Archivio di Marzo 2007

Ma non eravamo in declino?

Lunedì 26 Marzo 2007

Gent.mo signor DE CARLO dott. Cesare.
. . . A fine giugno, primi di luglio dello scorso anno, si è evidenziato un notevole aumento delle entrate tributarie, che nelle previsioni, poi confermate, doveva essere superiore ai 35 miliardi di euro (circa quanto necessitava per la finanziaria in gestazione).
…Il governo ha subito attribuito tale fatto alla sua azione (dopo appena 50 giorni di vita) e ad una energica azione di repressione dell’evasione fiscale; senza spiegare cosa in effetti era stato fatto, continuando per contro ad introdurre nuove tasse e balzelli vari, e senza utilizzarne uno dei quei annunciati miliardi di surplus.
Adesso, a circa dieci mesi di distanza, continuando a non spiegare come è riuscito ad ottenere quei 35 miliardi di maggiori entrate, ha annunciato che ha a disposizione, un “tesoretto” di 7- 8 miliardi di euro da mettere a disposizione dei colleghi.
Benissimo, ci sarà qualche fortunato che ne usufruirà, ma gli altri 27-28, che fine hanno fatto?
Semplice, hanno preso le vie normali, perché erano già inseriti nel bilancio dello Stato, con la finanziaria del 2006, fatta dalla precedente maggioranza. L’attuale governo, quindi non ha fatto che raccogliere quanto già previsto da quello precedente, con l‘aggiunta di un, non allora prevedibile, miglioramento della situazione economica.
…Ecco perché il governo non ha mai spiegato come era riuscito a centrare tali prestigiosi obiettivi, se non con la paura, delle possibili azioni del nuovo governo, venuta agli evasori.
A proposito di tale conclamata “doverosa paura” degli evasori, ricordo che il centrodestra, ha rimpinguato le casse dello Stato con i più svariati condoni, conseguenza dell’evasione diffusa, riconducibile all’azione di governo, nei precedenti sette anni, dei diversi esecutivi di centrosinistra, guidati per la parte economica (per un periodo) anche dall’attuale vice di quel tecnico.
Sarebbe da rimanere senza parole, se non mi venisse il dubbio di aver preso una solenne cantonata, visto che non un economista (schierato o non), non un mass media (idem), e non un politico della minoranza, ha sentito il dovere di rilevare la nudità del “re”.
Io comunque continuerò a scandalizzarmi, a trecentosessanta gradi, per le omissioni, di comodo e/o dovute ad ignavia.
Ringraziando per la cortese attenzione, distintamente saluto.
Romolo Rubini
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Caro Rubini,
continui pure a scandalizzarsi almeno sino a che questo governo di dilettanti rimarrà al potere. Durante la campagna elettorale i tredici partiti tredici della coalizione di centrosinistra ci hanno fatto una testa così sull’Italia allo sfascio, sui conti pubblici in rovina, sui debiti e sulla disoccupazione. E un italiano su due ha creduto loro, votandoli, salvo poi accorgersi che le cose non stavano proprio in quella maniera. Il fatto è che il precedente governo aveva messo in moto un circolo virtuoso. E questo circolo virtuoso per rivelare i suoi benefici effetti ha avuto bisogno, come insegnano i cicli economici, di alcuni mesi. Di qui l’aumento delle entrate fiscali del 12 per cento, il punto in più nella crescita economica, l’ulteriore riduzione della disoccupazione, la più bassa da quindici anni a questa parte.

A questo punto non rimane che prendersela ancor più con Berlusconi e alleati, perché sbagliando la strategia elettorale ci hanno consegnato nelle mani di Prodi, D’Alema, Bertinotti, Di liberto e compagni.

