La “grandeur” della Francia.
Un modello senza eguali

 
4 Novembre 2008 Articolo di Roberto Commentucci
Author mug

 Virtual Tour: day 3 of the master!    

L’esplosivo Tsonga, ma anche Simon, Gasquet, Monfils. E subito dietro, un esercito di altri talenti che spinge fortissimo. I nostri cugini d’oltralpe sono in un gran momento. Cerchiamo di capire cosa c’è dietro i successi senza fine di una delle migliori scuole tennistiche del mondo.

Che invidia. Al Palais Omnisport di Bercy, domenica scorsa, è finita con i 14.000 appassionati spettatori che cantavano a squarciagola la marsigliese, in un tripudio di bandiere tricolori, per omaggiare l’enfant du pais. Lo scultoreo Jo Wilfred Tsonga, il dioscuro, il nuovo Alì, l’eroe senza macchia e senza paura, che con il suo tennis potente, acrobatico e altamente spettacolare aveva abbattuto anche l’ultimo ostacolo, il temibile Nalbandian, aggiudicandosi l’ultimo Masters Series dell’anno (anzi, della storia, visto che dalla prossima stagione il circuito dei Super 9 cambierà nome). La Francia tennistica ha colto così l’ennesimo grande successo a 360 gradi: successo tecnico, organizzativo, mediatico.

E si, perché “Cassius” Jo è solo la punta di diamante di quello sterminato iceberg che è il movimento tennistico transalpino. Diamogli un’occhiata da vicino.

La forza del tennis francese. Una visione di insieme.

I numeri sono impressionanti. A livello di classifica Atp, La Francia esprime due top ten, 4 giocatori nei primi 25, 14 nei primi 100, 25 nei primi 200. Un vero e proprio esercito, l’equivalente tennistico della Grand Armeè di Napoleone.

Troviamo di tutto, fra loro: c’è Michael Llodra, il classico, aristocratico ufficiale della Guardia; te lo immagini con l’uniforme immacolata, i guanti bianchi, gesti perfetti e grande eleganza; c’è Paul Henry Mathieu, l’impetuoso, sanguigno dragone alla Murat, fiammate di eroismo e grande incostanza; c’è Gilles Simon, l’intelligente, certosino, razionale ufficiale di stato maggiore, che usa gli angoli del campo come i battaglioni su una carta topografica; c’è Arnaud Clement, disciplinato fantaccino, instancabile macinatore di chilometri, zaino in spalla; ci sono Julien Benneteau e Marc Gicquel, nerboruti artiglieri, l’obice sempre carico; c’è Gael Monfils, fantasioso e atletico zuavo; c’è ovviamente Richard Gasquet, fragile artista geniale e malinconico, spesso travolto dallo spleen dell’incompiutezza, ma sempre capace di infiammare le folle. E poi tanti altri, da “le magicièn” Santoro agli emergenti cadetti Chardy e Mannarino, appena usciti dall’accademia.

Fra le donne, è più o meno la stessa storia: nonostante l’appannamento della Mauresmo e gli acciacchi della Golovin, i transalpini hanno pur sempre 11 giocatrici fra le prime 100, e producono giovani talenti a getto continuo, come dimostra la splendida stagione di Alizé Cornet.

Sotto il profilo tecnico, non è difficile imparare a riconoscere, in tutta questa folla di atleti, alcune caratteristiche comuni, quelle che fanno parlare di “scuola francese”: per iniziare, tutti hanno una eccellente impostazione di base. E’ molto raro trovare un tennista transalpino con evidenti lacune tecniche nel suo gioco. Pur nelle ovvie differenze di qualità, tutti i giocatori conoscono bene i fondamentali, e l’impostazione tecnica che hanno ricevuto consente loro di potersela cavare su ogni superficie (chiaramente nella diversità delle caratteristiche individuali). Paradigmatica, in questo senso, è l’attenzione al fondamentale del servizio. E’ praticamente impossibile trovare un giocatore transalpino, anche ai livelli più bassi, anche in un torneo future, che non serva in modo tecnicamente impeccabile. Insomma, tutti i francesi, obiettivamente, “giocano bene”, i loro gesti rubano l’occhio,e possono essere presi come esempio da seguire.

Sul versante organizzativo, i numeri sono altrettanto impressionanti: oltre all’immortale Roland Garros, campionato del mondo su terra rossa, in Francia si organizzano, sul veloce indoor, un Masters Series e tre tornei validi per il circuito maggiore Atp (Marsiglia, Metz e Lione); nel calendario Wta, figurano l’importante torneo Premier Gaz de France (indoor) e il tradizionale evento di Strasburgo. A questi, ovviamente, vanno aggiunti una miriade di challenger, futures e ITF femminili.

Tutti questi eventi possono vantare una perfetta organizzazione, impianti più che adeguati, arbitraggi di ottimo livello, una promozione efficace, una buona copertura mediatica e un grande successo di pubblico. Producono quindi cospicui profitti, anche grazie alla generosità di sponsor tradizionalmente prodighi (come BNP Paribas e Gaz de France). I successi sportivi fanno poi da traino alle floride aziende del settore, tra le quali figurano, oltre a marchi di grande tradizione e prestigio (un nome per tutti, Lacoste) realtà solide come Le Coq Sportif e imprese innovative in tumultuosa crescita, come Babolat. Insomma, il tennis in Francia fornisce un contributo non trascurabile al prodotto nazionale.

Il ricchissimo e splendidamente organizzato sito internet della Federazione Francese presenta con orgoglio i dati relativi alla capacità di penetrazione del tennis nella realtà sociale e sportiva della nazione. Il tennis è  il primo sport individuale per numero di praticanti. Gli 8.515 club sparsi per il territorio, con un’offerta di circa 33.400 campi (!), ospitano un milione e centomila tesserati (dei quali la metà ha meno di diciotto anni), quasi 400.000 agonisti e quasi 300.000 classificati. Una base sterminata, nella quale per giunta hanno un peso preponderante i giovani e i giovanissimi.

E negli ultimi anni, alla capillare opera della Federazione si è affiancata l’iniziativa privata, in primis il team Lagardére, che sostiene professionisti e giovani emergenti.

Alle spalle, un movimento di appassionati immenso, fedelissimo, che assicura audience televisive di tutto rispetto e sostegno caloroso a bordo campo. Basta vedere quel che succede sui campi secondari del Roland Garros nei primi giorni del torneo. E’ sufficiente che sia impegnato un giocatore di casa, anche un carneade, o magari un giovane promettente, che battaglia con qualche altro tennista semisconosciuto, ed ecco che dietro di lui, a sostenerlo, monolitica, compatta, finché dura il match, c’è tutta la Francia. E  vengono fuori exploit eccezionali, come quello compiuto quest’anno da Jeremy Chardy, un giovanotto dell’87, fino allo scorso giugno un quasi sconosciuto, che è stato capace di arrivare negli ottavi di finale, superando per strada gente come Nalbandian e Tursunov, sospinto dall’entusiasmo della folla. A volte per la verità si esagera, e monsieur De Chauvin trova ancora troppi seguaci. Ma assistere ad un match di un giocatore di casa, a Parigi, è comunque un’esperienza coinvolgente, straordinaria, che suscita ammirazione. Come si è arrivati a tutto questo?

Le ragioni di un successo. La qualità della dirigenza.

La federazione francese, pur nel solco della tradizione dilettantistica, che affonda le sue radici ai tempi degli immortali “Mosquetaires” del primo dopoguerra (Cochet, Borotra, Brugnon, Lacoste), ha saputo adeguarsi e rispondere con prontezza - una prontezza inusitata per una organizzazione di matrice pubblicistica - alle grandi trasformazioni che hanno attraversato il nostro sport: l’inizio dell’era Open, la rivoluzione tecnologica e dei materiali, i grandi mutamenti della tecnica dei colpi, della preparazione fisica, delle strategie e delle tattiche di gioco.

