A.A.A. coach italiani cercasi.

 
10 Febbraio 2009 Articolo di Roberto Commentucci
Author mug

Dietro gli exploit delle azzurre di Fed Cup ci sono per lo più tecnici stranieri. Come mai? Sono bravi i nostri allenatori? E soprattutto, sono disposti a viaggiare? Una proposta alla FIT.

Fra i commenti, anche due autorevoli interventi di Daniel Panajotti, già coach di Francesca Schiavone

Premessa.
Abbiamo ancora negli occhi la splendida prestazione delle azzurre di Fed Cup, capaci nel week-end di travolgere la Francia in trasferta. Flavia Pennetta, Francesca Schiavone, Sara Errani. Tre tenniste, legate da un filo conduttore: tutte hanno il coach spagnolo. Uno, il bravo Gabriel Urpi, segue da tempo Flavia e, da qualche mese, anche Francesca, che ha interrotto la sua lunga collaborazione con l’argentino Daniel Panajotti per raggiungere l’amica brindisina a Barcellona; un altro, il giovane tecnico Pablo Lozano, da Valencia è stato capace di portare Sarita Errani, uno scricciolo di nervi e grinta, nei pressi della trentesima posizione del ranking. Ma non sono solo le ragazze, a scegliere il coach straniero: fra gli uomini, la stessa strada la ha presa Fabio Fognini, che da un anno e mezzo, dopo il traumatico divorzio con il suo storico allenatore Leonardo Caperchi, è seguito dall’ex pro iberico Oscar Serrano (sia pure sotto la supervisione di Riccardo Piatti). E non sono solo i giocatori, a rivolgersi oltre frontiera. Anche la Federazione, lo scorso anno, ha compiuto una scelta esterofila per rinforzare i quadri tecnici del Centro di Tirrenia, arruolando il prestigioso coach argentino Eduardo Infantino.

Eppure, da più parti si sente affermare che in Italia i bravi tecnici non mancano, che ci sono tanti buoni allenatori, che non abbiamo nulla da invidiare agli stranieri, eccetera. Ma è davvero così? O le cose, a ben vedere, stanno diversamente?

Una debolezza strutturale.
Facciamo un passo indietro. In Italia, la grande rivoluzione della tecnica di gioco e delle metodologie di allenamento che ha enormemente cambiato il tennis a partire dagli anni ’80 è arrivata solo da qualche anno, a causa della storica arretratezza in cui è stato lasciato il settore tecnico della FIT durante la nefasta era Galgani. Ancora a metà degli anni ‘90, i manuali tecnici federali prevedevano l’insegnamento di impugnature e gesti poco distanti da quelli dei tempi di Panatta e Pietrangeli. La nuova tecnica, il nuovo verbo, sono stati portati in Italia, oltre che da Riccardo Piatti, da pochi, volenterosi tecnici autodidatti, come Massimo Sartori, da personalità storicamente invise alla FIT, come Castellani, da coraggiosi emigranti, come Rianna, (che ha imparato il mestiere da Bollettieri), o ancora da pragmatici, uomini di campo, come Pistolesi e Fanucci. Solo da alcuni anni, finalmente, la FIT ha iniziato ad ammodernare la tecnica di insegnamento sin dalla base, e sta cercando di riconvertire, con grande fatica, i vecchi maestri.
Da questo ritardo è derivata una strutturale mancanza di know-how aggiornato. Per lunghi anni siamo stati, dal punto di vista tennistico, un paese sottosviluppato: il nostro settore tecnico era come una marina da guerra che si ostinasse a produrre vascelli a vela nell’era del ferro e del vapore.

Ma questo non è il solo punto di debolezza.
Nel recente passato, le nazioni storicamente forti, come la Francia, la Spagna, la Repubblica Ceca, l’Argentina, hanno prodotto un gran numero di giocatori professionisti di medio e alto livello, molti dei quali a fine carriera si sono tramutati in eccellenti coach itineranti, mettendo a disposizione dei giovani di quei paesi l’insostituibile esperienza maturata sul circuito.
Da noi, non solo i tennisti professionisti sono stati un numero minore, ma molti di questi hanno preferito prendere strade diverse. Se un Gaudenzi, uomo di carattere, cultura e ambizione, ha intrapreso con successo la carriera di manager, altri, come Pescosolido, Santopadre, Navarra, lo stesso Furlan, hanno fatto scelte di vita diverse, preferendo (legittimamente) il ruolo di direttore tecnico in un Circolo o in una Accademia, piuttosto che sfidare i disagi della vita nomade e fare il coach di un giovane tennista con prospettive magari incerte.

La domanda e l’offerta di coach “itineranti”.
E’ vero quindi che abbiamo dei buoni tecnici. Il punto è però che fra questi, quelli disposti a fare il coach “itinerante” sono davvero pochi. Se ne trova una conferma nelle difficoltà che sta incontrando Karin Knapp a trovare una guida tecnica, dopo il divorzio con Marco Boesso. O ancora, leggendo i profili delle tante ragazzine di belle speranze del nostro tennis, di cui abbiamo parlato qualche settimana fa in questo articolo. Molte nostre giovani si affidano a dei tecnici esperti (come ad esempio Vittorio Magnelli, che segue Nastassja Burnett, o Laura Golarsa, mentore di Corinna Dentoni) i quali però, impegnati spesso anche con la direzione di una scuola, non le accompagnano costantemente in giro per i tornei. Le atlete sono quindi costrette a competere e viaggiare da sole o con uno sparring partner. E non è la stessa cosa, ovviamente. Lo stesso problema, peraltro, si riscontra anche fra i ragazzi, con l’aggravante che mentre le donne sono spesso più coraggiose nel decidere una svolta radicale, piantare baracca e burattini e andare ad allenarsi all’estero (come ha fatto di recente Astrid Besser, che si è accordata con un tecnico tedesco) fra i ragazzi, che in genere maturano più lentamente, questo avviene con frequenza minore, e si resta imprigionati in situazioni inadeguate, con conseguenze negative, a gioco lungo, sullo sviluppo tecnico e sui risultati agonistici.

Insomma, oggi come oggi in Italia i tecnici non solo bravi, ma anche disposti a seguire con professionalità ed efficacia un giovane tennista nel circuito, sono molto pochi. E quei pochi sono già impegnati.
E si, perché dopo una lunga crisi, nelle ultime 4-5 anni stagioni il nostro movimento è tornato a crescere. Sebbene manchi un atleta di vertice, il tennis italiano è tornato ad avere una rappresentanza importante di atleti in grado di partecipare alle prove dello Slam. Ormai tra uomini e donne riusciamo stabilmente a piazzare 12-15 tennisti nei tabelloni dei majors. Questo significa un fabbisogno di altrettanti coach qualificati, e quindi quelli che abbiamo già non bastano. E non è tutto: la crescita del movimento, fortunatamente, anche per merito della nuova Federazione, sembra destinata a continuare, atteso che, finalmente, il nostro rifondato settore giovanile sta ricominciando a sfornare ragazzi promettenti con una certa regolarità, sia fra i maschi, sia soprattutto fra le ragazze. Nei nati fra l’89 e il ‘93 vi sono parecchi giovani che possono ambire a diventare dei buoni professionisti.
E allora, il problema è questo: la mancanza di un numero sufficiente di bravi coach disposti a viaggiare, in grado di inserirli nel circuito pro, rischia di costituire un grave ostacolo all’ulteriore espansione del nostro movimento.

Una proposta per il settore tecnico federale.

Ne emerge, probabilmente, la necessità di una risposta da parte della Dirigenza Federale.
Le strade sono due. Se le cose continueranno così, diventeremo sempre più un paese importatore di allenatori, o esportatore di giocatori, e faremo molta fatica per recuperare il terreno perduto in termini di know-how. In alternativa, potremmo cercare di mandare fuori qualcuno ad imparare e fare le necessarie esperienze nelle realtà estere più evolute.

La FIT potrebbe selezionare, tra alcuni buoni ex seconda categoria, un piccolo numero di giovani tecnici capaci, ambiziosi e motivati, con una buona conoscenza della lingua inglese, e mandarli a fare esperienza presso le più moderne Academies e Federazioni estere, seguendo come esempio il percorso professionale di Umberto Rianna. Potrebbero essere istituite presso la Scuola Nazionale Maestri delle “Borse di Studio per coach itinerante”, da destinare ai più meritevoli. A favore dei selezionati (che dovrebbero impegnarsi, terminato l’addestramento, a svolgere la professione di coach itinerante) potrebbe essere organizzato un percorso formativo articolato, da realizzare in periodo di tempo adeguatamente lungo, composto da stage in una o più accademie, ai quali farebbe seguito, previo accordo con i principali team privati italiani, un periodo di “accompagnamento” nel circuito profesionistico, ad esempio affiancando Seppi e Sartori, o Rianna e Starace, o ancora Serrano/Piatti e Fognini, in giro per i tornei.

In questo modo, verrebbero da un lato approfondite le conoscenze sulle più aggiornate metodologie di allenamento, dall’altro verrebbe fatta la concreta esperienza della vita nomade sul circuito, con i mini cicli di preparazione da effettuare, la programmazione dei tornei da mettere a punto, i tanti piccoli segreti e conoscenze che si apprendono solo vivendo il Tour e che costituiscono il grande patrimonio di sapienza su come si costruisce un professionista.
Un patrimonio che nelle realtà estere di vertice è diffuso, essendoci cultura tennistica, tradizione e disponibilità di uomini. Ma che da noi è monopolio di pochissimi.
Una volta concluso l’apprendistato, questi ragazzi potrebbero costituire lo “zoccolo duro” di un team di allenatori a cui affidare i nostri giovani talenti, per inserirli nel circuito professionistico.

