Negli ultimi cinque anni le spese dei politici sono salite del 36%. E si chiedono sacrifici ai cittadini

Sono un’ex docente di Lettere e vivo in prima persona lo squilibrio dei conti pubblici e l’ingiustizia sociale che vede ogni giorno i politici e i ‘boiardi’ di Stato che non si accontentano mai e, dall’altra parte, pensionati dello stesso Stato che, dopo più di 30 anni di lavoro e con una laurea, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese. Nell’ultima parte dell’articolo del 6 ottobre, lei sosteneva che per cambiare questo andazzo indecente (vedi spese del Quirinale, parlamentari, consiglieri regionali, provinciali, presidenti vari ecc.ecc) è necessario che si individui «un movimento di opinione trasversale che riesca a scardinare questa coalizione grande ed omogenea» (e disonesta, aggiungo io). Sarò lieta di leggere notizie su eventuali sviluppi di questo movimento trasversale. Vorrei che lei ne fosse tra i fondatori e sono convinta che si troverebbero facilmente nuovi adepti.
Luciana Comparoni

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Complimenti per i tuoi articoli perché non solo sono pienamente condivisibili ma anche illuminanti riguardo ad una situazione davvero ormai insostenibile sul piano dei costi materiali, sociali e soprattutto istituzionali, oltre che incompatibile con un normale funzionamento di una democrazia moderna che voglia competere nella mondializzazione. Ritengo ormai improcastinabile un momento di verifica generale di sistema in Italia ed in Europa, pena il nostro default politico-istituzionale-economico. A meno che non si voglia proprio questo per ristrutturare e riscrivere gli strumenti democratici ed istituzionali di una nazione fallimentare sotto ogni punto di vista.
Giovanni

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Ho avuto nella mia vita un breve passato politico in qualità di segretario provinciale di un piccolo partito. Ho lasciato la politica attiva nel 2000 perché sono convinta che non cambieremo questo paese attraverso riforme che i politici stessi dovrebbero approvare, volte allo smantellamento dell’apparato burocratico che hanno creato, ma solo attraverso una grande rivoluzione (possibilmente culturale) che coinvolga proprio i giovani e coloro che in questa società lavorano e producono.
Claudia Palazzetti

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Sei sorprendente, come al solito: perché all’interno della classe politica italiana rappresenti una delle poche eccezioni. Una voce fuori dal coro che è, soprattutto, intellettualmente onesta. Sono d’accordo su quasi tutte le tue affermazioni e, soprattutto, mi trovi assolutamente concorde sull’inesistenza di differenze fra gli schieramenti. La verità, purtroppo, è che viviamo in una democrazia bloccata e, quindi, nell’assenza della democrazia. Una realtà bruciante, che noi calabresi viviamo quotidianamente sulla nostra pelle e che sembra aver quasi definitivamente ipotecato il nostro futuro.
Rita Benigno

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Lei dice tutte cose giuste e sacrosante. Il problema però comincia là dove lei conclude. Con chi e come fare per produrre un movimento di opinione esterno ai partiti come lei dice? Spero che lei abbia modo di riprendere e sviluppare questo aspetto in un suo prossimo commento. La cosa mi interessa e interessa a molti professionisti come me.
Vittorio Pieri

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Bravo! Giusto! Noi ci siamo. E chi ti scrive è dentro al sistema emiliano romagnolo, giustamente noto per avere raggiunto importanti livelli di sviluppo e benessere. Ma grazie al lavoro ed alla lungimiranza di tante persone. Nel passato. Oggi purtroppo ci accorgiamo anche noi, anche qua, come i valori in campo siano cambiati: vale più l’appartenenza che i contenuti, il dire più che il fare, la mediocrità e il privilegio imperano.
Giancarlo Malacarne e Mauro Conficoni

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Lei esprime in modo eccellente la situazione politico-istituzionale della nostra nazione, la condizione e l’atteggiamento tipico di una classe politica che oramai non ha più nulla da dire e il cui unico scopo è quello di conservare e mantenere il più a lungo possibile il potere acquisito. Mi sento di dire che le posizioni da lei assunte, le sue idee e il suo pensiero, sono del tutto condivise e sostenute dal sottoscritto.
Samuele Branchetti

