Rassegna Stampa di novembre: finale-Davis con il fantasma di Safin (la stampa). Coach Castellani avvicina il tennis alla danza (libero).

Author mug

Rubrica a cura di DANIELE FLAVI

Davis, la finale fredda tra i due vecchi giganti

(L’ultimo atto del campionato del mondo a squadre visto come una “faida gelida” con il mistero del fantasma di Safin)

Stefano Semeraro, la stampa del 29-11-07

Se lo sport è, come è apparso nell’ultimo secolo perla gioia di Von Clausewitz, la continuazione della guerra con altri mezzi, allora la finale di Davis che inizia domani a Portland tra Usa e Russia sarà una faida gelida. Come le tante combattute dalle due super potenze anche sui campi da gioco e nei palazzi di tutto il mondo. Ricordate? il famoso canestro di Alexander Belov e il giallo del cronometro violato, nella finale delle Olimpiadi di Monaco 1972. O l’epocale sfida fra Bobby Fischer e Boris Spasskji nei campionati del mondo di scacchi in Islanda stesso anno. E poi Borzov contro gli sprinter neri, Fosbury contro Brumel nell’alto, la vittoria dei ragazzini di Mike Eruzione contro l’armata rossa .nell’hockey ghiaccio ai Giochi invernali dell’80. Popov contro Biondi nel nuoto, inizio anni 90. Dopo la caduta del muro l’astio si era come intiepidito. La Russia aveva perso atleti e risorse……Il n° 5 Usa Roddick è li che smania “È da quando avevo 9 anni che sognò la Davis” e mostra i muscoli insieme a James Blake ed ai gemelloni Bryan, doppisti. Nell’altro angolo Davydenko, super sospettato del caso scommesse, se la ride: (“Non voglio che traduciate le mie risposte, rischio di essere incriminato”) a fianco. di Youzhny, Andreev e Tursunov, russo californiano. Gli americani sentono di dover Vincere a tutti i costi la prima finale che afferrano in 12 anni. L’ultima delle loro 31record, la vinsero nell’95, proprio. a Mosca con Sampras eroico. Ma l’anno scorso, in semifinale si sono inchinati a Safin & soci. I russi sono il solito enigma avvolto in un mistero: «Non siamo favoriti, ma sappiamo come battervi». Fino a ieri è stato anche un gioco da spioni. Gli americani erano preoccupati che l’impenetrabile faccione di Shamil Tarpishev, l’astutissimo capitano dei russi, ex maestro di Eltsin; che l’anno scorso rischiò di perdersi la finale di Fed Cup negli States per, una questione di visti negati (qualcuno sospetta abbia rapporti con la mafia), nascondesse l’ennesimo colpo di genio. «Se dicono che Safin neppure verrà, come mai compare il suo nome nella lista dell’Hotel?», si chiedevano perplessi. “Viene il dubbio che il presunto e poi smentito, avvelenamento di Haas nella semifinale di settembre tra Russia e Germania se lo siano inventati quelli della Cia. “Voi occidentali guardate troppi film, taglia corto Tarpishev”. Da domani si combatte. Pardon, si gioca.

Con le finali di Serie A si chiude la stagione ma non c’è Volandri…

(La comunicazione la snobbano, ma i valori tecnici ci sono. L’esibizione di Castellani che ha avvicinato il tennis alla danza)

Massimo Rossi, libero del 29-11-07

Per il tennis mondiale è periodo di vacanze - brevi - e soprattutto di preparazione alla prossima stagione. I giocatori, dopo una o due settimane al massimo di Maldive o di analoghi paradisi si dedicano a riprendere con calma gli allenamenti che li porteranno in forma al primo slam della stagione, a gennaio in Australia. In Italia l’ultimo appuntamento è quello del prossimo fine settimana a Torino per le finali della Serie A un campionato che fatica a farsi largo sul piano della comunicazione ma che sul piano tecnico offre invece grande spettacolo. Peccato che l’edizione di quest’anno sia orfana di un protagonista come Filippo Volandri, vittima di regole federali a dir poco assurde che di fatto limitano, non so quanto legittimamente, la libera circolazione degli atleti professionisti pur nel caso di un mancato accordo economico con il club di appartenenza. Peccato non più di tanto pero, perché Filippo, che è campione anche di generosità, ne ha approfittato per prestare la sua immagine a una bella giornata di beneficenza in favore dei bambini meno fortunati, organizzata dalla Fondazione Laureus domenica scorsa al Centro Saini di Milano, insieme a Edwin Moses. Un bel modo di riempire uno spazio lasciato vuoto dalla Serie A. A Torino la squadra del Tennis Capri, fortemente voluta e supportata dal presidente mecenate Roberto Russo, difenderà un titolo importante, che meriterebbe maggior attenzione da parte dei media ma soprattutto da parte della Federazione, da sempre piuttosto freddina nei confronti di questa manifestazione. Domenica a Milano si è chiuso il nono simposio della Pro Patria, un appuntamento ogni anno più interessante e destinato a un folto pubblico di tecnici, motivati ad accrescere le loro competenze attraverso le relazioni di esperti a livello mondiale. Apprezzatissima l’originale performance del coach Alberto Castellani, che ha presentato allenamenti sul campo accompagnati dalla voce della divina Maria Callas, alternandoli con la straordinaria esibizione della coppia campione italiana di flamenco. Impressionante come il gioco di gambe dei ballerini sia tale e quale quello di Federer e Nadal. Un bel messaggio a favore dell’importanza che bisogna attribuire alla cultura generale anche nello Sport, sul presupposto che è l’uomo ad accrescere l’atleta e non solo viceversa. Insomma, tante belle cose e tanti bei progetti per qualificare sempre di più il lavoro di coloro che sono deputati alla preparazione sul campo dei nostri atleti, dalla scuola di base sino ai vertici del professionismo.
Gli Usa senza fame rimpiango Agassi

(Nella settimana della finale di Coppa Davis, il guru Bollettieri spiega perché gli Stati uniti non hanno più il numero 1 del mondo. A Federer non serve un allenatore ma solo in motivatore)

Stefano Semeraro, la stampa del 26-11-07

Se c’è un uomo che ha cambiato il tennis nell’ultimo quarto di secolo, bè, questo è Nick Bollettieri. Ex paracadutista, pilota mancato di jet, straordinario seduttore, venditore, manipolatore di anime (“da giovane ero il tipo che coglieva i fiori dal giardino del vicino e poi bussava alla sua porta per rivenderglieli”), nel 1956 lasciò l’Università per mettersi a insegnare tennis. Nel 1981 inaugurò la sua Academy a Bradenton, fabbrica di talenti in cui sono nati o transitati nove n.1 del mondo, da Agassi a Courier, dalla Seles alla Sharapova, a Rios, E Becker, Martina Hingis, Venus e Serena Williams, più decine di altri campioni. Dal 1987 1′Academy è proprietà dell’Img, ma ancora oggi, a 76 anni, l’iperattivo, eternamente abbronzato e sorridente Nick, arrivato all’ottava moglie (Cyndi, una ex Miss Vermont di 33 anni più giovane di lui) continua ad alzarsi alle 4 e 30 di mattina per insegnare e predicare la sua filosofia: allenati più degli altri e credi in te stesso. Mr. Bollettieri, gli Usa tornano in finale di Coppa Davis dopo 12 anni, il tennis nel frattempo è diventato molto europeo. Come spiega, dopo l’era di Sampras, Courier e Agassi. il declino degli Stati Uniti? «Guardate al football, al baseball, al basket della Nba: gli sport americani sono ormai pieni di talenti stranieri. La partecipazione si è estesa a molti paesi in una maniera che solo dieci anni fa era impensabile. Oggi ci sono un sacco di ottimi tennisti ovunque: pensa alla Serbia. Gli Usa hanno messo tutte le uova - Sampras, Agassi, Courier, Chang - in un solo cesto, e non si sono preoccupati di pianificare il futuro.. Forse per trovare i tennisti del futuro è venuto il momento di andare a cercare chi non ha nulla. Chi ha fame e vede il tennis come la sua grande chance. Una chance di vita». Come si scopre un talento? «Il talento non basta. Oggi lo sport è soprattutto business. Ci sono almeno altri 15 fattori che devi valutare se cerchi un campione: la sua famiglia, il fisico, la mentalità, l’intelligenza, la situazione finanziaria, se ha un carattere introverso o estroverso. E soprattutto se saprà ripetere in partita quello che impara in allenamento. Penso a Maria Sharapova: già a 10 anni al suo confronto un palo d’acciaio sembrava uno spaghetto scotto». La Coppa Davis ha più di cent’anni, e li dimostra tutti. Come si può far ritornare i campioni a giocare la Davis? «Una volta giocare e vincere per il tuo paese era il massimo degli onori. Oggi non più. I campioni guadagnano e giocano molto, si stancano. E la Coppa ha perso molto del suo fascino. Secondo me non dovrebbe essere giocata più ogni anno, ma almeno ogni due a anni, cosi da attirare di nuovo i migliori giocatori». Come saranno accolti i russi in America, dopo il caso Davydenko? «My God, non penso che saranno accolti troppo male! La gente fai il un tifo folle, accadrebbe anche in Italia, nessuno sventolerà bandiere per loro. Ma non ci sarà nessuna ostilità. Patrick McEnroe, il capitano del nostro team, non lo permetterebbe. D’altro canto io credo che I Davydenko darà tutto quello che ha in corpo per dimostrare che le voci su di lui sono false». Chi vincerà la finale? Riusciranno Rodick, Blake e i fratelli Bryan a respingere l’assalto di Davydenko & Co.? «Non vedo un favorito netto. Giocare in casa darà un vantaggio agli Stati Uniti Ma non saprei su chi scommettere la cena. I russi sono molto carichi, hanno un ottimo gruppo di giocatori. James Blake sarà la chiave: dovrà vincere almeno un singolare. Altrimenti su Roddick pioverebbe addosso troppa pressione. Non sarà facile, per James. L’altro problema è che i gemelli Bryan non sono più cosi dominanti, mentre gli Usa hanno un bisogno dannato di vincere il doppio». Cosa pensa di Andy Roddick? Il miglior tennista americano resterà sempre la vittima prediletta di Federer? “Roddick ha gli strumenti per essere un grande campione, e i suoi risultati lo dicono. Ha vinto uno Slam, è stato n. 1, è rimasto al top per gli ultimi 5 anni. Ma con gente come Federer e Nadal in giro è maledettamente difficile per lui vincere un altro grande torneo. Il suo problema è essezialmente il rovescio: con quel colpo non fa male a nessuno. E i suoi avversari lo sanno». Lei è stato un grandissimo coach: cosa suggerirebbe a Federer, che in questi giorni sta scegliendo il suo nuovo allenatore? «Credo che Federer abbia bisogno più di qualcuno che lo motiva che di un vero tecnico. Essere il migliore è difficile soprattutto perché tutti vogliono batterti e tu devi comportarti da numero uno ogni singolo, maledetto giorno. lo mi limiterei a dirgli: Roger, se vuoi restare dove sei devi rassegnarti a faticare più di tutti». Fra Federer, Sampras e Agassi, chi è stato Il più grande? «Agassi è quello che ha dato di più al tennis. Lo ha trasformato con il suo incredibile carisma. Tecnicamente Sampras e Federer hanno qualcosa in più, mentre Agassi, che non disponeva di un servizio potente, ha dovuto faticare il doppio degli altri due messi insieme. Un po’ come Nadal oggi. Secondo me Federer ha qualcosa in più di Sampras, ma vorrei vedere lui e Sampras scommettere cinque milioni di dollari su un singolo match al meglio dei cinque set. Agassi comunque resta il tennista che la gente ha amato di più veder giocare». Non si sente colpevole per aver «omologato» il tennis con il suo metodo di allenamento? Tutti hanno imitato Agassi…«La colpa non è mia, ma dell’evoluzione delle racchette, che ha reso molto più facile giocare da fondo e rispondere al servizio, e del fatto che ai bambini non si insegna più a giocare il doppio. E senza doppio avremo sempre meno tennisti serve&volley. il problema è che chi gioca in attacco ha più bisogno di maturare, mentre oggi si pretendono risultati immediati, già a 13 anni». Lei ha scoperto e allenato tanti campioni, qual’è il suo segreto? «Mi è sempre piaciuto lavorare con le persone. Aiutarle a diventare qualcosa di speciale. Non devi aver paura di diventare il migliore al mondo, qualunque cosa tu faccia. Questo è il segreto. E siccome le mie origini sono italiane, anche se al momento non avete grandi .tennisti, potete sempre dire di avere il miglior coach del mondo. Okay, my boy?».

Il ritorno dei giganti

(Usa e Russia tornano a farci sognare senza Sampras e Kafelnikov)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 23-11-07

Ci sono stati anni in cui le sfide sportive tra Stati Uniti e Unione Sovietica
uscivano dai confini dell’evento di cui erano protagoniste, sconfinavano nel sociale, andavano a toccare corde economiche e politiche. Per molto tempo sono state superpotenze che si affrontavano in duelli epocali. Atletica (famoso il match estivo di Stoccarda) e non solo. Alla fine degli anni ottanta hanno messo su il primo scontro di calcio a livello professionistico. Hanno giocato a Palo Alto, all’interno dell’Università di Stanford. Gli States erano appena usciti dall’era dilettantistica in cui il tecnico della squadra era il maitre di un ristorante. Stavano entrando lentamente nel nuovo mondo, ma lo facevano con grande fatica. Alla fine di quegli anni, nasceva un nuovo sistema; Nel 1991 l’Unione Sovietica si frantumava in una serie di Repubbliche, mentre la Cina che si era già riaffacciata ai Giochi Olimpici nel 1984, dopo 36 anni di esilio, stava prendendo consistenza. Nel tennis gli States avevano più eroi da numero l: Connors, Sampras, Agassi. La Russia più tardi avrebbe proposto Kafelnikov e Safin. Poi, solo passi all’indietro. Adesso, per una settimana, le due nazioni si riprendono il mondo. A Portland, nell’Oregon, da venerdì è in programma la finale di Coppa Davis. La seconda che Usa e Russia giocano come rivali. La prima è datata 1995, palcoscenico la terra rossa sistemata all’interno dello Stadio Olimpico di Mosca. Pete Sampras, su un terreno che non era il suo preferito, trascinò la squadra alla vittoria. Soffrì, ma alla fine colse entrambi i punti del singolare. Nell’ultimo, quello decisivo, superò Yevgeny Kafelnikov. Oggi, 12 anni dopo, Pistol Pete si diverte ad esibirsi nel trittico d’Oriente contro Roger Federer….. Kafelnikov invece continua ad essere uno sportivo agonista, un professionista. Del poker. Sono tanti i momenti magici che Usa e Unione Sovietica ci hanno regalato. Il più delle volte nel contesto dei Giochi olimpici. Qui raccontiamo due di quei momenti. Il primo si riferisce all’Olimpiade estiva di Monaco 1972. Finale di basket, canestro all’ultimo centesimo di secondo di Alexander Belov, successo dell’Urss. L’altro ai Giochi invernali di Lake Placid 1980. Largamente sfavorita, la squadra americana supera, in una partita decisiva, addirittura i fenomeni sovietici. Lo sport ci regala momenti come questi. Le due superpotenze ne hanno dispensati in abbondanza. E da venerdì tornano a farci sognare.
James Blake. All’inferno e ritorno

(La storia di “un miracolato” che si affida al poker per battere la Russia)

