Kim Cljisters che fa felice il fidanzato Lleyton Hewitt (sempre presente in tribuna dalla sua eliminazione) conquistando la vittoria nel doppio femminile con la giapponese Sugiyama, il romeno Florin Mergea che qualche campo più in là alza le braccia al cielo: è il nuovo campione juniores. Anche per lui è un sogno: qui a Wimbledon tutto è possibile.

La racchetta vuole un posto al sole

(Come si è passati dai racchettoni ad uno sport che punta alle Olimpiadi…)

Sergio Baldini, la gazzetta dello sport del 21-06-07Al primo impatto l’idea di un oro olimpico .conquistato con i “racchettoni” da spiaggia potrebbe far sorridere: ma se ci pensate bene quasi tutti gli sport; in realtà, sono nati come giochi. … Il beach tennis ha tirato i primi colpi sulle spiagge romagnole negli anni Ottanta, quando gli appassionati decisero di rendere più emozionanti i palleggi trasformandoli in sfide sui campi da beach volley. Fu l’inizio di una conquista: oggi solo in Romagna ci sono 5.000 campi da beach tennis, In questi anni sono state codificate anche le regole e la Federazione italiana tennis ha assunto la guida di quello che è diventato uno sport di tendenza, praticato da: quattro milioni di persone in Italia e che aspira a diventare disciplina olimpica. come spiega Massimo Caputi, giornalista televisivo e dirigente Fit con delega al beach tennis. L’Italia ha mantenuto un ruolo di traino del movimento e lo ribadirà quest’estate: sarà infatti la Sardegna ad ospitare, dal 24 al 26 agosto, i primi Europei di beach tennis, in cui g1iazzuni sfideranno Francia, Germania, Grecia, Spagna, Portogallo, Olanda e Belgio….. Invece i campionati italiani, in cui Paolo Tarozzi cercherà il quarto titolo consecutivo in doppio, E’ lui a rivelarci un poker di doti fondamentali per un beach tennista: «Ottima tecnica nel gioco di volo, visto che la palla non può rimbalzare, riflessi, senso dell’anticipo e resistenza in un torneo come il campionato italiano si giocano otto partite In due giorni…

Giornalisti tennisti: ok il campionato a Riccione

(Vedete un po’ se oltre a Cazzaniga conoscete qualche altro giornalista?)

La Gazzetta di Bari

Sono in corso sui campi del T.C. Riccione i campionati italiani Agit (associazione giornalisti italiani tennisti). L’edizione 2007, “Trofeo Peugeot”, ha fatto registrare un successo di partecipanti in tutti i tabelloni. Nel singolare maschile libero l’uomo da battere è Gb Olivero (Gazzetta dello sport), che dovrà guardarsi dagli attacchi di Carlo Annovazzi e Alessandro Baschieri. La sorpresa è firmata Antonello Raimondo (La Gazzetta del Mezzogiorno) che ha battuto dopo tre ore di lotta Lorenzo Cazzaniga (classificato 4-2), la voce del tennis di Euro sport. Tra le donne favori del pronostico a Claudia Fusani (Repubblica) ma occhio a Daniela Cotto, Antonella Piperno e Eleonora Pellegrini di Vera. Incerte anche le gare per veterani Nell’over 45 il n° l è Giancarlo Trapanese: Cuk, Belelli e De Florio gli altri semifinalisti. Tra i «55» molto arduo battere un mostro sacro di regolarità come Marco Francalanci. Ci proveranno Filippo Grassia, il nuovo presidente dell’Agit, Nello Morandi e Mauro Porcù Mauro Mosconi e Paolo Occhi Pinti sono, invece, le «firme» del tabellone over 65. Adalberto Minazzi, infine, non dovrebbe faticare nell’aggiudicarsi l’ennesimo titolo, stavolta tra gli over 70. «Abbiamo grandi progetti, soprattutto grazie all’aiuto di Peugeot Italia e Dunlop», si è lasciato sfuggire un entusiasta Filippo Grassia nelle doppia veste di tennista e organizzatore.

“Un’altra coccinella, please….”

(Mara, a Wimbledon mi accontenterei anche del doppio misto)

Francesca Paoletti, la gazzetta dello sport del 20-06-07

Mara. e la coccinella. Dopo tanto rosso, prati verdi e immacolati. Salutato il Roland Garros «con le lacrime agli occhi», per Mara Santangelo è iniziata la campagna sul. l’erba inglese. Dopo una prestigiosa semifinale a Birmingham e la partecipazione a Eastbourne…Misterioso. Magico. Magico. Tre “m”, proprio come Mara. Nel mio cuore sarà per sempre “il torneo dei tornei”, Un sogno da. quando ho nove anni In passato non ho mai giocato benissimo, anche se potenzialmente ho le caratteristiche per farlo. Per fortuna ho ancora molti margini di miglioramento e stavolta andrò con un morale alle stelle e i colpi più importanti, servizio e volée, molto più incisivi..Oltre al singolare giocherà doppio e doppio misto? «Si il doppio ancora con l’australiana Alicia Molik, e il misto con lo svedese Aspelin. Le provo tutte… a Wimbledon mi “accontenterei” anche di un misto” «Con Alicia ho un accordo fino alla fine di W. poi vedremo. Con lei mi trovo bene, perché è sempre molto positiva, mentre io a volte divento una rompiscatole. Ma in futuro mi piacerebbe formare un buon doppio con un’altra italiana per le Olimpiadi di Pechino”Entrare nell’albo d’oro di uno Slam rende immortali una responsabilità. che le pesa? , «Per ora è solo un’immensa gioia. Arriveranno anche le responsabilità, certo, ma sono contenta di affrontare questo tipo di ostacoli. Ora credo di più in me stessa e anche intorno a tutto il nostro movimento, fin dalla vittoria di Fed Cup dello scorso dicembre, c’è più ottimismo. Tutto questo non, può che invogliarti a lavorare ancor più duramente e inseguire altri risultati importanti». Che gli amici continuano ad aggiornare nella bacheca del Villa Aurellia..«Ogni match, piccolo o grande che sia, viene seguito con attenzione. La scuola Sat ha festeggiato la vittoria di Parigi con urla per tutto il circolo. Li mi sento a casa.. E la storia della coccinella? «A Parigi la mia compagna di doppio ha visto poggiarsi su di me per tre volte, alla vigilia delle ultime tre partite, una coccinella. Lei da oggi mi chiama “lady bird”. E se tanto mi dà tanto… coccinelle venite pure a me, e venite anche quando gioco in singolo”

