Cultura sportiva in Italia:
un miraggio?

 
2 Giugno 2009 Articolo di Roberto Commentucci
Author mug

 Virtual Tour: ecco la fase finale!  

“Gli italiani sono sempre pronti a
correre in soccorso del vincitore”

(Ennio Flaiano)

“La vittoria ha cento padri, la sconfitta è orfana”
(proverbio popolare)

 

“O Francia, o Spagna, purché se magna”
(anonimo)

 

“Non è la libertà che manca. Mancano gli uomini liberi”
(Leo Longanesi)

 

“mens sana in corpore sano”
(Giovenale)

 

“panem et circenses”
(Tacito)

Il libero arbitrio nell’era di Internet.

La rivoluzione tecnologica innescata dall’avvento della rete internet sta cambiando nel profondo non solo il modo di lavorare e di produrre, ma anche quello di vivere le passioni, gli interessi, il tempo libero, ampliando a dismisura le possibilità di comunicare, di apprendere, di interagire con gli altri, di condividere e confrontarsi.L’avvento dei forum di discussione e dei blog, la possibilità di commentare gli articoli, di interagire con gli autori e con altri utenti, ha innescato un potente processo democratico, trasformando il lettore da soggetto passivo in protagonista del mondo dell’informazione.

Questo fenomeno, operante in tutti gli ambiti della società, è stato particolarmente dirompente per quelle attività “di nicchia” che, come il tennis, faticano a trovare spazio sui media tradizionali, come i quotidiani e la televisione in chiaro.

E tuttavia, la frequentazione assidua di queste “piazze virtuali”, se consente di cogliere con molta precisione quali sono gli spunti di dibattito e le opinioni più attuali degli appassionati, lascia spesso un senso di fastidio, un retrogusto amaro.

La virulenza delle discussioni; l’estrema variabilità dei giudizi, che cambiano in modo sorprendente sull’onda dell’ultimo risultato o dell’emozione del momento; il palese settarismo di molti commenti; le parole spesso pesanti – e gratuite – pronunciate contro questo o quel tennista; l’atavica tendenza italica a dividersi in fazioni, che si fronteggiano senza esclusione di colpi; l’affermarsi di luoghi comuni, terminologie magari suadenti e seducenti, ma che spesso portano ad analisi del tutto inesatte o, peggio, inesistenti, spesso fondate su un uso del tutto superficiale della psicologia, come se si fosse all’Isola dei Famosi; tutto ciò, finisce per avere un effetto repulsivo,  scoraggia la partecipazione, tende ad operare un fenomeno di “selezione avversa” degli utenti di questo o di quel sito: si attraggono i polemici, i litigiosi, e si scoraggiano i veri appassionati.

La sconfitta di Rafa e la diatriba infinita.

Nel nostro microcosmo tennistico, la prova più evidente di questa degenerazione l’abbiamo vissuta negli ultimi giorni, dopo la sorprendente sconfitta di Rafael Nadal ad opera di Robin Soderling negli ottavi di finale del Roland Garros.  Un incontro, tra l’altro, che in Italia hanno visto in pochissimi, dal momento che Eurosport, per i motivi discussi in un bell’articolo di Cino Marchese, non ha trasmesso la partita.

Eppure, se ne sono sentite, davvero, di tutti i colori. Alcuni tifosi di Nadal, bruscamente destati dall’ubriacatura dei recenti trionfi, sembrano ora vivere con il terrore che Federer possa vincere il Roland Garros, feudo dello spagnolo, rendendo così pan per focaccia al maiorchino, lo scorso anno empio e proletario profanatore (secondo l’altra fazione), del sacro suolo verde di Wimbledon.

A loro volta, alcuni fra i tifosi di Federer hanno dato la stura all’astio faticosamente represso negli ultimi mesi, citando come causa della sconfitta i nuovi controlli antidoping della Wada, accusando il maiorchino di mancanza di talento, di essere solo un indegno pedalatore, di essere scorretto, di aver fraudolentemente sottratto al loro idolo “2 Grandi Slam consecutivi” eccetera.

In entrambe le fazioni, poi, ci sono stati quelli che hanno annunciato trionfanti la fine agonistica di Nadal “da questa botta non si riprenderà più, come tennista ormai non sarà più lo stesso” o dello stesso svizzero “ormai è meglio che si ritiri, ha la pancetta, la moglie incinta, si è imborghesito, vada a fare l’impiegato del catasto”. E la riconoscenza, l’apprezzamento per l’incredibile spettacolo che ci hanno offerto e che continueranno ad  offrirci? Mah…

Pochissime, e immediatamente ridotte al silenzio dalla turba urlante, sono state le voci equilibrate, fra le quali, eroiche, si segnalano quelle dei tecnici Riccardo Piatti e Barbara Rossi. Pochissimi quelli che facevano notare come nello sport l’imbattibilità non esiste, che i due protagonisti di questa rivalità sono due tennisti straordinari proprio perché sono riusciti ad essere per così tanto tempo superiori agli altri, mettendo a segno, nella stessa epoca, alcuni dei più  incredibili record del nostro sport; pochissimi che ponevano l’accento sulle caratteristiche tecniche e sui meriti di Soderling, capace di sfoderare, nella circostanza, un tennis assolutamente straordinario.

Insomma, il giudizio che se ne può trarre è quantomeno severo. Il nostro paese è entrato nella civiltà dell’informazione portandosi dietro la sua secolare mancanza di cultura sportiva: quelle che una volta erano chiacchiere (e liti) da bar di paese, davanti ad un cappucino o ad una birra, adesso sono furiose diatribe combattute a colpi di tastiera, mentre le sconfinate potenzialità che la rete offre per chi mira ad una autentica crescita culturale e personale restano in larga misura inesplorate.

Le cause lontane.

Si tratta, purtroppo, di una lacuna che viene da lontano. Il settarismo, la tendenza a dividersi in fazioni, l’intransigenza, quasi l’odio nei confronti dell’avversario, hanno lontane radici sociologiche e storiche: per secoli gli italiani, privi di una identità nazionale, di una coscienza civica e civile, si sono abituati a dividersi fra seguaci del Papa e fedeli all’Imperatore, fra vassalli della Francia e servi della Spagna, tra Bianchi e Neri, Guelfi e Ghibellini, Montecchi e Capuleti.

E così, nell’alternanza di dominazioni e potentati, l’omaggio, la sottomissione al vincitore, al padrone di oggi, diventano un riflesso condizionato, mentre lo sconfitto, il signore di ieri, può marcire in catene nell’indifferenza generale.

In questo tessuto sociale, l’avvento dello sport di massa, che in altri paesi, di più  profonda e radicata impronta democratica, ha consentito una crescita sostanziale del benessere delle persone, non poteva che essere vissuto in questo modo. Pochi sono, nel confronto con le altre nazioni civili, coloro che praticano sport ad un livello agonistico. Pochissimi sono coloro che lo sport lo studiano seriamente. La gran parte dei consumatori di eventi sportivi è costituita da praticanti occasionali, che sono soprattutto tifosi. E faziosi. Moltissimi, poi, sono i  bambini obesi, tirati su a merendine, playstation, reality show.

In questo contesto, fare cultura sportiva, insegnare il rispetto per l’avversario, diffondere le virtù della pratica sportiva come equilibrio fra corpo e mente, è un’impresa improba.

I colpevoli.

Sono in tanti ad essere sul banco degli imputati.

In primo luogo il sistema scolastico, sempre più inadeguato, nel quale il progressivo, mortificante avvilimento della professione di insegnante non consente più la trasmissione di concetti e nozioni, nè, soprattutto, del necessario sistema dei valori. Per non parlare della quasi assoluta refrattarietà alle nuove tecnologie, vissute nella nostra scuola come frutti del demonio, anziché come una grande opportunità di crescita. Non a caso, nelle graduatorie internazionali compilate dall’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo  Sviluppo Economico), il sistema scolastico ed universitario del nostro paese si pone agli ultimi posti tra i paesi industrializzati.

In secondo luogo, il sistema dei media. Televisione generalista e, in misura minore, i quotidiani, sembrano aver abdicato al loro ruolo di educatori, di divulgatori di conoscenza e cultura (anche) sportiva - ruolo che è invece fondamentale in una società civile - a favore di scelte editoriali sempre più schiave dell’audience e della risonanza mediatica immediata. Oltre ai più clamorosi casi di tv spazzatura, questo virus tende a colpire anche i media sportivi. I 3 quotidiani sportivi italiani, la tv generalista (e ormai anche quella a pagamento) sono ormai totalmente asserviti allo strapotere del calcio.
Il fondo fu toccato probabilmente lo scorso anno, il lunedì  successivo alla finale di Wimbledon: dopo l’epica finale tra Federer e Nadal, 5 set memorabili, uno dei momenti più alti nella storia del nostro sport, l’Equipe dedicava al tennis le prime 6 pagine. La nostra Gazzetta dello Sport, il più  prestigioso quotidiano sportivo nazionale, titolava a tutta pagina: “Inter, ora Lampard!”… Insomma, una grottesca bufala di calciomercato, relegando Roger e Rafa alle pagine interne.

Nel nostro piccolo, vediamo questa tendenza  anche su Ubitennis, dove un presunto tennista ermafrodito desta molto più interesse, magari, della finale di un torneo.

In questo difficilissimo contesto, i giornalisti sono chiamati ad adeguarsi. Perennemente in lotta per avere due-tre righe in più sul giornale, sono quasi costretti a privilegiare la polemicuzza, la notiziola maliziosa, la puntura di spillo, il pezzo a sensazione. L’analisi seria, sobria e costruttiva, non interessa a nessuno. E così, ci si disabitua a farne.

Il terzo colpevole è l’ente deputato dallo Stato a diffondere e promuovere lo sport, ovvero il nostro Comitato Olimpico Nazionale, che sembra sempre più dedito alle lotte di potere interne che all’assolvimento dei suoi compiti istituzionali. Poche settimane fa, dopo la sua terza elezione, il dr. Petrucci ha dichiarato che l’obiettivo principale del suo mandato sarà quello di far entrare, da protagonista, lo sport nelle scuole. Aspettiamo con (poca) fiducia.

Conclusioni (amare).

In conclusione, quello che emerge è un circolo vizioso senza fine: l’Italia di oggi è un paese privo di cultura sportiva, in cui si offre (quasi) solo calcio, si educa lo spettatore solo al calcio, così che a sua volta lo spettatore chiede solo calcio, per cui alla fine solo il calcio fa audience e tiene in equilibrio raccolta pubblicitaria e bilanci, così come i programmi di tv spazzatura tengono a galla le reti generaliste. E badate bene, questa non è una critica nei confronti di chi gioca a calcio tout court. Come per tutti coloro che praticano sport sul serio, coloro che hanno giocato a calcio ad un certo livello (anche un banale campionato di seconda categoria) sono dotati di cultura sportiva in misura molto maggiore rispetto a tanti appassionati di tennis da poltrona. Il problema che si intende denunciare, insomma, è il pernicioso intreccio tra scarsa pratica sportiva, scarsa cultura di base e bombardamento mediatico.

Pertanto, la becera qualità dei commenti sui blog e sui forum, e la contemporanea, mancata trasmissione nel nostro paese, da parte di Eurosport, di gran parte dello storico match tra Soderling e Nadal, non sono due eventi tra loro indipendenti, ma al contrario sono due facce della stessa medaglia. In Italia il ritorno di audience di un investimento in diritti televisivi per eventi tennistici è  inferiore rispetto ad altri paesi. Basti vedere i dati di Italia 1, che ha trasmesso in chiaro alcuni match degli Internazionali d’Italia. E’ per questo che non abbiamo visto Soderling-Nadal. Perché in fondo non interessa (quasi) a nessuno.

Il filosofo danese Soren Kierkegaard, vissuto nel 19° secolo, non poteva conoscere la civiltà dell’informazione, ma in compenso conosceva molto bene la natura umana. Egli scrisse: “L’uomo non fa quasi mai uso delle libertà che ha, come per esempio della libertà di pensiero; pretende invece come compenso la libertà di parola.

E’ una frase che riassume molto bene quanto abbiamo letto in questi giorni.

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58 Commenti a “Cultura sportiva in Italia:
un miraggio?”

  1. Bigtrouble scrive:

    Bell’intervento, che condivido in pieno. Il tema è la cultura del rispetto, di cui, la cultura sportiva, non ne è che una semplice derivazione.