Lorenzo Cazzaniga, sport week del 24-11-07
Vallo a spiegate a James Blake, che al Tennis Club Parioli ci stava davvero lasciando le penne. Era il maggio 2004, aveva appena piovuto e la terra rossa era particolarmente scivolosa: Blake stava giocando con l’amico Robby Ginepri che era ben conscio dell’unica. Cosa che riesce a irretire James era la palla corta a fine allenamento. Per scherzo gli giocò una smorzata; nel cercare di recuperarla, James inciampò su una riga e fini con lo sbattere il collo sul paletto in ferro che sostiene la rete. Vivo per miracolo, fu la diagnosi. Ma le tragedie di casa Blake non erano certo finite qui come se non bastasse, sei settimane dopo, James perse il padre e in seguito venne colpito da un virus che quasi gli paralizzò la faccia. Per risorgere, ci vogliono quelle che gli americani chiamano intestinal fortitude, budella solide. James Blake ha dimostrato di averne da vendere. E nel prossimo weekend le metterà a disposizione del suo Paese per vincere la finale di coppa Davis contro la Russia. Che cosa ricorda di quel giorno al Ténnis Club Parioli? . «Tant’acqua una gran corsa sotto rete e un tonfo, un rumore sordo, agghiacciante. E il pensiero che avevo appena giocato il mio ultimo scambio”. Come visse i primi momenti dopo l’incidente? «Andammo in due ospedali diversi a Roma sempre senza togliermi i vestiti. Me ne stavo là, tutto sporco di terra battuta. A un certo punto sono pure scoppiato a ridere: sapevo che - era grave, ma mi sentivo ridicolo in quelle condizioni. Poi il responso: qualche millimetro più in là e sarei rimasto paralizzato” Che cosa insegnano a un uomo queste vicende? «Qua1che volta penso che sia stata una grande fortuna. Mio padre stava. male, ma non mi aveva mai detto che sarebbe morto da lì a poche settimane. Grazie a quell’incidente rimasi con lui fino alla fine e ci conoscemmo meglio. Lui è sempre una grande ispirazione in tutto quello che faccio». E i guai finirono lì. «Vero. Lo stress dopo la morte di papà mi causò un’infezione virale che mi paralizzò la parte sinistra della faccia. Persi gran parte dell’udito e se provavo a stare in piedi, barcollavo. Quando un amico venne a trovarmi all’ospedale scoppiò a ridere: mi guardai allo specchio ! avevo davvero un’espressione ridicola”. Ora però è tornato più forte di prima…. «È scontato dire che difendere i colori del proprio Paese è un onore. Però in effetti in coppa Davis si vivono emozioni molto particolari. Il match sarà impegnativo: loro sono i campioni in carica ma siamo una squadra molto unita e davanti al nostro pubblico non vogliamo nemmeno pensare di perdere». Non si pensava nemmeno che nel tennis ci fossero così tanti casi di scommesse illecite. E lei è celebre per la sua passione per il gioco d’azzardo: pensa di cambiare hobby? «Perché mai? Gioco a poker, black jack, amo i casinò. Per me il torneo di Las Vegas è come Disneyland per un ragazzino. Sono anche piuttosto bravino». Tennis e poker hanno qualche analogia? «Beh, dire che giocare a poker aiuta a migliorare il proprio tennis sarebbe una fesseria. Però hanno dei tratti in comune: devi ragionare in fretta, usare la tattica giusta e qualche volta saper truffare con l’avversario». Lei parla di bluff, eppure viene considerato tra i giocatori più corretti e disciplinati. «Adesso sì, ma se mi avessero visto da ragazzino… Ero famoso più per le racchette che rompevo che per le partite che vincevo. Poi sono cresciuto e a 17 anni ho messo la testa a posto. Ricordo che tornai a casa da mamma con due trofei: uno per aver vinto il torneo e l’altro come Premio Sportività. Lei pensò che l’avessi rubato”. Coppa Davis a parte, quali sono i suoi obiettivi tennistici? “Giocare alla grande durante le sessioni serali dello Us Open davanti ai miei fans”. Il famoso J-Block: qualche suo collega si è lamentato che non siano molto sportivi. «Lo sport dev’essere entertainement e loro amano far parte dello spettacolo. Qualche volta esagerano, ma non penso che qualcuno abbia mai sbagliato una volée perché i miei tifosi mi incitano tra un punto e l’altro. Poi, rispetto a certe tifoserie che si incontrano nei match di Davis, sembrano degli scolaretti. Va anche considerato che siamo a New York e l’atmosfera è davvero elettrizzante: non ho mai assaporato niente di simile su un altro campo da tennis». E fuori? Lei passa per essere un gran playboy…..«Non me la passo male. Nacque tutto quando People Magazine mi inserì tra gli atleti più sexy del Mondo. Ma con quello che ho passato davvero non m’importa nulla di queste cose».
Addio Centrale. Da Agassi a Federer quante emozioni

(L’oramai ex centrale ha ospitato in 11 anni ben 600 partite dense di ricordi) Francesca Paoletti, la gazzetta dello sport del 23-11-07

 

Non tutti i crampi vengono per nuocere. Nei suoi 11 anni di vita il vecchio Centrale del Foro Italico ha regalato agli appassionati visitatori qualche disagio, è vero, ma anche molta momenti di grande suggestione: ha tenuto a battesimo gli exploit di tutti i più grandi protagonisti del tennis azzurro e fatto da cornice a partite da libri di storia. Il vecchio Centrale ora non c’è più: si stanno ultimando i lavori di smantellamento. Le travi in legno che lo rendevano unico nel suo genere sono state rimosse e riposte, e le bianche statue del Pietrangeli sono tornate a dominare il panorama. Nel 2009 ci sarà una struttura coperta e polivalente, stessi posti a sedere ma niente più crampi, assicurano…..La sua storia era iniziata il 6 maggio 1996: tenuto a battesimo dall’allora sindaco di Roma, Francesco Rutelli, e dalla sfida italo-iberica tra Rita Grande e la spagnola Virginia Ruano Pascual; da allora il vecchio Centrale ha ospitato circa 600 partite di singolare, e regalato 24 grandi finali. Dalla regina del «rosso» Conchita Martinez alla simpatica serba Jelena Jankovic, dal «leone» austriaco Thomas Muster a quello maiorchino Rafael Nadal è lungo e di altissimo, prestigio l’elenco dei giocatori che hanno lasciato la loro firma sulle vecchie mura in legno dello’ stadio. Dalla finale dei più simpatici quella del 1999 tra Kuerten e Rafter, alla grande rivincita di Agassi (nel 2002 su Haas, dopo lo «schiaffone» rimediato nel 1989), da uno degli ultimi ko inattesi di Federer (nel 2003 a sorpresa contro Mantilla) alle maratone dì Rafa, con Coria nel 2005 e con Federer nel 2006. Ma anche il battesimo di Venus Williams nel 1999, quando aveva ancora le perline ai capelli, o il sigillo dell’amatissima Monica Seles nel 2000, o della rediviva Martina Hingis nel 2006, fino alle 5 finali di Amelie Mauresmo, compresa quella al cardiopalma del 2004 con Jennifer Capriati…… Il vecchio Centrale ha visto nascere e crescere Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, ha asciugato le lacrime di Silvia Farina (vicina a battere nei quarti la Mauresmo nel 2004) e sognato insieme a Romina Oprandi (ad un passo dalla semifinale nel 2006) . E poi l’exploit di Filippo Volandrì, in Coppa Davis nel 2001 contro Ivanisevic e, appena qualche mese fa, contro Federer, prima dì una storica semifinale…. In attesa dell’edizione 2009, per la quale sarà disponibile una nuova struttura da 10.500 posti, il prossimo maggio gli Internazionali vivranno un’edizione «ponte»: lo stadio Pietrangeli sarà attrezzato con tribune rialzate «palchetti che assicureranno lo stesso numero di posti del vecchio Centrale (10 mila circa). Inoltre, nella zona dei campi secondari, sarà costruito un Centralino provvisorio di circa 4000 posti. L’ingresso unico da lungotevere e lo sviluppo dell’area espositiva nel viale delle Piscine sono le novità logistiche, oltre ad una più ampia possibilità, fino al giovedì, di assistere ai match del Pietrangeli con i biglietti ground.

 

Quella strana emozione di rivedere Sampras in tv (Una seconda palla di servizio che ancor oggi fa sognare)Piero Valesio, tuttosport del 23-11-07

Guardare il passato non sempre può essere una buona idea: quando però il passato medesimo si presenta alla visione televisiva con una prima palla a duecento l’ora e una seconda che fa male tanto quanto cinque anni fa allora il discorso cambia. Grazie alla diretta di Sky anche in Italia si è potuto assistere al confronto degli eroi o chiamatelo come volete, il discorso non cambia: il secondo match esibizione fra Pete Sampras e Roger Federer, Tanto per la cronaca ha rivinto l’attuale numero uno al mondo ma stavolta ha avuto bisogno di due tic break per avere ragione del suo più stagionato avversario: nel primo gli ha concesso la conquista di sei punti, nel secondo di cinque. Ma la curiosità che è stato possibile saziare grazie alla diretta di Sky non risiedeva tanto nel risultato, più o meno scontato a seconda degli accordi intercorsi fra i due giocatori; ma nel poter vedere all’opera, cinque anni dopo, uno dei miti viventi del tennis. II quale nel corso di questi cinque anni (soprattutto nella prima parte dei medesimi) ha vissuto una vita da pensionato: dorato ma pur sempre pensionato. Era stato annunciato ingrassato, a tratti perfino muscolarmente bolso: una specie di Kafelnikov in salsa californiana che, come il russo, si concedeva lunghe partite a poker; e la cui unica, peraltro apprezzabilissima, concessione all’agonismo, era il golf. Il Sampras che si è visto ieri in campo a Kuala Lumpur e che concluderà questo suo sprazzo dì esposizione mediatica (di cui forse è anche coorganizzatore) domani a Macao è molto diverso da quella brutta immagine. Ha delle borsette sotto gli occhi e una calvizie incipiente, questo è vero. Ma il fisico è sostanzialmente asciutto e il braccio è sempre il braccio di Sampras, ora e sempre. Se si tratta di giocare a colpi di servizio fra i due contendenti non c’è una gran differenza. I problemi, per Pete, arrivano quando si tratta di mettere in pratica movimenti che una volta gli erano propri: gli spostamenti laterali, ad esempio. E anche il passo in avanti che per anni gli ha permesso di seguire il servizio a rete (ed è proprio qui che una sua ipoteticissima intenzione di disputare il prossimo Wimbledon subirebbe un brusco alt) appare oggi inevitabilmente rallentato, spesso incerto, non troppo efficace anche in situazioni di una certa comodità. Onde evitare brutte sorprese Roger Federer gli ha giocato più sul rovescio che non sul diritto: esibizione va bene ma fino ad un certo punto. Certo un match amichevole non ha e non potrà mai avere un’intensità agonistica e nervosa simile a quella di una partita vera: i due hanno giocato seriamente e anche scherzato, Sampras si è concesso l’imitazione dei movimenti rituali di Nadal prima di effettuare il servizio e Federer, alla fine del primo set gli ha anche beffardamente detto: «Stai sudando, vero?». Certo è che tale tripla esibizione, gustosa in certi passaggi anche sotto il profilo tecnico, ci ha restituito un Sampras ben lungi dall’immagine negativa prima citata e questo non può che far bene a chi ama il tennis e i suoi interpreti più pregiati. Il tempo passa per tutti e questo lo sapevamo bene: diciamo che potendo esercitare una seconda palla di servizio che lascia annichilito quello che è uno dei migliori tré-quattro talenti che il tennis ha partorito nella sua storia, si invecchia meglio.

 

Quelli che vendono piedi e braccia dei figli

(Il solo modello americano delle scuole riesce a tenere a bada la nefasta influenza dei genitori sul futuro dei loro figli).

Paolo Galimberti, il venerdì di repubblica del 23-11-07

 

Quando guardo il tennis, quello femminile più ancora che il maschile, osservo sempre con curiosità e attenzione la, tribuna riservata alla pletora di accompagnatori: allenatori, fisioterapisti, ma soprattutto genitori e, in qualche caso, fratelli o mariti. I genitori, talvolta i mariti (penso al «signor Henin», ora ex dopo il divorzio di inizio anno), hanno l’aria tesa e avida di chi controlla come sta andando il loro investimento: le madri un po’ più amorevoli, cuore di mamma appunto, i padri più arcigni. Talvolta questa apprensione interessata diventa una vera e propria forma di sadismo: il padre della francese Marion Bartoli ha smesso di fare il medico per allenare la figlia con metodi tutti suoi, sia tecnici che dietetici I risultati sportivi sembrano dargli ragione, ma non si può dire che la figlia abbia l’aria di una ragazzona felice, ancora meno atletica e in salute. Cer­to, qualcuno - come il padre di Maria Sharapova - ha corso enormi rischi per uscire dalla Russia e fare della figlia una campionessa. Ma ora che la ragazzina è cresciuta, eccome, e il conto in banca ancora di più, il signor Sharapov potrebbe anche spianare quella grinta da Kgb, che spunta sotto il cappellino rigorosamente sponsorizzato (dalla ditta che veste la figlia). Nel tennis ci sono sempre stati genitori opprimenti, che speravano di vedere il figlio arrivare là dove loro non erano riusciti e ottenevano quasi sempre il risultato opposto: il figlio finiva per odiare il tennis. Ma, nei bei tempi andati, si trattava di ricchi signori, che scaricavano sui figli le loro frustrazioni di tennisti impotenti: il tennis non dava reddito. Oggi ne da, eccome, ed è diventato uno degli sport del riscatto specie per gli emarginati dell’ex impero comunista, ma non solo. Quella dei padri delle sorelle Williams, della Sharapova o della Bartoli, delle mamme-manager stile Hingis, sono le immagini che mi sono venute in mente come icone di una tipologia di genitori assatanati, che Emilio Marrese descrive in questo numero dei Venerdì: pronti a tutto, anche a insegnare la peggiore arte della simulazione, purché i propri figli sfondino nel mondo del professionismo sportivo. L’unico argine a questa dilagante pratica di mercificare i piedi o le braccia appena talentuosi dei figli potrebbe essere la scuola. Se la selezione avvenisse, come accade in America, attraverso i licei o le università, la nefasta influenza di genitori senza scrupoli sarebbe dì molto ridotta. Ma in questo campo, come purtroppo in altri, la scuola italiana non è all’altezza dei tempi e dei costumi.

Non gioco più, me ne vado…

 

(Il triste addio di Martina: “la mia unica droga è stata la passione per questo sport”)

 

Giovanni Malagò, A Anna del 22-11-07

 

Ormai ha deciso. E difficilmente, questa volta, cambierà idea. La tennista Martina Hingis ha annunciato il suo ritiro, dopo una pesante accusa di doping: è risultata positiva alla cocaina a Wimbledon. Lei giura di non aver mai toccato droghe, ma replicare ai sospetti con un’uscita di scena poteva apparire come un’ ammissione di colpa. Così, nonostante il desiderio di evitare lunghe battaglie legali, alla fine ha deciso di combattere. E ha fatto ricorso. Ma comunque vada a finire, non tornerà più a giocare. Addio racchetta. Non è la prima volta che Martina, 27 anni, origini slovacche e cittadinanza svizzera, annuncia al mondo che lascerà le scene. Lo ha già fatto nel febbraio del 2003, dopo una serie di infortuni e problemi ai piedi, ma poi, nel 2006 è riapparsa, più combattiva che mai, fino a vincere nel doppio misto gli Australian Open. Un ritorno in grande stile culminato con il suo secondo trionfo, a 8 anni di distanza, agli Internazionali di Roma. Adesso, però, qualcosa è cambiato. La ex bambina prodigio che a 5 anni già impugnava la racchetta, e che deve il suo nome a quello della campionessa Martina Navratilova, se ne va, inseguita dai sospetti. In fondo, ha vinto tutto: ex numero uno della classifica mondiale, una vita tra le top ten, è entrata con il suo viso d’angelo e i suoi tiri diabolici nella storia del tennis. Ma uscirne così è un brutto colpo. No, Martina vorrebbe andarse ne a testa alta. E dice di avere usato un’unica droga: «La passione per il gioco».

 

 

Contro Roger il perfettino ci vuole un teppistello alla Murray

 

(Federer: l’insopportabile primo della classe che va battuto a tutti i costi)

 

Massimo Rossi, Libero del 21-11-07

 

Ve lo ricordate Cassius Clay? All’inizio si chiamava così, prima di abbracciare l’islam e chiamarsi Mohamed Alì, spinto anche dalla necessità di ingentilire un po’ il suo rifiuto a farsi spedire soldato in Vietnam. E stato, ed è ancora, un grandissimo campione. Allora di pugilato e di comunicazione, oggi solo di comunicazione. Ma salvò il pugilato dalla noia di match allora riservali solo a ex detenuti tutti simili tra loro, privi di qualunque fascino e di qualunque capacità intelligente di intrigare lo spettatore. Uno spettatore, quello di ogni spettacolo sportivo, sensibile al risultato tecnico ma, soprattutto, al divertimento nutrito dall’adrenalina della sfida. Alì, con la sua guardia abbassata e i gesti provocatori nei confronti dell’avversario, non era un esempio di correttezza e di buone maniere, ma avvicinò al pugilato milioni di persone e, grazie anche alla complicità involontaria di una spalla straordinaria come Frazier il suo opposto sia fisico che mentale - fece grande la boxe di allora, ri-chiamando l’attenzione del mondo intero sulle loro storiche sfide. Chi mi legge ha già capito dove voglio arrivare. Mi sono stufato di Roger, delle sue dichiarazioni buoniste verso gli avversari , della sua ipocrisia bene educata, della sua brava fidanzata manager, ma soprattutto della troppa facilità con cui batte chiunque. Vorrei un po’ più di lacrime sangue e magari qualche aggressivo dileggio nei confronti dell’avversario di turno. Avversari che ormai non vincono più con Roger perché si sentono inferiori, e non solo a tennis, ma anche sul piano dell’immagine. Abbiamo bisogno di avversari pronti a sbranare quello svizzero ben pettinato, con le sue polo impeccabili. Forza, ce la potete fare ad abbatterlo, basta volerlo. Il povero Rafaelito non può fare tutto da solo; ormai è sfinito dalle battaglie vinte almeno sul rosso. Ha bisogno di aiuto, di un branco di lupi affamati, tesi solo a far fuori re Roger. Gente come lo scozzese Murray, per intenderci, un teppistello pochissimo politically correct e forse finalmente indenne da infortuni; certo non un tipino come Gasquet, eterno bambino innamorato solo del bel gesto. Insomma urge un po’di cattiva educazione e di aggressività. A questo ci ha portato quell’insopportabile primo della classe!

 

Italia record: 13 giocatori nei primi 100

 

(Chiudiamo il 2007 al 5° posto….quanto “manca” la qualità è forse meglio la quantita?)