I giorni di Ascot e Wimbledon

(In una settimana si susseguono tre appuntamenti che hanno fatto la storia dello sport)

Giorgio Cimbrico, il secolo XIX del 19-06-07

Tutto cambia e le radici tengono: una settimana - da domani a lunedì - per tornare a esplorarle, saggiare la loro saldezza. Royal Ascot, Coppa America. Wimbledon: la storia dello sport o lo sport che ha fatto storia, diventato spettacolo e affare, senza perdere il fascino, seducente. Lo sport degli inglesi padri fondatori non ha le origini religiose e rituali delle competizioni greche, della lotta che copre quell’enormità che è l’Asia, dall’ Anatolia all’arcipelago giapponese. E già il nostro sport, con le sue leggi, gli spettatori, gli sponsor, l’esigenza da parte dell’aristocrazia prima, della classe dirigente poi di creare un momento di svago, una fiera della vanità, un costume, un modo di intendere la vita e i suoi angoli più piacevoli. Pescare nelle origini significa ritrovare la regina Anna impegnata in una gita al piccolo galoppo: quel pratone a ovest di Londra era di suo gradimento. Non le rimase che inviare il ciambellano per scoprire il prezzo: 558 sterline dell’inizio del XVIII secolo non erano un’inezia ma la cifra fu stanziata in pochi giorni e l’11 agosto 1711 la corte ebbe le sue prime corse, con sette cavalli. Da domani Ascot offre i suoi quattro giorni di miti e di riti: gli uni e gli altri servono per raccogliere 230.000 spettatori….. Per l’occasione, verrà ricollocata dopo lifting, la statua che Frankie Dettori ebbe in sorte dopo la magia del 28 settembre 1996, sette corse, sette vittorie: al paese d’origine del fantino, l’omaggio avrebbe provocato gesti innominabili per chi va alle corse in lungo (Ladies) o si piazza in testa un cilindro color tortora (gentlemen)…..Nel 1851, pronunciò quando intravide la goletta America sbucar prima, davanti a una dispersa flotta di yacht britannici: «Chi finirà secondo?». «Qui non c’è secondo, Maestà», la ammonì con una certa durezza, stropicciando l’etichetta, un commodoro del Royal Yacht…”Qui non c’è secondo” è diventato il refrain, minaccioso e definitivo, sulla Coppa America del nostro tempo, quella che prende il via sabato con il primo scontro valenciano tra Alinghi svizzera e New Zealand: di britannico, per il momento, c’è solo quella piccola Union Jack nell’angolo alto sinistro della bandiera kiwi ma la sfida inglese – ormai varata e finanziata - di origine può garantire un dignitoso ritorno al passato. Di queste nobilissime e meravigliose anticaglie Wimbledon è la più recente o la meno antica, avendo visto la luce, negli anni Settanta del XIX secolo, al tempo della guerra contro gli Zulu, valorosi ma anche così organizzati da infliggere un terribile rovescio a quelli che combattevano in giubba rossa per uno scellino al giorno. The Championships, i Campionati (con il suo apparente basso profilo è il nome più snob che ci sia) partono lunedì per la 121a volta: passare i Doherty Gates è, come per Alice, doppiare uno specchio: al di là, fragole e panna, erba tagliata poco più di un pollice, uno stemma gentilizio con due racchette, e non due alabarde, incrociate, un commovente museo, un merchandising spietato, la parità finale dei premi tra signori e signore, il debutto di “occhio di falco” e un lungo futuro dietro le spalle. Silenzio, prego, si sta per cominciare

Da Ivan Lendl a Rafael Nadal i grandi scivolano sull’erba

(Riuscirà Nadal ad eguagliare Borg???? Roland Garros e Wimbledon la stessa stagione)

Andrea Facchinetti, E Polis del 18-06-07

Manca solo una settimana all’inizio di Wimbledon, il torneo di tennis più antico ed affascinante del mondo, e la domanda torna d’attualità. Riuscirà Rafael Nadal a scalfire il regno di Roger Federer, dominatore incontrastato dell’erba di Church Road da quattro stagioni? L’interrogativo si pone almeno dal 2005, da quando cioè il maiorchino di Manacor ha cominciato a dettare legge sulla terra e si è posto come unica alternativa credibile allo svizzero nella scalata alla classifica Atp dopo una prima, fugace, apparizione londinese datata 2003 (quando si qualificò a 17 anni al terzo turno, senza avere mai nemmeno calcato un campo in erba), Nadal saltò l’appuntamento del 2004, e nel 2005 (anno del suo primo trionfo parigino) non andò oltre il secondo turno. «Il suo tennis così arrotato e fisico non si adatta per nulla alle leggi dell’erba», sentenziarono i detrattori, ricordando che il tennis sul verde è praticamente un altro sport rispetto alle sbracciate e alle corse a cui ci ha abituato il campione spagnolo sulla amata terra. Ma a soli vent’anni, Rafael non poteva pensare di avere già definito il suo bagaglio tecnico, così si è messo umilmente a lavorare sul servizio e sul gioco a rete, col risultato di raggiungere la finale del 2006 e diventare una seria minaccia per sua Maestà Federer anche sulla superficie a lui meno congeniale. Diventerà lo spagnolo il primo giocatore dopo Bjorn Borg (e il decimo nella storia della racchetta) a mettere a segno l’accoppiata Roland Garros-Wimbledon nella stessa stagione? Oppure il titolo inglese rimarrà una dolce ossessione? Quest’anno Nadal si è messo da bravo studente all’opera sin dal torneo del Queens’ (dove è stato eliminato nei quarti), mentre Roger si è preso una settimana di riposo per dimenticare la delusione….. Il caso più eclatante è quello di Ivan Lendl, vincitore di otto titoli dello Slam ma mai sul trono inglese. L’ex ceco arrivò addirittura a saltare due edizioni del Roland Garros per preparare al meglio il torneo più ambito, ma non andò oltre due finali nel 1986 e 1987. E cosa dire di Mats Wilander, a segno in tre tornei del Grande Slam nel 1988, ma giunto solo ai quarti di finale in Inghilterra? In un passato più lontano citiamo i casi di Guillermo Vilas e Ken Rosewall, anch’essi vittime della sindrome di Wimbledon. Rafa potrebbe chiedere consigli a Pete Sampras, Boris Becker o Stefan Edberg, che hanno costruito sull’erba le loro fortune. Ma se la risposta più semplice fosse battere Federer? Del resto è la cosa che gli riesce meglio in questo periodo……

Nadal non si perde nel labirinto del tifo

(Real-Maiorca il cuore con chi sta?)

