LAPO, MOGGI E UN SOSPETTO SBAGLIATO

Lapo Elkann è a Los Angeles. Motivi di lavoro. Si scusa con garbo. ‘Dovevamo andare assieme a vedere Modena-Juventus dice a chi scrive Mi dispiace perchè temo non ci sarà una prossima volta: i miei bianconeri tornano in A dritti sparati, i tuoi canarini non credo…’
Lapo Elkann è a Los Angeles e dall’altra parte degli States il ‘New York Times’ gli attribuisce un sospetto: dietro la reclamizzatissima disavventura del rampollo di Casa Agnelli, una dolorosa storia di droga e non solo, ci sarebbe addirittura il fantasma di Luciano Moggi!
Lui, il nipote dell’Avvocato, è stupito. Infatti ha sempre detto: ‘Io non ce l’ho con il signor Moggi’. Se può interessare, non ha cambiato idea. L’ex direttore generale della Juventus non sarà uno stinco di santo, ma accusarlo di tutto francamente pare eccessivo. Anche a chi non stravede per lui.
I MISTERI. E’ vero, invece, che Lapo ha sempre vissuto con rabbia la ricostruzione ‘pubblica’ della notte che lo trasformò in un fenomeno da baraccone. Si è assunto le responsabilità che riteneva gli spettassero: ‘Avevo un problema di tossicodipendenza, l’ho ammesso senza concedermi alibi di comodo ha raccontato mesi fa a chi scrive Ma sul resto, su tutto il resto, custodisco dentro me stesso tanti, tanti dubbi. Io in quella casa non ci sono arrivato con le mie gambe, ecco. E un giorno spero che i misteri, che ci sono, si chiariranno’.
Notoriamente l’Italia è un Paese nel quale un complotto non si nega a nessuno. Eppure, forse è il caso di accettare le perplessità del giovanotto, un amico fragile che ha pagato i suoi errori. ‘Ho sopportato di tutto, le battutine, le ironie, le allusioni, le perfidie si è sfogato una volta Hanno anche sostenuto che mi è stata restituita visibilità, per usare un termine alla moda, soltanto perchè appartengo ad una famiglia importante. Ah sì? Ma andate a prendervi le collezioni dei giornali o le registrazioni tv. Sono stato massacrato. Non ho chiesto e non chiedo sconti e nemmeno debbo chiedere perdono. Mi sono rialzato. E non voglio cadere più’.
Lapo Elkann si è rimesso in piedi. Lavora molto, fra Europa e America. Si sforza di ignorare le cattiverie. Sta investendo sulla sua esistenza, con un mestiere a mezza strada tra comunicazione ed imprenditoria. E’ un giovane uomo impegnato in una difficile rimonta.
Lasciatelo vivere, se non vi dispiace.

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16 Commenti a “LAPO, MOGGI E UN SOSPETTO SBAGLIATO”

  1. tanaka scrive:

    Mi fa piacere che Lapo stia tentando di rifarsi una vita, ma non ha ragione a prendersela con chi lo considera un privilegiato. Piuttosto si chieda: a un metalmeccanico della Fiat, a parità di situazione, sarebbe stata concessa una identica opportunità?

  2. dibbe scrive:

    Sono d’accordo con Leo Turrini: io detesto il Moggi dirigente di calcio, a addebitargli ogni colpa mi sembra una trovata da bagaglino, con tutto il rispetto per Pippo Franco

  3. ghibli scrive:

    Lapo Elkann è stato sputtanato a livello mondiale per una faccenda rigorosamente privata. Ha mille ragioni di essere incavolato. Scommettiamo che con il sampdoriano Flachi, accusato di cocaina, la stampa userà sistemi diversi? del resto anche Pantani fu massacrato ben più pesantemente di altri ciclisti che avevano problemi con il doping. O mi sbaglio?

  4. giulia scrive:

    Lapo è un bel tipo. Farebbe meglio a starsene zitto, anche se è un amico di Leo Turrini. Quanto a Moggi, dubito che rientrasse nei suoi poteri alimentare tendenze alla droga di ricchi ereditieri

  5. bruno scrive:

    A me il giovane Elkann è molto simpatico. Credo abbia anche qualche merito nel rilancio della immagine Fiat, anche se le sue vicende private lo hanno tolto di mezzo quando iniziava la riscossa della azienda di famiglia. Che Lapo dica di non accusare Moggi di cosacce relative alla sua disavventura, mi rallegra. Non per Moggi, ma in generale, pensar male di qualcuno, chiunque sia, non è mai una buona cosa!

