Il marketing batte i contenuti
in un sistema sempre più vorace
Il problema non è di poco conto. Con la cosiddetta seconda Repubblica, più i partiti diminuiscono in iscritti e più costano ai contribuenti. Il ceto politico prima del 1992, è stato spazzato via sull’onda di un legittimo rigetto contro un affarismo imperante e la difficile sostituzione dei governanti al potere. Ma adesso come siamo messi? Dopo quindici anni, per molti aspetti anche peggio. Potremmo allora dire che il rimedio è stato peggiore del male? Se analizziamo la presenza delle forze politiche all’interno della società, è facile constatare come i militanti siano ridotti a poco più di 2,3 milioni su oltre 47 milioni di elettori per la Camera che diventano quasi 50 con la circoscrizione estera. Magicamente, è invece aumentato il numero dei professionisti della politica, anche sulla base del federalismo che, trasferendo compiti e funzioni dal centro alla periferia, ha aumentato a dismisura il numero, ed i costi, di chi si dovrebbe occupare della cosa pubblica. Non sono processi casuali.
Nel 1975, in uno studio della Trilateral Commission si sosteneva che le democrazie per essere efficienti avevano bisogno di una bassa partecipazione dei cittadini. Per una serie di fattori, dalla trasmissione di valori rivolti al consumismo all’imporsi di un sistema mediatico sempre più pervasivo ed “educante”, il riflusso dalla vita pubblica è evidente. E questo a prescindere dalla rinnovata partecipazione formale di questi ultimi anni, iniziata con le elezioni presidenziali americane e confermata anche dalle elezioni italiane del 2006 (quelle delle liste bloccate) e adesso dalle presidenziali francesi. Una partecipazione che si basa esclusivamente sulle spinte emotive e mediatiche, conseguenza di attente – e costose - politiche di marketing. Infatti, è palese che il consenso è fortemente condizionato dalle disponibilità economiche che vengono impegnate nelle campagne pubblicitarie. In questo senso Fareed Zakaria, parla addirittura di “democrazia senza libertà” e c’è anche chi come Noreena Hertz, la quale da anni sostiene che in assenza di chiare distinzioni ideologiche, i partiti cercano di distinguersi solo in termini di marketing, e afferma che “in un ambiente politico sempre più globale in cui i politici sono sempre meno in grado di esprimere strategie e contenuti autentici, essi dipendono sempre di più dal denaro per catturare l’attenzione del pubblico”.
Per comprendere che la musica è questa anche in Italia, basta leggere i bilanci dei partiti, che sono costituiti in grandissima parte dai finanziamenti pubblici che i diretti beneficiari si autoassegnano in modo assolutamente bipartisan. Il “costo della politica” è anche quello delle campagne elettorali, ma incide soprattutto nella selezione di una classe dirigente che pensa prevalentemente a tutelare le proprie rendite, perché non ha alcuna necessità di affrontare i problemi veri, e seri, che investono il Paese. La stella polare è essere funzionali esclusivamente alle ristrettissime oligarchie che decidono le candidature nelle elezioni politiche, dalle quali discendono poi tutti i mali, che si allargano a macchia d’olio nel resto del Paese. Infatti, per mantenere i propri privilegi diventa poi conseguenziale estenderli alle categorie più prossime. Solo così si possono spiegare, tanto per dirne una, le indecenze dei medici della Camera dei deputati che percepiscono stipendi di 250 mila euro annui. Gli esempi sono innumerevoli ma tutti dello stesso segno, dimostrando come sia strutturale il fenomeno dei costi della politica per mantenere in vita un sistema che favorisce una cerchia molto ristretta.