Corriere dello sport del 18-06-07

Strana e felice serata quella di Rafael Nadal, tre volte vincitore di fila del Roland Garros, numero. 2 nel mondo del tennis. Era a Madrid, sugli spalti del Bernabeu, a tifare per il suo. Real che giocava contro. il Maiorca, che è la squadra dell’isola dove lui è nato. Il Real Madrid era impegnato in un duello a distanza, per lo scudetto della Liga, con il Barcellona, che poi è stata la squadra in cui Miguel Angel Nadal (lo zio di Rafa) ha fatto per anni il capitano. Quello stesso zio che ha giocato anche con il Maiorca, la cui porta ieri era difesa da Moya (omonimo del tennista che è il miglior amico di Rafa). Insomma, un intricato labirinto in cui solo un ragazzo senza paura come Rafa è riuscito a infilarsi uscendone vincitore.

Filippo Volandri. Per il tennis ho perso un amore da Corrida

(Filo: la mia donna ideale non deve essere una tennista….fatevi avanti…tutte le altre. Il nostro numero uno messo al nudo, in tutti i sensi. Alle ammiratrici consiglio di acquistare la rivista ci sono delle foto da vero fustaccio)

Daniel Jarach, Diva e Donna del 15-06-07
Lo chiamano Filo, forse perché sulla terra battuta dà filo da torcere ai suoi avversari. Tra le sue vittime illustri ora può vantare anche Roger Federer, il numero 1 del tennis mondiale che ha sconfitto in due set, con il clamoroso punteggio di 6-2, 6-4, durante la partita valida per gli ottavi di finale degli Internazionali di Roma, disputati lo scorso maggio. Filo è Filippo Volandri, venticinque anni, livornese, occhi azzurri come il suo Tirreno e una zazzera sbarazzina di capelli biondi. È lui, già numero uno del tennis italiano dal 2003, il nuovo idolo della racchetta che sta facendo riscoprire al pubblico il fascino di questo sport per molti anni rimasto in letargo. Abbiamo incontrato Filippo Volandri nell’hotel Radisson di Parigi dopo la partita del secondo turno del prestigioso torneo di Francia Roland Garros (nel quale è poi giunto a di sputare gli ottavi di finale, ndr). È felice, allegro. ….Lei è stato fidanzato con Michela Coppa, spalla di Gerry Scotti alla Corrida. Un amore finito. «È una storia morta e sepolta. Ma è stato l’unico vero e grande amore della mia vita, per ora. È finita per mille motivi, tra cui il mio lavoro, che mi fa vivere gran parte dell’anno in giro per il mondo. Ora prima di fidanzarmi una altra volta voglio pensarci bene». Che cosa deve avere una donna per conquistare il numero uno del tennis italiano. «Innanzitutto non deve essere una tennista, le donne che fanno il mio sport sono troppo maschie. La mia lei ideale deve essere molto femminile, sensuale, una donna indipendente, libera da impegni, in modo da potermi seguire nei miei viaggi. E deve anche essere paziente, perché deve sapermi aspettare quando mi alleno. Se ne trovassi una così, metterei subito su famiglia: avere due figli è il mio sogno». Ha molte ammiratrici. «Non mi lamenro. Colgo l’occasione per invitarle tutte a venirmi a trovare sul mio sito (www.filippovolandri.it, ndr)»….. Quando ha battuto Federer, si è steso per terra alzando la racchetta al cielo. Un gesto che si ripeterà «Non credo. Di solito sono più composto, ma a Roma ho provato una gioia immensa e non sono riuscito a controllarmi. Ho anche fatto un giro trionfale per “dare il cinque” a tutti gli spettatori che sedevano a bordo campo e festeggiare con tutti, cose che si fanno una sola volta nella vita!». Qual è il complimento che ha apprezzato di più. «La frase di uno spettatore che mi ha raggiunto prima che entrassi negli spogliatoi, Mi ha detto: “Grazie Filo per averci fatto rivivere le emozioni del grande tennis e per averci portato a riscoprire la passione per questo sport. Mi sono commosso»….«Be: se pensiamo che l’ultima semifinale al Foro Italico l’aveva giocata Panatta 29 anni fa, qualcosa in comune l’abbiamo… Magari riuscissi a bissare la sua carriera, Adriano è stato il n. 4 del mondo!». A quale campione di tennis si ispira? «Da ragazzo il mio idolo era il campione svedese Stefan Edberg, vincitore di sei prove del Grande Slam, tuttora ricordato come il più grande interprete dello stile “serve & volley” (con continue discese sottorete, ndr). Lo amavo perché era soprattutto un grande signore dello sport, così come nel calcio il mio preferito è Paolo Maldini. Crescendo, maturando, il mio stile assomiglia di più a quello di Albert Costa, il grande tennista spagnolo che ha gareggiato sino all’anno scorso. Sono più spagnolo che svedese, dunque. E come Costa, che ha vinto due volte il Roland Garros, sono un giocatore da terra battuta». Ciò significa che quando gioca sul prato rende di meno e «Sì, ho un po’ l’allergia all’erba!». Lei è destro. Un vantaggio o uno svantaggio? «Uno svantaggio. Se si è mancini si può mettere maggiormente in difficoltà l’avversario, costringerlo a un gioco nuovo, considerando che gli schemi sono disegnati per giocatori destri». Il suo colpo vincente è il rovescio, mentre dicono che nel servizio sia un po’ debole. «È vero, sono il primo ad ammetterlo. Se il rovescio è la mia arma vincente, non posso dire altrettanto del mio servizio, che comunque è migliorato molto rispetto a due o tre anni fa. Gli “ace” (servizio vincente imprendibile per l’avversario, ndr), in altre parole, li faccio anch’io, ma preferisco lanciare delle palle arrotate che mettano in difficoltà l’avversario per poi chiudere con un dritto e un rovescio, piuttosto che fare un punto secco col servizio. A me piace il tennis-spettacolo, amo combattere e lottare su ogni pallina»….