  2. Giacomo Fazio scrive:

    Roberto sono perfettamente d’accordo con la tua analisi. Nel nostro paese manca una cultura sportiva ma soprattutto manca una cultura della civiltà.
    La Bartoli, dopo la sconfitta con la Garbin, ha detto ” tanto sono italiani “…….che non è solo un retaggio di antichi dissapori ma la convizione di molti paesi che ci vedono indietro su molti campi.
    Per tornare alla cultura sportiva….non c’è da meravigliarsi dell’atteggiamento che molti “tifosi” hanno assunto nei confronti della rivalità Federer-Nadal, il nostro non è un paese amante dello sport, ma un paese basato sul calcio. Non esiste altro, tutte le trasmissioni sono impostate su quello che succede la domenica, si passano ore e ore ad analizzare calci di rigore, la frasi e le battute dell’allenatore dell’ Inter , le simulazioni….alimentando una cultura dell’odio. Al di là del personaggio, Muorinho non sbagliava nel parlare di ” prostituzione intelletuale” e le cose in futuro non cambieranno fino a quando non migliorerà il mondo dell’ informazione televisiva, che è quella che abbraccia il maggior bacino di utenza.

  3. ruud krol 42 scarso scrive:

    Per chi è interessato ho detto la mia alle 13.32 sull’articolo choc Nadal.

  4. enrico riva scrive:

    Concordo in parte con quanto scritto da Roberto. Aggiungerei come ulteriore causa di una visione settaria e monolitica dello sport e della vita, la scarsa esperienza che ancora oggi si fa in contesti estranei a quello di nascita. Se l’emigrazione temporanea interna in Italia è sempre stata massiccia per motivi di studio e lavoro la stessa cosa non si può dire per quella estera.

    Il contatto con persone abituate a ragionare con schemi inediti per la mentalità italiana, praticamente qualsiasi paese europeo che non sia il nostro, permette immediatamente di capire quanto le logiche campanilistiche siano sintomo di ottusità. Ho letto tra i commenti ieri che su youtube (e quindi all’estero) ci si insulta e si specula tanto quanto da noi. Vero, non siamo peggio di altri. Siamo esattamente come gli altri. Gente che parla senza muoversi e senza confrontarsi: senza andare a vedere le cose sul campo.

    Sono perfettamente cosciente che questa non sia la panacea di tutti i mali ma e’ sicuramente uno strumento efficace per ridimensionare la visione del proprio “giardino” alle sue reali dimensioni. Lavoro in un ufficio in cui ognuno e’ minoranza (150 persone, al massimo 4 o 5 dello stesso paese). Si parla tranquillamente di sport e ciascuno porta con orgoglio le proprie vittorie e stigmatizza le proprie sconfitte. Nessuno si sogna di utilizzare i concetti di “verita’” e “assoluto”.

    Tuttavia non sono convinto sia un male che un articolo scateni commenti viscerali come accade spesso su Ubitennis. Il web, come dice giustamente Commentucci, ha fornito una libertà impensabile solo qualche anno fa. Ma proprio grazie a questa libertà molti hanno potuto incanalare le proprie rabbie e frustrazioni e sfogarle in maniera sostanzialmente innocua.

    Cercare di migliorare l’approccio con lo sport, con l’avversario e con la sconfitta sono obiettivi fondamentali. Forse e’ necessario passare attraverso i deliri tipografici di alcuni lettori e le parole sagge di persone come Piatti.

  5. stefano77 scrive:

    Tutto bello,tutto giusto per carità…ma se così non fosse questo sito/blog /forum avrebbe smesso di esistere da un pezzo(purtroppo).
    Se Scanzi fa un articolo delirante su Federer ci sono 150 commenti in venti minuti,se Tommasi fa la cronaca della giornata tennistica,al massimo lo leggono in 10.
    Quindi se il prezzo da pagare per avere finalmente un “luogo” dove poter parlare di tennis è leggere qualche scemenza qua e la,credo che possa starci.Io ho sempre creduto di essere una mosca bianca che amava il tennis(e tifava per i tennisti) e mi sentivo un idiota quando provavo a spiegare ad altri la mia passione.Grazie a Ubitennis ho trovato centinaia di “idioti” come me,perciò non esageriamo per favore.Personalmente questa visione elitaria del tennis che vorrebbe che il nostro sport fosse praticato e discusso solo da persone che parlano in latino(o addirittura in ladino per la felicità dei vari Clerici) non è che mi faccia impazzire.
    Ciao e grazie a tutti per la compagnia.

  6. xavier scrive:

    Mumble, mumble, questa è quistione che rosica anche l’animo mio. Parto dal fondo: esiste un popolo italiano? Come uno francese o inglese, o tedesco? Mettiamo che sì. Quali valori comuni lo identificano? Il sesso e l’invidia (A. A.), forse adesso solo l’invidia, per non lasciar solo il Primo degli italiani. Ditemi, dove vedete scritte, parlate o filmate persone o pagine che puntino il dito sul dubbio, sulla coerenza, sul coraggio del cercare e del tentare senza la certezza del risultato, sull’accoglienza della diversità come crescita possibile. Se, come me, niente di ciò vedete intorno, a che vale stupirsi? Facciamo un gioco. Un giovane avvocato abbronzato si mette in testa di diventare Primo degli italiani e alla guida di un partito tenta la sorte elettorale. Mentre accade ciò, nel paese più bello, coraggioso e forte del mondo un magnate dei mezzi di comunicazione fonda un suo partito, vince altre elezioni e per festeggiare porta decine di virgulti e bellezze assortite in una delle sue ville su un aereo dello Stato. E da lì spernacchia concorrenti e avversari: son ricco, mi han votato, il resto non conta. Ecco, ma vi pare possibile? E la cultura sportiva, il giuoco del tennis che c’entrano? Se la rivoluzione non si faceva con canzoni e poesie, come si può pensare che la bellezza e l’armonia del gesto sportivo al massimo livello, di qualsivoglia disciplina, bastino a educare siffatti italiani? Suvvìa, nemmeno si sente più ripetere che i tifosi inglesi fischiano il giocatore della loro squadra che simula un fallo subito. Siam convinti che la nostra furbizia ha contagiato anche gli altri. Invece no, siamo solo molto più dentro il dirupo e fatichiamo a riveder la luce. Soldi, successo (ma quello delle tv), donne facili, a questo aspiriamo in gran massa. Lo sport è un mezzo, altrimenti… che si fotta.

  7. BB 1980 scrive:

    La buona analisi di Commentucci manca di una proposta relativa a far sì che i fenomeni del tifo da stadio siano relegati in opportune aree dei blog; ovvero, nel momento in cui su blog e piattaforma - nella fattispecie tennistica - compaiono articoli a stretta matrice tecnica e dunque scritti da addeti ai lavori, i commenti relativi a questi stessi articoli si scremano naturalmente.
    A titolo di esempio, gli articoli di Cino Marchese - pur se non strettamente correlati con l’aspetto tecnico del tennis ma facenti riferimento a storie tennistiche che interessano un ristretto numero di frequentatori del sito - dfficilmente si prestano a zuffe da stadio. L’utenza di questi articoli si seleziona naturalmente.
    Circa la scarsa cultura sportiva, e tennistica in particolare, molta responsabilità è imputabile ai media ed ai giornalisti che ci scrivono.
    Riprendendo l’esempio di Federer e Nadal - rigorosamente in ordine alfabetico !!!!!!!! - è inutile lamentari se si continua a scrivere che hanno “riscritto la storia del tennis”, “hanno stabilito records tali da cancellare l’albo d’oro dei tornei del grande slam”, et similia.
    Semplicemente, non è vero.
    Azioni correttive ce ne sono; semplicemente, basta dare un differente taglio agli articoli che trattano medesimi argomenti.
    La gran parte dei frequentatori dei blogs si orienteranno su alcuni articoli il cui taglio è, per così dire, “nazionalpopolare”; un’altra parte di utenti concentrerà le sue attenzioni su quegli articoli scritti da questo o quel giornalista e/o addetto ai lavori.
    Almeno, questo è il mio modestissimo punto di vista.

  8. Il signor Bartoli scrive:

    Tutto bello, tutto giusto, ma …
    Non sono certo solo gli italiani che si contraddistinguono per questi eccessi. Da vecchio utente di usenet, lurko spesso e volentieri i ng specializzati in tennis (it.sport.tennis, in italiano con utenti italiani e rec.sport.tennis in inglese e con utenti internazionali). Bene, tra i due l’unico leggibile con un minimo di decenza è it.sport.tennis, mentre l’altro si distingue per i continui insulti reciproci di fazioni o singoli utenti, tanto che di tennis se ne discute sempre meno.
    Quindi, il problema c’è, ma non è solo tipicamente italiano.

  9. Renée scrive:

    Mi spiace non essere d’accordo con l’autore dell’articolo, perchè Roberto mi piace davvero tanto; soprattutto gli riconosco, oltre che garbo e competenza, una dote meravigliosa e ben poco diffusa nei dibattiti: la capacità di ascoltare il pensiero degli altri.
    Così scusa se mi permetto, ma il concetto espresso nel pezzo mi sembra confuso e fuorviante:

    1) Anzitutto, toglierei l’espressione “cultura”, perchè fonte di malinteso. Spesso si tende infatti a confondere snobisticamente la capacità di usare le parole e la conoscenza della lingua con un’altro tipo di educazione. Il senso dello sport, parlo per esperienza “diretta”, l’ho visto smarrito a causa del tifo anche in persone estremamente colte e forbite ed “istituzionalmente” degne di rispetto.

    2) Se parliamo di senso dello sport e del suo valore etico, questo si sta perdendo non solo in Italia e non solo nel tennis. Io non amo per nulla il continuo riferimento al tifo calcistico per indicare una certa esagerata manifestazione di passione sportiva diffusa in molti commenti che si leggono su questo blog. Il calcio è semplicemente uno sport molto più praticato (anche per ragioni economiche) e molto più amato (anche per tradizione) nel nostro paese. Aumenta e di molto la base degli appassionati e dunque aumenta la possibilità che tra essi si trovi chi non ci sta con la testa. Quando però i tifosi di tennis dicono che i calciofili sono beceri mentre loro no, lo trovo un discorso snob, insopportabile e ancora più sintono di ignoranza!

    3) Non capisco poi perchè “indignarsi” e trarne un indizio di mancanza di cultura sportiva il fatto che la Gazzetta dello Sport dedichi la prima pagina al calcio mercato piuttosto che alla finale di Wimbledon. E’ solo una logica economica Il mondo dello sport, come quello della carta stampata, non nascondiamoci, vive di pubblicità. I personaggi sportivi diventano della specie di uomini sandwich, civette pubblicitarie che fanno vendere gadgets e giornali… A chi, come noi caro Commentucci, ama il tennis sembra quasi un’onta, ma Wimbledon nel titolo fa vendere meno del calcio mercato dell’Inter.
    Tuttavia, non credo si possa parlare di mancanza di cultura sportiva per questo. Un giornale indiano dedicherebbe probabilmente la prima pagina al cricket: non penso che l’Equipe lo farebbe (posso sbagliarmi, ovviamente). E’ solo che in Francia, per tutta una serie di ragioni, il tennis ha più mercato di ascoltatori che non da noi. Ma siamo così sicuri che se Nadal fosse italiano la Gazzetta non gli avrebbe dedicato la prima pagina?

    4) Il fatto che gli italiani adorino le fazioni contrapposte non è tanto grave. Quello che ci manca, da sempre, è il rispetto per l’altra fazione, e soprattutto, la capacità di ritornare coesi quando serve. Ma questo è un discorso lungo, storicamente complesso e soprattutto che esula dallo sport. In realtà gli italiani rispettano molto poco l’Italia e dunque sè stessi, e non hanno il senso della res publica. Del resto, è esperienza di chiunque, spesso la cosa pubblica italiana ha molto poco rispetto degli italiani stessi…

    5) Da questa mancanza di rispetto per sè stessi nasce la - notevole - esterofilia che traspare (almeno a me ha dato questa impressione) dalle parole di Commentucci. Verissimo che siamo sommersi da una “cultura spazzatura”, ma i reality non li guardano solo gli italiani, e i bambini obesi sono molti di più (percentualmente) negli stati uniti, dove lo sport ha ben altra cultura e diffusione.

    6) Infine, con tutto il rispetto per Kiekegaard credo che la libertà di pensiero sia una chimera. E, in ogni caso, non può prescindere dalla libertà di manifestarlo: ogni nostra idea nasce da una parola altrui… e il modo migliore per permettere la formazione di idee è lasciare a chiunque il diritto di manifestare le proprio, anche se può sembrare sconveniente, scorretto se non addirittura pericoloso.
    A questo riguardo i blogs e internet in genere non possono che essere benvenuti.

