Challenger e Futures
la stagione degli azzurri.
Tante vittorie, ma pochi giovani.

 
17 Dicembre 2008 Articolo di Roberto Commentucci
Author mug

Analizziamo il 2008 degli azzurri nei tornei minori, fra ritorni eccellenti, maturazioni tardive, carriere incompiute (tante) e giovani promesse emergenti (poche). Nei commenti l’opinione di Michele Tellini, coach di Riccardo Ghedin, n. 249 Atp.

Un sentito ringraziamento a Luca Brancher,
che ha curato l’analisi statistica.

L’inferno dei tornei minori. Una visione di insieme.

Il mondo dei tornei minori, i Challenger e i Futures. Una inestricabile jungla di sudore e sofferenza, che si estende ai quattro angoli del pianeta, dove ogni settimana vengono combattute battaglie epiche, a volte interminabili, in luoghi spesso improbabili, in condizioni ambientali qualche volta davvero difficili, e nella quale si incontrano le più disparate tipologie di tennisti. C’è il vecchio mestierante, che ormai non ha più molte possibilità di salire ulteriormente, ma che si farebbe tumulare sul posto pur di non darla vinta a quello sbruffoncello arrogante del giovanotto di belle speranze; c’è il giocatore di alto livello, abituato a palcoscenici più prestigiosi, che cerca di risalire la corrente dopo un periodo nero o un lungo infortunio: c’è l’ex promessa juniores in clamoroso ritardo sui migliori della sua età, che sta lentamente iniziando a fare sul serio; e poi, finalmente, ci sono i giovani talenti che sgomitano ferocemente, con l’ambizione di conquistarsi un posto al sole, nel dorato mondo dei tornei del circuito maggiore.

Vediamo anzitutto di fare un po’ di ordine in questo magmatico sottobosco, che è poi il cuore pulsante del tennis mondiale. E’ da questi tornei, infatti, che provengono i ricambi, i campioni di domani. Per ordine di importanza, i tornei Challenger (a proposito dei quali nei mesi scorsi avete potuto leggere su questo sito la dettagliata rubrica settimanale di Remo Borgatti) vengono immediatamente dopo quelli del circuito Atp. Hanno un montepremi che varia da 125.000 dollari più ospitalità nei tornei più grandi, a 35.000 dollari negli eventi più piccoli, e assegnano al vincitore da un massimo di 100 a un minimo di 55 punti (il sistema di attribuzione dei punteggi per il 2009 non è ancora stato reso noto). I Futures (sui quali potete leggere qui una completa rubrica settimanale curata da Enrico Riva) hanno un montepremi che varia da 15.000 dollari più ospitalità (24 punti Atp al vincitore, secondo il vecchio sistema) a 10.000 dollari (12 punti Atp al vincitore). In linea di massima, agli eventi Challenger prendono parte i tennisti classificati nelle prime 300 posizioni della classifica, che in genere evitano di giocare Futures.

Per un movimento tennistico, quindi, l’analisi della performance registrata in queste competizioni consente di valutare due aspetti importanti: lo “spessore” del movimento stesso (inteso come capacità di produrre atleti in grado di figurare a livello internazionale); e le prospettive di ricambio (atteso che tali competizioni costituiscono la principale e più veritiera vetrina per misurare le ambizioni dei giovani talenti). E quindi, assodato che rispetto ad un anno fa, come ha notato di recente Ubaldo, con i giocatori di vertice, quelli che competono stabilmente a livello Atp, siamo leggermente peggiorati, passando da 5 a 4 giocatori classificati fra i primi 100, abbiamo cercato di capire come sta messo a ricambi il tennis italiano.

A tal fine, abbiamo preso in esame tutti i match giocati negli ultimi 5 anni dagli azzurri nei tornei minori, e sono venuti fuori alcuni elementi interessanti.