 

Luca Marianantoni, la gazzetta dello sport del 21-11-07

 

I record sono fatti per essere superati e l’Italia della racchetta ne ha stabilito uno che durava da 16 anni. Ha fatto 13 nelle classifiche di fine anno redatte dall’Atp e dalla Wta, alla conclusione dei rispettivi Masters, sono presenti 13 giocatori italiani nei primi 100, cinque uomini (Potito Starace 31, Filippo Volandri 40, Andreas Seppi 50, Simone Bolelli 67 e Fabio Fognini 94) e otto donne (Francesca Schiavone 25, Mara Santangelo 36, Tathiana Garbin 37, Flavia Pennetta 40, Karin Knapp 51, Roberta Vinci 63, Sara Errani 70 e Maria Elena Camerin 99). Uno in più di quanto stabilito nel 1991 quando avevano nei top 100 dodici giocatori (5 uomini e 7 donne). QUALITA’ Non è purtroppo un record di qualità poiché nel 1991 avevamo Omar Camporese che era numero 24 del mondo e che di li a poco sarebbe entrato per la prima volta nei top 20 (il 10 febbraio1992) dopo la vittoria nel torneo Atp di Milano. Il bolognese, capace di lottare sul sintetico indoor alla pari con i mostri sacri dell’epoca (vedi Edberg, Courier, Becker, Stich, Lendl, Sampras e Agassi), si issò fino alla 18a posizione mondiale. Senza dimenticare ovviamente gli altri che erano, in campo maschile, Cristiano Caratti 38, Renzo Furlan 52, Stefano Pescosolido 69 e Gianluca Pozzi 72, in quello femminile Sandra Cecchini 27, Federica Bonsignori 50, Katia Piccolini, 62, Silvia Farina 68, Raffaella Reggi 75, Laura Garrone 95 e Linda Ferrando 96. Ma quando la qualità è assente, va bene anche la quantità. E il movimento italiano è tra i leader a livello mondiale, sempre per numero di presenze a livello dei top 100, l’Italia ha chiuso il 2007 al quinto posto. Vive la France Hanno un con tingente di giocatori e giocatrici superiore al nostro soltanto la Francia (25 con10 donne e 15 uomini), la Russia (21 con 15 donne e 6 gli Stati Uniti (17 con 10 donne e 7 uomini) e la Spagna (15 con 3 donne e 12 uomini). Pari a noi l’Ar gentina, con 11 uomini e due donne.

Tennis donne, Italia-Spagna a febbraio al Palabarbuto

(Per la terza volta in quattro anni il grande tenni fa tappa a Napoli)

 

Tiziana Tricarico, il mattino del 21-11-07

 

Ci sono voluti 34 anni ma finalmente la Fed Cup, il campionato del mondo di tennis a squadre femminile torna a Napoli. E lo fa con una sfida affascinante, quella tra Italia e Spagna valida come primo turno - che per le donne significa quarti di finale - del World Group 2008. Sarà il Palabarbuto di Fuorigrotta ad ospitare, il prossimo 2 e 3 febbraio, il match tra il team guidato da Corrado Barazzutti, vincitore dell’edizione 2006 e finalista quest’anno, e le iberiche, sempre temibili per grinta e carattere. Napoli ha battuto la concorrenza piuttosto agguerrita di città con tradizioni sportive come Torino e Montecatini Terme: la notizia era nell’aria già da un po’ ma ora l’Itf, l’organo dirigenziale del tennis internazionale, lo ha ufficializzato sul suo sito web. E proprio un responsabile dell’International Tennis Federation, l’inglese Alison Sowersby, ha già visionato l’impianto sportivo napoletano. Autori dell’impresa di riportare la «davis rosa» a Napoli sono Carmine e Andrea Palumbo, responsabili del consorzio Tennis Event, già organizzatore a Torre del Greco nel settembre del 2005 di Italia-Spagna di Coppa Davis - con in campo il numero uno sulla terra battuta Rafael Nadal - e nell’aprile 2006 di Italia-Lussemburgo sempre di Davis. «Terzo evento mondiale nel giro di tre anni, mica male - commenta Carmine Palumbo - scherzi a parte, sono contentissimo di fare questa Fed Cup a Napoli: a Torre del Greco non sarebbe stato. proprio possibile visto che l’Itf richiedeva una struttura indoor da 4mila posti. E stata dura battere la concorrenza, soprattutto quella di Torino che, avendo organizzato lo scorso anno le Olimpiadi, poteva disporre addirittura di tre o quattro palazzetti».

 

 

Maledetto il giorno che ti ho incontrato

 

(La triste vita del numero 2, che ha avuto la sfortuna d’incrociarsi con quello che diventerà il più forte giocatore di tutti i tempi)

 

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 20-11-07

 

Ci sono giganti dello sport che sembravano destinati ad essere i migliori del mondo. Campioni che avevano (o hanno) tutte le caratteristiche per essere i numeri 1. Accade però che sulla loro strada incontrino il Mito. Fenomeni che sembrano addirittura imbattibili. E allora anche i giganti si sentono comuni mortali, uomini sfortunati a cui la sorte nega quello che sembrava ormai a portata di mano. Vi raccontiamo le storie di cinque giganti sfortunati. Parliamo delle loro frustrazioni, di rivalità che si ingigantiscono nel tempo, di amicizie che sopravvivono anche alle sconfitte. Un campione è tale anche quando riesce a superare la delusione per avere trovato lungo il cammino qualcuno che è più forte di lui. Nessuno sport è esente da questa legge. Qui parliamo di tennis, ciclismo, boxe, atletica leggera ed ippica. Sì, vi raccontiamo dell’incredibile sfida tra due cavalli, due galoppatori, autentici fuoriclasse di quel periodo. Impegnati nelle tre prove della gara più fascinosa d’America: la Triple Crown. Il risultato di quelle tre prove rappresenta, anzi sintetizza al meglio quello che è il succo di questa pagina. Affirmed tre volte primo e vincitore della Coppa, Alydar tre volte secondo. Sconfitto senza appello. Rivalità pericolose. Sfide che tolgono a chi è convinto di essere un predestinato. Prendete Rafa Nadal, Sandro Mazzinghi, Felice Gimondi, Frankie Fredericks o il cavallo Alydar. Senza Federer, Benvenuti, Merckx, Michael Johnson e Affirmed sarebbero stati i domina tori assoluti. E invece, spesso hanno dovuto dividere la gloria. Altre, addirittura cedere il passo. i scambiano complimenti. Dice Roger Federer: “Contro di lui non puoi giocare senza avere in mente una strategia precisa. Con gli altri può andare, ma se davanti hai Nadal devi avere un piano per ogni game». Dice Rafa: “Lui è il numero 1, il più forte. Sulle superfici veloci è sempre il favorito”. Sono i dominatori del tennis moderno. Negli ultimi tre anni hanno vinto 1′87.5% degli Slam a disposizione (11 Federer, 3 Nadal): Solo Gaudio e Safin sono riusciti a imporsi nei sedici tornei più importanti delle ultime quattro stagioni. Il resto è stato roba loro. E anche con i tornei della fascia immediatamente inferiore, le cose procedono quasi sullo stesso piano. Rafael Nadal è un fenomeno dal punto di vista fisico. Gioca sempre su livelli elevatissimi. Sa lottare come un autentico guerriero ed ha cancellato l’idea che lui possa essere competitivo solo sulla terra rossa. Tre volte di fila trionfatore al Roland Garros (le ultime due proprio contro il grande rivale), si è imposto anche sulle superifici veloci. Nelle ultime due stagioni è riuscito addirittura a conquista-o re la finale sull’erba di Wimbledon. Non ci fosse stato Federer avrebbe vinto anche lì. E sarebbe stato il numero 1 del mondo. Un predestinato. capace di affermarsi sin da giovanissimo. Uno che ha avuto la sfortuna di imbattersi in un giocatore che aspira al titolo di “migliore di sempre”. Anche Rafa insegue questo titolo, ma limitatamente alla terra battuta. Sul rosso del Roland Garros offre uno spettacolo unico. Una pantera pronta ad aggredire. E quando si lancia, non sbaglia. Sa dare le giuste rotazioni alla pallina. sia con il devastante dritto che con il rovescio bimane. Si muove sulla terra come uno squalo in mare. A Parigi ha vinto tutte le 21 partite che ha giocato. Solo Borg ha fatto meglio di lui: quattro titoli di fila. Ma il cammino di Rafa è ancora lungo. Poteva avere tutto, deve accontentarsi di una parte. Di Roger Federer ce ne sono pochi nella storia del tennis

 

Pete-Roger, duello di dei

 

(“E’come se Van Gogh e Picasso lavorassero allo stesso dipinto”)

 

Piero Valesio, tuttosport del 20-11-07

 

Com’era giovane Roger Federer, in quel 2 luglio di cinque anni fa. Si era lasciato alle spalle il volto grezzo e un po’ spigoloso del ragazzino che spaccava racchette se sbagliava un diritto e che soliloquiava manco fosse Becker. Ma non era ancora un leader. Era un predestinato alle soglie del suo compimento, questo sì. E dall’altra parte della rete c’era il leader vero, l’imperatore dell’erba, la pistola umana, Colui il quale voleva più di tutti giungere all’ottavo titolo di Wimbledon, al quinto consecutivo eguagliando così il record di Borg e infilando un’altra perla in una collana di successi scintillante e unica come il diamante Koh-i-Noor che è esposto ad un quarto d’ora di Tube dal circolo di tennis più famoso del pianeta. Durò tre ore e 41 minuti, quel match. Tanto per un incontro sull’erba. Soprattutto su quella di allora che la miscela di Sementi rendeva più veloce di quella di oggi. Ma non avrebbe potuto essere diverso: la rappresentazione della fine di un impero e dell’inizio di quello successivo non può esaurirsi in un atto unico, rapido e indolore. Il giovane Roger vinse in cinque set, mise segno 25 ace contro i 26 dello scassato e defenestrando imperatore. Capì, Pete Sampras, che il suo regno era finito e che ne stava cominciando un altro. Era triste quando strinse la mano a Roger; lasciò il campo a testa bassa prima di raccogliere l’applauso del pubblico, consolante come solo gli applausi che salutano un addio anticipato possono essere: Pete giocò all’All England anche l’anno successivo ma fu eliminato al secondo turno da un altro svizzero, Bastl. In fondo la vera uscita di scena era avvenuta l’anno prima. Ma ci sono storie che non finiscono, semplicemente rifioriscono in un altrove di spazio e di tempo. Perché puoi metterci tutto il golf che vuoi, e cene con Bridgette, i tornei visti in tv; ma arriva un momento in cui guardi la Wilson ProStaff nera dall’ovale così ageè a la tiri giù dal muro dove l’hai appesa, la soppesi, la guardi. E poi ti ritrovi sul campo del circolo di Santa Monica dove c’è un cartello con su scritto «Reserved Mr Sampras» e sta lì sempre, il cartello perché così quando ti viene voglia vai a palleggiare, tiri un po’ di servizi, provi l’ultima evoluzione di racchetta con l’ovale più grande di 85 pollici. E poi ti ritrovi a invitare Tim Henman e Andre Agassi e anche l’imperatore Federer perchè che male c’è a fare una partitina. E la storia continua a tracciare la sua, di ellisse. Dice di te Henman: .Serve come una volta, non gli fa nemmeno più male la schiena». Jim Couner ti telefona e ti ritelefona e alla fine ti convince: vieni a giocare nel mio Senior Tour. Tu, Pete Sampras, giochi, vinci e la gente ti applaude più di prima: alla fine non perdi nemmeno una delle partite cui hai preso parte. La tua palla pesa, eccome se pesa. Poi arriva la grande offerta: tre match contro Federer. Due imperatori a confronto, carrettate d’oro per tutti a due. E tu, Pete Sampras, accetti. Il primo stasera a Seul, il secondo dopodomani a Kuala Lumpur, il terzo sabato a Macao, la Las Vegas d’oriente, dove si giocherà al Ventina Hotel, quello inaugurato pochi mesi fa e presentato, come il più grande Casino del mondo. Manco più un biglietto disponibile, 15.000 spettatori garantiti. Quando hanno giocato in America, sul campo di cemento riservato in eterno a Mr. Sampras, è stata partita. Un confronto temporale che solo pochi sport possono offrire, due epoche differenti che si confrontano direttamente, senza handicap d’ispirazione golfistica: giocano e giocheranno la stessa partita, tireranno forte. Il confronto tra chi ha vinto sette Wimbiedon e chi ne ha vinti cinque; il duello speculare fra due grandi che non hanno mai espugnato la terra di Parigi. I possibili riferimenti si sprecano: «E’ come se Van Gogh e Picasso lavorassero allo stesso dipinto» dice il signor Lincoln Venancio che ha organizzato il triplice evento per conto di una società di entertainment con sede ad Hong Kong. Ma l’ellittico ovale della storia non ha ancora definito la propria curva. La storia stessa non è ancora tornata Il dà dove era partita. C’è un luogo fisico e un momento temporale dove tale compimento potrebbe avvenire. Il luogo dove Roger ha posto fine alla carriera di Pete e dove i due potrebbero reincontrarsi. Dove Pete, nel 2008 (che per Federer sarà l’anno-cardine della carriera, quello in cui più di ogni altro potrà e dovrà lanciare l’assalto allo Slam) potrebbe tornare non da spettatore ma da atleta. In fondo è casa sua, Winibledon. La sua palla viaggia, con l’ovale (della racchetta) allargato di questi tempi moderni e sull’erba ci potrebbe anche provare. Giocheranno tre volte Roger e Pete. Adesso. Poi chissà. Giugno 2008 non è lontano. E la storia è troppo bella anche solo per negarsi il piacere di sognarla.

 

Il gran finale di Federer. Il maestro è sempre lui

 

(Federer e la “mattanza” dello spagnolo…senza distrazioni non avrebbe perso nemmeno con “mano de piedra”)

 

Gianni Clerici, la repubblica del 19-11-07

 

SHANGHAI- Roger Federer ha vinto per la quarta volta in cinque anni il Masters, e par giusto ricordare subito che l’avrebbe vinto anche due: anni addietro, non avesse affrontato una molto, coraggiosa finale, servendosi di un solo piede sano, contro Nalbandian. Un pochino infastidito per un Quinquennale dominio, molti critici avevano interpretato negativamente le sue recenti sconfitte ottobrine, a Madrid e a Parigi; subite giusto contro David Nalbandian, l’unico tennista fresco nel gruppo dei protagonisti: stanchi o addirittura acciaccati, come il numero due Rafa Nadal. A chi, come lo scriba, faceva concorrenza ai tennisti malconci, quelle sconfitte erano parse, più che una autentica crisi, un segno di sazietà, addirittura di noia. Confermate da una telefonata, per conto di Fabio Fazio che, tra i suoi intervistandi, avrebbe desiderato anche Roger. Ne avevo tratto l’impressione che, invece di attendere con ansia la trasferta a Shanghai, tanto cara per lo shopping della fidanzata. Roger guardasse alle sue montagne, nell’attesa di vederle imbiancate: nonostante i suggerimenti di quanti lo considerino una specie di zecca per monete d’oro, il nostro eroe ama affrontare i piccoli rischi di una bella sciata Anche l’inatteso risultato del primo incontro del Masters pareva dar ragione ai pessimisti: perdere con Mano de Piedra Gonzalez, un tipo da sempre affaccendato nella ristrutturazione del rovescio, sembrava preoccupante. Da quell’esordio negativo, Federer non ha tardato a riprendersi, indossando gli abituali panni regali che me l’ha fatto ribattezzare Federerissimo. Ha lasciato sette games a Davydenko, sei a Roddick, cinque a Nadal. I messaggi di agenzie e di colleghi presenti a Shangai si facevano via via più entusiasti, nell’avvicinarsi della finale, alla quale si era incredibilmente issato il valencianò David Ferrer. Del torneo, Ferrer era stato l’autentica sorpresa. Visto che, nella graduatoria offerta dai bookmakers agli ormai numerosissimi scommettitori on line, gli veniva assegnata all’amo la quota più alta. Aveva invece sbalordito tutti, Scriba incluso, battendo uno dopo l’altro Nadal, Djokovic, Gasquet e Roddick. Insieme ai suoi successi, lo rendeva simpatico un umanissimo understatement: soltanto qualche anno fa la sua dichiarazione: “Sono il peggiore dei Primi Cento del mondo” mi aveva incantato, tanto da spingem1i a citarla più di una,volta. Ma, mentre mi apprestavo ad ascoltare i commenti del mio vecchio partner Tommasi, mi era venuto a mente un episodio, del Torneo di Montecarlo, che commentavo insieme a Rino, come ho sempre fatto assistendo de visu. Avevamo sotto gli occhi gli stessi attori della finale cinese, sulle rosse spiagge che si affacciano all’incantevole baia di MonteCarlo Beach. E, quella partita, Federer la stava talmente dominando, che ci eravamo guardati perplessi, chiedendoci se non fosse il caso di cambiare campo e attori. Non molto diversamente di quel 6-4,6-0 è andata la paradossale finale tra un giocatore imbattuto - Ferrer - e un altro che, con la forma tradizionale, sarebbe stato estromesso: Federer. Il mio Svizzero è parso in piccolissima difficoltà soltanto. nel primo ‘game, con Ferrer alla battuta. Nel secondo ha iniziato il riscaldamento annullando una palla break e da quel momento ha sommerso il suo sventurato sparring partner, come confermano terribilissime statistiche: trenta punti su trentatré giocati nei propri turni di battuta, trenta vincenti a dieci. Mattanza. Federer termina cosi questo 2007 realizzando per la terza volta tre quarti di Slam, causa allergia al rosso, e a Nadal terraiolo. Ma perde ben nove partite; che per lui, capace di terminare le ultime due annate con cinque e quattro insuccessi, possono sembrare molte. Su queste vicende delle quali son stato spettatore re solo quattro volte, credo di poter avanzare un’opinione. Roger ha perduto due volte consecutive da Canas, a Miami ed Indian Wells. Da Nadal a Montecarlo. Da Vòlandri a Roma. Nuovainente da Nadal al Rolland Garros. Contro Djokovic a Montreal. Contro Nalbandian a Madrid ed a Parrigi Bercy. E infine con Gonzalez a Shanghai. Ad. accezione dei due tornei primaverili americani, che pur rappresentano un esordio lontano due mesi dal vittorioso Australian Open; il campione ha perso i suoi match senza aver giocato in gara nella. settimana precedente le sconfitte? Vi suggerisce qualcosa, una simile coincidenza? Che il genio non sia, come suggerisce il coach Petrarca, diuturna fatica?

