L’intolleranza non giova
Isoliamo i vecchi mangiapreti
e i convertiti dell’ultima ora

C’è una densa aria da tempi di Papa Re in queste settimane che precedono il Family Day. Al punto che vengono in mente precedenti della nostra storia in cui sono sempre state brevi le tregue tra Chiesa e laicisti o più genericamente laici. Tra papalini e anticlericali. Tra guelfi e ghibellini. Ci vorrebbe un Giovanni Spadolini per ritrovate un punto di equilibrio, ma non c’è. Così divampa la polemica e non è bello quel che accade. Le scritte «Papa al rogo» nella cattedrale di Palermo, il presidente della Cei sotto scorta. I furori di chi chiede il richiamo dell’ambasciatore in Vaticano, dopo che l’«Osservatore Romano», dimenticando che le parole sono pietre, ha definito «terrorismo» il comizietto di quel cantante, di cui si è appresa l’esistenza solo dopo che alcune sue banalità, pronunciate nel posto sbagliato, l’hanno portato agli onori della cronaca. Storie di italiani e di preti, come quella che sto rileggendo in questi giorni, «La ragazza di Bube», il più famoso romanzo di Cassola, in cui si racconta del delitto di un maresciallo dei carabinieri e di suo figlio in un paese vicino a Firenze, intervenuti per sedare un litigio tra un prete di campagna e sei giovanotti sbruffoni, a cui aveva vietato di entrare in chiesa. Perché erano in pantaloncini corti — era d’estate ed era finita la guerra da pochi giorni — o perché avevano i fazzoletti rossi al collo, non s’è mai capito. Senza avere nessuna competenza per chiederlo, ma seguendo il suggerimento del cuore, è bello pensare che le chiese siano sempre aperte a chiunque, pretendendo solo il rispetto per la sacralità del luogo. Ritenendo che chi chiede di entrare, spera di trovare. L’Italia è nata e cresciuta sulle divisioni tra Stato e Chiesa e ci vorrebbero sempre uno Spadolini e un De Gasperi per dirimere le questioni, ma la politica è un convento che non garantisce sempre buoni frati. Non resta che consolarci, pensando che si è visto di peggio, dai tempi in cui i carbonari emisero la famosa «Istruzione», che predicava l’annientamento del cattolicesimo, fino alle scomuniche dei patrioti da parte di Pio IX e Leone XIII. Il passato dimostra che l’intolleranza non giova né a una parte né all’altra. Perciò sarebbe saggio guardarsi dai furori dei convertiti dell’ultim’ora e dei mangiapreti della prima.

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