Il principale artefice di questo felicissimo processo di adattamento ha probabilmente un nome e un cognome: quello di Philippe Chatrier, presidente della FFT per 20 anni, dal 1973 al 1993, i cruciali anni del grande cambiamento. La sua opera, alla guida del tennis transalpino, è stata caratterizzata da una lucidissima visione strategica, da cui discendevano poche, ma efficacissime direttrici fondamentali:

l’affermazione definitiva del torneo del Roland Garros come campionato del mondo sulla terra rossa, (una posizione che oggi ci pare nella natura delle cose, ma che non lo era affatto all’inizio dell’era Open) nonché come principale centro di profitto e fonte di finanziamento della federazione;

il coinvolgimento di grandi sponsor nazionali, disposti a legare il proprio brand a quello del torneo in un’ottica di promozione del sistema paese (una formula che in Francia funziona particolarmente bene): tra gli altri Lacoste, BNP Paribas, Peugeot. Si è così potuto avviare e sostenere un programma pluriennale di investimenti, fino a portare l’impianto del Bois de Boulogne ad un livello di eccellenza assoluta;

la cooptazione degli ex giocatori professionisti, ritenuti i massimi depositari di know–how aggiornato, all’interno del sistema federale, dove sono lasciati liberi di scegliere la direttrice di carriera più congeniale. E così sono stati via via reclutati preparatissimi direttori di tornei, responsabili di centri tecnici, capi della formazione dei maestri di base, redattori di aggiornatissimi manuali tecnici, coach degli agonisti di punta e delle giovani promesse. Competenti, motivati, capaci, in grado di fare gruppo fra loro, sempre all’avanguardia.

la capillare copertura del territorio, per assicurare ai giovani promettenti la possibilità di svolgere attività agonistica ad alto livello senza essere costretti ad emigrare. Grazie ai proventi dello Slam parigino, è stato possibile costruire una rete davvero efficiente. La Federazione dispone, oltre che del Centro Tecnico Nazionale (ospitato presso il Roland Garros), di ben 10 grossi Centri Tecnici periferici, in ciascuno dei quali vengono concentrati i ragazzi più promettenti del distretto;

la cura maniacale per la preparazione e la qualità dei maestri e degli istruttori di base, selezionati con cura, formati con criteri moderni, aggiornati con costanza, continuamente pungolati, e soprattutto spinti a sentirsi parte integrante e fondamentale di un’organizzazione di successo, grazie ai continui incontri e scambi di esperienze con gli esperti e gli ex professionisti del settore tecnico nazionale.

una grande opera di promozione, soprattutto fra i giovani: dal celeberrimo “giorno dei bambini” in cui il Roland Garros viene invaso dai vocianti studenti delle scuole di Parigi, allo stretto sodalizio con l’azienda televisiva pubblica che per anni, mentre arrivava l’era delle pay tv, ha continuato a trasmettere ore e ore di tennis in chiaro, fino ad arrivare alla continua opera di propaganda svolta a livello periferico dai clubs e dalle associazioni di base. Ancora in questo momento, lo slogan che campeggia in bella vista sul sito della FFT recita: “Le tennis: un sport reservé a tous!

Conclusioni

Come si vede, è possibile rintracciare alcune notevoli similitudini fra le “ricette” del tennis francese e le principali riforme avviate nel nostro paese dalla gestione federale di Angelo Binaghi (il rilancio degli Internazionali d’Italia, le riforme del settore tecnico, del sistema di classifica, della formazione e dell’aggiornamento dei maestri, la rifondazione di Tirrenia, il lancio del canale televisivo Super Tennis).

E in effetti, qualche cosa comincia timidamente a muoversi anche da noi. Purtroppo, scontiamo alcuni enormi fardelli: i 30 anni di ritardo (loro hanno iniziato a modernizzarsi agli inizi degli anni ’70, noi nei primi anni 2000); la grande litigiosità del nostro ambiente tennistico, che ostacola la collaborazione fra ex atleti (che già sono pochi) e Federazione.

Ma forse, più di ogni altra cosa, a fare la differenza fra noi e i transalpini sono le debolezze del nostro sistema paese: tutto ciò che è di natura pubblica, per qualche misteriosa ragione, non si sa se sociologica, economica, organizzativa, culturale, etica, in Francia funziona molto meglio che da noi.

Eppure, nonostante i grandissimi, indiscutibili meriti del loro sistema, secondo molti osservatori i francesi non raccolgono in modo proporzionale a quanto seminano. E il loro ultimo slam, in campo maschile, lo hanno vinto nel lontano 1983, con Yannick Noah re di Parigi.

Che sport difficile, il tennis.

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52 Commenti a “La “grandeur” della Francia.
Un modello senza eguali”

  1. anto scrive:

    Le ragioni di un successo. La qualità della dirigenza. Hai perfettamente ragione caro Roberto………….è questo il vero segreto del loro successo…….noi italiani purtroppo siamo lontani anni luce……non credi Roberto che se passassimo da una dirigenza dilettantistica ad una dirigenza professionistica, forse avremmo risultati migliori? Le persone per produrre risultati devono essere pagate anche lautamente……se invece un dirigente dilettante si deve fare il mazzo e poi ciao ciao tanti cari saluti difficilmente si ottengono risultati.

  2. Andrea scrive:

    Eh.. dopo aver letto la descrzione del sistema, viene in mente anche a me che forse non raccolgono meno di quanto dovrebbero.. Ma forse avere il fuoriclasse assoluto è anche una questione di fortuna. Che, con le giuste premesse, prima o poi a loro arriverà. Da noi il potenziale fuoriclasse forse sarà dirottato verso un altro sport , più facile da praticare.
    Quando il piccolo Federer a 12 anni indeciso tra calcio e tennis scelse quest’ultimo, era già tra i migliori della sua età, e aveva giustamente già il completo appoggio della federazione. La sua fu una scelta libera da problematiche economiche-pratiche. Nessuno mi toglie dalla testa che da noi avrebbe scelto il calcio.
    Da un punto di vista strettamente tecnico mi pare fondamentale l’osservazione del servizio. Facciamo un paragone con i nostri e avremo già parecchie risposte.

  3. pedrinho&luvanor scrive:

    Il progetto PIA e’ del 2000.
    E’ gia’ costato 30 miliardi.
    Seguendo il ragionamento di Roberto i risultati si vedranno nel 2021.
    Spesa presunta : 120 miliardi di vecchie lire.
    Se poi Infantino fa il miracolo ………..

  4. marcos scrive:

    sempre un gran piacere leggerti, roberto!

    senza voler dare giudizi, i nostri governi hanno utilizzato il settore pubblico come enorme ammortizzatore sociale. la gran moda di oggi è quella di prendersela col pubblico, a prescindere: si mettono tornelli anche ai bagni pubblici. verrà il giorno, in cui qualcuno cercherà di razionalizzare puntualmente, invece che sforbiciare a destra e a manca, orizzontalmente, recidendo anche i nostri migliori fiori. considerate le nefandezze (recentemente venute a galla) di cui son capaci i privati, sarei molto più cauto a giudicare le incongruenze del pubblico.

    c’è pubblico e pubblico. c’è privato e privato. negli ultimi tempi, i migliori risultati nel tennis italiano sono stati ottenuti dai privati. in attesa che anche il pubblico possa vantare qualche buon risultato, i privati meritevoli siano aiutati, o meglio, siano aiutati i ragazzi validi, che non possono accedere al privato per questioni economiche.

    la tradizione inglese e quella francese superano di gran lunga quella italiana: non per niente, i due slam europei si giocano a londra ed a parigi. dove ci sono gli slam, ci sono i danari, che bisogna saper gestire bene.

    io penso che la federazione italiana non potrà eguagliare la struttura di quella francese: è bene analizzarne il modello, per carpirne i meccanismi virtuosi, ma s’ha da inventare un progetto diverso. senza un settimanale controllo (aiuto) su ciò che succede nelle classi agonistiche dei circoli e nelle nostre accademie private, nessun progetto efficace può esser disegnato dalla federazione. i maestri federali itineranti, a mio parere, sono l’unico modo per sommare le virtù del privato a quelle del pubblico. finchè prevarranno le incomprensioni tra i due settori, non ottimizzando le potenzialità convergenti, ogni sforzo federale sarà, ahimè, infruttuoso.

    purtroppo, si prende spesso atto che le incomprensioni sono dovute a questioni di carattere personale: difficile uscirne, senza cambiare carattere o senza cambiare persone.

  5. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Sociologica, organizzativa, economica, culturale e naturalmente etica.
    Per TUTTE queste ragioni ciò che è pubblico funziona meglio in Francia che da noi.
    E fa bene Commentucci a limitarsi al maschile, nella sua analisi.
    Perchè, nonostante le nostre ragazze vadano molto meglio, ricordiamo che c’è stato un doppio slam Mauresmo (la Pierce non è francese), qualche anno fa.
    Sempre un po’ meglio, loro. Sempre un gradino sopra.
    Tornando al maschile, questi qui, con Tsonga, Simon, Gasquet, Monfils e compagnia, possono diventare nazione guida.
    E parlando di nazione guida, mi rimbalza in testa, per associazione di idee, l’immagine della guida per ciechi. Loro la guida. Noi i ciechi.
    Applicata al tennis europeo, l’immagine è perfetta.