 

 

 

Federer re di denari nell’anno nero

 

(Roger il “dittatore” più amato del mondo, grazie al suo perfetto equilibrio in ogni situazione….ed alla voglia di diventare papà)

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 19-11-07

MILANO - Ha trionfato nell’anno più schifoso, più sconfitte che titoli anche se sulla qualità del cattivo tennis prodotto da Roger Federer si potrebbe discutere, a lungo. Ha vinto il Master di Shanghai (6-1 6-3 6-2, una pura formalità, allo spagnolo sbagliato: David Ferrer ) e ha sfondato il tetto de. 10 milioni di dollari in premi in una stagione (10.130.620 $), primo tennista della storia, infilando in valigia nove sconfitte. I nove giganteschi passi falsi (non succedeva dal 2003), ogni ko un titolo sui giornali di tutto il mondo, che l’hanno reso un po’ più umano, lui il tennista già tanto buonino, impossibile volergli male, impossibile odiarlo. Comincia oggi la 199esima settimana consecutiva da numero uno del mondo, giorno zero delle sue meritate vacanze (“Ora non desidero altro”), e la stagione agonistica di Federer va in archivio carica di gloria e di generosità: Roger ha fatto della beneficenza, oltre chi attraverso la sua fondazione con base in Sudafrica, paese natale di mamma Lynette, consegnandosi recidivamente all’argentino Canas (Indian Wells e Miami), alla new entry Djokovic (Montreal), all’italiano Volandri (Roma), alle sue bestie nere Nadal sulla terra proibita ti Monte carlo e del Roland Garros e Nalbàndian (Madrid e Parigi indoor), e al cileno Gonzalez (girone del Master). E uscire trionfatore assoluto da dodici mesi (per lui) così imperfetti sottolinea ancora di più la grandezza dell’uomo venuto dal futuro per dominare il presente. Roger Federer è una rara specie di dittatore più amato del mondo. Alla lunga, di solito, i cannibali stufano. Schumi era immenso, ma non raccoglieva consensi unanimi e qualche colpo basso in pista, è documentato, gli sfuggiva. Herman Maier sciava come nessun altro, pero l’ombra del doping non l’ha mai mollato e pure Lance Annstrong, uno che si è abbuffato di ciclismo come davanti a una tavola imbandita, ha i suoi scheletri nell’armadio. Nel tennis: Connors e McEnroe sbancavano, ma erano odiosi; Borg incantava, ma era gelido; Sampras sembrava invincibile, ma nella vita era uno yankee banalissimo. II segreto di Roger è mantenersi in equilibrio tra perfezione e clamorose cadute, solidità e tenerezza, serietà e sorrisi. Non c’è avversario al mondo che parli male di lui e Nadal, quando come a Shanghai perde in semifinale, il giorno dopo è il primo a complimentarsi via sms con il migliore che si mette in tasca l’ennesimo torneo. Insieme alla fiammante Mercedes personalizzata che Federer si farà spedire dalla Cina a Oberwi1, Svizzera, nella villa con vista su pascoli e mucche dove periodicamente torna a ricaricare le batterie. A 26 anni, con l’ultimo, personalissimo Tourmalet da scalare (quel Roland Garros che continua a sfuggirgli) e una ghiottissima esibizione come sfizio da togliersi (Federer-Sampras, the clash of the times, giovedì in Malesia), Roger è pronto a fare progetti più importanti, e più intimi. «In questi giorni ho notato che sto, pensando al mio futuro più’seriamente. Prima mi interessava soltanto diventare il tennista più bravo del mondo, migliorare il mio gioco e la mia classifica - ha rivelato sul suo sito Internet - Ora penso sempre di più alla mia vita dopo lo sport, quando non sarò più un professionista. L’idea di sposarmi e allargare la famiglia attraversa la mia mente sempre più spesso». E Roger papà sarà ancora più forte..

La sfida dei tempi

(Tre sfide in tre giorni tra i detentori del maggior numero di tornei dello Slam per una partita che provoca pura eccitazione….)

 

Lorenzo Cazzaniga, sport week del 17-11-07

 

Se potessimo eliminare il fattore-tempo, potremmo toglierci qualche dubbio amletico e stabilire i più forti di sempre in tutti gli sport. Immaginate di poter mettere di fronte il MiIan di Sacchi e l’Ajax di Cruiff, Muhammad Ali e Mike Tyson, Carl Lewis e Asafa Powel Ebbene, in tre città asiatiche (a Seul il 20 novembre, a Kuala Lumpur il 22 e a Macao il 24) andrà in scena una sfida tra i due più forti tennisti di sempre, se vogliamo credere al Libro dei Record: Roger Feder contro Pete Sampras. Insieme vogliono dire 116 tornei Atp vinti, 26 titoli del Grande Slam, 10 anni da n. 1 al Mondo e 79 milioni di dollari rastrellati in montepremi Peccato che 10 anni di differenza tolgano valore tecnico allo scontro, ma la curiosità di vederli uno di fronte all’altro resta immutata. Tanto per intenderci, per i fan della racchetta un match Federer- Sampras è come per un liceale ritrovarsi sul set di un fìlm pornografico: pura eccitazione, soprattutto estetica perché si trovano di fronte due talenti inarrivabili, almeno per come intendiamo noi italiani il talento, cioè stile nell’esecuzione. Infatti, Sampras e Federer non sono solo i due tennisti più straordinari della storia ma anche i più belli da ammirare, due avatar per chi è un guardone di tennis e non un semplice tifoso. Da professionisti, i due si sono incontrati una sola volta, nella cattedrale di Wimbledon. Vinse Federer, in 5 set, con Sampras che scorgeva il suo personale Sunset Bulevard: “Pete non era al top della carriera, ma vincere contro di. lui sul Centre Court fu un’emozione incredibile, al punto che dopo il match piansi a lungo», ricorda Roger. Per la verità, nello scorso marzo c’è stato un altro incontro, sul campo di casa Sampras a Los Angeles. Forse per non Commettere reato di lesa maestà, Federer non ha mai voluto rivelare il punteggio del match; si è limitato a sottolineare che “Pete è ancora in ottima forma ma non abbastanza per battermi”…. Tradotto potrebbe voler di re un comodo 6-2 6-2. Dunque serve scomodare Lapalisse per ricordare che Federer parte con ogni favore del pronostico. Sono passati solo 5 anni da l’ultimo torneo dello Slam vinto da Sampras ma intanto il tennis ha nuovamente schiacciato il tasto dell’avanzamento veloce. Tutto va più rapido; gambe, braccia palle, tanto che hanno dovuto rallentare le superfici per non renderlo una sorta di videogame in carne e ossa. Per stare al passo con i tempi, Pistol Pete ha perfino abbandonato la sua vecchia Wilson Original un 85 pollici di ovale che sfiorava i 4 etti di peso. Per capirci, se ci proviamo a giocare noi umani per un’oretta, serve poi un buon fisioterapista per riprendere a muovere il braccio. Sampras ha scelto, guarda caso, la stessa racchetta di Federer, per giocare ad armi tecnologicamente pari. Inoltre per arrivare preparato all’appuntamento, nel 2007 si è cimentato nei tornei del Senior Tour organizzati dall’amico Jim Courier vincendo entrambe le prove cui ha partecipato. Non a caso un tizio di solito parco di complimenti, John McEnroe, non ha esitato: «Se Sampras giocasse a Wimbledon potrebbe perdere solo dai primi 5 del Mondo». Lo stesso Pete si è detto sorpreso del suo livello di gioco: «Dopo tanti anni di assenza non pensavo di giocare così bene, sono cosciente che con Roger sarà tutta un’altra storia. Però col servizio posso ancora far male». Sarà, ma se Federer non giocherà col freno a mano tirato, pensare che esca un match equilibrato vuol dire sconfinare nel fanta tennis. È quel che accade negli scontri generazionali, nel tennis come in qualsiasi altro sport: Pelé era un fenomeno ma Gattuso difficilmente gli lascerebbe toccar palla, così come Mark Spitz farebbe la figura di un bagnino di Viserbella in una gara di 100 metri stile col nostro Magnini. Pero resta intatta la curiosità di vederli a confronto, soprattutto perché i paragoni si sono sempre sprecati, tanto più che Federer sta strappando al suo rivale ogni record (“Pensavo che almeno quello dei 14 titoli dello Slam fosse al sicuro, invece credo che Federer lo batterà molto presto” ha ammesso Sampras). In effetti, non appena sbocciato il suo talento e senza eccessiva originalità, Federer è stato ribattezzato “il nuovo Sampras”. Li hanno sempre accomunati lo stile di gioco e l’atteggiamento un po’ anonimo: Sampras aveva l’espressione di quelli che sono appena stati tirati giù dal letto, al punto che Agassi l’ha perfino accostato a una scimmia e lo stesso Federer, per strappare una meritata. popolarità, si è dovuto portare a casa gli ultimi cinque titoli di Wimbledon. Insomma, non rappresentano certo il Sacro Graal per un direttore marketing ma sono personaggi che meritano di finire nell’Arca della Gloria sportiva. Tuttavia, nonostante le premesse e gli slogan che accompagnano l’evento (“The Clash of Times”), se cercate la risposta su chi è stato il più forte tennista di tutti i tempi non la troverete sull’improvvisato campo del Mahwati Stadium di Kuala Lumpur. Per quella, restano valide le vittorie a Wimbledon e dintorni. In questo caso, però, il vero appassionato se ne straimpippa del risultato e si gode lo spettacolo. Quello, ladies and gentlemen, è comunque assicurato.

 

 

 

Con le lenti giochi veloce

 

(L’ex tennista australiano Farrow inventa gli occhiali telecomandati per imparare a giocare d’anticipo)

 

Letizia Gabaglio, l’espresso del 16-11-07

 

I grandi campioni dello sport non sembrano eccellere solo per una questione di muscoli: se il tennista Roger Federer riesce a rispondere a un servizio che va a 200 all’ora non è solo una questione di preparazione atletica ma di percezione del movimento dell’avversario, di anticipazione del risultato. In altre parole, lui sa dove andrà a finire la pallina. Si tratta di una caratteristica innata o, come nel caso dei muscoli, di una capacità cresciuta con l’allenamento? La prima ipotesi è stata per lungo tempo quella più accreditata, ma ora c’è chi sta puntando sulla seconda per fare fortuna. È il caso di Damian Farrow, ricercatore all’Istituto dello sport australiano, ex tennista che ha deciso di sfruttare le proprie conoscenze acquisite sul campo per insegnare agli atleti a migliorare la loro abilità percettiva. Alla base del suo metodo occhiali molto particolari: telecomandati in modo che le lenti possano divenire opache. Nel caso del tennis, l’allenamento consiste nel rendere le lenti indossate dagli atleti opache non appena l’avversario fa partire il servizio. In questo modo l’attenzione sarà tutta rivolta ai movimenti svolti in fase di preparazione del tiro, all’ angolo che la racchetta fa con la spalla, e non alla velocità della pallina. Resi ciechi dagli occhiali e sordi da tappi per le orecchie, sulla sola base di quello che hanno visto prima che il tiro partisse, gli atleti dovranno difendersi e cercare di rispondere per non essere colpiti dalla palla. Il metodo funzionerebbe e, nel giro di poche settimane, si impara a giocare d’anticipo. Adesso Farrow si occuperà dell’allenamento della Nazionale australiana femminile di pallavolo. Ma il suo metodo sta facendo proseliti anche nell’hockey e nel football americano. Sulla base dei dati raccolti, facendo indossare agli atleti altri occhiali che registrano i movimenti oculari, lo scienziato mostra centinaia di momenti critici e invita gli arieti a simulare l’azione.

 

 

Ferrer, il normale che spaventa i grandi

 

(David, la semplicità e l’umiltà, a volte, pagano)

 

Daniele Azzolini, Tuttosport del 16-11-07

 

David Ferrer ha un fisico normale, muscoli normali, centimetri nella nonna. Gioca un tennis regolare, forse non proprio ordinario, questo no, ma non aspettatevi da lui un raid a rete in contropiede, un morbido passante stretto in cross, una stop volley a chiudere una trama in attacco. Capita d’incontrarlo nei ristoranti a due passi dall’albergo, un tavolo senza pretese, i soliti amici che lo seguono da quando era un bambino svogliato e bizzoso, coach Piles in testa, quello che da piccolo lo chiudeva in uno stanzino per punirlo del suo scarso attaccamento al tennis. Pizza a Wimbledon, Parigi, New York, riso qui a Shanghai. Se provate a chiedergli quale sia stato, in questi suoi primi 25 anni, lo svolazzo più alto che si sia permesso, David vi risponderà il tennis, non altro. Con un’aggiunta, nel caso non si fosse capito: “Sapete, in fondo io sono un tipo normale”. Ora, capita in questi giorni del Masters, sullo sfondo inverosimile di una città che spinge a considerare il presente quasi fosse già trascorso e a rivolgersi solo verso il futuro, che al termine del primo round l’unico a mostrare numeri fuori dalla norma, da campione, sia il ragazzo di Javea, valenziano dagli zigomi squadrati, combattente con un passato da pigro. Tre vittorie, un solo set perduto, appena due game lasciati a Gasquet, l’ultimo avversario di un girone che gli poneva davanti Nadal e Djokovic. Nessuno, al momento, ha fatto meglio di lui. E pochi, onestamente, potrebbero permettersi in tre giorni di battere Nadal e poi regalargli l’accesso alla semifinale. L’ultimo match di ieri, dopo il successo di Rafa su Djokovic, si sarebbe prestato a malevoli interpretazioni, se Ferrer non l’avesse abbordato con il consueto furore. Avesse voluto far fuori Rafa, e per una volta restare l’unico spagnolo in vetrina sarebbe stato sufficiente consegnarsi a Gasquet. Lui già promosso, il francese in cerca di punti utili per una classifica che, con un successo netto l’avrebbe posto al riparo da qualsiasi recupero nadaliano. Ma David non è tipo, e per Nadal ha sempre mostrato, prima ancora che affetto, quasi una venerazione. E lui il più forte fra noi. Lui l’unico davvero incredibile. Io? Mah, ho passato giorni in cui mi sentivo il péggior tennista sulla terra. Ora sto giocando bene, come non mi era mai capitato prima”. Detto fatto, Ferrer ha giocato contro Gasquet con una veemenza tale da far sembrare certune conclusioni più simili a delle entrate sulle gambe. Così, gli spagnoli avanzano in due, quello normale che normale non è più, e quello super che mostra invece qualche acciacco di troppo per via di una stagione da ottanta match. “Ha una infiammazione ai legamenti delle ginocchia”, spiega preoccupato zio Toni, eterno mentore del manacorita Nadal. Non sono al massimo”, ammette Rafa,..ma mi dirverto lo stesso”. Due spagnoli Co me nel 2002, sempre qui, à Shanghai, quando in semifinale giunsero Ferrero e Moya…..