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Ho letto con molto interesse l’articolo. Non mi occupo molto di politica, ma alla fine ci siamo tutti dentro, anche solo vivendo. Concordo in pieno con tutto ciò che ha scritto. Ogni giorno mi trovo a riflettere su tanta gente che dovrebbe rappresentarci e in realtà non lo fa, pensando solo alle proprie tasche. Mi è piaciuta la riflessione sul fatto che si occupa di pensioni chi senza tanta fatica ottiene ciò che noi giovani probabilmente ci sogneremo. E oltretutto dovrebbero ringraziare chi li ha eletti! Quello che molta gente non capisce è che c’è chi continua a credere che destra sia meglio di sinistra e viceversa, quando ormai il problema non è quale mano faccia meglio il lavoro. Più che altro quella mano ce la ritroviamo sempre al collo! Perché una persona che fino a ieri guadagnava uno stipendio di 1.500 euro al mese, da un giorno all’altro grazie agli elettori si ritrova ricco sfondato con dei privilegi da sogno?!
Roberto Aiello

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Condivido in pieno quanto scrivi. Rispondo alla domanda conclusiva del tuo articolo: nella battaglia c’è posto anche per un vecchio pensionato? I temi che affronti sono fondamentali. Sono quelli del vecchio Giolitti, di Crispi, di chi ha messo insieme questo Paese.
Aldo A. Mola

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2 Commenti a “Negli ultimi cinque anni le spese dei politici sono salite del 36%. E si chiedono sacrifici ai cittadini”

  1. Erio Franco ERRANI scrive:

    Alcune considerazioni sul PARTITO DEI SINDACATI

    Forse qualcuno non l’ha notato ma esiste una “corporazione” che da sempre condiziona la vita politica e l’economia Italiana.

    In Italia c’è un partito, il più grosso partito, quello dei sindacati.

    L’ha condizionata stando sia dentro che fuori dalle istituzioni giacché i suoi dirigenti a turno si riciclano in politica a livello locale e centrale, nei consigli d’amministrazione delle municipalizzate, nelle cooperative, ecc. malgrado ci dicano di non essere schierati. Prova ne sia che allorquando decadono dal loro incarico hanno subito pronto uno scranno di prestigio in qualche partito.

    Vi siete mai chiesti quanti sono gli ex sindacalisti presenti in parlamento e quanti nel governo stesso, Damiano, D’Antoni, Bertinotti, Marini, tanto per fare alcuni nomi, mentre altri ricoprono cariche istituzionali, Benvenuto, Trentin, Del Turco, Cofferati, ecc.

    E’ fin troppo facile averne conferma, quando cessano dal loro incarico passano a piedi pari in questo o quel partito, non da comprimari, ma con incarichi di prestigio nel governo e/o in enti.

    Ne consegue quindi che giornalmente le rappresentanze sindacali si confrontano con i loro ex “compagni” passati sull’altra sponda nei cosiddetti tavoli di - concertazione – in quel teatrino pieno di sorrisi e proclami vari, con l’inevitabile minaccia finale di sciopero, perché quella non deve mancare mai, quasi a voler dire “adesso ve la facciamo vedere noi”.

    Forse questi signori non sanno che l’uso dello sciopero non dovrebbe essere usato come arma di ricatto ma eccezionalmente quando non ci sono più possibilità per dare soluzione ad una trattativa, e inoltre ha un costo:

    - per il lavoratore (le ore di sciopero non sono retribuite),

    - per i datori di lavoro (mancata produzione o altro),

    - per i clienti o cittadini utenti (dilazione negli approvvigionamenti e sospensione dei servizi).

    Gli unici che non ci rimettono mai sono i sindacalisti, nella loro vita gli scioperi li proclamano, ma li fanno fare agli altri, l’importante è apparire e far vedere che esistono e che sono forti.

    Negli anni hanno fortemente condizionato le scelte dei vari governi con arroganza, in modo strumentale e spesso ricattatorio, contribuendo alla creazione di sacche di privilegi a destra e a manca, nei trattamenti salariali, pensionistici e di fine rapporto sfruttando la debolezza dei governi di turno.

    Il tutto per una perversa ostentazione di potere che nasconde interessi colossali.

