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Archivio di Novembre 2007

Coraggio, Cesare

Lunedì 26 Novembre 2007

FIRENZE - E’ morta Manuela, moglie dell’allenatore della Fiorentina, Cesare Prandelli. La signora aveva soltanto 45 anni: il cancro l’aveva assalita nelll’estate del 2004, quando il tecnico di Orzinuovi lascio’ la panchina della Roma proprio per assistere la moglie. “La Fiorentina - si legge in una nota sul sito del club - il presidente, il consiglio di amministrazione, la dirigenza, la squadra e tutto lo staff si uniscono al dolore immenso della famiglia Prandelli”.
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Il Direttore e la redazione di quotidiano.net sono affettuosamente vicini a Cesare Prandelli e alla sua famiglia in questo momento durissimo e si inchinano alla memoria di Manuela, donna di straordinario coraggio.

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Caro Cesare,
ci conosciamo da più di vent’anni, ma in questo momento non ho parole perchè non ci sono parole. Voglio soltanto dirti, anche a nome dei nostri lettori, che ti vogliamo bene e che siamo vicini a te, a Nicolò, a Carolina e ai tuoi cari. Che ci inchiniamo davanti a Manuela, una persona magnifica e alla sua straordinaria lezione di coraggio. Un coraggio che le ha permesso di combattere per sette anni contro il cancro con una dignità esemplare, un’incredibile resistenza al dolore, un’accanita voglia di guarire, una forza d’animo eccezionale. Caro Cesare, conosciamo l’amore immenso che ti lega a Manuela da ventisei anni. Un amore così forte da indurti, nell’estate del 2004, a rinunciare ad allenare la Roma per rimanere vicino a tua moglie che era stata colpita dalla malattia per la seconda volta, quattro anni dopo la prima. Raccontò Manuela in un’intervista: «Cesare mi ha dato la dimostrazione d’amore più grande che un marito possa dare alla propria moglie: ha deciso di starmi vicino. Che cosa posso aggiungere? È una grande prova d’amore, lo posso solo ringraziare». E ancora: «Grazie per l’attenzione, grazie davvero, arrivano un sacco di complimenti, ma non vorrei aggiungere altro, preferirei non parlare di queste cose sui giornali». E Carolina aggiunse: “Sono davvero molto orgogliosa di papà”. Coraggio, Cesare. Un abbraccio forte.

Xavier Jacobelli

Che cosa c’è dietro questa Juve da scudetto

Domenica 25 Novembre 2007

di Xavier Jacobelli

SE NON lo rovinano i criminali in azione l’11 novembre o gli ominidi che in alcuni stadi hanno fischiato la memoria del maresciallo Daniele Paladini, questo campionato tornerà ad essere bellissimo. Lo confermano i risultati della prima giornata, in scena dopo l’omicidio di Gabriele Sandri per il quale, lo ricordiamo al capo della Polizia che s’è impegnato a fare piena luce sulla tragedia di Badia al Pino, siamo sempre in attesa di conoscere tutta la verità. Nel gruppo delle anti-Inter, che già poteva contare sulla Fiorentina, sono rientrate la Juve, la Roma e l’Udinese. Privi di sei titolari e, soprattutto di Prandelli, i viola non hanno vinto a Reggio Calabria, ma hanno ottenuto un punto prezioso. E’ vero, sono scivolati dal secondo al quinto posto, ma alle spalle dell’Inter l’equilibrio è massimo. E domenica sono in programma Fiorentina-Inter, Roma-Udinese, senza contare il super anticipo di sabato fra Milan e Juve. Già, la Juve. Questa sera Ranieri ha raffreddato le ambizioni del Palermo con una prova di forza che deve allarmare Ancelotti, a Cagliari rilanciato da Ronaldo, Gilardino e Pirlo, ma preoccupato dalla stanchezza di Kakà: al brasiliano, il Pallone d’Oro porta addirittura già male prima ancora che gli venga ufficialmente assegnato il 2 dicembre. Il fatto è che, quando vanno a segno tutti insieme Trezeguet, Iaquinta, Del Piero e hai pure Palladino che ha conquistato anche la Nazionale; quando il recupero di Marchionni è sotto gli occhi di tutti; quando l’umiltà della squadra si coniuga alla forsennata smania di rivincita che la pervade dall’inizio della stagione, per questa Juve lo scudetto è possibile. Non dimenticando che, al contrario di Inter, Milan, Roma e Fiorentina, la squadra di Ranieri non partecipa alle coppe internazionali e risparmia energie preziose per la volata di primavera. Per questo, il bello deve ancora venire.

