Rovescio tagliato,
postumo in vita?

 
23 Giugno 2009 Articolo di Roberto Commentucci
Author mug

Virtual Tour: la finale!  

Il colpo preferito dagli esteti, il colpo che fu la specialità dei Rafter e degli Edberg, dei McEnroe e dei Panatta, è ormai in via di estinzione. Ma c’è una speranza.

Il ritorno del circuito sulla sacra erba di Wimbledon (magari rallentata, ma pur sempre erba, superficie a basso rimbalzo per eccellenza) ci consente di ammirare, sia pure a sprazzi, qualche gesto del bel tempo che fu, qualche esecuzione di tennis classico: alcuni sparuti chip and charge, qualche timido serve & volley, qualche bella volèe smorzata. E soprattutto, rispetto a quanto vediamo nel resto dell’anno un numero maggiore di rovesci in slice.

E capitano cose strane. Capita che Roberta Vinci da Taranto, un metro e sessantatre per sessanta chili, domini di fioretto una possente clavatrice come Magdalena Ribarykova, un metro e ottanta per 72 chili. Capita che Francesca Schiavone da Milano, un metro e sessantasei per 64 chili, riesca a resistere impavida alle bordate impietose di Alexandra Woszniack, armadio slavo-canadese di un metro e settantotto per 71 chili. E capita che Simone Bolelli da Budrio, la schiena dolorante e due set sotto contro l’esuberante, maleducato, muscolare ma sanissimo austriaco Kollerer, capisca, con un piede già in spogliatoio, che forse il rovescio tagliato contro il colpo bimane dell’avversario può essere la chiave giusta, quella che ti fa prendere fiducia e girare il match, fino a portarti alla prima vittoria in carriera rimontando uno svantaggio di due partite a zero. Storie da erba. Ma anche storie che suscitano qualche riflessione sull’evoluzione del nostro sport, chiamando in causa almeno tre fattori: la tecnica, i materiali, le superfici. Vediamoli assieme.

L’evoluzione della tecnica.

Sul piano tecnico, l’innovazione che ha reso il rovescio tagliato un colpo obsoleto è stata l’adozione, ormai generalizzata, del “killer forehand” il diritto assassino nato a Bradenton, nell’Accademia di Nick Bollettieri, all’inizio degli anni ’80. La nuova tecnica di esecuzione, fondata su rigorosi studi biomeccanici, ha reso possibile l’esecuzione di diritti violentissimi, portando così alla nascita degli attaccanti da fondo campo (Arias, Krickstein, Courier, Agassi, solo per fermarci a quelli made in USA). Si è ben presto capito che l’angolo da dove è possibile imprimere al diritto la maggiore velocità è quello sinistro, dal quale si sferra il colpo “a sventaglio” o “inside out” come lo chiamano i tecnici. Ne è seguita, naturalmente, anche una rivoluzione tattica: la parola d’ordine è diventata “gira intorno alla palla con il diritto, e aggredisci per primo“. E si sa, nel nostro sport, chi picchia per primo picchia due volte, come dice il proverbio. Il rovescio tagliato quindi è gradualmente diventato un colpo quasi boomerang. Se non lo si esegue alla perfezione, infatti, facendolo terminare negli ultimi centimetri di campo, si rischia di cedere all’avversario, pronto a girare intorno alla palla e a picchiare con il diritto, il controllo dello scambio, e con esso, probabilmente, il punto.Ne è derivata l’esigenza di costruire rovesci il più possibile solidi, pesanti, atti a controbattere la potenza avversaria. Un po’ come un’escalation militare: si fa a gara a chi ha il cannone più potente. E così, addio colpi ad una mano: il bimane, se si fa a sportellate, è certo avvantaggiato. Figuriamoci, allora, che brutto destino per il back. Sempre meno allenato, sempre meno eseguito, sempre meno tennisti che lo sanno giocare come si deve.

Fra le donne, poi, l’omologazione è stata ancora più veloce e pervasiva, al punto che i tempi di Martina Navratilova, Hana Mandlikova e Jana Novotna paiono ormai lontanissimi: meno rapide nel girare intorno al diritto, per comandare lo scambio le ragazze devono saper spingere forte da entrambi i lati. E così si è avviata la produzione di una serie infinita di picchiatrici bimani. Potenti, veloci, resistenti. Ma a volte davvero povere di soluzioni alternative.

L’evoluzione dei materiali.

Oltre ovviamente alle racchette moderne, che consentono ormai da vari anni di imprimere ai colpi da fondo velocità spaventose (oltre 160 km/h) velocità che una volta si raggiungevano solo con la prima palla di servizio o con lo smash, le innovazioni che hanno maggiormente decretato la fine del rovescio tagliato sono state le nuove corde in sintetico di nuova generazione, diffusesi negli ultimi 6-7 anni. Queste corde infatti consentono di imprimere alla palla una rotazione ben maggiore rispetto a quelle tradizionali, e quindi permettono di controllare meglio le accelerazioni e soprattutto di giocare passanti con angoli prima impossibili. Ciò ha reso ancora più difficile la discesa a rete, e ha decretato la morte del chip and charge e del rovescio slice di approccio, quello che nei manuali di una volta preparava la discesa a rete e la voleè. Oggi, giocando così, si esce dalla trincea senza elmetto.

Si può anche eseguire un perfetto back di attacco a tre centimetri sulla riga di fondo: con questi materiali, il difensore, se riesce a colpire con i piedi fermi, è in grado di giocare un passante vincente nove volte su dieci. E quindi, tennisti come Nicolas Mahut, o come Llodra, o Feliciano Lopez, sono sempre costretti a prendere rischi enormi, per mostrarci le loro magnifiche volèe. E vincono meno di quanto, secondo gli esteti, meriterebbero.

L’evoluzione delle superfici.

E’ una polemica ormai al calor bianco, con i nostalgici del serve & volley che imputano al rallentamento delle superfici la morte dello spettacolo. In realtà, però, le cose stanno un pochino diversamente.

