I guai di Murray e Gasquet.
Rischiano di rimanere incompiuti.
Lo scozzese fa il pallettaro.
Il francese si nasconde sui teloni.

 
31 Marzo 2008 Articolo di Andrea Scanzi
Author mug

Virtual Tour: day 6!

L’immediata sconfitta a Miami ha messo in luce le difficoltà di questi due (quasi) campioni. Dapossibile nuovo Mecir, Murray si sta trasformando nella versione più noiosa di Wilander. Gasquet sembra rifiutare il talento che ne ha fatto “un tennista da esibizione”.

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C’è solo una cosa, nel tennis, peggiore del deludere: abbrutirsi. Vincere e basta, senza curarsi della bellezza, è cosa che può andare bene per i mediani volitivi, per i grigi operai della racchetta: per gli Schuettler, per i Simon (non metto la terza “esse” perché poi gli italianisti si arrabbiano). Ma non può essere l’unica prerogativa di chi ha un bagaglio tecnico-estetico non comune.
Penso soprattutto a due eterne next big thing del tennis mondiale, promesse che non esplodono mai: Richard Gasquet e Andy Murray. Quasi coetanei, 22 anni il primo e 21 il secondo. Entrambi hanno perso al primo incontro di Miami, entrambi al tiebreak del terzo, rispettivamente con il Von Clausewitz del circuito (Tursunov) e con il Pinolo Croato folgorato dal jetsky (Ancic). Sconfitte che ci stanno (soprattutto la seconda), ma che arrivano dopo mesi di perplessità nei loro confronti. Una perplessità che non è dettata solo dai risultati, ma (peggio) da un palese svilimento qualitativo.

Andy Murray

Detestato da molti colleghi e non pochi addetti ai lavori (il buon Federico Ferrero su Eurosport lo manderebbe volentieri in miniera), musone e introverso, ha in realtà una schiettezza antipatizzante che lo rende, se non altro, sincero: a differenza di Novak Djokovic, non insegue l’applauso facile raccontando barzellette o scimmiottando i colleghi. Da bambino è scampato a un massacro nella sua scuola. Gira il mondo con una madre hooligan al seguito. Ha capelli improbabili, dentatura horror, lineamenti postmoderni.
Segaligno, privo di muscoli, lo ricordo distintamente tre anni fa al Queen’s, era 357 al mondo e non lo conosceva quasi nessuno. Batté seccamente Santiago Ventura (vabbe’) e Taylor Dent (ah, che bel giocatore che era). Poi si trovò davanti Thomas Johansson che due settimane dopo avrebbe raggiunto le semifinali a Wimbledon. Breve sinossi dell’evento. Murray perde il primo set al tie, poi vince il secondo ancora al tie. Nel terzo va avanti di un break, sciorinando geometrie euclidee e impagabili traccianti di rovescio. Poi, correndo, si sloga una caviglia. Cade come colpito da mitraglia, a piombo, semisvenuto. Medical timeout, scene di dramma sugli spalti, madre sgomenta. Si ritira? No. Rientra, ma non si muove, e dopo un altro scatto è devastato dai crampi tipo Pescosolido a Maceiò. Si ferma ancora, lo massaggiano, lo rianimano, ma lui proprio non si regge in piedi. Però stringe i denti, porta a termine il match. Che ovviamente perde, da 5-3 a 5-7. Quel giorno “nasce” Andy Murray. Pochi giorni dopo spazza via Bastl e Stepanek a Wimbledon prima di affrontare David Nalbandian, che quell’anno non doveva vedere l’Argentina ai Mondiali in tv, l’auto da rally l’aveva parcheggiata lontano e quindi – tutto sommato - era mediamente interessato alle umane vicende terrene. Breve sinossi. Per due set in campo esiste solo Murray: 7-6 6-1. Il gordo gaucho è alle corde. Poi Murray, il segaligno Murray, l’esangue Murray, lo scheletrico Murray, finisce di nuova la benzina. 0-6 4-6 1-6, e di nuovo l’Inghilterra abbandona affranta una Henman Hill divenuta già allora Murray Hill (certo, Murray sarebbe scozzese, ma quando c’è da festeggiare i britannici si concedono deroghe quanto a confini e nazionalismo).
Andy Murray, dopo quelle settimane erbivore, in pochi mesi entra nei primi 100. Già a fine 2005 è 64, raggiunge la sua prima finale Atp (a Bangkok con Federer) e agli Us Open dà ancora vita ai suoi drammi fisici, vomitando in campo – per la stanchezza e il troppo caldo – a Flushing Meadows, prima di evaporare 0-6 al quinto con Clement.
Oggi Andy Murray è 13 al mondo, 8 come best ranking, 5 titoli in bacheca. Nel 2008 ha già vinto Doha e Marsiglia, non lo si può definire delusione. Purtroppo, anzitutto da un punto di vista estetico, si sta smarrendo. A inizio carriera sembrava poter diventare un nuovo Gattone Mecir (non meno “scionco” di lui), ora ricorda il Wilander più noioso (sempre ammesso che Wilander, in vita sua, sia stato anche solo una volta non noioso). Pallettaro, attendista, pavido: bruttino. A metà 2007 appariva ancora notevole, poi ad Amburgo il braccio ha fatto crac – un altro infortunio – mentre stava sontuosamente demolendo Volandri, e da allora è stato convincente solo a tratti (a fine stagione ha sfiorato il Masters, elargendo qua e là un campionario di traiettorie pazzesche, ad esempio con Chela a Madrid).
Murray ha litigato con Brad Gilbert, con la Federazione, con il fratello doppista Jamie, con se stesso. Soprattutto: è diventato un grigio e iroso ributtatutto, come l’ha più o meno definito Roger Federer dopo l’onta della sconfitta a Dubai.

