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Archivio di Settembre 2007


E’ un campionato bellissimo
Sette squadre al vertice nello spazio di 2 punti
La Fiorentina ha capito di essere grande
bloccando una splendida Roma

Giovedì 27 Settembre 2007

di XAVIER JACOBELLI

È UN CAMPIONATO bellissimo. Come la sfida che Fiorentina e Roma hanno pareggiato al termine di un confronto avvincente sino all’ultimo respiro. Come il poker della Juve alla Reggina. Come il perentorio successo dell’Inter e i colpi del Napoli e del Palermo. Dopo cinque giornate, in testa c’è un’incredibile ammucchiata: sette squadre che sgomitano in un fazzoletto di due punti con l’Inter che agguanta la Roma; Juve, Napoli e Palermo subito dietro, Atalanta e Fiorentina a ruota. La sfida di Firenze ha rispettato le attese. Nonostante le assenze eccellenti, Totti e Perrotta in primis e durante l’incontro s’è pure infortunato Taddei, la Roma ha confermato ancora una volta tutto il suo valore, castigando senza pietà due distrazioni degli avversari. Soltanto una Fiorentina irriducibile e tostissima avrebbe potuto rimontare per due volte una capolista che ha trovato in Mancini e Giuly i terminali di un gioco più accorto e meno spumeggiante, eppure capace di essere a tratti micidiale. Ma dall’altra parte c’era Mutu e c’era Frey (che sta alla Fiorentina come Buffon sta alla Juve), c’era Pazzini e c’era Vieri. C’era una squadra camaleontica che Prandelli smonta e rimonta in corso d’opera senza timori reverenziali, senza avere paura di osare. Una squadra che, soprattutto, non molla mai. Se i viola cercavano la conferma di potersi battere per lo scudetto, ieri sera l’hanno avuta e proprio nella circostanza più delicata e impegnativa. La stessa in cui si era ritrovata l’Inter dopo il pari di Livorno: ma quando si ha in squadra uno come Ibrahimovic i problemi prima o poi si risolvono. Discorso identico per la Juve operaia di Legrottaglie e Salihamidzic. E per tutte (tranne che per il Milan) il bello deve ancora venire.


Bearzot attacca Albertini per il siluro a Gentile
“Non posso accettare che sia stato fatto fuori
dall’Under 21 proprio da un ex calciatore”
Re Enzo ha il diritto di fare la morale al calcio

Mercoledì 26 Settembre 2007

DI GIUSEPPE TASSI

Il Vecio è davvero inossidabile e spigoloso. Come ai bei tempi. Nel giorno del suo ottantesimo compleanno Enzo Bearzot passa in rassegna la sua vita e il calcio in una lunga intervista all’amico Gianni Mura. Racconta del suo Mundial vinto fra le polemiche, degli zoccoli scagliati contro Matarrese in uno spogliatoio festante dopo il trionfo sul Brasile. Al Vecio non sono mai piaciuti i dirigenti del nostro calcio, con la debita eccezione per Artemio Franchi, li ha sempre sentiti ostili, lontani. E il Matarrese di allora, che aveva sconfessato la squadra dopo la figuraccia di Braga, rimane l’emblema di chi vive nel calcio senza conoscerne i segreti nel profondo. Anche a ottant’anni Bearzot resta uomo di campo, guerriero silenzioso e fiero, come una vecchia quercia friulana che resiste al tempo e al vento.
Il trionfo mondiale di Lippi lo accosta a quello di Spagna ‘82 per le enormi tensioni nate da Calciopoli, per la faticosa lotta di un gruppo impegnato a riscattare l’immagine di un intero paese calcistico. Ma a dirigenti vecchi e nuovi il Vecio non risparmia nulla, a cominciare da Demetrio Albertini, ex calciatore, ex uomo di campo e per questo ancora più colpevole ai suoi occhi. E’ stato lui a far fuori Claudio Gentile, pupillo di Bearzot e anima della squadra di Spagna ‘82, è stato l’ex milanista a giubilare un tecnico di valore per consegnare l’under 21 all’amico Casiraghi.
E il Vecio non l’ha mandata giù. A lui sono sempre piaciuti i Ct nati nel grembo delle federazione: dopo il grande Enzo, ecco Vicini, Maldini e, appunto, Gentile, destinato nei voti di Bearzot a un brillante futuro anche nella nazionale maggiore. Sarà anche romantica e anacronistica la visione di Bearzot, ma i meriti e i successi di Gentile parlano per lui. Tutti lo ricordano come implacabile marcatore di Maradona ma anche come tecnico preparato, grintoso e capace di unire i suoi ragazzi col cemento del gruppo. E’ bello che il Vecio si ricordi proprio di Gentile nel giorno degli ottant’anni e lanci al calcio un messaggio che ha il sapore della morale. Granzie ancora, Re Enzo.