Negli anni ‘80-90, trionfo della specializzazione, le condizioni di gioco tra i vari tornei potevano essere molto ma molto diverse: si passava da campi in terra rossa molto lenti, a campi in sintetico indoor velocissimi. Inoltre, spesso l’adozione di palline qua molto pesanti, là leggerissime, amplificava le differenze e complicava ancor più le cose. Le diverse condizioni portavano anche a una grande varietà nell’impostazione tecnica dei giocatori. I terraioli argentini e spagnoli di una volta (i De La Pena, gli Arrese, i Berasategui) con le loro aperture ampie e l’abitudine a giocare fuori dal campo, a Wimbledon a volte nemmeno ci andavano, preferendo allenarsi per la stagione estiva sulla terra.

Poi, gradualmente, a partire dalla fine degli anni ‘90 i giocatori, specie quelli più forti, hanno iniziato a rendersi conto che una maggiore uniformità delle condizioni di gioco li avrebbe aiutati ad “entrare” più velocemente nei diversi tornei, limitando le sconfitte inattese al primo turno e consentendo loro di giocare con meno stress un numero di eventi più elevato all’interno della stagione. In questo senso, si può dire che il progressivo avvicinamento delle condizioni di gioco è andato di pari passo con la riforma del sistema di classifica, basato sui 18 migliori risultati, di cui 12 obbligatori (i 4 Slam e gli 8 Master 1000). Il primo ha permesso la seconda.

A queste esigenze “sindacali” si aggiunsero, all’epoca, le preoccupazioni per l’eccessiva preponderanza che andava assumendo il servizio. Alcuni incontri indoor tra Sampras e Ivanisevic, ad esempio, assomigliavano ad esercitazioni di tiro al piattello, e si temeva per la qualità del gioco. Queste istanze hanno trovato orecchi attenti anche negli organizzatori. La maggiore uniformità infatti limita gli exploit degli outsider e le sconfitte precoci dei favoriti, migliorando l’appeal e la vendibilità degli eventi.

Così, il veloce sintetico è stato ovunque sostituito con un cemento di velocità media, non dissimile da quello in cui si gioca outdoor; la terra rossa è stata resa più veloce, con fondi più compatti e l’adozione di palline più rapide. Dulcis in fundo, l’erba di Wimbledon è stata tagliata più alta, modificata nella composizione e resa più uniforme, in modo da consentire un rimbalzo più alto e più regolare.

E adesso?

Tutte queste modifiche hanno fortemente attenuato l’efficacia del rovescio in back e diminuito l’incentivo ad utilizzarlo, ad insegnarlo e ad allenarlo. Se ne vedono sempre meno. Non stupisce quindi, che nel circuito femminile, ad esempio, vi siano ragazze che non hanno la più pallida idea di come fare per affrontare una palla tagliata. Clamoroso, ieri, l’imbarazzo della Woszniak (pur sempre la n. 21 del mondo!) che con il diritto era praticamente impossibilitata a tirare su gli slice della Leonessa. Come abbiamo visto, si è arrivati al paradosso che i pochi che sanno eseguire bene lo slice, come le nostre Schiavone e Vinci, o come Flavio Cipolla, riscuotono lauti dividendi dalla loro abilità, riuscendo a battere avversari ben più grossi e potenti.

Qualcuno, a questo punto, potrebbe ribattere che si tratta degli ultimi rappresentanti di una specie in via di estinzione, e che il futuro del nostro sport sarà qualcosa di molto vicino al ping pong.

A guardar bene, tuttavia, le cose non stanno esattamente così.

In un mondo di picchiatori monocordi, questo Wimbledon ci presenta, nella veste dei principali favoriti, Roger Federer ed Andy Murray. Per motivi diversi, con uno stile diverso e una storia tecnica del tutto diversa, i due migliori rovesci tagliati in circolazione. Quello di Roger, classico ad una mano, è insieme il suo tallone d’Achille e la sua gemma più lucente. Quello di Andy, forse il miglior slice mai giocato da un tennista impostato bimane, rappresenta la frontiera dalla tecnica, l’ultima evoluzione del gioco.

Visto dove sono arrivati questi due, grazie soprattutto alla loro capacità di variare i colpi e gli effetti, confondendo i moderni bombardieri, forse conviene perdere un pochino di tempo in più, ed insegnare bene il rovescio tagliato ai nostri ragazzini. Gli spettatori di domani, poi, ci diranno grazie.

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44 Commenti a “Rovescio tagliato,
postumo in vita?”

  1. Alex scrive:

    Bell’articolo: complimenti.

    Però temo che gli istruttori non ci sentiranno molto e continueranno ad insegnare a bombardare sempre più forte, fino a quando i materiali lo consentiranno.

    Trovo che l’unica vera soluzione sensata sarebbe quella di imporre una misura di telaio standard, ad esempio 90 pollici di ovale e lunghezza di 27 pollici, grazie alla quale le rotazioni e gli angoli strettissimi che si riescono a trovare con i telai usati oggi sarebbero impossibili.

    In fin dei conti il nostro è uno dei pochi sport dove non c’è una vera omologazione dell’attrezzo usato.

    Per me il punto è proprio questo.

  2. nuto70 scrive:

    D’accordo con Alex. Regolamentando le misure della racchetta (e magari anche l’accordatura) forse torneremmo a vedere un tennis più vario, dove il tennista più dotato NON SOLO dal punto di vista atletico possa essere (giustamente) premiato. Visto che tornare al legno pare oggettivamente impossibile, dati gli interessi economici enormi di che costruisce le racchette stesse… almeno si agisca sulla racchetta! Aggiungo alle tesi ottimamente esposte una piccola riflessione: anche avere qualche master1000 sull’erba aiuterebbe…visto che l’erba è la superfice dove certi colpi assumono particolare rilevanza. Ma perchè non trasformano il queen’s in un master1000?! Su terra e cemento ce ne sono abbastanza, no?! :)

  3. something blue scrive:

    splendido articolo e, lasciamelo dire Roberto, scritto con un tono appassionato ma civile. Non sempre quello che leggiamo è di questa qualità, complimenti.