Sorteggio Mondiali 2010:
vince il lato B dell’Italia

Domenica 25 Novembre 2007

di Enzo Bucchioni

C’è un buon vento che soffia in poppa alla Nazionale: dalla Scozia al Sudafrica il «lato B» o se preferite il «fattore C», hanno fatto in pieno la loro parte. Il sorteggio per le qualificazioni mondiali del 2010 è qualcosa di straordinario. Mettendo insieme gli organici delle cinque nazionali che dovremo affrontare, si fatica a formare una squadra vera. Tra Eire e Bulgaria, Montenegro e Georgia, trascurando Cipro, ci vuole della fantasia per trovare un avversario in grado di mettere un ostacolo sulla nostra strada. Volendo rubare una battuta all’anziano ma sempre valido Carletto Mazzone, «manca solo il Roccacannuccia». Concludendo, un posto per l’Italia nei primi mondiali africani della storia del calcio sembra già assicurato ancora prima di giocare. Niente male.
Ora speriamo che il buon vento duri un’altra settimana: ce n’è bisogno. Domenica è in programma un altro sorteggio, questa volta si decidono i gironi della fase finale del campionato Europeo in programma in Austria e Svizzera nel giugno prossimo. Gli Azzurri non sono testa di serie, il coefficiente Uefa non è dei migliori e c’è il rischio concreto di trovare sulla nostra strada anche due delle corazzate tipo Francia, Germania, Russia e Olanda. Aspettiamoci un girone di ferro, ma forse è meglio così. Gli Europei, storicamente, ci hanno creato dei problemi mettendoci di fronte nazionali apparentemente abbordabili come una sconosciuta Repubblica Ceca di undici anni fa o la Svezia e la Danimarca dell’ultima edizione che ci hanno mandato subito a casa. L’Europeo è un torneo breve, va affrontato al massimo da subito e le sorprese arrivano di solito dalle squadre «non quotate». Quattro anni fa in Portogallo ha vinto la Grecia, le sue tracce si sono perse in fretta sia nella classifica Fifa che nella memoria collettiva. Il sorteggio, comunque non può e non deve far paura alla Nazionale campione del mondo che, anzi, deve cullare un sogno e porsi un obiettivo importante: uguagliare la Francia. Nel 1998 gli antipatici Blues vinsero i mondiali e si confermarono due anni dopo nella fortunata finale contro l’Italia di Zoff. Vogliamo prenderci un’altra rivincita? Provarci è obbligatorio, il sorteggio è solo una ingombrante momento di passaggio.