    Non c’è dubbio che il ruolo svolto dai sindacati sia fondamentale nella tutela degli interessi normativi ed economici dei lavoratori, ma non è assolutamente necessario che costi l’enormità di 1/miliardo di euro di trattenute sulle buste paghe dei lavoratori, sugli assegni dei pensionati, dei cassaintegrati, sull’assegno di disoccupazione o quant’altro e altre centinaia di milioni provenienti direttamente o indirettamente dallo Stato e che non siano tenuti a presentare alcun bilancio a fine anno.

    La legge non li obbliga, ma sarebbe un atto dovuto verso chi paga la tessera e di trasparenza.

    (Gli associati non hanno mai saputo quale uso è stato fatto della loro “quota associativa” – perché, sempre per chi non lo sa, i SINDACATI sono semplicemente delle associazioni private alle quali ci si associa pagando una quota associativa, nel caso specifico una trattenuta in busta paga o sulla pensione)

    Negli anni però il loro potere è fortemente aumentato, in modo particolare con l’istituzione dei PATRONATI e CAAF – incassi sicuri dai “subappalti” della pubblica amministrazione.

    Altra anomalia tutta Italiana sono i “distaccati” , dipendenti che continuano ad essere pagati dai datori di lavoro (percepiscono persino i premi di produttività) ma lavorano per i sindacati > (principalmente dipendenti dell’amministrazione pubblica) per un onere annuo, inclusivo di Irap ed oneri sociali, pari ad oltre 116/milioni di euro, più circa 420/mila ore di permessi retribuiti per un costo di 9.2/milioni di euro (principalmente diffuso nel mondo privato>>.

    Ultimi dati certi (avere questi dati aggiornati non è sempre facile)

    PRIVILEGI – La manna dei permessi Sindacali:

    Il rapporto minuzioso, a cura del Ministero della FUNZIONE PUBBLICA “RELAZIONE AL PARLAMENTO SULLO STATO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”, offre un quadro dettagliato ed aggiornato sui permessi sindacali in tutti i settori del pubblico impiego, Ministeri, Scuola, Enti Locali e Sanità.

    Il fenomeno è gigantesco e i costi a carico delle casse dello Stato altrettanto.

    Un es. (Anno 2001):

    - Le giornate di permesso sindacale retribuite sono state 369.254;

    - I dipendenti Pubblici che hanno utilizzato i permessi sono stati 80.085;

    - Relativamente alle assenze per motivi sindacali, il tasso di assenza risulta corrispondente all’assenza dal servizio per un anno di 5.159 unità, pari ad un dipendente su 606, con un costo annuo valutabile in 232.155.000.000 Mld. di Lire.

    Quali sono i Sindacati che garantiscono più permessi?

    - In testa c’è la CGIL, per i giorni utilizzati, 76.093, che per il numero di dipendenti interessati, 18.813, a seguire CISL e UIL. Tutti in crescita rispetto all’anno precedente.

    Quali sono i dipendenti pubblici con più permessi sindacali?

    - Regioni, Province e Comuni con 20.977 lavoratori in permesso;

    - La Sanità Pubblica vince per i giorni ai sindacalisti, 91.693;

    - Maglia nera a 20 Enti pubblici non economici (tra cui la Croce Rossa e l’Ipsema), 836 comuni e 4 province (L’Aquila, Palermo, Taranto e Teramo).

    Non hanno ancora inviato i dati relativi alle assenze sindacali 2001:

    - 3 Regioni (Abruzzo, Basilicata e Sicilia), 41 Comunità Montane e 4 Camere di Commercio – E siamo alla fine del 2003.

    Alcuni esempi di cattiva gestione del pubblico denaro, con forti condizionamenti da parte dei sindacati sono la FIAT, OLIVETTI e l’ALITALIA.

    Per anni l’Avv. Agnelli e De Benedetti con l’avallo sindacale hanno privatizzato gli utili e socializzato le perdite.

    L’ALITALIA invece, cattivo esempio di mala-gestione è stata tenuta in vita per anni con l’avallo dei sindacati contro ogni logica di una corretta gestione economica.

    Era ed è fin troppo evidente che l’unica soluzione plausibile sarebbe quella di farla fallire per poi farla risorgere come altre compagnie, Vedi SWISSAIR. Invece NO, il sindacato, contro ogni logica di buona amministrazione, insiste a proclamare scioperi senza curarsi dei disagi procurati all’utenza ed ai danni economici, e non apre bocca quando Cimoli viene dimesso con una corposa liquidazione, tanto paga pantalone.