Da Lugano all’Avvenire. Esplode la voglia di tornei

(Al torneo da 25 mila dollari di Milano due amatori entrano nel tabellone principale)

Luigi Bolognini, la repubblica cronaca di Milano, del 15-06-07

Partito da anni verso il Dubai il torneo Atp, Milano ha fame di grande tennis. Una fame che ora può soddisfare fino alla sazietà: per una serie di coincidenze astrali in questi giorni la città torna a essere crocevia delle racchette di tutto il mondo, con una marcata predilezione per i giovani. La città e i suoi dintorni, di cui in sostanza fa parte anche Lugano, che è estero ma è raggiungibile con meno di un’ora di auto. Ed è proprio qui che fino a domenica sta andando in scena al TC Lido il torneo il Challenger (www.challengerlugano.ch). Challenger, cioè torneo minore rispetto a quelli Atp propriamente detti, ma minore fino a un certo punto: 100mila dollari, un giocatore tra i primi 50 del mondo l’italiano Potito Starace, 49), un premio come miglior challenger del mondo per organizzazione e qualità, una posizione invidiabile, affacciata sul lago di Lugano. Tutti atout che stanno garantendo il successo di spettatori. E non solo svizzeri -dice il direttore del torneo, Lorenzo Cazzaniga - anzi, parecchi vengono da Como, Varese e Milano. Merito della nostra formula, che al tennis accosta momenti di mondanità: incontri con vip dello spettacolo, show di musica e cabaret, abbiamo avuto Gino Paoli e Raul Cremona, aperitivi e cene di gran qualità. Insomma, la possibilità di passare una serata diversa dal solito e in più di guardarsi del grande tennis». A questo pensano, oltre a Starace, anche un manipolo di giovani di talento che sperano di mettersi in bella luce. Ma quanto ai giovani, Milano è imbattibile. Da pochi giorni è terminato il Bonfiglio, considerato il quinto Slam dei tornei giovanili (vinto oltretutto da un italiano, Matteo Trevisan), mentre è in corso al Tc Ambrosiano di via Feltre 33 il torneo dell’Avvenire (www.torneoavvenire.it), il più importante del mondo per under 16. Una perfetta occasione per vedere in azione i campioni del futuro prossimo, come dimostra l’albo d’oro: in 43 anni si sono affermati ragazzini come Barazzutti, Borg, Lendl, Edberg, lvanisevic, e fanciulle come Martinez, Capriati, Hingis…. Oggi e domani gli incontri decisivi. Le semifinali maschili vedono il numero ….Infine, ma davvero non ultimo, il solo appuntamento Atp rimasto a Milano, il Challenger dell’Harbour Club di via Cascina Bellaria (www.atpmilano.com). La seconda edizione ha 25mila dollari di montepremi, si inizia domani con le qualificazioni e si prosegue fino al 24. In campo 32 tennisti tra cui alcune giovani promesse, tipo l’ucraino Oleksandr Dolgopolov, considerato un futuro giocatore tra i primi20 del mondo, «ma attenzione anche al francese Jeremy Chardy, al serbo Viktor Troicki, e all’argentino Carlos Berlocq, numero 94 Atp», dice il direttore del torneo Massimo Policastro. Tra gli italiani, Leonardo Azzaro e Alessio Di Mauro. Più Paolo Agnelli e Paolo Bertucci: sono i due amatori che hanno vinto il torneo riservato a loro, che metteva in palio un posto nel tabellone principale, un esperimento che ha avuto successo ed è stato replicato…..

La prima volta di Qureshi pakistano che vola sull’erba

(Quando il numero 304 del mondo si toglie la soddisfazione di battere un quasi top ten)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 13-06-07

L’altro, Richard Gasquet, è la grande promessa del tennis francese. E’ il numero 11 del mondo, ha vinto 4 tornei e compirà 21 anni solo lunedì prossimo. In carriera ha già guadagnato più di due milioni e 200.000 dollari. Lui, l’eroe per un giorno, si chiama Aisam-Ul-Haq Qureshi ed è pakistano. Ieri sull’erba di Halle ha battuto l’antipatico francesino ed ha così vinto il suo primo match in singolare nel circuito Atp. Qureshi è professionista dal 1998, gira per circuiti minori. Futures, al massimo Challenger, tornei in cui ha guadagnato da un minimo di 300 a un massimo di 1950 dollari. Nel 2002 ha vissuto la settimana più importante della sua carriera. Quella in cui ha messo assieme 11.118$ (da dividere in due) in uno Slam prestigioso come Wimbledon, giocando in doppio con l’israeliano Amir Hadado Una bella somma per uno che in quella stagione aveva raggiunto il top con i 450 dollari dell’assegno per la finale nel Future di Fergana (Uzbekistan). Un fatto che un musulmano ed un ebreo giocassero assieme scatenò l’attenzione del mondo intero. Anche della Federtennis pakistana, che per voce del suo presidente (il generale Syed Dilawar Abbas) gli intimò di non continuare: «Il Pakistan non ha relazioni diplomatiche con Israele. Qureshi potrebbe essere sospeso». Lui non si spaventò: “Un ebreo e un musulmano che giocano insieme non è la fine del mondo. Siamo tutti essere umani. Abbiamo lo stesso sangue, la stesa pelle”… Ora, sull’erba di Halle ha centrato un’altra impresa sportiva. Qureshi, che è alto 1.84 per un peso forma di 78 chili, buon servizio e discreto giocatore a rete, viene dalle qualificazioni. E sì, perchè è 304 del mondo, sua miglior classifica di sempre. Viene da una nazione che non ha storia tennistica alle spalle. Lui ha cominciato perchè la mamma era una campionessa nazionale, mentre il nonno era un ottimo giocatore indiano. Sono solo due i pakistani tra i primi 1000 dell’Atp. Oltre al nostro eroe, c’è anche Ageel Khan, 546 in singolare e 845 in doppio. Inutile cercare tra le donne, la classifica delle prime 1000 della Wta non ne vede neppure una. Nato il 17 marzo 1980 a La hore, la Città dei Giardini, Aisam-Ul-Haaq Qureshi ha un buon passato da junior dove è stato 11 del mondo. Da professionista ha due episodi da ricordare: Wimbledon e il successo su Paradorn Srichapan, nel corso di Pakistan Thailandia di Coppa Davis.