  6. Nikolik scrive:

    Roberto ha ragione quando guarda alle reali origini del fenomeno francese, vale a dire alla spaventosa mole di iscritti e praticanti (oltre un milione!).
    La differenza sta tutta lì, inutile guardare altre ragioni, che sono assolutamente fuorvianti.
    E’ logico che se hai un milione di praticanti, poi tutto il resto viene di conseguenza: gli sponsor, i maestri aggiornati, i circoli efficienti, i tornei numerosi, le accademie. Se c’è una domanda così alta, è chiaro che cresce anche l’offerta, e cresce anche qualitativamente.
    Insomma, se hai un milione (dico: un milione) di praticanti, è logico che è festa per tutti, assolutamente inutile, ed irrilevante, cercare altre cause.
    I dirigenti francesi sono migliori dei nostri: può darsi, ma è logico che sia così. C’è una logica al mondo. Se dirigi una federazione che ha un milione di iscritti, mi aspetto che tu sia più bravo di me che ne dirigo una che ne ha centomila soltanto.
    Non confondiamo, quindi, le cause con gli effetti.

    La causa è che il tennis è radicalmente inserito nella società civile, e non solo sportiva, francese. fa parte della società. Da lì, discende ogni effetto positivo.

    Quindi, come ho sempre sostenuto, ocorpre fare in modo che il tennis entri maggiormente nella società italiana.
    In questo deve essere stimolata e criticata la nostra federazione.
    Cominciate a farlo.
    Inutile criticarla perché la nostra federazione non crea abbastanza top 100.
    Quello è solo un effetto, non critichiamola per l’effetto. Critichiamola per la causa.
    Se i francesi avessero solo 100.000 iscritti, avrebbero i nostri stessi risultati, anche con dirigenti migliori.
    Ma non li avrebbero migliori: li avrebbero come i nostri. Perché per dirigere un movimento sportivo che occupa livelli irrisori nella società civile e sportiva nazionale, andrebbero bene anche altri.
    I migliori, com’è noto, si impegnano nella cose migliori, non nelle cose peggiori.

  7. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Ah, e il confronto tra “tradizione” e “scuola tecnica”, ovviamente, non si pone neppure.
    Le riflessioni dell’ottimo Commentucci sul servizio (che forse i nostri non lo sanno, ma è uno dei tre o quattro colpi fondamentali del tennis) sono emblematiche.
    Quanto alla tradizione, noi non ce l’abbiamo proprio.
    Tre slam nel maschile, di cui solo uno nel maschile open, 32 anni fa. Zero nel femminile.
    La Francia può danzare sui nostri resti, tennisticamente parlando.

  8. pibla scrive:

    Stampare, rilegare in molteplici copie questo articolo e distribuirlo ai nostri dirigenti, affinché serva loro da ispirazione, poi è chiaro che da noi non tutto potrà essere identico al modello francese, ma almeno averlo presente compe ispirazione di base già non è poco.
    Chi ha le capacità e le conoscenze giuste svolga quest’opera meritoria, renda noto a chi di dovere questo articolo, bello e potenzialmente molto utile!!

    Detto questo, se i francesi non avevano le loro colonie non vincevano nemmeno lo Slam ricordato da Roberto ed ora non avrebbero né Tsonga, né Monfils…etc…etc. per non parlare del calcio, in cui non avrebbero vinto praticamente nulla.
    Questo per dire che inglesi e francesi, come popolo in sé, non è che siano così portati per il tennis è per questo che poi non raccolgono in proporzione a quanto seminano; ma tutto quello che poi raccolgono va a maggior merito della loro organizzazione, artefice dei loro migliori risultati.

  9. francesco scrive:

    Ciao Roberto, qualche tempo fa venne scritto un articolo dove ci si chiedeva perche’ il tennis argentino fosse avanti rispetto a quello nostrano. Lasciai un commento dicendo che sarebbe stato piu’ interessante un paragone con quello francese non capendo perche’, i nostri dirigenti non ne copiassero il modello . Ti ringrazio per l’ articolo che trovo esauriente e guardo fiducioso al futuro_ 2020 _sperando che, nel frattempo, esca un talento puro che faccia da traino ad uno sport che in Italia, senza un numero uno (non per forza di classifica), fara’ fatica a decollare o a tornare popolare come nei primi anni ‘80.
    Se non fosse gia’ stato scritto, sarebbe interessante anche un’ analisi del lavoro che viene fatto in Spagna che, nonostante l’ attuale aspra polemica tra i giocatori e il Presidente della Federazione (ogni mondo e’ Paese), e’ una Nazione che tennisticamente ha raggiunto risultati eccezionali
    Grazie per l’ attenzione,
    Francesco

  10. Roberto Commentucci scrive:

    Nikolik, non sono del tutto d’accordo con te. Non confondiamo le cause e gli effetti, dici tu. Bene, allora guardiamo le cose con una prospettiva storica.

    Oggi, nel 2008, le distanze fra Italia e Francia per numero di tesserati sono effettivamente molto elevate (erano peraltro ancora maggiori 4-5 anni fa). Ma alla metà degli anni ‘70, e ancor all’inizio degli anni ‘80, le distanze non erano così siderali (anche se i francesi ci sono sempre stati avanti).
    All’inizio degli anni ‘80 però, sull’onda lunga della generazione Panatta, il tennis era diventato molto popolare anche in Italia, la domanda era esplosa anche da noi. A quel tempo, poi, la Federazione aveva buone disponibilità economiche (grazie al totocalcio) ed esistevano anche in Italia molte aziende che offrivano sponsorizzazioni per i tempi generose (anzi, forse di aziende ne avevamo di più dei francesi: Lotto, Diadora, Fila, Tacchini, Ellesse, Australian, Alto, Wip, Maxima, Superga eccetera). Inoltre, anche in Italia avevamo parecchi tornei Atp: Firenze, Bari, San Marino, Genova, Palermo, eccetera.
    Sappiamo bene come sono poi andate le cose: da noi il boom si è presto sgonfiato, attesa l’incapacità del nostro settore tecnico, colpevolmente lasciato nell’arretratezza, mentre la tecnica veniva rivoluzionata, di produrre giocatori capaci di sollevare interesse mediatico.
    Particolarmente criminale, poi, è stata la politica di “targhe facili” elargite ai tanti praticoni che si improvvisarono maestri per cavalcare il boom della domanda di addestramento tennistico: ci siamo ritrovati con una generazione di maestri incapaci, sebbene muniti di targa FIT, che ancora, da qualche parte fanno danni.
    Da loro, invece, una storia tutta diversa, come abbiamo visto.
    Insomma, emerge impietoso il paragone fra la qualità della nostra dirigenza in quegli anni e quanto sono stati in grado di fare i francesi, che hanno avuto la fortuna di avere in Chatrier uno dei più grandi dirigenti sportivi di tutti i tempi.
    Noi, invece, abbiamo avuto Paolo Galgani.
    Quindi, dici bene, Nikolik: non confondiamo le cause con gli effetti. Ma non confondiamo i meriti e le colpe.

  11. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    @ Nikolik
    E’ anche logico che hai un milione di praticanti perchè forse andare a giocare a tennis in Italia costa uno sproposito, per non parlare di maestri e lezioni?
    Arieccoci li’. Critico la Federazione per questo.
    I figli di ingegneri, avvocati, medici o imprenditori, una volta vinto tutto a livello giovanile, possono anche non aver proprio troppa voglia di emergere.
    E sono gli unici che possiamo produrre.
    A parte le tradizioni, è a livello sociale che il nostro tennis non può decollare.
    Chiamale, se vuoi, federazioni, direbbe Battisti.

  12. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Ci manca un milione di milionari……

  13. wik scrive:

    @Nikolik
    Ma non dovrebbe proprio essere la federazione a promuovere il tennis ?
    E’ questo il suo compito istituzionale.
    La differenza di iscritti forse, e dico forse è parte di un indole Italiana, ma non pensi che siano stati clamorosi errori del passato a provocare questo calo ?
    Il boom del tennis c’è stato anche in Italia anni orsono, il numero di praticanti era pari al francese, lasciamo perdere il numero di iscritti che è un dato relativo in questo caso, anzi potrebbe essere proprio indicativo se lo si guarda dal lato percentuale iscritti/praticanti.
    Purtroppo le scelte sono due, promuovere il tennis o mantenere il potere e i suoi vantaggi, in Francia lo si è promosso, da noi ?
    Secoli orsono ero una valida promessa, in Italia bussai a mille porte senza ottenere risposta, la ottenni in Francia dove malgrado fossi Italiano mi è stata offerta la mano sperata. Purtroppo allora problemi familiari mi impedirono una collaborazione più intensa e produttiva, ero ragazzino e mia madre vedova avrebbe dovuto trasferirsi con me, di sicuro io non sarei diventato un campione alla Tomba capace di trascinare una nazione, ma come successe a me successe a molti, e allora probabilmente quel campione ci sarebbe, e al seguito ci sarebbe una scuola e così via……
    E allora non staremmo qui a commentare questo articolo, gli errori vengono da lontano.