  6. moggione scrive:

    Mi fa piacere che, tramite Leo Turrini, Lapo Elkann faccia sapere di non avercela con Moggi. In compenso, se mai mi capitasse di incontrarlo, magari ad una mostra dei suoi occhiali da mille euro l’uno, gli chiederei: scusi, sa, ma la sua famiglia era totalmente ignara dei metodi che Moggi e Giraudo usavano per gestire la Juventus? Mi piacerebbe conoscere una rtisposta schietta e non diplomatica…

  7. pettegola scrive:

    Lapo è uno dei tanti giovani dell’Italia di oggi. Sbagliano perchè non hanno coscienza della distinzione che passa tra il bene e il male. Io, se uno si droga per disperazione, non lo approvo ma posso compatirlo. Ma se uno si droga per noia, faccio fatica a capire. E non mi pare che il signor Elkann abbia accettato la consapevolezza del suo agire disastroso: per lui, s’intende, dato che l’unica vittima dell’intera storia è proprio Lapo.

  8. giappone scrive:

    Luciano Moggi sicuramente non c’entra nella storia di Lapo, ma sarà ricordato dai posteri per il male che ha fatto al calcio italiano. Ormai, tolti pochi giornalisti di nessuna credibilità, lo hanno compreso tutti. Tranne, s’intende, il diretto interessato, che continua a presentarsi come vittima di non si sa bene cosa. Io sono juventino: a Moggi debbo l’umiliazione della serie B e tutto il resto. Quando ci chiederà scusa, a noi tifosi bianconeri, sarà sempre troppo tardi.

  9. igor scrive:

    A quando la F1?………….
    un nostalgico

  10. randazzo scrive:

    Lapo Elkann un giorno diventerà presidente della Juventus. E magari riassumerà Moggi…

  11. ilnumerodue scrive:

    Lapo è un ragazzo mai diventato uomo.Io gli faccio mille auguri per il futuro, spero riesca a cavarsela, ma dubito che le continue comparsate sui giornali e alla tv possano giovare al recupero del suo equilibrio e della sua immagine

  12. Marcello scrive:

    La vicenda di Lapo è troppo delicata, è troppo umana, per non spaventare almeno un poco chi ne vuole scrivere, anche solo un post…

    Ciò detto, penso che ancora ci sia un’insana commistione tra privato e pubblico nel suo modo di essere e di porsi alla vita ed al mondo…nel suo nuovo look, che è conforme a quello che era il suo vecchio look se non con ulteriore enfasi o forse solo trasparenza, ci sta ancora, almeno secondo me, un forte carattere di eccesso…in questo concordo con ilnumerodue…però quest’ultimo sbaglia, se uno vede la strada giusta non è mai troppo tardi per raddrizzarsi! Necessitasi solo tempo, costanza, impegno ed amore per la verità.

    Tornando al marketing, che è l’unica cosa di cui forse posso capire, alcune sue parole sentite in un’onesta puntata di Matrix di ieri sera mi confermano che, ancor oggi, come parla di “brand” Lapo non ne parla nessuno!

