Archivio di Aprile 2007

L’Italia non è una nazione

Domenica 15 Aprile 2007

Gentile Dottor De Carlo,
…Lei è indubbiamente persona gentile: ha evitato di definirmi nel modo che merito. So bene di essere un saputello polemico perennemente intento a riempire pagine su pagine con i propri vaniloqui. Valutazione che è elegantemente implicita, nella Sua risposta. E’ approfittando della Sua cortesia, che osservo…

…Togliatti veniva da Mosca, non dalla Cretinèsia: sapeva che, dopo Teheran i giochi erano fatti. Non era necessario aspettare la fine della guerra, gli americani in casa, per averne contezza. Ergo: la grande bugia è quella del ‘’Migliore’’ ai combattenti sul campo, illusi dalla (sotterranea) promessa di una seconda ondata; è in attesa di questa, che le armi furono nascoste. Probabilmente, con l’abituale spregiudicatezza, il Nostro valutò che un’utopia non si nega a nessuno. E’ quanto mi sono affannato a precisare nella mia precedente. All’evidenza, con poco successo. Lei sembra continuare a ritenere che sia quella indicata da Pansa, la grande bugia. Solo che, al contrario di quanto faccio io, Lei afferma; non allega spiegazioni. Per non appesantire, o per svicolare? Avviene quindi che in mancanza della Sua autorevole contestazione (una tantum, argomentata), sono costretto a continuare a pensarla a modo mio.

… siamo italiani, abituati ad annacquare qualsiasi sistema, regime fascista compreso (un Hitler in Italia sarebbe andato in tilt). Perfino la democrazia, se permette: Lei mi è maestro nel constatare che, con tutti i suoi difetti, quella americana è compiuta. A differenza della nostra. Anche (ma non solo. Le rivelerò un segreto: gli italiani sono intimamente fascisti anche quando votano comunista. E’ che non ne sono consapevoli. L‘Italia è un Paese; non una Nazione. Gli Italiani non fanno mai quadrato; gli Americani, sempre; salvo alcune, infinitesime frange) perché nata zoppa causa l’ingombrante presenza di un partito comunista che non si poteva mettere fuori legge perché aveva ‘’fatto la Resistenza’’ e perché aveva promesso di seguire la via democratica al socialismo (lo ha fatto: ma che palla al piede!). Ma anche perché (e qui, la scontenterò) sotto tutela americana. Con tutte le pesanti ingerenze del caso. E’ quella tutela, che mi va stretta. Non è questione di vincitori e sconfitti, ma di essere o meno indipendenti. Di essere, o meno, colonizzati. Fin dal dopoguerra (la globalizzazione era di là da venire), per ‘’aiutarci’’ (in sé, un ottimo principio), l’America ci ha bombardato di prodotti, film, testi (e qui l’ottimo principio si trasforma in operazione mercantile: a dimostrazione che, gratta gratta, è sempre questione di soldi) che ci hanno indirizzato verso l’’’american way of life’’ (all’operazione mercantile si aggiunge la modifica delle coscienze: due piccioni con una fava) a danno dell’identità nazionale. Figurarsi ai nostri tempi! Persone grasse e disperate, sazie di tutto (buttano i sassi sulle autostrade perché si annoiano. Glielo troverei io, il modo di passare il tempo. Pala e piccone per spianare Montececeri. E’ dalle mie parti), completamente
… Che l’intellighentzia sia tutta di sinistra, è incontrovertibile. Concederà tuttavia che se tutte le persone di sinistra sono intelligenti non possiamo, per questo, colpevolizzarle. Vale anche nel caso in cui si valuti che essendo intelligenti non si può che essere di sinistra Al di là della battutaccia: il Paese sconta un ritardo culturale che risale agli albori della Repubblica.
La D.C.? ‘’I panni sporchi si lavano in famiglia’’ (Andreotti, dopo aver visto ‘’Ladri di biciclette’’: lungimirante. Woody Allen ha dichiarato che cederebbe l’intera sua produzione pur di aver pensato, scritto, diretto quel film. Fortunatamente sfuggito all’egemonia culturale americana. Lo doveva produrre David Selznick. L’operazione saltò perché questi voleva imporre, quale protagonista, Cary Grant. Se il patto scellerato fosse andato a buon fine, sarebbe stato esemplare: circa i disastri provocati dalle tutele, dalle egemonie. Di contro, il risultato artistico del film mostra quello che avremmo potuto essere senza chaperon). ‘’Culturame’’ (sprezzante definizione di Mario Scelba rivolta agli intellettuali). Eppoi ci si lamenta che si sono buttati a sinistra. Dovevano pur mangiare. Oddio: avrebbero potuto fare come il sottoscritto, che a quattordici anni era già a lavorare. Solo che, magari, non avevano avuto la fortuna di avere un padre con una attività di tappezziere già avviata. Poveracci, li compiango: non doversi sporcare le mani battendo la lana dei materassi, pur avendo complessione, salute bastante per farlo, e intelligenza appena sufficiente (meno, per ‘’fare’’ gli intellettuali).