Va detto chiaro e tondo che la degenerazione è nata alla Camera ed al Senato, dove vengono dettate, o più facilmente stravolte, le regole. E’ dal Parlamento che dunque occorrerebbe partire. Ma poco lo si potrà fare con le leggi elettorali. Si tratta di semplici palliativi che, nella migliore delle ipotesi, spostano di poco il problema. Per capirci: se c’è chi lo vuole, nessuna legge elettorale potrà mai impedire che veline e diretti congiunti possano ritornare in Parlamento. Questo, lo sanno tutti. C’è un modo per difenderci? Secondo me, sono maturi i tempi per la creazione di un movimento di opinione tipo la “Common Cause” statunitense che monitora i costi delle politiche pubbliche. Perchè passa proprio dall’abbattimento di questi costi, la selezione di una nuova classe dirigente capace di riallacciare un rapporto nuovo e moderno con i cittadini.
9 Maggio 2007 alle 17:18
ho letto con grande interesse il suo bell’articolo di oggi, che contraddice molto, e con ragione, di quanto affermato nell’articolo principale dal Prof. Ignazi, che al di la` del titolo appare molto condiscendente verso l’attuale situazione. Tuttavia mi sento molto piu` senza speranza di ambedue voi. Per quanto riguarda il Prof. Ignazi, mi appare in linea con le altre ingenuita` (tipiche dei professori universitari) espresse la sua soluzione, ossia di restituire potere effettivo agli iscritto.
Innazitutto non e` molto vero che ne abbiano mai avuto, andando a guardare al sodo. Ed inoltre chi detiene le leve del potere e se ne avvantaggia non ha alcun interesse a compiere un simile cambiamento. Oltre al fatto che in realta`, all’opposto di quanto afferma, per tanti motivi cambierebbe poco o nulla. Per quanto invece riguarda l’altra soluzione proposta, quella della “Common Cause”, mi sento scoraggiato pure li`. A leggere quanto succede in quel paese, non risultano progressi di alcun genere.
La percentuale di votanti e` infima, tanto da far dubitare della sostanziale esattezza del termine di “grande democrazia” applicato ad esso. Ed i candidati basano le loro chances di vittoria pure li` (anzi ancora di piu` che da noi) sulla propria ricchezza e sui giganteschi fondi alle loro spalle raccolti (dai quali si lasceranno poi condizionare se eletti). Non conosco molto della situazione in quei paesi, ma ho l’impressione che gli unici stati dove ancora di possa concretamente parlare di democrazia siano gli stati del nord Europa. Ma a media e politici basta ed importa l’apparenza, non la sostanza. Mi chiedo solo se questo possa portare la pentola a pressione al punto di esplosione, e chi sara` l’opportunista che ne trarra` profitto. Si sono visti tanti cambiamenti, dal Comune alla Signoria, la Rivoluzione Francese, Fascismi … non ho idea di cosa ci riservera` stavolta il futuro
Danny Puccetti
9 Maggio 2007 alle 17:33
Analisi lucida e realistica, come poche sul tema ultimamente. Ho trovato un’indiretta corrispondenza in un analisi letta il giorno dopo sul Sole 24 ore (”L’economia del sentito dire”), nelal quale si evince l’effetto-disorientamento provocato sul cittadino mediodal bombardamento di informazioni.
Perchè non ci spieghi meglio come funzionano le common cause?
11 Maggio 2007 alle 19:09
Caro professore Caligiuri,
ho seguito su Internet la trasmissione Omnibus su LA7 dove, l’11 maggio, è andata in onda la presentazione del libro di Rizzo e Stella “La casta costa”. Sapevo che era ospite anche lei. Il tema mi appassiona troppo e approfitto di questo spazio che lei ci offre per dire la mia.