  13. Otelma scrive:

    Vorrei anche io dire la mia, in attesa della F1 come Igor.
    A me Lapo è simpatico, “a pelle”.
    Già uno che nasce e gli mettono un nome così lo mettono in difficoltà subito.
    Provate ad immaginarvi la mamma che vi chiama dal cortile in mezzo agli altri bambini.
    “LAPOOOOOOOOOOOOOOOO
    LAPUCCIOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
    VIENI CHE E’ PRONTA LA MERENDAAAAAAAAAAAAAAAAA”
    Dai, mica facile.
    Lui poi questo problema se lo è posto poco, visto che le cronache narrano che la mamma se lo filava pure poco, presa fra un viaggio e l’altro.
    Insomma, diciamocelo: Lapo è una vittima.
    E poi, se come sembra, in Italia si consuma più cocaina che coca cola cosa vi aspettate da uno che appena schiocca le dita ha già quello che avrebbe desiderato domani?
    Io non lo giustifico, ma vi confesso che non mi ha sorpreso sapere che era un drogato.
    Uno come lui, che alla sua età ha già tutto, soldi, fama, una posizione invidiata, cosa può cercare ancora nel mondo reale?
    Poi, viene da una buona famiglia: non so se sia vera la leggenda delle narici d’oro del nonno (io non ci credo) comunque i precedenti in famiglia c’erano tutti.
    La cosa che mi ha sorpreso, invece, è stata proprio la partita di Patrizia.
    beh insomma, uno che si è fatto vedere in giro con Martina Stella (fantastica a prendere subito le distanze, come se fosse un appestato) si fa trovare aletto con Patrizia, trans e pure poco bello (Patrizia, se mi leggi, senza offesa: anche io mi trovo brutto, sono di gusti difficili).
    Onestamente, penso che la tesi del complotto non sia del tutto fantascientifica.
    Quelli come Lapo hanno sempre dietro un angelo custode che vigila affinche ai giovin rampolli non capiti nulla, men che meno di trovarsi in situazioni scabrose.
    E se non e stato scabroso farsi trovare con Patty…….
    Auguri, Lapo.
    Ne hai bisogno.

  14. il barone rosso scrive:

    A me Lapo piace.
    Confesso anche di averlo apprezzato ulteriormente dopo “quella storia”.
    Siamo onesti e gettiamo quella maschera di ipocrisia tutta italiana: l’utilizzo di cocaina è prassi fin troppo diffusa, non solo tra gli “dei” (l’informazione ne ha diffuso ulteriori dati anche la scorsa settimana).
    Lapo è stato beccato per via di un incidente dai contorni strani e gli imbecilli che da quel momento hanno malignato su di lui altro non sono che invidiosi privi della benchè minima obiettività.
    L’Italia è ancora un paese in cui se non sei stato ufficialmente visto fare qualcosa, non è detto che lo fai.
    Vi ricordate le malignità a proposito del nonno di Lapo, l’Avvocato?
    Protesi d’oro nel naso e altre amenità…..Eppure persone che reputavo intelligenti (anche in casa mia, lo confesso), hanno sostenuto che l’Avvocato - ammesso che - l’aveva fatta in modo più intelligente del nipote che invece si era fatto beccare.
    Concordo con Lapo, quella storia è assurda: come hanno fatto a trapelare certi PRESUNTI particolari??? Ribadisco presunti perché secondo me non veri.
    Possibile che il mio blasonato coetaneo fosse così coglione da cacciarsi in simili potenziali rischi senza aver preso alcuna precauzione?
    Secondo me qualcuno gliel’ha giurata.
    Parallelamente è altresì vero che Lapo era stato l’unico della famiglia ad aver preso apertamente le distanze dalla triade.
    Tradotto: Moggi vedeva in lui l’unico ostacolo.
    Da qui ad affermare una inevitabile correlazione, io non sono in grado di farlo.
    Consideriamo anche altri due particolari: la famiglia Agnelli è la vera famiglia reale italiana.
    Lontani e ben più affascinanti di quei cafoni disonesti dei Savoia.
    Gli Agnelli come i Kennedy in America paragonati ai monegaschi Ranieri:troppo belli e irraggiungibili, quindi conseguentemente troppo invidiati.
    Il “tutor” di Lapo è stato quel grande uomo di Henry Kissinger: sarà possibile che abbia preso un abbaglio?!?!
    No no, il giovane ha indubbie capacità, fascino e classe.
    A livello marketing è un bel cervello: ma vi rendete conto che ha nobilitato e creato appeal attorno ad automobili obiettivamente mediocri?
    La moda delle felpe pregiate ora imitata da tutti l’ha creata lui con quelle marchiate Fiat a tiratura limitata.
    Ha gusto e intuito, è un formidabile motivatore e sembra alquanto umile anche a detta di chi l’ha conosciuto.
    E ci vogliono 4 palle per tornare alla vita pubblica dopo aver ammesso i propri errori.
    Io sono dalla sua parte.

  15. Otelma scrive:

    Quoto tutto quanto scritto dal barone.
    Dopo una figura come quella che gli ahnno fatto fare, chiunque sarebbe scappato nel Congo Brazzaville a farsi rifare una plastica facciale e non si sarebbe mai più fatto vedere in giro.
    E che aveva parlato contro la triade risulta anche a me, in una intervista proprio a Sassuolo al Tetaro carani poco prima del fattaccio.
    Complimenti quindi anche per il coraggio.