    In ogni caso, è sempre difficile parlare di etica, anche nello sport. A maggior ragione è difficile “insegnarla”. Ma, a proposito del compito che dovrebbero svolgere i giornalisti nel campo tennistico, a me viene in mente il testo di una bellissima canzone di Gaber: “non insegnate ai bambini la vostra morale….insegnate la MAGIA DELLA VITA”
    Allora, l’ho già detto ma per esempio la sconfitta di Rafa a Rolland Garros, per mano di Soderling, così inaspettata, incredibile e foriera di effetti sul torneo (e non solo) si può guardare da un altro punto di vista, e ricordarci la grande magia di questo sport meraviglioso, dove non si può mai dare nulla per scontato e dove ci si può sempre ritagliare un pezzettino di gloria, anche senza scomodare i valori assoluti.

  10. something blue scrive:

    completamente daccordo con Roberto.

  11. andrew scrive:

    Roberto, come al solito, parte dalla considerazione errata che il tennis in Italia sia uno SPORT.

    Non è vero, in Italia il tennis NON è uno sport. Ergo, il solo voler effettuare paragoni con altre discipline sportive o altri paesi, è di per sè inutile.

    Innanzitutto, per essere uno sport, dovrebbero esistere delle associazioni sportive, il che è quantomeno opinabile.

    Poi, dovrebbe esistere una federazione di associazioni sportive, il che è assolutamente falso, non esistendo le associazioni sportive. La nostra federazione è una specie di Ordine Professionale del Tennis, che si cura di mantenere e proteggere gli iscritti (circoli e maestri), garantendo il monopolio e lo status quo.

    Quindi, ancora prima di ragionare sulla cultura sportiva nel tennis, bisognerebbe essere consci di questo.

  12. daniele scrive:

    Bell’articolo. Bei commenti.
    Vorrei aggiungere solo un’osservazione sul discorso italia/estero, calcio/tennis. Gli appassionati intelligenti ci sono anche in italia e anche nel calcio così come i “tifosi cattivi” ci sono anche nel tennis ed all’estero. Questo è ovvio altrimenti si rischia di dividere in “tutti i buoni tennisti da una parte e cattivi calciatori dall’altra”. Il punto allora è quanto è larga la piramide. Cioè se la base della piramide sono i tifosi peggiori mentre il vertice i più illuminati appassionati (e l’area è il totale di chi segue lo sport), il punto è quanto è larga e alta la piramide del tennis (in italia e all’estero) e quella del calcio. Io non saprei rispondere.

  13. Lorenzo scrive:

    Nient’altro, caro Commentucci, che una ben poco fantasiosa apologia del bon-ton. Molto moralista, molto paternalista e molto (troppo) comoda. Io ho sempre diffidato di coloro che tenendosi opportunamente in disparte si dichiarano “sportivi”, per poi deridere quelli che con disprezzo definiscono “tifosi”. Simili apostoli della correttezza, profeti del terzismo (mai di qua né di là), astenuti per vocazione scambiano sempre il proprio distacco per obiettività, e il coinvolgimento degli altri per attitudine ridicola e volgare. Ma ad essere da biasimare, soprattutto nella piattezza televisiva dilagante, non è chi prende parte, chi sceglie, chi si mette in gioco, chi toglie il filtro tra le sue passioni e il mondo. Ad essere da biasimare, in quanto perfettamente compatibile e funzionale al progetto di anestetizzazione di massa configurato dalle tante voci del padrone, è proprio chi non si sbilancia, chi osserva il mondo come fosse uno spettacolo a cui essere superiori, che non lo riguarda, chi isolato sul trespolo della propria supponenza indica agli altri rotte fatate e sentieri luminosi. Meglio un’esultanza di pancia che un monologo di sola gola.

  14. violetta scrive:

    complimenti x l’articolo. spesso rimango spiazzata dall’acredine di certi commenti come quelli pubblicati a seguito dell’incontro tra soderling e nadal. non sono tifosa né dello spagnolo né dello svizzero e francamente questa faida infinita agli occhi dei neutrali risulta spiacevole e noiosa. bisognerebbe limitarsi a tifare x il proprio beniamino evitando di denigrare gli avversari, gioire in modo preoccupante x le loro sconfitte ed indignarsi x certi atleti ritenuti senza rango che osano disputare i quarti. questo tifo da ultrà caratterizzato da toni esacerbati,da un’assoluta mancanza di obbiettività e dall’incapacità di dialogare serenamente con un interlocutore che non condivide appieno la stessa idea è sgradevole e deludente. la cultura sportiva impone il rispetto x tutti coloro che praticano lo sport e che gareggiano. è lecito avere delle preferenze, anche io ne ho e ne ho avute ma quando le ho espresse mi sono sempre preoccupata di farlo in modo educato; ho certamente manifestato il mio pensiero e le mie opinioni senza però mai credere di essere un profeta e di divulgare la Verità ma ricordando invece che stavo esprimendo solo le mie sensazioni e il mio parere personale. mi sono però scoraggiata avendo avuto spesso in risposta commenti poco gradevoli xchè molte persone non accettano le opinioni altrui e giudicano sbagliate le idee diverse dalle proprie. x questo, anche se leggo sempre il sito, il + delle volte non intervengo xchè non mi va di interagire con i maleducati. la cultura sportiva dovrebbe essere insegnata nelle scuole dove però l’educazione fisica è prevista solo x pochissime ore settimanali e riveste un’importanza decisamente marginale; è una materia il cui voto non viene considerato nel caso si voglia conseguire una borsa di studio, gli alunni hanno tutti, da sempre, nessuno escluso, almeno la sufficienza e questo esemplifica il posto che questa disciplina occupa nella scuola e la serietà con cui viene svolta.

  15. olm scrive:

    Personalmente faccio un distinguo. Certi discorsi sono odiosi, in primis la polemica sul doping di Nadal, ma anche la facile ironia sull’aspetto fisico dei giocatori (Scanzi) o certe illazioni su Mirka mi sono sembrate fuori luogo. Altri interventi, anche se demenziali, li trovo divertenti (Leggenda, Lorenzo e altri). Non so quanto operi la censura di Ubaldo, ma questo blog mi sembra privo di quegli insulti personali che avvelenano tante discussioni su Internet. Certo, si tratta di chiacchere, ma almeno su internet ci si confronta con le idee, per quanto bislacche. E poi in realta’, se usciamo da Federer-Nadal la media degli interventi e’ piuttosto alta.
    La cultura sportiva e’ un po’ come l’educazione. Non sta bene rimproverarne l’assenza, ma se si e’ d’esempio, come Federer, Nadal e tutti i tennisti di vertice, qualcuno da qualche parte lo notera’. Il “quiet” di Federer ai genitori di Djokovic e’ il massimo a cui uno sportivo si puo’ spingere senza valicare lui stesso i limiti.
    Quindi sono d’accordo con Commentucci, pero’ mi auguro che non si crucci troppo dei commenti di alcune persone meno addentro di lui nello sport.

  16. vecchiogiovi scrive:

    articolo moralistico e noioso, si può eccedere un po’ per tirar fuori le verità recondite. Scrivere articoli da educande non serve a nulla, nei blog uno può essere sincero, viscerale persino. Tommasi e Clerici pagherebbero milioni per poter dire che Nadal è un muratore di Maiorca, non un atleta da “gesti bianchi” come i suoi predecessori, così come pagherebbero milioni per poter dire che Federe è un imbelle, un bamboccio piagnucolone che non ha palle per battere il muratore di Maiorca. loro devono rispettare la forma, non centra nulla Kierkegaard, socraticamente ognuno ha le sue opinioni. Piuttosto è importante che ci sia rispetto per le opinioni di tutti, (questo voltariamente), ma lasciamo stare i filosofi, pensiamo alla bellezza dello sport.

  17. anto scrive:

    Si Rob, la cultura sportiva è proprio un miraggio in Italia…..basta vedere cosa succede nei tornei di quarta in Italia…se ne possono vedere di tutti i colori…..

  18. Gianpaolo scrive:

    Noto con ironico stupore che, se qui sul blog il trivio viene fustigato (poca cultura sportiva e tanta gratuita volgarità, è il mite anatema di Commentucci), contestualmente sul gemello ubitennis esso viene addirittura ringraziato, con rara euforia - e con tanto di articolo auto-encomiastico! - per l’incremento dei contatti!
    Quando si dice l’ambiguità.

    Io da par mio continuerò a “tifare” il buon federer con i mezzi che ho, cioè la passione e, a volte, l’avventatezza. Non ultima l’incompetenza.
    Ma senza ambiguità.

    In Italia chi gioca a tennis e capisce di tennis cerca di imporre i suoi valori e la sua cultura particolare a un livello totale, senza voler mai compromettersi: per giunta vuole distinguersi neghittosamente, insopportabilmente, dall’inferno boschiano del calcio (i paria).
    MA MAGARI il movimento tennistico in italia fosse paragonabile a quello calcistico! Magari potesse disporre dell’entusiasmo, della partecipazione, dell’adesione, del sentimento e, perché no, della competenza “popolare” su cui può miracolosamente contare il calcio (nonostante cioè i suoi scandali, le sue ingiustizie e i suoi vizi di forma)! Magari potesse essere così radicato e praticato nel territorio (come è in Francia, Roberto)!
    Io baratterei la proverbiale compostezza, educazione e “sportività” del tennis con una simile condizione!
    Ma una tale, augurabile condizione di diffusione “popolare” però implicherebbe proprio la “volgarizzazione” del tennis, sia a un livello tecnico, di gioco, sia al livello del “racconto” della “discussione”, insomma della narrazione comune che si fa del tennis. Implicherebbe il trivio insomma.
    Per forza di cose parlare di tennis diviene triviale. Ogni piazza (anche quella mediatica) è triviale, e rende a sua volta tutto triviale. E’ chiaro che gli eccessi e gli insulti li condanno anche io, è evidente… Ma il tifo serve, ci vuole… Non piace? Allora teniamolo nei circoli, sto tennis, così rimane educato e sportivo.

    Purtroppo, penso che con queste sovrastrutture elitarie, “da circolo”, per cui ci si duole e ci si vergogna, dall’alto del proprio pulpito, del nucleo “cialtronesco” e da bar sport che ogni narrazione popolare implica, non si vada proprio da nessuna parte.

    Nota a margine di rilevanza personale. In passato non mi perdevo un articolo di Roberto Commentucci, ma da un po’ di tempo non riesco più a leggerne uno interamente. Starò invecchiando, boh, ma mi sembrano un po’ farraginosi questi compendi…

  19. dr scrive:

    “E la riconoscenza, l’apprezzamento per l’incredibile spettacolo che ci hanno offerto e che continueranno ad offrirci? Mah…”

    Da tifoso di Roger, sono parole da scrivere nella pietra. Le emozioni che questi due ragazzi ci hanno regalato in questi ultimi anni sono state straordinarie e non possiamo che essere grati loro, al di là della simpatia per l’uno e per l’altro.
    Sottoscrivo anche il resto dell’articolo, anche se da accanito tifoso interista, vedere dipingere il calcio come la rovina della nazione mi sembra abbastanza esagerato e controproducente.

  20. Roberto scrive:

    Pienamente d’accordo con l’articolo di Roberto!
    In Italia, purtroppo, la cultura sportiva non esiste e la principale causa sta proprio nel mondo del calcio!
    Tutto questo martellamento per il calcio, evento ormai da anni privo di ogni aspetto di sportività, riduce sempre di più lo spazio d’informazione per gli altri sport, non solo il tennis, e questo genera proprio un circolo vizioso che impedisce lo svilupparsi di una cultura sportiva che in particolare ricadrà sulle generazioni future!
    Se gli altri Stati ampliamo sempre di più la loro cultura sportiva è proprio grazie all’ampliamento d’interesse verso tutti gli sport, in Italia invece avviene l’esatto contrario!
    Finchè la mentalità italiana rimarrà questa di miglioramenti non se ne avranno su questo fronte, quindi ad oggi l’unica speranza è di non veder intaccati gli sport nobili, in particolare il tennis, da persone assolutamente prive di cultura sportiva!