  4. Fabrizio scrive:

    I colpi vanno insegnati tutti in modo da avere più soluzioni per condizioni diverse di gioco, ma il problema resta a mio parere. Murray può anche bombardare qualora fosse necessario, mentre Cipolla no. La Woszniak può decidere di imparare a giocare una palla tagliata e avrà più possibilità di riuscirci rispetto a quelle che possiede Roberta Vinci di imparare a bombardare.

  5. haiv scrive:

    sicuramente in campo femminile il back è in estinzione,in campo maschile non mi lamento,sono peggiorate talmente tante cose(superfici,palline,racchette,gioco..)che forse mi aspettavo un uso ancor piu sporadico di questo colpo..comunque tutto nasce dal rovescio bimane(murray apparte)perche fra le donne non è la prima volta che si vede come un back possa mandare in confusione chiunque,il problema che le ragazze di vertice sembrano ottuse,fanno a gara a chi tira piu forte e basta(santa henin dove sei?!!)..la schiavone in fed cup ha battuto la kutnetsova come panatta faceva con borg mentre la pennetta ci perde con lei e con la safina perche si limita a fare gara di potenza ma putroppo con i rovesci bimani,o nasce un murray in gonnella o si preferira sempre rinunciare al rovescio ad un mano(e quindi al back)per poter spingere con rovescio bimane.ormai in campo femminile la classifica è stilata in base al peso e alla potenza delle giocatrici,sembra la boxe!!!

  6. Mauro scrive:

    Roberto. innanzitutto cambia la foto ad inizio articolo che ti invecchia di 15 anni. Bell’articolo comunque.
    Poi, concordo in pieno con Fabrizio, si può imparare se insegnato bene, a fare tutto, aggiungo che gli esperti dell’apprendimento motorio, consigliano di passare prima per la velocità e poi per la precisione. Lo stesso Tony Nadal, ha detto di aver applicato questo principio a tal punto che ne lamentò anche il padre di Rafa preoccupato dalla quantità di palline spedite nei tabelloni.
    Il problema è che i nostri tecnici ossesionati dai risultati immediati, insegnano ai nostri ragazzi un tennis utilitaristico all’insegna del motto “palla in campo”, pregiudicando la potenza del colpo in futuro.

  7. ducatispare scrive:

    Complimenti, articolo splendido e interessantissimo.
    Finalmente si torna a parlare di tennis e non solo della trita e ritrita diatriba tra nadaliani e federeriani ;-)

  8. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Per la precisione, Roberto, più anni ‘90 che anni 80, la specializzazione.
    Mac e Edberg ce la facevano, ad andare in finale a Parigi.
    Ivanisevic e Sampras, invece, niente di niente.
    Oltre a Pete, ricordo anche Rafter e Henman in semifinale al Roland Garros.
    Invece, le finali “rimbalzone” a Wimbledon sono cominciate con quella, orrenda, del 2002 tra Hewitt e Nalbandian.
    L’omologazione delle superfici e delle palline, quindi, ha favorito il gioco con minor varianti, quello meno bello, quello senza serve & volley.
    Il terreno storicamente meno modificato, non a caso (e non si capisce perchè), è la terra battuta.
    Quindi Nalbandian va’ in finale a Wimbledon; gli spagnoli vincono sull’erba (l’anno scorso, anche Ferrer!); ma non c’è effetto contrario (cioè un attaccante in grado di vincere Parigi attaccando).
    A parte Federer, naturalmente: ma anche lui a rete non ci va più, nemmeno a Wimbledon…..
    Nuove racchette e corde hanno ucciso, o quantomeno “impoverito”, il gioco del tennis.

  9. alex scrive:

    e’ anche abbastanza difficile lavorare soprattutto in italia con i bambini e..
    con i loro genitori.. tutti vogliono immediatamente vedere risultati delle loro lezioni e si fa MOLTO ma MOLTO prima ad eseguire un diritto vincente (anche con circumnavigazione attorno alla palla..) che non a provare e riprovare un back a 5 cm dalla linea di fondo… anche lo sport e’ un po’ (scusate la banalita’) lo specchio dei nostri tempi..

  10. Fabrizio Scalzi scrive:

    Lo slice e di conseguenza la palla corta,purtroppo sono dei colpi che sono in via di estinzione.Con tutti questi picchiatori,e il prorompente rovescio a due mani di molti giocatori,è un colpo che si vede sempre meno..Con federer ed anche murray,nonostante bimane si sono viste soluzioni alternative al gioco moderno e potente.speriamo che questa tendenza cresca per rendere più variabile e divertenti i match sulla terra e anche sull’erba.

  11. Giord scrive:

    Grande Roberto: i tuoi articoli sono sempre piacevolissimi. Il prossimo anno ti vogliamo a casa Meloccaro…

  12. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    E comunque, Robertina Vinci è uno spettacolo…grandissima.

  13. Vittorio scrive:

    Articolo magistrale: in un solo colpo l’evoluzione del tennis degli ultimi 25 anni!
    E’ vero il back di rovescio è un colpo ormai in disuso, proprio per questo, almeno secondo me, quando lo si gioca crea sempre problemi a chi deve rispondervi.
    Il tennis oggi è diventato uno sport molto muscolare e meno tecnico di un tempo. E’ vero oggi il livello medio si è alzato molto rispetto al passato ma al contempo quallo ad alti livelli è sceso di qualche gradino nei confronti di quello degli anni 80-90. E’ anche diminuito lo spettacolo, inteso qua come confronti di stili diversi e tattiche diverse. Oggi, come detto anche nell’articolo da Commentucci c’è uniformità di gioco e “quasi” uniformità di rimbalzo in tutte le superfici o comunque le differenze sono poche, anzi pochissime. E come dare torto agli altri amici del blog che richiamano la finale di Wimbledon 2002 tra Hewitt e Nalbandian come massima rappresentazione della uniformità di gioco in tutte le superfici: roba da brividi!
    Proposta shock: ritorniamo alle racchette di legno….per favore!!!

    p.s.Saluti a tutti gli amici del blog

  14. Gianni Inox scrive:

    ottimo articolo. concordo con alex sulla regolamentazione dell’attrezzo.
    non dimentichiamo a wimbledon le splendide discese a rete in ’side-spin’ del vecchio jimbo.