Tra Federer e Nadal un dualismo noioso che rovina il tennis

(Ha più possibilità Rafà di fare il Grande Slam che Roger)

Massimo Rossi, libero del 13-06-07
Questo dualismo troppo ribadito comincia ad annoiare. Archiviamo la vittoria di Nadal a Parigi con quel senso di fastidio che viene dalle cose che non cambiano mai.
Amburgo aveva fatto sperare in Federer e nel buon fine del suo inseguimento al grande slam; il Roland Garros ha rimesso le cose a posto. Paradossalmente penso che a questo punto sia più facile confezionare i quattro slam di fila nello stesso anno sia in futuro lo spagnolo, che non lo svizzero. Roger non mostra infatti nessuna voglia di migliorare sulla terra, quasi mosso dalla speranza che Parigi, prima o poi, gli si offra per buona sorte per una congiuntura favorevole dello stato di forma suo e di Rafael. Ma sbaglia, perché lo spagnolo non mollerebbe Parigi neanche con 40 di febbre e sotto di due set a zero. Troppo forte di testa, Nadal, prima ancora che di muscoli. Il dopo Parigi, con Rafael subito al Quenn ad assaggiare l’erba e con Roger invece in ritiro spirituale da qualche parte dopo aver dato buca ad Halle, dimostra chi è il vero numero uno aldilà del talento. Forse è ancora presto ma Nadal prima o poi c’è la farà a batterlo sull’erba, per non parlare del cemento, dove ha già vinto e non una volta sola. Federer continua a essere il numero uno in classifica e con buon margine; ma basterebbero due altri cattivi risultati a Wimbledon e in America per fargli imboccare una brutta china. Ancor più paradossalmente mi è venuto da pensare a cosa sarebbe il tennis di oggi senza quei due: potrebbe essere meglio. Una lotta sempre incerta fra gente del livello di Roddick, Davydenko, Gonzalez, Djokovich, Ljubicic, Blake, Murray, Berdych e Gasquet. Oggi vince uno, domani vince un altro. Pazienza teniamoci questi due noiosi fenomeni, che rischiano veramente di mettere un marchio esclusivo su un periodo lunghissimo del tennis di vertice. ….

Nadal. Tris da leggenda. Federer s’inchina ancora

(Re Feder, anche quest’anno è costretto rinviare l’appuntamento con il grande slam)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 11-06-07

Forza batte talento 3-1. Per il secondo anno di fila la forza fisica e mentale di Rafael Nadal piegano in quattro set il talento tennistico di Roger Federer nella finale del Roland Grarros. E cosi il formidabile mancino di Maiorca. ad appena 21 anni, festeggia il tris consecutivo a Parigi - in 3 partecipazioni!-, sulle tracce dello storico poker di Bjorg Borg dell’81. Mentre Roger Express ridiventa la brutta copia dei tornei veloci, perde le armi migliori (servizio e dritto) e ingoia un’altra bocciatura - anche tattica e di personalità - sulla superficie meno amata e nella corsa al Grande Slam. Che fallisce già alla seconda tappa, Come l’anno scorso……ILLUSIONE In realtà Federer, dopo due set di un’ora e tre quarti, è già un altro, meno lucido, brillante e fiducioso di prima, mentre Nadal smanaccia il campo di potenza come dal via, sicuro, sereno e convinto. E, con un break per set si porta a casa senza problemi il 6-3 6-4 decisivo, dopo 3 ore e l0 minuti, condite da troppe palle-break non concretizzate (l su 17, contro 4 su 10) e da troppi errori (59 contro 27) di Federer. Frutto dell’ennesimo tentativo di prendere. in mano lo scambio, che gli costa però sempre un prezzo troppo alto, come dispendio fisico e errori per arrampicarsi sulle traiettorie di Rafa. Con la conseguenza di perdere tutti i punti di riferimento contro un avversario già anomalo, come il mancino dal gran dritto, super difensore che rinvia sempre una palla di più, e mai banale. In più, Nadal non delude più con rovescio e servizio. “L’unico avversario contro il quale vado in campo con un piano, dice Roger”. Appuntamento il 25 giugno a Wimbledon

Rafa, quei tic irrinunciabili

(Il campionissimo spagnolo proprio non ci riesce a non sistemarsi le mutandine prima di ricevere)

Il corriere dello sport del 11-06-07

PARIGI - Questa è la storia di un ragazzo che in campo si fa accompagnare dalle sue manie. Rafa Nadal è un fenomeno del tennis. Ma è difficile non notare anche altre cose in lui. PANTALONI - Come si aggiusta i pantaloni da pirata ad esempio. Con la mano destra li tira indietro all’altezza del sedere, nel match di ieri l’ha fatto tra le 80 e le 90 volte soltanto nel primo set. Lui, scherzando, ha detto che è solo colpa di un sedere troppo grosso. CALZETTONI - Ma se è per questo dovrebbe avere anche dei piedi enormi, dal momento che la regolazione dei calzettoni richiede invariabilmente dai 3 ai 5 secondi per ogni turno di servizio. SUDORE - E che dire dell’uso dell’asciugamano? Una sudorazione eccessiva, problemi di umidità o semplice mania? Durante il primo set della finale ha chiesto ai raccattapalle l’asciugamano dalla 50 alle 60 volte. Neppure Fantozzi sudava così davanti al mega capo generale. ACQUA - E le bottigliette d’acqua? Ne porta sempre due. Le mette davanti alla sua sedia. Ad ogni. cambio le regola. Una avanti, l’altra cinque centimetri dietro in una perfetta diagonale rivolta verso il campo dove poi lui andrà a giocare. Dice che non ne è una fissazione e che non è certo la posizione delle bottigliette a farlo vincere o perdere. Ci mancherebbe, ma la cura con cui si adopera nel rito farebbe pensare al contrario. PRE-GARA - Infine i salti e lo scatto. Prima di entrare nello stadio, nel tunnel che porta al campo, salta fino a sfiorare con la testa il tetto di qualsiasi impianto si trovi. E lo scatto da sprinter puro che fa dopo il sorteggio non sarà utile a lui, ma incute timore in chi va ad affrontarlo. Vero, Cipolla?

Spietata Henin, un altro trionfo

(Dall’inferno andata e ritorno)