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Leggi l’intervista ad Enzo Bearzot su www.quotidiano.net


Il Livorno conosceva la terna in anticipo
Collina la cambia e apre un’inchiesta
Ma dopo Calciopoli non è cambiato nulla

Mercoledì 26 Settembre 2007

di Enzo Bucchioni

COME dimostrano gli ultimi avvenimenti, Moratti ha fatto un azzardo nel pensare che in Italia si possa assegnare uno «scudetto degli onesti». Il calcio non è un posto dove si fanno fioretti o si porge l’altra guancia: pur di vincere e di guadagnare, tutti sono disposti a fare tutto. E anche di più. Lo insegna la storia, lo dimostra la cronaca. Non bastassero le richieste di rinvio a giudizio per falso in bilancio anche per società «nobili» come l’Inter e il Milan, arriva da Livorno un altro allarme-arbitri. Come se le telefonate di Moggi e quelle di Meani non avessero insegnato niente, come se dopo la rivoluzione fosse già pronta una contro-rivoluzione e le nuove regole soltanto aria fresca, c’è ancora chi comunica in anticipo alle società i nomi degli arbitri e dei guardalinee. Quasi sicuramente si tratta di una leggerezza, ma dopo quello che è successo poco più di un anno fa, certe leggerezze sono inaccettabili e inammissibili. Evidentemente Collina fatica a farsi capire e c’era da aspettarselo: anche lui, ai suoi tempi, parlava con l’addetto agli arbitri del Milan. Del resto non è facile far cambiare certe abitudini radicate, tanto più che quando c’erano Bergamo e Pairetto i regolamenti non vietavano contatti fra dirigenti, direttori di gara e designatori. Chi pensava che l’aver tagliato qualche testa bastasse per far ragionare in modo diverso ha fatto male i conti. C’è ancora tanto da lavorare, c’è una cultura da cambiare: il puzzo di Calciopoli resta. In questa vicenda di nuovo e di apprezzabile c’è soltanto il decisionismo di Collina e la sua rapidità d’intervento: cartellino rosso immediato per l’arbitro e i guardalinee. Poi si vedrà. Se sono innocenti o colpevoli lo stabilirà l’inchiesta della procura arbitrale, l’importante era aspirare il veleno da un morso di vipera. Fatto.

La casta dei politici colpisce ancora
A Bergamo il Consiglio Comunale si spacca
No allo stadio “Achille e Cesare Bortolotti”
Calpestata la volontà dei tifosi