    PS: per uno che ha imparato ad amare il tennis con jimbo-borg-mac (e che amava cederli giocare tra di loro ‘tifando’ per il tennis) e con la coppia di cronisti clerici /tommasi, che delusione :
    1 - vedere queste assurde diatribe federeriani/nadaliani
    2 - accorgersi che preferisci l’audio dal campo ai telecronisti che ti avevano fatto amare quello sport …

    Buon tennis a tutti

  15. Il signor Bartoli scrive:

    La palla corta in via di estinzione???? Fabrizio Scalzi dovrebbe informare di questo fatto Novak Djokovic, che ne gioca una ogni tre colpi. Anche lo slice gode di ottima salute. Tranquilli che se un colpo è utile NON PUO’ fisiologicamente finire nel dimenticatoio. Se non è utile invece è giusto che ci vada.

  16. miloslav68 scrive:

    Non ci sono dubbi il back è destinato a tornare in auge ! Il ritorno del back, di cui Federer è il profeta e Murray il suo più promettente discepolo, appare oramai ineluttabile. Il punto fondamentale ritengo sia unicamente tecnico, in quanto nelle diverse superfici si gioca nella stessa identica maniera (sigh ! addio specialisti). Nel percorso evolutivo della tecnica tennistica, ben rappresentato da Commentucci, si può notare che mentre in passato i campioni si distinguevano per qualche colpo eccezionale (dal rovescio di Budge al dritto e servizio di Sampras) oggi ciò non è più sufficiente. Tutti, chi più chi meno, sono grandi battitori, grandi ribattitori, grandi colpitori da ambo i lati. Oltrechè, naturalmente, grandissimi atleti. Per scardinare il gioco dei campioni odierni sarà pertanto necessario rispolverare alcuni colpi desueti si ma già ben noti da tempo. Oltre al back, di cui qui si tratta, menziono anche la smorzata, di cui Federer (di nuovo ! sarà un caso ?) in questo Roland Garros ha più volte celebrato l’elogio. Tutto ciò al fine di variare a più non posso, nell’intento di mandare in tilt questo batti e ribatti di cui in primis siamo rimasti ammirati ma che ora sinceramente annoia.

  17. Manuele scrive:

    Veramente un bell’articolo. Io sono del ‘91, quindi non ho vissuto i tempi in cui si giocava molto il rovescio tagliato, ma ogni volta che vedo una partita della Vinci o della Schiavone capisco il motivo per cui mi piace tanto il tennis.

    Ieri la Schiavone ha ricevuto una grande standing ovation a fine partita dal pubblico per il suo gioco…credo che abbiano capito che a volte è meglio vedere giocatrici come lei col suo bel gioco, invece che due top10 che si sfidano a bordate da fondo campo anche sull’erba

  18. paolo78 scrive:

    Sono d’accordo col princio di fondo dell’articolo (bisogna tornare ad insegnare a fare certe cose) e sono assolutamente dell’idea che molti giocatori e moltissime giocatrici trarrebbero beneficio dal saper variare il proprio tennis anche solo sporadicamente.

    Però attenzione, se certe cose non si insegnano quasi più è perchè si “usa” il tempo a disposizione per insegnarne altre che volente o nolente nel tennis di oggi sono molto più determinanti per il conseguimento di un risultato. E pertanto capisco perfettamente che moltissimi coach, dovendo scegliere e dovendo allenare uno/una che magari fenomeno non è, decidano di dedicare quasi tutto il tempo dell’allenamento alle voci preparazione atletica, servizio, risposta, colpi di rimbalzo nelle varie situazioni di gioco, piuttosto che al rovescio in back o alla volée.

    Perchè rovescio in back e volée alla fine oggi come oggi sono un di più, possono servire per avere un piano B nel caso la partita non giri per il verso giusto, possono sicuramente permetterti di creare difficoltà a qualche avversario poco preparato, ma non sono più colpi che ti fanno vincere una partita giocandoci sopra dall’inizio alla fine.

    Oramai è molto più importante tirare forte, essere grandi atleti e saper giocare bene i colpi di inzio gioco e i due fondamentali a rimbalzo, in qualsiasi condizione e su qualsiasi superficie si giochi.

    Io onestamente non vedo grandissime soluzioni a questo problema: se si vuole davvero che certi colpi e certe caratteristiche tecniche tornino ad essere un fattore importante nel tennis moderno (e non solo la ciliegina sulla torta di un giocatore che però DEVE per forza essere di altissimo livello in altri ambiti, se no non vince mai) o si mettono dei paletti molto stringenti per quello che riguarda i materiali, ma la vedo una soluzione sostanzialmente non praticabile, oppure si torna a favorire la specializzazione facendo sì che tornino ad esistere superfici molto veloci, quasi estreme, in cui o giochi in un certo modo oppure perdi.

    Anche perchè ha ragione Marcelus Edberg Wallace, nel senso che in fondo quello che è successo sull’erba (leggasi possibilità di vincere stando tranquillamente a fondo campo a palleggiare) non è esattamente successo al contrario sulla terra, che per quanto sia un po’ più veloce rispetto agli anni 90 resta una superficie su cui un attaccante puro non può vincere.