Gianni Clerici, la repubblica del 10-06-07

PARIGi -:Nell’assistere agli ultimi palleggi, meglio ai finali rantoli, di Ana Ivanovic ero attraversato da un dubbio. Poteva mai il Divino Marquese, De Sade, dico, aver confuso la Justine delle sventure della virtù con la Juliette di La Felicità del Vizio? E, se cosi non fosse stato, non c’è modo di rimediare? In fondo, una telefonata al primo girone dell’Inferno, quello dei violenti, avrebbe forse consentito di interpellarlo, ed, ottenere lo scambio di Justine con Juliette, e viceversa. Per meglio capirci, il match di oggi è parso una modesta rivisitazione televisiva dei canovacci del Marchese. Una telenovela in cui la piccolissima, stortignaccola, diciamolo pure brutta, e per di più abbandonata, Justine, ha ottenuto completa vendetta nei riguardi di una ragazzona giunonica, dal profilo dolcissimo, dalle labbra morbide, le ambone lunghe e setose, i glutei impeccabili, insomma un vero, fiore della gioventù slava…..Ana, per contro, aveva estrema necessità di rimotivarsi: conquistare la finale, informava chi le è vicino, rappresentava il massimo traguardo all’inizio del torneo. Tanto da confessare che il suo maggior desiderio, se non proprio la vittoria, era di far meglio della,sua concittadina e storica avversaria: Jelena Jankovic. Alla quale la irresistibile Justine aveva lasciato in tutto, ieri l’altro, quattro giochi. Eppure, in quella specie di riscaldamento che rappresentano i primi games, Ana non era parsa rassegnata al ruolo di sparring partner. La sua scelta tattica di lasciare a Justine la battuta l’aveva felicemente issata ad un break d’avvio, seguita da un tondo promettentissimo quaranta a zero. Ma giunta a questo punto, un dettaglio aveva concorso a rendermi e soprattutto a renderla incerta, nervosa. Proprio lei che possiede un indubbio senso del ritmo non faceva che riprendere la pallina lanciata in aria e, anche riprovando, ribattendola più e più volte davanti a sé, non sembrava trovare la giusta misura. Proprio questa inattesa incertezza sembrava precipitarla in un disagio psicologico sproporzionato alla causa, in modo che non solo Justine evitava il break, ma passava a condurre e, alla primissima occasione, le strappava la battuta. Quella vicenda, che avrebbe potuto rappresentare un passaggio sfortunato, si enfiava a palla di neve, trascinando nella successiva valanga la sventurata ragazzona….

Justine IV, la regina di Parigi ha vinto due volte

(il segreto della campionessa svizzera è da trovare nelle “nuova famiglia”

Roberto Perrone, il corriere della sera del 10-06-07

PARIGI - La piccola dolente di Rochefort, che bada bene di non calpestare mai le righe tra un colpo e l’altro, si infligge un breve percorso di autoflagellazione. Insomma, visto che la sua vita è tutto un cadere e risalire, anche contro la bella cerbiatta Ana Ivanovic, Justine Henin per un gioco e mezzo subisce. Perde il suo servizio d’apertura e lascia un 40-0 alla giovane serba cresciuta nel mito di Monica Seles. Ma qui, di eredi di Monica ce n’è una sola e batte bandiera belga; Pagato dazio al senso di rinascita che è la via verso la conquista del suo quarto Roland Garros, Justine Henin, 25 anni, domina in fretta la finale 2007. Ancora una volta è una nuova Justine, come quando venne qui a dieci anni con sua madre Françoise e le promise che tutto questo sarebbe stato suo. Justine Henin non è bella, non è alta, rappresenta la risposta a muscoli e fibre di carbonio. Il suo è un tennis di intelligenza e sentimento. A 12 anni quando mori sua madre si affidò a Carlos Rodriguez, un coach che le ha fatto da padre, da fratello e da sorella, insomma da famiglia, negli anni in cui Justine aveva cancellato la sua. Carlos le scrive dei foglietti che Justine legge in campo, tra un cambio e l’altro. “Ci sono consigli, motti, ma in generale c’è un unico concetto: le dico che non l’abbandono mai. Come si cambia. Un anno fa in tribuna accanto a Carlos c’era Pierre-Yves Hardenne, marito da quattro anni di Justine. Adesso ci sono i suoi due fratelli, Thomas e David e sua sorella Sarah, ci sono bambini, quelli di Carlos, quelli dei fratelli, poi Tino e Tiffany due ragazzini della sua Fondazione. Insomma c’è la sua famiglia, quella che aveva perso e che ora ha ritrovato, dopo il divorzio da Pierre-Yves a inizio anno, dopo aver saltato gli Open d’Australia «per motivi personali», E nel family day di Justine, Ana sta ai margini vagamente consapevole di essere solo un comprimano. Ricompare sul palco mentre osserva Justine che si coccola, come il figlio che ancora non ha, la Coppa che ha conquistato per la quarta volta, la terza di seguito, eguagliando Monica Seles…. Non c’è nessuno che non sia con lei anche quando riceve in dono un quadro, e soprattutto le spiegazioni del medesimo, dalla pittrice Martina Navratilova. Non si smette mai di soffrire.


Ivanovic, che bella la Serbia

(cosa c’è dietro l’avanzata del tennis serbo?)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 08-06-07

PARIGI - Tutto è accaduto per caso. Non ci sono strategie dietro il fenomeno del tennis serbo. Ieri la sensuale Ana lvanovic ha distrutto la dama di ghiaccio, quella Maria Sharapova a cui il pugnetto chiuso è rimasto nella tasca. Oggi ci prova Novak Djorkovic, anche se il suo è un cliente scomodo. Rafa Nadal. E Jelena Jankovic è appena uscita dal Roland Garros, distrutta in semifinale dalla grande favorita Justine Henin. La Serbia dunque. Una nazione travolta per un decennio dalla tragedia della guerra, dai bombardamenti che hanno lasciato morte e terrore. Il tennis non era certo nei pensieri della gente, come del resto non lo era stato in passato. Fino agli anni Ottanta il miglior serbo di sempre era stato Nikolas Spear, classificato 78 nel 1977. Poi era arrivato Bobo Zivojinovic, che aveva regalato un attimo di popolarità arrivando al numero l del doppio, al 19 nel singolare. Erano Croazia e Slovenia a creare tennisti. La Serbia era terra di giocatori di pallanuoto, pallavolo, calcio e pallacanestro. Non c’è un momento in cui le cose sono girate, non c’è una data a cui agganciare l’exploit del tennis serbo. Nessuno aiuto da parte della Federazione, niente che potesse dare una mano all’interno del Paese….I tre fenomeni di oggi sono nati all’estero. Djokovic aveva 12 anni quando è andato da Niki Pilic in Gennania, ne aveva qualcuno in più quando è stato con Riccardo Piatti in Italia. Jelena Jankovic è dovuta emigrare a Bradenton in Florida, da Bollettieri. Ana Ivanovic vive a Basilea, i suoi sono in Australia e lei si allena, spesso a Barcellona. I soldi poi, sono arrivati tutti da sponsor stranieri, gente che ha creduto nel talento di questi ragazzi….PIN UP. Ana Ivanovic, la bella 19enne che ha anche posato nuda su una rivista (il titolo in copertina recitava “Teniska Lolita”), è una ragazza che si muove veloce in campo, che parla a raffica fuori. Ha colpi robusti, frutto di una muscolatura che nell’ultimo anno si è sviluppata in modo stupefacente. Ha aggiunto qualche chilo al suo corpo da modella, ha il irrobustito la mascella ed ha trovato la strada vincente. Dagli allenamenti nella vecchia piscina che sostituiva in inverno il campo da tennis, quella piscina sul cui fondo veniva messa una sorta di moquette e provocava non poche abrasioni ai volenterosi tennisti le pareti erano troppo vicine alle linee del campo, gli impatti erano frequenti, da quei giorni alla finale del Roland Garros il salto è enorme. Ha rubato il ritmo alla Sharapova, ha tolto alla russa la possibilità di comandare il gioco. L’ha aggredita dal primo game, l’ha fatta correre. E questo a Maria non piace, soprattutto sulla terra. Palle profonde per impedire all’altra di prendere in mano il gioco, pochi errori, un unico rilassamento (quando è andata a servire per il primo set). Poi, dominio assoluto. Sale in fretta la Ivanovic, prima di Parigi era settima, se vince il torneo diventa 4. Ma contro Justine Henin, temiamo ci sia poco da fare

