Rigore senza padri
pubblico impiego con troppi padrini

NON C’È CHE DIRE: siamo sotto il segno del rigore. Si continuano a stabilizzare i precari nella pubblica amministrazione, si aumentano i compensi ai dirigenti, non si incide di una virgola sul costo della politica. Viene poi inanellata l’ennesima perla delle prescrizioni degli illeciti contabili. E dire che già adesso chi sbaglia nella pubblica amministrazione ha ottime percentuali di passarla liscia: pari circa all’80%.
All’inizio, nessuno si era accorto di questo articolo spuntato improvvisamente nel mare magnum della finanziaria. Il fatto curioso è che nessuno si assume la paternità dell’inserimento: saranno stati gli alieni del pianeta Vega?

Quest’ultimo episodio, dimostra ancora una volta come le norme vengano fatte prima di tutto per tutelare chi è interno agli apparati, e cioè politici e funzionari.
La pubblica amministrazione rappresenta prima di tutto un enorme bacino elettorale che tutti i governi cercano di ingraziarsi. Le conseguenze sono servizi inadeguati e costosi: pensiamo alla giustizia, alla sanità, all’istruzione e via dicendo. Inoltre, il federalismo all’italiana replica lo stesso cliché duplicando costi e dipendenti.
Checché se ne dica, nessuno pensa seriamente ad incidere sull’efficienza della pubblica amministrazione perché è impopolare e con politici che governano a vista, e che pensano principalmente a fare scorrere ogni mese lo stipendio e maturare la pensione a metà mandato, figurarsi quanto si impegnino per affrontare temi spinosi e complicati. Pertanto, è stato messo in piedi il più gigantesco conflitto di interessi del pianeta e cioè una serie di norme, sostanzialmente bipartizan, che consentono a chi gestisce la cosa pubblica di ottenere il massimo guadagno con il minimo rischio. Se le regole sono inadeguate o vengono bocciate, come il referendum del finanziamento pubblico ai partiti, non c’è alcun problema: rispuntano sotto mentite spoglie.

La realtà è che registriamo anche in Italia quella che Christopher Lasch ha definito La ribellione delle élite, poiché le classi dirigenti, senza nessuna distinzione, definiscono regole e utilizzano risorse pubbliche per garantirsi condizioni di vita sempre migliori. E gli altri? Si arrangino. Povera Italia.

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