  14. Gudpis scrive:

    Una breve considerazione: concordo sui contenuti, ma comincio ad annoiarmi con questo richiamo costante e continuo a Galgani. Da quanti anni se ne andato? Per quanti anni abbiamo pagato le conseguenze? Tanti daccordo…
    Concordo pienamente con tutte le critiche a quella gestione, ma dopo aver sentito continuamente e da + parti, questa giustificazione al perchè dei nostri mali, comincio a pensare che stia diventando una scusante.
    E’ passato molto tempo, guardiamoci in casa e facciamo il possibile per risalire la china, cominciando a far funzionare gli organi periferici (che in qualche caso sono ancora quelli di Galgani!).
    Vedo molto dinamismo, sfruttiamolo.
    Un’ultima annotazione: le statistiche sui praticanti sono in molti casi sballate. L’incremento c’è stato, ma le percentuali sono viziate dall’obbligo che la FIT ha imposto ai circoli di tesserare tutti i soci. Inoltre anche qui c’è una grossa elusione da parte di molti circoli, per cui i praticati sono di più. La statistica da verificare a mio avviso sarebbe quella sull’anagrafe dei praticanti e qui mi sa che ci avvicianiamo alle statistiche degli iscritti all’INPS! (purtroppo!).
    Ciaoooo

  15. Nikolik scrive:

    No, però, Roberto, dai, corriamo un grave rischio, secondo me, se finiamo a parlare di Galgani.
    Premetto: hai assolutamente ragione tu, altrimenti non sarei onesto.
    Però, sai quale è il rischio? Dare tutta la colpa a Galgani.

    Se accade questo, cioè se dai tutta la colpa ad un presidente federale, entri in una spirale che è irreale e cioè: se prendiamo un bravo presidente federale, e lo mettiamo a capo della federazione, risolviamo il problema.
    Grave errore, Roberto, e tu lo sai: il problema non si risolve mettendo Chatrier in Italia.
    Si risolve facendo entrare il tennis nella nostra società.
    Giocare a tennis deve diventare, cioè, un’ovvietà, una cosa normale; pur senza essere appassionato, il genitore deve pensare spontaneamente che esiste l’opzione tennis, per far fare sport al figliolo.

    Hai ragione a parlare degli anni settanta ed ottanta, è stata un’occasione persa, Roberto.
    Però, pensa anche, con me, a questo interrogativo.
    Il fenomeno tennis italiano di quegli anni, era un fenomeno reale o era falso, in massima parte, Roberto?
    Era falso, Roberto, in massima parte era falso, falso come i quattrini di cuoio, come si dice dalle mie parti.
    Roberto, ricorda bene quegli anni, che, poi, sono i nostri anni, no?
    Pensa a Nikolik di quegli anni, Roberto. Essenzialmente, del tennis non gliene fregava nulla, il piccolo Nikolik voleva semplicemente diventare come Panatta: voleva diventare bello come lui, ricco come lui, di successo come lui, voleva avere le donne che aveva lui.

    Roberto, il fenomeno sociale di quegli anni era Panatta, non era il tennis.

    Tu dirai: è vero, infatti abbiamo perso l’occasione, si poteva lavorare meglio.
    Ma non mi fare il paragone con la Francia, Roberto; prima di Chatrier, il tennis era già un fenomeno della società francese: ricorda i moschettieri, ricorda la Lenglen.
    Chatrier è stato bravo, ma il tennis era “dentro” la Francia.

    Come si fa allora?
    Dai, Roberto, che lo sai: basta vuote polemiche sulla federazione, perché non crea tanti top 100. E, in questa situazione, come potrebbe? A tennis non gioca nessuno. Se il tennis va in televisione, prende l’1% di share, come su Italia 1 per il Foro Italico!
    Si fa così: occorre un progetto serio, di ampia durata e di ampio respiro, per far crescere il tennis.

    Ahi, Roberto, in Italia non abbiamo dirigenti?
    Allora dimmi, amico mio: dimmi, chi è il Presidente della Federazione Mondiale di tennis, da 10 anni? Dimmi, amico mio, dimmi: chi è, addirittura, membro del CIO? Roberto, componente del CIO. Tu sai che posto di rilevo è. Tu sai quale è l’influenza, il potere, di una persona che è membro del CIO.
    E, secondo te, tutti gli altri dirigenti degli altri paesi, ti lasciano ricoprire ruoli così importanti così, senza motivo? Così, senza che tu abbia qualità?
    E’ ovvio che sei un fantastico dirigente, se ricopri quei ruoli, che nessuno ti regala, ma che ti conquisti solo con le capacità.

    Eppure, il nostro tennis è questo.
    Prova evidente che i dirigenti, bravi o no, c’entrano poco.

    Datti da fare, Roberto, tu che sei un opinion-maker!
    Datti da fare per inserire il tennis nella nostra realtà quotidiana.
    Insomma, Roberto, metti a frutto il tuo potere di opinion-maker!

  16. tilden scrive:

    LAsciatemi aggiungere che in Francia, la realtà dei tornei chiamamoli non professionisti é anni luce avanti a quella italiana. Un ragazzino di 10/12/14/ anni puo’ praticamente giocare un torneo alla settimana, accumulare punti ed esperienza ed é in queste competizioni che vengono notati e selezionati i migliori giocatori. Al mio club abbiamo il n° 2 del dipartimento 92 che come alrei 2 ragazzi gode di una facilità scolastica detta “temps amenagé” che permette loro di allenarsi 3 volte la settimana, con un prof. di tennis senza sacrificare le ore scolastiche. Potrei continuare con altri esempi, la pubblicazione del calendario di tutti i tornei sul sito della FFT, il progetto degli ottomila nuovi campi in tutta la Francia, che ha contribuito alla crescita del numero dei praticanti, anche il milione di tesserati non deve ingannare, perché in Francia chi si inscrive ad un circolo ha automaticamente la tessera FFT, mentre per giocare da agonista deve presentarsi ai tornei con un certificato medico che ne attesti l’idoneità. Comunque i classificati sono più di trecentomila…

    Concludendo credo pero’ che in Italia da questo punto di vista dovremmo metterci il cuore in pace quanti titoli dello Slam hanno vinto gli italiani 3, quanti i francesi 36. In compenso quante Coppe dei Campioni ha vinto la Francia : 1, quante l’Italia : 11.

  17. GreatD scrive:

    Dalle mie parti ci sono solo due opportunità di praticare.
    Uno è sfigato, costoso e lasciato a se stesso in nome del più remunerativo calcetto.
    Poi c’è il circolo tennis, costoso anch’esso e fucina storica di spocchiosi snob d’elite che fanno combriccola e ridacchiano quando un estraneo al club privè gioca nei campi delle loro gesta eroiche.
    Ti viene voglia di lasciare tutto, giocateci voi a tennis! e molti infatti lasciano veramente, forse il tennis dovrebbe “sdogarasi” in italia da questa sua aurea di sport d’elite per tiare fuori dal mucchio il campione, magari quello squattrinato che viene dal quartiere povero. Ma lo squattrinato gioca a calcio, si sente a casa, apprezzato, può praticare e non sentirsi un estraneo.

  18. Matteo_Rinaldi scrive:

    Se entrate nel sito internet della FFT trovate scritto “Le tennis, un sport réservé a TOUS!”

    Ho detto tutto…

  19. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    @ Matteo Rinaldi
    Esattamente.
    E come facciamo ad arrivare a un milione di praticanti, in Italia?
    Eppure, a livello demografico, non è che siamo sottopopolati…….
    Lasciamo stare, va, che è meglio…..

  20. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    E a proposito, grazie a un Nadal sfortunato e un po’ piagnone, due francesi alla Masters Cup.
    Voilà.

  21. Voortrekker Boer scrive:

    Bell’articolo Roberto, ma siamo sempre al concorso di colpe : Federazione 50%, Media 20%, società italiana 30%

  22. François scrive:

    In quanto francese, sono sorpreso di legere commenti cosi elogiativi sul nostro sistema. Da noi, i commenti sono più misurati, quasi alarmisti. Come lo sottolineano Roberto ed Andrea, è vero che la Federazione investe tanto, è vero che abbiamo tanti giocatori nel top 100, pero quando si guarda ai titoli il risultato è molto deludente : l’ultimo Gran Slam risale a 25 anni fa (se si paragona con la Spagna nello stesso periodo…), la presenza maschile nel top 10 è quasi inesistente e dopo un decennio felice in Coppa Davis, Guy Forget ha tanta difficoltà nel creare una nuova squadra efficace.

  23. wik scrive:

    @Francois
    Il campionissimo è anche mera fortuna, le fondamenta sono il movimento i cui dati sono solidissimi, poi non ti capita il Federer tutti i giorni.
    Ma se in Francia c’è lo sapranno tirar fuori, l’importante è quello.