Conclusioni.
La realizzabilità del progetto passa ovviamente per il raggiungimento di un accordo tra la Federazione e i team privati. Da questo punto di vista, è necessario, se si vuole davvero il bene del nostro movimento, che si faccia un salto di qualità nel sistema di relazione.
Da un lato, i team privati devono essere meno gelosi del loro patrimonio di conoscenze e devono collaborare maggiormente tra loro e con la Federazione, prendendo ad esempio quanto avviene in Francia o in Spagna.
La Federazione, a sua volta, oltre a remunerare adeguatamente il know how che acquisirebbe dai team privati (che essa allo stato non può possedere) deve essere meno diffidente e più aperta ai suggerimenti che vengono dai nostri coach, in particolare circa l’organizzazione del settore tecnico.
Sappiamo che il bilancio federale non è ricchissimo, e che si tratterebbe di una spesa importante. Ma potrebbe essere un investimento davvero produttivo.

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66 Commenti a “A.A.A. coach italiani cercasi.”

  1. Nikolik scrive:

    Ottimo articolo, Roberto.
    Mi permetto di aggiungere una cosa, tra le cose che dovrebbe fare la Federazione o, meglio, tra quelle che dovrebbe non fare.
    Se in Italia si scova qualche ragazzo o ragazza promettente, dovrebbe cominciare a non pagargli un coach privato straniero.
    Intanto, che la Federazione inizi così.

  2. pedrinho&luvanor scrive:

    Grande articolo. Proposte condivisibili.
    Un solo dubbio : “Solo da alcuni anni, finalmente, la FIT ha iniziato ad ammodernare la tecnica di insegnamento sin dalla base, e sta cercando di riconvertire, con grande fatica, i vecchi maestri”.
    Ti riferisci alle lezioni di Lombardi piene di x , y, z, angolo piatto, angolo giro , ecc….

  3. pedrinho&luvanor scrive:

    Una sola precisazione: Anche Galgani prese il tecnico straniero per allenare i migliori under.
    Il grande Tomas Smid. Fu un fallimento completo.

  4. Fabrizio Scalzi scrive:

    Bravo Roberto!Questa è un’altra facciata del nostro tennis,che non viene presa in analisi…il discorso di reclutare giocatori di II categoria per farli affiancare con dei coach professionisti è un ‘ottima idea.Bisogna vedere se dalla parte della federtennis,ci sia la volontà di investire il proprio budget con ques’idea,a mio parere rivoluzionaria.Molti giocatori come hai fatto notare hanno scelto di allenarsi all’estero.La prima fu addiruttura Raffaella Reggi,che lasciò il centro federale di Latina con Di Domenico,per approdare a Miami da Bollettieri,adesso stà diventando una routine.La tua proposta potrebbe essere presa in considerazione dalla FIT.Mi auguro ne facciano tesoro di questo tuo suggerimento…

  5. Drasko scrive:

    Ottima proposta, ben motivata ed articolata.

  6. pibla scrive:

    Purtroppo abbiamo messo il dito nella piaga….quasi tutte le nostre giovani ragazze di valore, che ormai sono molte, hanno difficoltà nel rintracciare una valida guida tecnica.
    Sarebbe importante che sempre più tra i nostri ex giocatori e giocatrici avessero voglia di intraprendere la carriera di coach a tempo pieno.
    Per il resto io credo comunque che tra Infantino e Smid ci sia una bella differenza, perchè le credenziali del primo a livello di allenatore sono solidissime, mentre Smid era solo famoso come ex giocatore, ma quando fu assunto non è che avesse particolari credenziali come allenatore, per cui quella di Infantino si potrebbe anche rivelare una buona idea, vedremo…

  7. anto scrive:

    Mamma mia ragazzi, ma questo Commentucci non è un uomo ma un TOTEM vivente……….che editoriale…..che lucidità…..se fossi nel sito Fit….estrapolerei buona parte dell’articolo e lo editerei in copertina sulla loro rivista ufficiale………..mi verrebbe da dire che Ubaldo ha portorito un mostro….si…… ma di bravura!

  8. madmax scrive:

    roberto mi dispiace ma questo è un falso problema o meglio il problema ha radici diverse… il punto è come da tempo discusso su g&f che da noi in primis non esiste una cultura sportiva all’altezza e poi i migliori coach non si occupano dei ragazzi così che questi possano poi avere i fondamentali per decidere di dedicarsi completamente al tennis una volta consci di essere realmente all’altezza dei migliori…

    non accadendo questo, nessuno o quasi ci prova veramente ed i coach di alto livello vedendo che gli atleti non investono su loro stessi non stanno a perdere tempo e denaro per andare a fare i portaborse per pochi euro… in giro un discreto maestro nel circolo vicino a casa arriva a guadagnare anche 5.000 euro al mese, figuriamoci un coach di nome mentre che so allenando la camerin fai fatica a far pari… un coach guadagna molto se è l’allenatore di un top ten max top 20 gli altri sopravvivono ma se nessuno dei nostri ci arriva in quelle posizioni nessun coach può guadagnare…

    e per capire questo basta prendere l’esempio della nostra migliore giocatrice e cioè la pennetta. fin da giovanissima è sempre stata la nostra più grande promessa ed anche la migliore nostra giocatrice a livello tecnico ma se non fosse stata mollata da moya viaggerebbe ancora tranquilla tra le 30.. ed una che ci crede davvero occasioni come quella capitata a lei quest’anno agli australian open non se la lascia certo sfuggire… questo purtroppo accade perchè ai nostri/e basta e avanza viver bene facendo il minimo indispenabile senza provare nemmeno a ridurre il gap accumulato in gioventù e comunque sono altre le cose che vengono privilegiate.. stesso discorso vale ad esempio per la schiavone una che spesso ha dimostrato di poter benissimo stare alla pari con le migliori ma che fino ad oggi non ha mai fatto un anno completo allo stesso livello (ed il coach non era italiano) anche per problematiche tecniche che negli anni non ha mai migliorato..

    ed il trend difficilmente cambierà a breve visto che anche quest’anno le due sopra citate al posto di preparare come si deve gli australian open (uno slam non la coppa delle province!!) dove come già detto la pennetta aveva un’occasione più unica che rara sono andate a brà per la finale di A1….

  9. Ubaldo Scanagatta scrive:

    di solito quando io trovo qualcuno bravo la FIT me lo soffia…e manco me lo chiede. E’ già successo con Di Natale, emigrato a SuperTennis, mi risulta che almeno tre dei miei ragazzi _ lanciati da questo sito _ siano in predicato di indossare la maglia FIT per i prossimi Internazionali d’Italia. Insomma, il minimo che si possa dire è che a) i bravi collaboratori me li so scegliere b) qualche piccola istruzione per migliorarsi la ricevono c) la visibilità che dà questo sito consente a chi è in gamba di farsi conoscere…d) mi aspetterei di ricevere molte più richieste di aspiranti collaboratori al sito di quante ricevo…visto che i tempi per conquistarsi un posto al sole (di lavoro?) sono molto più brevi che in altre situazioni. E ppi dovrebbe essere pure un lavoro stimolante e divertente per chi sia appassionato di tennis e di giornalismo.

  10. marcos scrive:

    secondo me, la fit, prima o poi, chiamerà l’ubaldo, che mi pare uno dei più bravi. a quel punto dovremo rimboccarci le maniche, per far andare avanti il blog!

    bravo robbi: io sarei già contento se la fit pensasse a coach itineranti, da inviare costantemente nei circoli del paese, alla ricerca di giovani promettenti. siano, poi, anche coach stranieri a portare in giro i nostri migliori.

  11. andrew scrive:

    non so cosa darei per farmi dire cosa devo dire dal portavoce FIT…sarebbe un’esperienza indimenticabile…

  12. federico di carlo scrive:

    Condivido molte delle cose dette. Aggiungo che purtroppo i limiti degli insegnanti di tennis in Italia oggi sono: 1) incapacità di interagire linguisticamente con gli insegnanti più preparati in campo internazionale; 2) pigrizia nel volersi aggiornare e mettere al passo con l’insegnamento moderno. Le tecnologie moderne di insegnamento del tennis fanno ampissimo uso delle tecniche di PNL. Se chiedete a 100 docenti italiani di ogni genere e grado che cosa sia la PNL (NLP in inlese) nessuno vi sapra dare risposta. Siamo messi veramente male!!!!! Daltronde non si può chiedere di insegnare qualcosa di cui si è ignoranti per se.
    Quello che so sul tennis l’ho imparato in Australia dove il tennis è parte integrante della cultura sportiva della nazione. In Australia come in molti paesi anglofoni c’è la cultura del “self made man”. E’ l’individuo che si costruisce il suo futuro e plasma il suo destino. Parte della cultura sportiva rispecchia questo stereotipo. La cultura italiana è quella della famiglia, del vivere in società e gli sport di squadra rispecchiano la nostra mentalità. Purtroppo!!!!!!

  13. Daniel Panajotti scrive:

    Bravo madmax, la tua analisi è essatta.

  14. Daniel Panajotti scrive:

    Scusate, ho messo una s di troppo….

