Quando il Colle non è solo un notaio

CHE NON SIAMO in una Repubblica presidenziale, cioè con poteri accentuati assegnati al Capo dello Stato, lo sappiamo tutti. Che però non siamo alla presenza di un asettico notaio, lo riteniamo pure. E il ruolo dell’inquilino del Colle può assumere una funzione determinante in momenti di difficoltà istituzionale come quelli che stiamo vivendo. Infatti, quando nel 1995 cadde il primo Governo Berlusconi, l’azione svolta da Oscar Luigi Scalfaro non fu né indolore né neutra. E Francesco Cossiga, prima di ogni altro, aveva compreso la crisi del sistema politico e svolse il ruolo che in ogni sistema democratico è proprio del Capo dello Stato, cioè quello di stimolare riforme e cambiamenti. Non vennero e fu la «rivoluzione» di tangentopoli. Anzi, per lui venne addirittura invocato l’impeachment per il solo fatto di avere avuto senso di responsabilità.

CHE STRANO Paese, l’Italia. In quel periodo disse Cossiga: «Io non sono matto, faccio il matto, ma per dire le cose come stanno». Adesso la situazione per molti aspetti è peggiore di quella del 1992, con una corruzione certamente non diminuita, con costi della politica esplosi, con un’inefficienza istituzionale ai livelli di guardia, tanto che lo stesso Napolitano è dovuto intervenire personalmente per ribadire il ruolo dello Stato nell’affrontare l’emergenza dei rifiuti in Campania. Oggi non si tratta di prendere posizione, né si potrebbe, nella controversa vicenda della sostituzione del Comandante della Guardia di Finanza Roberto Speciale, ma di prendere atto che le istituzioni non funzionano e che il patto sociale tra Stato e cittadini vacilla.

LA CRISI è strutturale e non si può affrontare con una maggioranza che si regge sul voto dei senatori a vita, sull’apporto dell’immaginifico senatore Pallaro, sui punti di vista «eretici» di Rossi e Turigliatto e che quindi non può realisticamente porre mano a nessuna seria riforma. La lentezza e la produttività dei lavori parlamentari sono una chiara riprova che si naviga a vista. Appunto per questo, dal Presidente Napolitano ci attenderemmo un po’ di quella «sana follia» che, nel pieno rispetto delle regole costituzionali, possa fare soffiare un vento nuovo, ridando credibilità e prestigio alla politica, che si legittima solo se riesce a risolvere i problemi dei cittadini. Infatti, se oggi il Governo «tira a campare» è tutta l’Italia a «tirare le cuoia». E chi ha le maggiori funzioni, deve assumersi le maggiori responsabilità.

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4 Commenti a “Quando il Colle non è solo un notaio”

  1. ciccio scrive:

    Che imbarazzo ieri sera (il 6 giugno, voto al senato su visco & co)….. Spero che lo spettacolo non sia andato in mondovisione….. avrebbero riso di noi in tutto il globo. E che dire dei nostri cari politici nelle trasmissione post-voto???? IMBARAZZANTI!!!!!! Ma hanno ancora il senso del pudore? Nonostante ancora non sia chiaro quello che è successo tra visco e speciale (lo sapremo mai????), hanno avuto la brillante idea di essere tutti d’accordo sulla necessità di approvare al più presto in senato la “mastellata” con le multe da € 10.000 in su per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni che potrebbero “disonorare” (ulteriormente….) l’onorabilità (??????) dei nostri politici… tutto questo proprio adesso che stanno uscendo nuove trascrizioni (fatte dalla GdF di Milano….) delle intercettazioni Telecom…. devo aggiungere altro????????

    Ultima PERLA (da 24minuti della redazione di Radiocor…):

    Parlamentari senza casa
    Emergenza casa per i parlamentari che costituiscono la Cooperativa edilizia deputati e senatori, con tutti i
    vantaggi fiscali di una cooperativa. All’iniziativa hanno già aderito un centinaio di parlamentari. «Scopo
    dell’iniziativa - precisano i promotori - è quello di consentire ai parlamentari di riavvicinare a sé il nucleo
    familiare in un ambiente conforme come un’abitazione, invece che un albergo».

    questo è qualunquismo, antipolitica, fango nel ventilatore???????