Come difendere l’identità nazionale

Lunedì 26 Marzo 2007

Riguardo al suo Facciaafaccia del 18-3-2007,Le faccio notare che la
Serbia è stata spianata da 70 giorni di bombardamenti proprio perchè
tentava di difendere la identità serba del Kossovo.
Se un popolo non difende la sua identità,merita di morire,se la difende,invece,ci
pensa la NATO a farlo morire.
Sarebbe così gentile da dirmi dove si collocherebbe questo fantomatico diritto a difendere la propria
identità ?
Giuseppe Cipolla, Comune Siena

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Sicuro che glielo dico: si colloca nel senso della storia.
Ed ecco perché: la difesa dell’identità di una nazione, di una regione, di una città sta nella volontà e capacità di chi la abita di controllare, arginare, cooptare le ondate migratorie, di pretendere il rispetto dei propri valori e della propria way of life.
Ma se i nuovi arrivati prendono il sopravvento sino a soffocare costumi, tradizioni, religioni, lingua significa due cose. La prima: che quel controllo, quell’argine, quella cooptazione non hanno funzionato. La seconda: che numericamente hanno sopravanzato gli abitanti originari.
Come accennavo nel faccia a faccia, la storia è piena di esempi al riguardo. Pensiamo alle invasioni barbariche che dalla caduta dell’impero romano in poi hanno mutato faccia all’Europa, geograficamente, etnicamente, culturalmente. Pensiamo alla nostra Italia che è il risultato di sovrapposizioni razziali e che ora è investita dalla nuova invasione islamica.
In Kosovo è accaduto qualcosa del genere. La popolazione serba si è vista soppiantare gradatamente da quella albanese, la religione prevalente, cristiano-ortodossa, è stata sostituita dall’Islam. La maggioranza etnica è diventata minoranza. Logico che a quel punto i musulmani albanesi non si siano riconosciuti nei valori dei cristiani serbi e abbiano rivendicato il diritto all’autodeterminazione. La Serbia ha risposto no, in nome della sua identità soffocata. E la Nato è intervenuta.

Ebbene, ripeto qui quel che ho scritto cento altre volte. Quella guerra alla quale il governo del postcomunista D’Alema partecipò attivamente non aveva alcuna giustificazione internazionale. Non aveva alcuna copertura Onu. Fu puramente e semplicemente una guerra di aggressione. Fu un’interferenza armata negli affari interni di uno Stato sovrano. Fu come se la Nato fosse intervenuta in Italia e avesse bombardato Roma a sostegno della pretesa della Lombardia di secedere dal resto del Paese.
Morale: la Nato sbagliò. Ma la Serbia meritò la punizione. Avrebbe dovuto muoversi prima in difesa di una regione che era sempre stata la culla della sua identità nazionale e che era venuta snaturandosi per la progressiva, tacita, massiccia, pacifica alluvione etnica da oltre confine. Così va il mondo!

Mi dimetto da italiano

Mercoledì 21 Marzo 2007

Dottor De Carlo,
mi dimetto da italiano. Amo la pace e ho il massimo rispetto della vita umana, ma mi vergogno della calata di braghe del nostro governo. Era già accaduto con Berlusconi. Ma non in questa maniera.
Forse lei non è d’accordo perché Daniele Mastrogiacomo è un suo collega. Ma la conclusione della vicenda che lo riguarda è un’offesa alla decenza.
Mastrogiacomo era un privato, non un funzionario pubblico. Non capisco perché il governo sia intervenuto. Per il riscatto sono stati spesi soldi presumibilmente pubblici e la trattativa è stata condotta da un privato. Sono stati liberati una mezza dozzina di capi talebani che appena fuori dalla prigione hanno fatto sapere: riprenderemo a combattere cioè a mettere bombe nei mercati, nelle strade, nelle scuole e negli ospedali costruiti dai cosiddetti ‘’occupanti’’. Uno di costoro non voleva assolutamente uscire di prigione. I talebani lo considerano un traditore e hanno giurato di farlo fuori.
Ovvio che sia scomparso, ma se verrà rintracciato e ucciso, la sua morte starà sulla coscienza di colui che ha condotto la trattativa, il medico Strada. Il quale ha mediato la liberazione del giornalista ma ha abbandonato al suo destino il povero autista, ostaggio inutile. La giovane vedova quando ha saputo che gli avevano tagliato la testa ha abortito per il dolore.
Poi leggo che D’Alema corre a Washington quasi per chiedere scusa. I soliti italiani…Che figura. Mah.
P.S. Ravenna