Richard Gasquet

Collo alla Modigliani, baricentro più rasoterra che basso (“un nano cresciuto”, l’ha definito Rino Tommasi), Gasquet è il classico tennista che se bastasse il talento, non perderebbe mai. In tutto e per tutto (temo anche per il palmares piangente) il nuovo Henri Leconte: bello e incostante, geniale e masochista, divino e sprecone. Se il talento si pesasse, sarebbe l’uomo più corpulento dell’Atp. E invece è magro pure lui, sfibrato, sempre stanco, ricco di malanni e prodigo di walkover fin da quando è apparso stabilmente nei piani alti del ranking. Come per Murray, era il 2005: sconfisse in maniera epica Federer a Montecarlo, perse per stanchezza con Nadal in semifinale, sfiorò i primi dieci del mondo prima di infortunarsi seriamente al gomito.
Le sue annate si somigliano tutte. Nei primi tre mesi è nullo o quasi, poi di solito esce dal letargo a Montecarlo, torna a dormire, si risveglia nella stagione erbivora, indovina qualche acuto sparso nel cemento americano, evapora ancora per poi dare segnali di sé nella stagione indoor di fine anno. Incostante, refrattario alla continuità, capace di perdere con Qureshi ad Halle, Vliegen sul Centrale di Parigi (Sindrome Mauresmo) e pure con Azzaro due anni fa nelle quali di St. Poelten. Ha molte nemesi con cui inciampa quasi sempre, da quelle in qualche modo “comprensibili” (Nalbandian, Davydenko, il miglior Soderling) a quelle inspiegabili (perché perda con inquietante frequenza con Tursunov, Andreev, Melzer, Clement e Vliegen lo sa solo lui).
“Gasquet ha un grande motore ma un pessimo telaio”: lo ha detto Rino Tommasi. “Gasquet è uno splendido tennista da esibizione”: lo ha detto Stefano Semeraro. Vere entrambe le cose. Richard dà la sensazione di non giocare per vincere, ma per piacersi. A fine torneo, qualsiasi torneo, il colpo più bello della settimana è suo. Solo che poi, lui, il torneo non lo vince (quasi) mai. Indimenticabili le sue lezioni di rovescio a Wimbledon con Roddick (irriso sui sacri campi verdi come Murray nel 2006), pazzeschi i due match point annullati a Hewitt negli Us Open 2006, inspiegabile il controsmash di rovescio contro Nadal a Shangai 2007.
Gasquet è un tennista che si specchia nella propria inarrivabile bellezza tecnica, ma che una volta titillatosi il bilico esce dalla partita, come a dire: “Tanto io lo so che sono più forte, lo avete visto anche voi, chi se ne frega se poi perdo” (e infatti con Hewitt e Nadal, quelle volte, ci ha perso). A neanche dieci anni lo hanno definito il Mozart del tennis, rovinandolo. La Francia lo attende da anni, ma già due mesi fa a Melbourne il 22enne di Beziers ha potuto capire quanto è difficile essere figli di Leconte: tutti lo aspettavano, ma dal nulla è spuntato il connazionale (apparentemente) meno dotato che ha fatto meglio di lui (ieri Noah, oggi Tsonga).