Purtroppo in tutti i talk show che affrontano il tema dei costi della politica, non solo non si approfondisce ma neanche si accenna all’effetto dirompente che avrebbe sull’ammodernamento della nostra classe politica, e sui suoi costi, l’adozione, anche in Italia, del sistema elettorale maggioritario uninominale all’anglosassone, che prevede, tra l’altro,l’elezione diretta del premier. Quest’ultimo fatto dovrebbe comportare, anche nel nostro Paese, l’abolizione della presidenza della Repubblica. L’attuazione del sistema maggioritario “secco” a turno unico, che come noto fu oggetto di un referendum andato perduto per un soffio (causa quorum), costringerebbe i partiti a chiudere le loro botteghe e a confluire in non più di due o tre grandi aggregazioni. In questa maniera il rimborso elettorale non sarebbe più spalmato sulla costellazione dei partiti e partitini che ci ritroviamo, ma andrebbe attribuito solo a due o tre soggetti politici. Sarebbe più facile così per il cittadino controllare almeno questa parte dei costi della democrazia. Si dovrebbe inoltre abolire definitivamente il finanziamento pubblico ai partiti e aprire a quello privato, con la possibiità, per il cittadino, di detrarre dall’imponibile una percentuale sufficientemente ragionevole e “interessante” per convincerlo a finanziare lui la politica o le politiche che più gli stanno a cuore.
Lo so per relizzare tutto ciò occorre una riforma costituzionale. Ma per giungervi deve nascere prima, come da lei più volte sostenuto, un grande grandissimo movimento di opinione.
Un saluto e un rigraziamento da una collega
12 Maggio 2007 alle 11:49
Sig.Caligiuri, noto con piacere che anche lei ritiene che l’unico modo di contrastare l’ingordigia della classe politica italiana sia quello di creare un movimento d’opinione sul tipo ” Common cause ” USA.
Se ha il tempo e la cortesia di leggere la mia e-mail inviatale il 9 marzo noterà che la incitavo a proseguire su questa strada per smuovere le coscienze dei politici e dei cittadini. Le rinnovo tutto il mio appoggio e le chiedo quali azioni concrete si possono intraprendere per ottenere un forte consenso in questa direzione e dare supporto a quanto lei già da tempo sostiene dalle colonne del suo giornale.
Distinti saluti.
Guidoni Carlo
12 Maggio 2007 alle 11:51
Preg.mo prof. Caligiuri,
leggo sempre con grande interesse e vivo apprezzamento tutti i suoi
articoli pubblicati da “Il Resto del Carlino” e approfitto del
computer di mia nipote per dirle che condivido la sua opinione circa
la creazione di un movimento che riesca a monitorare i costi delle
politiche pubbliche. Ma, a quando la nascita di questo movimento?
Penso che i tempi siano ormai maturi perché in giro si sentono tante
critiche anche su questa Sinistra che si era presentata come paladina
dell’equità e della serietà. Le sono molto grata per ciò che scrive. I suoi articoli rappresentano sempre una grande lezione di democrazia, di giustizia sociale e di libertà.
Con profonda e immutata stima,
Luciana Comparoni
13 Maggio 2007 alle 08:33
Io seguo ed ho seguito quasi tutti gli articoli che si riferiscono ai costi esorbitanti della politica e dell’arroganza dei politici. Concordo e aderisco fin da ora alla creazione del Movimento di opinione perché il cittadino si possa difendere e puntare a quell’abbassamento dei costi che possa dare inizio alla formazione di una nuova classe politica. Ormai penso che tutti siano stufi di questo andazzo per questi costi che sono sempre in crescita.
Nel mio sito ho anche pubblicato un articolo che prende spunto dai suoi scritti cercando in questo modo di coinvolgere più persone possibile. Chi lo costituisce questo Movimento? Vanno bene i complimenti ma a questo punto è importante agire. Come si fa?
Cordialissimi saluti
Marcello Melani
19 Maggio 2007 alle 10:25
Politica quanto ci costi?
Sono Consigliere Comunale del Comune di Montecatini Terme dal 1999 ed è da tempo che avrei in mente di coinvolgere tutti i Consigli Comunali per porre all’O.D.G tale argomento.
Quello che viene evidenziato continuamente deve finire e credo che potrebbe essere una cosa utilissima parlarne nei Consigli Comunali.
Mi può dare una mano?
Con i miei 800-900 Euro ANNUI credo proprio di non far parte di questa marmaglia.
Grazie della disponibilità e cordialissimi saluti
Nerio Natalini