  21. drein scrive:

    come sempre, analisi assolutamente condivisibile e costruita in maniera impeccabile. Sei un grande Roberto.
    volevo comunque aggiungere che il problema “italiani” ormai non è piu’ circoscritto soltanto allo sport. Spero che non ne esca un’altra polemica, ma basta guardare come siamo quasi sempre divisi in politica. Quando mai si ascoltano discussioni intelligenti su questo o quel partito?
    Si è divisi fondamentalmente in due fronti, si gode di cuore sulla sconfitta altrui, e si gioisce sulla vittoria del partito prescelto, come fosse una partita di calcio dei mondiali. Tutto viene presentato dai media come una gara, magari non si conoscono i programmi “se ce ne sono” di chi si vota, ma l’importante è che perda il bastardo, l’avversario indegno che ha pure il coraggio di sfidare il nostro beniamino.
    Sullo sport è la stessa cosa, e probabilmente anche in altri fronti che ora non mi vengono in mente.
    Devo dire che delle batoste le abbiamo prese.
    Mi piace tutto lo sport, veramente tutto, sono appassionato di ciclismo e, vi assicuro che quando certe tappe sono state bloccate per doping, quando certi personaggi sono stati smascherati, be’, lo scoramento è tantissimo. Ti chiedi, ma adesso, questo vince perche’ se lo merita o vince per aiuti farmacologici?

    Da qui immagino poi avranno preso piede tutte le altre polemiche.
    Io sono principalmente tifoso dei giocatori italiani (già, bella scelta) e di Federer. Tuttavia a me è francamente dispiaciuta la sconfitta di domenica di Nadal, perche’ avrei voluto un’altra memorabile finale. Si’, ok ok, un pochino ho goduto, va bene, ma più per l’incredibile evento che per altro. Insomma, si tifa quasi sempre contro il n.1 giusto per allungare le partite!
    Ora Nadal si è umanizzato :-) è battibile, anzi, direi che tutti sono battibili, non so perche’ li avevamo dipinti come cyborg.

  22. Luca Mirarchi scrive:

    @ Renée, solo due righe di precisazione. Sono un appassionato di tennis che vive in Francia da 5 mesi e, senza voler andare a indagare quali siano le ragioni, l’Equipe è un quotidiano sportivo, la Gazzetta è un giornale di gossip applicato al calcio. A prescindere dai vincoli economici indissolubili dallo sport professionistico, se un giornale sportivo, dopo la finale di Wimbledon dell’anno scorso, si focalizza sulle solite bufale di calcio mercato -beh- secondo me dovrebbe decidersi a cambiare la propria intestazione.

    L’articolo in questione mi trova fondamentalmente d’accordo.
    Saluti a tutti

  23. Nikolik scrive:

    “La virulenza delle discussioni; l’estrema variabilità dei giudizi, che cambiano in modo sorprendente sull’onda dell’ultimo risultato o dell’emozione del momento; il palese settarismo di molti commenti; le parole spesso pesanti – e gratuite – pronunciate contro questo o quel tennista; l’atavica tendenza italica a dividersi in fazioni, che si fronteggiano senza esclusione di colpi; l’affermarsi di luoghi comuni, terminologie magari suadenti e seducenti, ma che spesso portano ad analisi del tutto inesatte o, peggio, inesistenti, spesso fondate su un uso del tutto superficiale della psicologia, come se si fosse all’Isola dei Famosi; tutto ciò, finisce per avere un effetto repulsivo, scoraggia la partecipazione, tende ad operare un fenomeno di “selezione avversa” degli utenti di questo o di quel sito: si attraggono i polemici, i litigiosi, e si scoraggiano i veri appassionati”.

    E’ tutto vero, Roberto, hai ragione!
    O, meglio, hai completamente torto.
    Infatti, quel che è nei blog e nei forum è, in realtà, il vero mondo, la vera vita.
    Le persone, anche nella vita reale, sono così.
    Quindi, non c’è nulla di nuovo sotto il sole: anche la vita reale è così.
    Inutile prendersela con i giornalisti o con internet.

    Oltretutto, paradossalmente, tu, Roberto, sei la prova vivente che hai torto: tu eri un semplice utente del blog di Scanagatta, no, ti ricordi?
    Scrivevi i commenti anche tu, come gli altri, in mezzo agli altri.
    Vedi bene, quindi, che, anche nella miseria generale, chi ha vere qualità, emerge dalla massa.
    Tu sei emerso. E anche altri.

    Il mondo non è così brutto: le qualità emergono ancora ed ancora vengono premiate.

  24. ruud krol 42 scarso scrive:

    Noi italiani abbiamo tanti difetti e non ultimo quello di considerare molte nazioni più civili e più educate della nostra.Senza voler ricordare come hanno creato la loro ricchezza paesi come la Gran Bretagna,la Francia,l’Olanda o la più grande democrazia del mondo ,gli Stati Uniti,voglio restare nel campo sportivo e raccontarvi un fatto di “cultura sportiva”di cui sono stato testimone a Cardiff.Vado ogni anno a Roma a vedere il 6 Nazioni di Rugby e quando una squadra avversaria tira un calcio di punizione c’è un silenzio assoluto(salvo 3 imbecilli) x rispetto al calciatore e come regola non scritta di questo sport.Lo scorso anno sono andato a vedere Galles-Italia e a metà 1° tempo con il risultato in equilibrio,calcio di punizione x l’Italia . Mentre il ns.calciatore calciava, metà del pubblico fischiava tanto che un veneto(terra di rugbysti) dietro di me,meravigliato,come tutti noi,ha detto”ma questi fischiano”.Vorrei ricordare anche il comportamento dei giocatori del Chelsea al fischio finale di Chelsea-Barcellona e l’entrata assassina di Scholes nella finale di Roma.Come dicono i francesi,gli inglesi sono fair-play quando vincono.Tutto questo x dire:Noi non abbiamo(forse) cultura sportiva,ma quanta ne hanno veramente gli altri?Vorrei parlare anche dei mass media ma mi limito a due brevissime.Quando Serena vinse il suo 1° US Open il telegiornale dell’una di France 2 aprì con questa notizia e quando Bolt vinse l’oro e WR nei 200 l’intera prima pagina dell’Equipe era una gigantografia del giamaicano.

  25. ducatispare scrive:

    Sono completamente daccordo con l’articolo di Commentucci.
    Mi limito ad aggiungere un piccolo e forse scontato suggerimento: la piattaforma su cui si basano in particolare “servizi vincenti” e Ubitennis non aiuta di certo.
    Il totale anonimato, la mancanza di informazioni su chi scrive i propri (legittimissimi, ci mancherebbe) commenti fa si che chiunque si diverta a fare l’agit prop a corrente alternata, nascosto dietro ad un nick che lo autorizza a poter dire tutto e il contrario di tutto in totale libertà.
    Si puo’ dire X e il giorno dopo sostenere Y senza renderne conto a nessuno, basta cambiare nick…

    Sono il fondatore di una grande comunità nata e cresciuta su Internet oltre 10 anni fa, tra le prime nel proprio settore.
    Credo, anzi sono certo che il motivo principale che ci ha aiutati (ha aiutato tutti a crecere, come comunità ancorchè virtuale) sia stato proprio l’obbligo a registrarsi con i propri dati reali, a darsi un nome e una faccia non di fantasia.
    Questo ha tenuto lontani gli attaccabrighe, i troll, coloro che passano da un forum all’altro solo con l’intento di far casino e seminare zizzania.

  26. Archipedro scrive:

    Roberto, leggendo questo tuo articolo dispiace, lo dico serenamente, che tu non abbia ritenuto d’essere più partecipe nell’ambito del (fu?) “genitori e figli”… dove avresti potuto dare equilibrio alla discussione, favorendo la permanenza di molti bloggers ormai dispersi che appunto di cultura sportiva volevano parlare. Magari a partire da discipline che conoscono bene, e dove l’approccio allo sport è ben diverso da quello del tennis.
    Perché quando s’evoca la cultura fatalmente si chiama in causa il principio della condivisione. Quest’ultima strettamente legata all’educazione. Ed allora è vano, a mio parere, tenere in vita un blog dove si filtrano i post e contemporaneamente permettere a pochi arroganti, più “belli” degli altri, ma privi appunto della materia prima di cui trattasi, di sottrarre lo spazio del confronto cordiale, o per lo meno corretto… ossigeno per la conoscenza.
    In quei luoghi é per lo meno facile distinguere tra individui sportivamente colti e non: quelli che utilizzano la locuzione “io credo che” stanno tra i primi, mentre i secondi amano concentrarsi sulle tesi degli “avversari”, per distruggerle. Non avendone mai partorite di proprie, vivono della sicumera dei par loro…

    Karolina Pliskova (CZE-577) non è italiana, ahimè per noi, ma gioca bene a tennis a soli 16 anni. Ha vinto l’ITF di Grado senza battere ciglio. Mai un gesto di maleducazione. Un bel sorriso fugace alla gemella, ad ogni game over. Dalle qualificazioni, con discrezione… speriamo che non cambi…
    A breve scriverò di lei, se mi vorrà mandare il materiale che le ho chiesto: c’è molta cultura sportiva in lei…

  27. jan scrive:

    Caro Roberto, non mi addentro in considerazioni sociologiche, per non finire in luoghi comuni del tipo “gli italiani sono pochi sportivi”, “la colpa è della scuola”.
    Tu affronti problematiche che per anni hanno acceso infuocati dibattiti. Sul web si è discusso (e si sono date risposte) sulle infinite possibilità, sui limiti, sulle ambiguità che l’uso di blog e forum offre agli utenti. Quella fase è passata, si sono tirate le somme e ci si è accorti che l’uomo virtuale non è molto diverso dall’uomo reale. Chi gestisce un blog o un forum pone delle regole. Se poi queste regole siano rispettate o ignorate dipende da chi fa funzionare quello spazio.
    Tu, Roberto, ora ti lamenti che alcuni commentatori abbiano tirato fuori i loro peggiori istinti nel commentare la sconfitta di Nadal. Dimentichi però che sei stato il primo l’anno scorso (dopo la vittoria di Nadal a Amburgo contro Djokovic) a cominciare a manifestare dubbi sull’eventuale uso di doping da parte dello spagnolo. Qualcuno ti faceva notare che, non esistendo una minima prova, si entrava nel campo della diffamazione. Tu rispondevi che erano tue sensazioni e che non facevi altro che esprimere le tue opinioni. E se ciò valeva per te, permetterai che valga per tutti. In questo spazio sono state sempre tollerate insinuazioni sul doping di Nadal, argomento che alza l’audience.
    E recentemente sono tollerati anche insulti pesanti che alcuni commentatori rivolgono a altri. Più il clima è da rissa, più sono i contatti. Esattamente come all’Isola dei Famosi, che tu citi, dove più i “morti di fama” (definizione di Aldo Grasso) si scannano, più si impenna lo share. Eppure esistono i moderatori e a volte i commenti vengono pubblicati molte ore dopo essere stati inviati. A che servono i moderatori se poi passano messaggi contenti insulti e provocazioni pesanti, diffamazioni e ostilità?

    In tutto questo le voci di Riccardo Piatti e di Barbara Rossi arrivano come una sorgente d’acqua nel deserto. Sta a voi cercare di coltivare questa cultura sportiva nel vostro spazio. Sempre che vi interessi.

