Partiti, volete un giornale? Pagatevelo

PUNTUALE come la vendetta di un samurai, la lobby più forte, quella della politica, scende in campo come un sol uomo per protestare contro il tentativo di limitare qualcuno dei tanti privilegi ingiustificati e costosi che si è autoassegnata. Stavolta, succede per i tagli all’editoria di partito, che assommano complessivamente a circa 550 milioni di euro. Una cifra astronomica.
A prescindere che tali aiuti sono stati assegnati anche a giornali di partiti inesistenti, per difendere tale assurdità è sceso finanche in campo il segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, Paolo Serventi Longhi, che ha dichiarato che «il taglio delle provvidenze ai giornali, previsto per il 2007 e il 2008 rischia di danneggiare molte voci libere». Inoltre è stato firmato un appello di cinque direttori di giornali di partito, quasi rigorosamente bipartizan: Antonio Padellaro (Unità), Stefano Menichini (Europa), Piero Sansonetti (Liberazione), Flavia Perina (Il Secolo d’Italia) e Gianluigi Paragone (La Padania). Per i cinque direttori, in questo modo, «si rinuncia a una parte fondamentale della libertà di informazione». Ovviamente la loro.
Come se non bastassero già i media nazionali che, con un’ampiezza sconosciuta alle altre nazioni civili, amplificano ogni minima dichiarazione dei cosiddetti leader politici. Ma l’appello conferma la regola dell’omogeneità della classe politica, che si divide i ruoli di maggioranza-opposizione, mantenendo al potere un ceto sempre più realmente scollegato dalla gente, tendenza che nei prossimi anni credo assumerà dimensioni devastanti. Per tutelare i privilegi, sono sostanzialmente tutti d’accordo.
Secondo noi, chi vuole i giornali di partito se li deve pagare. C’è già il finanziamento pubblico ai partiti che, bocciato a furor di popolo nel ’93, oggi è più forte di prima: solo nel 2005, ha assorbito 196 milioni di euro, esclusa l’ennesima «carezzina» decisa in articulo mortis della precedente legislatura. A cui si aggiungono altri 91 milioni di euro per i gruppi parlamentari di Camera e Senato, che già in pochi mesi è lievitata, sotto la presidenza di un rappresentante del popolo che è più rappresentante degli altri. Somme che bastano ed avanzano.
E poi, con gli emolumenti che percepiscono, i parlamentari potrebbero benissimo devolvere una minima parte dei loro appannaggi, per sostenere la propria stampa di partito. Come fanno questi politici a essere credibili quando reclamano il libero mercato per i tassisti e non per i giornali di partito? Dunque, prima di parlare di liberalizzazioni e di tagli dei privilegi, i politici parlino dei loro, che sono i più ingiustificati. In definitiva, anch’io però concordo con i direttori dei quotidiani di partito: i finanziamenti pubblici all’editoria non vanno ridotti. Vanno totalmente aboliti.

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