  24. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Francois, ti ringraziamo tanto, ma noi alla Masters Cup non abbiamo vinto un solo incontro; abbiamo partecipato due volte in tutto.
    Con la Masters Cup di quest’anno, la Francia eguaglia l’Italia (in Masters Cup) di tutti i tempi, solo per il fatto che parteciperanno due giocatori.
    Se poi Simon o Tsonga vincono anche un solo incontro, supereranno la nostra storia in Masters Cup di sempre.
    Non è proprio la stessa cosa. In Francia è assenza di risultati fantastici di uno sport culturalmente popolare e socialmente accessibile.
    In Italia è assenza totale di risultati in uno sport volutamente mantenuto come elitario, culturalmente non popolare e socialmente molto poco accessibile.
    E adesso basta, sennò mi intristisco.

  25. robyvarg scrive:

    sabato e domenica ero al palais omnisport di bercy e ho provato una grande invidia per i cugini francesi! tra l’altro, oltre alla vittoria di Tsonga, c’è da sottolineare anche l’ottima organizzazione dell’evento! comunque, nonostante gli ottimi risultati ottenuti, quando è stato annunciato il presidente della federazione Christian Bimes per la premiazione, buona parte del pubblico lo ha fischiato! se i francesi fischiano i loro dirigenti, noi cosa dovremmo fare???

  26. Riccardo scrive:

    secondo me non c’è nulla di misterioso o complesso nell’inferiorità del tennis italiano.
    Semplicemente i nostri giocatori sono indecenti al serivizio.
    Se uno qualunque tra Seppi, Volandri, Bolelli o Starace sapesse (o avesse saputo, nel caso di Volandri) servire come serve ad esempio Soderling, o Tsonga, avremmo tranquillamente anche noi il nostro top-ten.

  27. flexible scrive:

    piccola storia:
    mi trasferisco a messina e dopo tante ore carbonare in streamning trovo adepti, ci diciamo dai facciamo la rivoluzione e scendiamo in campo (di tennis).
    Da bravi soldatini ci scarichiamo tutti i numeri telefonici dei campi di tennis.
    risultato:
    nei circoli (quelli in città) ci rispondono che non possiamo giocare perchè non siamo soci, ok, diciamo, e per diventare soci?
    “dovete essere presentati da un altro socio e solo allora pagare circa 900 euro a fondo perduto, più mensilità che di dano però diritto a ore,
    questo è il circolo “serio”, negli altri cambiava la dimensione della quota associativa ma l’essenza era la stessa, insomma è quasi più facile entrare nella P2, o per lo meno diciamo che il meccanismo è curiosamente lo stesso,
    andiamo allora al pubblico,
    nessun telefono di campi pubblici risponde, devi andarci di persona, prenotare in loco, eccetera, i campi invece disponibili sono tutti fuori città e praticamente devi investire una mezza giornata per giocare un ora.
    come dire chiaro che se ti impegni ce la fai ma devi davvero essere motivato e con risorse (Macchina), come dire non solo il tennis non è incentivato ma è una specie di corsa agli ostacoli un po’ grottesca. Di chi è la colpa non lo so nel senso che non riesco a dare un nome e un cognome però la sensazione è che la struttura del tennis sia un pallido residuo elitario, appoggiato su una solida struttura medioevale.
    Ci può giocare (con prospettiva) solo chi è, in un certo senso già “dentro”. Forse si può paradossalmente trarre un insegnamento vicino alla realtà:
    ci sono tre livelli nel tennis,
    uno è quello che si gioca nei tanti circoli sparsi per la penisola e rimane fondamentalmente un divertissement per borghesi che giocano a sentirsi nobilotti,
    il secondo è composto da un plotone variopinto di appassionati che giocano vicino ad autostrade, grandi magazzini, ex dopolavori ferroviari, ecc
    e poi c’è il terzo, quello della fantascienza,
    il tennis irragiungibile, quello dei vari Nadal, federer, Mc, Borg ecc
    la mia sensazione è che i tre livelli siano divisi da vetri (o schermi) e in italia non c’è nessuna porosità tra i tre “stadi” o classi sociali come avrebbero detto un tempo, solo che paradosso del paradosso, in italia, quì il livello “Nobile” coincide col quello “pubblico”. E’ forse lì il problema? insomma nessuna rivoluzione è possibile.

  28. marco scrive:

    Roberto, la tua penna è vera diga contro la sciatteria ovunque imperante. Il tuo talento è cristallino e sa ben riflettere tutte le luci dell’autentica passione e dell’eccellente disamina tecnica.
    Fattelo dire: sei bravo!

    ps: trovo sul web che sei laureato in Economia e Commercio all’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi in materia di mercati finanziari e che hai collaborato come ricercatore con diverse istituzioni finanziarie.
    Sono troppo indiscreto se ti chiedo se sei ancora interessato da questi ‘campi’ diversi da quelli del tennis?

  29. Roberto Commentucci scrive:

    Caro Marco, ti rispondo, per quanto posso.
    Mi occupo di economia e lavoro per una istituzione finanziaria. Quel che faccio qui, grazie alla fiducia di Ubaldo, è per me un piacevole hobby, senza alcun fine di lucro o di altro, ed è un modo per coltivare e condividere la mia passione per il tennis.
    Grazie per i complimenti.

  30. Avec Double Cordage scrive:

    come al solito magistrale pezzo di Roberto, visto l’enorme vantaggio di partenza che ha la Francia rispetto a noi (ma lo ha anche la Gran Bretagna, eppure… forse un raffronto dei due sistemi UK e Francia potrebbe essere utile a noi per visualizzare meglio al pubblico quali sono i nostri errori, roberto ci pensi tu ;) … ) piuttosto che misurarci con la Francia dovremmo analizzare dove sta il segreto Spagnolo, che pur avendo una federazione non al livello di quella Francese o Statunitense ci ha partendo da simili basi sverniciato, usando un termine motociclistico.

    Probabilmente la causa principale di questo è l’arretratezza imprenditoriale-turistica del nostro sud, dovuta principalmente all’infiltrazione strutturale della società e dell’economia (in buona parte sicuramente causata anche dal nord, tramite il mancato sostegno e l’accentramento industriale), aggiungiamoci i prezzi più bassi che poteva garantire la Spagna dopo la fine del Franchismo ed è chiaro come tutti i soldi del tennis-boom Tedesco dell’era Becker siano andati a finire a Marbella, Maiorca, Barcellona etc. e nessun imprenditore tedesco abbia seriamente pensato di provare ad investire in Sicilia, Puglia o Calabria capaci di offrire simili condizioni climatiche ma con un infrastruttura di aeroporti e strade nettamente inferiore.

    Trovo che i commenti di wik aggiungano veramente moltissimo valore al blog, perché evidentemente è un persona che è passata attraverso tutti i vari stadi e non si è fermata ad uno o due di essi, permette quindi di analizzare i problemi da più punti di vista sintetizzati in unica risposta, lo ringrazio quindi per il tempo che impiega nel leggersi i vari commenti

    L’analisi di Nikolik è sicuramente giusta d’altronde è ormai da più di un anno che andiamo a ripetere quel che ha scritto, manca però la chiave che pure sappiamo tutti sotto quale vaso e nascosta. Flexible con i tre strati, ha visualizzato benissimo il concetto, oltre allo strato elitario (da noi principalmente nei circoli), lo strato “pubblico” nei campi pubblici (praticamente inesistenti) sostituiti da campi vicino ad autostrade, grandi magazzini, ex dopolavori ferroviari, e lo strato degli irragiungibli ATP ci metterei però anche lo strato degli agonisti, quelli di G&F (che necessiterebbe principalmente delle due cose sempre ripetute da Stefano, specificatamente campi gratuiti per gli under 14 quando non occupati e della introduzione di tornei nel fine settimana e non infrasettimanali) e quelli dei tornei di provincia sotto i futures

    troppo spesso si pensa di poter arrivare a risultati migliori lavorando esclusivamente su questo quarto strato degli aspiranti agonisti ma invece è sullo strato pubblico del “plotone” di appassionati che bisogna lavorare, quello che da noi è cosi bastonato e ostacolato, perché è esso che partorisce tutti gli altri tre strati stando alla base della piramide

    idealmente la strato del plotone pubblico dovrebbe essere affiancato dal serbatoio dei circoli, e non sovrastato e schiacciato da esso, entrambi e due dovrebbero poi essere direttamte connesi con lo strato degli aspiranti agonisti tramite accademies di varie dimensioni e forme oragnizzative, la realtà predominante da noi invece al momento attuale è quella di aver accentrato tutto nei circoli, tutto al di fuori degli irragiungibli del ATP che infatti sono irragiungibili a tutti gli effetti in questo modo …a dire il vero tramite la serie A anche questi sono in certo modo concentrati nei circoli ma non conta più di tanto

    A mio avviso il tempo preso negli anni 80 e 90 può essere recuperato solamente con una cura molto drastica nella quale la federazione dovrebbe permettere con lungimiranza la creazione di un entità separata dai circoli che la FIT rappresenta, favorendo la costruzione di campi pubblici, è l’unico modo per incrementare sostanzialmente il numero di praticanti in Italia, esso deve passare attraverso l’aumento dei campi (spartani ed in cemento o sintetico) che consentano un accesso immediato assente di burocrazia.