  28. Agatone scrive:

    Il fatto che ci sia la possiblità di scrivere articoli come questo e commenti come quelli che sono seguiti (molto interessante per la capacità di guardare da altri punti di vista è quello di Renée, ma anche quelli di BB1980 e Nikolic) mi sembra una gran bella libertà.
    Sono soprattutto d’accordo sul fatto che molti tifosi lo sono proprio perché non sono sportivi praticanti. Chi gioca a tennis sa, come ha detto Nadal, che ‘la sconfitta è il risultato più normale, quando si fa sport’. Ricorderei anche la frase di kipling che mi pare ci sia negli spogliatoi che portano i giocatori sul centrale di Wimbledon ‘quando saprai accettare la vittoria e la sconfitta, questi due grandi impostori, allora sarai uomo’ le parole non sono proprio così, ma il senso è quello.
    Purtroppo non vedo miglioramenti da questo punto di vista. L’unica previsione è che quando nadal e federer smetteranno saranno ricordati come Bartali e coppi e si narreranno leggende. E forse grazie a loro ci sarà un po’ di letteratura

  29. simone scrive:

    Partiamo dall’ABC.
    Ci è stato tolto il calcio con il calcio scommesse, la GEA e calciopoli, ci è stato il ciclismo, imbottito di doping, il basket, da secondo sport d’italia è diventato uno sport di nicchia, come anche la pallavolo, non fanno ascolti.
    Ci sono rimasti il tennis ed il rugby.
    Il tennis? Uno sport dove il primo inganno è perpetrato dai giocatori con le case che li vestono e gli danno le racchette, pitturate come quelle in vendita ma completamente diverse da quelle in vendita.
    Uno sport dove l’altro inganno è stato perpetrato per anni dalla tv, prima quella di stato che lo ha ignorato e nascosto anche quando aveva i diritti per trasmettere wimbledon, poi sparito in quella a pagamento, per cui per vederlo devo pagare almeno 49 euro al mese.
    Uno sport che non ha mai occupato più di un trafiletto nelle pagine dei giornali italiani, e che è trattato con risultati alterni solo da una rivista.
    Uno sport che ha perso la sua forza dietro al Galganismo, che ha bruciato un patrimonio costituito da Pietrangeli, Panatta e company, che hanno trascinato il movimento negli anni settanta, ed a cui nessuno ha saputo dar più seguito.
    Uno sport che muore nei circoli, proprio dove dovrebbe essere sviluppato, proprio dove si dovrebbero spendere ed investire dei soldi per far crescere talenti, piuttosto che per far invecchiare avvocati e notai benestanti e far giocare a bridge le loro signore.
    Uno sport dove alla scuola nazionale maestri c’è a capo un matematico, uno che ti spiega l’angolo propriocettivo, l’occhio dominante, e tante altre amenità del genere, non preoccupandosi di come i suoi maestri insegnino tennis ai loro allievi.
    Basta frequentare un torneo giovanile per vedere che il servizio, l’unico colpo che si può insegnare con metodo, non lo sa più tirare nessuno.
    Si parla di cultura sportiva a noi, quando lo stesso responsabile dice chiaramente in televisione che questo tennisticamente non è il momento dell’italia ma della Svizzera e della Croazia dove casualmente sono nati dei campioni.
    Chiediamoci magari se in Italia ci siano o no tutte le condizioni per scoprire e far crescere i talenti, ricordo che Federer giovanissimo non era meno “strano” di Fognini in campo, ma poi è diventato Federer e spero che questo sia un augurio per il nostro.
    Ma veramente il problema della cultura sportiva si racchiude nel confronto fra due tifoserie di due campioni assoluti come Federer e Nadal?
    Ma davvero pensate che se fossero esistiti i blog ai tempi di Borg e McEnroe non sarebbe successa la stessa cosa?
    Ma vi immaginate un blog ai tempi di Panatta ed Alexander, oppure della finale di Davis con la Cecoslovacchia?
    Finalmente siamo liberi, esistiamo anche noi, e non dobbiamo più subire passivamente i commenti non sempre “liberi” di voi giornalisti, internet ci da voce e democrazia.
    Cari giornalisti, perché la vostra cultura sportiva cattedratica, non vi consente di fare giornalismo d’inchiesta, controinformazione sul fenomeno del doping?
    Eppure di Pantani qualcosa si vedeva, come di Ben Johnson, della Griffith, e di altri fenomeni vistosi.
    A Nadal si accosta la parola doping per via della vicenda spagnola del dottor Fuentes, eppure tutto è taciuto, insabbiato.
    Se si fosse fatta chiarezza fino in fondo magari nessuno potrebbe parlare di sospetti.
    In Inghilterra è legale il trattamento degli atleti in camera ipobarica, in Italia è doping, e poi vi chiedete perché il Manchester o il Liverpool vanno a duemila in campo?
    Ne parla qualcuno forse?
    Quando Zeman ha parlato di abuso di farmaci i primi a bollarlo come matto siete stati voi giornalisti.
    E poi vi aspettate da un blog libero la cultura sportiva, solo perché ci si azzuffa un po’ su Federer e Nadal, con un Nadal che a detta di Tommasi, perdendo ha provocato la più grossa sorpresa della storia della sport?
    E chi parlava della sportività di Toni Nadal qualche giorno fa, perché non interviene ora a stigmatizzare l’odiosa dichiarazione sul pubblico parigino?
    Evitateci almeno su internet un po’ di ipocrisia, l’unico richiamo corretto è sulla buona educazione, che non deve mai venir meno.
    Altrimenti non ci rimarrà che il rugby.

  30. anto scrive:

    Toni Nadal:”I parigini sono stupidi”. ……….E PER FORTUNA che questa affermazione è stata fatta dal coach di nadal…..il numero uno del mondo…..consoliamoci…..non sono solo gli italiani ad essere privi di cultura sportiva….

  31. Alex Irene scrive:

    Non conosco il contenuto dei commenti scartati dai moderatori di Ubitennis, ma personalmente trovo che quelli pubblicati non siano particolarmente volgari o incivili, specie rispetto ad altri spazi del Web dove il ricorso all’insulto diretto è così frequente. Penso ai siti di seri quotidiani come Repubblica e Corriere, in cui i lettori si danno del fascista o del parassita statale; ai video tennistici su Youtube, in cui la sconfitta di Nadal viene commentata da lettori di lingua spagnola e inglese con epiteti irripetibili; e ricordo che, qualche tempo fa, molte delle dediche lasciate sul sito di Ana Ivanovic erano in realtà avance e messaggi erotici.
    Non credo che l’Italia sia la pecora nera in tema di cultura sportiva (anche se, è vero, la scuola e le famiglie dovrebbero far di più); avete visto come il pubblico di Parigi ha trattato Nadal? Non meglio di Lendl al Foro nell’88, con la differenza che Lendl era oggettivamente molto più antipatico di Nadal. Ad ogni modo, ho l’impressione che il movimento e la pratica del tennis in Italia stiano declinando: il CENSIS dice che solo il numero di campi da tennis è diminuito nell’ultimo decennio, mentre è cresciuto quello degli impianti per tutti gli altri sport (calcio, calcetto, pallavolo, nuoto, pallacanestro, pattinaggio). Vorrà pur dire qualcosa, no? E se noi appassionati non siamo sempre un modello di correttezza, abbiamo avuto in questo cattivi esempi anche da parte di qualche giocatore, tecnico e dirigente.

  32. Roberto Commentucci scrive:

    Grazie di cuore a tutti per i commenti e le sollecitazioni. Sono contento di vedere che è venuta fuori una discussione molto stimolante. Inizio a rispondere, per quanto posso.

    Iniziamo da Renée, che ha scritto un post a mio avviso molto bello. Cerco di chiarire meglio il mio pensiero. Parlando di cultura sportiva occorre fare chiarezza. La cultura sportiva non è necessariamente legata al titolo di studio o al grado di cultura generale. Ho incontrato persone di estrazione molto umile, ma in possesso di una notevole cultura sportiva e ho conosciuto stimati professionisti e magari professori universitari che non ne possedevano affatto. Per me la cultura sportiva è la capacità di rispettare l’avversario, l’amore per lo sport in se, la capacità di apprezzare il gesto sportivo, la volontà di mettersi in gioco dando il 100% di se stessi nel rispetto delle regole. In questo senso, ritengo che il livello di cultura sportiva in un paese dipenda non solo dal grado di cultura generale, ma anche (e forse di più) dalla intensità e dalla frequenza di una pratica sportiva in un ambiente sano.

    Sul discorso del calcio. Io non ho nulla contro la pratica del calcio, che in se è un bellissimo sport. Io stesso ho giocato a calcio, a livelli modesti, disputando alcuni campionati giovanili in una delle tante squadrette di Roma. Ritengo che la parte migliore del mondo del calcio sia proprio questa: le innumerevoli squadre di dilettanti, o di semiprofessionisti che costellano la penisola, dove si riscontra la grande passione di atleti, allenatori, dirigenti. E dove il calcio esercita un influsso positivo sul tessuto sociale. Tanto è vero che il livello di cultura sportiva, in quelle realtà, è spesso molto alto. Quel che odio, invece, è il calcio moviolato, gossippato, velinato, chiacchierato, da talk show, con cui il sistema dei media (nel quale hanno un peso notevole le agghiaccianti trasmissioni per tifosi che vanno in onda sulle radio locali) ammorba le nostre domeniche e molte delle nostre serate, costituendo il pane quotidiano dei tifosi “da poltrona”, di quelli che non praticano. Tutto ciò, non è cultura sportiva, è spazzatura. Per non parlare dei terribili scandali che hanno stravolto molti campionati professionistici.

    Vedo poi che molti di voi (Ruud Krol, il signor Bartoli, Enrico Riva e altri) pongono l’accento sul fatto che la mancanza di cultura sportiva non è un fenomeno tipicamente italiano. E’ vero. Anche all’estero accadono episodi sgradevoli. Credo però che il nostro paese, che ha una percentuale di praticanti agonisti e un sistema scolastico meno efficiente (dati oggettivi, questi), ne sia provvisto in misura minore rispetto agli altri paesi industrializzati.

    Altri ancora (stefano 77, Giampaolo, vecchiogiovi, jan) pongono il problema della dicotomia, diciamo così fra qualità ed audience, che sarebbero incompatibili. Il politicamente corretto paga poco, mentre le risse fanno salire i contatti e la raccolta pubblicitaria. Anche questo, purtroppo, è vero. Mi illudo però che si possa fare una distinzione fra breve e lungo periodo. Un media dovrebbe cercare di perseguire una strategia di lungo periodo: essere tolleranti nei confronti delle discussioni (evitando in ogni caso gli eccessi) nel breve periodo, ma nel contempo cercare di fare informazione e cultura tennistica, mirando a migliorare, nel lungo periodo, anche il comportamento di chi scrive, svolgendo una funzione educativa. Ambizioso? Sicuramente, ma se si crede alla funzione sociale dell’informazione, è una sfida che va raccolta. E quindi, in questo senso, non vi è contraddizione fra il mio articolo e quello apparso sul sito dove si dà conto dell’aumento dei contatti.

    Gianpaolo pone poi un altro tema interessante, che è quello della necessità di combattere l’elitarismo snobistico, anche di stampo intellettuale, che ancora pervade il mondo del tennis. Su questo Giampaolo sono d’accordissimo con te, ho sempre ritenuto che l’atmosfera angusta, a volte classista dei nostri circoli costituisca uno dei mali peggiori del nostro movimento. Ma credo che non esista contraddizione fra voler elevare la cultura sportiva e propagandare meglio il nostro sport. I francesi, checché se ne dica, sono un po’ sciovinisti, ma nella propaganda del tennis sono molto migliori di noi. Sul sito della loro federazione – la migliore del mondo – è riportato in bella evidenza lo slogan: “le tennis: un sport réservé a tous!”.

    A Lorenzo, grande animatore delle ultime diatribe, con la sua interpretazione materialistica della storia applicata al tennis, e che forse si è sentito chiamato in causa dal mio pezzo (coda di paglia?): il sottoscritto non ha mai nascosto una (tenue) preferenza per Roger Federer (leggi qua: http://www.blogquotidiani.net/tennis/?p=2455) . Quindi non siedo su nessun trespolo e non finirò nel girone degli ignavi. Quel che tu chiami “terzismo” è solamente ricerca di obiettività.

    Infine, last but not least, a jan, sul tema del presunto doping di Nadal, che proprio io introdussi un anno fa. E’ vero, lo scrissi, dopo la fenomenale semifinale con Djokovic ad Amburgo. Non avevo mai visto nulla di simile su un campo da tennis, e quel Nadal della primavera scorsa giocava un tennis da terra rossa semplicemente spaventoso. Ma converrai con me che “est modus in rebus”: io esternai pacatamente un mio timore, una mia sensazione interna, augurandomi di sbagliarmi, mentre il tenore e il tono dei commenti urlati che abbiamo letto ultimamente è ben diverso. Ed in questi casi, la forma è sostanza. Poi, come già scrissi all’epoca, riconosco di aver sbagliato, e che rivestendo qui dentro il ruolo di articolista avrei dovuto tenere per me le mie sensazioni. Ne faccio nuovamente ammenda. Ma credo che questo episodio non sposti la valenza generale del mio discorso.

  33. rochus69 scrive:

    Grande Roberto , condiovido in pieno il tuo intervento , soprattutto con riferimento alla scuola italiana.
    Uno dei motivi per cui questo sport non riesce ad allargare la propria base è proprio quello relativo alla totale assenza nelle scuole.
    Ho sempre invidiato il modello dei paesi anglosassoni e scandinavi.
    Vogliamo paragonare un college anglosassone alle nostre università baronali ?