La stagione azzurra nei challenger

A livello Challenger il nostro tennis dal 2004 a oggi ha mostrato una performance sostanzialmente costante, come si vede dalla tabella seguente:

ITALIANI NEI CHALLENGER, 2004-2008

ANNO TITOLI VINTI
FINALISTI SEMIFINALISTI PRESENZE
MAIN DRAW
2004 10 13 32 380
2005 6 13 18 351
2006 7 12 22 373
2007 11 8 18 386
2008 10 10 14 320

Il fattore campo è stato un aiuto potente per i nostri portacolori. Delle complessive 44 vittorie, 35 sono state colte in tornei organizzati in Italia. In termini di risultati complessivi, l’annata migliore è stata il 2004, con affermazioni e piazzamenti ottenuti da giocatori quali Starace, Volandri, Di Mauro, Bracciali, Bolelli, che erano in procinto di affermarsi nel circuito superiore, dove a quel tempo eravamo pochissimo rappresentati (avevamo solo 2 top 100, Volandri e Sanguinetti).

Nel 2008 i vincitori azzurri in tornei Challenger sono stati i seguenti:

Thomas Tenconi (Todi, Napoli 35.000)

Filippo Volandri (San Marino, Cordenons)

Fabio Fognini (Torino, Genova)

Flavio Cipolla (Noumea)

Andreas Seppi (Bergamo)

Paolo Lorenzi (Alessandria)

Potito Starace (Napoli 85.000)

Come si vede, buona parte dei successi sono venuti da tennisti già competitivi a livello di tornei Atp (Starace, Volandri, Seppi, Fognini), che hanno utilizzato i challenger per migliorare o puntellare la loro classifica. Ci sono poi gli exploit di Cipolla e Lorenzi, tennisti dalla dimensione tecnica consolidata, abituali frequentatori di questo circuito. Un caso a parte è quello di Thomas Tenconi, un grintoso oriundo italo-argentino di 28 anni, che quest’anno ha potuto riprendere l’attività dopo una serie infinita di problemi fisici ed è stato autore di una stagione sensazionale, che gli ha consentito di guadagnare oltre 900 posizioni in classifica, chiudendo ben dentro i primi 200. Per quanto riguarda il contributo dei giovani, vanno segnalati i due successi del 21enne Fognini (classe ’87) e la finale raggiunta a Genova dal suo coetaneo Gianluca Naso, potente siciliano dal fisico macchinoso ma dalle buone potenzialità. Gli altri giovani azzurri non si sono ancora rivelati competitivi a questo livello, mentre hanno mostrato buoni progressi giocatori non più giovanissimi, ma che per vari motivi hanno iniziato ad approcciare seriamente l’attività professionistica con un certo ritardo, il toscano Walter Trusendi e il romano Riccardo Ghedin, entrambi del 1985. Il secondo in particolare desta interesse: figlio di Pietro Ghedin, ex calciatore della Lazio, è un tennista da campi rapidi, ancora un po’ leggero nei fondamentali da dietro ma dotato di un buon gioco aggressivo, grazie al quale ha scalato quasi 500 posizioni. Ha poi disputato una buona stagione (con una finale e due semifinali) anche il lombardo Marco Crugnola, classe ’83, dotato di tecnica cristallina e di un repertorio completo, ma dal rendimento fin qui molto altalenante, che finalmente ha trovato un minimo di continuità. E’ poco fuori dai 200, ma può ancora entrare nel grande giro.

La stagione azzurra nei futures

Se nei challenger il rendimento degli italiani è stato all’incirca in linea con quanto osservato negli anni scorsi, la stagione a livello future è stata davvero eccezionale. I nostri tennisti sono riusciti a vincere la bellezza di 40 tornei (di cui 19 in Italia), a cui vanno aggiunti 30 piazzamenti in finale. Ecco la tabella riassuntiva:

ITALIANI NEI FUTURES, 2004-2008

ANNO TITOLI VINTI
FINALISTI SEMIFINALISTI PRESENZE
MAIN DRAW
2004 25 33 54 983
2005 27 30 58 1029
2006 25 32 59 941
2007 22 33 58 1074
2008 40
30
61
977

Cerchiamo ora di capire da cosa è scaturita questa eccezionale stagione, iniziando dal comportamento dei giovani. Purtroppo, solo 4 vittorie, una su 10, sono state colte da giocatori con meno di 20 anni. Tre titoli li ha conquistati Thomas Fabbiano e uno Damiano Di Ienno, un giovane mancino romano, anche lui classe ’89, dal gioco muscolare ma molto determinato. Con gli altri giovanissimi, abbiamo ottenuto 3 finali (2 con Daniel Lopez e una con il siciliano Antonio Comporto). Un po’ pochino.