Vive in simbiosi con un allenatore che è più che altro un padre protettivo (anche troppo), Deblicker. Psicologicamente fragile, basta una minima avversità per fargli perdere la trama. I rumours - durante lo scorso Roland Garros - sulla sua presunta omosessualità non lo avranno aiutato. Tatticamente è un disastro, più passa il tempo e più peggiora: fa serve and volley (sulla tremebonda seconda palla) quando deve fronteggiare palle break, quasi a scrollarsi di dosso il più presto possibile la paura. Insiste sul colpo migliore dell’avversario. Soprattutto: gioca a tre metri dalla linea di fondo, attendendo e remando. Potrebbe fare quello che vuole con quel rovescio a una mano che è canto mistico. Potrebbe dipingere la Cappella Sistina con quel braccio. E invece no: da prescelto a uomo che sussurra ai teloni. Il Thelonious French del circuito.
Perché risponde – perfino – alle seconde palle di Volandri nascondendosi dietro gli sponsor dei teloni, come un Di Mauro o un Monfils qualsiasi? Perché si vuole così male? Perché si sta abbrutendo? Il conseguimento – fortunoso – della qualificazione all’ultimo Masters e il notevole best ranking (7) lo hanno forse illuso di essere sulla strada giusta. Non è però eretico affermare che il miglior Gasquet, Wimbledon 2007 a parte, non lo si vede da Parigi Bercy 2006 (ovviamente si ritirò anche lì).
Gasquet avrebbe anche la possibilità di inseguire – come il suo padre edipico Leconte - il sogno della Davis, potendo contare su Tsonga (Mathieu, soprattutto in Davis, lasciamolo dov’è), ma il Richard attuale, autolesionista e confuso, attendista e capace di lasciare andare il braccio solo quando ha l’acqua alla gola, non dà alcun motivo per essere ottimisti.

Andy Murray e Richard Gasquet, fino a uno/due anni fa, erano belle speranze. Oggi sono normali realtà. Quasi anonime, e quel che è peggio quasi brutte. Urge un drastico cambio di rotta.

English text (traduzione a cura di Alessandro Mastroluca)

There’s only one thing, in tennis, worst than disappointing: become brutish. The simple act of winning, without considering the beauty, could be good for the grey workers of the racket, for Schuettlers, for Simons. But can’t be the only prerogative of players with uncommon technical-esthetical skills. I think above all to two eternal next big thing, promises never respected: Richard Gasquet and Andy Murray. Almost of the same age, 22 the first and 21 the second. Both has lost at the first round in Miami, both after a tiebreak in the third set, respectively with the Von Clausewits of the circuit (Tursunov) and the Croatian Pine-Nut folgorated by the jetsky (Ancic).
Understandable defeats (especially the second), but arrived after months of perplexities, determined not only by the results but (worst) by an evident qualitative depriciation.