Al solito, sono stato lungo come la fame. Però mi sono divertito. Se altrettanto non è per Lei, mi spiace. Se poi, appena vista la spropositata lunghezza della presente, cestina tutto senza nemmeno prendermi in considerazione: non mi adombro. Così come non mi sentirò ‘’ontato’’ se non riceverò una risposta, ovvero se la riceverò in questi termini: ‘’Caro Signor Eva, l’hanno mai mandata a quel paese? Possibile, che sia io, il primo a farlo? Sinceramente, non credo’’ (e fa bene).

Cordialmente,
ALBERTO EVA
FIRENZE

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Mi è dispiaciuto molto ridurre ai minimi termini la sua lettera-saggio. Le sue osservazioni sono garbate, ironiche, vissute, mai arroganti e dunque meritevoli di ogni attenzione. Ma troppo lunghe. In un passaggio che ho tagliato lei alludendo alle dieci righe di una mia rubrica scambiava la mia categorica brevità per supponente certezza. Rovesci il ragionamento. Il tono categorico dipende dalle dieci righe e non dalla presunzione delle proprie opinioni. Converrà che disponendo dello spazio per argomentare, qualsiasi affermazione diventa meno categorica.
Anche qui, caro Eva, debbo essere breve. E dunque mi limiterò a repliche che la prego di non considerare ancora una volta categoriche. L’utopia non si conserva facendo incetta e nascondendo le armi. Se Togliatti sapeva, come sapeva, vuol dire che il proposito di far fare all’Italia la fine cecoslovacca non era estranea ai suoi programmi.
D’accordo con lei sul fatto che l’Italia sia un Paese e non una nazione. Aggiungerei che la sua popolazione è la più immatura d’Europa quando si discute di democrazia. Se così non fosse non avrebbe due partiti comunisti, uno paracomunista (quello che deriverà dalla scissione di Mussi), uno postcomunista e altri partiti e partitini tutti immancabilmente di sinistra.
Quanto all’intellighentia, mi consenta di ricordarle quel che lei ben sa: intellettuale non vuol dire intelligente. L’Italia è piena di intellettuali la cui presunzione è pari alla faziosità: li troverà in larga maggioranza nei giornali e nelle case editrici di sinistra.
Continui pure a scrivermi, ma cerchi di rispettare la prossima volta le canoniche dieci righe.

Chi andrà alla Casa Bianca?

Domenica 15 Aprile 2007

Sig. DeCarlo,
l’anno prossimo a novembre ci saranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, al riguardo vorrei sapere come si comporterà l’amministrazione Bush in questo ultimo periodo in cui sarà in carica secondo la sua opinione ed anche per quanto può sapere da fonti vicine al Presidente ed al Partito Repubblicano.
E’ corretto affermare che non ci saranno cambiamenti nè in politica interna nè in politica estera ?
In secondo luogo, considerando tre candidati repubblicani alla presidenza quali McCain, Giuliani, Gingrich, a grandi linee come evolverebbe la situazione con ciascuno dei tre a capo del Paese?
La loro linea di condotta interna ed internazionale rispetto a Bush sarà simile o ci saranno cambiamenti più o meno consistenti?
Se dovessero vincere i Democratici invece come si modificherebbe la politica americana?