    Torniamo ad avere superfici anche molto diverse fra loro, io la vedo così. E se poi torna il problema del servizio che fa troppa differenza, accorciamo l’area del servizio di 10 centimetri e tanti saluti a tutti…

  19. SpiritInTheNight scrive:

    Dico bravo a Commentucci sia per la analisi storica che per la conclusione dell’articolo, con cui sono d’accordo. Il rovescio in backspin è un’interessante variante tattica, che può essere utile in diverse fasi del gioco. Vi dirò di più: io riesumerei anche l’estinto dritto in back. Non sempre, è chiaro, ma ogni tanto…

    Però non era di questo che volevo parlare. Ma del fatto che secondo me ci sono alcuni miti che sono diffusi nel tennis moderno che forse hanno un fondo di verità ma non sono poi tanto veritieri. Mito 1: sull’erba “veloce” di Wimbledon di un tempo non si poteva palleggiare, adesso palleggiano tutti. Poi vedo una vecchia finale di Nastase dove entrambi i giocatori palleggiavano allegramente da fondo campo, guardi una partita Borg McEnroe e scopri che spesso, specialmente nei turni di battuta dello svedese, scambiavano da fondo. Per poi non parlare di Agassi che ha vinto nei mitici primi anni ‘90. “Ma Agassi vinceva con la risposta!” Sì, il fatto è che nei suoi turni di servizio non poteva tirare la risposta vincente, e palleggiava. O del tennis femminile! Nel post-Navratilova, negli anni in cui secondo lo Zeitgeist “non si poteva palleggiare” la Graf vinceva allegramente palleggiando. Sono convinto che il cambio di tipo di erba, tagliata anche un po’ più alta, renda i rimbalzi più regolari, però insomma, non esageriamo. Dopo aver visto Parigi ci si rende immediatamente conto che dei colpi che sulla terra sono interlocutori sull’erba creano delle aperture di campo quasi vincenti.

    Mito 2: il tennis d’attacco è morto per colpa delle racchette! Frase spesso pronunciata dagli stessi che negli anni Novanta erano infastiditi dai tornei sul veloce dove si facevano “solo ace” e non si scambiava più sempre, ovviamente, per colpa delle racchette. Fatto salvo poi che gli sparuti giocatori d’attacco che sono rimasti, e non sono nemmeno degli immensi talenti (insomma, Stepanek, Feliciano Lopez e Karlovic non sono paragonabili a Sampras, Rafter e Ivanisevic) talvolta ottengono risultati sorprendenti. Inoltre, se si dà per scontato che la volèe è difficile, cosa sicuramente vera, bisogna tener conto anche del fatto che pure il passante non è facile. Soprattutto se uno va a rete dietro a un attacco sostanzioso e non alle scamorze che tira la maggior parte dei giocatori contemporanei quando va a rete: non so se avete fatto caso che quando a rete ci va Tsonga dopo aver tirato uno dei suoi dritti il passante si fa improvvisamente difficile.

    In realtà è semplicemente una moda che si è diffusa tra gli allenatori: impostare un bombardiere o un contrattaccante che sa giocare 3 colpi in tutto (dritto in top, rovescio in top, servizio rigorosamente liftato mi raccomando) è più veloce, più semplice e porta prima a buoni risultati (e quindi soldi), non deve imparare tanto tennis e poi lo spedisci in palestra a fare più muscoli possibile. La moda nell’impostazione fa sì che a rete si giochi sempre peggio e che alcuni colpi, come il rovescio in back, siano giocati sempre peggio. Il che conferma la convinzione dei giocatori che “non si possano più fare”. Una volta ho visto il vecchio Tim Henman fare un vincente in back di rovescio sull’erba, una rasoiata che andava al doppio della velocità rispetto ai back mezzi steccati che sono in circolazione oggi… Con poche eccezioni. Scusate se sono stato prolisso.

  20. Lazzaro Pappagallo scrive:

    Imparare un buon back significherebbe anche non spostarsi sempre sul dritto sul lato sinistro. Se non giochi il vincente lasci tre quarti di campo scoperto e addio patria…sul resto continuo a pensare che sì materiali, campi uniformi e tecnica hanno penalizzato gli attaccanti ma che gente che attaccava come rafter, sampras hanno vinto slam non 40 anni fa ma 10 anni fa. Erano figli di altra tecnica e di altri allenatori per i quali contava forse più la racchetta che il bicipite.

  21. BB 1980 scrive:

    Per i giocatori che hanno il rovescio ad una mano, il back è sempre stato un colpo molto meno impegnativo del top spin; nei circoli, era molto più frequente vedere giocare un NC od un C con il rovescio in back che non in top. Tutto questo soprattutto ai tempi degli attrezzi - e corde - tradizionali.
    Viceversa, per i bimani, il back necessitava il rilascio dell’attrezzo con la mano accompagnatrice. L’Orso fece cinquina a Wimbledon seguendo spesso a rete un rovescio in back che giocava ad una “mano e mezzo”.
    Comunque sia, si torna sempre sul problema dell’assenza di regolamentazione delle racchette - e degli accessori - con il conseguente stravolgimento del gioco; a favore dei meno talentati e più palestrati manovali della racchetta - di cui Nadal è l’epitome - ed a scapito dei più portati per la disciplina.
    Tanto vale diffondere il tennis fra gli atleti di colore per ottenere una nuova generazione di supercampioni in grado di annientare Nadal, Federer, Djokovic, Murray; ci sarebbe la stessa differenza che c’è fra un giocatore di basket dell’NBA ed un giocatore del nostrano campionato italiano

  22. wik scrive:

    mah !
    un buon back ha il suo effetto ancor oggi, ma non contro tutti i giocatori e non su tutte le superfici, direi che è figlio della scomparsa di tattica e coperto ad una mano, per i bimani staccarne una e dare slice è complicato. E se i bimani cominciassero a saperlo usare ? Per rompere ritmo e avanzare di un metro mettendo i piedi sulla linea và benissimo.
    Io dico che si salverà, anzi, che chi in futuro saprà usarlo bene avrà dei grossi vantaggi. Può creare pressione se usato bene, e visto che si gioca ormai tutti di pressione calcolando che può contemporanemente creare pressione e rompere ritmo non la vedo così nera. Potrebbe essere addirittura una nuova frontiera.