    E’ vero, tutto il mondo è paese ,ma ho l’impressione che abbiamo molto da impararare da questi popoli in fatto di cultura sportiva.
    Se si parla poi di cibo e abbigliamento, arte del vivere , è ovviamente il contrario………

  34. Nicola RF scrive:

    @ Roberto
    non sò se hai letto i miei post a seguito degli interventi di Piatti e della Rossi. Concordavo con loro e ponevo il problema di intendere il tennis in modo “calcistico” che abbiamo in Italia.
    Bene: in questo mio ragionamento concordavo praticamente su tutto (eccetto qualche sfumatura) con te.
    La sfumatura quale sarebbe? Beh io individuo nella Fit e allargo il tiro all’ Italtennis tutto, eccezzion fatta per qualche eccellente cronista (Tommasi ecc..) questo atteggiamento. Il tuo articolo lo quoto tutto, ma aggiungerei tra i colpevoli oltre alla Gazzetta, il Coni ecc anche la nostra Federazione e i personaggi che sono girati attorno ex atleti (Panatta per es.) ecc.
    Il fatto stesso che Pietrangeli ancora oggi non fa che parlare di Davis e non lega un racconto che sia uno della sua straordinaria carriera al tempio del tennis (Wimbledon), la dice tutta sul fatto che ancora noi, ostinatamente, consideriamo il tennis uno sport di squadra e abbiamo proprio un problema culturale nel comprendere che si tratta di uno sport diverso, con un’etica diversa e che richiede per essere interpretato delle categorie mentali differenti. I commenti sguaiati e strillati nei post derivano dal fatto che gli appassionati trattano il tennis come se fosse calcio! Il problema è la gazzetta? Forse sì! Di sucuro lo è anche la Fit e i nostri ex. Panatta che parla di Borg è urticante, ragionamenti del tipo: lo battevo, sono stato più forte. Questo è il suo pensiero interiore. Beh… vai a vedere il palmares caro Panatta e sgonfiati un pò del tuo ego straripante!
    Lo stesso Panatta a porta a porta da Vespa dichiarava che dobbiamo fare una selezione in entrata: quelli con talento ok (si vede subito chi ce l’ha, diceva), gli altri a studiare che è meglio: umiltà caro Panatta, umiltà, perchè a noi oggi serirebbe un super campione certo, ma ci farebbero comodo anche 10 100 1000 Ferrer o Robredo. Io vedo molti mali all’interno del nostro super litigioso movimento, sia decisionali che nell’incapacità cronica di fare movimento (li hai visti gli svedesi in un momento difficilissimo per loro? tutti intorno a Soderling a fare gruppo!). Mi domando: e perchè mai la Gazzetta ci dovrebbe dedicare spazio? Ce lo meritiamo? Se il tennis è uscito dalla Tv in chiaro e lo sci no, non è per caso che è perchè lo sci vince qualcosa e il tennis no?
    Tu caro Roberto non vedi questi mali, questo atteggiamento sbagliato del nostro sistema?
    Ti saluto e ti ringrazio come sempre. Nicola

  35. flexible scrive:

    caro rob,
    scusa il ritardo post chiusa ma vorrei dire la mia. Effettivamente è un po’ che non scrivo e molte delle cause sono scritte nel tuo articolo. Ho sempre postato (soprattutto il vecchio blog) con parsimonia. Solo quando avevo una cosa da dire e col giuramento interiore di non ripetarla due volte. Anzi ho fatto di più, ho pure proposto un paio di articoli (uno te l’ho anche spedito in cui gentilmente mi hai risposto) e un paio di racconti, legittimamente non ritenuti all’altezza o fuori tema.
    Temo che in questa disamina si sia trascurato un elemento importante.
    Premessa: per chi è affamato di tennis e non ha parabole ecc, questo spazio è ossigeno puro e letteralmente manna piovuta dal cielo che ci nutre nel deserto dell’informazione tennistica. Ubaldo e ragazzi tenete duro, non immaginate nemmeno quanto il vostro sforzo sia importante. Quando finalmente un italiano vincerà uno Slam sarete coperti d’oro e rideremo di questo quarto di secolo così avaro. Fine della premessa.
    Ma
    l’adagio “il medium è il messaggio” è diventato così ovvio da divenire trasparente. Mi spiego. La logica del quotidiano elettronico (ma anche del blog) è di sua natura volta all’istantaneità, al superaggiornamento. C’è poco da girarci intorno è la sua natura. Se si cavalca il suo dna si arriva per forza alla dittatura del commento in assenza di fatti o a fiumi di sentenze per una partita persa, o peggio, per un set smarrito. O articoli di gossip. E in questa zona artificiale la polarizzazzione è la regola. Roger si ritira. Roger è il più grande di tutti i tempi. Nadal faraà il grande Slam. Nadal è cotto. ecc.
    Sempre e solo tempeste in un bicchiere d’acqua. Ma è normale, più aumenti la potenza del microscopio, più ogni movimento sembrerà uno tzunami. Succede la stessa cosa con l’informazione poilitca.
    Non solo.
    Se il fine (del sito) è la mera espansione dei clic, o meglio è dai numeri che si capisce “il successo” è chiaro che anche qui ci sarà un pezzo da pagare. Fidatevi sarà un prezzo alto. Il pubblico non va inseguito, va “educato”, del tipo stai entrando a casa mia togliti le scarpe. Punto.
    Faccio un esempio che vola sopra le teste di noi mortali. Ci sarà un motivo se i pezzi di Tommasi hanno sempre 10 commenti (intimoriti). Perchè in se il pezzo è già completo. Non c’è mai niente da aggiungere. Se tommasi fosse un giovane ventenne e proponesse pezzi commentati solo da 10 persone partirebbe sconfitto rispetto allo Scanzi di turno (anche qui, rispetto Scanzi, lo uso come caso limite, anzi i suoi pezzi, pur con alcune importante riserve li leggo con piacere e meno male che ci sono anzi vi dirò di più, sono un acker e ho bucato il pc di Scanzi, e vi mando in anteprima il titolo del suo ultimo pezzo non ancora pubblicato. E’ un pezzo introspettivo, è la riflessione amara di un uomo in crisi. questo è il titolo (per chi volesse leggerlo tutto clicchi http://www.nonhonientedafare.org) IL FRIGIDONE VINCE E SCALDA PARIGI, L’EFEBICO SOPRAVVALUTATO DAI GIORNALISTI (CHE IO ODIO PIù DI UN TAVERNELLO SPUNTO) ASFALTA ERCOLE, L’INGUARDABILE GANSTARAP CON IN TESTA UN NIDO DI RONDINI ELETTRIFICATO CONFERMA IL RISULTATO DELL’ANNO SCORSO CHE IO AVEVO DETTO CHE SE LO RIFACEVA OFFRIVO DA BERE A BB1980.
    ORMAI SOLO GLI ITALIANI MI DANNO RAGIONE….)
    insomma ci siamo capiti. Se fissi l’abisso anche l’abisso ti fissa diceva il baffone tedesco. Stesso discorso vale per l’ “auditel” (e qui c’è il paradosso di un sito che viaggia sui binari del “volontariato” e adotta “logiche” commerciali). Se si vuole qualità è questa la stella polare da seguire. Se pochi ci seguono pazienza ce ne faremo una ragione. Punto.
    Mi si conceda una battuta\chiosa finale.
    Se guardi e insegui il medium elettronico troppo a lungo è lui che ti insegue e che ti guarda direbbe Mc Lhuan. L’altro Mc (Enroe) ti direbbe “attento ragazzo, a forza di guardarlo quel medium assomiglia molto, troppo, ad un dito. E non è l’indice…)
    Le cose sono complesse evanno trattate con cautela e cura.
    punto.

  36. Vector scrive:

    E’ da un po’ che frequento, in modalità “sola lettura” questo forum. Percepisco tale e tanta competenza che ho sempre preferito leggere e non partecipare direttamente. L’articolo di Commentucci sarà anche forse troppo “politically correct” però coglie qualche indiscutibile tratto tipicamente itialiano. E’ vero pure, come ha precisato qualcuno, che a volte si idolatra la presunta sportività straniera per poi scoprire che spesso all’estero sono messi poco meglio di noi. Ma il motivo per cui scrivo mi è stato ispirato da uno dei commenti in cui l’estensore parlava di come si insegna tennis nei circoli. Gioco spesso presso un club romano abbastanza noto nell’ambiente. Qualche pomeriggio fa ero impegnato nella solita sfida con un mio vecchio amico. Nei campi adiacenti si svolgeva, come al solito, l’attività dela scuola tennis. A un certo punto, per parlar con il proprio maestro e per risparmiarsi dieci metri di cammino, un ragazzino di 12 13 anni è entrato nel nostro campo mentre ero al servizio e, senza curarsi dell’eventuale disturbo che poteva arrecare, si è spalmato suula rete di recinzione per conversare col suo istruttore. Ora, non è tanto questa palese mancanza di educazione che mi ha dato fastidio, ma piuttosto due aspetti che vado ad elencare:

    1) Il maestro non ha fatto rilevare al ragazzino che aveva invaso un campo in cui si stava svolgendo una partita.

    2) Il bassissimo livello sportivo-tennistico del dialogo tra i due: Maestro:” allora che hai fatto l’altro giorno co Caio?” Ragazzino:”L’ho ammazzato, non gliel’ho fatta vedè!” Maestro:” E Vai!! Si perdevi co quella pippa nun te facevo più entrà qua al circolo!”

    Cosa ci si può aspettare da una leva tennistica addestrata in questo modo, senza una base di senso dello sport e di tutto quello che ne consegue in termini di rispetto dell’avversario ecc ecc? Ah, dimenticavo quasi di dire che il maestro di cui sopra apostrofava i suoi allievi meno brillanti con degli educativi:” Aho, sei proprio un cretino, ma che vieni a fa!” Un saluto a tutti.

  37. maestrone scrive:

    vi rimando all’intervento del presidente del lazio sul suo sito “etica e valori cristiani”…
    andrebbe scolpito all’entrata di ogni club sportivo.
    come al solito comunque bravo commentucci.
    maestrone.

  38. Archipedro scrive:

    Cultura sportiva, a mio parere per gli atleti più piccoli servono i più grandi allenatori…

    Mettiamo nelle mani dei maestri del primo ciclo “il futuro”, perché da loro dipende gran parte dell’imprinting educativo dei nostri figli, eppure ci ostiniamo a considerarli degli insegnanti minori, alla stregua di babysitter, disconoscendo l’enorme responsabilità che grava sulle loro spalle. E la vastissima professionalità di cui devono disporre per fare un lavoro completo.
    Perpetriamo lo stesso medesimo errore in campo sportivo, ritenendo che per avviare i giovani allo sport sia sufficiente affidarsi a qualche giovane laureando in scienze motorie, o ancora a qualche agonista in declino, riservando i tecnici migliori ai pochi fortunati che da adolescenti, magari anche dopo, si sono affermati come atleti di talento. E’ evidente che con questo approccio non si va da nessuna parte.

    Gli allenatori qualificati dovrebbero, in una logica di medio-lungo periodo, essere innanzitutto coloro i quali consentono ai genitori più motivati e recettivi d’indirizzare i bambini ancora piccoli verso le discipline più consone, con approccio interdisciplinare ed una programmazione adeguata. Altrimenti, come capita troppo spesso, i figli seguono le comode orme dei genitori, allineandosi alle loro passioni indipendentemente dalle proprie specificità, per andare inesorabilmente ad alimentare l’abnorme serbatoio di pseudo-calciatori frustrati, o pseudo-cestisti, se palesemente alti, o pseudo-ciclisti-maratoneti.
    Come obiettivo prevalente dovrebbero poi, identificati i talenti e le inclinazioni, sfruttare appieno le cosiddette “fasi sensibili” per arricchire il bagaglio psico-motorio dei giovanissimi di tutte quelle capacità coordinative che stanno alla base delle discipline complesse: destrezza, equilibrio, precisione, ritmizzazione; combinazione motoria (articolazione dei movimenti), memorizzazione motoria, percezione cinestetica (astrazione mentale dei movimenti), vista periferica; differenziazione dello sforzo (regolazione delle spinte), reazione motoria (rapidità semplice e complessa), elasticità di movimento; orientamento spazio/temporale, anticipazione motoria (previsione dei fattori esterni), fantasia motoria (soluzione di problemi ed intelligenza emotiva), duttilità motoria (capacità d’adattamento rispetto a fattori esterni influenti).
    A questa attività dovrebbe essere associata quella d’impostazione della tecnica sportiva in senso stretto, altrettanto specialistica, senza tuttavia enfatizzare il momento della competizione, che nella maggior parte degli sport è forse utile ma non strettamente necessaria fino alla fase post-puberale.
    Ciò anche nel tennis: che si gioca, da adulti, con l’apparato neuro-scheletro-muscolare degli adulti. Non con quello dei bambini prodigio di quattro anni.

