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Archivio di Ottobre 2007

Moratti sorpassa Berlusconi anche negli affari
Miglior fatturato (5,986 miliardi di euro)
rispetto a 5,585 miliardi di euro)
e migliori utili (395 milioni contro 315 milioni)

Giovedì 25 Ottobre 2007

MILANO - Il sorpasso nella classifica del campionato di calcio tra Inter e Milan è realtà ormai da un paio di stagioni; ora è venuto anche quello, tra Moratti e Berlusconi, nella classifica delle principali società italiane. È quanto emerge dalla lettura della graduatoria elaborata dall’Ufficio Studi di Mediobanca sui bilanci 2006 delle principali imprese. La Saras della famiglia Moratti si piazza infatti quattordicesima (era al n.18 nel 2005), mentre la Fininvest della famiglia Berlusconi retrocede dal 12° al 16° posto. Saras registra un aumento del fatturato da 5,196 a 5,986 miliardi di euro, Fininvest invece scende da 5,716 a 5,585 miliardi di euro. Il sorpasso è realtà anche per quanto riguarda gli utili: Saras passa da 292 a 395 milioni, Fininvest da 1,8 miliardi a 315 milioni. Ampliando l’analisi a tutti i gruppi familiari presenti nella classifica, si nota che, a parte la Fiat, il più importante, per dimensioni, è il gruppo Riva (9,4 miliardi di fatturato), davanti alla Erg (9,1 miliardi) della famiglia Garrone, proprietaria della Sampdoria. Poi c’è Italmobiliare (Pesenti), la Saras dei Moratti, Edizione Holding (Benetton) che però guadagnerebbe posizioni se consolidasse Autostrade. Questi tre ultimi gruppi hanno tutti superato Berlusconi nel 2006.


Moggi: “Non ho commesso nessun illecito
Voglio tornare nel calcio”

Giovedì 25 Ottobre 2007

MILANO - “Per quello che ho fatto, ritengo che il processo penale finira’ bene per me”. Luciano Moggi, a quasi un anno e mezzo dallo scoppio di calciopoli, continua a proclamare la sua innocenza e in vista del processo di Napoli ribadisce di non aver nulla da rimproverarsi. Ospite di “Password” su RTL 102.5, l’ex direttore generale della Juventus, figura principe del piu’ grande scandalo nella storia del calcio, passa di nuovo al contrattacco. “L’Italia e’ uno Stato di diritto dove certe volte la presunzione d’innocenza si confonde con la
presunzione di colpevolezza, e’ una cosa di cui non si tiene conto - le parole di Moggi - Sembra che io sia il soloresponsabile ma di che cosa ancora non lo so. Nel secondo processo sportivo, dove non potevo essere giudicato perche’ dimissionario ma dove alla fine sono stato giudicato ugualmente perche’ ero io il clown del circo, Sandulli (all’epoca presidente della Corte Federale, ndr) ha detto che non esisteva illecito ma una serie di
articoli 1, cioe’ slealta’ sportiva. Se questo lo dice il tribunale sportivo perche’ si va a finire con 5 anni di squalifica?”. Anche sulla scoperta delle schede telefoniche straniere l’ex dirigente bianconero ha pronta la sua versione dei fatti. “Dovevo nascondermi - racconta - perche’ quando mi sono accorto che ero seguito e intercettato ho dovuto prendere le mie precauzioni. Avevo quelle schede perche’ mi difendevo da Telecom, dove c’erano Tronchetti Provera e Buora. L’Inter? Era sordomuta - ironizza - non faceva telefonate ne’ le riceveva e non mi chiedete perche’ Tronchetti Provera e Buora (nel CdA del club nerazzurro, ndr) facevano parte di Telecom. Sono convinto che l’Inter non parlava con nessuno”.
“Se rifarei quello che ho fatto? Per come sono stati difesi la Juventus e i suoi dirigenti no - commenta Moggi - ho avuto troppo a cuore le sorti della Juve, io, Giraudo e Bettega abbiamo cercato di difendere la Juve ma questo pare che non sia permesso. Io pero’ difendevo gli interessi della Juve perche’ nessuno le andasse contro perche’ oltre alle partite ci sono tante altre cose che si nascondono nel calcio. Il calcio e’ business e da quando sono arrivati i diritti televisivi tutti quanti hanno interesse a fare quello che abbiamo fatto noi. La famiglia Agnelli era al corrente? Ma al corrente di cosa? Non c’e’ stato illecito, avete mai sentito una mia intercettazione con un arbitro? No, invece di altri dirigenti si’”. E a proposito di direttori di gara, chiamato a commentare le prestazioni di Collina e De Santis, l’ex dg della Juve sottolinea che “erano tutti e due bravi. Collina era un grande arbitro, su De Santis posso dire che meno ci arbitrava meglio era, ce ne ha combinate di tutti i colori”. La squalifica per cinque anni gli impedira’ di stare a lungo lontano dal mondo del calcio ma Moggi non e’ rassegnato a un addio definitivo. “Attualmente mi sto divertendo - dice - perche’ e’ piu’ facile criticare che operare, ma e’ solo un momento e spero di rientrare in quell’ambiente che e’ stato il mio. Dove? Io dico che vorrei rientrare nel mondo del calcio se me lo permettono, poi magari ci sara’ qualcuno che credera’ ancora in me. A parita’ di offerta chi preferirei tra
Inter, Milan, Juve, Chelsea e Real? Sceglierei di fare un corso da direttore sportivo e ricomincerei da capo”. Una battuta sul mercato, in particolare quello di Milan e Juve.
“Fossi stato al Milan avrei preso Buffon e Trezeguet e avrei sistemato le cose - prosegue Moggi - mentre per quanto riguarda la campagna acquisti della Juve non deve piacere a me ma a chi l’ha fatta. Dico solo, pero’, che giocano tutti quelli che c’erano prima piu’ alcuni ragazzini, per cui e’ lo zoccolo duro che le permette di essere seconda in classifica e questo e’ un vanto anche per noi vecchi dirigenti”. E intanto c’e’ Lippi che non vede l’ora
di tornare ad allenare. “Un mio aiuto? Non ne ha bisogno - conclude Moggi - e’ il ct campione del mondo e credo che siano molte le squadre che ambirebbero a prenderlo”.

