Gaston Gaudio, trionfo a Parigi
Finale con psicodramma
Coria ha crampi e matchpoints
“El Gato” succede a Vilas

 
9 Dicembre 2006 Articolo di Ubaldo Scanagatta
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strong>ECCO L’ARTICOLO CHE SCRISSI IL GIORNO DEL SUO TRIONFO AL ROLAND GARROS 2004
Dall’inviato
Ubaldo Scanagatta PARIGI _ Una finale così non s’era mai vista. In quella tutta russa delle donne, fra Myskina e Dementieva, non era successo niente, ieri in quella argentina invece è accaduto davvero di tutto. Un buon regista ne potrebbe trarre ispirazione per un film.
Un film nel quale chi trionfa, alla fine e nonostante due set di vantaggio per un avversario poco amato, e poi anche due matchpoints sempre per lui sul 6-5 nel quinto set, è proprio l’eterno perdente. Sì, quel Gaston Gaudio che fino a ieri aveva vinto soltanto due tornei (Barcellona e Majorca nel 2002, quando aveva conquistato la sua miglior classifica, n.19 del mondo), ma era poi precipitato nell’anonimato del 44mo posto mondiale. Mai era riuscito ad assorbire psicologicamente una sconfitta in un match quasi già vinto in Coppa Davis contro i russi. Quel match avrebbe portato l’Argentina alla finale in casa contro la Francia, quasi certamente alla prima Davis della sua storia. Gli argentini non gliela avevano mai perdonata.
Il primo derby argentino d’una finale di Slam è girato almeno 4 volte. Primo atto: Coria, il grande favorito, vince il primo set 6-0 in 24 minuti contro un Gaudio paralizzato dalla paura. Vince anche il secondo, 6-3 dopo un’ora. Come può perdere chi ha vinto 37 degli ultimi 38 incontri sulla terra rossa? Gli statistici sono già lì a controllare le finali più corte. Secondo atto: Gaudio si risveglia, c’è finalmente un po’ di equilibrio, e scambi duri. Incoraggiato dal pubblico che teme il bis della finale femminile Gaudio strappa la battuta a Coria, pur giunto sul 4 pari 40-0 (“La partita l’ho persa lì”) e allunga il match al quarto set. Terzo atto: Coria ha i crampi. Sono chiaramente di natura nervosa. Un maratoneta come lui non può averli dopo un’ora e mezzo di gioco. Arriva il fisioterapista, gli dà una pomata. Coria molla il quarto set, non si muove più. Sarà mica una recita ispirata da Moliere, da “malato immaginario”? Gaudio non si raccapezza mica tanto. Quello lì gli ha fatto la scena già ad Amburgo un anno fa, quando negli spogliatoi furono lì lì per venire alle mani.
Sembra quasi che nessuno dei due argentini voglia succedere, 27 anni dopo, al loro “padrino” Guillermo Vilas, l’unico argentino in trionfo a Parigi (1977). Si arriva ai due matchpoints per Coria, via un dritto, via un rovescio. Per Coria è la fine. “Ho pensato troppo _ piange anche lui _ quella vicenda del doping mi ha fatto troppo soffrire, ce l’avevo anche con Dio”. E vince invece Gaudio, dopo 3 ore e 31 minuti: 8-6 al quinto!
“Se sono qui lo devo a te”. Gaston Gaudio, le lacrime che solcano il viso da ragazzino, trova la forza per guardare dritto negli occhi Guillermo Vilas. Il piccolo Gastone aveva appena 11 anni quando Guillermo l’aveva accolto nel suo nuovo Tennis Club di Buenos Aires: “Si facevan soci solo vecchi signori…aiutare un ragazzino promettente senza soldi che chiedeva solo di potersi allenare al mio club non poteva farmi che piacere…Non ricordo d’aver mai visto un match più drammatico, più incredibile…sì, mi hanno parlato di una finale al Foro Italico fra Gardini e Merlo (1955…)” avrebbe raccontato Vilas, appena disceso, insieme a John McEnroe, dal palco dei premiati.
Gaudio b.Coria 0-6,3-6,6-4,6-1,8-6 in 3h e 31 m.

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