I 40 anni dell’Era Open.
Viaggio alla scoperta dello Slam Aussie

 
16 Dicembre 2007 Articolo di Remo Borgatti
Author mug

Quando l’open d’Australia era considerato la gamba zoppa dello Slam. Fino alla sua ripresa.

SECONDA PUNTATA 40 ANNI DI GRANDE SLAM (2)

Gli Australian Open sono stati considerati, per un certo tempo, la “gamba zoppa” del Grande Slam. In effetti, la lontananza dell’Oceania dalle rotte abituali ha costituito, soprattutto in passato, una sorta di deterrente naturale nei confronti della maggior parte dei tennisti d’oltre oceano, fossero essi americani o europei. Fino a metà degli anni ’80, Melbourne ha sofferto di ripetute importanti defezioni sia nel tabellone maschile che in quello femminile. Eppure, a parte qualche caso clamoroso (comune peraltro anche agli altri Major), l’albo d’oro dei diversi tabelloni è di assoluto rispetto. Dal 1988 poi, da quando cioè il torneo ha cambiato sede e superficie dotando i campi principali di un tetto mobile che viene chiuso sia in caso di pioggia che di caldo eccessivo, gli Australian Open hanno definitivamente colmato il gap e si propongono al medesimo livello dei “fratelli” di Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Inoltre, trattandosi della prova di apertura, hanno il privilegio di indicare, ogni anno, il nome di coloro che potranno aspirare alla conquista del Grande Slam. Insomma: chi vince a Melbourne può continuare a sognare, tutti gli altri sono costretti a svegliarsi.
Dal 1969 a oggi sono state 19 le edizioni di questo torneo, di cui ben due (la prima a gennaio, la seconda a dicembre) nel 1977, quando venne deciso di cambiare data, e nessuna nel 1986, che servì a ricollocare gli Open dalla fine all’inizio della stagione agonistica. In questi 19 anni, mentre singolare e doppio maschile e femminile si sono sempre svolti, il misto si è invece disputato solo il primo anno (in cui peraltro la finale tra Riessen-Smith Court e Stolle-Jones non si giocò e il titolo non venne assegnato) per essere poi sospeso fino al 1987. Anche nel doppio femminile si registrano alcune curiosità: nel 1976 Goolagong-Cawley batterono Bowrey-Tomanova sulla distanza inconsueta di un set (8-1) mentre nel dicembre del 1977 la finale tra le stesse Goolagong-Cawley e Guerrant-Reid non venne disputata.
Nel periodo preso in considerazione, le femmine capaci di iscrivere il proprio nome almeno una volta nell’albo d’oro sono state sessantadue; settantasei gli uomini. Spetta a Martina Navratilova la palma di pluri-vincitrice con 12 titoli (3 in singolare, 8 in doppio e uno in misto) davanti a un terzetto composto da Margaret Smith Court, Evonne Goolagong e Martina Hingis con 8 e alla statunitense Pam Shriver con 7 (tutti in doppio e consecutivi); più distanti i primi maschi, guidati dai due “canguri Newcombe e Edmondson e dallo statunitense Pugh, con 5 titoli a testa.
Entrando nello specifico delle diverse specialità, solo le due Martina (Navratilova e Hingis) hanno centrato la tripletta – singolare, doppio e misto – con l’ex-cecoslovacca che detiene pure il record di maggior distanza temporale tra la prima e l’ultima vittoria (ventitré anni, dal doppio con la Nagelsen del 1980 al misto con Paes del 2003). Nel singolare al comando quattro donne (Smith Court, Goolagong, Seles e Graf) e un solo uomo (Andre Agassi), ciascuno con quattro coppe; seguono Navratilova, Hingis, Serena Williams, Wilander e Federer con tre. In doppio la regina è ancora la Navratilova (8) seguita dalla fida compagna Shriver (7) mentre tra i maschi è Mark Edmondson l’unico ad essersi aggiudicato quattro titoli. Curiosa infine la situazione nel misto con Pugh davanti a tutti (3 vittorie) ma anche unico maschio ad aver alzato il trofeo più di una volta; tra le femmine invece ben tre atlete hanno concesso il bis: Savchenko, Zvereva e Novotna.
Passiamo ora all’analisi relativa alle partite disputate da ogni singolo vincitore. L’australiana Margaret Smith Court detiene la miglior percentuale di vittorie: 93,48% (43 successi e sole 3 sconfitte); seguono Agassi (90,57), Hingis (88,35), Seles (88,33), Navratilova (87,88), Fibak (87,50) e Serena Williams (85,94). La presenza del polacco è giustificata almeno in parte dallo scarso numero di incontri sostenuti, appena 8. La maglia nera di questa speciale classifica è appannaggio dell’australiano Laurie Warder, sconfitto 22 volte su 37 (40,54%).
Limitatamente al singolare, pur essendo sempre la Smith Court a comandare (95,45%) avendo perso una sola delle ventidue partite giocate (6-4, 6-3 dalla Navratilova, quarti di finale nel 1975), sono ben tre i giocatori oltre il 90%: nell’ordine Seles, Connors e Agassi. Tra i tennisti ancora in attività, i migliori sono Federer (36-5) e Serena Williams (33-5). In doppio sono invece appaiati sul gradino più alto del podio Peggy Michel (9-0) e Fibak (5-0), dall’alto della loro imbattibilità, ma anche Navratilova (51-5), la solita Smith Court (19-2) e le sorelle Williams (18-2) non scherzano affatto. Infine il misto, dove Jana Novotna è imbattibile con le sue dieci vittorie su dieci (i titoli conseguiti nel biennio 1988/89 in coppia con Pugh) ma anche altri otto giocatori detengono il 100% di successi.
L’ultimo rilievo riguarda il numero di partite disputate. In assoluto è Todd Woodbridge a comandare, con 146. In singolare primo posto a pari merito per Edberg e Davenport (67); in doppio Woodbridge (68) davanti a Shriver (67); nel misto ancora Todd (46) di nove lunghezze su Rick Leach.
La prossima volta analizzerò gli Internazionali di Francia.