  15. federico di carlo scrive:

    Condivido Mad Max per cio che concerne l’analisi “agonistica” del movimento italiano. I problemi nascono però dalla base. I campioni del futuro sono i banbini di oggi. Purtroppo in Italia, come avviene in paesi tennisticamente più all’avanguardia, il tennis non è annoverato tra gli sport scolastici. Quale piattaforma più ampia c’è di selezione di talenti se non la scuola? Ricordo che alcune abilità motorie fondamentali nel tennis come coordinazione, equilibrio e agilità vengono acquisite e sviluppate all’80% delle potenzialità fino ai 12 anni. In Australia, i bambini già a 10 anni sono inseriti in un circuito scolastico provinciale e regionale di tornei che è patrocinato ed organizzato dalla federazione tennis. La scarsità di talenti italiani è dovuta al fatto che in un paese vastamente popolato ha accesso al tennis soltanto una ristretta fascia che spesso manca delle caratteristiche fisiche, tecniche e psico attitudinali per primeggiare in questo sport.
    Il grassetto è del moderatore, che condivide al 100% l’analisi. (Rob. Comm.)

  16. madmax scrive:

    grazie daniel.. speriamo visto che a mia figlia quello che cerco tutti i giorni di insegnare è di non fermarsi mai nel voler crescere come persona e come giocatrice oltre al fatto di fare alla lettera tutto quello che il suo coach le dice avendone sempre e comunque fiducia totale.. se lei farà questo il mio unico compito di genitore sarà quello di controllare che il coach meriti la sua fiducia…

  17. gp scrive:

    Bell’articolo. lei è proprio bravo. Ha toccato punti interessanti, da approfondire.
    Ricordo sempre con immenso piacere, a proposito della stima che ho per lei, un suo articolo tecnico all’indomani della sconfitta di Federer a Wimbledon: era bellissimo!!!
    Confesso che mi è mancata, o non ho seguito io tutte le sttimane, una sua analisi dopo l’Australian. Continui a scrivere.

  18. madmax scrive:

    ciao federico grazie anche a te… da quello che scrivi si evince che non ti sei mai addentrato nei meandri della rubrica genitori&figli perchè su queste cose ne stiamo discutendo da oltre 4.000 post e proprio io portavo alla ribalta la totale mancanza di sport ma soprattutto di tennis nelle scuole… addirittura ho scritto che a livello pvtho chiuso un’accordo con la polisportiva che gestisce palazzetto dello sport e palestre scolastiche varie per pochi euro al mese avendone praticamente l’accesso totale e continuo.. chi vieta ai vari comitati regionali di fare lo stesso o di offrirlo free come doposcuola (e l’imput dovrebbe partire dalla fit centrale alla stregua di come fanno per spingere i centri estivi che in compenso non servono a nulla ma fanno cassa!!)? ed anche per quanto riguarda la preparazione atletica abbiamo portato alla luce (facendo intervenire anche noti preparatori fisici) la necessità di dover sviluppare alcune capacità fisiche che solo dai 5 ai 12 anni si possono sviluppare…. ciao e ti aspettiamo nel “nostro covo” di rivoluzionari

    da noi spesso intervengono anche dirigenti fit che però ovviamente non ci sentono e passano il tempo a magnificare il loro lavoro (che nessuno però vede) oltre che a insultare ed intimidire (almeno questo sarebbe il loro intento) con interventi deliranti…

  19. Roberto Commentucci scrive:

    Intanto ringrazio di cuore Daniel Panajotti, il tecnico che ha portato Francesca Schiavone al n. 11 del mondo, per aver letto e commentato il mio pezzo.

    Volevo però rispondere sia a lui che a mad max, chiarendo meglio il mio pensiero.

    E’ vero che molti dei problemi vengono dalla base, mad max.

    E’ vero che molti nostri giocatori arrivano a 16-17 anni con lacune tecniche o fisiche che dovrebbero essere colmate molto prima. Ed è in effetti vero che gente come Piatti e Sartori ha iniziato a lavorare con ragazzini più piccli per ottenere materiale che poi a 16-17 anni sia esente da difetti “strutturali”.
    Però a mio avviso questo non sposta la validità del mio ragionamento.
    Il punto è che l’arretratezza storica e culturale del nostro movimento ha (almeno) due facce:

    1. da un lato la qualità media non elevata, nel confronto internazionale, dei maestri di base;

    2. dall’altro lato, ad alti livelli, la presenza di poche figure realmente preparate per seguire professionisti e soprattutto disposte a farlo in giro per il mondo.

    Su Panajotti e sulla sua opinione, certamente autorevole (e lo ringrazio per essere intervenuto), mi permetto di rilevarne, senza alcun intento polemico, ma solo con l’obiettivo di instaurare un dibattito sereno e costruttivo, il conflitto di interessi: lui è uno dei pochi in possesso del know how che manca a livello di sistema , e quindi la sua posizione lavorativa è attualmente rafforzata proprio dal suo quasi monopolio di conoscenze. Lo stesso, consentimi, mad max, vale per il tuo mentore Vavassori.
    Se la FIT mandasse gente a formarsi all’estero, come propongo io, questo quasi monopolio verrebbe a perdere valore.

    Questo è il grande problema del rapporto fra FIT e team privati, ed è probabilmente una delle ragioni del fallimento della collaborazione fra Piatti e la FIT. I due soggetti hanno incentivi e obiettivi diversi:

    i team privati vogliono mantere e monetizzare il monopolio delle conoscenze che hanno faticosamente accumulato;
    la Federazione, invece, per far crescere il livello culturale medio del sistema ha l’interesse opposto. Acquisire e diffondere il know how, e rompere il monopolio delle conoscenze.
    E’ anche giusto, peraltro, che se queste conoscenze la FIT le acquisisce (anche) dai team privati italiani, come propongo io con i periodi di affiancamento di cui parlo nell’articolo, le deve pagare, retribuendo i team privati per il know how che trasferirebbero ai giovani coach federali.

    In Francia e in Spagna la Federazione questo problema non lo ha: le conoscenze di alta qualità sono presenti a livello di sistema: sono diffuse a molti tecnici, dentro e fuori la Federazione. E quindi l’incentivo di tutti è cooperare nella ricerca e nella sperimentazione affinchè si vada sempre più avanti.

    Da noi, invece, se qualcuno ha imparato qualcosa di buono, ha tutto l’interesse a tenerlo per se, a non dividerlo con gli altri. E non si arriva da nessuna parte.

    Ma occorre rompere questa spirale perversa, e occorre che tutti (in primis i pochi bravi tecnici che abbiamo, tra cui Panajotti) inizino a pensare con un’ottica di lungo periodo, anzichè monetizzare solo il vantaggio immediato.

    Sul fatto che i nostri team e academies private hanno un approccio individualistico e non cooperano fra loro sono un po’ tutti d’accordo.
    Lo conferma anche questa recente intervista di Mosè Navarra, ex pro, che dirige una accademia a Cordenons, rilasciata al mio amico Alessandro Nizegorodcew: http://spaziotennis.sport-blog.it/?p=2063

    Navarra dice testualmente: “noi tecnici siamo un po’ tutti dei lupi solitari, c’è poca collaborazione”…

  20. madmax scrive:

    rob ti ho risposto su g&f…

    Ed ecco la risposta di mad max, che copio anche di qua per facilitare il dibattito (Rob. Comm.):

    roberto quarda che tutti possono ampliare le propie conoscenze, basta volerlo… se un qualsiasi maestro/ex giocatore etc etc manda il curriculum in un’accademia italiana o straniera che sia viene preso all’istante ed anche pagato (magari poco ma in qualsiasi settore chi va a fare uno stage paga addirittura e perciò anche in questo caso il problema è solo quello di non voler investire su se stessi e di voler monetizzare subito oltre al fatto che con la mancanza di risorse umane che c’è chiunque trova lavoro in un circolo). da vavassori infatti hanno lavorato da panajotti a ceragioli a boesso e chi più ne ha più ne metta.. se volesse uno come ronzoni andrebbe da quialsiasi parte e farebbe il sold out.. oltretutto (non so ora ma fino a qulache anno fa era così) i tecnici nazionali andavano a fare uno stage alla vavassori ma si diceva che venivano usati per lavorare. perchè a qualcuno risulta che si impari stando seduti?

  21. alfonso scrive:

    @ federico di carlo
    Io sono uno dei dirigenti Fit a cui ha fatto riferimento il sig. Madmax. E’ tutto vero quello che ha detto il sig. Madmax, solo che si è dimenticato di dire che i pochi tecnici che hanno espresso il proprio parere sono stati costretti, in brevissimo tempo, a levare le tende. Faccia un giro e se ne renderà conto! Se lo dovesse fare, mi usi la cortesia di andare indietro anche qualche mese (la rubrica è divisa a periodi) e vedra che non ne troverà uno! E sà quale motivo di vanto ha addotto il sig. Madmax a questa situazione? Uno molto semplice: “non scrivono più perchè hanno paura di confrontarsi con noi” (inteso come genitori! Se non mi crede le faccio copia-incolla della frase originale). Chi sa perchè! Il covo, chiamamolo così (ma solo per farlo contento) è da rivoluzionari, ma bisognerebbe interdesi sul significato della parola. Se solo ci si ritiene rivoluzionari per questi concetti, credo che il Che Guevara gli poteva fare solo un baffo. Per quanto riguarda poi questa affermazione: “i tecnici nazionali andavano a fare uno stage alla vavassori ma si diceva che venivano usati per lavorare. perchè a qualcuno risulta che si impari stando seduti?”, sempre del Sig. Madmax, come al solito risulta veritiera solo a metà. E’ vero che anni fà, e solo per un anno, la Fit ha sperimentato la possibilità di far fare il tirocnio ai tecnici, che stavano completando il relativo corso, presso alcune affermate Accademie italiane (dietro riconoscimento di un corrispettivo economico che la stessa Fit versava) con il chiaro intendimento di fargli fare esperienza vicino a tecnici affermati. E concordo anche sul fatto che per imparare bisogna lavorare e che questo tipo di lavoro per lo più si fà in piedi (grande scoperta!), ma, nello specifico, in piedi vicino al tecnico di riferimento e con ragazzi che fanno parte dell’agonistica o almeno della scuola tennis, e non certamente in piedi per far giocare il “panciuto” di turno, direttore o commendatore che sia. Questo è accaduto nella maggior parte dei casi (per la verità, non so se è successo anche alla Vav(v)assori) e questo interessante progetto purtroppo si è dovuto accantonare.

