Di riforma in riforma la scuola si gonfia, la formazione peggiora

NUMERI COSÌ non si possono neanche giocare al lotto: 94, 610, 1864. Rappresentano rispettivamente il numero delle università, delle facoltà e dei dipartimenti nel nostro Paese. E i risultati? Non sembrano propriamente brillanti. Negli anni passati, il ritornello era che nel nostro Paese i laureati erano molti di meno rispetto alla media europea. Ma invece di incidere sulle cause, ci siamo italicamente concentrati sugli effetti. «Et voilà» la riforma universitaria per aumentare i laureati. Gian Luigi Beccaria ha curato un libro dal titolo emblematico «Tre più due uguale a zero», volendo significare rispettivamente il numero degli anni per il conseguimento della laurea breve e quello, cosiddetto, magistrale. Il caso dell’università è la punta dell’iceberb di un Paese che non pensa al futuro e che considera anche lo strumento principale per il proprio progresso, che è il capitale umano, alla stessa stregua di un ente inutile: una camera di compensazione di interessi e uno sbocco alla disoccupazione. Il fatto è che questa tendenza si sviluppa dalle elementari, dove meno scolari ci sono e più aumentano gli insegnanti. Demenziale. La formazione delle persone e l’aumento delle conoscenze non è stato mai un obiettivo politico prioritario. Infatti, sia il numero degli insegnanti delle scuole dell’obbligo sia l’aumento delle sedi universitarie hanno risposto soprattutto a logiche interne ed autoconservative.
Occorrono invece riforme strutturali. Chi le fa? Chi si occupa di riorganizzare, tagliare, motivare, verificare, aprire al futuro una delle istituzioni che legittimano la presenza dello Stato e ne determinano l’importanza nello scenario globale? Il compito dovrebbe toccare alla classe politica, che però non brilla per avere lo sguardo lungo. Eppure questa è una riforma centrale. L’istruzione può determinare due conseguenze decisive: la crescita economica e il controllo democratico dei cittadini sul potere. Questo secondo aspetto è fondamentale in quanto cittadini istruiti e informati rappresentano una componente fondamentale della democrazia. Non ci possiamo poi meravigliare quando milioni di italiani votano solo in base a quello che vedono in televisione, senza capacità critica e quindi messi in condizione di farsi del male da soli.

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