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Archivio di Luglio 2007

Totti merita soltanto gratitudine
Ma in Italia siamo incapaci
di apprezzare gli autentici campioni

Sabato 21 Luglio 2007

di Xavier Jacobelli

Adesso che Totti ha deciso di non giocare più in Nazionale, motivando la sua scelta con un’analisi schietta e lucida, bisogna chiedersi ancora una volta che razza di Paese sia il nostro dove, ancora una volta, l’ingratitudine regna sovrana. E si accompagna alla faziosità, alla dietrologia, al pressappochismo. Per non parlare dei vuoti di memoria: gli stessi accusati dai critici del capitano della Roma, dimentichi della gravità di un infortunio che nel febbraio 2006 rischiò di stroncarne la carriera. I sacrifici, l’abnegazione, il dolore sopportato pur di accelerare la preparazione e partecipare ai Mondiali in Germania: tutto è passato in fanteria. Come il contributo di Totti al quarto titolo iridato, che è stato importante e a tratti decisivo: basta rivedere le immagini di un torneo indimenticabile e qui mi permetto di dissentire dalle tesi di Giuseppe Tassi, la cui analisi è tecnicamente intrigante e rinfocola l’eterno dibattito su quanto e come possa essere fondamentale un giocatore in Nazionale. Ma un conto è la disanima spassionata e pungente di Tassi, un altro sono le critiche ingenerose, spesso prevenute che mi è capitato di leggere o di ascoltare in queste ore. Anzichè elogiare il romanista per il comportamento e per la forza d’animo che gli hanno consentito di superare il momento più delicato della sua avventura professionale, prende il sopravvento un dibattito sterile e ripetitivo, rispuntano le diatribe nordiste-sudiste alimentate da stereotipi che hanno stufato. Il fatto è che in Italia siamo incapaci di apprezzare i campioni autentici, soprattutto quando giocano in Nazionale: da Roberto Baggio ad Alessandro Del Piero passando per Francesco Totti, ogni volta c’è sempre bisogno di fare il tifo contro e mai per. Ogni volta si irridono la classe e il talento, non si apprezzano la serietà e la passione dei personaggi, si ridicolizzano i valori preziosi della maglia azzurra. Se l’impossibilità fisica di garantire il massimo rendimento nel proprio club e in azzurro non fosse alla base della scelta di Totti, siamo certi che il capitano della Roma pagherebbe di tasca propria per onorare la Nazionale. Ecco perchè la sua decisione può piacere o no, essere discussa o approvata, ma deve essere rispettata. Nella stessa misura in cui la chiarezza paga sempre. Basta avere il coraggio di praticarla.

L’addio di Totti alla Nazionale:
in azzurro non è mai stato un leader

Venerdì 20 Luglio 2007

di GIUSEPPE TASSI

Con l’addio di Totti la nazionale di calcio perde un giocatore di grandi qualità tecniche, ma non leader, non un uomo decisivo, non un trascinatore. Quel ruolo di spicco che Francesco ha saputo interpretare nella Roma, favorito dalla conoscenza dell’ambiente, dalle profonde radici locali, dalla naturale sbruffoneria, non lo ha mai rivestito con la maglia della nazionale. Non è un caso se i momenti più alti della sua vicenda azzurra restano due calci di rigore, picchi emotivi di alta intensità, dove un grande solista sfida il portiere avversario: il cucchiaio a Van Der Saar nella semifinale europea del 2000 contro l’Olanda e il penalty decisivo contro l’Australia per la qualificazione ai quarti di finale dell’ultimo mondiale. Il Totti azzurro è in due immagini da psicodramma, in due momenti eterni vissuti in prima persona più che per la squadra.
Altri giocatori di grande talento (vedi Mancini) non hanno mai brillato in nazionale, proprio per l’incapacità di trasferire le loro qualità di trascinatori dal club di appartenenza all’azzurro. Se la critica nazionale è stata severa con Totti, non è perché è romano e caciarone, ma perché da un uomo delle sue risorse tecniche era legittimo attendersi un rendimento altissimo, giocate geniali al servizio della squadra e dello spettacolo. Il grave infortunio patito prima del mondiale vittorioso e la faticosa rinascita atletica hanno intossicato il fisico e la mente di Totti, gli hanno tolto la gioia pura del calcio, lasciandogli scorie di fatica incacellabili. Forse Francesco si aspettava di essere santificato per quel recupero miracoloso; e invece la sua presenza marginale nel contesto azzurro del mondiale tedesco, lo ha relegato in secondo piano, fatto salvo il rigore contro l’Australia. Così il trionfo di Berlino ha incorniciato altri personaggi: l’incredibile Grosso, il gigantesco Materazzi, l’inesauribile Gattuso, il fantastico Cannavaro, perno della difesa. Dentro questa squadra, fatta di cemento e rigore, i personalismi di Totti sono diventati accessori, ricami di qualità su un telaio robustissimo. Piano piano Totti ha visto sfilacciarsi il sogno di diventare il simbolo della nazionale di Lippi, l’emblema sfolgorante di un mese magico. Oggi Francesco dice di lasciare per motivi fisici, ma forse ha capito che la nazionale per lui resterà una matrigna. Una squadra incapace di capirlo fino in fondo, di esaltarne il talento. Peccato, perché un Totti più maturo e consapevole avrebbe potuto finalmente lasciare un segno importante nella storia della nazionale.