    Difficilmente il numero di iscritti nei circoli diminuirebbe, ed anzi in un secondo momento il numero degli iscritti nei circoli aumenterebbe sicuramente, se la promozione del tennis venisse maggiormente curata approfittando dell’attuale abbondanza di campioni con carisma, Nadal, Federer, Murray, Djokovic, Tsonga, Del Potro (in questo è essenziale il modo nel quale verrà utilizzato il canale televisivo Super Tennis)

    gli investimenti sui campi pubblici (gratuiti) andrebbero concentrati essenzialmente sull’area sub urbana circondante le città, e NON sui e centri e le periferie immediate delle città, poi in un secondo momento andrebbe investito anche nel territorio distante dalle città, i vari paesini di provincia

    il compito più utile di questo blog, oltre al compito di facilitare la divulgazione mediatica (adempita benissimo dalla piattaforma del sito ubitennis) secondo me sarebbe proprio quello di creare una base dalla quale possa nascere un iniziativa capace di realizzare il primo passo verso la costruzione di questi benedetti campi pubblici.

    Questo blog non è legato ai circoli come lo è la FIT e quindi potrebbe permettersi di essere punto d’appogio a un gruppo di appassionati ispirati, “audaci” e volenterosi capaci di unificare le proprie energie nella costituzione di una azione “altruista” privata che abbia come sbocco la costruzione di questi campi pubblici gratuiti “pionieristici”

  31. Alex da Livorno scrive:

    @ Roberto Commentucci

    Roberto, non sto a ripeterti che scrivi sempre degli articoli mirabili, e non voglio neanche analizzarne i contenuti, sarebbe ridondante.

    Solo voglio rispondere ad una tua intelligente osservazione sul successo del sistema pubblico francese rispetto al palese insuccesso del nostro, fornendotene una ragione che tu puoi considerare sociologica, etica, culturale o come diavolo vuoi, perchè tanto le vale un pò tutte:

    l’italia è sostanzialmente un popolo di “mafiosi” (come ovvio, inserisco anche me stesso nella categoria), e se qualcuno non sarà d’accordo tacciandomi di qualunquismo o altre castronerie, si ricordi le parole di un grande uomo che giace sotto due metri di terra (e sotto quintali di tritolo e macerie…).

    Parafrasandole: ‘per sconfiggere la mafia dovete sapere che essa è dentro ciascuno di noi, è una parte di noi’.

    Un uomo così, da noi è morto e sepolto da anni, ed in pochi seguono i suoi insegamenti o solo lo commemorano come meriterebbe…

    Il meglio che si è saputo fare è chiamare qualche strada ‘via Giovanni Falcone’…

    Questo è il paese delle occasioni perdute… altro che nello sport!

  32. wik scrive:

    @Alex
    considerazione forte,
    ……..ma indicativa, diciamo che é una tendenza diffusa piú che un valore assoluto. Non son stinchi di santi neanche in Francia comunque eh !, piú di qualche problemino lo hanno pure lí !

  33. Avec Double Cordage scrive:

    Alex da Livorno, il tuo non è pessimismo, hai invece perfettamente ragione, la frase che hai riportato ‘per sconfiggere la mafia dovete sapere che essa è dentro ciascuno di noi, è una parte di noi’ in due righe riassume tutto, e non è per puro caso che la situazione è questa e fino a che tutti avremo, o almeno la stragrande maggioranza non avrà analizzato a fondo il passato e realizzato e incorporato il motivo per il quale le frasi di Falcone sono vere, non ci sarà nessun miglioramento e non conteranno nulla i cambi di governo o giunta.

    Il motivo di fondo che differenzia noi dalla Francia, Inghilterra, Spagna e anche Germania e ci fa somigliare più alla Grecia o certi stati balcanici pur avendo altre potenzialità sia di popolazione che di know how è un motivo storico, che come conseguenza noi abbiamo ben radicato in noi stessi, il risultato di questo motivo storico è la tendenza di fregare non solo il prossimo e inferiore o il superiore ma anche di fregarci a vicenda ogni qual volta ci sia la pur minima possibilità, anche se questa con bune probabilità potrebbe arrecarci del danno, tanto nel caso dovesse danneggiarci c’è sempre qualcun altro da fregare per rifarsi.

    Ma perché noi siamo fatti cosi (chi più chi meno) e i francesi ed inglesi no?
    Perché i Francesi ed inglesi hanno imparato a governarsi (the hard way) partendo millecinquecento anni prima di noi, passando attraverso la nostra fase attuale nel medio evo, e creando come risultato la monarchia costituzionale con Oliver Cromwell in Inghilterra e la rivoluzione Francese, la Spagna ha una storia simile con un ritardo di 500 anni dovuto all’occupazione araba, ma la Germania come noi si è formata come l’Italia 150 anni fa, viene dunque da chiedersi il motivo della differenza di cultura sociale tra Germania e Italia se come nazioni hanno la stessa età. Perché dunque i tedeschi hanno detto addio al nucleare 10 anni fa e stanno segnendo le loro centrali investendo sul prossimo silcon valley boom che è quello delle energia alternativa e delle eco tecnologie e da noi si parla di reintrodurre l’obsoleta tecnologia nucleare con le sue scorie millenarie (l’energia più sporca in assoluto vendendola per la più pulita) dalla porta di dietro?
    La ragione è nuovamente storica, i tedeschi sono sempre stati regnati da tedeschi, causando l’evoluzione dall’essere regnati in essere governati. Noi dalla notte dei tempi (diciamo dal 200 o 300 dopo cristo) siamo sempre stati regnati e molto raramente governati da stranieri, Francesi, Tedeschi, Spagnoli, Arabi, Greci, etc. senza contare che siamo anche una mescolanza di tutti questi popoli e di tutte queste culture, da questo scaturisce che è in noi radicato l’istinto di fregare il sovrano e anche il vicino (che potrebbe essere di cultura diversa dalla propria), una cosa che si evolve a forma di piramide, sfociando nella tendenza di fregare il superiore, la famosa furbizia, questo causa l’effetto inverso di fregare l’inferiore di rango sapendo per sicuro che questo ti vuole fregare, dalle due cose scaturisce la realtà che tutti fregano tutti indifferentemente da rango, amicizia o legami parentali.

    Anche per questo motivo lo stato da noi viene visto ancora come una specie di tiranno (specialmente nel sud, ex regno delle due Sicilie saccheggiato dal regno Savoia, il più recente a subire questo trattamento tradizionale) e non come l’insieme di una popolazione datasi delle regole in forma di una costituzione (come avviene in Francia e negli USA i quali a differenza della Francia non hanno nemmeno una lingua ufficiale) i nostri rappresentanti eletti quindi non vengono visti come governatori ma come regnanti e per certi versi anche loro si vedono cosi, non facenti parte del popolo, e nel popolo in molti si vedono come sudditi e non come cittadini. Continua quindi l’eterno rito del regnante che frega il suddito perché sa che il suddito lo sta fregando, e questo sistema è la base delle nostre relazioni amministrative, commerciali e sociali sia che vai al ministero, al comune dal panettiere o dal prete

    in stati come la Francia, Germania, Inghilterra (riassumendo tendenzialmente c’è un rapporto tra cittadino e rappresentante-governante, mentre in Italia rapporto tra suddito e regnante-tiranno) questo sistema era presente come da noi, ma nei vari secoli di “autogestione” sia essa stata autoritaria o democratica è stato se non sradicato almeno ridotto, da noi è ancora tutto da fare, anzi dobbiamo ancora renderci conto che è cosi e che è tutto ancora da fare, se ci riusciamo in meno di 100 anni siamo bravi …proviamoci almeno noi del tennis ;)

  34. anto scrive:

    @ Alex da Livorno. Sei il solito qualunquista, spari nel mucchio ,ma stringi stringi è solo aria fritta, il tuo intervento te lo potevi risparmiare,

  35. Avec Double Cordage scrive:

    anto riflettici sopra… non so se ti è mai capitato di osservare un piccolo gruppetto di italiani all’estero nei loro comportamenti, stando gli affianco senza che loro pensino che ci sia qualcuno che capisca quel che dicono, a me è capitato spesso e nella stragrande maggioranza dei casi (certo ci sono anche le eccezioni) mi sono vergognato per loro, tanto che ormai ci ho fatto il callo e la cosa non mi disturba più di tanto …c’è chi senza bisogno fa il furbo, chi fa il finto tonto, chi fa lo spilorcio, chi fa il gradasso e chi il comico…

  36. Nik85 scrive:

    Il termine qualunquismo e l’espressione “fare di tutta erba un fascio” rappresentano le più facili difese usate da chi non accetta l’appartenenza ad una data categoria, o la fondatezza empirica di un detto popolare ovvero di una frase fatta da cui si sente colpito. Se una frase è “fatta” c’è un motivo, se un detto è stato sviluppato nel tempo dalla gente comune, c’è sempre un’esperienza vissuta alle spalle. Ma si deve avere pure avere il coraggio di riaffermare le verità consolidate. E se si risponde ad un’affermazione (peraltro ineccepibile) sul sistema in generale con un’accusa di qualunquismo senza argomentare, si è allora sì generalisti, a differenza di coloro che si cerca di far passare per tali.
    Alex, sottoscrivo il tuo intervento (off-topic: lo firmo in veste di neo dottore!)