Plusvalenze fittizie: ecco che cosa
rischiano Inter e Milan

Domenica 25 Novembre 2007

tratto da www.gazzetta.it

di Ruggiero Palombo

E’ il Palazzi-day. Stefano Palazzi, il gran capo della Superprocura della Federcalcio radunerà oggi in un albergo romano tutti i suoi numerosi affiliati. Sorta di battesimo dell’ anno giudiziario calcistico, questo raduno riveste particolare importanza: i fascicoli aperti sono tanti e nuovo materiale è in (probabile) arrivo da Napoli. Bisogna accelerare perchè si rischia l’ ingorgo. Ecco perché, al di là degli odierni convenevoli e richiami a un’ azione coesa e (possibilmente) rapida, Palazzi dovrebbe essere sul punto di prendere una decisione sulle plusvalenze fittizie e in particolare sul fascicolo Inter/Milan che giace sul suo tavolo dall’ inizio dell’ estate: le due società vanno incontro, insieme a qualche loro dirigente, a un bel deferimento per violazione dell’ articolo 1 del codice di giustizia sportiva, quello relativo alla lealtà e probità. Eviteranno dunque l’ accusa di «illecito», ma anche la auspicata (da loro) archiviazione. Con Moggiopoli la violazione dell’ articolo 1 è diventata pericolosa, perché le sanzioni vanno da un minimo (ammonizione e/o sanzione pecuniaria) a un massimo che la Juve e il suo ex direttore generale conoscono assai bene. Spetterà agli organi disciplinari stabilire che cosa fare: Inter e Milan rischiano una (improbabile) penalizzazione in classifica, ma tanto basta perché diventi imperativo un giudizio rapido. Il campionato non può permettersi sentenze primaverili capaci eventualmente di ribaltare una classifica. Dovrebbe poi riprendere a grandinare sul mondo arbitrale. A cominciare dai Paparesta. Padre e figlio. Le dichiarazioni rilasciate dai due ai magistrati di Napoli, sul possesso delle schede telefoniche svizzere fornite loro da Moggi, sarebbero state valutate da Beatrice e Narducci come «inattendibili». E l’ informativa di questa valutazione è stata inoltrata alla Procura federale, su precisa richiesta di Palazzi, per le determinazioni del caso.
L’ altra metà dei Palazzi del calcio, intesi non come Stefano, affila intanto le armi in vista di giovedì prossimo. Un Consiglio federale «tecnico» (ufficialmente si parlerà di bilancio preventivo 2008) farà da prologo strategico alla convocazione urbi et orbi voluta dalla ministro Melandri, che Abete il temporeggiatore ha invano tentato (giustamente) di dissuadere. Così la squattrinata serie B, anziché passare per la Lega, poi per la Federazione ed infine eventualmente per il Coni, approderà direttamente al Governo. Per dire cosa? Che vuole 130 milioni di euro l’ anno anziché i 65/50 dei prossimi anni per i quali aveva firmato a suo tempo tanto di accordo con la A. Il semisfiduciato ma tenace Matarrese (sul quale aleggia l’ ombra del redivivo Pancalli) media, puntando ai 110. Abete ritiene che reiterare i 95 di mutualità attuale possa e debba bastare. La A, che pagherà il conto, a scanso di equivoci sta pensando di disertare la riunione dal Ministro.


Parla il capo degli ultrà atalantini:
“Non amo la violenza
ma mi piacciono gli scontri
Chiedo scusa ai nostri tifosi, ma non ho rimorsi”

Venerdì 23 Novembre 2007

tratto da www.gazzetta.it
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dal nostro inviato Giampiero Timossi

BERGAMO, 23 novembre 2007 - Il vino, dicono, aiuta a raccontare la verità. E allora dopo due prosecchi, una bottiglia di Valcalepio, sette grappe “morbide”, tre caffè corretti con Vecchia Romagna Etichetta Nera, una boccia di Brunello e una di Barbera (annata 2003), qualcosa di vero deve saltar fuori. Il primo punto è questo: se vuoi trascorrere una giornata con quelli della Curva Nord Atalanta 1907, con il Bocia e i suoi bocia, non puoi essere astemio. Benvenuti nelle giungla di Bergamo, tra quelli che prima di Atalanta-Milan già aveva fatto a botte con la polizia, quelli che poi hanno tirato su un tombino, hanno spaccato un plexiglass. Benvenuti tra le belve nerazzurre, tra gli ultrà duri e puri, quelli che se c’è un casino ci sono. “Noi siamo atalantini, poi anche bergamaschi”, racconta Claudio Galimberti, 34 anni, giardiniere, detto il Bocia perché lui in curva è entrato che era un ragazzino. Il presidente Ruggeri vuole riempire la Nord di bambini. “Che novità è questa? Io non avevo neppure la carta d’identità, ma già giravo l’Europa. Sono andato a Malines, a Lisbona. E quella volta che volevo dare dei calci contro la portiera di una Ritmo bianca, contro quelli che erano saliti da Bari per una cazzo di partita di coppa Italia? E’ successo che mi sono preso uno schiaffone dai miei capi, perché quelli erano in cinque e avevano fatto tutta quella strada e io li dovevo rispettare”. Il Bocia conosce a memoria ogni formazione della Dea, che poi è l’Atalanta e conosce pure ogni angolo della sua città e non vede l’ora di farti scoprire le vie strette e le piazze e i ciottoli di Bergamo Alta, “che è tutta una città di preti, ma non potrei mai vivere altrove”.