  22. Daniel Panajotti scrive:

    Non solo in italia chi acquisisce conoscenze se le tiene per se, anche all’estero è uguale. Un esempio: ho comprato il libro di un famosissimo coach Spagnolo (che conosco molto bene) dopo aver letto il libro, le dico: ma in questo libro non dici niente d’interessante, risposta: “mica dico i miei segreti a tutti”. Le informazioni giuste valgono tanti soldi, quindi qualcuno le deve pagare. Io come tanti, ho investito tanto su me stesso per avere le informazioni giuste e adesso continuo a farlo e quindi devo monetizzare le mie conoscenze. Qualcuno molto esperto d’affari mi ha detto “seminare oggi per raccogliere domani nel mondo del tennis è un’utopia”.
    Chau Roberto, mi piacciono i tuoi articoli

    Grazie di cuore Daniel, per averci onorato della tua presenza. E grazie anche per la tua sincerità, dote rara. (Rob. Comm.)

  23. federico di carlo scrive:

    Ciao Madmax,
    non sono andato a vedere la sezione g&f un po per mancanza di tempo ed un po per nausea. E ti spiego il perchè. Ciò che mi piace dell’insegnamento ai bambini sono tre: 1) la necessità di dover continuamente rinnovare la motivazione 2) la necessità di dover proporre il tennis secondo le LORO MODALITA’ DI APPRENDIMENTO 3) per la capacità illimitata di apprendimento dei bambini.
    Ciò che odio dell’insegnamento ai bambini? avere a che fare con i genitori!!!!! I genitori non si rendono conto che i bambini hanno bisogno di equilibrio educativo e spesso non riescono ad assecondare ciò che i figli realmente vogliono e sanno fare. E questo può anche NON essere il tennis ma può essere la musica, la danza, il disegno, lo studio e/o tante altre cose. Un detto australiano dice che “you can bring a horse to water but you can’t make him drink”. Non nascondo che la parte più difficile dell’insegnare ai bambini è proprio quella di avere a che fare con i genitori invadenti che ostacolano le naturali inclinazioni dei figli. A me bastano 10 minuti di colloquio per capire le inclinazioni di un bambino e vederlo solamente camminare per rilevarne le capacità psico motorie.
    Sono perfettamente d’accordo con te: chi non è in grado di imparare, chi non ha voglia di aggiornarsi e mettere in discussione i propri metodi ha un tipo di insegnamento incompleto e spesso lacunoso. Tutti i docenti di ogni genere e grado dovrebbero essere grati della possibilità di aggiornamento che vengono offerte gratuitamente anche se costano sacrificio.

  24. alfonso scrive:

    @ federico di carlo
    Mi scusi se la disturbo ancora, ma non vorrei sembrare anch’io “l’uomo delle mezze verità”. Nel mio post precedente sono stato volutamente e spudoratamente impreciso (lo confesso per fare un altro piacere al sig. Madmax!). Ma le devo ammettere che l’unico dirigente Fit presente nella rubrica G&F sono solo io. Già è molto se consideriamo la fine che hanno fatto fare ai tecnici.

  25. Stefano Grazia scrive:

    Insomma, Ubaldo (a proposito: grazie per quel messaggio per Nicholas recapitatomi da Godwin Kienka…e rassicurati,Nicky parla e legge anche l’italiano!),insomma, dicevo, a te capita come ai Circoli Italiani prima del Vincolo : i Grossi Circoli gli fregavano tutti i migliori giocatori…

  26. Stefano Grazia scrive:

    … ti rimarremo solo io,mad max ed andrew…

  27. madmax scrive:

    federico so benissimo che ci sono genitori insopportabili (e spero di non essere uno di questi) come però alla stessa stregua ci sono maestri che oltre ad essere incapaci scostanti e svogliati sono anche loro insopprotabili..

    dopodichè come in ogni attività bisogna anche saper abbozzare non dimenticatevi mai che i genitori spesso sono anche loro clienti dei maestri, soci e sponsor dei circoli… capisci bene che senza di loro dovreste cambiare lavoro come ho fatto io che non ne potevo più di dover ascoltare i miei clienti e se c’è chi ne è capace tanto di cappello ma pretendere che un genitore prima diventi socio del circolo, che di tanto in tanto dia anche un aiutino economico, qualche lezioncina pvt sia per lui che per il figlio oltre alla sat/agonistica e poi debba stare anche zitto, sinceramente mi sembra un po’ esagerato!!!

    oltretutto i figli sono nostri il progetto (quando c’è altrimenti sono d’accordo con te, io ad esempio quando una volta all’anno porto mia figlia per il corso di nuoto non vado nemmeno a vederla, ma qui come detto il progetto non c’è) è nostro (e i soldi pure) e a voi se il progetto piace siete i benvenuti a bordo altrimenti ce ne sarano altri che condivideranno…

    poi dici che noi non ci renderemmo conto di cosa vogliono i nostri figli avendoli sott’occhio tutto il giorno e tu lo capisci in dieci minuti… mah a me sinceramente sembra un’affermazione un po’ forte e vorrebbe dire che noi siamo tutti dei dementi…

    considerando che molto spesso i genitori dei tennisti sono nella vita di tutti i giorni professionisti affermati in svariati campi tra l’altro a volte anche in ambito medico mi pare poco realistico… io dico sempre che dal momento che si vuole percorrere la strada del provarci seriamente si entra nell’ambito dell’imprenditoria dove cioè ci sono si vari specialisiti per i vari ambiti ma alla fine a decidere è sempre uno solo che tra l’altro ha anche il diritto sacrosanto di chiedere lumi, controllare costantemente come procede il lavoro ed anche eventualmente se lo ritiene opportuno dare un indirizzo a seconda degli obbiettvi che l’azienda si prefigge….

    spero di non averti fatto aumentare la nausea ma penso che se in futuro non si arriverà alla separazione delle carriere anche per i maestri difficilmente si potrà migliorare perchè accadrà sempre più spesso che genitori con un progetto incrocino maestri che invece sono perfetti per chi non ce l’ha..

  28. Stefano Grazia scrive:

    Federico, avevi cominciato bene ma con l’ultimo post secondo me ti sei squalificato da solo: che delusione, anche tu superficiale, qualunquista e specializzato nel generalizzare…prima accusi i maestri che non sanno cos’e’ l’NLP, poi i Genitori dei bambini…Insomma, l’unico che sa tutto sei tu…E senza nemmeno venire a leggere quello che scriviamo su G&F…Complimenti, sei un genio, frequenti solo geni ma secondo me, come disse Woody Allen a Diane Keaton in Manhatthan, a frequentare qualche cretino ogni tanto ti farebbe solo bene…

  29. federico di carlo scrive:

    x Mad Max
    purtroppo in un breve post si corre il rischio di fare sprovvedute generalizzazioni. E certo non era ciò che volevo fare con il mio post. Da genitore so quanta fatica e sacrifici si fanno per assecondare i desideri dei figli………..
    Facciamo un po di chiarezza sui diversi argomenti. Una cosa è il tennis dal punto di vista ricreativo e cosa completamente diversa è il tennis dal punto di vista competitivo.
    Quando lavoriamo con i bambini all’inizio lavoriamo su una tabula rasa. dobbiamo capire che cosa vogliono e dove vogliono andare. Io da loro non mi aspetto niente. Cerco di capire che cosa LORO si aspettano da me. Di bambini ne dobbiamo seguire tanti e per noi ciascuno vale l’altro. Abbiamo come insegnanti il DOVERE MORALE di fare il meglio per ciascuno di essi. Per il genitore invece “lo scarrafone è bello a mamma sua”. Il compito del docente è quello di tirar fuori il meglio dal bambino. Il termine educazione viene dal latino “ex-ducere” che vuol dire letteralmente “tirar fuori”. Se il bambino non ha il tennis nelle sue corde e se non è interessato per questo sport ma ha dall’altra parte genitori che lo spronano invece in tal senso, il bambino ne può ricevere una menomazione. Ed io non mi sento proprio di condannare quei bambini che non si sentono di fare ciò che i genitori credono il meglio per essi. La motivazione è il motore dell’apprendimento, tocca poi al maestro capire tecnicamente quali siano i massimi risultati auspicabili in campo tennistico e spiegarli senza fraintendimenti ai genitori. Spetta poi al genitore l’ultima parola.
    Passiamo ora all’aspetto agonistico. Un giocatore di buon livello ha bisogno di: 1) Un manager che organizzi tutti gli aspetti pratici di un giocatore nel tour: rapporto con gli organizzatori dei tornei, spostamenti aerei, rapporto con gli sponsor e la stampa e via discorrendo in base ad unday/week/month plan; 2) Un coach tecnico che organizzi il calendario tennistico, individui i momenti per alternare i momenti di preparazione a quelli di gioco effettivo e si occupi dell’evoluzione tecnico tattica del giocatore; 3) Un preparatore atletico che si occupi dell’aspetto concernente l’adeguato e particolare allenamento fisico del giocatore di tennis; 4) Un coach psicologico che aiuti il tennista a raggiungere la peak performance sul campo e a mantenere un giusto equilibrio psico somatico durante tutta la carriera sportiva.