Remo Borgatti

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13 Commenti a “I 40 anni dell’Era Open.
Viaggio alla scoperta dello Slam Aussie”

  1. Daniele Bartolini scrive:

    Nel frattempo Mark Philippoussis è stato sconfitto, nel suo secondo incontro, 6-4 6-3 da Samuel Groth, n° 341 del mondo, ma ha comunque buone chance di qualificarsi ai quarti dell’Australian Open Play Off, dato che Alun Jones - nello stesso round robin di Mark - si è dovuto ritirare.

  2. karlovic 80 scrive:

    philippoussis,ha perso il secondo match per 6-4 6-3,contro sam groth.
    chi vincera,il mini torneo chiamato “australian open wild-card playoff”,entrera nel tabellone principale.

  3. valerio scrive:

    credo ke gli austrialian open rimarranno sempre lo slam meno importante…1)wimbledon,2)us open,3)roland garros,4)aus open…ke dite?

  4. remo scrive:

    ERRATA CORRIGE - Mi scuso con i collaboratori e con i lettori per il refuso relativo al numero di edizioni del torneo dal 1969 a oggi, che sono ovviamente 39 e non 19 come appare nel pezzo.

  5. Marcello scrive:

    Io preferisco dividere la categoria degli slam da una parte US Open e Wimbledon che sono i più antichi e con l’albo d’oro più nobile. Dall’altra l’Australian Open e il Roland Garros che per gli europei e i sudamericani è importante, ma che come Melbourne ha avuto qualche finalista e vincitore un po’ così così.

  6. luca scrive:

    La Smith Court doveva essere fenomenale; peccato non ci sia molto da vedere sulle sue infinite vittorie.
    E se la si ponesse sullo stesso piano della Navratilova, o un pò più su ???

  7. Daniele Bartolini scrive:

    Intanto Mark Philippousis si è qualificato per i quarti dell’AO play Off, vincendo a tavolino per il ritiro del suo avversario Mark Verryth.

  8. Francesco da Lugano scrive:

    Una bella notizia, per il tennis, la rivalutazione (e riabilitazione) storica dell’Australian Open.

    Spesso gli (odiati da me) stereotipi possono essere sconfitti. Nello sport e nella vita. Non deve essere stato facile per gli organizzatori australiani vivere per anni col ritornello “qualunque cosa facciate sarete sempre un gradino sotto Londra, New York e Parigi”.

    Credo che negli anni abbiano vinto i “canguri”. Meno male. Hanno vinto perché si sono messi in discussione su tutto (sede, superficie), perché hanno programmato al loro meglio, perché hanno fatto sacrifici enormi.