Grazie per l’attenzione,
Cordiali saluti,

Magni Marco.

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Caro Magni,
quel che in Italia è difficile far capire quando si parla di politica Usa è il fondamentale consenso dei due maggiori partiti sulla bontà del sistema che a turno si troveranno a governare. Democratici e repubblicani divergono non sui principi ma sull’applicazione di quei principi. Per esempio: in economica nessuno mette in discussione il primato della competition come motore di ricchezza, la convenienza di una bassa incidenza fiscale maturata dalla comune convinzione che il privato, meglio del pubblico, sappia come utilizzare i propri soldi, la fiducia nel mercato cioè in un liberismo che si contrappone al prevalente dirigismo di tanti Paesi europei, Italia in testa.
Su questi principi sono tutti d’accordo. La polemica, quando si tratta di profilarsi di fronte all’elettorato, si fa sulle modalità e non sull’opportunità dell’azione di governo, sulla competenza dei candidati e non su differenze ideologiche di cui peraltro sarebbe arduo tracciare i contorni. In altre parole: ognuno dei due partiti sostiene di poter fare meglio del rivale le stesse cose.
E ora la politica estera. Nell’opinione pubblica americana prevale il famoso motto: right or wrong, my country. Giusto o sbagliato, è il mio Paese. Cosa vuol dire? Vuol dire che ci si può dividere, come è avvenuto, sulla disgraziata avventura irachena. Ma le posso assicurare che anche se il prossimo presidente fosse un democratico, l’Iraq non finirà come il Vietnam con un disimpegno frettoloso e demoralizzante.
La sola differenza – presumo – riguarderà i tempi della irachizzazione, vale a dire come accelerare l’assunzione di responsabilità da parte del governo eletto di Bagdad, come metterlo in condizione di andare avanti con le proprie gambe. Solo a quel punto gli americani lasceranno le città irachene. Non per tornare a casa, bensì per riposizionarsi nel deserto a presidio della fragile democrazia. Almeno per un certo tempo.
Lei mi chiede previsioni sulla nomination repubblicana. Ebbene, penso che il favorito sia Giuliani. E ne sono contento, non perché sia un italo-americano (in America non è percepito come tale). Ma perché è l’eroe dell’11 Settembre, quando evitò il collasso di New York. E perché è un grande amministratore: nei suoi otto anni da sindaco ha trasformato New York dalla città più caotica, insicura, disastrata finanziariamente nella più ordinata, più sicura, più ricca.
Giuliani è un fenomeno. Non credo che i suoi concorrenti, da McCain a Romney, a Thompson (se si candiderà), saranno in grado di minacciarne la leadership.
In campo democratico invece Hillary Clinton, che appariva la chiara front runner sino a un paio di mesi fa, è in difficoltà. Dimezzato il vantaggio sugli altri concorrenti. I sondaggi la collocano ancora al primo posto, ma il mulatto Barak Obama è in forte rimonta. Staremo a vedere. Alle elezioni per la Casa Bianca manca ancora più di un anno. E un anno in politica è un’eternità.

Una riflessione su Mussolini

Domenica 15 Aprile 2007

Dott. De Carlo,
le sarei grato se pubblicasse questa mia riflessione e chiedesse ai lettori del suo blog che cosa ne pensino. Grazie.

ASSASSINIO

Il 26/27 Aprile 1945 venivano assassinati Benito Mussolini, Claretta Petacci, l’intero Governo della Repubblica Sociale Italiana, senza processo, solo su “condanna in nome del popolo italiano” del Comitato di Liberazione Nazionale.

Dato che non c’è prescrizione per i reati di tortura e uccisione su civili e militari prigionieri di guerra, le Procure Militari della Repubblica dovranno aprire finalmente il processo di accertamento delle responsabilità e di condanna - anche post mortem - dei responsabili..

Non c’è dubbio che sono imputati tutti i Membri del CLN nazionale. La condanna fu essenzialmente voluta dai Membri dei partiti di sinistra, ma non risulta che - pur dissociandosi - gli altri rappresentanti dei partiti si siano dimessi dal CLN lasciando intera la responsabilità agli altri.

