Us Open, Young primo successo in uno Slam.
Tra i pro aveva perso undici volte di fila.
“Merito dei miei genitori se gioco a tennis…
e giocare i tornei junior mi ha ridato fiducia”.

 
28 Agosto 2007 Articolo di Giovanni Di Natale
Author mug

Il personaggio del giorno negli Usa è sicuramente Donald Young, che al terzo tentativo ha vinto un incontro agli Us Open. Bimbo prodigio alcuni anni fa, era diventato un fenomeno mediatico. Ma senza risultati è tornato nell’ombra. Tanti tornei futures, alcuni challenger e le prove dello Slam del circuito juniores. Ha vinto Wimbledon under 18 ed è iscritto anche agli Us Open junior… ma se continua così non potrà giocare.
Ecco l’intervista che Donald Young ha rilasciato in conferenza stampa

Traduzione a cura di Luca Corradini.

D: Stavi servendo 5-3 nel secondo set, e hai sbagliato consecutivamente due dritti. Cosa ti sei detto per superare quel momento?
R: Non so. Semplicemente di non sbagliare. Durante quei primi due punti, ero davvero nervoso e contratto. Volevo solo riuscire a mettere in campo delle prime, per far si’ che dovesse essere lui a venire a prendersi il punto, e non io a concederlo com’e’ stato per i primi due.
Ancora un’ora per inviare partecipare al pronostico di oggi. Già 92 le schede arrivate, cerchiamo di arrivare a 100. Non esitate, non si perde nulla. In palio c’è un applauso da parte di tutto il blog.

D: E ora come ti senti?
R: E’ grandioso. E’ fantastico aver vinto il match. Sicuramente il primo incontro che ho vinto al meglio dei cinque. Il mio primo all’Open su tre disputati. E’ stato fantastico.

D: C’e’ stato un momento nel quale hai cominciato a tenere il conto tu stesso, e a chiederti insieme ad altri: “Saro’ mai in grado di vincere una partita?”
R: Beh, naturalmente e’ una cosa che ti passa per la testa quando perdi undici volte consecutivamente. Ma, voglio dire, sentivo che, passati quei momenti, sarei senza dubbio riuscito a conseguire almeno una vittoria.
Sapevo che ce l’avrei fatta. Prima o poi ti capita di non dover giocare puntualmente contro i tennisti di vertice, ma anche contro giocatori di ranking inferiore. Ma inferiore non vuol dire in realta’ minori, ma di ranking piu’ basso dei top 10.

D: Cosa ti ha fatto perseverare durante quei momenti negativi?
R: Adoro giocare a tennis. Adoro vincere. Mi piace la sensazione e voglio continuare a vincere. Sapete, volevo semplicemente ottenere una vittoria a questi livelli, ed ero determinato a farlo.

D: Alcune persone si sono domandate perche’ giocavi in certi tornei Junior. Hai ottenuto buoni risultati a Wimbledon. Ti ha aiutato a costruire una certa fiducia in vista di questa parte della stagione?
R: Sicuramente. Voglio dire, vittoria chiama vittoria. Quando vinci partite a qualsiasi livello, questo ti aiuta quando affronti il livello successivo. Ma era anche una questione di andare sul campo e riuscire a battere tennisti del tuo stesso valore, sostenere la pressione.
Questo, perche’ un conto e’ scendere sul campo senza una gran pressione quando sei numero 200 e affronti dei top 100. Non si suppone che tu vinca. Ma nei junior, credo di si’, dunque la tensione e’ diversa.

D: Negli ultimi mesi, sembri avere piu’ fiducia in te stesso. C’e’ un elemento in particolare che ti ha permesso di acquisire queste sensazioni positive?
R: Beh, in questo senso, la scorsa settimana mi e’ stata di gran aiuto. Ma vincere al Challenger di Aptos, il primo Future di Aprile, il primo torneo che ho vinto…Si’, mi ha trasmesso una gran fiducia, il sapere che posso vincere a questi livelli ed essere alla pari di tanti.

D: Questa sera, Venus e Serena giocheranno per onorare Althea Gibson. Sono state dei modelli per te? Se si’, in che modo?
R: Per il tennis afroamericano, senza dubbio. Ma sono donne, mentre io gioco nel circuito maschile. Pero’ si, sono state fantastiche per il tennis e non solo. Senza di loro, non credo che cosi’ tante persone avrebbero cominciato a giocare.
Tutti vogliono giocare. Quando qualcuno parla di tennis, cita Venus o Serena, il diventare come loro. E’ questo cio’ che dicono e quello per cui tutti lavorano. Hanno vinto degli slam, e’ fantastico.