Vieri in viola: una sfida nella sfida
Bobo ha il diritto di giocarsela sino in fondo
Garantisce Prandelli

Venerdì 20 Luglio 2007

di Xavier Jacobelli

Ha appena compiuto 34 anni. Ha appena cambiato squadra per la tredicesima volta. Ha già segnato 161 gol in serie A. E negli ultimi undici anni ha già guadagnato 46 milioni 565 mila euro (fonte La Gazzetta dello Sport). Ogni volta che si parla di Bobo Vieri bisogna dare i numeri e non potrebbe essere altrimenti considerato che stiamo parlando di uno che è stato fra i più forti ed è fra i più discussi attaccanti del calcio italiano. Così discusso da spaccare in due una tifoseria appassionata qual è quella fiorentina. Modesto parere: Prandelli ha fatto bene a scommettere su Vieri e Corvino ha fatto bene a prenderlo. Primo perchè mi fido di Prandelli. Secondo perchè mi fido di Corvino. Terzo perchè mi fido di Vieri. Colantuono, l’ultimo tecnico che l’ha avuto alle proprie dipendenze, l’ha definito “un professionista straordinario”. Al punto che, se avesse potuto, l’avrebbe portato con sè a Palermo. Se Bobo avesse avuto voglia di fare il pensionato foderato di euro, avrebbe avuto solo l’imbarazzo della scelta: lo volevano in molti, americani e arabi compresi. Se Bobo non avesse voluto rimettersi in gioco, avrebbe potuto fare una scelta molto più comoda di quella fiorentina dove nessuno gli perdonerà nulla, ma in molti saranno pronti a spellarsi le mani se ripagherà la fiducia che gli è stata accordata. La società viola è ambiziosa e forte: nelle ultime due stagioni la squadra ha conquistato sul campo la qualificazione alla Champions League che poi non ha potuto disputare per una manifesta ingiustizia: dei sei illeciti attribuiti in primo grado ai toscani per Calciopoli, non ne è rimasto manco uno in sede di arbitrato del Coni. Naturalmente nessuno ha rifuso i danni alla Fiorentina, ma questo è un altro discorso. Oggi conta soltanto il progetto che i Della Valle hanno affidato a Prandelli e che si accompagna ad un’oculata gestione del bilancio, alla valorizzazione dei giovani (occhio soprattutto a Pazzini, Montolivo, Vandenborre e Semioli), all’intuito di Corvino. In un contesto simile, Vieri è una sfida nella sfida. Il primo che ha interesse a vincerla è certamente lui. Ha il diritto di giocarsela sino in fondo.

Il futuro del calcio? E’ nel passato

Giovedì 19 Luglio 2007

di Enzo Bucchioni

MATARRESE, Abete, Gussoni e ora Collina, il futuro del calcio è sempre nel passato. La grande rivoluzione promessa dopo Calciopoli si è trasformata in uno slogan perfino banale: cambiare tutto per non cambiare niente. Collina non arriva da Marte, per vent’anni ha fatto parte integrante del sistema pallone. Ha approvato scelte giuste e sbagliate, lavorato al fianco di tutti gli arbitri coinvolti nell’inchiesta napoletana, diviso con loro le camere nei lunghi ritiri di Coverciano. Bergamo e Pairetto sono stati i suoi capi per una vita. Tutto questo può significare niente, ma anche tanto. Se Collina è al di sopra di ogni sospetto, non può essere al di fuori della stagione più devastante di una categoria intera. Collina è poi lo stesso che due anni fa ha preferito i soldi dello sponsor (lo stesso del Milan) all’amore per il calcio. E’ anche quello che nelle intercettazioni voleva organizzare incontri carbonari con Galliani. Insomma, non è quel cavaliere senza macchia che forse serviva. Ma alternative più credibili non ne esistono e nessuno ha voglia di fare qualcosa per dare completa autonomia tecnica e finanziaria agli arbitri. Questo, forse, è il vero dramma. Così non resta che riciclare Collina a 500 mila euro l’anno e sperare che un grande arbitro diventi anche un grande designatore.

Vieri alla Fiorentina, i tifosi viola sono divisi.
Cosa ne pensi?

Giovedì 19 Luglio 2007

La notizia dell’arrivo di Christian Vieri ha diviso Firenze più dell’Arno. Sui forum on line la news si è rincorsa e specchiata. Gli affezionati alla Fiorentina non sono riusciti a non commentare il recente colpo del ds Pantaleo Corvino.
L’attaccante reduce da stagioni altalenanti, ma che di recente era tornato al gol nell’anno passato a Bergamo, si è rimesso in discussione, è ripartito da una squadra come l’Atalanta e ha avuto il tempo di ritrovare la forma fisica. Ma questo a qualcuno non basta e sui forum e i ‘muri’ le voci contrappongono, eccone alcune (scrivi anche tu cosa ne pensi): (more…)