  37. anto scrive:

    @Avec Double Cordage–non facciamo di tutta un’erba un fascio, non tutti sono così, che poi noi veniamo dipinti come un popolo di saltinbanchi e di pizza e mandolino, questi stereotopi sono duri da morire. Gli italiani all’estero non sono malvisti, anzi sono sempre quelli che spendono di più e difficilmente sono protagonisti in negativo di fatti di cronaca nera a differenza di altre nazioni.

  38. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Ragazzi, ma stiamo scherzando?
    La mafia non esiste, la camorra non esiste, Saviano mente, il malaffare in Italia non esiste, lo sport italiano non è mai stato legato al malaffare, Moggi non esiste, il doping non esiste.
    Fatte queste considerazioni, che ripristinano doverosamente l’immagine dell’Italia, grande stato moderno e democratico, credo che tutto ciò abbia poco a che vedere con il tennis italiano.
    Il tennis italiano è semplicemente rimasto, con le sue strutture corporative e il suo elitarismo inqualificabile, cinquant’anni indietro. Ai tempi di Pietrangeli, del muretto di Alassio, dei gesti bianchi, e del signor conte che ti concede l’onore di un set, e ti invita nel suo circolo. Fatte le debite proporzioni, siamo più o meno ancora lì.
    Ben vengano i progetti innovativi della Federazione, o le rivoluzioni politico/sportive con eliminazione della Federazione, o lo smantellamento del sistema dei circoli come base elettiva della Federazione, o quello che volete voi.
    Sarà sempre meglio di com’è adesso.

  39. Alex da Livorno scrive:

    @ Anto

    Sapevo che il qualunquismo sarebbe stato usato contro di me da qualcuno, come te, che avrebbe avuto difficoltà nell’accettare una triste realtà, e infatti l’avevo scritto!

    Ma vedi cara Anto, tu non stai dicendo a me che friggo l’aria, in realtà lo stai dicendo a Giovanni Falcone…

    Fa un pò come vuoi, a così tanti anni dalla sua morte tu dimostri solo l’ineccepibilità delle sue parole: la verità fa male, molto male, a chi ha la mente chiusa o è cieco di ciò che lo circonda.

    Ognuno dovrebbe essere libero di esprimere civilmente idee e concetti, quindi accetto anche questa tua acredine gratuita, ti do solo un modesto consiglio:
    prima di arrogarti il diritto di dire a me che potevo risparmiarmi un intervento, pensa prima a quello che hanno scritto altri in proposito, che evidentemente hanno mostrato apprezzamento, e domandati se anche loro se lo potevano risparmiare.

    Con sincerità,

    Alessandro

  40. leonardo scrive:

    Anto il punto è quello di Avec Double courdage, perfetto e senza bisogno di aggiungere niente. E’ inutile dire di non fare di tutta l’erba un fascio, l’italiano medio è così, deve ancora evolversi, poi chiaramente sia chi è in grado di analizzare questo tipo di situazione, sia chi come te comunque non ci si sente, è già allostadio successivo, ma noi siamo 60milioni di persone, e non tutte scrivono o commentano su questo blog.

  41. Avec Double Cordage scrive:

    anto infatti ho detto che ci sono le eccezioni, ma non è di quelle che stiamo parlando ma del “main stream” che fa si che le cose siano cosi come sono e tendano a rimanerlo, è sbagliato poi tirare in ballo certi gruppi di altre nazioni, tipo hooligans inglesi, buzzurri tedeschi sulle spiagge spagnole con il secchiello di plastica pieno di vino, spacciatori campani a Ibiza etc.

    invece di stare a guardare le macchie degli altri guardiamo le nostre, ad esempio a proposito di fare di tutta l’erba un fascio, l’altro giorno qui a Bolzano il cuore nero si è messo nuovamente in mostra in tutta la sua ignoranza e il suo squallore. Nel corso di una manifestazione (organizzata con intenzioni di sottofondo leggittime ma discutibili, bisogna aggiungere) contro i monumenti fascisti della città (in primo luogo il tempio fascista in centro, http://www.scritte-mussolini.com/scritte_motti_ventennio/image8.html grande quanto un palazzo di 5 piani circa con le colonne a forma di fasci ma anche un bassorilievo lungo circa 25 metri e alto due piani con il duce a cavallo al centro circondato da fascistissimi e le parole credere, obbedire, combattere strategicamente piazzato proprio davanti al palazzo della giustizia http://www.hob.bz.it/cms/images/stories/bilder_ab_2007/08_07_juli/architektur2.jpg ) si è opposta al corteo un orda semi organizzata di normalissime persone che si possono quotidianamente incontrare al bar, nel autobus, o dal dottore che ha dato riprova con i loro cori e gesti di braccio e dita di quanto siamo messi male. Il fascismo da noi non è ancora morto, anzi si sta ringiovanendo… sono denunce di fronte alle quali il tennis entra in secondo piano

  42. Avec Double Cordage scrive:

    …e mi pare che oltre all’obelisco dux del foro italico http://www.scritte-mussolini.com/scritte_motti_ventennio/image88.html e il boschetto ristaurato http://www.scritte-mussolini.com/scritte_motti_ventennio/image3.html siano anche gli ultimi due monumenti pubblici rimasti a testimoniare inequivocabilmente squadrismo, antidemocrazia, imperialismo e leggi razziali

    la cosa triste è che questi simboli (lasciati senza alcun cartello che ne potesse almeno spiegare il triste significato) non sono venerati solo da sparute minornaze di rinco… ma anche da esponenti ufficilai, qualche tempo fa ad esempio un raduno di alpini ha riempito la piazza cantando l’inno rivolto al rilievo raffigurante questa vecchia conoscenza http://www.scritte-mussolini.com/scritte_motti_ventennio/image9.html

    sarebbe bello poter chiudere qui, ritornando al tennis

  43. Alex da Livorno scrive:

    @ Avec Double Cordage

    Caro amico,

    sei un grande, le tue parole mi dimostrano che per questo povero paese di rinco (usando un tuo illuminato termine) c’è ancora qualche speranza.

    A proposito di fascismo, pensa che bello vedere uno sparuto gruppetto di squadristi neo nazisti che rovinano inopinatamente una sana protesta di giovani (politicamente non schierati, ma schierati contro chi cerca di impartire l’ignoranza al popolo affinchè poi il potere lo controlli meglio), con le forze dell’ordine che stanno a guardare fino in fondo, poi menano i soliti sfigati e arrestano il solito “bischero” comunista (il G8 di Genova ci dimostra che al peggio non c’è mai fine) e l’opinione pubblica subdolamente manipola per far credere che Gesù è morto di sonno…

    Pensa che bello i media che fanno passare per normale l’uso dell’insulto e della sistematica offesa contro chiunque mostri un’idea diversa dalla tua o una giustificata critica contro i deliri di onnipotenza di qualcuno…

    Questa è l’italia dove chi dovrebbe difendere i più deboli invece li irride senza ritegno, fondando banche e cambiando in lingotti d’oro fortune miliardarie prima che i soliti disgraziati siano economicamente rovinati, oppure quella di chi ti appropinqua il nucleare (e anche qui hai visto giusto!) come grande speranza energetica, ma non ti dice che le scorie pre referendum giacciono sempre ai quattro venti, sotto il sedere di poveri ignari che non sanno che in un certo angolino di italietta le leucemie infantili o i linfomi sono 1000 volte la media…

    Ecco, questa è l’italia di adesso, quella che gli italiani “mafiosi” si meritano, quella che 30 anni fa ha voltato strada, ma ha imboccato una via oscura quasi senza ritorno…

    Sì, ma le tue parole, così come i gesti di quegli studenti o quelli di altre persone comuni mi mostrano che quel ‘quasi’ è una speranza concreta di rivalsa:
    non perdiamo la speranza, se avremo il coraggio e la forza di insegare ai nosrti figli i veri valori della tolleranza e della democrazia, forse un giorno supereremo il nostro medio evo, la nostra santa inquisizione, e troveremo anche noi il nostro Obama…

    L’importante è che tutte queste inequità non sopiscano del tutto il nostro povero e bistrattato intelletto, che qualcuno si “incazzi” sempre e parecchio contro queste immani porcherie!