LA ROCCA - Il Bocia conosce la città Alta e quando passa davanti ai portici della biblioteca Angelo Maj racconta: “Qui ho fatto il militare”. Sì, il leader riconosciuto degli ultrà dell’Atalanta ha fatto servizio civile, “perché sarà difficile da credere, ma a me non mi piace la violenza, a me piacciono gli scontri, che sono una forma di protesta contro una società di merda”. Il concetto va approfondito. Ma intanto sei già alla Rocca, che pare il punto più alto di Bergamo Alta. “Qui noi diffidati veniamo a vedere la partita. Vediamo le coreografie, sentiamo i cori e vediamo solo metà del campo, ma se sei “daspato” non hai alternativa e devi fartelo bastare. Veniamo qui, portiamo una “boccia” di vino, godiamo se l’Atalanta vince e godiamo comunque, perché quel che conta è stare insieme, fare gruppo”.

IN MORTE DI UN ULTRA’ - Ah, il Bocia alla Rocca non va spesso. Lui ha la diffida, ma alla domenica gioca a pallone. Fa il centrocampista “di quantità”, nel Bonate, in prima categoria. La squadra la allenava suo fratello, ma domenica scorsa lo hanno esonerato. Due domeniche fa stava in panchina: numero 15, la distinta l’hanno mandata subito in questura, come sempre. Ma ieri la Digos ne ha richiesta un’altra copia. Due domeniche fa, all’autogrill di Badia al Pino, un colpo sparato da un agente della Polstrada ha ammazzato Gabriele Sandri, 28 anni, ultrà della Lazio. La storia del tombino e del plexiglass è iniziata così. Il Bocia allo stadio non ci poteva andare e non c’è andato, ma prima di giocare si è visto con quelli del suo gruppo, vicino al Baretto (ora chiuso per “aggregazione ultrà”), davanti allo stadio Atleti Azzurri d’Italia. Il Bocia racconta: “Quella mattina sono arrivate tutte le notizie più disperate, distorte ad arte, sbagliate. Prima hanno detto che uno juventino aveva sparato a un laziale e allora ho pensato che tutto era davvero finito. Poi hanno raccontato una mezza verità e quando hanno seppellito quel ragazzo hanno tirato fuori la storia delle pietre nelle tasche. Come puoi avere fiducia in questo Stato? La partita contro il Milan non si doveva giocare, non si doveva giocare nessuna partita. Hanno fatto così per la morte di Raciti ed era giusto fare così anche per un ultrà. Non abbiamo rimorsi. Voglio solo chiedere scusa a quelli che erano nella curva e non erano d’accordo, voglio solo chiedere scusa ai tifosi dell’Atalanta, questo sì. Ma ora ci trattano come le nuove Brigate Rosse e questo per un pezzo di plastica spaccato. No, non è giusto”.

L’INCONTRO CON CASTELLI - Fuori dall’ultimo bar, davanti alla fontana del Delfino, sotto un ombrello, passa Castelli, l’ex ministro di Grazia e Giustizia. “Oh, ministro diglielo tu che a Bergamo non siamo dei delinquenti”. Il ministro saluta e sorride. “Che cazzo avrai da ridere…”. Il Bocia non ne ha più voglia, sente una “strana aria”, sa che arriveranno altre diffide e che altri finiranno in carcere. “Se tocca a me stavolta mollo tutto”. Lo dice e ci beve su.