E Tiriac, racchetta d’oro, servì lo smash a Profumo

(La nuova vita da ricco del “gigante” Ion)

Franco Canevesio, finanza e mercati del 08-06-07

Se i rovesci del meteo e quelli della vita in genere preoccupano, quelli del tennis, se bene indirizzati, possono dare belle soddisfazioni. Ne sa qualcosa Ion Tiriac, rumeno di Brasov classe 1939, campione del tennis anni 60-70, compagno di doppio dell’altro rumeno entrato nel mito per classe e follia, Ilie Nastase. Tiriac, un cristone di un metro e novanta con grandi baffi ormai incanutiti ma pur sempre minacciosamente spioventi da zingaro, è uno con lo sport nel sangue: nel 1964 era alle Olimpiadi invernali di Innsbruck come giocatore della nazionale rumena. Pochi anni dopo, nel 1970, cambia attrezzo e con la racchetta da tennis in mano vince il doppio (in coppia con Nastase) al Roland Garros e, sempre nel ‘70 arriva in finale in Coppa Davis. È che nel sangue di Tiriac non è mai corsa solo voglia di sport ma anche di soldi: per questo, appesa la racchetta al chiodo, a metà anni ‘70, ha fatto fruttare oltre ogni limite il suo talento e, soprattutto, il suo conto in banca. Con uno smash vincente sul pallonetto che gli è stato offerto, come capitava sul servizio-dinamite di Nastase, dal crollo del muro di Berlino, e del comunismo nella versione da satrapo di Nicolae Ceaucescu. Ma lo stage nel business era gia cominciato, grazie alla collaborazione con la Img del magnate americano Mark Hume Mc Cormack, multinazionale del marketing di brand sportivi e media, fondata nel 1960 e con uffici sparsi lungo i cinque continenti. Per conto di Img, Tiriac aveva seguito trofei e sponsorizzazioni di Guillermo Vilas, il mancino più forte del mondo nel 1977 quando vinse 17 tornei o di Boris Becker, il più giovane vincitore di Wimbledon e di altri 49 tornei internazionali. Un bell’allenamento, ma il colpo grosso coincide con il torneo di Bucarest post-comunista. E’ lì che il campione ha scommesso sul jackpot della vita: la Banca Tiriac, il primo istituto bancario privato del Paese dopo il ‘45, da cui finanziare assicurazioni, concessionarie d’auto, linee aeree e altre imprese. Banca Tiriac, che nel settembre 2006 si è integrata in Hvb Bank Romania, ora si è fusa con Unicredit Romania, filiale sul mar Nero di un banchiere, Alessandro Profumo, alto come lui, meno bravo di lui a tennis. Ma appassionato al punto da procurarsi uno strappo muscolare, anno 1998, vigilia di visita ufficiale a Varsavia per Banca Pekao, proprio sulla terra battuta. Chissà se Ion il Grande rivelerà ad Alessandro il Grande qualche segreto di fondo linea. O se Profumo darà più potenza alle battute dei cassieri di Bucarest che già si presentano con un ranking di tutto rispetto all’Internazionale degli sportelli: quarto posto in Romania con un totale attivo di 3,7 miliardi, oltre 600mila clienti e una rete di 132 sportelli. La coppia di doppio italo-tedesca gode i favori del pronostico…….. Come quella volta, nel 1972, ai quarti degli Internazionali di Francia, al centrale del Roland Garros: Nastase e Tiriac contro Bertolucci e Panatta. Nastase memore del fatto che Panatta era molto superstizioso tirò fuori dal suo borsone un gatto nero che si mise a correre sul campo. Tiriac non fece un plissè e vinse col compagno il match per 6-1/6-0: Panatta non parlò ai due rumeni per alcuni mesi e l’allora presidente della Federazione francese, Philippe Chatrier non li fece più giocare sul centrale. L’amicizia e la complicità con Ilie erano di quelle che sembravano a prova di bomba. In una recente intervista, Nastase, parlando di Tiriac ha detto: .Quando eravamo agli inizi, abbastanza poveri, dividevamo tutto. Adesso purtroppo Ion non è d’accordo a dividere con me quello che ha.. Una boutade che nasconde un fondo di (amara) verità: l’amicizia e la ‘ditta’ tra i due rumeni si spense un giorno del 1973 , forse per questioni di donne, forse per questioni di soldi. Da allora i due si parlano molto meno: uno (Tiriac) continua a fare soldi, l’altro (Nastase) continua soprattutto a spenderli. Oggi Ion ne ha talmente tanti, di soldi, che può permettersi il lusso di buttarsi in politica (è stato candidato alle elezioni rumene) e di gestire alcuni tra i più importanti tornei del mondo: in questo momento è alle prese con Madrid che, complice la star numero 2 del ranking mondiale Rafa Nadal, lui vorrebbe trasformare in una mecca della racchetta (come fece con la Germania ai tempi di Boris Becker). Poco importa se per fare questo si mette in rotta di collisione con tutto il mondo tennistico europeo che vedrebbe il calendario dei tornei stravolto a partire dal 2009, con Montecarlo e Amburgo in serio pericolo di sopravvivenza, Un attacco frontale che ha fatto dire a Zeljko Franulovic, ex giocatore e attuale direttore del torneo di Montecarlo (che pensa di ricorrere alla giustizia ordinaria)…

Santangelo, l’Italia vede doppio

(Per la prima volta un’italiana va in finale in doppio a Parigi, una vittoria vale ben 145 mila euro)