  30. anto scrive:

    @Mad Max è la frase del mese….hai perfettamente ragione Mad Max…ne ho conosciuti tantissimi così attaccati ai $ da far schifo……..un giorno un maestro mi dice……..sono un uomo da 6000 euro al mese……..sono uno dei migliori della provincia…..e allora io gli chiedo…ma come mai nella tua scuola tennis hai sempre un turn over che si aggira intorno al 50% di presenze….fossi nemmeno l’autogrill….e lui….vedi karo…..la maggior parte dei genitori non capisce un –zzo, loro pensano di aver tutti campioni in famiglia….e io spesso cerco di limare nel possibile i loro difetti….ma quando questi genitori si accorgono di avere un brocco….gli fanno cambiar sport………..e poi sai il turn over non è mai male chissà che un giorno non peschi il Jolly………ogni commento ulteriore è superfluo……………

  31. federico di carlo scrive:

    Per Stefano Grazia,
    Purtroppo Stefano, la lunghezza di un post e la parola scritta portano di per se a delle generalizzazioni. Se però non ci esprimessimo per niente si cadrebbe nell’oscurantismo e giusto o sbagliato che sia a me piacciono le persone che prendono posizione sugli argomenti e non rimangono equivoche. 2 cose solamente: 1) i maestri vengono pagati per il lavoro che fanno ed è giusto che i genitori chiedano il massimo sforzo e la massima competenza da loro. E come si suol dire: lavoro guadagno, pago pretendo. A me se non sono capace di fare il mio lavoro come si deve, mi fanno un c…… I maestri hanno l’obbligo morale di fare AGGIORNAMENTO PERENNE. L’insegnamento di per se è una vocazione. E se i genitori ritengono che il maestro non svolga adeguatamente il proprio lavoro hanno il diritto di lamentarsi o di cambiare maestro.
    Il fatto che i maestri debbano saper fare il loro lavoro non mi rende cieco al fatto che 2) i genitori non devono forzare i figli a fare cose che non vogliono e/o sono portati. Se da genitore pretendo che mio figlio arrivi a certi risultati ed il maestro mi dice (ha il dovere di farlo) chiaramente che mio figlio secondo lui non ha le potenzialità per farlo ho due possibilità: A) pretendo che mio figlio sia forzato a fare una cosa per le quali non è portato; B)proseguo pervicacemente con la mia idea egoistica di far fare a mio figlio quello che penso sia il meglio per lui e non quello che lui è realmente capace di fare. Se permetti io sono dalla parte di mio figlio anche se questo vuol dire ridimensionare il mio ego e che non diventerà un giocatore di tennis.
    Non sono un genio; è solo questione di buon senso. Da genitore e maestro sono in grado di vedere le cose da ambedue le parti. Reputo sempre e comunque che la felicità e la formazione di mio figlio venga prima di qualsiasi successo nel tennis.

  32. madmax scrive:

    sono d’accordo con te… ma tu inquadreresti il genitore nella figura nr 1 o non lo vedresti proprio? te lo chiedo perchè a mio avviso il genitore potrebbe si occupare quella posizione ma credo che esitano persone che quel ruolo lo possano svolgere ancora meglio mentre sono dell’idea che ci sia una quinta figura fondamentale che è quella che forse meglio si addice al genitore e cioè quella di collante e “controllore osservatore” di tutte le altre quattro figure..

  33. pibla scrive:

    ….e intanto Flavia Pennetta decide di andare a farsi la tournee sudamericana su terra, invece di misurarsi con le migliori a Dubai….alla faccia della mentalità vincente…e, detto tra noi, ma anche ’sta storia di entrare nelle prime dieci, ma chi se ne frega, a che servirà mai entrare nelle dieci per starci magari un mese, si entra stabilmente tra le prime dieci quando si punta come minimo ad entrare tra le prime cinque e per puntare all’elite si giocano i tornei migliori, vada come vada…. e se poi ti piace tanto giocare ad Acapulco vacci a giocare in vacanza, a parere mio…

  34. federico di carlo scrive:

    x Mad Max 2 (completo il post che non mi è stato possibile terminare nel primo intervento): l’aspetto agonistico.
    Ti renderai conto da quanto scrivo nella parte prima che nel tennis agonistico si richiedono conoscenze e competenze estremamente specializzate. La gestione agonistica di un tennista richiede un lavoro di equipe concertato di almeno 4 persone. Ti faccio un’analogia con il mondo imprenditoriale a cui mi sembra di capire tu sia legato. Chiedere ad un maestro di poter seguire i 4 contesti sopra citati contemporaneamente è come chiedere ad un direttore delle vendite di occuparsi anche della produzione e dell’amministrazione. Ti posso dire che un maestro “coscienzioso” già fa fatica a seguire dal punto di vista tecnico tattico 4 under 14 contemporaneamente. Il rapporto tra il maestro ed i genitori deve essere una sinergia. Lo scopo finale è quello di raggiungere il massimo potenziale dei ragazzi.
    Buona giornata

  35. federico di carlo scrive:

    ciao Mad Max,
    nella posizione 1 occorre una persona esperta di management. Se il genitore ha questa competenza non vedo alcuna preclusione. Io penso che il ruolo del genitore (e non solo nel settore del tennis) sia quello di incoraggiare e motivare i figli a trovare con tutta la loro energia la loro strada. Quando i nostri figli danno il loro meglio in qualsiasi campo a noi genitori non resta altro che seguirli, guardarli e sorridere. Abbiamo fatto il nostro buon lavoro.

  36. stefano grazia scrive:

    Federico:
    No problem, la mia era una reazione da agente provocatore (di post). Mi pagano (tseh,magari…) per questo.
    Appunto perche’ non sei mai andato su G&F (ogni 15gg un nuovo articolo e una nuova discussione; in archivio oltre 5000 posts) non puoi sapere che per esempio mio figlio ha fatto scuole solo all’estero e se ora e’ ina buona scuola americana a Lagos, per 5 aa a Luanda e’ stato alunno in una scuola IBO che adottava metodi completamente differenti da quelli in auge in Italia, che l’ultima sua insegnante in Angola, ancora rimpianta, era australiana,non puoi sapere che per qualche tempo ci siamo baloccati con l’idea di iscriverlo a una scuola (e ad una tennis academy) in Australia, che molte delle cose da te dette sono condivisibili ma partendo dal presupposto che cosi’ come ci sono genitori e genitori, ci sono coaches e coaches e insegnanti e insegnanti e che partire dal presupposto che tutti i genitori sono delle merdazze e’ un po’ come dire che tutti gli inbsegnanti e tutti i coaches non sanno insegnare o allenare che e’ proprio qwuerllo che rimproveri ai Genitori.
    Noi partiamo invece dal presupposto che ci debba essere DA SUBITO collaborazione e comunicazione …

  37. federico di carlo scrive:

    x Stefano
    ovviamente ci sono coaches che non fanno debitamente il loro lavoro e genitori che non trattano adeguatamente i loro figli. Purtroppo il mondo non è perfetto come vorremmo………Sono d’accordo al 100% che tra genitori ed insegnanti ci debba essere un continuo scambio ed aiuto. Tu le hai chiamate collaborazione e comunicazione. Io l’ho definita in un precedente post sinergia.
    Siamo partiti da due punti diversi ma siamo arrivati alla medesima conclusione. Ti posso garantire che la formazione nelle scuole tennis australiane è veramente molto particolare. Cio è anche dovuto al fatto che gli australiani hanno un loro particolare spirito battagliero (derivante dalle origini storiche-culturali di essere considerati “down trotten”) che li fa essere estremamente competitivi nel tennis. In Australia non apprendi soltanto la metodologia del tennis ma sei permeato da un tipo di mentalità che non ti può insegnare nessuna scuola. Li invece la respiri ovunque e ne sei preso. L’idea di portare tuo figlio in Australia non era mica tanto balsana………… ;-)

  38. costa azzurra scrive:

    per MADMAX PANAJOTTI e COMMENTUCCI

    pur nella consapevolezza delle proprie conoscenze tecniche c’è una grandissima differenza tra coaches e coaches:

    il vero coach è in possesso oltre che di grandi qualità tecniche anche di grandi QUALITA’ MORALI e l’esempio più importante di questo genere in Italia è Massimo Sartori che è riuscito con grandissima coerenza nel suo progetto a portarlo a compimento partendo da un ragazzo talentuoso e sacrificando all’inizio la parte economica con grande coraggio;

    l’altro tipo di coach è quello che rinnegando il proprio progetto iniziale sceglie la strada della monetizzazione e si mette allo stesso livello di un normale maestro ( senza nessuna offesa per il lavoro dei maestri) ;

    si tratta quindi solo di scelte che possono anche essere comprese e di professionalità , elemento quest’ultimo purtroppo che non tutti possono avere.