  16. Enrico Guzzini scrive:

    L’ipotesi non stupisce se si pensa che Alberto Custodero, già ne l’“Espresso” (19 maggio 2006) parlava di come il sistema-Moggi coinvolgeva anche le forze dell’ordine. Ecco un articolo forse utile ad aprire altri scenari inquietanti su questi ambienti.

    Perché l’ipotesi del tentato suicidio è sbrigativa e da rivedere. I veri fatti. Le interpretazioni. L’insostenibile leggerezza dell’ipotesi di tentato suicidio. Il lavoro giornalistico: giustificare lo pseudofatto e trasformarlo in “fatto”

    PESSOTTO E CALCIOPOLI(ASP) TORINO – Perché l’ipotesi del tentato suicidio è sbrigativa e da rivedere I fatti Pessotto, da un mese team manager della Juventus, la mattina del 27 giugno, due giorni prima del maxiprocesso di Calciopoli, che inizia il 29 giugno e coinvolge anzitutto la Juventus, si reca nel suo ufficio della sede bianconera, in corso Galileo Ferraris a Torino, si tratta di una sede privata a cui non tutti possono avere accesso. Egli, apparentemente era solo nel suo ufficio al secondo piano. A un certo punto Pessotto è ritrovato sull’asfalto del cortile interno. Due automobili vicine parcheggiate lì sotto sono ammaccate da sopra, evidentemente colpite da Pessotto, e si tratta dell’Alfa 147 del vicepresidente dimissionario Roberto Bettega, e di una Lancia Phedra accostata. Pessotto è ritrovato con un rosario in mano. Pessotto, ha riportato fratture multiple cadendo dal tetto della sede della Juventus a Torino. Non si sa ancora com’è che Pessotto si è ritrovato in quelle condizioni. Questa la notizia. Questi i fatti. Il resto è altro. Il resto sono ipotesi investigative, storie, pseudofatti, pruriti, sciacallaggi, violazioni della privacy, e via violando. Eravamo all’ipotesi. E siamo ancora all’ipotesi investigativa. Subito dopo il fatto, qualcuno ha giustamente parlato di “giallo”. Ma tutto è stato archiviato dopo poche ore, di punto in bianco. Tutti i giornali si sono affrettati a trasformare l’ipotesi in “fatto”. Il supposto “fatto” del tentato suicidio. Ma ricostruiamo cos’è accaduto dopo i fatti. L’insostenibile leggerezza dell’ipotesi di tentato suicidioIl suicidio, in un’indagine seria, deve essere l’ultima ipotesi, non la prima. O meglio, può essere indagata come prima ipotesi in modo che, se è il caso, si può subito escluderla. Ma il suicidio è sempre la prima ipotesi e l’ipotesi più facile, innocua, adatta e comoda per tutti, ma proprio tutti: inquirenti, giornalisti, possibili sospetti di omicidio, e anche per lo stesso Pessotto e famiglia, come vedremo ecc. Mai sentito parlare della parola defenestrazione? In ogni caso, bisogna procedere per esclusione. In questo caso, si sono escluse ipotesi diverse dal tentato suicidio? No, ci si è subito diretti all’ipotesi facile facile, facile per tutti, e l’ipotesi più favorevole a Calciopoli e ai relativi poteri forti: l’ipotesi dei don Abbondio. E con che leggerezza ora i giornalisti la presentano come un fatto! I giornalisti riferiscono che alcune circostanze fanno propendere gli inquirenti per l’ipotesi del tentato suicidio: A) Pessotto sarebbe salito fino a un abbaino da cui avrebbe potuto gettarsi da solo. B) Alla reception hanno raccontato che Pessotto, giunto in auto, l’ha portata nel garage sotterraneo e non nel cortile come faceva di solito. Ma neppure questa è un prova certa. Non è ancora dimostrato nulla. Pessotto avrebbe benissimo potuto parcheggiare l’auto nel garage perché nel cortile c’erano altre auto o per qualunque altro motivo diverso dal tentativo di suicidarsi. E se avesse voluto mettere nel garage la sua auto per non crearle danni, comunque, ha urtato comunque delle auto, lui che era così rispettoso e sportivo: e ha danneggiato l’Alfa 147 del suo collega e vicepresidente dimissionario Bettega. Un’ANSA dice che “L’ allarme è scattato alle 11, mentre nella sede della Juventus c’ era il vicepresidente dimissionario Roberto Bettega”, eppure solo alle 12,30. Però la prima richiesta di intervento