    E forse allora torneremo a parlare serenamente di tennis.

    @ Nik 85

    Ben ritrovato mi buon amico laureato: anche tu dai un importante dimostrazione, e cioè che la cultura può forse in parte salvare le nostre anime disgraziate…

    E se il mio è qualunquismo, allora viva il qualunquismo!

    E ti dirò di più: se fossi io il ministro dell’istruzione, nelle scuole toglierei di torno parecchie cavolate preistoriche, anche in senso lato, e farei arrivare i programmi scolastici al fascismo e al POST fascismo, tanto per far capire dove è stato il grave errore (orrore..) di quest’italia.

    E meglio ancora sarebbe introdurre il grande Orwell, che 50 anni fa scriveva, come un oracolo:

    “e gli animali non distinsero più tra i maiali e gli uomini, e tra gli uomini e i maiali….”

    un caro saluto a tutti,

    Alessandro

  44. anto scrive:

    Vorrei replicare e ne vorrei dire di cose, ma preferisco astenermi……non voglio litigare…….ognuno la pensi come vuole…………

  45. Alex da Livorno scrive:

    @ anto

    Proprio un bel proposito il tuo, che hai innescato il meccanismo con un messaggio volutamente ignorante…

    Bada che neanche a me interessa affatto litigare, a me piace la discussione civile, come i molti lettori di questo blog ben sanno.

    Comunque se ti vuoi astenere liberissima di farlo, oppure abbi il coraggio delle tue opinioni SERENAMENTE e indicando con chi ce l’hai o a chi ti rivolgi.

    Senza rancore,

    Alessandro

    Ragazzi, mi raccomando, torniamo a parlare di tennis, per favore. La politica è un argomento troppo “sensibile” e invariabilmente innesca liti furibonde. E’ ovviamente importante parlare di politica, guai se non se ne parlasse in una democrazia, ma per quello esistono altri luoghi di discussione. Teniamola fuori dal blog. Grazie a tutti per la comprensione. Roberto Commentucci

  46. Alex da Livorno scrive:

    @ Rob Comm

    Caro Roberto,

    scusa se stavolta non sono d’accordo con te, ma quella espressa non è politica, è solo buon senso, o, se preferisci, visione obiettiva e lucida di quello che accade in Italia ai giorni nostri: non sono io a dirlo o altri intervenuti sul tema, come Avec Double Cordage, ma è l’europa e il mondo intero che ci critica per come ci vede.

    Sul fatto che si voglia tenere questo genere di discussioni fuori dal blog poi capisco e non capisco: la discussione sin qua non era affatto furibonda, piuttosto incalzante semmai, e molte altre volte, su argomenti molto futili, si era arrivati all’insulto o alle minacce.

    Penso anche che invece interventi del genere aiutino in senso lato a costruire un futuro ad un presente che proprio roseo, non solo nel tennis, non è.

    In ogni caso sei libero di moderare il blog come vuoi, perchè è un tuo insindacabile diritto, perciò eviterò di replicare ancora sull’argomento e non me la prenderò se non pubblicherai il mio post delle 18:44, mi basta che una sola persona, tu nella fattispecie, lo abbia letto e ci abbia tratto qualcosa, spero di positivo.

    Con stima,

    Alessandro

    Caro Alessandro, ti ricambio la stima, apprezzo molto i tuoi post. Non pubblicherò però il tuo post delle 18.44 perché è di natura politica, e questo è vietato dal regolamento, come puoi leggere a fondo pagina. Il post di Avec invece aveva un contenuto di prevalente carattere storico, mentre il tuo era di prevalente carattere politico. Sono certo che capirai.
    Un caro saluto.

    Roberto Commentucci

  47. Avec Double Cordage scrive:

    sono d’accordo anche se non mi vien facile, questo è un blog di tennis e quindi bisogna che parliamo di tennis, la politica è meglio lasciarla fuori, però per facilitare l’intento visto che questo è un blog diverso dagli altri che somigliano più a delle chat line tipo quelli della gazzetta etc. mentre qui quasi ci si conosce, pur non sapendo di dettagli trascurabili come nome e stato sociale, sarebbe bello se si potesse instaurare un posto dove discutere di questi argomenti più delicati ma importanti anche di quelli politici… questo aiuterebbe anche la moderazione degli altri articoli fungendo da magnete, qunidi ogni qualvolta uno scrive un commento che potrebbe deviare troppo la discussione tennistica dell’articolo in caso, lo si prega di metterlo sotto questo articolo speciale, lo potrebbe scrivere Ubaldo, di spunti ne potremmo trovare molti, tipo che ne so “perché l’erba del vicino è sempre più verde e da noi quasi tutto funziona peggio?” o una cosa simile, cosi poi gli off topic delicati li concentriamo li

    ad ogni modo alex se mi vuoi mandare la tua risposta via e-mail sarei interessato

    avecdoublecordage [AT] gmail.com

    chiaramente anche quel che voleva scrivere anto mi interesserebbe, capisco però che no è il caso di continuare la discussione sotto l’articolo del tennis francese, trovo però come alex che ci siamo comportati tutti in modo rispettevole, senza offendere ed esagerare pur non avendo un idea unica, cosa che spesso non accade per tematiche tipo arrotismo vs gesti bianchi, figurarsi quando entra in ballo il GOAT

  48. anto scrive:

    @ Avec, sei veramente un signore, garbato e gentile.

  49. Alex da Livorno scrive:

    @ ADC

    Ciao Avec,

    hai la risposta sul tuo server, fammi sapere se ti è arrivata.

    Saluti,

    Alex

  50. Flavio D'Ulivo scrive:

    Tornando alla metodologia, chi sa spiegarmi il successo dei brasiliani nel calcio? Cinque mondiali, due finali, non so quante coppe sudamericane, titoli di club nella libertadores e nell’intercontinentale…qualcuno conosce il modello metodologico? Qualcuno ne sa individuare i presupposti scientifici e di investimento in ambito universitario e di ricerca? Chi può spiegare l’approccio psicopedagogico che dalle favelas alle spiaggie di copa cabana delinea il successo verde-oro? E per tornare al tennis, in cosa consiste tutto questo fantomatico aggiornamento dei maestri francesi? Quanto erano aggiornati i maestri degli attuali top ten? E la mamma di Connors? Chi può negare che sia stata una delle più grandi allenatrici della storia?…Lo sapevate che le labbrate di Perez Roldan al figlio Raul l’hanno montessorianamente portato in finale a Parigi? Lo sapevate che con l’europa unita siamo i migliori del mondo senza discussioni? (Ma è proprio un dominio incontrastato!)…Tutto questo su Rieduchescional channel…

  51. wik scrive:

    @Flavio D’ulivo
    Bisognerebbe capire invece come mai il Brasile ha cosí pochi risultati nel calcio rispetto al volume di calciatori che tutti i giorni si ritrovano per passione dopo il lavoro a tirar calci, quantitá abnorme ed inimmaginabile. Se la scuola tecnica brasiliana avesse le carattirsitche di quella Italiana ad esempio non bisognerebbe nemmeno giocare il campionato del mondo, l’avrebbero giá vinto in partenza.
    Ma il discorso poi é il solito, la formazione tecnica di un tennista non é minimamente paragonabile a quella di un calciatore, il tennis é sport spaventosamente tecnico ed individuale, in maniera esagerata, ci sono precisissime tappe da rispettare, lunghe, lente e imprescindibili. Poi ognuno ha il suo metodo, ma l’impegno di formazione tecnica é abnorme, certosino e inderogabile. Non puoi sbagliare in questa formazione, pena il fallimento, e i posti in palio per chi arriva sono davvero pochissimi, nel calcio i posti disponibili sono in confronto uno sproposito, il calciatore numero 5000 al mondo ha un valore, il numero 5000 nel tennis si fa delle belle partite al circolo, o poco di piú.

  52. Roberto Commentucci scrive:

    Riporto qui una interessante dichiarazione di Emilio Sanchez, capitano della squadra spagnola di Davis impegnata nellla finale in Argentina, a proposito di scuole tennistiche:

    “Non credo che Argentina e Spagna abbiano le migliori scuole tennistiche del mondo, però sono i paesi più competitivi, con più voglia di vincere e con i tennisti più lottatori. Ci sono scuole migliori: mi viene in mente quella francese, che a livello tecnico è probabilmente la migliore. Ma se vincono spagnoli e argentini un motivo ci sarà. La tecnica è importante, aiuta. Ma secondo me il cuore e la testa sono ancora più importanti. Per non parlare della condizione fisica. Ecco, in questo spagnoli e argentini sono i migliori”.

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