L’ultima vergogna: la Figc richiama in servizio
i giudici e gli inquirenti di Calciopoli
C’è anche l’ex capo Uffico Indagini
che non ha mai chiuso un’inchiesta su Moggi

Giovedì 25 Ottobre 2007

tratto da La Repubblica di oggi, 25 ottobre 2007
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di Corrado Zunino

Diciotto mesi dopo Calciopoli la nuova federazione ha richiamato in servizio permanente giudici e inquirenti dei campionati di Calciopoli. La nuova Federcalcio rapidamente normalizzata ha riaperto le porte, attraverso le recenti nomine sulla giustizia sportiva orchestrate dal presidente del Tar del Lazio Pasquale De Lise, a sette dinosauri che hanno gestito le inchieste del calcio poi finito sotto processo a Roma e a Napoli. De Lise, amico dell´ex presidente Franco Carraro che nel 2005 lo confermò alla guida della Corte federale, in piena tempesta Calciopoli si era autosospeso per il conflitto tra la carica sportiva e la presidenza del Tribunale amministrativo. La nuova Federcalcio di Giancarlo Abete lo scorso giugno ha deciso di nominarlo presidente della commissione di garanzia della giustizia sportiva, i cinque saggi che la scorsa settimana hanno scelto i giudici del nuovo calcio.
E in 48 ore, aiutato da un progressivo disinteresse alle questioni sportive di Francesco Saverio Borrelli, De Lise ha richiamato al lavoro sette uomini del calcio da Prima repubblica.
Curriculum sul tavolo, il presidente del Tar ha riaperto le porte della giustizia sportiva al generale della finanza in pensione Italo Pappa, l´uomo che nelle sei stagioni in cui diresse l´Ufficio Indagini, dal 2001 al 2006, mai portò a termine un´inchiesta nei confronti di Luciano Moggi. Pappa è passato alla storia per essersi fatto prendere in giro dall´ex dg della Juve sul caso Stankovic e per essersi dimesso nelle prime settimane di Calciopoli sotto l´onda di intercettazioni di questo tenore: “Spiega a Pappa come deve comportarsi nell´interrogatorio di Racalbuto, quello è uno disordinato”, intimava Moggi al segretario della Federcalcio, Francesco Ghirelli.
L´indagatore a vuoto dell´era Carraro ora è stato sistemato alla presidenza della delicata quinta sezione della nuova Corte di giustizia: si occuperà di doping, vertenze economiche, procuratori. De Lise, attraverso il neopresidente Giancarlo Coraggio, è riuscito a riproporre alla nuova giustizia tutta la vecchia Corte federale che partorì la sentenza salvatutti del 25 luglio 2006, quella che, graziando Carraro (da 4 anni e mezzo di squalifica a 80 mila euro di ammenda), poté recuperare in serie A Lazio e Fiorentina, ridare la Champions League al Milan, scontare la penalizzazione della Juventus. Ecco, l´allora presidente Piero Sandulli, ora presiede la seconda sezione della Corte di giustizia, l´ex membro Mario Sanino presiede la terza, Mario Serio la quarta. Gli ultimi due componenti della Corte federale degli sconti, il penalista post-democristiano Salvatore Catalano e il professor Silvio Traversa, sono stati chiamati direttamente all´ufficio di presidenza. Un´architettura geometrica quella di Pasquale De Lise, l´ultimo schiaffo a Guido Rossi, a una speranza di riforma del calcio. E un aiuto all´amico Carraro che, nel suo ruolo di alto dirigente Uefa, oggi ritrova uomini vicini in luoghi chiave della Figc restaurata. In regime di restaurazione è stato richiamato in servizio anche Claudio Marchitiello, giudice Caf che durante il processo al Genoa nel 2005 fu accusato di aver scambiato con il collega Vincenzo Barbieri i famosi bigliettini “guarda il viso di Preziosi, un fesso”. Non fu rinnovato nell´incarico, allora.
La nuova Figc ha recuperato anche lui.