    Il risultato lo possiamo ammirare ogni gennaio. Il torneo, a detta dei tennisti, “meglio organizzato”. E tecnicamente molto affascinante.

    Adesso, a mio parere, gli organizzatori hanno dei vantaggi sulla concorrenza. Non sono ingessati come i loro colleghi londinesi, in ossequio a tradizioni come la domenica “off”, il campo centrale non coperto (fino al 2009), le zero ore di diretta serale. E’ vero che la tradizione è il “sale” del tennis. Ma è altrettanto vero che le tradizioni possono essere plasmate, modellate, alle esigenze dei tempi che cambiano.Non sempre in peggio.

    Quindi, per me:

    1) Flushing Meadows
    2) Melbourne
    3) Wimbledon
    4) Roland Garros

    E per voi?

  9. karlovic 80 scrive:

    @ remo.
    il mio sognio,sarebbe un 5° slam giocato indoor carpet,magari nella megalopoli shanghai.
    in un futuro prossimo,sarebbe un azzardo?

  10. egizio scrive:

    se parliamo di sogni io mi “accontenterei” semplicemente che l’erba tornasse ad essere la superfice dominante nei tornei dello slam e mi piacerebbe che tornasse la superfice degli Australian open. Mi accontento di poco no? :-)

  11. remo scrive:

    Per Karlovic: quando il master si disputava al madison square garden poteva quasi assumere le sembianze di uno slam ma il numero ridotto dei partecipanti e la formula lo allontavano dal concetto. In realtà il carpet indoor poteva essere la superficie ideale per questo quinto slam (di cui, peraltro, io personalmente non sento affatto il bisogno) ma è evidente che 128 giocatori e giocatrici al coperto è un’autentica utopia.
    Per Luca: Margaret Smith Court è una delle tre sole tenniste ad aver conquistato il Grande Slam. Ottenne questo risultato nel 1970. Le altre due sono la statunitense Connolly (1953) e la tedesca Graf (1988). La Smith aveva già conseguito lo stesso risultato in doppio misto nel 1963, in coppia con Ken Fletcher. Infine, l’australiana è pure la detentrice del maggior numero di titoli sia in singolare (24 contro i 22 della Graf) che in assoluto (62 contro i 59 della Navratilova).
    Il mio parere è che Smith e Navratilova siano molto vicine in una ipotetica classifica all-time delle migliori giocatrici anche se giova ricordare come la Smith abbia vinto molti dei suoi titoli sull’erba (allora presente anche a Forest Hills, oltre che a Melbourne), superficie che forse avrebbe fatto vincere qualche slam in più anche a Martina. Ma è la solita storia dei “se” con cui non si è mai fatto la storia.

  12. karlovic 80 scrive:

    @ remo.
    piu del master del madison,considero la coppa del grande slam,un simil “slam indoor carpet”.sia per formato,regolamento,montepremi(al vincitore 1.5 milioni $)e superficie.
    la splendida olympiahalle(piu piccola del madison),ha ospitato 10 edizioni del torneo,nato per volere dell’itf(e del presidente chatrier,piu conservatore e tradizionalista)per contrastare,l’atp(e il presidente miles,piu spettacolare ed “americanizzato”).partecipavano i migliori 16 tennisti,che ottenevano i migliori risultati negli slam in base ad un punteggio,tabellone ad eliminazione diretta(il metodo piu democratico nel tennis,altro che quella specie di master di fine anno giocato in questi anni)3 set su 5,in semi e finale.
    eccezzionali le edizioni 92 e 93,vinte da stich e korda(in quell’edizione petr,in semi batte sampras 13-11 al quinto e in finale stich 11-9 sempre al quinto).
    il torneo ebbe un successo clamoroso,unica defezione che a volte i migliori(agassi,mac,lendl,edberg) lo hanno considerato solo una vera esibizione(tecnicamente lo era,perche non dava punti atp)
    un torneo di queste dimensioni,caratteristiche,e organizzazzione oggi manca,sull’indoor carpet si sono viste partite eccezzionali.

  13. remo scrive:

    Ricordo benissimo. Hai ragione: alla manifestazione mancava solo l’ufficializzazione, perché spettacolo e protagonisti erano di primissima qualità.

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