al 118 era giunta solo verso le 12,30. Solo errori di stampa o c’è dell’altro, nell’arco di quest’ora e mazza? E Pessotto era solo (come dicono alcune fonti) oppure no? Che non fosse solo lo dice IL RESTO DEL CARLINO (27 giu): “Il primo ad accorrere e’ stato Giovanni Cobolli Gigli, futuro presidente della Juventus, accorso dall’Ifil - spiega Andrea Griva, portavoce dell’Ifil - al momento dell’accaduto erano presenti in sede l’ex vicepresidente Roberto Bettega e il direttore sportivo Alessio Secco. Non e’ stato trovato alcun biglietto nel quale Pessotto abbia lasciato qualche dichiarazione”. C) Sul davanzale dell’abbaino, dal quale si sarebbe gettato, sono state trovate le chiavi dell’auto e il suo telefono cellulare. Perché mai avrebbe dovuto lasciare sul tetto il telefono cellulare? Forse per evitare che potesse comunicare a qualcuno le ultime parole, quello che sapeva? D) Si è subito cercato di far credere che la cosa più probante circa il “tentato suicidio” sarebbe la presenza di un rosario fra le mani di Pessotto (mai restituito alla moglie e, forse, mai visto da questa)! Nulla di più ridicolo e assurdo. Il rosario non va a supporto di nessuna ipotesi, ma anzi resta elemento sospetto. Come se vedere un cattolico che si suicida con un rosario fra le mani fosse la norma! Ci rendiamo conto? Era cattolico, aveva il rosario in mano, quindi si è voluto suicidare! Che logica è questa? Rosario, simbolo di fede, fra le mani di chi avrebbe osato un atto estremo di infedeltà. Se Pessotto ha avuto la lucidità di impugnare il rosario e pensare alla fede in chi dà la vita, come ha potuto compiere quel gesto di togliersi la vita, di compiere uno dei peccati più gravi della fede cattolica? Abbiamo dunque un’ipotesi di tentato suicidio, ossia qualcosa che è ancora uno pseudofatto, assunto però come fatto. I giornalisti si affrettano ad avallare l’ipotesi del suicidio, proprio come si affrettano a farlo i dirigenti bianconeri. Pessotto e’ giunto al pronto soccorso di chirurgia delle Molinette ancora cosciente: ‘’Si lamentava per il dolore'’, ha detto un testimone. Non si sa cos’altro abbia detto. Di certo, Pessotto non ha ancora confermato nessuna ipotesi di tentato suicidio. Né aveva mai lasciato dubitare nessuno che avrebbe potuto compiere tale gesto. Per sapere la verità bisognerebbe far parlare Pessotto, il vero e unico diretto interessato, che non ha ancora aperto bocca in merito. E non sarebbe ancora abbastanza. Secondo alcune voci, che certo non trovano la minima conferma ufficiale, Pessotto, neodirigente bianconero e che per molti resta una delle (non molte) “facce pulite” del calcio, a conoscenza di alcuni illeciti relativi Calciopoli, avrebbe manifestato l’intenzione di sporgere denuncia e successivamente ignoti lo avrebbero minacciato di gravissime ritorsioni contro la sua famiglia, cosa che gli impedirebbe, anche nel caso in cui sopravvivesse, di rivelare la verità (visto il rischio di trascorrere la vita non solo da possibile disabile, ma anche sotto scorta, lui e tutta la famiglia). Perché dovremmo credere così facilmente che un padre di famiglia trentasettenne con due figlie e moglie, con mamma, papà, fratello (anche lui professionista del calcio), ovviamente senza problemi economici, che si è sempre dimostrato emotivamente equilibratissimo (come ha dimostrato sul campo), cattolico praticante e ben conosciuto dal suo parroco, che da pochi giorni aveva assunto con entusiasmo impegni lavorativi di prestigio anche come commentatore per Sky TV, svegliandosi una mattina qualunque, cercherebbe di suicidarsi. Pessotto, conosciuto per la sua grande sportività, e definito da Cannavaro “l’uomo più buono del mondo” avrebbe davvero potuto compiere un atto così antisportivo nei confronti, anzitutto, dei suoi cari, neppure degnati di un biglietto di addio? Lo sgomento degli azzurri ha ragioni profonde: tutti in fondo sanno che Pessotto non avrebbe potuto fare, da solo, una cosa simile. L’ipotesi del tentato