  23. Il signor Bartoli scrive:

    @Paolo78
    Finalmente un po’ di buonsenso. Quoto in tutto il tuo intervento. Mi permetto però di citare un tuo passaggio “se si vuole davvero che certi colpi e certe caratteristiche tecniche tornino ad essere un fattore importante nel tennis moderno etc…”. Qualcuno mi vuole spiegare perchè si dovrebbe “VOLERE” una cosa del genere? Fattori estetici? Nostalgia? Passatismo? Io personalmente non ho preferenze per come si svilupperà il gioco nel futuro e non vedo perchè dovrei averne. Per me il tennis è uno sport, per lo spettacolo preferisco la musica o il cinema.

  24. roberto_tull scrive:

    Perfettamente daccordo sia con Commentucci sia con spiritinthenight, sono tutte argomentazioni valide, che se unite e collegate tra loro danno una esatta spiegazione di come si è arrivati al gioco a cui assistiamo oggi. Non c’ è mai un solo motivo per giustificare dei cambiamenti nello sport. Complimenti ad entrambi.

  25. flexible scrive:

    mah, tutto vero quello scritto però secondo me c’è un fattore trascurato che è addirittura una causa se non la causa: l’età in cui si impara.
    se si comincia come presumo molto presto è chiaro che il bimane è avantaggiato su chi usa un braccio solo. Anzi prima si incomincia più “naturale” sarà usare il bimane. Stesso discorso vale sulle volée. Più si è piccoli più è un colpo “scarso”. Per fare volée ci vuole forza e bisogna avere avuto uno sviluppo fisico notevole, per poer imporre qual tipo di gioco. Quando ci sono soldi in ballo e scelte da fare su chi si punta (a meno che non ci sia un telentone evidente) su chi a 14 anni già colpisce e vince o su chi bisogna aspettarlo almeno fino a 16. Ho il sospetto che il problema non sia quindi di natura squisatamente tecnica ma economico\culturale. e quindi irreversibile.

  26. anto scrive:

    Bravo Rob ottimo argomento…..il più bel back che abbia mai visto dal vivo? Paradorn Srichapan a Montecarlo contro un transalpino che ora fà il coach al francese Patience.

  27. alex scrive:

    ‘tanto vale diffondere il tennis tra gli atleti di colore’…
    ma che significa ’sta cavolata di frase?…

  28. paolo78 scrive:

    @Il signor Bartoli

    E’ vero, ogni sport si evolve ed è normale che sia così.

    Nel tennis si sono evoluti i materiali, i gesti tecnici, le metodologie di allenamento, le palle, le superfici e conseguentemente è cambiato anche il “rapporto” in termini di importanza tra le singole caratteristiche che un tennista deve avere per arrivare ad un certo livello ed essere vincente.

    Questi aspetti si sono in qualche modo intersecati, tanto che è comunque molto complicato, nel momento in cui si analizza cosa è diventato il tennis di oggi rispetto a quello di 10 o 20 anni fa, sostenere con certezza quale sia l’eventuale rapporto di causa-effetto tra le suddette componenti.

    Quello che però personalmente sostengo, pur essendo d’accordissimo con l’idea che alla base di tutto ci sia un cambiamento progressivo legato al modo di allenare e costruire un giocatore di tennis, è che si poteva e si può tutt’ora cercare di “guidare” un certo processo formativo nel momento in cui si desidera che questo sport non si allontani completamente da alcuni canoni che bene o male ne hanno fatto la storia. Perchè non ci si dovrebbe allontanare da questi canoni? Beh, non tanto e non solo per un concetto comunque molto personale di spettacolo, ma ad esempio perchè personalmente mi sembra “sportivamente giusto” dare delle chance di vittoria anche a chi ha caratteristiche diverse.

    Il tennis è uno sport fatto da tantissimi e diversi elementi tecnici, storicamente ci sono sempre stati campioni capaci di eccellere in alcuni ambiti e campioni capaci viceversa di eccellere in altri. Perchè non dovrebbe poter essere ancora così?

    E siccome molti elementi tecnici di questo gioco diventano “utili” o “meno utili” ai fini della possibilità di vittoria a seconda delle condizioni di gioco (leggasi palle e superfici), mi sembra che una qualche decisione finalizzata a rendere talune caratteristiche più importanti e potenzialmente più vincenti di quanto non siano oggi possa ancora essere presa.

    Magari, ripeto magari, a qualcuno verrebbe in mente di ritornare ad insegnare ai ragazzi a fare certe cose, proprio perchè consapevole che quelle cose tornano ad essere utili per vincere.

    E magari torneremmo anche a vedere, dopo qualche anno, una generazione di tennisti capaci di giocare un tipo di tennis “diverso” e non per questo perdente (come ridotto a semplice retaggio di un passato oramai defunto).

  29. Agostino scrive:

    In realtà per renderla più lenta l’erba a wimbledon l’hanno accorciata e diradata, non allungata: un prato folto a “pelo lungo” contiene di più il rimbalzo. Quanto all’evoluzione del diritto a sventaglio, lo giocava anche il primo Lendl quindi Bollettieri non ha inventato nulla, tanto più che proprio Agassi era uno di quelli che meno girava attorno alla palla (altrimenti addio anticipo).
    La ragione per cui non si gioca bene contro il back è che sono in pochi quelli che lo giocano. Rectius: che lo giocano bene. In particolare solo Federer lo gioca come arma offensiva, per tutti gli altri pare che il rovescio in back sia accompagnato da un biglietto con scritto “scusami, sono riuscito a farlo solo così, ma se me la rimandi te la faccio tornare in top”.
    Quanto alla beatificazione del rovescio in back di Murray (che contro Kendrick non ne sta usando uno), beh, è tutta da dimostrare.
    Infine, la passione di Commentucci per Murray, al punto da metterlo insieme a Federer come esempio di tennis classico da seguire, merita biasimo e suscita in me un certo imbarazzo avendo più volte osannato la penna e l’analisi del buon Roberto.