L’assassinio è ricaduto sui partiti di sinistra, e su quanti non si dissociarono con dichiarazione pubblica personale.
Anche gli altri partiti (DC, partiti di centro, partiti di destra) non si dissociarono pubblicamente e sono da considerarsi conniventi.

Oggi, deve essere richiesta a tutti gli uomini politici una dichiarazione individuale di dissociazione e di condanna di tali avvenimenti. Solo così potremo rientrare in una parvenza di legalità….

L’unico uomo politico che si è pubblicamente dissociato stigmatizzando l’accaduto (e soprattutto l’uccisione di Mussolini) è stato Massimo D’ALEMA:

L’Italia potrà riacquistare un minimo di credibilità storica internazionale solo se farà due processi: il primo a Mussolini, al Governo della RSI, a quanti hanno voluto l’ultima guerra e sono responsabili di errori e di orrori, compreso il processo di Verona. Il secondo al CLN e a quanti hanno assassinato senza processo Mussolini, la Petacci, l’intero Governo RSI e gli appartenenti alla RSI dopo la fine della guerra (dal 25 Aprile 1945 a tutto il 1947).

DICHIARAZIONE

Da sottoscrivere da parte di ogni Parlamentare italiano:

Io sottoscritto…………… Deputato/Senatore della …Legislatura, appartenente al Partito…. intendo dissociarmi pubblicamente da quanto accaduto tra il Maggio 1945 e il 1947, in ordine alla uccisione dei membri del Governo della RSI e di tutti gli ex-fascisti, avvenuta senza regolare processo. Con la presente dichiarazione deploro il comportamento tenuto dai Dirigenti del mio partito (se già costituito) in quelle occasioni e auspico la apertura di un regolare processo postumo e chiarificatore a tutti i Membri della RSI e ai loro assassini.

Fabio Uccelli
D5211@castagna.it

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L’accontento. Sono curioso di sapere cosa ne pensano i lettori.

Musulmani in America e in Europa

Giovedì 12 Aprile 2007

E’ un fatto che il peggiore attentato islamico mai eseguito,è stato
compiuto negli USA ,non in Europa.
E’ un altro fatto che ,negli USA,i mussulmani sono molto meno che in
Europa, sette milioni come Lei dice,contro quasi trenta milioni.Quindi,si
potrebbe sospettare che stiano buoni perchè non hanno ancora raggiunta
la massa critica.
Bisogna poi considerare che ,visto che è più difficile
attraversare l’Atlantico in gommone rispetto allo stretto di
Sicilia,l’immigrazione araba negli USA è quasi tutta legale,cioè
selezionata all’origine(infatti la maggioranza degli arabi americani sono
cristiani,non islamici) mentre da noi viene la parte più disperata ed
inassimilabile.
Infine, ma non meno importante, bisogna considerare che l’ostilità dei
mussulmani nei confronti degli USA è una faccenda più mediatica che
reale.
E’ dalla fine della seconda guerra mondiale che gli USA appoggiano
gli arabi per scalzare i vecchi imperi coloniali europei ed insediarsi
al loro posto (vedi guerra di Suez del 1956).In Afghanistan si sono
schierati con i talebani ,quando c’era l’Unione Sovietica.
Hanno sistematicamente appoggiato la derussificazione (cioè,la
deeuropeizzazione)dell’Asia centrale ex sovietica appoggiandone la
reislamizzazione.
A Cipro,si sono schierati fino all’indecenza con
l’esigua minoranza turca, appoggiando la pulizia etnica compiuta dai
turchi .Nel Kossovo, invece, si sono schierati con i mussulmani albanesi
appoggiandone la puliza etnica contro i serbi del Kossovo(e lì non si
parla di spartizione ,tutto il kossovo deve andare agli Albanesi ed ai
serbi solo un metro per due di terra kossovara).
Fin da subito, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, gli USA si sono
appoggiati agli islamici, in funzione anti russa ed antieuropea.
Si può ben dire che, se si eccettua l’appoggio totale degli USA allo
stato di Israele. è sempre esistita una totale concordanza fra USA e
mussulmani, CONTRO l’Europa (voglio sperare che Lei considera i Russi
europei,almeno quanto i nostri “amici”turchi).
Dott. Giuseppe Cipolla, Siena