  39. madmax scrive:

    costa ma questo è evidente anche perchè in quel caso non è più un coach ma solo un maestro… tant’è che il discorso accademia parte appunto da questo concetto e cioè da quello di portare avanti un progetto sempre uguale a prescindere dal maestro in campo… è evidente che il progetto deve partire dalla testa di un coach competente (nel nostro caso vavassori) come è altresì evidente che sempre lui o al massimo i suoi più stretti collaboratori devono assere sempre sul pezzo per dirigere e accertarsi che i loro imput vengano seguiti e rispettati anche in termini qualitativi.. evidente è anche che ad un certo punto se uno è forte forte il coach (da scegliersi all’interno dell’accademia se si vuole continuare nello stesso percorso) personale lo dovrà avere ma intanto per parecchi anni l’ha praticamente avuto a costi dimezzati senza rinunciare alla vita di gruppo ed ai vantaggi classici di un’accademia (sempre e diversi avversari con cui confrontarti campi costantemente a disposizione preparazione fisica seria etc etc).

    per qunato riguarda le qualità morali siamo d’accordo ma quelle le ricerco anche nella colf, che significa ci mancherebbe..

    un discorso diverso è quello del denaro.. ma tu credi veramente che i coach bravi non si debbano e non si facciano pagare? il problema semmai è che molti si spacciano per buoni così da poter giustificare il fatto di farsi pagare profumatamente.. quelli bravi stai tranquilli che si fanno pagare o cmq (e giustamente) hanno il loro tornaconto anche perchè normalmente i bravi allenano quelli che sono già forti e che quindi bene o male a sponsor e ad aiuti vari già hanno accesso potendo di fatto permettersi di pagare. in più una loro “raccomandazione” fa si che trovare un circolo per la serie A o B o uno sponsor sia molto più facile da trovare.. poi scusa ma tu conosci qualche professionista di alto livello in qualsiasi campo che lavori gratis?

    come più volte scritto il problema è il rendersi conto su cosa si può e si deve risparmiare e su cosa e dove non si deve, sui sacrifici necessari da fare e sulle libertà da non doversi prendere e via dicendo.. ed è per questo motivo che qui da anni insistiamo per avere l’ormai famosa guida michelin (che nulla ha a che fare con la certificazione dei pia) che possa evitare perdita di tempo e denaro inutile come è per questo motivo che insistiamo da anni per i tornei da concludersi in tre/quattro gg al max, per le convenzioni negli hotel e via discorrendo, cioè insomma vorremmo risparmiare sul superfluo per non essere poi obbligati a dover risparmiare su quello che invece è fondamentale….

  40. Gioia scrive:

    ….diciamo che in Italia forse manca una mentalità veramente professionale nella gestione della fase agonistica a certi livelli….nel settore femminile, ad esempio, spesso si vedono atlete fuori forma fisica, con qualche chiletto di troppo…..
    La cura totale del tennista, a partire dalla dieta fino ad arrivare alla psiche, è ancora non presa in considerazione seriamente, in questa nostra nazione, che fa nascere molti talenti tennistici…..ma il talento senza il metodo non va lontano. E non per ultimo……la discriminazione nei confronti delle maestre di tennis? Meglio un maestro uomo “mediocre” che una insegnante donna “brava”. All’estero questo non accade….

  41. costa azzurra scrive:

    per madmax e di carlo

    madmax condivido la tua analisi sul rapporto fra maestri e genitori , ti sei dimenticato solo di un particolare : che ci sono genitori competenti e genitori incompetenti dal punto di vista tennistico.

    vorrei solo sapere dal sig. di carlo se preferisce collaborare con genitori competenti o con genitori incompetenti , perchè non c’è scritto da nessuna parte che solo i maestri siano depositari del “verbo” tennistico.

  42. madmax scrive:

    costa hai ragione ma è proprio per questo fatto che qui abbiamo sempre chiesto più informazine e comunicazione da parte di tutti.. è evidente invece che in molti casi all’interno del carrozzone si cerca di tenere i genitori all’oscuro di tutto anche perchè altrimenti il castello di sabbia cadrebbe in poco tempo… si perchè il tennis quasi nella sua totalità è un castello di sabbia e ancora meno se lo consideriamo a livello globale… dico questo contro il mio interesse perchè è chiaro che finchè il tutto rimane confinato all’interno di questo micro mondo è oggettivamente più facile mentre dal momento in cui si entra in competizione con il mondo reale le cose cambiano radicalmente…

  43. federico di carlo scrive:

    X Costa Azzurra,
    a me fa piacere avere a che fare sia con i genitori competenti che con quelli che non lo sono. Da entrambi si può avere il meglio. Ovviamente bisogna adattare il proprio modello comunicativo. Con i primi devo fare meno fatica in quanto hanno già buone conoscenze e mi limito a spiegare il perchè delle cose nel momento in cui ci sono domande/incomprensioni o nascono differenze di vedute. Con i genitori non competenti spiego nel particolare le linee del programma evidenziando gli obiettivi a breve, medio e lungo termine.
    Parto da un assioma generale molto semplice: ci sono genitori che possono essere meno ferrati tecnicamente rispetto ad altri ma che hanno però conoscenze generali che sono comunque fondamentali nella gestione globale di un atleta. La cosa importante è sorvolare sui lati deboli e cercare invece di costruire il rapporto sui lati forti. Tra genitore, maestro ed atleta si deve mantenere sempre un paritario rapporto di rispetto, comunicazione e collaborazione.

  44. federico di carlo scrive:

    x Gioia
    condivido molte delle cose che scrivi. Immagina che una mia under 14 ha soltanto 4 pari livello nella mia regione. Pensa un po tu in che ambiente competitivo si trova a giocare!!!!!! A livello nazionale non può giocare più di 4-5 tornei l’anno e comunque coprendo grandi distanze geografiche……..
    Come scrivevo in un mio post purtroppo nelle scuole tennis si insiste moltissimo negli aspetti tecnici e tattici ma gli aspetti psicologici e l’allenamento fisico sono spesso tralasciati procurando spesso delle lacune negli atleti. Questo è dovuto principalmente a 3 fattori: 1) che i 2 sopramenzionati aspetti non devono essere per forza rientrare nelle competenze di un maestro che ne può avere soltanto delle nozioni generali; 2) a livello agonistico poi, un maestro fa gia fatica ad occuparsi dell’aspetto tecnico tattico di 4 under 14 contemporaneamente 3) per i circoli tennis avere personale qualificato in training ed aspetti psicologici è un costo aggiuntivo.
    Purtroppo nei circoli prevale ancora l’atteggiamento che più i maestri hanno raggiunto buoni livelli in campo agonistico e più hanno la fama di essere bravi nell’ insegnare. Nel tennis, come per altre discipline, è assolutamente falso che chi più sa più è bravo ad insegnare. Conoscere e comunicare la conoscenza sono due cose completamente diverse!!!! La ricerca scentifica sostiene che le donne sono in percentuale più talentuose degli uomini nella comunicazione ma purtroppo nell’ambiente tennistico (SOPRATTUTTO IN ITALIA) siamo ben lungi dalle pari opportunità nell’insegnamento del tennis.

  45. madmax scrive:

    federico concordo in toto con quanto dici…

  46. wik scrive:

    Perché, perché e perché.
    Ma il dato di fatto resta, io quello che ho imparato come tennista e come tecnico l’ho imparato all’estero e da coach stranieri, e me li sono andati a cercare, spulciando e lavorando gratis per chi le cose le sapeva.
    Questa é la realtá e di ragioni valide ne hanno scritte un po’ tutti.
    Vanno dalla mancanza di una cultura sportiva, alla mentalitá provincialista, alla mancanza di collaborazione fra federazione e team privati, ai soldi che son sempre di mezzo, alla scarsa competenza dei maestri di base e dei direttori di circolo dico io, son tutte cose vere.
    Commentucci ha offerto anche delle soluzioni, com’é sempre sua abitudine non critica e basta, ma fa dalle proposte, e la sua proposta in definitiva é quella di sostenere chi il tennis lo conosce ( dei buoni seconda ) a imparare il coaching in scuole di alto livello e trasportare le conoscenze, i segreti nell’ambiente Italiano. E in definitiva é quello che si dovrebbe in fin dei conti fare e quello che abbiamo fatto un po’ tutti, io compreso.
    Ma cerco di andare oltre, é ricettivo l’ambiente che trovo al rientro ? No, non lo é, é non lo é a vari livelli, o per lo meno non lo era, e la prima cosa che manca é proprio la mancanza di comunicazione.
    Stanze dei segreti é purtroppo l’ambiente che trovi al rientro, e bene che ti vada trovi posto o in un circolo sperduto, ma in qualunque ambiente dove giá ci sia qualcuno, anche il maestro che ormai insegna antiquariato ti si blocca l’accesso e le tue conoscenze servono a un picchio.
    Mancanza di cultura sportiva si, ma anche mancanza di “associazioni sportive” nel tennis che sono quelle che dovrebbero offrire il supporto della conoscenza tecnica piú avanzata. E su questo si deve lavorare, altrimenti non serve a nulla quello che hai imparato.
    Possibile che quando torno in Italia vedo sempre gli stessi maestri che spiegano ancora antiquariato attorniati da scarsi palleggiatori che “sparano insegnamenti a caso” e non gli ruberanno di certo mai il posto ?
    Questo modello di pensiero é replicabile a vari livelli, l’esempio che ho portato é riferibile a maestri di base, ma é il medesimo ad un livello piú elevato con poche eccezioni.
    Le poche eccezioni ovviamente si chiuderanno in se stesse contribuendo alla mancanza di comunicazione e collaborazione e cosí non c’é soluzione.
    La conclusione a cui arrivo é che si, si siano dette tante belle cose e vere, che si, Commentucci offre una valida proposta, ma se l’ambiente non é ricettivo, e su questo si deve lavorare, non c’é risultato aprezzabile. Questo é anche il motivo per cui l’inserimento di tecnici stranieri in Italia non é sempre riuscito al meglio.
    E non é facile, ci sono decenni di ritardo.