  2. paolo scrive:

    grazie professore mario caligiuri per questa sua molto gradita quanto inattesa
    mail
    è invero la prima che ricevo in argomento
    gli altri destinatari (un centinaio) purtroppo fanno finta che nulla sfosse
    successo di diverso, come se ovviamente il fatto non fosse mai successo,
    infatti nessun giornale o media neppure in rete ne ha parlato
    spero che qs mia uscita (”inopportuna” mi hanno detto i numerosi astanti che
    hanno sentito le mie parole e visto le reazioni incontrollate e “poco
    presidenziali” del ns presidente) diventi come ben lei scrive una sacrosanta
    battaglia civile tutto a vantaggio della maggioranza degli italiani che
    supinamente paga le tasse fino all’ultimo cent e si adegua al sistema anche
    se scomodo evitando di manifestare le loro opinioni a coloro che “contano”
    perché “non si sa mai…”.
    Senz’altro immagio che la mia inattesa “uscita” dopo l’irritazione di chi
    non riceve mai critiche dirette, sia passata al vaglio dei carabinieri al
    servizio non del popolo ma del presidente per controllare “chi” del popolo
    osa a dire quello che poi la maggioranza pensa!

    Grazie per avermi scritto
    e un caro saluto
    Paolo Zucconi

  3. paolo scrive:

    il 13 aprile 2007 in un incontro pubblico col presidente della repubblica Giorgio Napolitano a Roma presso la sala della Pendola al Quirinale ho chiesto, coram populo, direttamente al presidente di ridurre le spese del Quirinale. Forse il primo a dirglielo direttamente e davanti a tutti.
    Il presidente, alla seconda formulazione della richiesta fatta sempre a distanza ravvicinata e ad alta voce ,visibilmente infastidito, muovendo braccia e mani mi ha risposto “quali spese?…dove? In Italia?…”. Null’altro, non ostante avessi replicato: “Qui al Quirinale!”. E se ne è andato continuando il suo “lavoro”.

    Paolo Zucconi

  4. Filippo Guastini scrive:

    Mi sia consentito rivolgere al Capo dello Stato la richiesta di porre fine con atti tangibili e concreti al “dire” per lasciar posto al “fare”.
    Lei, Signor Presidente, ha, grazie alla Sua esperienza politica e di vita, la possibilità di dare “l’imprinting” a questa fase di annunciati rinnovamenti.
    Proclami che il Paese ascolta e subisce, con alti e bassi in funzione della convenienza elettorale e non pubblica, da tanti, troppi anni e, mi creda, almeno personalmente, sono sinceramente stanco di sentirmi preso in giro.
    Mi permetto, perciò, di ricodarLe che questo è il momento di passare dalle parole ai fatti. Non sono certo io a doverLe indicare la strada ma ritengo che tutto si riassuma, oltre che nelle necessità d’intervento strutturale tante volte evocate e indicate dall’amico Mario Caligiuri, anche in una questione di modo e di metodo. Quale? Usi, Signor Presidente, i sani poteri costituzionali conferitigli: non promulghi e rinvii alle camere leggi che non prevedano:
    1) congrue riduzioni del numero dei parlamentari (oserei proporre un taglio di almeno 2/3: paesi molto più grandi del nostro hanno parlamenti infinitamente più snelli)
    2) un regime retributivo che elimini, di fatto, i “professionisti” della politica. Prevedere un’indennità parlamentare minima per eventuali disoccupati eletti e una uguale alla retribuzione media dell’ultimo anno per lavoratori dipendenti e professionisti sarebbe, a mio avviso, un “toccasana”
    3) regime pensionistico in linea con l’attività lavorativa pregressa
    4) tetto massimo di rieleggibilità per più di una volta, compresa qualsiasi altra assemblea rappresentativa
    5) rimborsi documentati (con tetto massimo) delle spese finalizzate all’attività parlamentare e segretaria, autista e auto d’ufficio.
    6) eliminazione di qualsiasi privilegio non finalizzato all’espletamento dell’attività parlamentare (conoscono, ad esempio, bene il problema coloro che rimangono “appiedati” per cedere il posto in aereo o altrove ad un parlamentare anche se il medesimo si sta recando in vacanza)
    Non so se ho dimenticato qualcosa che suggerisco ai lettori di eventualmente aggiungere ma, infine, Le rivolgo l’invito, semmai non trasparisse il necessario pragmatismo da parte delle Camere, ad usare quello straordinario strumento di “sano ricatto” che è la Sua possibilità di sciogliere il Parlamento. Quale migliore occasione di farlo quando non v’è la manifesta volontà d’operare nell’interesse della collettività?
    Esternando i più profondi sentimenti di stima e ammirazione, porgo cordiali saluti
    Guastini Filippo

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