Investiamo in istruzione i costi della politica

NON C’È PROGRAMMA elettorale che non affermi che occorre ripartire dall’istruzione. Però, nell’esercizio concreto del potere in Italia la scuola e l’università non sono certo priorità. Eppure sono l’investimento più redditizio per il futuro. La verità è che negli ultimi venti anni il sistema dell’istruzione è stato considerato, a torto, un ente inutile e le costanti proposte di riforma propongono solo inutili pannicelli caldi.
La conseguenza inevitabile è che nelle scuole elementari da un insegnante — spesso bravo — siamo passati a 6-7 a volte non all’altezza, mentre le università, che fino alla fine degli anni Novanta erano una quarantina, adesso sono più che raddoppiate: oltre novanta. E l’autonomia scolastica, talvolta, non ha certo dato la dimostrazione del miglioramento. Si dirà, però, che con più insegnanti ed atenei abbiamo un numero maggiore di diplomati e laureati, diminuendo così il divario con il resto dell’Europa avanzata. La verità è che abbiamo invece demotivato i migliori: la «fuga dei cervelli» è l’effetto di questa situazione, non la causa che invece ha radici remote. La stessa Costituzione, che almeno in questo è chiara, fa riferimento ai «capaci» ed ai «meritevoli» per quanto riguarda gli studi. Non a caso, le più accreditate indagini internazionali sull’educazione collocano gli studenti italiani negli ultimi posti per la qualità dell’apprendimento. Sarà un caso?

IL RAPPORTO col mondo del lavoro è ancora da costruire e lo dimostra il fatto che le prime nove professioni maggiormente richieste dal mercato del lavoro in Italia non pretendono alcuna formazione scolastica elevata. Inoltre, come dimostra il caso emblematico della Calabria, l’aumento dell’istruzione e dei laureati non incide per nulla né sullo sviluppo economico, né su quello democratico e né tanto meno su quello civile. Eppure l’educazione è l’unica risposta possibile ai gravi problemi che impetuosamente emergono in questa società mediatica e globalizzata. Lucidamente ci spiega Neil Postnam: l’alternativa è tra educazione e disastro. L’istruzione è, infatti, l’unico strumento di cui disponiamo per valorizzare i talenti personali e le risorse delle Nazioni. E per fronteggiare la notevole crisi di valori che coinvolge le famiglie e le istituzioni educative, pubbliche e religiose, oltre che analizzare responsabilmente il ruolo dei media, ci sarebbe bisogno di un grande progetto culturale elaborato dalle persone più attente e responsabili della società italiana (non da ultimi i pedagogisti, visto che si tratta di educazione), ponendo alla base la rivoluzione culturale del merito, unitamente ad un corretto recupero degli svantaggiati per consentire la valorizzazione di tutte le risorse umane. Anche da noi, temi come la formazione della classe dirigente, l’immigrazione, la sicurezza, l’innovazione hanno come premessa la rifondazione del processo formativo. C’è bisogno allora di un grande progetto che non sia autoreferenziale e che individui pochi temi chiave realizzabili nel breve periodo. Dopo questa elaborazione, il tema va poi comunicato in modo efficace al Paese. Ci si domanderà: pur trovando politici responsabili che sposino l’idea (perché, purtroppo, tutto parte da là), i soldi dove li prendiamo? Secondo me, le risorse ci sono. In un libro che ho scritto due anni fa insieme alla ricercatrice Sandra Savaglio, dal titolo «Senza attendere» (Rubbettino), ho anche ipotizzato una soluzione: trasferire una parte delle ingentissime ed immotivate somme dei costi della politica sull’istruzione di base e la ricerca. E si tratta di diversi milioni di euro all’anno. Dunque, l’istruzione e la ricerca vanno posti al centro del dibattito politico nazionale. È un necessario progetto culturale e politico del quale il Paese non può più fare a meno.

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3 Commenti a “Investiamo in istruzione i costi della politica”

  1. Francesco Iagher scrive:

    Egr. Dr. Mario CALIGIURI,
    il suo è un gran bel post, di spessore ed attualità. Ha dato con limpidezza i dettami di cosa ci vorrebbe, ma una cosa ha detto che conclude “amaramente” il tutto:“trasferire una parte delle ingentissime ed immotivate somme dei costi della politica sull’istruzione di base e la ricerca”. Una perfetta utopia, visto lo sperpero quotidiano delle risorse. E non per ultimo dove sono quei famosi 98 miliardi d’evasione…(vedi Visco & amp; Monopoli di Stato)? Quello che Lei indica, dovrebbe essere la strada maestra, ma come ben sa la politica è tortuosa….
    Cordialmente
    Francesco Iagher

  2. francesco scrive:

    Egr. prof. Caligiuri,
    ho letto su quotidiano.net l’inchiesta fatta dai giornalisti del Secolo XIX riguardo alla colossale evasione fiscale, si parla di 98 miliardi di euro, dei Monopoli di Stato. Ho appreso dei vari Alemanno e sale Bingo gestite dai ds ( destra o sinistra non conta, pecunia non olet ), con spruzzatina di mafiosi. Tuti a far la bellissima vita sulle spalle di ingenui ma onesti cittadini. Non se ne può davvero più!!! Quando mi farà un articolo come sa fare Lei sul Carlino a riguardo? Lo faccia a caratteri cubitali, e se un domani decide per organizzare una ” Rivoluzione ” me lo faccia sapere che La raggiungo immediatamente. A parte gli scherzi, ma non si può fare propio nulla? La ringrazio per la lotta impari che sta portando avanti ( sarò, nel mio piccolo, sempre al suo fianco ) e per la cortese attenzione.
    Cordiali saluti
    Francesco Viaro
    Occhiobello (RO)

  3. Filippo Guastini scrive:

    Caro Mario,
    come non condividere parola per parola quanto sostieni? Impossibile. Ma consentimi una domanda: secondo te, nell’attuale situazione nella quale si trovano mercato del lavoro e istruzione, non sarebbe, forse, correggimi se sbaglio, pensare a togliere di mezzo, oltre a chi li gestisce, nepotismo e clientelismo che continuano a svilire l’impegno di chiunque s’impegni onestamente per migliorare se stesso e l’Italia?
    Un abbraccio
    Filippo
    f.guastini@tin.it

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