    Dopo siffatto cammino, lungo un percorso decennale in cui un bimbo ha progressivamente imparato a nutrirsi di sport, un agonista maturo è in grado di gestire la propria programmazione sportiva esattamente come può fare lo studente universitario alle prese con esigenze di iperspecializzazione ed affinamento: a quel punto di grandi maestri/allenatori generalisti non saprebbe che farsene. Però potrebbe di nuovo avere bisogno, a livello strategico, degli intramontabili ed insostituibili genitori…

  39. BB 1980 scrive:

    @ flexible

    Ti ringrazio sinceramente per l’immeritato invito a bere qualcosa, però accetta un consiglio : scrivi come bevi e parla come mangi !!!!!!!
    Sii più semplice, e Ti si leggerà più volentieri.
    Vanno bene Tommasi e Scanzi che parlano dello stesso argomento; le utenze saranno differenti.
    Un pò come per i vini, ci sono coloro che bevono Tavernello e quelli che pasteggiano a Dom Perignon. E magari ordinano ” Vodka Martini, agitato, non mescolato”

  40. marcos scrive:

    altro stupendo pezzo del robbi.

    da tempo, mi esercito a leggere e ad ascoltare solo le cose che mi piacciono: in pochi istanti, comprendo ciò che non mi piace e lo salto a piè pari. probabilmente, è un atteggiamento un pò troppo snob, o, più semplicemente, mi manca il tempo per leggere tutto quel che si scrive, o per ascoltare tutto quel che si dice.

    per parte mia, posso aggiungere che l’avvento di internet mi ha consentito di conoscere pensieri di persone divertenti e di gran spessore. mi sembra di non voler conoscere, invece, i pensieri delle persone che mi paiono noiose e superficiali. in questo blog, come in altri spazi che frequento, tali persone sono in netta minoranza. nel mondo in cui si cammina, al contrario, mi paiono in netta maggioranza.

  41. gio scrive:

    Complimenti Commentucci
    Condivido in pieno anche se non stigmatizzo il tifo anche acceso per un atleta che deve tramettere soprattutto emozioni forti ai suoi tifosi, il rispetto dell’avversario è il più importante dei principi sportivi
    Visto che ha toccato questo argomento, le chiedo, se dovesse leggere il post, cosa ne pensa di alcuni degli episodi “più gloriosi” della storia del nostro tennis, tipo l’incontro del ‘76 a Roma tra Panatta e Solomon?
    Mi sembra che sia un buon emblema del discorso da lei enunciato
    “Guardati sorcio ecc ecc”
    E come sempre, il cattivo esempio viene dall’alto

  42. TCC'75 scrive:

    Adesso non va più bene neanche essere tifosi di tennis? Quello che è entrato in campo con la bandiera della Spagna sul Philippe Chatrir ieri era italiano?
    Il problema è che qua non c’è un italiano (neanche donna!) per cui valga la pena di appassionarsi.
    Una rivalità così accesa (anche fuori dall’Italia, stia tranquillo Commentucci) è solo positiva per il tennis. O forse dovremmo essere qua a tifare che la Pennetta entri nella top 10? Così tra 10 anni, quando ricordando questo periodo storico, diremmo “…Pensa che al numero uno del mondo c’era finita la Safina. E addirittura la Pennetta era entrata tra le prime 10…”

    Io ho odiato letteralmente Ivan Lendl, ma alla fine non ho nessun problema ad ammettere che sia stato più grande del ‘mio’ John McEnroe.
    Ma a 10 anni ci sta che si viva in questo modo lo sport. Poi, se lo sport lo pratichi, allora le cose possono cambiare.

    Chiudo con la Gazzetta dello Sport (la Bibbia di ogni buon italiano timorato di Dio e che ‘non’ ha mai votato ne’ D.C. ne’ Berlusconi): questi qua organizzano il Giro d’Italia e il giorno dopo la premiazione di Menchov a tutta pagina mettevano notizie di calcio mercato. Se pensiamo che l’informazione debba venire dai giornali siamo ottocenteschi. La libertà di parola dà fastidio a Commentucci e/o a Søren Kierkegaard? Beh, meglio due idioti in più che scrivono gratis su un blog, su una fanzine o su un muro, che un giornalista prezzolato che scrive di tennis sul giornale del lunedi e di giardinaggio su quello del mercoledi!

  43. Milena f scrive:

    Tutto ok, ma se non ci fossero i forum pur con tutto il carico di antisportività che si portano dietro, sarebbe mai esistito UbiTennis? Se non ci fosse un tifo sopra le righe, a volte di parte, lo sport sarebbe vivace come ora?

    Il bello della rete è che alla gente (a volte a gente molto competente come mi pare di leggere in questo forum, molto più competente e appassionata di certi giornalisti) viene concesso finalmente diritto di parola, invece di doversi sorbire prediche televisive da pontefici reduci dai fotoromanzi che poi hanno preso il tesserino di giornalista per imperversare indisturbati davanti alla moviola.

    Se si tratta di VERI luminari come Tommasi o di scrittori sopraffini come Clerici allora è grande ascoltarli. Se no, ben vengano i fan-appassionati sinché non superano il livello del buon gusto.

    Per quanto riguarda la scuola, essendone io dentro, posso dire che i principali colpevoli della caduta nella maleducazione sono gli insegnanti e i presidi, i quali sono spinti per codardia e quieto vivere a ratificare bugie e scorrettezze. Che poi la società non ci aiuti di certo, questo è un fatto.

    Per quanto riguarda l’antisportività, parliamone con i direttori dei giornali sportivi e delle tv che pur ricevendo lauti contributi dallo stato perserverano nel voler mantenere le saccocce ben fornite. E mi raccomando, mai parlar troppo male di qualcuno perchè la prossima volta la partita te la devi pagare tu, siccome non ti danno l’accredito-

    Infine, al roland garros ho visto Clerici passeggiare. Non ho avuto il coraggio di fermarlo e salutarlo e inchinarmi per tutto quello che per il tennis rappresenta. ce ne fossero di più di giornalisti appassionati come lui che ha ancora voglia di andare personalmente in giro su un campo da tennis, la cultura sportiva andrebbe meglio. con buona pace del fatto che, come mi pare, è un tifoso anche lui.

  44. costa azzurra scrive:

    buonasera Commentucci

    il problema della mancanza di cultura sportiva in Italia è strettamente collegato alla mancanza di ” meritocrazia”

    penso che tutti gli sportivi si sentirebbero tali se avessero tutti pari opportunità

    in Italia molto spesso va avanti lo “sportivo raccomandato” e quindi gli altri che si vedono negati i diritti alla competizione cominciano a sentirsi defraudati e si associano ideologicamente a chi subisce la stessa sorte e da questo al settarismo è il passaggio obbligato

    se invece tutto il mondo sportivo avesse delle regole meritocratiche e fossero più trasparenti i meccanismi di ammissione e di avanzamento nelle categorie chi diventerebbe un campione sarebbe un vero campione e degno di rispetto e ammirazione e sarebbe un buon esempio per i giovani ecc..

    ROBERTO COMMENTUCCI

    saprebbe interpellare le persone giuste per risolvere questo mio quesito:

    come sono state assegnate le teste di serie nell’importantissimo torneo dell’avvenire ?
    ranking T.E. ? non proprio
    ranking ITF ? non direi
    quale altro misterioso ranking è stato utilizzato ??

    oppure è stato tirato a sorte ??

    sarebbe interessante avere delle informazioni precise

    se lei riuscisse ad averne
    la ringrazio e saluto cordialmente

  45. gigi scrive:

    Perfettamente d’accordo con Commentucci,che fà dei…commentacci,ma pertinenti.Aggiungerei che manca del tutto la capacità di formulare un pensiero autonomo,originale,partendo da considerazioni logiche e non massificate ,rivolgendosi ad argomenti nuovi.Purtroppo le considerazioni più banali fan sovente venire il mal di testa(perchè son già “elucubrazioni”) ed allora via a buttarsi sui soliti due rivali.Vedi la discussione(discussione ?) sulla classifica Race,fatta poco tempo fa. Inoltre,è del tutto assente il senso dell’umorismo,che renderebbe anche gradevole qualche sfottò sul rivale,e che comunque mostrerebbe un po’ di serietà.Già,perchè è noto che soltanto chi sa scherzare è veramente serio.
    Facile,dunque,dedicarsi soprattutto alla rivalità-odio Federer-Nadal,sulla quale son incentrati almeno per l’ottanta per cento gli interventi.
    Quanto al Tavernello,ecco un buon esempio di idea conservatrice di massa.In realtà il buongustaio preferisce pasteggiare con Barbaresco,Barolo,Brunello o,all’occorrenza,con vini meno nobili ma che si integrano bene con i cibi e che rivelano una loro personalità.In mancanza di meglio,può perfino esser più adatto il Tavernello dello champagne.Il quale,ma senza scordare i nostri brut,va lasciato all’aperitivo o al dessert.Ma il comune senso del gusto vuole che lo champagne…vuoi mettere?

  46. Milena f scrive:

    ciao costa azzurra..visto che vado a vedere l’avvenire domani, come tutti gli anni, piacerebbe saperlo anche a me..le cose che dici mi fanno pensare..

    quindi esiste la raccomandazione anche nello sport?

    se così fosse, cade anche l’ultima mia convinzione: che almeno nello sport, se non nella vita, si andasse avanti per meriti, nel senso che o sei forte perché ti imponi sul campo o non lo sei.

    forse negli sport di squadra conta anche saper stringere certi legami…ma nel tennis!

    spero qualcuno smentisca, se no cultura sportiva, come si dice, buonanotte.

  47. king of swing scrive:

    con tutto il rispetto per chi scrive questi articoli…ma ritengo che il problema del nostro sport sia soprattutto l’incompetenza della nostra Federazione e il fatto che proprio i giornalisti che scrivono di tennis tacciono su questa cosa…il perchè lo sanno loro…

    i giornalisti che scrivono di tennis non sanno vendere bene il nostro sport..non fanno una bella pubblicità al nostro sport…e preferiscono piegarsi al sistema…(anche perchè probabilmente ne traggono pure dei vantaggi)…

    nutro molto rispetto per i Pistolesi o i Castellani…perchè non hanno paura di criticare il sistema anche se questo può creare loro dei problemi…

    non si può tacere contro chi rovina il nostro sport…e invece prendersela con i nostri ragazzi…è un vero è proprio autogol che danneggia il nostro movimento tennistico…

  48. federico di carlo scrive:

    Caro Roberto,
    “cultura sportiva”. La cultura è qualcosa che si impara a scuola. Nei paesi di lingua inglese lo sport è considerato a scuola una materia di studio che ha la stessa valenza di altre materie come la lingua, la storia, la matematica o la fisica. La cultura umanistica italiana ha tagliato fuori lo sport dalla scuola. La nostra è una cultura sportiva pressoche calciofila, soltanto perchè il calcio piùdegli altri sport ha saputo inglobare in se gli interessi commerciali maggiori.

  49. Diego1 scrive:

    Credo che le teste di serie al torneo dell’Avvenire siano decise da un gruppo di Tecnici italiani e stranieri che tengono conto della classifica TE ITF ed altro ancora .
    Questo e’dovuto al fatto che ci sono molti atleti fuori Europa e quindi la classifica TE non e’ sufficiente.
    Con questo sistema forse si potrebbe privilegiare qualcuno , ma alla fine il campo manda avanti i piu’ forti.
    Consideriamo che se pur importante e’ comunque un torneo giovanile e dovrebbe servire per fare esperienza per quelli che in futuro diventeranno dei professionisti.

  50. Francesco Davila scrive:

    Federico Di Carlo asserisce che “la cultura umanistica italiana ha tagliato fuori lo sport dalla scuola”. Non è esattamente così. Forse perché sono carenti buoni scritti di divulgazione o forse perchè la scuola non fornisce un’adeguata formazione al metodo scientifico, è comunque evidente che gli orientamenti culturali in Italia sono più tradizionali che innovativi. La cultura umanistica non è responsabile in sé di questo. L’influenza delle filosofie idealistiche ma soprattutto la fortissima presenza dello spiritualismo cattolico contribuiscono a tenere in vita una concezione aulica e retorica dell’umanesimo che contrasta con gli orientamenti nel campo delle scienze umane, indirizzati all’empirismo, oggi prevalenti quasi ovunque all’estero e segnatamente nel mondo anglosassone e nei paesi nordici.
    Se scorriamo i diversi commenti di questo blog, ci accorgiamo per esempio che la massima parte di essi si fondano su proposizioni teoriche, su giudizi di valore che esulano completamente dalla spassionata analisi dei fatti e dei dati, ma si fondano su suggestioni generali, sul primato della soggettività a discapito di informazioni ben comprensibili e di chiare esposizioni del metodo.
    Ciò che continua a essere presente nell’universo culturale in cui siamo tutti immersi è, in pratica, un’esaltazione dell’egocentrismo metodologico. Non ci è facile rinunciare alle nostre presunzioni.

