Ci mancava solo ‘Gola Profonda’. Il comunicato di ieri della Ferrari, che attribuisce a una persona ‘estranea alla Formula Uno’ la soffiata che ha messo nei guai un ingegnere della McLaren, rimanda direttamente alle atmosfere, reali e cinematografiche, del caso Watergate. Abbiamo pure un informatore occulto, un custode di segreti bravissimo a distillarli al momento opportuno. Uno sceneggiatore di Hollywood non avrebbe saputo cavarsela meglio.
EH SÌ: questo è il Watergate dell’automobilismo post moderno. In mezzo, tra vittime reali e presunti colpevoli, ci sono tutti i pezzi grossi. La Ferrari-Fiat. La McLaren-Mercedes. Colossi della comunicazione come Vodafone. Tabaccai come la Philip Morris. Ingegneri di fama.
Assi del volante. Manager da copertina. E chi più ne ha, più ne metta. Forse, però, non c’è un Richard Nixon. Non esiste cioè un Grande Vecchio cui addossare la responsabilità finale. Non per niente Bernie Ecclestone (che, ironia della sorte, nell’ambiente chiamano ‘Il Padrino’) ha già detto che i punti di Hamilton e di Alonso non si toccano, perché i piloti non c’entrano. Quanto alla McLaren, all’estero il teorema del ‘non poteva non sapere’, molto popolare nell’Italia dei primi anni Novanta, ai tempi del cortocircuito tra giustizia e politica, beh, semplicemente non esiste. Provare che i grandi rivali anglosassoni delle Rosse erano al centro dell’intrigo, meglio dirlo subito, sarà quasi impossibile. Anche se il sospetto rimarrà. Per sempre.
E ALLORA? Allora ‘Deep Throat’, cioè Gola Profonda, diede un consiglio perfetto a Woodward e Bernstein, i giornalisti che indagavano sul Watergate. Questo: follow the money, seguite il denaro. Qualunque sia il grado di coinvolgimento di Nigel Stepney, l’ex leader del box Ferrari, e di Marc Coughlan, ormai ex progettista della McLaren, la spiegazione del mistero sta nei quattrini. Questa, volgarmente parlando, è una faccenda di soldi. Trovate chi pagava chi e il giallo sarà risolto.