Piero Valesio, tuttosport del 07-06-07
PARIGI. Liezel Huber a Cara Black hanno qualcosa di buffo quando sono una di fianco all’altra. Liezel è volumetricamente notevole, Cara è minuta, dotata di movenze più nervose. Sono nate entrambe in Africa: Liezel è sudafricaua, Cara ha visto la luce ad Harare che è la capitale dello Zimbabwe. Liezel e Cara sono una formazione di doppio consolidata e temuta anche se il dritto di Cara spesso si perde nell’aere e il servizio di Lieze1 va al rallentatore. Forse pensano che la sorte guardi a loro con compiacenza quando, dopo aver perso nettamente il primo set contro Mara Santangelo e Alicia Molik, hanno appena vinto il secondo in modo un po’ casualmente. Invece è proprio in quel momento che, sulla terra del campo numero 1, la sorte medesima decide che deve verificarsi un evento storico: un’italiana deve avere accesso ad una finale del Roland Garros. Il che è esattamente ciò che succede: Mara Santangelo e la sua locale compagna di ventura. Alicia Molik, battono al terzo le due africane e domani scenderanno in campo sul Chatrier per contendere a Katarina Srebotnik e Ai Sugiyama il titolo di doppio del campionato del mondo sulla terra battuta. Mai un’italiana aveva raggiunto la finale del torneo parigino. né di singolare, né di doppio, né di misto. Lea Pericoli centrò una semifinale nella notte dei tempi. E negli altri torne nei dello Slam l’Italia può vantare una finale di Raffaella Reggi nel misto dello Us Open datato 1986 (in coppia con Sergio Casal vinsero battendo Martina Navratilova e Fleming) e una finale di Flavia Pennetta sempre a Flushing Meadows due anni fa in coppia con Elena Dementieva: fu battuta da Raymond-Stosur. Ma sulla terra, la superficie mediterranea per definizione. L’Italia in rosa non aveva mai cavato un ragno da un buco….Roberta Vmci e Tathiana Garbin che, al Foro si sono messe a giocare assieme quasi per caso e sono arrivate in finale.
Che farà Corrado Barazzutti? Già in luglio contro la Francia in Fed Cup come scioglierà tale abbozzo di problema di abbondanza? Nel frattempo accontentiamoci di assistere alla crescita di Mara; crescita della quale lei stessa rivela il segreto: “Da settembre scorso, quando abbiamo vinto a Charleroi, ad oggi sono migliorata soprattutto perché sto lavorando su me stessa. La stima che ho di me e il mio benessere non sono legati ai risultati che ottengo. Se vinco va bene, se perdo vado avanti lo stesso per la mia strada e con gli stessi. obiettivi grazie alla serenità che ho dentro voglio lasciare il segno anche in singolare. Bene: non è che l’inizio. Se perderà contro la Srebotnik e la Sugiyama pazienza: Mara non sarà meno Mara. Non è un passatempo. Le più determinate sono le cinesi: un tecnico australiano che le torchia e insegna loro le strategie di gioco: loro a Pechino vogliono vincere tutto, a quasi.. Qualora vinca la finale Mara incasserà 145.000 euro: se la perderà 72.000. Se vincerà sarà felice lei e saremo felici noi. Come a dire; un doppio godimento

Il mio colpo vincente è Martina

(Intervista a tu per tu con l’astro nascente Fabio Fognini: il calcio è il mio sport preferito. Lascio l’Italia perché non ho trovato un coach libero)

Patrizia De Tomasi, Chi del 07-06-07
Di Fabio Fognini gli esperti dicono che è la più brillante promessa del tennis italiano. Lui dice di esserne lusingato. Domanda. E’ una grossa responsabilità. Risposta. “Si ma anche molto stimolante, ti porta a dare il meglio di te”. D. quando hai deciso di diventare tennista? R. “ a 14 anni giovano a calcio e a tennis. Ho pensato che era arrivato il momento di scegliere. E ho scelto il tennis, anche se il calcio è il mio sport preferito” D. Perché? R. «Come ho fatto a scegliere il tennis? Semplice: in campo ci sei solo tu. Sei tu responsabile delle tue vittorie e delle tue sconfitte. E questo mi piaceva». D. Si allena molto R. “Il giusto. A breve mi trasferirò a Barcellona per allenarmi lì. In Italia i coach sono tutti occupati”. D. Le pesa lasciare l’Italia? R. «Questo è uno sport che ti obbliga a lasciare l’Italia continuamente. Te ne devi fare una ragione fin da subito».D. Cosa fa quando non gioca? R. “Sono un pantofolaio. Sto a casa, con gli amici”. D. E quando partecipa ai tornei all’estero? R. “Non vado in giro per discoteche, questo è certo. La sera prima delle partite mi limito a mangiare una quantità maggiore di carboidrati rispetto alla norma. ma solo perché in questo modo, il giorno dopo, ho più energia. E vado a letto presto”. D. Quali sono i suoi obiettivi nell’immediato? R. “Voglio partecipare a una serie di tornei, in modo da essere incluso nel cartellone degli Us Open, a New York, a fine agosto. Mi piace il cemento americano”. D. Sulla terra rossa di Parigi, invece, le scorse settimane, ha giocato benissimo le qualificazioni. Stava per portare a casa il match con l’argentino Juan Monaco, ma ha perso al quinto set. Che cos’è successo? R .Era la prima volta che giocavo i 5 set. E poi Roland Garros è il torneo che prediligo. Forse l’emozione mi ha giocato un brutto scherzo” D. Parliamo di ragazze. R. «A dire il vero. sono fidanzato D il discorso si complica. R. «Sono fidanzato e felice di esserlo. Lei si chiama Martina ed è una bravissima ragazza…

3 Commenti a “RASSEGNA STAMPA: I più interessanti articoli che trattano di tennis apparsi sui giornali italiani da giugno 06”

  1. manu scrive:

    vorrei sapere quanto costa un biglietto in tribuna per i quarti di finale e Wimbledon 2008 ..e dove posso acquistarli
    qualcuno mi puo’ rispondere grazie mille un grande saluto Manu

  2. angelica scrive:

    per quei biglietti devi partecipare alla ‘lotteria’ ed essere cosi’ fortunato da essere sorteggiato.

    questo e’ il al sito di wimbledon, link con tutte le informazioni
    http://www.wimbledon.org/en_GB/about/tickets/index.html

  3. romano scrive:

    vorrei fare una domanda. avendo perso dei soldi su questi incontri truccati. si puo fare una denuncia. a questi tennisti malscalzoni.che oltre che prendono tanti soldi fanno queste cose brutte non dovrebbero piu farli giocare a tennis. qualcuno mi puo rispondere grazie

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