Andy Murray
Hated by many colleagues and not few insiders (the good Federico Ferrero on Eurosport would willingly send him in a mine), unsociable and introverted, he has in reality an openness that makes him disagreeable but at leats sincere; differently from Novak Djokovic, he does’t pursue the easy applause telling jokes or imiting colleagues. When he was a child he escaped from a massacre in his school. He travels throughout the world wwith a hooligan mum. He has improbable hairs, a horror denture, post-modern features.
Excessively thin, without muscles, I remember him three years ago at the Queen’s, he was n.357 and almost nobody knows him. He defeated Santiago Ventura (yes, well…) and Taylor Dent (ah, what a beautiful player he was). Then he faced Thomas Johansson, that two weeks later would have reached the semifinals at Wimbledon. Brief sinthesis of the event. Murray lost the firs set after a tiebreak, then he wins the second in the same way. In the third he starts leading by a break, showing euclidean geometries and backhand missiles beyond price. Then, running, he sprains his ankle. He falls down like a man shooted, half passed out. Medical timeout, scenes of panic on the tribunes, mum dismayed. Does he retire? No, he reenters but he does’t move and after another run he’s devastated by cramps, like Pescosolido in Maceiò. He stops again, they massages and revives him, but he decisely can’t stand up. But he grits his teeth and finishes the match. That obviously lose, from 5-3 to 5-7. That day Andy Murray “rise”. After that day, at Wimbledon, he sweeps away Bastl and Stepanek before facing David Nalbandian, who that year hasn’t to see the Argentina playng the World Cup on tv, had parked far his rally car and so he was on average interested to the human terrestrian matters. Brief sinthesis. For the first two sets there’s only Murray on court: 7-6 6-1. The fat gaucho is on the ropes.Then Murray, the excessively thin Murray, the bloodless Murray, the scheletric Murray finishes the fuel. 0-6 4-6 1-6, and again the distraught England leaves a Henman Hill already become Murray Hill (surely, Murray is Scottish, but when there’s something to celebrate, English people allow themselves waivers on boundaries and nationalism). Andy Murray, after those weeks on the grass, in few months enters in the top-100. In late 2005 he’s already n.64, reaches his first Atp final (at Bangkok against Federer), and at the Us Open shows again his phisical
tragedies vomiting on court, for the tiredness and the extreme heat, before boiling off 0-6 at the fifth set agains Clement. Today Murray is seeded n.13, 8 as best ranking, with 5 titles in his board. In 2008 he has already won Doha and Marseille, we can’t define him a delusion. Unfortunately, above all fron an esthetical pint of view, he’s getting lost. When he started his career he seemed to be the new Mecir, now he remembers the most boring Wilander (always supposing that Wilander at least once in his life hasn’t been boring). Fence-sitter, timorous: quite ugly.
In half 2007 he appeared remarkable yet, then at Hamburg his leg cracked - another injury- when he was sumptuously demolishing Volandri, and since then he has been only sometimes convincing (at the end of the season he has gone near to qualify for the Masters, showing hither and thither foolish trajectories, as in the Madrid match against Chela).
Murray has fighted with Brad Gilbert, with the Federation, with his brother Jamie, with himself. Above all he’s become a grey and irate counteracting, more or less as Federer defined him after the shame of the defeat at Dubai.