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Sarò schematico come lo è stato lei.
E’ un fatto che gli attentati dell’11 Settembre furono pianificati ad Amburgo dalla cellula di Al Qaeda ed eseguiti da terroristi provenienti tutti, ripeto tutti, dall’Europa e dal Medio Oriente.
E’ un fatto che negli Stati Uniti risiedono sette milioni di musulmani e che stanno buoni non perché non abbiano raggiunto la ‘’massa critica’’, ma perché si sono americanizzati. Come notavo nel mio faccia a faccia, hanno un livello culturale e un reddito individuale superiore alla media. E non prestano orecchio ai predicatori dell’odio, che comunque non potrebbero incitare alla guerra santa senza rischiare l’espulsione e tanto meno reclutare ‘’martiri’’ destinati a diventare bombe umane.
E’ un fatto che negli Stati Uniti non ci sono ghetti musulmani. Ci sono ancora quelli neri. Ci sono quelli cinesi. Ma musulmani no, come non esistono più e da tempo le Little Italy. Anche gli italiani sono saliti nella scala sociale. Hanno fatto i soldi e votano al 90 per cento per i repubblicani.
E’ un fatto – e qui sono d’accordo con lei – che gli Stati Uniti si sono cacciati nei pasticci a causa di Israele. Sino agli anni Sessanta erano considerati gli alleati naturali degli arabi.
E’ un fatto che gli Stati Uniti hanno guidato gli interventi internazionali in Bosnia prima e Kosovo poi a difesa delle popolazioni musulmane ma non in funzione antirussa e antieuropea, come lei sostiene. A quel tempo alla Casa Bianca sedeva Bill Clinton e al Dipartimento di Stato c’era Madeleine Albright, apostola dell’interventismo umanitario. Se non fosse stato per loro, in Bosnia e Kosovo continuerebbero a massacrarsi.
Intendiamoci, non condivido affatto le motivazioni che condussero alla guerra nei Balcani. La questione kosovara andava considerata strettamente in un’ottica di politica interna. Gli Usa, l’Europa e la Nato avrebbero dovuto rimanerne fuori. Ma l’Europa in quel momento aveva capi di governo di sinistra. Il buonismo internazionalista imperversava.
La guerra contro la Serbia fu una guerra di aggressione, senza nemmeno uno straccio di autorizzazione Onu (in nome dello sbandierato multilateralismo). Ma è un fatto che l’allora presidente del Consiglio italiano D’Alema non se ne curò inviando i nostri aerei a bombardare Belgrado.
Fu come se la Lombardia avesse dichiarato la secessione e la Nato fosse intervenuta contro il governo di Roma. Non le pare?