  47. madmax scrive:

    bravo wik bravo…

    ma questa non ricettività dipende anche dal fatto che chi alla fine usufruisce dei servizi (atleti e genitori) non sapendo cosa realmente serve non chiedono e gli addetti ai lavori si guardano bene dallo spiegarlo…

    questo blog appunto vorrebbe avere proprio la funzione di informare su cosa c’è veramente bisogno di modo che tutti intanto comincino a capire di chi potersi fidare per poi cominciare anche a pretenderle queste cose partendo da aosta per arrivare a catania… questa diventerà poi come una catena nel senso che automaticamente anche tutti gli altri ne usufruiranno ed allora sì che forse un giorno si potrà cominciare a riparlare di scuola tennistica italiana…

  48. andrew scrive:

    Si! Si! Si!…Wik…ci siamo, sono contento che ogni tanto qualcuno rilanci sul tema Associazioni Sportive e Ambiente Tennistico, entrambe le cose deficitarie in Italia…

    Ma io dico, se è ormai palese che un circolo, per quanto buono, bravo, bello, NON ha il suo scopo principale nel creare giocatori di tennis bensì nel mantenere il giusto rapporto soci-campi per una degustazione soddisfacente del menu tennis da parte dei soci, con le varie iniziative di contorno per allietare l’annata societaria (con serie A fiore all’occhiello) e rinforzare lo spirito di club e dove anche la scuola tennis è, per quanto buona, brava, bella, una parte del ricco menu della gloria eterna del club……dicevo, essendo ormai ciò palese, abbagliante, abbacinante, innegabile, inconfutabile, vero, elementare, trentennale e rivoltante, MA PERCHè dovremmo stare a parlare di tecnici e di punte della piramide quando la BASE è marcia come un melone dimenticato in una macchina nera esposta al sole equatoriale.

    Io sono da sempre per ripartire da vere associazioni sportive COMPLETAMENTE SCOLLEGATE DAL CIRCOLO, e soprattutto, CONI, se ci sei batti un colpo, i direttivi dei circoli non devono eleggere i vertici della federazione.

  49. Roberto Commentucci scrive:

    A titolo di informazione, riporto il link dal sito ITF dove si da notizia della Conferenza Mondiale ITf dei coaches, che per il corrente anno si terrà a Valencia il prossimo novembre.

    http://www.itftennis.com/shared/medialibrary/pdf/original/IO_39692_original.PDF

    Quella 2008 si è tenuta a Londra: sul sito FIT, nella newsletter federale di gennaio-febbraio, c’è un sunto della conferenza, alla quale ha partecipato il tecnico Simone Sbardellati.

  50. stefano grazia scrive:

    Qui si è aperta una succursale di G&F dove si parla più di Genitori che in G&F…guardate che vi mando Giorgionso!
    Bene,Federico: continuo a pensare che il tuo posto naturale sia a G&f…Sabato prossimo partiamo come spunto dalla Scuola…

  51. stefano grazia scrive:

    dimenticavo: Nicholas, mio figlio, a suo tempo fece una settimana alla Pat Cash Academy e tutti noi ne riportammo una ottima impressione tanto è vero che fummo lì lì per fare la pazzia … Significava però un troppo precoce distacco dalla famiglia (io devo lavorare …) e quindi cogliemmo al volo l’occasione di ritornare dall’Angola in Nigeria … su dai, dimmi che ti sto incuriosendo…Dai, vatti a leggere i 5000 posts…Almeno leggiti qualcuno dei Riassuntoni…Almeno leggiti Sabato il prossimo articolo-spunto …

  52. Gioia scrive:

    ……insegno tennis da tanti anni….prima ho giocato e amavo giocare in modo creativo…..rete, back e quant’altro….a 10 anni mi dissero che ero una promessa e che se avessi seguito la carriera tennistica qualche risultato importante sarebbe arrivato….ma il mio maestro non poteva prendermi sotto la sua ala e seguirmi….doveva lavorare e aveva da mantenere una famiglia….così un giorno, un pò per caso, ormai grande, ho fatto richiesta alla Scuola Nazionale Maestri e sono entrata al secondo tentativo….era il 1992…..trovandomi oggi nei panni della maestra, e avendo lavorato interiormente sul mio rammarico per non aver “sfondato”, cerco di dare ai miei allievi un ampio bagaglio, da quello umano a quello tecnico….li invito ad osare in partita…a tirare fuori quello che hanno dentro, anche se si tratta di vincere il mini torneo della Sat….e se vedessi un piccolo talento, maschio o femmina, cercherei di dargli, finchè posso, tutte le chances che non ho potuto avere io….nel mio club tengo una volta a settimana un corso di meditazione yoga…..per il momento vengono solo le mamme…degli allievi…chissà che un giorno non si riuscirà ad aprire lo sport anche a queste discipline alternative….

  53. wik scrive:

    Il problema Andrew é che é giusto voler giocare a tennis senza diventare un campione, l’aspetto puramente ludico deve essere rispettato. E’ che l’associazione sportiva nel caso tennis Italiano é demandata quasi sempre all’accademia perché comunque il proposto all’interno dei circoli non é sufficiente o qualificato, e spesso anche nelle accademie.
    E’ che l’accademia é cara, molto cara, per cui al contrario di altri sport non é alla portata di tutti, e diciamo chi ha dei soldi di papá spesso e volentieri non é il piú portato a sacrificarsi sul campo come il tennis chiede a chi vuol sfondare.
    La domanda vera a questo punto é : come conciliare questi due aspetti ?
    Credo che l’esperienza di altri paesi debba essere di esempio se davvero si vuol sviluppare un tennis di alto livello anche da noi, ma la strada obbligata é questa, altrimenti possiamo anche formare buoni coach che resteranno fini a se stessi senza poi modo di esplicare adeguatamente le proprie conoscenze.
    Che poi alla fine significa un po’ quello che ha detto la Pennetta pochi mesi fa : “Il metodo Italiano non funziona e sono andata in Spagna altrimenti non sarei riuscita dove sono riuscita.”

  54. federico di carlo scrive:

    Ciao Stefano,
    il mio lavoro principale implica frequenti viaggi all’estero. Quando sono via non ho tempo per verificare post e mailing. Posso soltanto interloquire quando sono in Italia.

  55. federico di carlo scrive:

    Per Wik
    La nostra esperienza nella conoscenza del tennis è molto similare: fatta all’estero. Caro Wik, il problema di cui parli, purtroppo non è solo nell’ambito del tennis. E’ un problema che riguarda l’intero mondo del lavoro in Italia. In molti paesi all’estero (e faccio espresso riferimento all’Australia perchè è il paese che mi riguarda) se dimostri motivazione e capacità non devi fare neppure domanda: è il movimento che ti ingloba perchè è interesse del movimento avere persone all’interno capaci e motivate. Li non si bada a certificazioni, esperienza passata, curriculum. Ti fanno provare, se sei capace inizi a lavorare e ti integrano nel processo. E’ tutto.
    In Italia la prima cosa che un potenziale datore di lavoro guarda nel curriculum di un candidato è l’esperienza di lavoro. Ma se il mondo del lavoro non ti da una chance di iniziare come deve fare un povero Cristo a farsi esperienza? E’ la storia infinita del cane che si morde la coda.
    Il secondo aspetto da tenere in considerazione è che in Australia i coaches vengono ben sovvenzionati dalla Federazione in base ai progetti. In Italia non è così. I coaches guadagnano eminentemente dal loro lavoro per cui non gli passa neppure per l’anticamera del cervello di introdurre nell’ambiente qualcuno che gli può soffiare clienti, soldi e mercato. In aggiunta l’Australia è un paese grande 50 volte l’Italia con una popolazione di un terzo rispetto a noi. Le leggi della domanda e dell’offerta di lavoro danno molte più possibilità rispetto all’Italia. E’ inevitabile che dopo un’esperienza all’estero in cui le cose sono come dovrebbero essere e quando torni ti infrangi contro il muro della casta ti viene l’amaro in bocca e ti passa la voglia di lavorare. Ti capisco benissimo. E’ quello che è successo anche a me. L’unica soluzione per by-passare il problema in Italia è che, come al solito, l’iniziativa privata (una rete di coaches) faccia fronte alla domanda del mercato che l’offerta pubblica (FIT) non è in grado di soddisfare. Ciò richiede una finalità, un programma condiviso e ben definito ed unità di intenti.

  56. federico di carlo scrive:

    x Gioia,
    se ti può essere da sprone e da incentivo, lo yoga è parte integrante del “conditioning training ” di molti atleti tra cui Ana Jovanovic, per fare un nome. Prosegui per questa strada. Da come scrivi noto una grossa motivazione nel tuo lavoro ed è cio che spesso fa la differenza tra un buon ed un mediocre educatore (ricordo che i maestri sono educatori prima ancora che coach di tennis).