 

 

 

Coni, nuovo corso soldi ai risultati

 

(Il tennis è al 7° posto con 4.767.000 su 39 discipline finanziate in italia)

 

Tiziana Bottazzo, la gazzetta dello sport del 15-11-07
La Giunta Coni ha definito i finanziamenti per le singole federazioni seguendo per la prima volta criteri diversi di ripartizione: «Dopo più di 30 anni c’era necessità di cambiare la formula - ha precisato il presidente del Coni Gianni Petrucci al termine di una Giunta veloce per consentire a Pagnozzi di volare a Madrid a seguire la conferenza della Wada -: ora verranno premiati i risultati, i progetti speciali, l’incremento dei tesserati, l’immagine»….. In cassa per il 2008 sono disponibili 140,379 milioni di euro (5.705.000 in più dello scorso anno, pari ad un incremento del 4% grazie soprattutto ai tagli gestionali) già ripartiti (anche alle federazioni fuori perimetro) secondo il nuovo criterio penalizzate quindi le fedérazioni che non hanno raggiunto la qualificazione per Pechino 2008 come la pallacanestro (-13%), mentre si è dato fiducia al badminton (+ 31 %) che ha buone probabilità di qualificarsi nonostante il punteggio venga definito soltanto il primo maggio 2008. In più viene sostenuto meritatamente il taekwondo che dopo Sydney ha già qualificato altri 3 atleti anche per Pechino puntando a incrementare ulteriormente la squadra. Doppia penalizzazione per basebal1 e softball (-13%) non solo perché entrambe non si sono qualificate, ma anche perché le due specialità non saranno più olimpiche fin da Londra 2012. Il +20% agli sport equestri è per coprire i costi di trasferta a Pechino anche per cavalli: 8.945.000 anche perché impegnata nell’organizzazione dei Mondiali di Roma 2009, a seguire con 7.656.000 la Fidal, che tuttavia ha subito un decremento del 11% non tanto legato ai risultati quanto a privile¬gi pregressi risalenti all’era Nebiolo. Terza in classifica la pallavolo con 6.768.000 (+13%), quindi la Fisi con 6.374.000 (+14%) contributo che dovrebbe ridare fiato agli sport invernali. Effetto Fabris - Alcune curiosità: +21% alle bocce premia risultati e incremento di tesserati, il + 19% al ghiaccio è dovuto all’effetto Enrico Fabris pluricampione olimpico e primatista mondiale, mentre l’incremento a danza (+37%) e squash (+24%) è soprattutto di incoraggiamento come neo affiliate.

Federer si rialza, rivede la semifinale

 

(Il “re” vince ma è sempre troppo falloso)

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 15-11-07

 

Per un giorno al Masters non ci sono sorprese. Ancora contro un avversario già battuto 10 volte su 10, Roger Federer è sempre brutto e falloso (39 errori gratuiti), ma riscatta il k.o. d’esordio con Gonzalez battendo Davydenko. Ed Andy Roddick vince fin troppo agevolmente contro un irriconoscibile Gonzalez che, sbronzo di felicità per il colpaccio contro il numero uno del mondo e campione uscente, sbaglia sciolina e va per aria in due set. Nel gruppo rosso, uno dei due gironi all’italiana che qualificano i primi 2 alle semifinali di sabato, Roddick è già promosso e Davydenko già eliminato (sempre per il quoziente set), Per essere sicuro della promozione Federer deve battere Roddick. In caso di parità fra due il regolamento si attende il testa a testa e fra tre al quoziente dei set e poi dei game. Quindi, nell’ipotesi del 2-1 (due vittorie e una sconfitta) di Federer, Roddick (ora 2-0) e Gonzalez (1-1), l’asso svizzero la spunterebbe sul cileno per il miglior quoziente set (3-2 contro 2-3). Potrebbe farcela anche se sia lui che Gonzalez perdono, sempre per il quoziente set se «Gonzo» invece vince, e Roger perde è fuori…… Nel gruppo oro c’è già un eliminato, Djokovic, ma non un sicuro qualificato. Ferrer è 2-0 e se oggi batte Gasquet è in semifinale, ma se perde e nel contempo Nadal supera lo stanco Djokovic, nel set di arrivo in tre sul 2-1 (2 vittorie, una sconfitta), potrebbe anche essere eliminato o andare al quoziente games. E Rafa non è sicuramente fuori nemmeno se perde!

 

Davydenko la butta in politica

 

(Ancora le dichiarazioni del giocatore russo….secondo Azzolini)

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 15-11-07

 

SHANGHAI. Una vita a fondo campo, lo dice Nikolay Davydenko, insegna a resistere. E può risultare utile, visti i tempi, ben oltre un campo da tennis. Nato difensore, l’omino meccanico di Severodonetz non teme chi lo attacca, semmai con che cosa, e perché venga attaccato. Reagirà con spirito pallettaro, è probabile, anche alle impalpabili voci che ruotano intorno alle scommesse, ma è costretto a chiedersi quale sarà il capo d’accusa, se mai ci sarà, e stenta a capire perché l’unico svolazzo della sua vita da accorto tesaurizzatore, oggi gli si ritorca contro. A diciotto anni, lui, ucraino, volle farsi russo, e vi riuscì presto grazie ai buoni uffici del suo nume tutelare, l’Orso Eltsin, che lo prese in simpatia. Ma ora, in tempi d’indagini un po’ raffazzonate, essere russi sembra un’aggravante. E Niko non si spiega il perché. «Quasi che la mafia - ebbe a dire - sia un problema solo nostro”. Al contrario, la cosa che Davydenko ha capito perfettamente, è che sta per arrivare il momento di alzare il fronte difensivo e tenere testa alle accuse che presto gli verranno presentate. Del resto, non è cominciato tutto da quel match di Sopot, contro Vassallo Arguello, conclusosi con il suo ritiro mentre le scommesse (..ma certo non potevo saperlo, dice) stavano infuriando? Niko immagina quale sarà la portata delle accuse, e punta su tre elementi difensivi che, a suo dire, sono inattaccabili. Uno di tipo strettamente probatorio, il secondo attinente al quadro logico dell’indagine, il terzo infime più emozionale. “Nessuno mi ha mai contattato.., dice Davydenko. Fra i tanti tennisti che si autodenunciano, Niko sostiene il contrario e così facendo invita di fatto gli organismi indagatori (che poi sarebbero i pensionati di Scotland Yard messi in campo dall’Atp) a dimostrare che le cose siano andate diversamente. “E poi - aggiunge - perché mai avrebbero dovuto contattare proprio me, che sono ormai da anni nel gruppo dei Top Ten? Non c’è logica, non se ne vede il motivo… È questo il punto due… se il giro delle scommesse tende a individuare un perdente, ed è disposto a pagare perché niente intervenga a mutare lo scenario, come è possibile immaginare un Top Ten in un simile ruolo? Infine, la preoccupazione più alta: «Spero che la mia vicenda non ricopra un fine politico-. Davydenko avverte di non essere disposto a fare da capro espiatorio. Sa bene che la squalifica di uno dei dieci più forti sarebbe la mossa migliore per un’Atp in chiara difficoltà, e fa sapere che è pronto a battersi ovunque e con tutto il suo staff, cui si è aggiunto da poche settimane quel Ronnie Leitgeb che fu mentore di Thomas Muster e Andrea Gaudenzi. Al momento, Niko è fra quelli che son sospesi. Lo hanno già sentito, e con lui anche la moglie e il fratello. Ma non vi sono notifiche né ulteriori convocazioni. Semplicemente, si va avanti. Oggi il Masters, domani la finale di Coppa Davis. Il torneo dei Maestri rilancia Federer, che proprio con Davydenko torna alla vittoria (in due set). Ma a sparigliare le carte è ancora Gonzalez, questa volta in negativo. Una delle sue peggiori esibizioni gli costa una stesa contro Roddick, che ora guida il gruppo con due vittorie, ed è in semifinale. Seguono Federer (tre set vinti, due persi) e Gonzalez (due set vinti, tre persi) con un successo a testa. Federer, domani, dovrà tentare di battere Rod!iick in due set, Davydenko è chiamato a fare il proprio dovere con Gonzalez. Potrebbe essere lui a spingere il numero uno in semifinale. E anche queste, capirete, sono soddisfazioni….

 

 

 

Ferrer fa il Nadal. Rafa: “E’ assedio”

 

(Se queste sono le premesse…ci attende un 2008 stellare)

 

Vincenzo martucci, la gazzetta dello sport del 14-11-07

 

Gli dei sono stanchi. Al Masters di Shanghai, dopo altre 4 finali dello Slam (e 3 titoli per arrivare a 12), re Roger Federer cede a «Mano de piedra» Gonzalez; dopo oltre 100 match (doppi e Davis compresi), la rivelazione della stagione, 11 numero 3 della classifica Novak Djokovic, crolla di schianto contro 11 geniale Richard Gasquet ed è l’unico già eliminato fra i primi 8 del computer; dopo troppe corse, Superman «Rafa» Nadal, secondo al mondo solo al «Fed-Express», vede doppio e s’arrende…. Perché l’ex peone della racchetta, il connazionale David Ferrer che gli danza davanti sparando forte e profondo da fondo, ribattendo ogni servizio, recuperando qualsiasi scambio e catapultandosi a rete su ogni palla corta, è il clone dell’eroe di Spagna, che domina da 3 anni Roland Garros e stagione rossa. Sul cemento di New York, Ferrer aveva fermato un’emorragia di sconfitte di fila contro il capoclasse Nadal, all’epoca malconcio. Quello del Masters, su una superficie indoor ed ancor più veloce, non è il Rafa più pimpante, ma cede a un Ferrer superlativo. Che fa strabuzzare gli occhi alla voce tecnica di Sky, Paolo Bertolucci: «Va a tavoletta senza finire fuorigiri; Per battere Nadal bisogna giocare proprio con convinzione, all’attacco: Federer dovrebbe prendere insegnamento da questa partita»…… 6-4 2-1 e 3 palle del 3-1 è illusorio. Ogni «15» va conquistato 3 volte e Rafa finisce la benzina, mentre il numero 6 del mondo, moltiplica corsa, recuperi ed energia. Continua, a botte di dritto e rovescio, Ferrer si prende il 5-3, subisce la reazione di Rafa, ma al secondo set point piega il dritto, il famoso dritto di Nadal. E poi scappa fino al 5-1, consente un mini-recupero al numero 2 del mondo, ma va a prendersi a rete il1 successo, dopo 2 ore e 40 minuti…..Ammette Nadal: «David è stato incredibile, nella fiducia e nei movimenti. Questo è il torneo più duro: ci sono tutti i migliori, e può succedere di tutto. Negli ultimi 2 anni Roger è stato di una categoria superiore, dietro di lui ci sono stato io ma altri, come Djokovic e Murray, si sono avvicinati molto al nostro livello». Il 2008 è già cominciato.

 

Rafa Nadal non piega il Ferrer. Djokovic eliminato

 

(troppe partite per i più forti, arrivano al master stravolti)

 

Andrea Facchinetti, E-Polis Roma del 14-11-07

 

Tira aria di rivoluzione nella Masters Cup a Shanghai. Dopo tre giorni di incontri e sei partite complessive, i tre principali favoriti del torneo che durante la stagione hanno vinto complessivamente quattro titoli su quattro dello Slam e sette dei nove Masters Series, rischiano di non qualificarsi per le semifinali. Martedi Roger Federer (n° 1) aveva lasciato strada a Fernando Gonzalez e oggi è obbligato a battere Nikolay Davydenko nel gruppo rosso (l’altro match è Roddick-Gonzalez) per non abbandonare la compagnia. Ieri è toccato a Rafael Nadal (n° 2) perdere con David Ferrer per 4-6 6-4 6-3, mentre Novak Djokovic (n° 3) ha rimediato la seconda sconfitta (6-4 6-2) di fila con Richard Gasquet e termina in anticipo la sua avventura cinese. Se il successo del francesino non è da considerarsi una sorpresa, suscita clamore il cammino di Ferrer. Il 25enne di Valencia, approdato alla rassegna grazie ad una continuità di risultati che lo hanno fatto salire fino al n. 6 del mondo nonostante le non eccelse doti tecniche, guida addirittura il gruppo oro con due successi su due. Intanto l’Atp ha accolto il reclamo di Nikolay Davydenko annullando la multa di 1400 dollari inflittagli nel torneo di San Pietroburgo contro Mario Cilic per mancanza di impegno, mentre dall’Argentina arrivano le smentite di Vassallo Arguello, Roitman e Puerta, tirati in ballo dal quotidiano tedesco “Die Welt” nello scandalo delle partite truccate.

Federer perde al Masters ormai è umano

(Con Stefanki “mano de piedra” ha migliorato rovescio, servizio e volee)

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 13-11-07

 

Nessuno batte 16 volte di fila Vitas Gerulatis,. come “Nessuno batte Femando Gonzalez 11 volte di seguito”. Dal Masters 1979 al Masters 2007, si alza ancora l’urlo di rabbia di chi subisce per troppo tempo il dominio del più forte: 28 anni fa, il poveroVitas con Jimmy Connors, ieri Gonzalez con sua maestà Roger Federer. Ma certo fa più scalpore il primo k.o. in 6 partecipazioni del re dei re ai gironi all’italiana del Masters, per di più dopo 10 successi su 10 contro il cileno, l’ultimo nella finale degli Australian Open di gennaio….Quello di Federer è uno scivolone annunciato quest’anno da altri scivoloni contro avversari da cui, almeno sulle predilette superfici veloci, sembrava intoccabile, come Canas e Nalbandian. Peraltro era dal maggio 2003 che lo svizzero delle meraviglie non perdeva due match di fila, come ora fra Parigi-Bercy (Nalbandian) e Shanghai. Del resto, Gonzalez, picchiatore dal gran dritto, detto in modo dispregiativo «Mano de piedra», per sminuire tecnica e tattica, va applaudito perché dal maggio dell’anno scorso, quando ha sposato coach Larry Stefanki (ex guida anche di John McEnroe). Ha re-imparato il rovescio il servizio e anche la volée: così ha fatto un salto di qualità e s’è presentato alla prima finale di uno slam sfoderando anche un impensabile rovescio in back…..Invece Federer, senza guida tecnica da maggio a Roma quand’ha licenziato su due piedi Tony Roche, è tanto più incerto sulle scel te di gioco quanto più cresce la minaccia e quindi il livello, dei rivali. Anche se poi, nei momenti topici e nelle fina1i dei tornei più importanti, sopperisce con esperienza e talento. Ma spettatori ed avversari non sono abituati a vederlo tanto umano, vulnerabile. Come confermano gli «appéna» 7 tornei vinti quest’anno - contro i 12 del 2006 e gli 11 del 2005, e le 9 sconfitte 2007, peggior prestazione da 3 anni…. La formula del Masters a 8 giocatori in due gironi da 4 e tre partite per qualificare i primi 2 alle semifinali, dà ancora ampio spazio di recupero al campione uscente che finora in questa fase aveva vinto 15 partite su 15. Contro gli altri del girone, Davydenko (che incontra domani) e Roddick (venerdì), “Roger-Express” è in vantaggio, rispettivamente, 10-0 e 14-1 nei confronti diretti. Nel torneo finale dell’anno ha trionfato nel 2003, 2004 e 2006 e, finora, aveva perso solo 2 volte: con Hewitt nelle semifinali 200,2 e con Nalbandian nella finale 2005…. Ma perché Federer ha perso con Gonzalez? Il numero 7 del mondo, che non è uno sprovveduto, ha reagito alla grande dopo 6-3 subito al primo set e ha giocato un tennis fantastico, di rischi e varietà. Ha tenuto sotto pressione Federer da fondo…. Una volta pareggiato il conto dei set con un magistrale tie-break dalle gran risposte, «Mano de piedra» non ha più tirato il freno a mano salvando 5 palle-break ad inizio terzo set, addirittura 3 di fila sullo 0-1 0-40, e trovando insperato aiuto dal rovescio. Quindi ha avuto cuore e forza pér piazzare lo sprint decisivo sul 5-5 per chiudere 7-5, dopo 2 ore 8 minuti… Parola di Federer: «Sulle palle-break del terzo set non ho nulla da rimproverarmi, perché 1ui ha trovato colpi e angoli incredibili. M’ha ucciso col rovescio, è .un giocatore pericoloso che in giornata può battere chiunque. Non è facile tenere lo stesso ritmo negli ultimi due anni, non bisogna perdere di vista quant’erano eccezionali quelle stagioni.. Ma ho comunque difeso il mio numero uno mondiale e ho vinto 3 Slam su 4. Perciò il 2007 resta fantastico. Sono diventato più vulnerabile? Non sono d’accordo e ho una gran voglia di dimostrarlo qui al Masters e anche l’anna prossimo». Parola di Gonzalez: “Sul 5-5 ho giocato 3 punti incredibili per fargli il break, e gli ultimi 2 games li ho giocati al massimo. La chiave è stata il servizio e non aver paura di tirare i colpi. Gliel’avevo detto al mio coach: “Nessuno batte Fernando Gonzalez 11 volte di fila”. Gerulaitis, prima del famoso black-out, aveva battuto Connors, Gonzalez con Federer comincia ora….