Come osservato nei Challenger, anche nei Futures molti successi sono venuti da tennisti già maturi, di livello tecnico superiore, che per varie ragioni sono stati costretti a giocare questi eventi con l’obiettivo di potersi ricostruire una classifica: il caso più eclatante è come detto quello di Tenconi, che si è aggiudicato ben 6 titoli; ma anche Andrea Stoppini, Massimo Dell’Acqua (2 vittorie a testa) Paolo Lorenzi e Simone Vagnozzi non possono essere considerati giocatori di livello Future, e sono stati costretti a competere in tali tornei solo per motivi di classifica.

Parecchie vittorie sono state ottenute da giocatori ancora giovani, ma non più giovanissimi, che stanno lentamente maturando, sia pure con ritardo sui migliori fra i loro coetanei, e che hanno usato i future come trampolino di lancio per il circuito challenger o le qualificazioni Atp. E’ il caso di Matteo Viola, classe 1987 (2 vittorie e 1 finale) di Gianluca Naso, anche lui classe 1987 (1 vittoria), del canturino Andrea Arnaboldi, (1 vittoria) un mancino dalla buona tecnica ma ancora un po’ leggero fisicamente, di Matteo Marrai, classe 1986 (quattro titoli e due finali) di Luca Vanni, classe 1985, (2 titoli e una finale), di Riccardo Ghedin, anche lui classe 85 (2 titoli e una finale). In totale fanno 11 vittorie, oltre il 25%. Questo dato ci conferma quanto già sapevamo: moltissimi nostri giocatori da giovanissimi si perdono, non sono maturi per l’attività professionistica, ed iniziano a fare sul serio solo intorno ai 22-23 anni. Purtroppo per loro, molto spesso a quel punto è troppo tardi per emergere davvero nel circuito maggiore.

Le altre vittorie (Azzaro e Torresi 3 a testa, Ianni 2, una ciascuno Francesco Piccari, Prader, Iannuzzi, Da Col) sono state invece ottenute da giocatori con una dimensione tecnica sostanzialmente coincidente con il circuito: sono le vittorie dei giocatori “da Future” (anche se uno come Azzaro, che ha annunciato poche settimane fa il ritiro dall’attività internazionale, avrebbe potuto ottenere molto di più in carriera).

Conclusioni.

Sotto il profilo quantitativo, il nostro movimento mostra una buona vitalità complessiva. La performance a livello Challenger resta soddisfacente anche nel confronto internazionale, dove l’Italia con le sue 10 vittorie è al quinto posto assoluto, dietro Argentina, Stati Uniti, Francia e Spagna. A livello Future come abbiamo visto siamo andati ancora meglio, e il numero di atleti azzurri che riescono ad accedere nei tabelloni principali dei tornei professionistici si mantiene elevato.

Purtroppo però, nel nostro paese il contributo delle nuove leve a queste affermazioni resta ancora troppo esiguo: il boom di tornei Futures vinti quest’anno non deve far pensare che presto avremo molti nuovi giocatori nei primi 100. I giovani con buone prospettive (su tutti Naso, Marrai, Fabbiano e forse Arnaboldi, in attesa che Matteo Trevisan, probabilmente il migliore di tutti, risolva i suoi guai fisici) restano troppo pochi rispetto alle potenzialità del nostro paese e alle attese degli appassionati.

In particolare, fa riflettere il ritardo con cui i nostri giovani juniores riescono ad imporsi nei tornei future. E’ in quella fascia di età, fra i 17 e i 20 anni, che vengono bruciate molte carriere. E nel frattempo, all’estero, assistiamo ad exploit come quello del serbo Krajnovic, classe ’92, che a poco più di 16 anni è riuscito a centrare addirittura una semifinale nel ricco Challenger di Knoxville… E’ vero che il giovane serbo è un fenomeno annunciato, e non può essere preso come esempio, ma il ritardo medio con cui i nostri si affacciano all’agonismo, rispetto a quanto avviene in altre realtà, resta evidente.

