Grande coalizione? fra i politici c’è già (per i loro interessi)

GRANDE COALIZIONE di quà, grande coalizione di là. Quello che sfugge è che in Italia la grande coalizione c’è già. E da tempo. Infatti, il ceto politico nazionale rappresenta l’esempio più evidente di interesse organizzato, attorno al quale ruota l’attività complessiva delle istituzioni. Al centro come in periferia.
Infatti, non è un esempio di grande coalizione il voto per i finanziamenti pubblici ai partiti che gli elettori avevano sonoramente bocciato? Non è un esempio di grande coalizione gli aumenti ai parlamentari in piena recessione economica del Paese? Non è esempio di grande coalizione, i finanziamenti bipartizan dell’Anas, ente che non ha i soldi per la propria attività istituzionale e li trova per finanziare le campagne elettorali dei partiti? Non è esempio di grande coalizione il voto per l’indulto che la maggioranza degli italiani non vuole? Prevedendo l’indulto anche per i reati a futura memoria, cioè ancora non definiti da regolari processi, non si è voluto forse mettere le mani avanti per assolvere furbetti e furbini? E non sono anche questi esempi di leggi ad personam?
Come si vede in modo evidente, gli interessi omogenei di pochi prevalgono su quelli generali. E’ conclamato che i parlamentari italiani siano quelli che costano di più al mondo, senza alcun paragone con le altre democrazie occidentali. Si potrebbe a ragione sostenere che oggi il costo della politica è come i salari per i sindacalisti durante l’autunno caldo: una variabile indipendente.
I costi infatti prescindono: dalla situazione economica del Paese, da ogni pur minima comparazione con l’estero, dai risultati ottenuti e in definitiva dalla ragionevolezza più elementare. Va da sé che i governi capaci di fare riforme non possono certo essere espressi da un ceto politico selezionato a tavolino tra congiunti e famigli, perpetuando una classe dirigente anziana, difficilmente sostituibile e completamente scollegata dai problemi della gente comune. Con una classe politica del genere possiamo ragionevolmente prevedere che si affrontino i temi centrali della competitività, della sicurezza, dell’immigrazione?
C’è bisogno allora in Italia di modifiche strutturali. Ma la prima di tutte, senza ombra di dubbio, è quella di cambiare il metodo di selezione della classe politica. Altrimenti, non solo non si resta in Europa, ma non si va da nessuna parte.

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