Federer, che succede? Gonzalez, ti ha fatto male

 

(Il “re” e gli sgarbi subiti dai latino americani, forse anche Andy sarà in grado di batterlo)

 

Daniele Azzolini, Tuttosport del 13-11-07

 

SHANGHAI - Se Federer avrà tempo e modo di riflettere sulla sconfitta rimediata da Fernando Gonzalez alla prima del Masters, magari più di quanto non abbia mostrato di saper fare sul campo, converrà che il guaio non viene dall’inusitato numero di ruzzoloni registrato nell’anno, quanto dalla crescita degli iscritti al club dei «vincitori del numero uno», esiguo fino al termine della scorsa stagione, ma in questa cresciuto oltre ogni dire. Sono nove le sconfitte del 2007, e di questo passo finiranno per lasciare il segno nell’animo di un ragazzo talmente devoto al proprio ideale “di perfezione tennistica da irritarsi non poco le volte in cui sa di aver meritato l’insufficienza. Intendiamoci, nove inciampi (ché di questo si tratta, e non di tracolli) possono capitare, tanto più in uno sport che molto corre e molto cambia. Nadal, per dire, ne ha segnato tre più di Federer, e Djokovic è già a quota diciassette, giusto per restare nella ristretta cerchia dei competitori diretti al soglio tennistico. Il fatto che Federer abbia abituato tutti molto bene, a cominciare da se stesso, non gli evita un preoccupato confronto con i numeri di una stagione straordinariamente bella quanto insolitamente fragile: dal 2004 in cui Federer si è assiso sul gradino più alto del tennis, il 2007 segna l’anno peggiore, per numero di sconfitte. Si è passati, di anno in anno, da sei risultati negativi, a quattro (2005), a cinque (2006); e ora a nove. Nei tre anni precedenti, il clan dei suoi vincitori sommava a dieci aguzzini: Henman, Nadal, Albert Costa, Kuerten, Hrbaty, Berdych, Safin, Gasquet, Nalbandian e Murray. Quest’anno si sogno aggiunti Canas (due vittorie), Volandri (Roma), Djokovic (Montreal) e ora Gonzo Gonzalez, con Nadal e Nalbandian pronti a ribadire i loro buoni diritti con altri due successi a testa. Basti dire che nel 2006 solo Rafa (quattro volte) e Murray (una, casuale), avevano piegato il numero uno, mentre nella stagione in corso l’assalto dei tennisti di lingua spagnola è stato veemente. Insomma, non è stato Djokovic a togliere il sonno a Federer, e certo nemmeno Volandri. I “guasti maggiori sono venuti da Nadal, Canas e Nallbandian, ai quali va ora ad aggiungersi Gonzalez, e con gran merito, protagonista di un match talmente intenso per l’efficacia e la veemenza delle soluzioni adottate da meravigliare il pubblico e stordire il numero uno. “Questa è una sconfitta che fa male - ha di fatto esordito Federer - perché è giunta insieme con la convinzione di aver giocato un buon match e di aver poco da rimproverarmi”. Un bel complimento per Gonzalez, che Roger aveva accantonato dopo la finale degli Open d’Australia per ritrovarlo a Shanghai dieci mesi dopo più forte e continuo di allora. «Quanto Fernando abbia giocato bene lo avete visto tutti, dal tie-break del secondo in poi è stato un crescendo. Ma non è stato il suo dritto formidabile a crearmi dei problemi, piuttosto la continuità delle soluzioni con il rovescio». Con il dritto Gonzalez ha risolto il punto più importante del match, sul 4 pari del terzo, servizio Federer: due siluri impressionanti hanno prima costretto Roger nell’angolo, poi a consegnare il break. Ma è con i nove punti vincenti ottenuti con il rovescio lungo linea che Gonzalez ha lavorato ai fianchi il più forte, fiaccandolo prima di abbatterlo. Il rischio, per Roger, a questo punto è davvero alto. Roddick ha molto ben regolato Davydenko, ed anche lui sembra, oggi; un avversario in grado di battere Federer. La prima sconfitta rimediata nei gironi del Masters, si potrebbe trasformare per lo svizzero in un’infernale trappola. Il suo torneo ricomincia domani contro Davydenko, ma per giungere al quarto titolo da maestro, la strada si è fatta stretta, e non deve più sbagliare niente….

 

 

“Il tennis è malato ora cambiamo tutto”

 

(Binagli: “l’ATP deve assumersi le proprie colpe. Siamo vittime di un sistema senza controllo”)

 

Paolo Rossi, la repubblica del 12-11-07

 

ROMA - È il giorno dopo la squalifica di Alessio Di Mauro per scommesse. Sono ancora tante le domande e i dubbi, la domenica è il giorno ideale per riflettere e capire cosa sta succedendo nel tennis. Prova a rispondere Angelo Binaghi, numero uno della Federtennis. Presidente, una bella tegola per il tennis italiano. «Non ci nascondiamo: Di Mauro ha sbagliato, andava sanzionato». Questa è la premessa. «Poi dico che é una condanna sproporzionata rispetto al reato….Un concetto che la Federtennis ha espresso sabato. «E’ palese, traspare anche dalla comunicazione dell’Atp. E si nota anche qualcos’altro». Cosa? «La debolezza dell’Atp verso questo fenomeno». Da cosa lo deduce? «Lo si capisce anche da un altro fatto: hanno ammesso che avrebbero preferito una condanna più dura». E quindi? «Altra cosa: il non coinvolgimento di grandi giocatori, o forse l’incapacità di incastrare i veri truffatori». Dove vuole arrivare? «Si legga la sentenza: il vero reato, che è poi la truffa, non c’è». Aveva detto che Di Mauro era colpevole. «E lo ribadisco. Ma di quale categoria? Non è un truffatore. Non è neanche un furbetto che ha approfittato di informazioni riservate. Appartiene alla terza categoria, quella di chi ha commesso una leggerezza dovuta all’ignoranza e al vizio di scommettere». Ha comunque commesso un reato sportivo.«Eppure non ha nuociuto ad altri. Ma il problema, se mi si permette, non è Alessio Di Mauro». E qual è ? E’ l’anomalia nella quale vive il mondo del tennis». Anomalia? «Certo. Ditemi, in quale paese del mondo civile, i controllati sono anche i controllori. In quale sport le regole delle federazioni non hanno valore? Da questo nasce tutto». L’Atp, governo del tennis e sindacato dei giocatori nello stesso tempo. «Esatto. Mi chiedo: è solo un caso che da quando i controlli antidoping sono passati nelle mani della federazione mondiale siano finiti nella rete anche pesci grandi?». Prima li faceva l’Atp «E mi chiedo ancora: e se in futuro scoprissimo che c’erano paesi che praticavano doping di massa, durante l’epoca dei controlli Atp? Dovremmo meravigliarci?». Ok, il messaggio è chiaro. Ma lei cosa propone? “Che ci sia un organo di governo e di vigilanza, che sia indipendente rispetto ad Atp e Itf». Come Federazione insomma vi sentite impotenti. “Vittime è la parola giusta. Vittime di un sistema senza controllo. Dove si vedono tecnici senza diploma. Procuratori senza albo. E’ deontologia. Fisioterapisti senza la terza media». Ci vogliono controlli più stretti sull’entourage dei giocatori, vuole dire? «Qui è autorizzata qualunque cosa. Ci sono coach che sono guru, o stregoni. Privi di qualifica, tutti negli staff degli atleti».Si muoverà in questo senso, dunque. «Che si incominci a parlare dell’ anomalia, che la federazione mondiale riprenda il ruolo che storicamente le compete. Bisogna rifondare». Ed in Italia? . “Intensificheremo gli sforzi per avere campioni che siano esempio anche per le generazioni future. Cosa intende dire? «Che, nel passato, l’Italia ha avuto grandi campioni nel settore maschile, ma anche gravi episodi negativi. E dobbiamo estirpare la dubbia moralità». Di Mauro è stato colpito. E se non fosse l’unico azzurro? Se ce ne fossero altri? «Sull’ Atp mi sono già espresso: trovo la sua debolezza sconcertante. Ho paura che non si voglia andare fino in fondo. Ma la mia. attenzione. non è una difesa a oltranza dell’Italia. Lo dico ora e chiaro: se ci troveremo di fronte a casi di truffa, a prescindere dalle sanzioni dell’Atp, noi saremo ancora più terribili».

 

Shangai, che lotteria

 

(Master crepuscolare o vero banco di prova?)

 

Daniele Azzolini, il messaggero del 12-11-07

 

SHANGHAI - Otto maestri di tennis, otto fenomeni, tutti contro tutti, uno vince, sette perdono, non c’è trucco e non c’è inganno…Conviene presentarla così la sfida di fine anno, alla maniera dei “buttadentro” da fiera paesana. “Venghino siori venghino”. A questo è ridotto il tennis giocato per tornare a riscuotere quel po’ di credito mediatico? Forse no, non ancora. Eppure, è un Masters crepuscolare quello che va in scena a Shanghai, un torneo dalle ombre lunghe, di inquietudini a fior di pelle, dove tutti sono costretti a guardarsi le spalle. Nondimeno ha un compito preciso da svolgere, per quanto improbo esso possa apparire. Riproporre il “lato A” del tennis, il migliore dei due, il più intonato: questa è la missione. Riscoprire il gioco giocato, le volée danzanti, gli aces cristallini, le geometrie dei colpi tracciate con riga e compasso. Un tennis, dunque, lontano dalle micidiali triangolazioni a base di scommesse illecite, di presunti avvelenamenti, di cocaina finita nel bicchiere sbagliato, che in breve hanno trasformato lo sport dei Re in una pagina di cronaca nera. Esagerando, otto maestri che marciano contro il lato oscuro del tennis……….Destino artista: l’unico davvero in forma è il nono in classifica, il primo degli esclusi, David Nalbandian, argentino, vincitore degli ultimi tornei, Madrid e Parigi. Mentre gli altri si azzuffavano da Melbourne al Roland Garros, lui se la prendeva comoda fra rally e altri piaceri. Fallito l’aggancio, ha ripreso la strada delle vacanze, lasciando Federer, Nadal e Djokovic a chiedersi che Masters sarebbe stato con quell’energumeno fra loro. Ma il Torneo dei Maestri è un club esclusivo, otto e non più di otto, formula a gironi è consentito almanaccare strategie e persino perdere, se serve ad eliminare un collega pericoloso. Federer l’ha vinto tre volte. Se farà quattro affiancherà Nastase. Ma Federer quest’anno ha già perso otto partite, che sarebbero niente se non ci avesse abituati alla perfezione. Nadal è stato finalista a Parigi Bercy, e ne è sortito strapazzato da Nalbandian. Djokovic da un mese non vince più un match. Roddick pensa alla finale di Davis (fine novembre) e non avrà voglia di sacrificarsi. Davydenko, da quando è al centro del caso scommesse, fa fatica persino a ributtare la pallina oltre la rete. La novità è Richard Gasquet, francese, stessi anni di Nadal: talento e discontinuità. Il Masters è un torneo fascinoso che giunge nel momento sbagliato. A giocarlo sono campioni incerottati e con più di 70 match sulle spalle. Ma a vincerlo sono sempre stati i più forti. Anche perché quando si fa sul serio, trucchi e scommesse non servono più…..

 

Io, capro espiatorio avevo il conto in rosso

 

(Alessio: “Ho fatto una stronz….. Ma la punizione è troppo severa”)

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 11-11-07

 

Alessio di Mauro ha saputo venerdi pomeriggio della squalifica per aver scommesso. Come ha reagito? «Quando mi hanno chiamato gli avvocati sul momento sono stato un po’ sollevato. La richiesta di 3 anni dell’Atp mi aveva terrorizzato. Ma poi mi sono sentito sempre più amareggiato e deluso. Soprattutto a livello di immagine la sentenza è troppo pesante:.1o ho ‘fatto una stronzata, ma vengo punito in modo eccessivo. Magari passero alla storia come l’unico squalificato per le scommesse nel tennis. Che devo dire? E’ andata cosi, mi allenèrò di più per rientrare più forte ed e ancora più incazzato”. Ma che cosa si attendeva un premio? Per un tesserato scommettere sul tennis è reato. «Mi attendevo una multa “Simbolica. Ho ammesso di aver sbagliato, ma non pensavo che il regolamento vietasse tutte le .scommesse, anche quelle su altri tornei dove non giocavo. E poi parliamo di piccole somme, 15-20 euro, dal novembre dèll’anno scorso, per un totale di 5000 euro. Puntavo soprattutto partite multiple, ad alto rischio». Ma è vero che il conto di scommesse on line era anche in rosso? Si, pérdevo. Mica sapevo come stava tizio e caio. Perciò; come idea mia, vedendo che i calciatori avevano avuto problemi, non puntavo mai sul tornei dove giocavo io: perché negli spogliatoi vedi se uno sta male o è in forma. E ne puoi trarre vantaggio”. Si sente un po’ il capro espiatorio di uno scandalo, che non trova i colpevoli delle partite truccate? «Penso di sì, perchè le partite truccate sono ben, più delicate delle scommesse, c’è una bella differenza tra uno che ha il vizietto di. scommettere su tanti sport dal calcio, al basket alla pallavolo, e qualche volta anche su1 tennis, e uno che le partite le vende……Ma benedetto ragazzo non le è venuto mai il dubbio di dare un’occhiata al regolameto Atp? “no, anche perché l’inglese non lo capisco tanto, ve ne sarete anche accorti in cèrte interviste nei tornei all’estero. Mi sono preoccupato molto di più del regolamento antidoping…”

Pescando sono rinato, ora il Masters e la Davis

(Andy: “prima voglio vincere la Davis e poi Wimbledon….dopo di che potrò anche dedicarmi tutta la vita alla pesca)

Lorenzo Cazzaniga, sport week del 10-11-07

Fino a pochi mesi fa, Andy Roddick si definiva il “classico stupidotto americano”. Si vantava di non leggere libri e di volersi accompagnare solo a starlette televisive. Nel frattempo era arrivato un trionfo allo Us Open che gli era valso la prima posizione mondiale a fine 2003. Poi è arrivato Roger Federer. Che ha cominciato prima a batterlo, poi a umiliarlo, infine a scoraggiarlo. Ora, dopo un periodo di crisi, Roddick ha trascinato gli States alla finale di coppa Davis (contro la Russia, a Portland, dal 3 al 2 dicembre) e punta al colpo grosso nel Masters di Shanghai (11-18 novembre). Lei era numero uno del Mondo, poi Federer l’ha scacciata via: non deve essere il suo migliore amico. «Il problema è che Roger è pure una brava persona. Non riesco a farmelo stare antipatico. Se mi avesse lasciato un Wimbledon, mi sarebbe ancora più simpatico. Dopo essere stato numero 1, lei è andato in crisi: cosa è Successo? «Spesso ti poni dei traguardi ambiziosi e quando non arrivi a centrarli tutti, perdi fiducia. Il punto più basso fu Wimbledon 2oo6: arrivai molto carico ma persi netto con Murray. Tornai a casa e per diversi giorni pensai solo a pescare e a capire come uscire da quel periodo nero». Come ci riuscì? «Un giorno mi sono alzato, c’era un bel cielo azzurro, sono tornato sul campo e improvvisamente ho cominciato a colpire meglio la palla. Ma sai che differenza c’è tra giocare incredibilmente bene o incredibilmente male?». No, dica lei. «Quasi nessuna. Basta poco e spesso non capisci perché un giorno giochi in maniera perfetta e quello dopo i colpi escono di un centimetro. E’ questione di consapevolezza nei propri mezzi, fiducia e un pizzico di fortuna». Crede di poter tornare ancora numero r del Mondo? «In questo momento non sono nemmeno vicino al numero 3, quindi niente illusioni. Dipende sempre se il marziano (Federer, ndr) si stanca di vincere. Ma quali obiettivi si è posto? «La coppa Davis. Siamo in finale, giochiamo in casa e abbiamo una grande chance. Sono il classico americano che ama portare la sua bandiera e lottare per vincere una gara a squadre. Sarà lo stesso per l’Olimpiade 2008. Per il resto, datemi una coppa di Wimbledon e poi posso smettere di giocare!». Un tempo gli Usa dominavano il tennis, ora si parla addirittura di crisi: che cosa ne pensa? «Che nemmeno noi possiamo tirar fuori un Agassi o un Sampras tutte le stagioni. Però non va male: io e James (Blake, ndr) siamo tra i top 10, possiamo vincere la Davis, abbiamo il doppio più forte al Mondo e ci sono alcune promesse che stanno crescendo in fretta. Però senza il numero 1 si parlerà sempre di crisi». Giovane, ricco, famoso e di bell’aspetto: oltre che sui campi da tennis, farà strage anche fuori «Non va male, ma sono consapevole di giocare a tennis in maniera speciale. Per il resto non faccio cose molto diverse dagli altri. Davvero interessa a qualcuno chi è la mia fidanzata?”

Ha senso il torneo per il miglior giocatore dell’anno?

(Perché non unire i due master e creare una sorta di quinto slam?)

Lorenzo Cazzaniga, sport week del 10-11-07

Il Masters che chiude la stagione tennistica è una Ferrari con il motore di un’utilitaria. Sulla carta è una sorta di Mondiale: 65 tornei che qualificano Otto giocatori, il Gotha del tennis riunito in un’unica sede (Shanghai, 11-18 novembre). Invece, ha una gamba zoppa. Dovuta a un’unica colpa. la formula, che antepone gli interessi commerciali a quelli tecnici. Ecco allora riproporsi i due famigerati gironi all’italiana dai quali escono i quattro semifinalisti. Viene così a cadere la prima regola di questo sport: chi perde prepara le valigie e saluta la compagnia. Al Masters, invece, ti puoi permettere di perdere una partita (al limite, anche due) e vincere lo stesso il torneo. L’ultima volta accadde nel 2005 quando David Nalbandian perse nel girone eliminatorio da Roger Federer per poi battere lo svizzero in finale. Ancora: un giocatore potrebbe essere spinto a perdere un match per incontrare in semifinale un dato avversario piuttosto che un altro. Con il polverone-scommesse che si è appena alzato, sarebbe il caso di non alimentare sospetti. Ma allora perché si continua a preferire questa formula? Per denaro. Il girone all’italiana assicura che tutti i top player (e soprattutto l’accoppiata Federer-Nadal) disputino almeno tre incontri, con un programma di gioco che può essere diluito in sei giorni e una conseguente miglior visibilità televisiva, visto che di soli montepremi L’evento costa 3 milioni e 700 mila dollari. La soluzione ideale sarebbe riunire il Masters maschile e quello femminile con la formula dell’eliminazione diretta e gli uomini che giocano al meglio dei 5 set. Sarebbe una sorta di quinto Slam che parte dai quarti di finale. Ma siamo al “fantatennis”: Atp e Wta mal sopportano la convivenza e hanno fatto sapere che dal 2009 il Masters maschile si sposterà da Shanghai a Londra, mentre quello femminile finirà dal 2oo8 al 2010 a Doha e poi a Istanbul fino al 2013.

