Censis: ceto politico a fiducia zero. Per recuperare ci vuole una rivoluzione dal basso

CHE STRANO. Cala la fiducia degli elettori nei confronti dei partiti. A confermarlo è il rapporto annuale del Censis, che senza sconti per nessuno, illustra la situazione sociale del Paese. E’ scesa questa fiducia addirittura dal 1994, con tangentopoli che impazzava, e il Censis ha anche fotografato che nelle ultime elezioni politiche addirittura all’uscita dai seggi, il 59% degli italiani dichiarava di avere «poca o nessuna fiducia nella classe politica che li rappresenta». Come prova di masochismo non c’è male: bastava restare a casa proprio per dimostrare a questa classe politica che le liste non li possono fare pochi intimi a favore di pochi intimi, spesso congiunti e veline.
Lo scenario non è rassicurante, anche quando si sottolinea che i funzionari di partito sono un ceto in ascesa nella società, evidenziando una «partitocrazia di ritorno» proprio mentre i partiti sono in mano a ristrettissime oligarchie. Cesare Salvi aveva presentato un emendamento per ridurre il costo della politica già in questa finanziaria: tutte le proposte sono state bocciate. Non arretrano neanche di una virgola e di fronte a tutte le evidenze.
Il problema, allora, non è di poco conto, ma investe direttamente il patto sociale che è alla base della democrazia. Da un lato abbiamo un ceto politico che, senza alcuna differenza di schieramento, opera principalmente per restare dov’è, a prescindere dai risultati, e dall’altro ci sono gli elettori che per il 74% orientano il proprio voto prevalentemente sulla base di quello che vedono in televisione. Addirittura il 34,2% decide su come si comportano i leader politici nelle trasmissioni televisive e nei telegiornali. Pertanto viene considerato uno statista chi sa parlare in televisione, e poi, magari, non è in grado di gestire neanche un condominio. Il problema diventa allora di maturità civile. Cominciamo ad essere conseguenti e rendiamoci parte attiva di un cambiamento che non è più rinviabile. Secondo me, per cambiare il sistema occorre uscire fuori dal recinto, cambiando le regole del gioco. Non si tratta, quindi, di nuove leggi elettorali. Si tratta invece di produrre svolte radicali. E’ un invito agli italiani che guardano al futuro.

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