Richard Gasquet
Modigliani-style neck, more than low center of mass (Rino Tommasi called him “a growth dwarf), Gasquet is the classical player who, if the only talent was enough, would never lose. He’s definitely (also for the weeping palmares, I fear) the new Henry Leconte: handsome and inconstant, witty and masochistic, divine and squanderer. If the skills weighed, he would be the portliest man in the Atp. Instead, he’s also thin, unnerved, always tired, full of ailments and prodigal of walkover since when he is steadily appeared at the top of the world ranking. As for Murray, it was the 2005: he epically defeated Federer at Montecarlo, he lost, for exhaustion, the semifinal against Nadal,touches the entrance in the top-100 before of the serious elbow injury.
His season are all similar. He’s almost non-existing for the first three months, then usually exits from his letargy at Montecarlo, then he returns sleeping, he wakes up for the season on the grass, finds some isolated victory on the Us hard courts. Unsettled, uncapable of continuity,but capable to lose to Qureshi at Halle, Vliegen on the Paris Central court (the Mauresmo syndrome), and even to Azzaro two years ago at the St.Poelten qualifications. He has many nemesis, and with them he loses almost everytime: some of them are someway “understandable” (Nalbandian, Davydenko, the best Soderling), but others are frankly unexplainable (he only knows why he loses with disturbing frequency to Tursunov, Andreev, Melzer, Clement and Vliegen).
“Gasquet has a great engine but an awful loom”: words by Rino Tommasi. “Gasquet is a splendid tennist for an exhibition match”: words by Stefano Semeraro. Both sentences are true. Richard gives the sensation to play not to win but to please to himself. At the end of the tounament, every tornament, the most beatiful stroke of the week is made by him. But he almost never wins the tournament. His lessons of backhand with Roddick (derided on the sacred green courts like Murray in 2006) at Wimbledon are unforgettable, foolish the two match-points nullified agains hewitt at the 2006 Us Open, unexplainable the backhand counter-smash against Nadal at Shanghai 2007.
Gasquet is a tennist that mirrors himself in his unarrivable technical beauty but who, got pleasure of that, exits from the match, as to say: “Anyway I know to be the best, you also saw it, who matters if I lose” (and effectively, in those occasions against Hewitt and Nadal he lost). When he was less than 10, they defined him the Mozart of the tennis, ruining him. France expects him since years, but two months ago the 22-years-old from Beziers could realize how much difficult is being Leconte’s child: everybody expected him, but his (apparently) less-skilled connational emerged out of nothing and did better than him (yesterday Noah, today Tsonga).
He lives symbiotically with a coach that is more like a (perhaps too much) protective father, Deblicker. Psychologically fragile, the least adversity suffice to make him lose the thread. The rumours - during the last Roland Garros - about his hypothetical homosexuality won’t have helped him. Tactically he’s a disaster, and he’s more and more worsening: he chooses to serve-and-volley (on his weak second ball) when he has to face break-points, as if he would remove the fear as soon as is possible. He insists on the best stroke of his adversary. Above all, he plays three meters from the baseline, attending and rowing. With his one-hand backhand, that’s a mystic chant, he could do everything he likes. But not: from chosen person to man who whispers to tarpaulins. He could paint the Sistin Chapel with his leg. The Theolonius French of the circuit. Why does he returns -even- to Volandri’s second balls hiding him behind the sponsor curtains, like a simple Di Mauro or Monfils? Why does he hate himself so much? Why is he becoming brutish? The -lucky- obtainment of the qualification for the last Masters and the meaningful best ranking (7) have probably deceived him to be on the right road. But it’s not heretic say we don’t see the best Gasquet (except Wimbledon 2007) from Paris-Bercy 2006 (obviously he retired also there).
Gasquet would have the possibility -like his oedipic father Leconte- the dream to win the Davis Cup, being able to rely on Tsonga (it’s better leave Mathieu, above all in Davis, where he’s), but the actual Richard, auto-lesionist and confused, capable of letting go the leg only when he’s drowning, doesnt give any reason to be optimists.

Andy Murray and Richard Gasquet, untin one/two years ago were good hopes. Today they are normal realities. Almost anonymous and, worst, ugly ones. A drastic change of route urges.

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19 Commenti a “I guai di Murray e Gasquet.
Rischiano di rimanere incompiuti.
Lo scozzese fa il pallettaro.
Il francese si nasconde sui teloni.”