  51. federico di carlo scrive:

    X Francescao Davila
    forse uno dei metodi per superare l’egocentrismo metodologico è quello di importare nell’universo culturale italiano un po di pragmatismo, (piuttosto che empirismo) anglosassone o il rigorismo slavo. Se non altro, equiparare le ore di educazione fisica a quelle di italiano, matematica etc, avrebbero un effetto lenitivo-pagliativo contro l’obesità infantile……………

  52. Francesco Davila scrive:

    Sig. Di Carlo, mi fermo qui, per non trascinare una discussione con qualche valore in una sterile e futile competizione dialettica. Desidero solo precisare che il pragmatismo è una corrente di pensiero, mentre l’empirismo è una metodologia. Evidentemente perciò l’empirismo ha un suo preciso riscontro nei fatti, mentre il pragmatismo rimane un fatto teoretico, pur nella sua piena accettabilità concettuale per chi si opponga allo spiritualismo.
    Cordiali saluti.

  53. milena ferrante scrive:

    C’è poco da star lì a bearsi di egocentrismi metodologici, empirismi e pragmatismi (specialmente se poi si scrive “pagliativo”).

    Magari sarebbe il caso di aggiungere che le ore di educazione fisica a scuola sono tante quanto sono quelle di arte, educazione tecnica, educazione musicale e persino delle lingue quindi c’è poco da stupirsi.

    In Italia non solo non c’è cultura sportiva, non c’è cultura e basta. E in questo la scuola è in parte colpevole, come lo sono la famiglia, la tv gli allenatori, i giornali da noi pagati e quant’altro.

    Quando devo girare l’ultima pagina della gazzetta dello sport per trovare un trafiletto di tre righe su un mondiale sportivo che non sia quello di calcio e mezzo quotidiano per una notizia di danza alta un millimetro è già ampiamente detto tutto.

    Mi piacerebbe, però, che invece di Commentucci rispondessero i direttori di giornali e di tv che ampiamente finanziamo. Ma, naturalmente, di noi poveri mortali e dei nostri magri soldini non gliene può fregar di meno.

  54. Francesco Davila scrive:

    E’ impossibile darle torto, signora Ferrante: ha ragione, in Italia non c’è cultura. Le molteplici ragioni sono tutte riconducibili al primato che la Chiesa Cattolica ha avuto nella vita di ciascun italiano. L’Italia ha vissuto per molti secoli in una condizione del tutto simile a quella che noi stessi oggi rimproveriamo ai paesi islamici: abbiamo dato il potere di voto alle donne soltanto dopo la seconda guerra mondiale, il nostro sistema legislativo prevedeva attenuanti di rilievo per il “delitto d’onore” fino a pochi anni fa, abbiamo introdotto il divorzio nella nostra legislazione soltanto 35 anni fa, siamo visceralmente contrari al “nuovo” e al “razionale”. In buona sostanza, siamo un popolo di “sanfedisti”.
    Detto questo, bisogna dire che, certo, qualche risposta ce la devono anche i direttori di giornali e televisioni. Ma prima di loro ce la dovrebbero dare i veri poteri istituzionali, quello politico in primis e poi quello della magistratura; poi ce la dovrebbero dare tutti quelli che sono preposti al “bene della comunità”, fra cui gli educatori. E infine, signora Milena, qualche risposta dovremmo darcela anche da soli: perchè anche ciascuno di noi ha le sue responsabilità in questo stato di cose e dovrebbe una buona volta cominciare a farsene carico.
    Ma forse noi italiani siamo tutti buoni solo a fare chiacchiere. A cominciare da me, probabilmente.

  55. federico di carlo scrive:

    X Milena Ferrante
    pagliativo. “Quandoque dormitat bonus Homerus”

  56. milena f scrive:

    Caro Francesco (uso il tu perchè mi piace di più!) hai ragione in tutto. Io però l’esame di coscienza me lo faccio tutti i giorni e lotto nel mio piccolo per le mie idee, cercando per quanto posso di diffondere la “Cultura”.
    Peccato, però, che non essendo in una situazione di potere, posso fare ben poco per cambiare le cose, se non agire con l’esempio di una passione che ho grazie all’educazione ricevuta dai genitori e a qualche misteriosa magia.

    Per questo, rimprovero prima di tutto gli individui che detengono un reale potere di influenzare la gente (nel nostro caso direttori di giornali e presidenti di federazioni e società), poi, in secondo luogo, me stessa.

    Non vorrei infatti sconfinare in materia estranea a questo blog, ma proprio oggi, nel giudicare gli esami di stato di licenza media, pur facendo le mie rimostranze rispetto al modo in cui si cerca di ratificare l’ipocrisia (gente incapace per ozio, pigrizia e cattiva educazione, da promuovere comunque perchè, altrimenti, fioccano i ricorsi che gli studenti vincono grazie a tribunali compiacenti con i presidi costretti a pagare di tasca propria) di fatto, non posso far altro che rimostrare, se dall’altra parte ci sono leggi vaghe abbastanza per essere facilmente disattese (la famosa prova nazionale può essere valutata arbitrariamente all’interno della prova d’esame non valendo dunque un emerito tubo) e individui in posizione di potere poco disposti a rischiare lo stipendio-

    L’andazzo, insomma, è “chi te lo fa fare”?

    Chi te lo fa fare a dare importanza al rispetto per l’avversario e a tutto il resto quando sappiamo benissimo che c’è gente in Italia in posizioni di potere che, in passato indagata per vari reati (e sto parlando dello sport non d’altro), continua imperterrita a cavalcare posizioni dirigenziali?

    Ma se i dirigenti per primi sono corrotti/compiacenti/promotori dello status quo ecc. come può non esserlo il sistema che producono?

    Questo dico. Quindi la colpa semmai non è per prima dei tifosi facinorosi (nè dei pittoreschi frequentatori di questo blog) ma di quelli che ormai da anni li tollerano ben sapendo che prima o poi ci scappa il morto.

    Salvo poi versare le usuali lagnanze da coccodrillo in tv per qualche giorno, prima di riporre “il caso” nell’ormai celebre dimenticatoio. fino alla prossima volta.

  57. Francesco Davila scrive:

    Cara Milena, comprendo perfettamente il tuo disappunto. Eppure esso nasce, oltre che dal senso di frustrazione per una realtà spesso ingiusta e opprimente, anche da una nostra vera e propria mancanza di informazione e di conoscenza. Gli esperti di biologia sanno benissimo, per esempio, che le differenze genetiche individuali all’interno di una qualsiasi popolazione naturale sono molto maggiori delle differenze genetiche fra una popolazione e l’altra. Vale a dire che ci sono più differenze genetiche fra i lombardi considerati singolarmente che fra la popolazione complessiva della Lombardia e quella della Scozia o del Marocco. Bossi potrebbe essere molto più diverso da Maroni di quanto lo sia effettivamente da Rashid Ramzi. Eppure non riusciamo facilmente a liberarci dall’idea che esistano gruppi etnici o sociali inferiori perchè meno dotati. Alcuni italiani ritengono di appartenere a una stirpe particolarmente intelligente perchè ragionano tradizionalmente in termini di furbizia. Altri, da alcuni anni a questa parte, cadono nell’errore opposto, inclinando al pessimismo circa l’intima dotazione di capacità cognitive della nostra gente. Forse perché dal Seicento in poi siamo stati un popolo maltrattato dalla storia e oggi siamo considerati un po’ dappertutto come la zavorra dell’Europa, da alcuni anni sentiamo ripetere il sospetto che gli abitanti della penisola siano collettivamente poco intelligenti. Questo sospetto, oltre ad essere di per sé abbastanza fatuo, ci permette di evitare di prendere in considerazione i fattori che contano di più, quelli relativi alla cultura prevalente e ai suoi valori. Non comprendiamo perciò facilmente che sono i nostri orientamenti culturali a determinare di fatto che in Italia dominino strutture familistiche e tribali; che nel nostro paese siano assai rari rapporti sociali e interpersonali scelti liberamente; che le contrattazioni, in molti ambiti, non si possano definire davvero libere e che la disponibilità verso gli altri sia scarsa; che i rapporti di collaborazione siano rigidi perché determinati e influenzati sovente da affiliazioni varie, da obblighi di gratitudine e talvolta anche da minacce; che non ci siano scelte di fiducia aperta verso gli altri perché i legami di qualunque tipo sono in genere precostituiti; che le azioni predatorie siano diffuse praticamente ovunque, basta pensare alla corruzione e alla mafia.
    L’ottimo estensore di questo articolo parla opportunamente di cultura. Tu stessa, Milena, rilevi giustamente l’importanza degli orientamenti culturali nella nostra vita e nei rapporti sociali. Occorre perciò maggiore chiarezza. Che non sarà possibile ottenere se non verrano formulati diversamente alcuni vecchi problemi. Le scoperte scientifiche del Novecento e tutte le ricerche attuali sulle caratteristiche della nostra specie appaiono accordarsi molto male con una serie di nozioni e convincimenti tradizionali a carattere spiritualistico e religioso. Come tutti sappiamo, accesi antagonismi riguardano oggi la bioetica e il significato dell’evoluzionismo darwiniano. Ne sono coinvolti temi politici e sociali, ma anche vari problemi di psicologia. Quesiti e dubbi difficili da districare riguardano una questione spinosa e irrisolta, cioé il ruolo delle religioni all’interno delle società democratiche. Viene talora ripetuto che il conflitto tra fede e scienza potrebbe essere un falso problema. Io temo che questo auspicio emerga più dalla buona volontà che dal realismo. Il contrasto, invece, è serio e profondo. E non pare destinato a risolversi con facilità.

  58. Ubaldo Scanagatta scrive:

    Ho letto solo oggi quest’interessantissimo dibattito e me ne scuso. Mi complimento con Roberto per averlo suscitato, e dopo un’indigestione di post sul dualismo Federer-Nadal ho finalmente respirato aria buona. Non c’è dubbio che per l’approccio a certi argomenti il blog, anche per gli spazi che consente agli interventi, si presta di più che non il sito _ sul quale la lunghezza di alcuni, pur interessantissimi che ho letto qui diventerebbe insopportabile se ampliata a soggetti incapaci di scrivere cose altrettanto pensate e sensate _ ma la quadratura del cerchio non riesco a formarla. Non corro dietro al numero dei commenti _ anche se ovviamente mi fa piacere riscontrare un aumento degli accessi, perchè quando ho cominciato due anni fa non l’avrei mai immaginato per un Paese le cui riviste di tennis hanno sempre sofferto moltissimo _ ma lotto costantemente tra l’ambizione di elevare il livello di discussione tra chi partecipa (sfuggendo quindi ai discorsi sul Goat: il più forte di tutti i tempi è…e di quest’epoca è….etc) e al tempo stesso il desiderio di non abbandonarmi ad un discorso intellettual-elitaristico-snobistico che censuri l’intervento della ragazzina infatuata dei muscoli di Nadal o del tennista innamorato dell’elegante fluidità di Federer (in assenza di campioni nostrani che….come ipotizza l’acuto ed ironico flexible trasformerebbe questa palestra attivata dalla passione di volontari in un …pozzo di petrolio per i gestori dell’ambaradan semi-cooperativistico…).
    Non credo che sarò mai in grado di sposare una scelta precisa, vorrei che qui si trovasse un po’ di tutto, informazioni, commenti, discussioni leggere e approfondimenti meno superficiali, dando a ciascuno la possibilità di scegliere ciò che più gli aggrada, anche se spesso potrà capitare di doversi turare un po’ il naso per un’eccessiva enfatizzazione di un argomento, o per lo scarso rilievo dato ad un altro che avrebbe meritato interventi di diversa caratura. Resto del parere, contro il mio interesse…divulgativo nei confronti della mia creatura Ubitennis (di cui sono comunque orgoglioso, perchè l’ho partorita quasi senza accorgermene ma mi ci sono subito dedicato anima e corpo e con qualche risultato…fuorchè economico che non sarebbe guastato di questi tempi)…che la lettura di un buon libro sia certo complessivamente più consigliabile che non la navigazione su un banale sito, di tennis. Ma tutti dobbiamo anche concederci qualche piccolo svago temporale, e questo sito-blog, quell’opportunità la dà. Se poi chi ne ha voglia mi aiuta a organizzarlo meglio, ad ampliare certi settori…scoperti, beh, ben venga, La porta è semrpe stata aperta per tutti gli uomini (e le donne) di buona volontà.
    saluti a tutti e…scusate il ritardo
    ubaldo scanagatta

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