Ancelotti, mago di umanità nel Milan ritrovato

Giovedì 25 Ottobre 2007

DI GIUSEPPE TASSI

E’ vero che Lucescu gli ha spalancato le porte del contropiede ma il Milan di Champions League è davvero una gioia per gli occhi. Calcio di altissima qualità, esecuzioni fulminanti firmate Kakà e Seedorf. E poi il figliol prodigo Gilardino, che torna al gol nel momento più difficile della stagione rossonera. Tutto gioiosamente perfetto, una macchina da gioco che ritrova come per magia i suoi meccanismi, stimolata dalla cornice europea. E’ proprio vero che il Milan dei veterani ama i grandi eventi e si perde nella routine del campionato. Eppure con Ronaldo fuori causa e Pato nel ruolo di oggetto misterioso, i rossoneri sono tornati in testa al girone di Champions League e non mi stupirei di ritrovarli presto protagonisti in campionato.
Fra tante stelle ora appannate e ora brillanti, scelgo l’uomo che siede in panchina, l’inossidabile Carlo Ancelotti. Lui, uno dei pochissimi grandi giocatori capace di riciclarsi come tecnico, di essere vincente sul campo e in panchina. Lui che entra in partita teso e concentrato come un novellino, eppure non perde mai le staffe, si fa divorare silenziosamente dalla tensione per liberarsi nella gioia del gol come il primo dei tifosi. E’ bello vederlo sorridere alla tribuna dopo il terzo gol del Milan, è bello vederlo abbracciato ai suoi calciatori che lo sentono vicino e partecipe: uno di loro passato dall’altra parte della barricata.
Ancelotti è l’uomo che amministra i capricci tecnici di Berlusconi e le smanie dei tifosi, che mette faccia e parole a disposizione di tutti dopo ogni sconfitta, l’uomo che ha saputo prendersi una rivincita dopo la più atroce delle beffe: la sconfitta nella finalissima di Champions League contro il Liverpool. In questo spirito indomito di lottatore e di onesto uomo di campo c’è il meglio di Ancelotti. Nulla di divistico, nesuna alzata di tono se non serve. Solo tanto serio lavoro, grandi doti umane e tecniche da mettere al servizio della squadra e dei sogni rossoneri. Impossibile non amarlo.

Ma perchè i club non aboliscono il pubblico?
Così cancellerebbero i tifosi dagli stadi
pensando soltanto ad incassare i soldi delle tv

Mercoledì 24 Ottobre 2007

tratto da www.francorossi.com
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di Franco Rossi

Gli ultimi dati statistici dicono che gli incassi delle società di calcio derivano solo per il 14 per cento da spettatori e abbonati. Da chi vanno allo stadio dunque pochi soldi e tanti problemi visto che ormai non c’è domenica senza una chiusura almeno in parte e ingresso vietato a chi vuol seguire la propria squadra in trasferta. Non sarebbe meglio dunque abolire il pubblico negli stadi per avere solo telespettatori? Il calcio sopravvive (di vivere ha smesso da un pezzo) soltanto perché c’è la televisione e un mio vecchio aforisma (il calcio sarebbe lo sport più bello del mondo se non ci fossero le partite) si può cambiare sostituendo “partite” con “pubblico”. I tifosi azzurri hanno gioito per la vittoria della Georgia sulla Scozia, hanno sperato che la Francia non battesse la Lituania mentre anche chi non tifa Italia (o solo Italia) si è entusiasmato per le prodezze di Kakà e di Robinho contro l’Ecuador. Nessuno era negli stadi dove si sono svolte queste partite, ma tutti le hanno viste. Così si potrebbe fare ogni domenica nel campionato italiano. Restaurare un po’ gli stadi per avere tre o quattro mila posti lussuosi da vendere agli sponsor (gli invitati non mancherebbero) e per rifarsi un po’ di questo 14 per cento che verrebbe a mancare. Poco pubblico e poco calore per i giocatori in campo? La Coppa Intercontinentale si è giocata per anni a allo stadio Olimpico di Tokyo pieno di pubblico “non tifoso” e un computer dava impulsi ai vari altoparlanti che simulavano un tifo tremendo a seconda in quale metà campo (della squadra sudamericana o europea) era la palla in quel momento. Niente pubblico, tifo programmato elettronicamente e niente più violenza da combattere. Niente striscioni, niente fischi o cori contro questo o quel giocatore, niente di tutto. E magari, per aumentare il numero degli spot pubblicitari, non disputare più due tempi di quarantacinque minuti l’uno, ma quarantacinque tempi di due minuti l’uno, con relativi intervalli.