  30. Agostino scrive:

    Signor Bartoli, è uno sport quando ci va a giocare lei al circolo, e concordo con quanto dice essendo io poco interessato all’evoluzione del suo di gioco. Ma quando si parla di Federer, Nadal e Murray, a meno che lei non li affronti regolarmente, di spettacolo trattasi e di quello qui discettiamo.

  31. haiv scrive:

    Agostino:d’accordissimo

  32. Il signor Bartoli scrive:

    Beh, se il tennis deve essere spettacolo potremmo abolire il sistema di punteggio e, che so, assegnare la vittoria con una giuria a chi ha fatto il colpo più “spettacolare”. Presente tipo la ginnastica artistica, la ritmica, le megere con le palette? Mansur Bahrami sarebbe il numero 1, Leconte il 2, le grasse risate.

  33. Jürgen scrive:

    Il back di Petzschner qua a Wimbledon fa davvero male a tutti.

  34. Villo scrive:

    Petzschner e Youzhny mangiano in testa a Murray col back. E non mi si venga a dire che siccome Murray è numero 3 al mondo allora il suo slice è migliore, perchè aldilà del colpo in sè bisogna riuscire anche a vincerci le partite e bla bla bla…

  35. Francesco Davila scrive:

    Signor Bartoli, i risultati sportivi sicuramente non si fondano sulla spettacolarità, ma su altre variabili come la tecnica, la preparazione atletica, l’attitudine, la forza mentale, la capacità di darsi strategie e tattiche. Tutto ciò non esclude assolutamente che le azioni sportive più efficaci siano anche quelle più spettacolari. Anzi, esiste una strettissima correlazione fra eccellenza sportiva e spettacolarità. In ogni sport i migliori atleti sono stati spesso anche quelli più gradevoli da vedere all’opera. Altrimenti non si spiegherebbe il piacere e la grande adesione di pubblico che lo sport è capace di suscitare.

  36. Agatone scrive:

    Dopo aver visto ieri il primo set di Date-Wozniack non posso che essere d’accordo con quanto diceva ieri Clerici in telecronaca. Chi dice che non si può più giocare andando a rete? Lo faceva ieri una giapponese alta un metro e cinquanta di 40 anni contro una delle prime venti del mondo. Se giocasse come lei una col fisico della Safina o di Venus quante partite perderebbe in un anno? Più o meno di cinque?
    Il problema è che si insegna a tirare diritto e rovescio e non a fare il resto. Ma si può fare, se si fa bene, altroché. E sarebbe oltre che molto più spettacolare anche molto ma molto redditizio. Quindi, allenatori svegliatevi….

  37. Roberto Commentucci scrive:

    Grazie a tutti per i commenti e per i complimenti. E’ venuta fuori anche stavolta una bella discussione. Inizio a rispondere su alcune tematiche interessanti.
    Molto belli gli interventi di paolo 78, che ribadisce un concetto fondamentale, su cui concordano anche wik (il nostro tecnico espatriato in Sudamerica) e Fabrizio: il back oggi come oggi non può costituire, ad alti livelli, il colpo base di un giocatore. Esso deve essere adoperato come variazione tattica, ad esempio per sottrarsi al bombardamento di un avversario più potente e/o più regolare. In questo senso, è vero che nella costruzione di un tennista il back è un “di più”, un qualcosa che se c’è è meglio, ma che non deve far trascurare altre componenti tecniche che nel gioco di oggi sono più importanti (come i colpi di inizio gioco). Tuttavia, mi è piaciuto molto anche l’altro concetto espresso da paolo 78. Non si deve insegnare il back per fare spettacolo, ma lo si deve insegnare per consentire anche a tennisti fisicamente normodotati (ma talentuosi) di avere la chance di giocarsela con i giganti palestrati. Il caso Cipolla in questo è illuminante: un Cipolla impostato come Simon non vale i primi 500.

    Torniamo quindi al problema della regolamentazione degli attrezzi, sollevato, probabilmente a ragione, da molti di voi (Alex, nuto70, Vittorio, BB1980). La mia opinione personale è che limitando la dimensione dell’ovale a 85 cm quadrati vedremmo un tennis meno muscolare e più tecnico, anche con i materiali di oggi. Ma temo che sarà impossibile tornare indietro.

    Rispondo poi ad Agostino. L’erba di Wimbledon è stata rallentata nel modo splendidamente descritto in questo articolo di Federico Ferrero, che trovi qua: http://federico-ferrero.blogspot.com/2007_12_01_archive.html

    Sull’evoluzione del diritto a sventaglio: Lendl lo giocava per dote naturale, ma da Bollettieri, negli stessi anni, si è creato il metodo, la tecnica riproducibile e replicabile su altri tennisti, senza la quale Lendl sarebbe rimasto un unicum. Agassi usava la tecnica biomeccanica bollettieriana per il diritto, ma avendo un grandissimo talento e un fantastico rovescio bimane ne faceva un uso tatticamente personale.
    Sul back di Murray: secondo me è un colpo di grandissima efficacia. Ieri non lo ha utilizzato contro Kendrick perché non era l’avversario adatto: il back non paga contro i giocatori naturali di serve & volley e chip & charge: va adoperato contro i Del Potro e i Simon, ad esempio. E Murray tatticamente è uno sveglio.
    Chiaro, infine, che il back di Federer sia di qualità superiore, ma anche Murray lo gioca benissimo, e non ci si deve offendere per lesa maestà :) .
    A Villo e a Jurgen: è vero, avrei dovuto citare anche Petzschner, tennista gradevolissimo da vedere, come sono spesso quelli di scuola tedesca. Philipp ha oggettivamente un gran back.

    Di seguito, a mò di gioco, e senza nessuna pretesa di scientificità, presento la mia personale classifica dei primi 10 rovesci in back del circuito maschile (fra i top 100).