  1. stefan scrive:

    ah girano voci su Gasquet giocatore “diverso” ?

    non sarà l’unico immagino…

  2. anto scrive:

    Credo che Gasquet stia pagando il gossip che riguarda la sua presunta omosessualità. E’ un ragazzo che caratterialmente sotto certi aspetti mi ricorda la mauresmo. mentre Murray non lo sopporto, spocchioso, indisponente, maleducato, non, non mi piace, preferisco Scalzi

  3. Safinator scrive:

    Da tuo fan m aspettavo di piu di un misero “quasicopiaincolla”…ma almeno mi sono risparmiato la fatica di leggere i tuoi eccezionali commenti sul tuo sito…per la n+1esima volta… (ho fatto partire una catena via mail ad i miei amici tennisti…per farli partecipi della Verità tennistica… Dopo aver conosciuto il tuo sito mi rammarico di avere il rovescio bimane…eheheh…)…

    Mi aspettavo anche un riferimento al bimane genietto serbo nella tua top ten…mio nuovo idolo dopo la morte tennistica dell’ adorato marat…

    Che dire poi…

    Ho sempre tifato contro (lo so,è triste..) a murray e gasquet…non per particolari antipatie (se non per la patria del secondo…)…ma perchè vedere tanto talento sacrificato al dio dei pallettari mi mette una tristezza infinita…

    Gasquet potrebbe giocare da folle attaccante come l amato tsonga…ma forse ributtare campanili dall altra parte e piu efficace come strategia…

    NO…

    non ha mai vinto niente di importante…

    Almeno Jo ha fatto finale in uno slam…e tempo poco sarà il n 1 di francia…

    Speriamo si renda conto che sta sprecando un dono incredibile…

    Murray…beh…Brad Gilbert…e qui mi fermo.

    Ti rinnovo i complimenti…

    Forza Tipsarevic!

  4. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Se Murray raggiungesse le vittorie di Wilander, gli converrebbe quasi essere noioso…..il brutto è che lui si difende, si difende, si difende…..e perde.
    Su Gasquet, che dire? Delusioni a go-go.

  5. Sette scrive:

    quanto a potenziali inespressi che dire di berdych? potenza e fluidità degne del miglior safin, testa e mobilità da circuito challenger. mah…

  6. lorenzo scrive:

    OT: finalmente rileggo il nome Taylor Dent: scusate l’ignoranza ma la sua scomparsa dal circuito m’è sfuggita… che è successo? Speranze di un suo ritorno?
    grazie

  7. Voortrekker Boer scrive:

    Io sono dell’opinione che il divorzio tra Murray e Gilbert abbia inciso tantissimo sulla involuzione dello scozzese.

    Un esempio: il match di ottavi di finale all’Australian Open 2007 contro Nadal.
    Per i primi due set e mezzo è stata una lezione di tennis su come battere lo spagnolo sul veloce: attacchi in controtempo, accelerazioni repentine, colpi giocati in controbalzo dentro al campo, smorzate taglia gambe e lob precisissimi. Poi si è un po’ spento e ha perso il match.
    Ma dietro a quel tennis spettacolare, finemente tattcio e ragionato c’era sicuramente Gilbert e i concetti fondamentali di Winnin’ Ugly applicati ad un giocatore di talento (che Gilbert non era), un binomio devastante.

    Ora l’ha lasciato andare, secondo me ha fatto un grosso errore.

    Buono l’argomento dell’articolo, ma Scanzi è sempre lui: scrive come mangia (o come parla,e spero proprio per lui che non sia così).Voto: 6

  8. Karlovic 80 scrive:

    @ Lorenzo.
    In pratica Dent è fermo da più di 2 anni,da Rotterdam ‘06,quando si fece male contro il nano C.Rochus fratturandosi un vertebra.Poi,l’anno scorso si è operato due volte nella zona lombare posteriore.Il suo rientro era previsto per fine anno.Di più non so.