D: Ricordi la prima volta che le hai viste giocare? Qual e’ stata la tua reazione?
R: Ero emozionato. Era da un po’ che non si vedeva giocare un’afroamericana. Sono giocatrici straordinarie, non solo afroamericane, ma americane. Sono fantastiche su tutta la linea.

D: Quanti anni avevi la prima volta che le hai viste giocare?
R: Non ricordo. E’ da un po’ che loro sono sul circuito. Prima di diventare un adolescente, di sicuro. Voglio dire, quando avevo nove o dieci anni.

D: Naturalmente Althea Gibson ha giocato tanto tempo fa. Ti fa piacere che stasera venga omaggiata? Sai qualcosa di lei?
R: Sono indubbiamente felice. In realta’, ho scritto una sua biografia quando ero alle medie. Si, insomma, credo di saperne abbastanza. Adesso non ricordo con esattezza tutto, ma in quegli anni mi aveva preso molto. Pero’, si’, l’omaggio di stasera e’ fantastico.

D: Ricordi il voto preso con quella biografia?
R: Vorrei dire di aver preso una “A”. Ma non ricordo, davvero. Mi piacerebbe dire di aver ottenuto una “A” (sorride)

D: Sei un ragazzo giovane che ha gia’ creato molte aspettative e risposto a tante domande, ma riesci a immaginare di essere come Andy Murray, che dopo il ritiro di Tim Henman sara’ l’unica giovane speranza per il suo Paese?
R: Non proprio. Nel ‘05, a Wimbledon, mi hanno rivolto quella domanda e io dissi qualcosa del tipo : “No, perche’ non posseggo ancora una collina”. Non c’e’ una Murray Hill. Io non ho una Donald Hill. Ma, comunque, voglio dire, e’ un grande giocatore. Ha molta pressione addosso, con tutta la nazione che si affida a lui e a Tim.
Qui negli States, abbiamo altri tennisti come Andy, James, Sam, Isner. Tanti grandi giocatori.

D: Parlando proprio di questo, la settimana che hai trascorso con loro nel periodo di Davis e’ arrivata subito prima il tuo primo torneo. Tornando a quei momenti, passare del tempo con loro, l’incitamento che ti hanno trasmesso, e’ stato importante per migliorare la fiducia?
R: E’ stato fantastico trascorrere del tempo con gli altri ragazzi, scambiare a quel modo tutti i giorni, perche’ non ti capita sempre. Voglio dire, in quale altro posto hai la possibilita’ di scambiare con un numero 4 o 5 al mondo? E’ stato grande. Mi hanno coinvolto, anche un po’ ammaliato, ma e’ stato fantastico.

D: Il pubblico presente oggi… Hai mai provato qualcosa di simile prima di oggi? Che impressione hai avuto?
R: Beh, la scorsa settimana — quando ho giocato con Nikolay — e’ stato simile. Ma qui non mi era mai successo, mi ha aiutato per tutta la durata del match. Senza di loro, non credo sarei riuscito a vincere.

D: Quando hai iniziato tra i professionisti, cos’e’ che non ti riusciva bene?
R: Credo non fossi fisicamente — beh, meglio sviluppato fisicamente. I colpi li possedevo, cosi’ come il gioco, credevo di poter stare al loro livello, ma fisicamente non potevo durare. Ero un quindicenne, contro dei ventenni gia’ maturi. Si’, e’ diverso.

D: Questo sara’ sicuramente uno dei momenti preferiti nella tua storia personale dello U.S. Open. Prima di oggi, qual e’ stato per te il momento piu’ memorabile qui all’Open?
R: Per me stesso, probabilmente la vittoria nel doppio juniores con Clayton.

D: E a parte quello?
R: Probabilmente la finale tra Sampras e Agassi. Per Pete, e’ stato un modo fantastico di ritirarsi dalle scene. Grandioso.

D: Puoi dirci qualcosa di piu’ sulla finale a Wimbledon, cos’ha significato per te?
R: Wimbledon e’ stato un grande slam da favola. Vincere un qualsiasi slam e’ sempre importante, in special modo a Wimbledon. Arrivare la’, il primo torneo junior che giocavo quest’anno dopo un po’ di tempo…Ha significato molto, per me. Una grande iniezione di fiducia. Ha portato il mio ranking junior dal n.90 al n.7.
E’ stato fantastico trovarsi la’ e vincere contro il n.1 del seeding, il tennista che aveva vinto il French Open. Per tutti era lui il migliore tra noi due e sono stato felice di sconfiggerlo.