E’ solo colpa degli italiani viziati e mammoni, o nel nostro sistema di crescita degli agonisti c’è qualche problema di natura strutturale?

Clicca qui per leggere il bilancio degli azzurri nel 2007

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15 Commenti a “Challenger e Futures
la stagione degli azzurri.
Tante vittorie, ma pochi giovani.”

  1. enrico riva scrive:

    tutto molto vero. a livello femminile camila giorgi e alice moroni sono le uniche giocatrici nate negli anni 90 che hanno terminato la stagione tra le prime 500. anche li’ il ricambio sembra avere qualche intoppo.

  2. Diego scrive:

    Bellissimo resoconto Roberto. Mi sembra che il tennis italiano per altri 5 anni non possa aspirare a crescere ma dovremo accontentarci di quanto abbiamo. Chiedo due chiarimenti a te o a chiunque ne sappia qualcosa:
    1) Indipendentemente dai problemi fisici, Trevisan ha veramente le potenzialità per sfondare? Io l’ho visto un paio d’anni fa e mi ricordo un gioco un po’ monocorde e un rovescio scarsino.
    2) I pochi giovani che emergeranno sono polivalenti, come Bolelli e Seppi, o dei terraioli che costruiranno la classifica in primavera? Il fatto che chi ha vinto challenger lo abbia fatto perlopiù “in casa” non conforta, tenuto conto del fatto che salvo Bergamo e Cremona, non mi vengono in mente altri challenger giocati sul duro in Italia…

  3. Roberto Commentucci scrive:

    Provo a rispondere ai due quesiti di Diego.

    1. Trevisan. A mio avviso, per quanto ho visto, il ragazzo ha mezzi notevoli. Il servizio è già molto buono, e lo migliorerà ulteriormente. Il diritto è un colpo pesantissimo, il rovescio è molto buono sul cross, mentre in lungolinea per ora ci va poco. In più ha fisico, si muove bene, è determinato e grintoso.
    Il gioco effettivamente è molto monocorde, non sa variare ritmo, è a disagio quando deve staccare la mano dal rovescio, manca di posizione a rete. Ma tecnicamente è buono, sa fare molte cose, ha buona attitudine al veloce. Deve migliorare tatticamente. E in più deve crescere come persona, di testa mi pare ancora un po’ “bimbo”. Ma con l’aiuto di Infantino, se starà bene fisicamente, può crescere tantissimo. Secondo molti osservatori, può entrare nei top 20.
    2. Il grado di polivalenza dei giovani. Fabbiano e Trevisan sono a mio avviso tennisti naturali da cemento, hanno gesti compatti, aperture brevi e cercano di giocare sempre vicino al campo. Fabbiano, che è piccolino (circa 1,70) per essere competitivo sul veloce deve irrobustirsi e potenziare ulteriormente il servizio: ne è consapevole e ci sta lavorando come un pazzo.
    Naso ha avuto un’impostazione più terraiola, anche perché i limiti fisici (la lentezza e le leve lunghe) gli impedivano di giocare molto vicino al campo. Però è molto cresciuto in reattività nell’ultimo anno, e con la potenza notevole di cui dispone (il trapanese è uno scultoreo granatiere di oltre 1,90) può fare bene anche sul veloce.
    Marrai e Arnaboldi, come pure l’oriundo Daniel Lopez, li vedo più abituati alla terra, temo sarà difficile riconvertirli, specie i primi 2.

  4. Nevenez scrive:

    Trevisan nei primi 20, bwahaahah non ci credo neanche se mi pagassero, al massimo lo vedo tra i primi 100 ma non di più.
    Gianluca Naso invece lo vedo molto bene in prospettiva futura, sa tirare forte ma deve migliorare parecchio in mobilità.
    Gli altri gli lascio proprio perdere perchè ormai non hanno speranze di entrare nei 100, ah un altra cosa, ho visto Miccini e devo dire che è già buono specie nel servizio, se si allena bene può fare cose grandi.