    Buon senso vorrebbe che si preoccupassero di livellare doveri, diritti e retribuzioni dei dipendenti a quelli della concorrenza, ben oltre la media delle altre compagnie aeree.

    Oggi purtroppo dobbiamo scontare questi ed altri errori che condizioneranno fortemente le rendite di coloro i quali dovranno andare in pensione. Nessuno di noi ha dimenticato che con l’avallo dei sindacati e dei governi amici per anni 40/45-enni sono andati in pensione dopo soli 15/anni, 6/mesi ed un giorno, più i vari prepensionamenti delle FF/SS, ENEL, SIP, ecc. (con i cosiddetti scivolamenti), senza un minimo di rispetto per tutti quelli che hanno dovuto e devono continuare a lavorare perché non hanno raggiunto ancora i requisiti.

    Nessuno di loro si è mai sentito in obbligo di spiegarci perché perseverano nell’appoggiare e sostenere i privilegi di alcune categorie, alcuni lavoratori percepiscono 14,15 e anche 16 mensilità in luogo delle canoniche 13, altri vanno in pensione con l’ultima retribuzione (vedi Banca D’Italia, senato, ecc).

    Quindi è indubbio che il sindacato ha usato ed usa due pesi e due misure creando lavoratori di serie A e di serie B. Logica e buonsenso, oltre che un dovere morale, vorrebbero non un livellamento delle retribuzioni, ma una parificazione sui trattamenti di fine rapporto ivi compresi i coeficenti di calcolo della pensione, sulle ferie, sui permessi e sulle mensilità retribuite che per TUTTI dovrebbero essere rapportate non all’anzianità, ma alla produttività. La soluzione di queste disparità sarebbe un atto di democrazia e di giustizia nei confronti di tutti quei cittadini-lavoratori che non godono di alcun privilegio, pagano le tasse e non si lamentano.

    Questo sistema clientelare ha fatto sì che si perdesse di vista l’interesse generale per quello particolare e non sono stati valutati gli effetti negativi che simile politica avrebbe avuto sui futuri pensionandi.

    Troppo spesso i sindacati si dimenticano dei DOVERI che andrebbero sempre anteposti ai DIRITTI e questa forma perversa di gestire il rapporto tra lavoratori e datori di lavoro ha fatto sì che in luogo di una gestione concertata e condivisa ci si trovi sempre di fronte ad una contrapposizione ostile e conflittuale. E’ ovvio che in alcuni casi per l’indisponibilità dei datori di lavoro non è possibile fare diversamente, ma dovrebbe essere un’eccezione, non la regola.

    I sindacalisti non dovrebbero essere schierati politicamente perché non ci possono essere governi amici o nemici nei confronti dei quali tenere atteggiamenti diversi, ma unicamente una controparte – politica – con cui confrontarsi per dare soluzione ai problemi dei lavoratori.

    Altra anomalia consente ai sindacati di contrattare ogni e qualsiasi problema anche per tutti coloro che non sono iscritti alle loro associazioni e questo avviene regolarmente in tutti i tavoli di concertazione. Bene, male, sta di fatto però che loro decidono anche per chi non li ha delegati.

    Altra anomalia, avallata ovviamente dalle rappresentanze sindacali (quelle esterne e quelle interne), è quella di pagare la cassa integrazione e altre provvidenze con i soldi dei contributi INPS e non con la fiscalità generale.

    Questo ha portato ad un progressivo impoverimento delle casse dell’ente previdenziale il quale ha e avrà serie difficoltà a pagare regolarmente le pensioni se in tempi brevi non si porrà mano ad una seria riforma del sistema pensionistico e gestione dei contributi.

    Il sindacato dovrebbe avere come presupposto il principio della solidarietà, della equità e non quello del privilegio, del clientelismo, delle ingiustizie e disuguaglianze, contribuendo alla efficienza e funzionalità della Pubblica Amministrazione con la progressiva eliminazione di privilegi e lobbies.

    Una maggiore indipendenza dai condizionamenti politici e dalle fonti di potere in seno all’A.P., probabilmente, eviterebbe la proliferazione delle centinaia di sigle sindacali autonome e corporative senza nessuna visione della realtà Italiana.