D: Entrare sul campo oggi ti ha trasmesso sensazioni differenti, un livello di fiducia diverso a causa di New Haven? In qualche modo diverso dagli altri due US Open?
R: Si’, e’ stato sicuramente diverso. Ho vinto il mio primo match, non ho mandato tutto all’aria, ho ottenuto una vittoria. Una grande iniezione di fiducia. Giocavo contro un tennista non tra i primi dieci al mondo e credevo di avere qualche chance.

D: Parlando del tuo approccio mentale quando sei sul campo: anche quando sembri giocare bene, non dai l’idea di essere particolarmente soddisfatto. Sei severo con te stesso?
R: Si’, si puo’ dire un perfezionista, ma nessuno puo’ essere perfetto. Non mi piace sbagliare, ma non va sempre come vorresti.
Sono soddisfatto, ma magari non lo mostro perche’ non voglio sembrarlo in anticipo e finire poi per perdere.

D: Se non sbaglio, negli anni sei stato allenato da tuo padre. Puoi parlare dell’influenza che ha avuto nella tua vita?
R: Si’, mio padre e mia madre sono stati i miei coach per tutta la vita. Senza di loro, non avrei mai giocato, perche’ non saprei nemmeno com’e’ fatta una racchetta da tennis. Percio’ do pieno credito a loro per il tennis e tutto il resto.

D: Prossimo turno giocherai contro Richard Gasquet. Qualche idea su questo match?
R: Un altro grande giocatore. Ho intenzione di scendere in campo e fare bene, magari anche assistito un po’ dalla fortuna.

D: Scorsa settimana sei andato molto vicino ai livelli di Davydenko. Ti senti pronto a realizzare qualcosa che magari la gente non si attende ancora da te?
R: Ho sensazioni migliori, piu’ vicino all’essere pronto, ma non fino in fondo. Cerco solo di pensare a match dopo match, punto dopo punto, migliorandomi sempre.

D: Credi di aver finito con i tornei Junior?
R: No, in verita’ sono iscritto allo U.S. Open Junior di settimana prossima. Quindi vediamo.

D: I mancini scarseggiano. Qui, un vincitore mancino manca da tempo. Qualche idea sul perche’?
R: Adesso cominciano ad esserci piu’ mancini. Ho giocato contro un altro mancino. La maggior parte sono dei destri. E’ tutto cio’ che mi viene in mente. La maggior parte sono dei destri.

D: Puoi raccontarci di quando hai incontrato John McEnroe?
R: Si’, l’ho incontrato quando avevo nove o dieci anni, ai Nuveen Championships. In realta’ ero un raccattapalle. Io e un mio amico gli abbiamo chiesto se potevamo scambiare un po’ con lui. Ha detto di si; gli e’ piaciuto come giocavamo. Ci invitava ogni giorno durante le sessioni di riscaldamento. E’ cosi’ che e’ cominciato.

D: Durante il quarto set, qualcuno ti stava dando noia. Era tra il pubblico?
R: No, una cosa tra me e mio padre. Ci parliamo sempre; tra noi e’ abituale.

D: Parlavi con tuo padre?
R: Si’, si’. Per sfogarsi. Niente di che.

D: Quando osservi Nadal colpire il dritto a quel modo, credi che un giorno riuscirai a fare qualcosa di simile?
R: Lo spero..Voglio dire, credo che tutti vorrebbero colpire di dritto come fa lui. Ma e’ un colpo arduo da emulare. Io cerco di lavorare sul mio e bene. Se riusciro’ ad avvicinarlo, tanto meglio.

D: La potenza dei colpi sara’ per te prevalente, o credi che essere veloce e acquisire un certo tocco sia piu’ importante?
R: Devi essere in grado di realizzare un vincente, di tanto in tanto. Ma giocare degli slice, dei dropshot, recuperare palle in gran quantita’, far giocare l’avversario, questo mette in altrettanta difficolta’. Ma devi anche saper fare dei vincenti.

D: Se ricordo bene, contro Davydenko stavi servendo 4-2 nel terzo. Cosa ti passava per la mente in quei momenti?
R: In realta’, stavo pensando a cosa avrei fatto quando avessi vinto il match. Credo mi abbia danneggiato.
Non so, ero un po’ nervoso, volevo solo tenere la palla in campo. Facendo a quel modo, non sono infine riuscito a metterla di la’, e cosi’ sono stato breakato.

Collegamenti sponsorizzati


Scrivi un commento