  5. madmax scrive:

    non ho mai visto ne miccini ne quinzi e quindi su loro nn posso esprimere giudizi mentre per quanto riguarda il resto ha ragione diego nel senso che per avere qualcosa di buono 5/6 anni se non 7/8 dovremo ancora aspettare perchè è solo ora che si è mosso veramente qualcosa soprattutto come numero di ragazzi giovanissimi che puntano in alto e che di conseguenza pretendono dai maestri molto…

  6. Manlio scrive:

    “E’ solo colpa degli italiani viziati e mammoni, o nel nostro sistema di crescita degli agonisti c’è qualche problema di natura strutturale?”

    Ci sarà anche del vero sul fatto che i ragazzi italiani in genere maturano più tardi, però non credo che il nodo principale sia questo. A mio parere la FIT ha troppo spesso mal guidato le giovani leve da formare, facendo loro più male che bene. Ne sono rimasti scottati persino giovani promesse venute dall’estero che hanno preso poi la nazionalità italiana, come Uros Vico o Manuel Jorquera. Appena arrivati in Italia erano imbattibili per i loro coetanei, dovevano diventare dei campioni, ma si sono persi. La federazione argentina ha molte meno risorse economiche di quella italiana, però le usa bene. Fa capire alle giovani promesse quale sia la strada giusta per arrivare e fino a dove può accompagnarli, dopo se la devono cavare da soli. Non li delude in questo senso.
    Alberto Castellani nel ‘92 portò Carlo Santoro, allorac solo diciottenne, tra i top-500. L’anno dopo la FIT convinse Santoro ad affidarsi a Tomas Smid, che se ne occupò solo part-time. Non si seppe più nulla di lui. Dopo qualche anno Castellani lanciò Adrian Voinea. Alla domanda sul perché non avesse lanciato anche qualche giovane promessa azzurra, rispose: <> . Dopo qualche anno lanciò pure Alami, Arazi ed El Eynaoui e nel 2003 il Marocco ci eliminò in Coppa Davis. Fortuna che poco dopo Volandri esplose a livello internazionale…

  7. Roberto Commentucci scrive:

    Intanto è stata resa nota (me la segnala Alessandro Nizegorodcew) la nuova ripartizione dei punti Atp per challenger e futures, che trovate a questo link:

    http://stevegtennis.com/entrypoints.txt

    Ad una rapida scorsa, la mia impressione è che i tornei minori assegneranno, in termini relativi, meno punti rispetto al passato, mentre è stato incrementato il peso delle qualificazioni Atp.

    Ciò vuol dire che per i giocatori potrebbe essere più difficile entrare e restare nei 100 costruendo la loro classifica nei challenger e che si dovrà tentare la via, spesso più impervia, delle qualificazioni Atp.

    In ogni caso, la classifica diventerà più lunga: e il distacco in termini di punti fra i più forti e i giocatori di seconda fascia è destinato ad aumentare.

  8. madmax scrive:

    manlio tendenzialmente la penso come te poi esistono anche altri fattori… ad esempio se non sbaglio vico si allenava da piatti con lijubicic….

  9. anto scrive:

    @ Roberto hai fatto una disamina perfetta della cosidetta serie B. Perchè è di serie B che si tratta, in quanto è l’anticamera che porta al tennis che conta. Ci sono ancora purtroppo pochi tornei sugli hard court, e questo non ci permette di essere competitivi su una superficie prediletta dagli stranieri. e poi quando si decide di fare un torneo sul cemento, vedasi il ch di Cremona, si negano le wc agli italiani…..mah………

  10. vincenzo torzillo scrive:

    ciao volevo chiederti come mai l’altra sera tennis club non hai chiesto a braccio che tornei giocherà nella prima parte di stagione e se proverà a tornare ad essere un giocatore vero.grazie

  11. Roberto Commentucci scrive:

    Per vincenzo torzillo, che so grande tifoso di Daniele.

    Mah, io temo che Braccio come singolarista sia ormai al capolinea, e volevo cercare di capire se lui intende specializzarsi nel doppio, dove potrebbe avere ancora 3-4 anni di carriera a buon livello.