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D’Alema, il più intelligente di questo sgangherato governo, si rende forse conto dell’ulteriore mortificazione che dalla vicenda ricade sulla nostra credibilità internazionale. Cerca di mascherarla rilanciando l’assurda proposta di una conferenza di pace con i talebani, cioè con coloro che hanno tagliato la testa all’autista e che vogliono riportare l’Afganistan al Medioevo. Questa la ragione del suo viaggio lampo a Washington.
La reazione della Condoleeza Rice – stando alle sue stesse parole – è stata però ‘’interlocutoria’’. Un aggettivo, che nel gergo diplomatico in realtà vuol dire distanza, contrarietà. E del resto come sarebbe potuta essere diversa nel clima di freddezza delle relazioni italo-americane.
Altro che ‘’comprensione’’ – sono sempre parole di D’Alema – per il caso Mastrogiacomo! Gli americani sono imbufaliti per il caso Calipari, per il caso Abu Omar, per Vicenza, per l’Iraq, per l’Afganistan. Tanto per citarne alcuni.

Tre uomini, tre destini

Mercoledì 21 Marzo 2007

C’erano tre uomini sani e con una certa aspettativa di vita, furono rapiti dai ribelli e temettero per la loro sorte, rimpiansero l’abbraccio della famiglia ed aspettarono la liberazione. Uno venne soffocato e decapitato perché finisse all’inferno, uno rimase prigioniero, ma uno fu salvo.
Per fortuna quello salvo era il bianco, ricco, colto e famoso.
Destra e sinistra fecero festa, governo ed opposizione si abbracciarono.
E gli altri due?
Il loro nome è difficile da ricordare sarà per questo che non li nominiamo?
Sono più abituati di noi a morire, sarà per questo che non ci commuoviamo?
Saluti cordiali
andrea romagnoli
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No. Se non li ricordiamo, non è per i loro nomi esotici o perché, vivendo in una terra lontana martoriata da eterni conflitti, sono abituati più di noi a morire. Non li ricordiamo per un altro motivo: sono gli ostaggi inutili, quelli per i quali nessuno Strada si mobiliterà mai in nome di questa Italia piagnona, buonista e disimpegnata. E nessuno Stato pagherà mai un riscatto. Complimenti per la sua parabola.

Il giornalista rapito e l’Italia piagnona

Mercoledì 14 Marzo 2007

Caro De Carlo,
sappia che mi sono rotto. Glielo dico brutalmente.
…mi sono rotto di vedere che vi mobilitate solo quando a essere rapito è un giornalista. Mi sono rotto di assistere a marce, manifestazioni e manifesti, raccolte di firme, conferenze di esponenti delle comunità islamiche che ci vogliono far credere che l’Islam non c’entra nulla, ma proprio nulla con gli episodi di violenza, essendo l’Islam una religione di pace. Ma chi ci crede più?
…e poi che fine hanno fatto gli altri italiani rapiti? Quelli in Nigeria per esempio? Essere tecnici dell’Eni significa essere meno importanti dei giornalisti? Perché non ne parlate mai?
…Insomma, non se ne può più. Se non vuole pubblicarmi, va bene lo stesso, almeno mi sono sfogato.
Antonio
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No. La pubblico invece, seppur tagliando. E per il semplice motivo che sono d’accordo. I terroristi sanno bene che rapire un giornalista, soprattutto se italiano e soprattutto se di sinistra, è un ottimo affare. Per lui si mobiliterà l’establishment buonista, pacifista e disimpegnato che ha tanti rappresentanti nell’attuale governo. Per lui si terranno le manifestazioni alle quali lei si riferisce. Per lui, solo per lui e non anche per i tecnici italiani rapiti in Nigeria si lanceranno valanghe di appelli, scorreranno fiumi di lacrime sui giornali e alla televisione.
Ma non saranno gli appelli e le lacrime a intenerire i talebani come, a suo tempo, non intenerirono i terroristi di Al Qaeda in Iraq. Saranno solo i milioni di dollari del riscatto che il nostro governo ancora una volta, a dispetto delle smentite ufficiali, si appresta a pagare. E a finanziare così – ma nessuno ci pensa – altre bombe, altre stragi e altri rapimenti.