Stangata per Di Mauro “Scommette sul tennis”

(La sentenza di squalifica, se confermata, potrebbe chiudere definitivamente la carriera del giocatore siciliano)

Stefano Semeraro, la stampa del 8-11-07

Qualcosa di grosso inizia a trapelare sulle indagini che l’Atp, l’associazione tennisti professionisti, sta svolgendo a proposito della vicenda delle scommesse illegali. Almeno un giocatore italiano, Alessio Di Mauro, 30 anni, oggi n. 124 della classifica mondiale (ma è stato anche n. 68), finalista a Buenos Aires a inizio stagione e già azzurro di Davis, è stato ascoltato nelle scorse settimane da alcuni responsabili del sindacato giocatori. Motivo: le puntate sul tennis riferibili a un conto a suo nome presso un sito di scommesse on-line.
L’Atp per ora si nasconde dietro un elegante «no comment», invocando il riserbo imposto dal protocollo che scatta in questi casi, ma Di Mauro purtroppo per il momento sembra davvero nei guai. Per colpa, con tutta probabilità, di una leggerezza. «E’ un conto pubblico, aperto alla luce del sole, e per giunta in perdita - spiega da Catania Fabio Rizzo, il suo allenatore -. Sul quale Alessio ha effettuato giocate minime, di puro divertimento». Purtroppo un’ingenuità Di Mauro in effetti l’ha commessa. Ha puntato, oltre che su altri sport, anche su alcuni match di tennis. «Ma non certo sui suoi, né su quelli di tornei a cui stava partecipando - aggiunge Rizzo -. Il fatto è che non sapeva neppure che fosse proibito! Quando gli hanno contestato il fatto, come tanti altri, è caduto dalle nuvole. Ha ammesso la proprie colpa, ora però si sente il potenziale capro espiatorio di questa situazione, ed è preoccupato e amareggiato per questo». L’Atp ha avviato da tempo circa 250 indagini, chiamiamole così, sui tennisti titolari di un conto presso i bookmaker del web. Sta raccogliendo dati e testimonianze, incalzata anche dalle proteste di tutto l’ambiente, degli addetti ai lavori, della stampa. Le ultime, quelle gridate ieri da Tommy Haas e dalla federazione tedesca, che ha ammesso la propria impotenza nell’intervenire su una piaga che, come sussurrano molti coach chiedendo però di restare anonimi, «è molto più grande di quanto immaginiate». C’è da augurarsi che, per soddisfare in qualche modo le tante e giustificate richieste di chiarezza, De Villiers e i suoi sottoposti non abbiano deciso ora di calare mannaie «esemplari» su chi ha sì commesso qualche peccato veniale, di esecrabile leggerezza, ma ben lontano dagli illeciti seri, profondi e maleodoranti. Ed evitino poi di mettere i piedi nella vera palude: quella dei tanti personaggi foschi che telefonano a coach e giocatori nelle camere di hotel, li avvicinano nelle players lounge o a bordo campo per proporre loro di ammorbidirsi a comando in questa o in quella partita. «Se Alessio avesse voluto fare qualcosa di sporco - continua Rizzo - certo non avrebbe usato il proprio nome. Tutti sapevano che Alessio scommette soprattutto sul calcio, ma è un hobby innocuo, che, ripeto, riguarda cifre irrisorie. Fra l’altro ci tiene a far sapere che nessuno dei suoi match compare nella lista delle partite sotto indagine». Di Mauro per tutelarsi si è comunque affidato a uno studio legale di Torino, «perché ha la coscienza assolutamente pulita e si augura che questa faccenda serva anche a fare chiarezza». Giustizia sì, e in fretta. Giustizia sommaria no.

Dopo lo stop di tre anni a Di Mauro nel mirino altri azzurri

(Anche Starace, Galimberti, Bracciali e Luzzi verranno ascoltati tra un po’ di giorni)

Andrea Facchinetti, E Polis Roma, del 09-11-07

L’Atp stringe il cerchio nella vicenda dei giocatori coinvolti nell’inchiesta sulle partite truccate e cala la mannaia. La prima vittima è Alessio Di Mauro che, dopo essere stato ascoltato dai responsabili del sindacato giocatori, è stato condannato a tre anni di squalifica in attesa del giudizio d’appello. Il suo torto è quello di essere iscritto ad un’agenzia di scommesse on-line, attraverso la quale avrebbe puntato dei soldi in passato anche su alcune partite di tennis. «Ma mai che riguardassero lui o il torneo a cui partecipava», fa sapere l’entourage del siracusano, che precisa quanto le puntate fossero minime e come il conto fosse addirittura in rosso. L’impressione è che l’Atp intenda sparare nel mucchio, condannando solo chi ha commesso un’ingenuità ma la questione diventa giorno dopo giorno più cruenta. L’ultima ammissione di tentata corruzione arriva dal ceco Hernych, che ha dichiarato di avere ricevuto due telefonate in albergo durante il torneo di Mosca del 2006: «Chi mi chiese se volevo perdere la partita parlava in inglese, senza presentarsi. Quando ho detto no ha chiuso il telefono». La lista in mano al sindacato coinvolge circa 250 giocatori e nei prossimi giorni saranno ascoltati altri quattro italiani possessori in passato di un conto di scommesse on line: Starace, Galimberti, Bracciali e Luzzi…..

Potito primo re d’Italia

(Intervista intensa a Poto e stupenda ragazza: “ho un carattere da numero uno, ma devo ancora migliorare molto sulle superfici veloci”)

Vincenzo Martucci, sport week del 3-11-07

Tutti dicono: «Essere il primo italiano nella. classifica mondiale non conta, meglio essere il quarto del gruppo, ma fra i top ten”. Invece Potito Starace, che ha superato Filippo Volandri e riporta un campano in vetta quasi 20 anni dopo Diego Nargiso (nel 1988), va controcorrente. «Anch’io vorrei essere fra i primi 10, e anch’io vorrei tanti italiani molto più avanti in classifica, ma la rincorsa a questo risultato è stata lunga e, comunque, arrivarci tra i primi 30 del Mondo non è malaccio». E non è malaccio neanche il resto della vita e della persona di Potito, un bel moro con tanto di codino, orecchino e fidanzata da urlo: Marica Giannini, che lavora in televisione. «Bello?», dice lui. «Mi definirei attraente: sguardo, sorriso, espressività…. tengo all’immagine e a piacere alla gente, e se hai un bell’aspetto sicuramente ti cercano di più l’orecchino di brillanti ce l’ho da dieci anni, sempre a sinistra, non so perché; i capelli li porto lunghi da quattro, ora al collo tengo solo una catenina. Eh sì, mi piaccio». Starace piace anche perché gioca un bel tennis, offensivo, di fantasia. E perché in campo non nascondo: la ma indole. Amo giocare e veder giocare così, e la gente vuole questo Da. ragazzo adoravo Andre Agassi. diverso da tutti gli altri. E anch’io forse lo sono”. Agassi veniva dalla Strip di Las Vegas, Starace viene da Cervinara, piccolo centro fra Caserta, Benevento e Avellino: è un miracolato? «Non è: stato facile venir fuori da un paese di 13 mila abitanti, dove nessuno gioca a tennis, infatti a 14 anni sono venuto via da casa. Così sono cresciuto prima, rispetto ai coetanei. E, comunque, sarei venuto via, avrei studiato come i miei fratelli: sono sempre stato molto ambizioso e volevo di più anche se quando torno a casa sono quello di sempre, con gli amici di sempre, e facciamo le solite cene dalle 8 di sera alla mattina, con mai meno di 15 persone». Chissà quanti le chiedono un aiutino: lei è ricco e famoso. «Ma no: i miei amici sono tutti ragazzi con un lavoro normale e non mi fanno pesare se guadagno due:, trecentomila euro l’anno». I soldi aiutano anche a trovare belle compagne? «Beh, non è vero che i soldi non servono a niente. Non fanno la felicità, ma servono. E, come tennista di primo piano, ho un’immagine, tutto è diverso anche nei rapporti interpersonali e sicuramente gli ambienti che frequento sono gli stessi di personaggi dello spettacolo, della tv. Ma, per esempio. quand’ho conosciuto Marica, a marzo, al torneo di Napoli, lei non sapeva chi fossi… Dev’essere difficile avere una relazione normale per chi gioca 26 tornei l’anno. «Appena posso la porto con me. A New York abbiamo fatto tante cose insieme. cinema, musei. Comunque penso che sia importante conservare degli spazi nostri». E lo spazio di Starace è solo sulla terra rossa o anche sul veloce? «Il salto di qualità lo devo fare sulle superfici dure: è questione di tennis, prima che di tecnica pura, mi manca l’attitudine di andare subito avanti. Cerco di ispirarmi a Carlos Moya: anche lui serve bene e ha il dritto migliore del rovescio. Ma rispetto alla terra ho meno tempo per pensare, devo subito reagire ed e sempre molto rapido di piedi. Giocando più doppi, ho fatto dei miglioramenti sia negli spostamenti sia nella risposta. Ma devo ancora fame, anche come intensità; sul veloce non puoi mai avere alcun calo. Spero sia solo questione di tempo e di partite: in fondo a me piace proprio accorciare lo scambio e cercare il punto». Pensa di avere un carattere da numero 1? «Ammetto che, per certi atteggiamenti, posso sembrare apatico, ma è solo l’impressione che do all’esterno. Però non mi sono mai accontentato e mi sono sempre spronato a pensare a un livello che mi incitava a fare Rianna. il coach che conobbi quando la Fit mi convocò la prima volta al centro tecnico di Cesenatico, nel ‘94, a 13 anni, e che ho ritrovato, per non lasciarlo più. Non dimentichiamo che questo è il primo anno in cui sono continuo nel rendimento perché non mi sono fatto male: io, a parte i problemi di sempre alla schiena, mi sono rotto una caviglia e un braccio, che non è poco per una persona normale, figurati per un atleta. Il difetto che mi riconosco è che prima. ero un po’ pigro nell’allenamento, adesso, anche grazie all’aiuto di Stefano Baraldo, il fisioterapista che mi segue dappertutto e con il quale posso fare dei continui richiami durante i tornei, va molto meglio». Oltre alla salute e al record in classifica, vincendo il challenger di Napoli Starace ha anche trovato Marica.: bionda, occhi chiari, un sorriso che conquista. È stato amore a prima vista? “Avevo sempre avuto fidanzate more, lei è davvero l’eccezione. All’inizio mi ha. conquistato con la bellezza: esteticamente è proprio una bella ragazza ed è sempre di buon umore. Poi, conoscendola, è subentrato altro. Mi colpisce anche perché a volte è un po’ ingenua”. Come l’ha conquistata.? “Par1ando. L’ho conosciuta l’ultimo giorno del torneo di Napoli: lei è di lì e lavorava lì. Poi l’ho sentita al telefono. E più avanti ci siamo visti; abbiamo cominciato a frequentarci. Non è stato immediato”». Lei tennista. professionista, Marica impegnatissima da tv e moda: è difficile mantenere una relazione con una persona bella, famosa e spesso in giro per il Mondo? «È difficile il giusto: siamo un po’ gelosi, ma abbiamo anche fiducia uno nell’altra». A casa. chi porta i pantaloni e chi cucina, e che cosa? «I pantaloni.. . A Marica piace scherzare e decidere per Poto… Non viviamo insieme ma, quando succede, cucina lei. Il mio pranzo ideale è: gnocchi al ragù, tagliata e tirami su». Qual è il regalo più bello che le ha fatto o le farà? “Per ora niente, ci servirebbero due telefoni speciali con cui spendere meno. Abbiamo bollette a mille zeri!»

Nalbandian piega Nadal e conquista anche Parigi

(Rafa: “David ora è in una condizione incredibile….ma quando durerà?)

Federico Pistone, il corriere della sera del 5-11-07

MILANO - «Non mi sarei mai immaginato di battere Nadal». Infatti David Nalbandian non l’ha «battuto», l’ha massacrato, e quelle parole di circostanza a fine impresa suonano ironiche e feroci. Ci ha messo giusto un’oretta l’argentino per chiudere il caso con lo spagnolo, numero due del mondo: 6-4, 6-0 e a casa. Nalbandian, 25 anni, sale così al nono posto del ranking, ma ancora non basta per infilarsi nel Masters di Shanghai per il quale staccano il biglietto d’invito i primi otto dell’Atp. Sarà quindi il «primo sostituto» e la detonazione suona beffarda perché il ragazzo di Cordoba, che quel Masters lo aveva già vinto nel 2005 su Federer, ha compiuto nell’ultimo tratto di stagione prodezze, memorabili e in questo momento può essere considerato il giocatore più forte del pianeta. A Parigi, prima di bruciare Nadal, si era sbarazzato un’altra volta di Federer, il re che quando incontra Nalbandian diventa uno qualsiasi. Era già successo il 21 ottobre sul cemento del Masters Series di Madrid: Nalbandian inchiodò l’elvetico, completando l’impresa di abbattere nello stesso torneo il numero 1, il 2 (sempre Nactal) e il 3, il serbo Djokovic. Da Madrid a Parigi, Nalbahdian ha mantenuto forma e spavalderia. «Spera che l’anno prossimo David cali un po’ di forma», ha dichiarato ieri a fine. match il frastornato Rafael Nadal, cercando di dare un nome alla sua bruciante sconfitta. «È in una condizione incredibile. Io ho giocato bene, non mi rimprovero niente. Lui adesso è imbattibile. Ha vinto facilmente i due tornei di chiusura, superando due volte Federer, una volta Djokovic e me. Ma - si consola Nadal- non può durare in eterno questo stato di forma». Nalbandian non è così convinto e lancia nuove :minacce: «sto vivendo sì un momento buono, ma non sono ancora al massimo». Com’è che «diesel» Nalbandian ci ha messo tanto a impennare? «A inizio stagione ho avuto problemi al ginocchio si scusa l’argentino - e non sono mai stato al cento per cento. Piano piano sto ritrovando la condizione ma anche, nella finale con Nadal ho avuto dei passaggi a vuoto». Per fortuna. Nalbandian ha una voglia matta di chiudere il 2007 con l’ultimo botto, ma è costretto a stare alla finestra a sperare nelle ” disgrazie altrui per il Masters di Shanghai…..

Un tennista: “Truccati 140 match, grande Slam compreso”

(Ci mancava solo “un altro giocatore” tedesco a fomentare lo scandalo scommesse)

Silvano Tauceri, il Giornale del 5-11-07

Lo scandalo scommesse dilaga e turba il tennis internazionale. Alla notizia che persino Scotland Yard, dopo la denuncia di un pentito, sta conducendo indagini sulle scommesse si aggiungono le accuse rivolte al russo Nikolaj Davydenko e ieri l’autodenuncia di un giocatore tedesco che alla tv Inside Sport ha dichiarato: «Sono 140 le partite sospette, fra cui 17 tornei del Grande Slam. Coinvolgono 154 giocatori e 17 giocatrici. Quasi tutto avviene negli spogliatoi, i giocatori guadagnano più con le scommesse che con le vittorie sul campo. Un mio connazionale - ha concluso - mi ha proposto di scommettere una somma di 5 cifre su un suo risultato preciso».
Il russo Davydenko, numero 4 al mondo, è uno dei più sospettati per via del ritiro, ad agosto, durante il torneo polacco di Sopot contro l’argentino Arguello. Sull’ esito dell’incontro erano state puntate somme rilevanti. A San Pietroburgo gli è stata poi inflitta un’ammenda di 2mila dollari per scarso impegno; al torneo parigino di Bercy ha giocato così male contro il cipriota Baghdatis che un giudice di sedia - in diretta tv - l’ha apostrofato: «Stai servendo peggio di me». Davydenko contrattacca: “adesso basta, questo è mobbing” e accusa il francese Etienne de Villiers, presidente Atp, l’associazione dei tennisti professionisti: «Non tutela i giocatori». Rigetta tutte le accuse e si ritiene vittima di un processo mediatico. Sospetti marginali sono stati avanzati anche su alcune prestazioni del serbo Djokovic, il campione emergente di quest’anno con relative smentite. Di recente ElAynaoui, già numero 14, ha rivelato di aver ricevuto un’offerta di 25mila dollari per lasciare vincere un ceco, così, per facilitargli la carriera. Altri giocatori, Clement, Liodra, Tursunov, Elseneer e Goldstein, hanno confermato l’esistenza di partite truccate. «Il fenomeno esiste da tempo ammette Francesco Ricci Bitti, presidente della federazione internazionale -, si è accentuato negli ultimi tempi perché le scommesse legali stanno dilagando, specie tramite internet. Abbiamo ricevuto denunce, raccolto rivelazioni. È vero, esiste una lista di 140 partite sulle quali sta indagando la commissione appositamente costituita dalla federazione e dalle due associazioni, maschile e femminile. Non possiamo escludere che qualcosa sia avvenuto anche nei tornei dello Slam. Di certo - prosegue Ricci Britti - quasi totalmente vi è coinvolto il tennis di secondo livello, tornei minori e challenger. Giocatori ai quali la classifica interessa marginalmente e che cercano soldi per proseguire l’attività, trovandoli con le scommesse più che con le vittorie sul campo. L’altra origine del fenomeno - prosegue è nell’entourage: c’è infatti troppa gente attorno ai giocatori e, in molti casi non occorre coinvolgerli direttamente, basta conoscerne il grado di forma per capire come andrà a finire l’incontro e scommettere. Siamo impegnati a raggiungere risultati concreti, per non far perdere credibilità a questo tennis».