    1. Roger Federer
    2. Andy Murray
    3. Philipp Petzschner
    4. Feliciano Lopez
    5. Mikhail Youzhny
    6. Fernando Gonzales
    7. Philipp Kohlschreiber
    8. Tommy Haas
    9. Ivan Ljubicic
    10. Dudi Sela

    Come si vede la scuola tedesca è messa piuttosto bene, con 3 tennisti in graduatoria (anche se va ricordato che Haas è un prodotto Bollettieri).
    Non ho menzionato Gasquet (squalificato).
    Fuori dal gruppo dei migliori, andrebbero menzionati anche Karlovic e Roddick (che il back lo usano molto spesso e lo sanno fare piuttosto bene) Stan Wawrinka e il nostro Simone Bolelli, che è migliorato molto in questo colpo.
    Tra i tennisti fuori dai top 100, oltre a Cipolla vanno menzionati sicuramente il piccolo Olivier Rochus e i francesi Llodra e Mahut.
    Grazie ancora, a tutti.

  38. Agostino scrive:

    Mica sostengo che l’erba sia la stessa, dico solo che non è allungandola che la superficie rallenta, semmai il contrario. Vi basti far rimbalzare la pallina nei giardinetti sotto casa. Scegliete un prato raso ed uno lungo e notata dove rimbalzerà di più. L’articolo linkato infatti si sofferma sul tipo di seme, e sul miglioramento del fondo per renderlo più regolare possibile.
    Non ho detto nulla sui materiali perché condivido pienamente l’articolo di Roberto sul punto. Corde e racchette consentono cose che prima erano inimmaginabili. Oggi si può tirare talmente forte da fondocampo che la volée non è più necessaria. Prima, e parlo di fino ad inizio anni ‘90, se tiravi a tutto braccio la racchetta ti saltava di mano. Oggi non vibra nulla e tutto vola via leggero come una piuma.
    Impossibile tornare indietro. Impossibile citare l’esperimento del baseball con le mazze di allumino prontamente ritirate. Qui si parla di industrie che producono fatturato e indotto nella ricerca. Che ricerca farebbero nelle serre selezionando il legno di betulla o quello di ciliegio? “Tu che raccehtta usi?”
    “Una Head Cherry Blossom 6.1, e tu?”
    “La Wilson Oak Master ma visto che gioco di potenza sceglierò presto la Fischer Axe Plus!”

  39. Jürgen scrive:

    Lo slice di Petzschner e Youzhny sono migliori di quello di Murray.
    Ottimo anche quello di Melzer.
    Deboluccio quelli di Kohlschreiber e Gonzalez.

    Ecco la mia top 10 dei migliori back:
    1. Philipp Petzschner
    2. Mikhail Youzhny
    3. Roger Federer
    2. Andy Murray
    5. Jürgen Melzer
    6. Feliciano Lopez
    7. Dudi Sela
    8. Tommy Haas
    8. Andy Roddick
    9. Ivan Ljubicic
    10. Fernando Gonzalez

  40. Pete Agassi scrive:

    Sono d’accordo su chi dice che bisogna imputare alla relativa scomparsa del back non solo i cambiamenti di materiali e superfici, ma anche un insegnamento nno adeguato a livello giovanile di tal colpo, e alla conseguente inutilizzazione. In effetti esso è si un surplus oramai, ma il suo effetto è ancora comprovato, se usato a dovere: ricordate un tedesco di nome Alexander Popp??? Francamente non era mai menzionato per 11 mesi, tranne che a Wimbledon, dove tra l’altro raggiunse i quarti di finale (se ben ricordo), grazie alle sue qualità erbivore. Anche oggi, guardate signor giocatori come Radek e Tommy, o Ivo, si impongono splendidamente adottando tattiche che per noi global townmans appaiono obsolete, senza quindi andare a scomodare Roger che, si, è straosannato per la sua cangiante eleganza, ma che a rete va di rado. Poi il discorso sul tennis rosa è completamente differente, già in altri post mi sono scagliato contro la piattezza ridicola delle varie Wozniacki, Sharapova…francamente se posso scegliere tra Kim-Pless e Sharapova-Kuznetsova opto per la prima scelta.
    Cmq, quoto il discorso sull’adozione di misure standard per i telai, che vada dagli 85 ai 90, mentre può essere rigettata l’idea anacronistica delle racchette in legno, Sampras, Rafter, Ivanisevic, hanno vinto con racchette in metallo (vero cmq che era grafite…)
    Ciao a tutti e buon Wimbledon!

  41. anonimotennista scrive:

    credete ancora al tennis in chiaro?

    mandate mail di protesta a tennis@skytv.it e chiedete di lasciare almeno le briciole a qualche tv gratuita, Wimbledon non è trasmesso FTA solo in Italia!!!

  42. alberto scrive:

    il migliore rovescio slice di un giocatore impostato col rovescio bimane negli ultimi anni è stato grosjean a mani basse, altro che murray

  43. TCC'75 scrive:

    Feliciano Lopez e/o Mahut non è che servono e scendono a rete con lo slice perchè “vogliono farci ammirare le loro volée”. Semplicemente quello è quello che sanno fare.
    Se Stepanek riesce a giocare in questo modo non è che lui ha più talento di Hewitt o di Roddick, ma soltanto che lui non riesce a scambiare da fonto con la profondità dei grandissimi.
    Se il gioco di volo, sullo stretto e di fino fossero sintomi di qualità di un giocatore, allora Nedad Zimonjic sarebbe il numero uno del mondo.

  44. tom scrive:

    La sopravvivenza del rovescio slice è legata alla possibilità di alternarlo col top. Nessun tennista potrebbe sopravvivere nel circuito se fosse dotato solo di quello.
    Federer insegna che è lo sconcerto che crea nell’avversario in termini di improvvisa variante di ritmo e rimbalzo a renderlo un colpo utile.

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