suicidio dunque non trova la benché minima giustificazione ed è quindi scarsamente credibile. Ma è poco credibile anche la modalità del tentato suicidio. Sospetta è la sede dell’episodio: perché proprio nell’ambito privato del nucleo nevralgico di Calciopoli? Ma soprattutto è sospetto il tipo di “suicidio” che avrebbe scelto, che non dà la sicurezza di morire ma dà la quasi certezza di una sopravvivenza problematica, con rischio di paralisi vita natural durante. Ebbene, perché dovrebbe prendere una decisione così azzardata, approssimativa, inefficace, lui, un trentasettenne laureato in legge, soprannominato ‘professore’ e “certamente di una categoria superiore dal punto di vista intellettuale”? (Massimo Moratti, TGCOM, 27 giu). È abbastanza chiaro che Pessotto non aveva esattamente l’intenzione di suicidarsi. Se davvero l’avesse avuta, avrebbe scelto fra mille altri metodi più efficienti, a meno che non fosse, cosa indimostrata, sotto l’effetto di LSD o di qualche circostanza, di qualche fortissima pressione esterna che in quella mattina, in quella sede lavorativa, lo avrebbe costretto a un gesto disperato. Il lavoro dei giornalisti: giustificare lo pseudofatto e trasformarlo in “fatto”Lo pseudofatto del tentato suicidio come si giustifica? Può trovare mille diverse motivazioni. Alcune sono comode per Calciopoli e altre scomode (come possibili pressioni esterne). Subito però, stranamente, si è puntato verso le motivazioni più comode in assoluto per Calciopoli e la dirigenza juventina: litigi con la moglie, stato di depressione. Come ha detto Filippo Facci, sul “Giornale”, “sarà che i tentati suicidi per definizione non esistono, perché chi vuole trovare la morte difficilmente sbaglia; il gesto di un Gianluca Pessotto, dunque, viene sovente interpretato come il disperato richiamo di chi ha camminato verso la morte ma voltato all’indietro, dandole le spalle, cercando il nostro aiuto. Sui giornali lo schema è sempre quello: chi ipotizza una malattia incurabile, chi debiti, chi una disperazione giudiziaria, su tutte una sbrigativa certezza, era probabilmente depresso. Fior di studi dimostrano che tra i depressi la propensione al suicidio non è maggiore che tra i malati di artrite”. Vari giocatori della nazionale ricordano la felicità loro e di Pessotto quando era venuto a far visida alla nazionale in Germania. Addirittura, Antonello Valentini, capo ufficio stampa della Federcalcio, spiega di aver incontrato l’ex giocatore azzurro pochi giorni fa. “Ho incontrato Pessotto nell’intervallo della partita di Amburgo contro la Repubblica Ceca. Ci siamo abbracciati, lui era contento. Per tutti noi Pessotto è stato sempre un grande esempio, per competenza e serietà. Pensavo proprio che questo nuovo incarico nella Juventus gli desse entusiasmo”. Questo naturalmente non dimostra che Pessotto non soffriva di depressione, ma è utile per capire che Pessotto era tutt’altro che percepito come un ragazzo in gravi difficoltà. Comunque sia, “da indiscrezioni provenienti da ambienti investigativi vicini alla Juventus si apprende che Gianluca Pessotto era in cura da un medico per depressione e oggi aveva preso un appuntamento col sanitario. Il suo stato depressivo sarebbe stato legato a problemi personali” (IL RESTO DEL CARLINO, 27 giu). I giornalisti ancora una volta sono gentilmente instradati laddove non potranno ledere interessi calciopolistici. E i giornalisti colgono la palla al balzo. Non sia mai che anche loro sian costretti a dire qualcosa che può mettere ancora più in difficoltà Calciopoli. Ricapitolando. Pseudofatto: il ragazzo ha voluto suicidarsi. Ora, troviamo una giustificazione. Ah, sì, il ragazzo era “debole”, “malato”, “aveva litigato”. Ora possiamo accettare lo pseudofatto tranquillamente, con naturalezza! E Calciopoli non c’entra nulla. Non era lui, ragazzo forte, limpido, leale, onesto, che poteva essere scomodo per Calciopoli. Non sia mai! Lui era fragile! Dire che uno si è suicidato per la depressione