Tennis e scommesse “Italiani indagati dall’Atp”

(“Viva Liberation”)

Gianni Clerici, la repubblica del 04-11-07

PARIGI - «Bravo Clerici!» mi sono sentito dire, al mio ingresso nella sala stampa di Bercy. Per un momento ho creduto che la mia notorietà di romanziere avesse superato i confini, ma mi sono dovuto subito ricredere. «Bravo les italiens», hanno insistito i colleghi. Mi son dovuto allora rivolgere all’unico amico italiano in vista , un addetto ai lavori che tutto conosce, e: «Non sai niente. Non hai letto Liberation?», mi son sentito dire. Avevo acquistato quel lontano parente della Repubblica, per solito poco versato nello sport, ma mi ero arrestato alle pagine politiche. Mi si parava invece davanti un articolone su doppia pagina, firmato da ben quattro colleghi , due dei quali mi informava l’amico - noti cronisti investigativi. Era, l’argomento. quello ormai rifritto delle scommesse tipo
Betfair, tramite internet. L’argomento del quale il nostro giornale è stato il primo ad occuparsi, in Italia. Ma, dopo quattro capitoletti interessanti si, ma non da scoop, giungeva un paragrafo dedicato a cinque giocatori italiani, che riproduco: Gayle Bradshaw, uno dei vice direttori dell’Atp (Association Tennis Players) ha intrattenuto una corrispondenza con i principali bookmakers di internet. L’oggetto: cinque giocatori italiani. Potito Starace, Daniele Bracciali. Giorgio Galimberti, Alessio Di Mauro e Federico Luzzi. I primi tre avrebbero aperto conti presso i bookmakers (è sufficiente - aggiungo - digitare gli estremi della propria carta di credito ). L’Atp ha chiesto di sapere se hanno fatto puntate sui loro stessi match, e con quale risultato. Bradshaw ha ricevuto una documentazione l’undici settembre. Da quel momento, silenzio. Mi sono subito buttato a cercare il vice di ATP, che conosco, ma non era a Parigi. Cosi come non c’era, dopo una rapida apparizione di un giorno, il presidente Etienne De Villiers. Terminato di leggere la notizia, non potevo non diventare oggetto della curiosità generale. Nell’affermare che non ero a conoscenza della notizia, non sono stato creduto. Ho detto allora che ero venuto a conoscenza della curiosità della Associazione per un altro match dei nostri eroi, quello tra Volandri e Luzzi, nel corso del quale Luzzi, non certo favorito, era stato in vantaggio di un set e di un break, prima di perdere. Ho anche affermato di non aver alcuna opinione al riguardo, anche perché, di questo passo, qualsiasi partita che vada contro pronostico apparirà incriminabile . A mia conoscenza, la ATP non può far altro che mettersi in comunicazione con tutti i siti di scommesse esistenti, come è avvenuto da alcuni mesi. L’accordo fa si che, non appena si verifichino inattesi flussi di denaro su un match, i siti ne informino l’Associazione. E, a questo punto, può iniziare una inchiesta che richiederebbe, però, gli sforzi congiunti di Agatha Christie e George Simenon. Rimarranno, temo, i dubbi, se non in caso di una improbabile auto confessione (in proposito Starace e Bracciali hanno diffuso un comunicato in cui spiegano «che non sono mai stati in nessuna maniera indagati dall’Atp» e «che nulla hanno mai avuto a che fare con fattispecie di questo genere»). Mi diceva il mio vicino di banco televisivo, Younes El Aynaoui, che commenta per Al Jazira: «Quando ero vicino al ritiro, in un torneo Challenger (di secondo piano) mi sono visto offrire centomila euro per farmi battere da un brocco al primo turno. Il premio del vincitore di quel torneo non superava i venticinquemila euro». Sorrideva, il marocchino, gran sportivo non meno che gran signore. Ma, a differenza del suo, match quali i recenti del russo Davidenko con Bagdatis, o addirittura contro un mediocre quale Del Potro, non si risolveranno certo con una multa di duemila dollari «per mancanza di combattività». Una multa che, per il n. 4 del mondo, equivale giusto ad argent de poche…

Cocaina Hingis

(Lo scriba: “la brutta fine della ragazza mammona ma di comprensibile mammosità”)

Gianni Clerici, la repubblica del 2-11-07

La Hingis positiva, appare in un flash d’agenzia. E, nonostante il disincanto, se non proprio il cinismo, da vecchio scriba rimango sorpreso, e anche scorato. Non ho difficoltà ad immaginarla nel corso della sua dichiarazione, mentre si indirizza ad una siepe di microfoni protesi dai paparazzi della portatile. Non è molto cambiato, quel suo visino infantile, dal primo giorno in cui mi apparve su un campo secondario del Roland Garros, a quattordici anni. Un visino da angioletto, un ovale mirabile, un sorriso avvincente: ragazzina non solo bella, ma di sicura intelligenza. Molto mammosa, anche, ma di comprensibile mammosità, Visto che la mamma si era riprodotta con una sorta di portatore di seme, presto scomparso nell’anonimità. Il buonsenso geometrico era tale che, vedendola, mi venne subito in mente la grandissima Maureen Connolly, troppo presto ritiratasi, troppo presto scomparsa. Della. Connolly, Martina, pareva avere lo stesso vizio, nell’accezione positiva: amava visceralmente i cavalli, con tutte le freudiane implicazioni delle amazzoni. Appena ebbe messo da parte qualche franco, nella sua nuova patria svizzera - era nata slovacca – si concesse proprio una bella cavalla, e non una decapottabile di lusso come le sue banali colleghe. Io che ho la mania dei soprannomi modo amichevole per meglio appropriarsi del soprannominato - presi a chiamarla Minerva, sinché arrivò il giorno in cui me ne chiese il perché. “Perchè - risposi - sei nata dal cervello di tuo mamma, perchè hai grande equilibrio quando giochi, e prevedi sempre quanto ti accadrà». Chissà se aveva previsto anche questa fine anticipata dèlla carriera sportiva, povera Martina. La positività; tra le ragazze, era sin qui parsa occasionale. Ci fu giusto la Sesil Karatantcheva, bulgara, speranza bruciata. Fu poi indaga una campionessa ancora attivissima, la russa Svetlana Kuznetsova, che si difese invocando la non persegubilità della colpa: il momento dell’indagine l’aveva infatti colta mentre si dedicava ad una esibizione - beninteso tennisticain Belgio. Un paese in cui la positività presuppone conseguenze penali. Se le informazioni di ogg sono esatte, Martina sarebbe stata colta in fallo nel corso dell’ultimo torneo di Wimble don. E mi piacerebbe trarne un campioncino, in cui la tennista, sentendosi impotente a ripetere la sua grande impresa de 1997, offre l’anima a un farmacista Mefistofele, in cambio di una chance di vittoria. Ma sono anche il primo a scartare questa ipotesi faustiana, perché sembra invece trattarsi di una striscetta di cocaina, la stessa che già contagiò il mio, povero Vitas Gerulaitis e Mats Wilander. Questa fine di carriera appare comunque inattesa, così come era stato il ritiro delle tre stagioni, dal 2003 al 2005, spesi a curarsi vari malanni, tra cui, ricorrenti, quelli ai, piedi. Malanni che in realtà nascondevano l’impotenza contro la possanza delle sorelle Williams. Il suo ritorno del 2006 aveva incantato tutti, non solo per la qualità del gioco, e il ritorno nelle First Ten, ma per un atteggiamento di incantevole maturità, l’accettazione di un ruolo dignitosissimo, ma non più da protagonista assoluta. Anche le frasi d’addio appaiono dignitose: “Accuse immonde e mostruose. Non sono colpevole personalmente sono terrorizzata dal prendere droghe. Non le ho mai prese, sono pulita al 100%. E so di numerose incoerenze sui test delle urine prelevate, a Wimbledon. E’ stato uno choc, ma non voglio iniziare una lotta contro le autorità preposte al doping. Anche per tutti i miei malanni, e per l’ età (27 anni ndr) preferisco andarmene». Parole commoventi, soltanto sé le analisi fossero state sbagliate.

Tennis nella polvere, dopo le scommesse la “coca” della Hingis

(Il “tragico passaggio” dal tirare geometrie in campo al tirare “coca” negli spogliatoi”

Stefano Semeraro, la stampa del 2-11-05

Era stata l’ultima prima di Justine Henin a tirare di fino, a disegnare il campo da tennis con geometrie impeccabili, leggere. Numero 1 del mondo per la prima volta a 17 anni, nel ‘97. Una piccola buddha dei courts, tutta ritmo e sorrisini che sembravano paresi. Adesso l’accusano di avér tirato, anche, di coca. Di esserci andata giù pesante. Di essersele fatte, le righe, non solo di averle sfiorate colpendo la sferetta di gomma. E’ l’ultimo scandalo che si abbatte su uno sport in crisi di immagine, tra scommesse illegali e polemiche assortite. Martina Hingis, Little Miss Perfection sviluppatasi nel tempo in una sorta di vedova nera attraverso ripetuti flirt con sportivi opacizzati all’istante dal suo fascino solo in apparenza gelidino; è risultata positiva alla cocaina in un test antidoping durante l’ultimo Wimbledon. Lo ha spiegato lei stessa in una conferenza convocata ieri a Zurigo per dichiararsi «innocente a1 100 per cènto». Analisi e contro per ora solo ufficiose, la condannano. Lei, per stroncare sul nascere accuse «così orrende e mostruose, si è sottoposta volontariamente a un test dei capelli che avrebbe dato esito negativo. «L’unico doping che ho sempre usato è stato il mio amore per il tennis - ha metaforizzato la Hingis - dicono che la cocaina procuri euforia, è impossibile giocare a tennis in stato di euforia. La droga mi ha sempre-fatto orrore». E qui, dal bianco si vira verso il giallo: «I miei legali e gli esperti hanno già trovato molte inconsistenze nel modo in cui sono stati maneggiati i campioni di urina - ha continuato Martina -. Ma queste cose vanno sempre per le lunghe e io non ho voglia di passare anni a combattere contro i dirigenti dell’antidoping. Sono frustrata e arrabbiata, questa faccenda ti toglie le motivazioni e così ho deciso, anche per l’infortunio all’anca che mi affligge da tempo, di ritirarmi. dal tennis». Colpevolisti, innocentisti, scatenatevi. La cocaina non è merce nuova nel temiis. Mats Wilander e Karel Novacek nel 1996 furono beccati con le narici nella bustina, più di recente è toccato all’oscurissimo spagnolo Diego Hipperdinger, 2 ani1i di squalifica nel 2004. Quella sagoma di Ilie Nastase una-volta si presentò a Wimbledon con una foglietta di coca arrotolata nel naso, e (presunte) sniffate eccellenti hanno impolverato anche la carriera di Yannick Noah, Vitas Gerulaitis, John McÉnroe e soprattutto Bjorn Borg, un n. 1 che come la Hingis si era ritirato dall’attività e poi era rientrato solo per scoprire ché l’epoca d’oro era finita. Dopo la pausa tra fine 2002 e inizio 2006 imposta da un infortunio a un piede, Martina è riuscita a tornare n. 6 del mondo, ha vinto 3 tornei. Ma non si è mai neppure avvicinata ai livelli fatati di un tempo. Il vero problema per il tennis non sono però le tirate di naso della Hingis - lacrime o coca si vedrà - ma il tempismo infausto della notizia, che piomba su uno sport alle prese con una crisi che rischia di sconfinare nella farsa: si erà appena usciti dalle livide querelle sul doping - ultimo scabroso caso quello di Canas -,ed ecco che scoppia il bubbone delle partite truccate e delle scommesse illegali Tanto che per indagare in spogliatoi dove ormai i mafiosi russi paiono più numerosi dei fisioterapisti (o forse gli uni si sono sostituiti agli altri), la polizia francese, durante il torneo che si sta svolgendo a Parigi-Bercy, aveva infiltrato suoi agenti in borghese. Ieri Etienne De Villiers, il capo dell’Atp che sognava di trasformare il tennis in Disneyland e invece si è ritrovato nel tunnél degli orrori, ha finalmente annunciato da Londra che verranno banditi a vita dal circuito i giocatori beccati . a scommettere. Ammesso che li si becchi, ovvio……

“Madrid quinto slam” Tiriac riscrive il tennis

(Come annullare le tradizioni con i soldi e l’astuzia)

Stefano Semeraro, la stampa del 01 -05-07

I tornei del grande Slam sono. quattro: Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e Us Open. È una delle (ormai poche) certezze del tennis. C’è però un uomo dai molti soldi e dai grandi baffi che non la pensa cosi. Si chiama Ion Tiriac, ex tennista, ex manager e allenatore di Nastase e Panatta, oggi ricchissimo banchiere in Romania, mammasantissima e insieme terrore degli organizzatori di tornei di tennis di tutto il mondo. «Voglio fare di Madrid il quinto torneo dello Slam», l’ha sparata grossa Ion il Vampiro, come lo chiamano da sempre, una decina di giorni fa. Una boutade, una provocazione mediatica? Probabilmente, anzi, sicuramente si. Ma una cannonata che ha fatto saltare sulla sedia Cristian Bimes, presidente della federazione francese di tennis. «Tiriac è un traditore», ha dichiarato lunedi le President. “Ci aveva chiesto di non opporci allo spostamento del torneo di Madrid da ottobre a maggio, dal sintetico alla terra battuta, proprio prima del Roland Garros, giurando che per lui la tradizione è sacra. E ora minaccia la nostra posizione di unico vero campionato del mondo su terra battuta. Meglio che non lo incontri adesso, perché Tiriac rischierebbe di uscirne male, aspetterò la fine del torneo di Parigi-Bercy (che si concluderà domenica, ndr)” Il sospetto è che Bimes voglia strumentalizzare la sparata del businessman romeno per ottenere i tanto sospirati permessi necessari ad allargare l’area e gli impianti del Roland Garros, ma il vero problema è un altro. Tiriac ha dimostrato che con molti soldi e una buona dose di astuzia si possono annullare tradizioni e blasoni centenari. Come? Semplice. In cinque anni ha fatto, sono parole sue, dell’inesistente torneo Atp di Madrid «uno dei più grandi eventi sociali d’Europa». Poi, complice la politica business oriented del boss dell’Atp, Etienne De Villiers, ha deciso di spostarlo nel pieno della stagione europea sulla terra battuta. Dal 2009, sécondo un calendario a cui manca solo l’ultimo placet, Madrid piomberà in calendario come un macigno li una sola settimana di distanza da Parigi, appena dopo Roma, e diventerà un torneo combined, misto maschile e femminile. Alla faccia del prestigio di tornei come Amburgo (declassato, traslocato a luglio e per questo in causa con l’Atp) a cui Madrid ha sottratto la data; di Montecarlo (che manterrà la data ma ha perso lo status di torneo Masters Series, o «1000», come si chiameranno), e di Barcellona, che si vedrà piovere in casa un concorrente scarso di tradizione ma dopato di quattrini. Gli Internazionali d’Italia per ora si sono salvati, anzi, paradossalmente potrebbero avvantaggiarsi della situazione visto che molti tennisti hanno già fatto sapere che di esibirsi in altitudine - Madrid è a 650 metri sul livello dél mare - proprio alla vigilia di Parigi non hanno voglia. Ma il caso Madrid, che in futuro potrà contare su strutture super moderne, compresi tre campi con tetto mobile, crea un precedente che deve allarmare tutti, Roma compresa. Uno Slam, Wimbledon o gli Us Open, “muove” circa 100 milioni di euro all’anno, logico che il Vampiro punti a creare un evento di portata simile. Nato poverissimo, da tennista fino a diventare banchiere con la Tiriac Bank, che a giugno si è fusa con la Unicredit Romania di Alessandro Profumo. Il primo romeno ad essere inserito da Forbes (all’840 posto) nella lista degli uomini più ricchi del mondo, un patrimonio stimato di 1.1 miliardi di dollari. Non ha paura della concorrenza. «Quanto è il montepremi del Roland Garros?», ruggisce. «15 milioni di euro? Bene, io ne metto altri 15 per Madrid. Però voglio lo stesso status di Parigi. Lasciatemi competere». Sarebbe un match duro da vincere anche per le tradizioni centenarie del tennis….

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