  12. Diego scrive:

    Roberto, non so te o gli altri, ma a me fa molto piacere che ci sia più differenza di punti tra tornei Atp e challenger. Vedere giocatori nei primi 80 come Junqueira, di fatto protagonisti esclusivamente nel circuito minore, davanti a buoni giocatori come Mahut che magari pagano una stagione un po’ sottotono, secondo me non è giusto. Con il vecchio sistema vincere i challenger maggiori assegnava più punti che un terzo turno a un torneo di uno slam e ciò francamente era assurdo.
    Tornando agli italiani, se Trevisan non sboccia, mi sembra di capire che i nostri colori saranno difesi ad alti livelli solo da Seppi e da Bolelli.

  13. gisva scrive:

    Ottima disamina Roberto!
    Anch’io, come altri, sottolineerei il problema della superficie.
    In Italia si giocano troppi torneo sulla terra e pochi su altre superfici.

    Il cuore del circuito si basa sui tornei sul duro. I nostri ci mettono troppo a capire di adattarsi a questa regola.

    Un altro aspetto è che gli stranieri vengono in Italia e diventano campioni; gli italiano non mantengono le promesse.
    Segno che le strutture, i coach i campi ci sono…. sarà la FIT che rovina gli azzurri????

    Anche se non è la FIT è comunque vero che il passo + importante per un talento tennistico è convincersi a viaggiare, essere in grado di ottenere buone prestazioni sportive girando il mondo. Tanti giovani azzurri sanno che giocando in Italia portranno avere una classifica peggiore, ma fra un’entrata e l’altra guadagnano quanto i top200 se non di più.
    Quindi perché devono fare attività internazionale?

  14. michele tellini scrive:

    caro roberto , nel ringraziarti per l invio di questa tua email nel contempo ti porgo i mie migliori auguri essendo oggi 31 dicembre di buona fine e buon inizio 2009. trovo il tuo articolo pertinente preciso e statisticamente valido. ed è proprio quello che manca al tennis italiano, ovvero avvalersi di cifre e processi scentifici nella gestione di una analisi dettagliata per quel che concerne lo sviluppo dei nostri atleti tennisti, parto dalla fine del tuo articolo notando si che i nostri atleti sono immaturi viziati per quel che riguarda in particolare gli under: ma sarebbe il caso di creare un educazione attraverso gli allenatori che svolgono questa attività da piu anni e dando soprattutoo importanza al lato umano. esempio personale: sono classe 1971 dal 2000 svolgo attività futures challenger masters series e grand slam costantemente,avendo lavorato con giocatori come gianluca pozzi, stefano pescosolido,h.levy, alberta brianti, valentina sulpizio, astrid besser,simona matei,riccardo ghedin, quest ultimo con un lavoro progressivo iniziato 8 anni fa che lo ha portato costantemente da una classifica italiana 3.3 a una classifica internazionale 249. ebbene in tutti questi anni non ho mai ricevuto auguri di natale di pasqua di compleanno e soprattutto il minimo interessamento a quello che è stato il mio lavoro. quando si tende ad ignorare il lavoro di tecnici che danno notevole contributo al sistema non si può certo sperare che da un albero di ciliege nasca il campione di tennis.nel caso specifico di riccardo ghedin evvero che parliamo do un giocatore anagraficamente non piu giovanissimo ma nello stesso tempo dobbiamo considerare che ha iniziato a giocare all età di 13 anni perche aveva in casa un campione che aveva fatto strada nel calcio .in piu va sempre considerta la struttura fisiologica dell individuo per avere un esatta dimensione del momento di crescita dello stesso individuo, nel suo caso ho puntato molto sulla serietà e la disciplina che erano caratterstiche innate e formate dal suo ambito familiare. ho preferito rispettare i tempi di crescita, insegnare lui di concetti tecnici per poi iniziare una attività internazionale quando il momento è risultato propizio. a sua ulteriore lode va detto che il ragazzo si è diplomato con ottimi voti presso una scuola superiore statale. sia io che lui siamo ampiamente soddisfatti del suo equilibrio tra classifica attuale e sviluppo tecnico fisico mentale attuale. cordialmente
    michele tellini

  15. Roberto Commentucci scrive:

    Un grazie di cuore a Michele Tellini, stimato coach italiano, e un grande in bocca al lupo a lui e al suo pupillo Riccardo Ghedin, un ragazzo serio, in grande crescita, che può ancora entrare nel grande giro.

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