  9. Safinator scrive:

    Berdych è uno sparapalle da non paragonare a safin…pena la scomunica…

    (Karlovic la lista dei servizi…ne ho bisogno :))))!!!!!!!!!!

  10. Pat scrive:

    Purtroppo Dent dovrebbe aver finito prematuramente la carriera! Peccato! Comunque concordo pienamente con Scanzi su entrambi, sulla risposta di Gasquet soprattutto! Anch’io tifavo il giovane Murray e ora spero invece che perda, a meni che non torni il giocatore brillante e dal tennis personalissimo che era…bravo Scanzi!

  11. Pat scrive:

    D’accordo con Safinator: paragonare berdych a safin è una bestemmia tennistica!

  12. Safinator scrive:

    …diro di piu…per il potenziale che (non) ha…Berdych ha gia fatto troppo…

  13. Sette scrive:

    al contrario penso che abbia un potenziale persino superiore al russo, visto che è in grado di giocare anche sull’erba

  14. Safinator scrive:

    Mah…
    safin per questo sapeva giocare sulla terra…

    e allora!?

    che discorso è!?

  15. Sette scrive:

    era sottinteso “al contrario di safin” sa giocare anche sull’erba, oltre alle altre superfici, terra inclusa… in altre parole, potenzialmente più versatile.

  16. Giovanni da Roussillon scrive:

    In questa occasione l’ossimoro proviene curiosamente dall’autore dell’articolo: Gasquet l’abbrutito e purtuttavia “…a fine torneo, qualsiasi torneo, il colpo più bello della settimana è suo”.
    Tra i commentatori c’è chi prova enfaticamente “antipatie per la patria” di un tennista, e chi, probabilmente per problemi irrisolti causati dalla propria taglia, prende gusto a minimizzare (non è la prima volta) quella di un altro tennista.

    Di contro, apprezzo sempre più gli altri numerosi interventi (cito ad esempio Voortrekker Boer, che anche qui non si smentisce), spesso ricchi di acume e sensatezza. In coda a certi pezzi talvolta magari un po’ meno felici, rielevano il livello complessivo della discussione.

  17. nuto1970 scrive:

    A mio parere è fuor di dubbio che gasquet e murray siano giocatori di grande talento ma non mi sento di accumunarli allo stesso destino come sembra fare l’amico Scanzi. Condivido l’analisi relativamente al francese che, anche secondo me, si accontenta di specchiarsi nella propria classe. Purtroppo per lui però il tennis è uno sport nel quale non esistono giudici muniti di paletta per dare voti all’estetica dei colpi e questa sua indole, una sorta di mancanza di cattiveria agonistica indispensabile per essere competitivi ai massimi livelli, lo porta a non rendere in termini di risultati. Il caso di Murray secondo me è invece diverso. Lui la cattiveria ce l’ha ma non è ancora capace di incanalarla in modo costruttivo. Spesso, tralasciando qui le follie di tipo squisitamente tattico, lo scozzese pare non trovare il bandolo della matassa: è cosciente della propria classe e vive come un affronto divino il fatto stesso di venir messo in difficoltà (e spesso battuto) da atleti che gli sarebbero inferiori; ma non si accontenta (come gasquet) di giocare bene a tratti, anzi, si rode di rabbia, conscio di non aver ancora trovato il modo di conclamare la propria superiorità. L’atteggiamento che ha avuto con Federer dopo averlo battuto era illuminante. Per lui era quasi una cosa dovuta. Questo aspetto ci porta a dover considerare che:
    1) Ancora Murray non ha fatto il salto di qualità;
    2) Non è detto che non lo faccia (ma deve darsi una mossa!)!
    Se, ad esempio, trovasse la settimana buona e magari vincesse un torneo importante probabilmente farebbe quello scalino che gli manca per poter ambire a diventare, in futuro (lo dico? lo dico!) il quarto incomodo. Cosa che invece, nel caso di Gasquet, a mio parere non avverrebbe comunque. Mi si perdoni il paragone calcistico, ma quando penso a Murray mi immagino sempre quegli attaccanti di razza che han bisogno solo di segnare il primo gol dopodichè, sbloccati, iniziano a segnare a raffica. Certo, e qui concordo con il commento di Voortrekker Boer, la mossa di allontanarsi da Gilbert non è certo stato un colpo di genio…
    Offtopic: ma avete visto quel matto di Youzhny cosa ha combinato contro Almagro?! Splatter a go-go…mah!