non vuol dire nulla, eppure soddisfa le menti dando l’impressione di “ah, ecco la spiegazione, era depresso!” Ma non significa nulla. Non è scritto da nessuna parte che depressione = suicidio. Né che dalla depressione consegue necessariamente il suicidio. Il suicidio è un atto meditato, coordinato. Non esiste nessuna supposta “malattia mentale” né nessuna “malattia organica” che comporti necessariamente un atto coordinato e volontario come il suicidio. Un atto coordinato come quello è il frutto di fattori esperienziali e culturali ben precisi. Credere al “suicidio per depressione” è un modo facile facile per eludere la questione di quali siano questi fattori esperienziali e culturali. Il suicidio o tentativo di suicidio, se è tale, è anche voluto con la testa per via di eventi ambientali e relative interpretazioni dell’aspirante suicida. Altrimenti non è suicidio né tentativo di suicidio, ma qualcos’altro. Eppure lo stato di depressione viene dato per scontato come giustificazione sufficiente a determinare il suicidio. Così si trattava di giustificare lo stesso stato di depressione. E subito facinorosi imprecisati insinuano l’idea (comodissima per Calciopoli) di un male incurabile, da cui sarebbe derivato uno stato depressivo e un tentativo di suicidio. Il medico della Juventus, Agricola, con sdegno, ha subito detto: “E’ un’idea ridicola, come coloro che la sostengono. Una cosa che mi fa ridere, roba da pazzi. Posso dire soltanto questo” (AG GRT, 27 giu). Ma questa non è che una delle irrealistiche e affrettate insinuazioni giustificatorie del supposto tentativo di suicidio. Peraltro, sulle domande circa le possibili cause della depressione, Agricola non ci aiuta certo a risolvere gli inquietanti interrogativi dicendo che «ci sono motivazioni che non posso dirvi. Si tratta di problemi psicologici che possono colpire chiunque. Ne soffriva da poco». E così si sono fatte presto circolare altre ipotesi sul gesto dell’ex calciatore bianconero: sarebbe stato in cura da un medico per una forma di depressione e proprio oggi aveva preso un appuntamento col sanitario. Anche la moglie, Reana Pessotto, propende per una “giustificazione depressiva”. Ma punta in direzioni diverse, punta verso un ambito pubblico e lavorativo, non certo all’ambito privato e personale. Finora ha dichiarato che “lui da tempo soffriva di depressione. Era diventato molto fragile: una depressione nera per il nuovo ruolo che ha nella Juventus, in fondo non gli piaceva veramente come aveva creduto all’inizio Da un mese e mezzo la mattina faceva fatica ad andare in ufficio: la proposta di diventare Team manager della Juventus lo aveva allettato, ma poi si era reso conto che quella non era la vita adatta a lui. Ma forse per lui era presto per appendere le scarpette al chiodo” (da “Affari italiani”). Dunque Pessotto sembra fosse effettivamente in stato di depressione e fragilità. Ma è la stessa moglie di Pessotto a suggerire il legame fra questa depressione e l’inizio dell’attività come dirigente bianconero. Allora viene da chiedersi come si ponesse Pessotto in relazione alle crisi giudiziarie di Calciopoli. Ebbene, non si poteva senz’altro dire sempre preoccupato, ma anzi ottimista e a volte quasi entusiasta. In una conferenza sul calcio giovanile dichiarò ai microfoni che “Dopo questo polverone potremo iniziare a divertirci”. Un atteggiamento decisamente controcorrente, non certo di compromesso. Contrariamente alla moglie Reana, diversi colleghi di Pessotto hanno cercato di ricondurre il suo stato depressivo alla sfera privata e personale, anziché a quella lavorativa. Insistenze e convergenze che iniziano ad apparire più che sospette. Se poi si dovesse dare retta ad Alberto Custodero, che ne l’“Espresso” (19 maggio 2006) parla di come il sistema-Moggi coinvolgeva anche le forze dell’ordine, tutte le questioni qui sollevate diventerebbero enormemente imbarazzanti e sconvolgenti.

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