Quando un governo contraddice se stesso

Lunedì 9 Aprile 2007

Gent.mo signor DE CARLO dott. Cesare.
Fortunatamente, l’ennesimo rapimento, si è concluso con la liberazione della vittima, sul perché ed il come della liberazione, come in quasi tutti i casi, probabilmente non si saprà mai la “vera” verità.
Il mio pensiero va però al comportamento dello Stato, che per prima cosa, a notizia del sequestro trapelata, tramite la magistratura, applicando le leggi vigenti, ha bloccato i beni della famiglia.
Linea dura, da me condivisa, decisa per ostacolare al massimo la possibilità di instaurare trattative, tra la famiglia ed i rapitori, per impedire in tale modo, di rendere fruttuosa l’azione criminale ed il suo proliferare.
Linea che però vale solo tra le “mura di casa”, perché quando i rapimenti avvengono all’estero, non solo si tratta, si paga in soldi, ma nell’ultima occasione, anche si pagano grossi pegni politici; avendo poi, conflitti diplomatici con governi amici.
La motivazione adotta e comunemente accettata, è quella della sacralità della vita: davanti alla salvezza di una vita bisogna tentarle tutte, lecite e meno lecite.
Però c’è un particolare da non trascurare, ed è quello che la lista dei rapiti morti ammazzati in Italia è molto lungo, mentre quello dei rapiti ammazzati all’estero (vado a memoria), fortunatamente, è molto basso.
Ma allora siamo al solito doppio pesismo, la morte all’estero, di un soldato o di un giornalista, riempie i mass media, la morte bianca di un lavoratore, in Italia, vale cinque righe.
Ne deduco quindi: che più notizia fa il rapimento, più sacra è la vita della vittima … quindi quasi zero in Italia, alta all’estero, il massimo in zone di belligeranza. Zone dove i rapiti, per ogni buon conto, avrebbe dovuto evitare di esserci.
Alla fine del tutto, nonostante i risultati positivi, lo Stato non fa certo bella figura, in quanto legifera in una maniera (che impone ai cittadini) e poi (quando è chiamato direttamente in causa) agisce nella maniera completamente opposta a quanto legiferato. Proprio un bell’esempio di coerenza!
Un’ultima considerazione, questa volta politica: Vorrei ricordare che chi ci governa adesso, sono gli epigoni dei democristiani e dei comunisti che in occasione del sequestro Moro, furono inflessibili nel rifiutare ogni trattativa con i rapitori, sapendo benissimo, vista la scia di sangue precedente, come sarebbe andata finire.
Decodificando il comportamento: Meglio la morte di uno statista che quello dello Stato.
Si dirà che dopo i ripensamenti su Budapest, sulle foibe, sugli eccessi dell’immediato dopoguerra, e su altro, adesso è arrivato anche un primo ripensamento su quell’infausto episodio (da Fassino), ma questo è un altro discorso che ci porterebbe lontano.
Ringraziando per la cortese attenzione, distintamente saluto.
Romolo Rubini
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L’aspetto sconcertante della vicenda Mastrogiacomo non sta tanto nella trattativa con i terroristi. Lo aveva già fatto il governo Berlusconi (un precedente che comunque non giustifica Berlusconi come ora non giustifica Prodi). La cosa più sconcertante è la maniera.
Ricapitoliamo: Prodi e D’Alema esercitano massicce pressioni sul governo afgano che detiene i talebani (alcuni dei quali autentici killer) di cui si chiede la liberazione in cambio dell’ostaggio. Il loro è un vero e proprio ricatto: politico, economico, militare. E razzista. Minacciano di bloccare gli aiuti, di ridurre il contingente, di disimpegnarsi sul piano operativo e diplomatico.
Il razzismo sta nell’essersi mobilitati per la liberazione dell’ostaggio utile, l’italiano, abbandonando al loro destino i due ostaggi inutili, gli afgani. Che infatti a distanza di qualche settimana subiscono identica sorte. Vengono decapitati dai talebani. Cioè dalle bande per le quali, in nome dell’indipendenza del popolo afgano, parteggia una parte non trascurabile dell’attuale coalizione di governo.
Prodi e D’Alema negano le pressioni. Karzai li smentisce rivelando drammatici retroscena.
Retroscena a parte, la realtà è che gli italiani, in zona bellica, sono diventati merce preziosa per qualsiasi gruppo terroristico. Soprattutto i giornalisti e soprattutto se di sinistra. Per loro si mobiliteranno il buonismo e il pacifismo della nostra sinistra, si terranno marce, fiaccolate. Si chiederà l’intervento del governo. Ma perché? Un giornalista non è un dipendente pubblico, per il quale uno Stato ha un’obiettiva responsabilità. Un giornalista è un privato, dipendente da un’azienda privata, in missione privata. Per lui lo Stato non deve impegnare pubblico denaro e nemmeno compromettere la sua politica estera. Né – peggio – perdere la faccia di fronte agli alleati quando si è impegnati in operazioni di guerra. L’affidabilità internazionale è un patrimonio prezioso, facile da dilapidare e difficile da ripristinare.
Lei potrà obiettare che anche Blair ha trattato per i suoi marinai. E’ vero. Ma erano – ripeto – dipendenti pubblici. E in ogni caso il loro rilascio è stato negoziato con un governo riconosciuto all’Onu e non con terroristi o (e) fanatici religiosi.
Infine d’accordo sul doppiopesismo. In Italia se un padre vuol trattare con i rapitori del figlio, si vede i conti correnti bloccati e i beni congelati. E’ la legge. Ebbene questa legge sembra non avere alcun valore all’estero. Ancora una volta il governo contraddice se stesso.