Ci chiedono sacrifici e ci tengono i privilegi. Chi ferma le Regioni?

CHE NON CI SIA più limite, è un triste dato di fatto. Che non ci sia sostanziale differenza tra destra e sinistra, pure. Parliamo dei costi della politica, sempre più ingiustificati e fortemente stridenti con la situazione economica del Paese. Vengono chiesti sacrifici e altri se ne prevedono, al di là della dichiarazioni false e rassicuranti, ma gli appannaggi dei politici, invece di diminuire, salgono. L’ultima conferma arriva dalla Sicilia dove i compensi dei «deputati» regionali sono superiori a quelli dei senatori, senza considerare la marea di benefit di cui beneficiano. Non è un caso isolato ed è emblematico di come stiano realmente le cose: per i politici, i privilegi del centro si sono estesi saldamente alle periferie. Questa è l’autentica declinazione italiana del federalismo. Più chiaro di così. E sia chiaro anche un altro concetto: tali compensi sono stabiliti per legge dagli stessi beneficiari. E poi discettano di conflitti di interessi. Ricordiamoci del “Principe” Totò: «ma mi faccia il piacere».
Riflettere per credere. Il debito delle regioni nel quadriennio 1999-2003 è aumentato del 100%. E la tendenza è in aumento. Non a caso c’è chi come Sabino Cassese (ma anche Antonio Maccanico e Geminello Alvi) parla dello sfascio rappresentato dalle regioni. Cassese sostiene giustamente che si sta riflettendo sui poteri da trasferire alle regioni senza discutere su come esse siano effettivamente attrezzate per assolverli. Non a caso, propone di fondare il federalismo partendo dai comuni, istituzioni più consolidate e controllabili da parte dei cittadini. Assume finalmente rilevanza il concetto di responsabilità e quindi dei conseguenti costi della politica. Sarebbe tragico considerare il problema del costo della politica rubricandolo nella voce “sprechi” oppure dei «compagni che sbagliano», o, peggio, in un ambito qualunquistico, moralistico, populistico, alla Guglielmo Giannini o alla Pierre Poujade, offrendo così facili argomenti ai diretti beneficiari. A mio avviso, invece, il costo della politica si conferma un elemento strutturale che determina, in Italia, la crisi della democrazia perché contribuisce ad individuare una classe dirigente assolutamente inadeguata.

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