    Inoltre il sindacato dovrebbe intervenire perché la sicurezza dei cittadini sia salvaguardata in ogni forma e la certezza della pena sia effettivamente garantita con fatti e iniziative che sappiano tradurre in pratica i buoni propositi.

    E buon ultima la BUROCRAZIA, invisa e osteggiata da tutti ma tollerata e fonte di guadagno per molti, anche per i sindacati, i quali con i loro apparati sfruttano i bisogni della gente per sostenerli nel disbrigo delle mille pratiche necessarie all’espletamento dei più elementari obblighi quotidiani invece di battersi per la semplificazione e l’abolizione di tante norme vessatorie per il cittadino e le imprese.

    Se ho detto qualche inesattezza, a disposizione

    Saluti

    Erio Franco Errani

    RUSSI (RA)

    27 giugno 2007

  2. Erio Franco ERRANI scrive:

    Caro Presidente del Consiglio, Prof. Romano Prodi,
    Lei ed esponenti del suo Governo continuate a dirci:

    ” PAGARE TUTTI PER PAGARE MENO”

    se posso permettermi, aggiungerei:

    “RISPARMIARE TUTTI PER PAGARE MENO”

    Dico questo perchè il suo governo fino ad ora non ha fatto NULLA per ridurre le spese, i privilegi, gli sprechi e il costo della politica in generale.

    A noi poveri cittadini invece sono riservati: gli aumenti di tutte le tariffe per le utenze domestiche, dell’ICI e dell’IRPEF, del bollo auto, dei tiket sanitari, della spesa quotidiana, ecc. ecc.

    Le pensioni invece sono aumentate a gennaio dai 2 ai 7 euro.

    Lascio a Lei ogni commento!!

    Inoltre Lei nella campagna referendaria sulla “devolution” promise che se avesse vinto il NO avrebbe ridotto i parlamentari al numero di 400.

    Le chiedo quindi di avviare subito con l’opposizione l’esame dei disegni di legge costituzionali per la riduzione del numero dei parlamentari come autorevoli esponenti del suo Governo hanno ripetutamente proposto stabilendolo subito in: 400 deputati e 200 senatori e sucessivamente affronti la complessa questione del superamento del bicameralismo paritario.

    Solo partendo dal governo e dal parlamento avrete l’autorevolezza di chiedere agli altri soggetti istituzionali di fare la loro parte, e anzitutto alle regioni, che non possono pretendere di sottrarsi alla esigenza di moralizzazione della politica italiana in nome di un malinteso federalismo.

    E poi c’è un’altra grande questione aperta in Italia: la questione morale.

    I cittadini vi sentono parlare di ridurre le nostre pensioni, mentre voi parlamentari continuate a usufruire di ingiustificati privilegi pensionistici. I cittadini vedono che davanti ai costi abnormi e gli sprechi della politica, finalmente diventato un tema al centro dell’attenzione generale, invece di fare qualcosa di concreto, è in corso un assurdo rimpallo tra governo, regioni e comuni su chi debba cominciare a tagliare per primo.

    La invito anche ad affrontare con determinazione il tema dei costi abnormi e degli sprechi della politica. Dovete cominciare a farlo dal centro, dal governo e dal parlamento. Nessun governo formato da 102 persone può avere la credibilità per chiedere agli altri gli indispensabili tagli e riduzioni negli scandalosi sprechi e la riduzione drastica dell’esercito di quasi mezzo milione di persone che oggi in Italia vivono di politica e intorno alla politica.

    La Spagna prima e oggi anche la Francia dimostrano che un governo può benissimo funzionare con quindici ministri e con pochi sottosegretari.

    Per ridare serenità al paese, per ritrovare una coesione sociale che rischia di perdersi, per restituire tranquillità alle istituzioni servono fatti politici: fatti nuovi, concreti e concludenti. Questione sociale , questione morale e questione democratica sono oggi legate. Si rischia una implosione del sistema.

    Le chiedo concrete decisioni politiche e istituzionali, che parlino all’Italia e non al palazzo, che ridiano ai cittadini la fiducia e la speranza in una politica di segno nuovo, una politica attenta ai problemi reali degli uomini e delle donne.

    Presidente Prodi, dimostri al paese che meritate di governare altrimenti preparate le valige e andate a casa.

    Con i migliori saluti -

    Erio Franco Errani

    GODO (RA)

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