  57. wik scrive:

    @ Di Carlo
    un annetto o pco piú fa parlavo proprio di questo con Martin Jaime, di come non vi sia scuola unica in Italia.
    E’ un profondo conoscitore del tennis oltre che persona intelligente, e lui puntava il dito proprio sulla mancanza di coordinazione fra i vari elementi in gioco. Se esiste una scuola spagnola, una francese, una americana e cosí via, la scuola in un giocatore é riconoscibile, in Italia no. Perché, sempre a detta sua manca una comune direzione, ognuno fa quello che vuole e che gli pare, e questo nel tennis é perdente.
    Un’associazionismo privato visto la mancanza di collaborazione e comunicazione fra pubblico e privato sembra essere la soluzione, perché ? perché se gli interlocutori sono troppi regna sovrano il caos e l’irrigidimento su posizioni personalistiche. Ma la rappresentanza di un lato e la rappresentanza dall’altro forse riuscirebbero in quel dialogo che manca. e’ un po’ quello che é successo negli anni passati quando si é formata l’ATP, si é aperto un dialogo fra pubblico e privato e si sono trovate soluzione a questioni scottanti, vedi disputa Davis e tornei individuali e alla fine la collaborazione si é trovata anche se si son passati momenti duri e difficili.
    Credo di si, o per lo meno é sempre stata mia opinione che l’associazionismo privato sia auspicabile, ma tanto é vero questo, tanto é vero che la mentalitá Italiana rifugge da questo schema e l’individulismo ne esce sempre vincente.

  58. federico di carlo scrive:

    x Wik
    Spero che un giorno questo paese sappia mettere da parte egoismi, campanilismi ed interessi di parte e faccia prevalere uno scopo comune e soprattutto il buon senso. Spero non rimanga un’utopia. Non è un discorso fine a se stesso ma ci riguarda tutti da vicino e siamo chiamati a dare il nostro contributo, sia pure nel nostro piccolo.

  59. madmax scrive:

    federico in italia come al solito prima che un evento del genere possa verificarsi è necessario toccare il fondo.. a parer mio lo si è già toccato ma come si sa i politicanti pur di rimanere attaccati alla poltrona fanno di tutto ed ora addirittura paragonano la fed cup alla coppa del mondo di calcio, alle olimpiadi e peggio ancora ai tornei dello slam.. oltretutto considerando il livello di marciume raggiunto e tenendo presente che ormai il malcostume è ben radicato a tutti i livelli la risalita sarebbe comunque davvero difficile, tanto da indurre tutti a rimandare al più tardi possibile qualsiasi cambiamento e bisognerà aspettare che tutta l’attuale classe dirigente venga spazzata via per poter di nuovo tornare a sperare… tanto per fare un’esempio è un po’ quello che sta accadendo nel partito democratico dove hanno cercato ovviamente di riciclarsi ma è stato il popolo ha sancirne il fallimento definitivo..

  60. federico di carlo scrive:

    x madmax
    non ho voglia di mischiare il sacro al profano e per ciò che mi riguarda il tennis è il sacro e la politica è il profano. Temo che spazzare via una classe dirigente non sia sufficiente a cambiare le cose. I cambiamenti avvengono quando muta la mentalità, quando si apre nelle proprie posizioni invece di chiudersi. E qui in Italia mi sembra di poter dire che non ci sia neppure la volontà di cambiare perchè, come scrivi tu, dicono che le cose vanno bene………in Federation Cup…………..

  61. madmax scrive:

    beh certo federico poi dipenderebbe dai sostituenti… certo è che in italia a tutti i livelli si avverte una grande necessità e voglia di cambiamento rivolto al nuovo per cui non è detto che prima o poi….

  62. king of swing scrive:

    credo di carlo abbia ragione…manca la mentalità giusta…ma è colpa pure di chi scrive di tennis…per quanto capisca il fatto che commentucci cerchi una sorta di dialogo tra federazione e i nostri team privati..bisogna guardare in faccia la realtà…la situazione è veramente pessima per il nostro sport…

    quello che vorrei personalmente è un moltiplicarsi dei team privati…perchè è grazie a questi team privati che il nostro movimento tennistico è cresciuto…e nonostante una federazione del genere…

    un presidente dilettante dovrebbe lasciare il compito di occuparsi dello sviluppo del nostro movimento a livello professionistico..proprio ai professionisti…

    il punto è che non abbiamo solo un presidente dilettante…ma pure voi giornalisti cercando un dialogo a tutti i costi…non fate solo che peggiorare le cose a mio parere…non si può dialogare con un personaggio del genere…l’hanno capito pure i nostri migliori coach…i giornalisti non lo capiscono perchè pure loro vivono di coppa davis…caro di carlo…

    Federtennis e giornalai da un lato…team privati dall’altro…e giustamente poi si finisce per danneggiare il nostro movimento tennistico…

  63. andrew scrive:

    si…king of swing….anch’io penso che i giornalisti italiani manchino di coraggio…eh sì che di cose da denunciare e approfondire nel tennis non mancano…

    manca la volontà di esporsi, anche perché è parecchio alto il rischio che nessuno o pochissimi seguano la battaglia….IL Tennis Italiano (la rivista) ci aveva in qualche modo provato con lo scorso direttore ma non è passata la sua linea.

    Provo a fare un paio di previsioni:
    1. Tra qualche tempo la FIT fallisce oltre che sportivamente (mai fallita veramente perché mai iniziato veramente a fare sport) anche economicamente.
    2. Gli attuali gestori si riciclano con gli ultimi spicci della FIT nella nuova creatura SuperGulpTennis.

  64. king of swing scrive:

    considera che ci sono diversi giornalisti che lavorano per il canale della FIT…altri vorrebbero entrare nello staff…quello che voglio dire..è che non si tratta di mancanza di coraggio…proprio non hanno l’interesse che le cose cambino…perchè a molti conviene così…chi se ne frega del movimento tennistico italiano…l’importante è farsi strada per i nostri giornalisti…che poi ripeto per lo più hanno una mentalità pure loro inadeguata al tennis di oggi…

    i circoli eleggono il presidente federale…a parte il fatto che andrebbe modificata sta cosa…ma credetemi per cambiare le cose…basterebbe semplicemente un presidente che capisca le esigenze dei nostri professionisti…invece di mettersi in competizione con quest’ultimi…non abbiamo bisogno di un dittatore…ma di uno che prenda coscienza che per crescere il nostro movimento tennistico a livello professionistico..ha bisogno di questi team privati..più di un centro federale…io non me ne faccio niente di un centro tecnico federale in una situazione del genere…

  65. federico di carlo scrive:

    x King of Swing
    sono stato per due settimane all’estero e posso rispondere soltanto ora.
    Avrò forse una visione limitata e sarò forse duro di comprendonio ma mi sembra che il ruolo dei giornalisti nel miglioramento della gestione delle attività professionistiche abbia poco a che fare. I giornalisti possono riportare ad esempio quanto accade all’estero ma poi sono i dirigenti a dover operare. E se le cose non vanno proprio come dovrebbero mi sembra più sensato darne atto a chi opera rispetto a chi fa solo opinione. Il mio parere è che il tennis è uno sport altamente individualistico e competitivo e che purtroppo sono caratteristiche ancora non ben marcate nella cultura italiana. All’estero hanno capito da moltissimo tempo che non possono far rientrare il tennis nella casistica degli altri sport per cui il lavoro della federazione è limitato a quello di supervisione e di affiancamento e non di organizzazione e programmazione. E’ una questione di mentalità e di interessi (o meglio…..di poltrone……). Non è la coppa Davis ad indicare lo status tennistico di una nazione. I giocatori più forti non esitano a disertarla se gli impegni non coincidono con la programmazione personale. In Italia c’è invece un rapporto quasi capestre tra giocatori e federazione. Il circo continua………….

  66. Max68 scrive:

    Complimenti per il grande articolo. Io vorrei dare un altro spunto di riflessione portando l’esperienza di mio figlio di 14 anni. Noi viviamo al momento negli USA a San Diego, una delle piazze piu’ importanti per il tennis junior USA. Qui il tennis come altri sport e’ preso in maniera seria (motivo principale riduzione fee per il college), le scuole anche le piu’ piccole sono dotate di campi da tennis, basket, football, palestre etc.. Le scuole superiori hanno i team scolastici e l’ultima ora di lezione a scuola e’ pratica sportiva. Il team si allena tutti i giorni minimo un’ora al giorno per poi affrontare i tornei scolastici provinciali/regionali/nazionali. Uno dei professori di scuola con esperienza nella disciplina sportiva e’ il coach della squadra. Mio figlio e’ tesserato USTA ogni mese i circoli della zona che sono affiliati alla USTA organizzano a rotazione dei tornei di tre diversi livelli novice/satellite/open normalmente lui riesce a svolgere uno o due tornei al mese. In estate ritorneremo definitivamente in Italia dove i ragazzi che svolgono attivita’ agonistica devono combattere con l sistema scolastico per le assenze dovute ai tornei nazionali/internazionali, negli USA le scuole gli danno un contributo alla trasferta raccogliendo donazioni da industrie locali, i risultati dei ragazzi vengono messi sulle riviste locali sul sito della scuola dappertutto… Ora ditemi come possiamo competere con questi sitemi cosi’ organizzati a sviluppare il talento sportivo (p.s. La stessa cosa e’ dal punto di vista didattico). Per tornare al tema dell’articolo qui selezionano i ragazzi migliori e gli propongono di allenarsi in centri federali dove hanno anche le scuole, o centri privati per chi se li puo’ permettere vds. Bollettieri anche li sono organizzati con le scuole. I coach seguono i ragazzi in trasferta, ma questo accade sin dai piccoli tornei USTA, il coach di mio figlio viene a vederlo giocare altrimenti come può sapere dove deve migliorare il ragazzo (il prezzo per venirlo a vedere e’ 30 dollari).

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