Afghanistan, Torsello rapito scomodo

Gabriele Torsello era scomodo da fotogiornalista, ed è scomodo anche da rapito. A suscitare imbarazzo in molti è il fatto che per la sua liberazione sia intervenuto anche Quari Yousaf Ahmadi, un portavoce talebano. Evidentemente la fede musulmana del trentaseienne fotoreporter leccese ha pesato, e hanno pesato il lavoro di testimone degli orrori della guerra da lui svolto. E forse ancor di più hanno pesato i molti appelli a suo favore di eminenti personalità musulmane, in Afghanistan e in Europa. I talebani, per una volta, non solo se ne sono lavati le mani ma hanno anche preso posizione a suo favore.
Il che - leggiamo da segnali non espliciti che giungono da più parti - è a quanto pare sottilmente imbarazzante per chi pretende un mondo sempre in bianco e nero. Ma lo è molto meno, o per nulla, per chi conosce l’Afghanistan. Dove la fede musulmana conta di più della nazionalità e le logiche talebane sono diverse da quelle dei briganti di strada come quelli che che lo scorso anno rapirono Clementina Cantoni e che con ogni probabilità hanno rapito Torsello. I talebani restano fanatici fodamentalisti portatori di una cultura medioevale che nulla ha a che fare con l’islam moderato, campioni spietati e rozzi di una revanche radicale che è l’antitesi della democrazia e la negazione dei diritti dell’uomo. Lo restano anche se hanno chiesto la liberazione di Torsello. E Torsello, che nulla autorizza a dire che il loro aiuto ha chiesto, nonostante l’intervento dei talebani resta un ostaggio, e non un loro complice. E infatti la Farnesina, e il Sismi e le organizzazione governative _ da Emergency alla Croce Rossa _ fanno quanto in loro potere, ciascuno nel proprio ambito, per riportarlo a casa. Senza imbarazzi.

Collegamenti sponsorizzati


Scrivi un commento