Martedì 25 Settembre 2007

di Paolo Calegari
www.atalantini.it

Un film di pochi anni fa: Castaway, con Tom Hanks. Storia di un giovane manager, anche troppo rampante, che si ritrova naufrago solitario su una sperduta isoletta dei Mari del Sud dove riesce a sopravvivere per qualche anno, non prima di saper reinterpretare se stesso relazionandosi con i veri valori, il vivere quotidiano e la mera sopravvivenza. Un libro di quest’anno: “La Casta”. Denuncia dettagliata e puntigliosa di come una certa politica sia diventata un’oligarchia chiusa ed insaziabile il piu’ lontana possibile dai bisogni e le necessita’ del cittadino medio. Grandissimo successo. Ieri, lunedì 24 settembre, Bergamo. Il Consiglio Comunale cittadino deve decidere se cambiare l’intestazione dello stadio comunale, quello dove gioca l’Atalanta: da “Atleti Azzurri d’Italia” ad “Achille e Cesare Bortolotti”. I Bortolotti, padre e figlio, sono stati due storici presidenti atalantini (Anni 70-Anni 90): durante la loor gestione, la squadra nerazzurra ha raggiunto l’apice della sua gloria sportiva Fino al ‘94 lo stadio si chiamava “Comunale” poi, una giunta di destra aveva provveduto a cambiarne il nome. Il suo assessore allo sport, casualmente, è il Presidente dell’Associazione Nazionale Atleti Azzurri d’Italia. In tutto il resto d’Italia lo stadio e’ dedicato ad un santo, ad una gloria locale o, tutt’al piu’, al quartiere dove si trova. A Bergamo no. Stadio “Atleti Azzurri d’Italia”. Cosi’. Bello, pomposo, altisonante. Cosi’ poco pertinente la gloria sportiva locale. Bergamo vanta nella sua storia 736 atleti vestiti d’azzurro. Il 95% dei quali non ha mai calcato l’erba dello stadio. Ora, se c’e’ una cosa di cui va fiero e orgoglioso il bergamasco in generale e l’atalantino in particolare, e’ il senso di appartenza. Il suo “andare all’Atalanta”, come si dice a Bergamo raggiungere lo stadio, non si è mai ne’ conciliato ne’ con l’Azzurro Nazionale ne’ con la pretesa di voler ricordare atleti di altri sport che, per impossibilita’ oggettiva (lo stadio e’ sprovvisto di infrastrutture atte allo svolgimento di altre discipline sportive), mai hanno potuto raccogliere gloria all’interno degli spalti in questione. La voglia latente di cambiar le cose e’ nata in citta’ circa 10 anni fa e ha guadagnato pian piano il consenso popolare. La forza del opinione pubblica non era pero’ mai stata sufficiente sino a lunedi’ quando, il lavorio ultimo di un paio di compomenti il Consiglio Comunale, aveva fatto sì che la proposta riuscisse ad intrufolarsi nell’ordine del giorno del Consiglio. E con ottime prospettive: ampio consenso popolare e grande lavoro di convincimento, apparentemente a buon fine, dei propugnatori nei confronti dei colleghi.
Ma alle 22 di ieri, il patatrac: strumentalizzando il voto la casta politica bergamasca, ad imitazione di quella nazionale, ha bloccato la proposta. Da una parte la gente comune e meta’ del Consiglio Comunale, dall’altra l’altra meta’ della Casta. O meglio, la meta’ piu’ 2 e, quindi, in grado di far saltare tutto. Un voto trasversale rispetto all’arco costituzionale.
Le motivazioni? Sgarbi reciproci, beghe da quartiere, accuse infamanti, amicizie trasversali o, semplicemente, una fede calcistica diversa. Nel cortile dello stesso palazzo comunale si e’ rischiata anche la rissa. Tutto per decidere se era il caso di cambiare il nome allo stadio oppure no. Tutto nel piu’ grande disinteresse di che cosa pensa l’opinione pubblica cittadina. Questo il modo di procedere di chi ci governa e di chi abbiamo votato e messo sulla poltrona : il modo di fare della Casta. The “Casta Way”.

Mancini: contro di me critiche in malafede
Maicon a Livorno ha commesso
una sciocchezza ingiustificabile

Martedì 25 Settembre 2007

MILANO - ‘’Abbiamo gli stessi problemi delle altre squadre ma, quando si parla dell’Inter, si esagera sempre e si cerca di ingigantire la realta’ perche’ abbiamo iniziato a vincere e la cosa ora magari da’ fastidio. I nostri problemi vengono sempre aumentati del 100%'’: Roberto Mancini non accetta le critiche rivolte alla sua squadra dopo la sconfitta di Istanbul e il pareggio di Livorno e torna all’attacco di quegli opinionisti ‘’in malafede'’ che definiscono gia’ a rischio la sua panchina. Mancini ha ammesso che l’Inter sta attraversando ‘’un momento di difficolta’ dovuto alle assenze di tanti giocatori e molti
scendono in campo stringendo i denti. Certo, potevamo avere due punti in piu’, ma da quello che leggo dovremmo essere ultimi in classifica'’. E poi ‘’la Roma gioca un ottimo calcio, ma anche l’anno scorso giocava bene…'’. Parlando delle assenze, il tecnico nerazzurro ne anche per i suoi giocatori e non solo: quella di Maicon ‘’e’ stata una sciocchezza non giustificabile'’, Chivu ‘’con un po’ di sofferenza sara’ a
disposizione per sabato. Anzi, ce la deve fare e veda lui come'’, mentre per Vieira il rientro dovrebbe avvenire martedi’ in Champions ‘’ma dipende dai medici che sono sempre strani e particolari e pronti a frenare i giocatori'’. Contro la Sampdoria, ‘’una squadra che combatte ed e’ difficile da superare'’, Hernan Crespo e’ sicuro di una maglia da
titolare mentre resta da decidere chi lo affianchera’ in attacco.