  18. Andrea Scanzi scrive:

    @Nuto: condivido la tua analisi.
    Accostavo Murray e Gasquet per quella certa incompiutezza e più ancora per la involuzione estetica, che non è certo “tamponabile” dalla constatazione - vera - che almeno un colpo (accecante) a torneo Gasquet lo indovina. Se giochi “da Gasquet” un minuto a torneo, e per il resto ti riduci a quasi-emulo di Monfils, non puoi essere definito bello.
    Se invece mi parli di futuribilità, ho sempre pensato che, dopo Djokovic, il giovane più vincente del lotto (potenzialmente e non solo) è proprio Murray. Più di Berdych, più di Gasquet, più di Baghdatis, più di Tsonga (e credo anche più di Ancic).
    Mi spiace che lo scozzese si stia wilanderizzando, ma questa sua “neo-bruttezza” non gli ha comunque impedito anche quest’anno di avere vinto 2 tornei, uno dei quali (Marsiglia) di gran pregio. Constatazione che dice molto sulla sua notevole futuribilità.
    Brutalizzando: a uno Slam di Gasquet (che, bada bene, adoro) non credo. A uno Slam di Murray non credo ciecamente, ma posso credere. Certo il secondo, a fine carriera, sarà risultato - infortuni e imprevisti a parte - più vincente del primo. O almeno è questa la sensazione che ho.

  19. Lydian scrive:

    Ottimo pezzo, acuto e sferzante come al solito.
    Mi domando: non potrebbe essere esteso, in generale, a tutti i supertalenti dell’Atp che sono scoppiati prima ancora di esplodere? E da questo: non potrebbero esserci componenti esterne, oltre che interne (tutte giustissime: psiche fragile, scelleratezza tattica, autolesionismo etc.), che a parte casi isolati più unici che rari impediscono ai “prescelti” di diventare dei numeri uno?

    In fondo anche Berdych gioca bene un torneo/due al massimo all’anno: in quei 15 giorni tutti a pensare che sia finalmente rinato, poi eccolo di nuovo tornare a sparacchiare colpi a caso per i restanti 350.
    Idem Verdasco, che tutti reputano uno dei tennisti potenzialmente più devastanti del circuito e a parte una finale a stagione - quando gli va bene - se passa due turni è già brodo grasso.
    Di Del Potro si diceva che fosse candidato a diventare il terzo incomodo tra Nadal e Djokovic ancor più di Gasquet e Murray. E’ vero, ha avuto guai fisici (è uno dei giocatori che perde più spesso per ritiro), ma anche quando è stato in salute non è che suonassero proprio le campane per come dipingeva i courts con i suoi colpi.

    E se andiamo a guardare l’età media dei primi 50, onestamente, la presenza isolata dei ragazzetti terribili tuttotalento sembra più un errore del computer, a fronte di un’armata solida e compatta di soldatini e robot assemblati con la fiamma ossidrica.
    Forse è un’osservazione banale, ma essendo Murray, Gasquet, Berdych e Verdasco (forse Del Potro è stato semplicemente molto sopravvalutato per quello che è il suo reale potenziale, infortuni o meno) tipologie completamente diverse di giocatori per attitudini/mentalità/stile di vita/voglia di allensarsi, non sarà che magari esistono condizioni oggettive che portano le “eterne promesse” a rimanere per sempre incompiute?

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