Salasso che mette in crisi l’Italia
Confindustria incalzi i partiti

Il tema affrontato ieri dal presidente di Confindustria Luca di Montezemolo non è di poco conto. Avere trattato, proprio in occasione del primo confronto col nuovo governo, il nodo del costo della politica e della burocrazia significa parlare, secondo me, della causa delle cause della crisi della democrazia italiana: tutti gli altri temi — innovazione, ricerca, sviluppo, infrastutture, sicurezza, solidarietà, salute, lavoro e via dicendo — ne sono una logica conseguenza.
Il costo della politica, per come si è sviluppato nel nostro Paese, rappresenta forse l’elemento principale della debolezza del sistema nazionale, impedendo il cambiamento e determinando il declino. Infatti, il costo della politica è una componente strutturale della crisi della democrazia italiana, in quanto, senza alcuna sostanziale differenza partitica, chi ricopre incarichi pubblici sembra impegnato soprattutto per mantenere le condizioni economiche legate al proprio status, che discende dalla composizione di liste fatte a tavolino da pochi intimi per pochi intimi. Ed è proprio in base a tale concetto, che mi permetto di profetizzare che la legislatura appena iniziata durerà certamente cinque anni. Il fenomeno di mantenere gli incarichi politici, ovviamente, non è solo italiano, ma da noi ha un’incidenza particolare, a cui ha anche probabilmente contribuito la presenza del partito comunista più forte dell’Occidente, che ha espresso nelle istituzioni elettive in maggior parte funzionari di partito. La politica come mestiere nasce appunto da lì. E per mantenere tale situazione, i benefit dei parlamentari nazionali si sono estesi a dismisura anche alle rappresentanze regionali. Basti vedere come sono lievitati i costi dei consiglieri delle assemblee regionali dal 2000 a oggi per rendersene conto. Già Antonio Maccanico aveva considerato la nascita delle regioni come una delle quattro, cinque cause che avevano rovinato l’Italia (Roberto Napoletano, Fardelli d’Italia, 2005), per non dire delle analisi lucide di Sabino Cassese che giustamente si pone il problema, ed è l’unico a farlo, di come le regioni siano in grado di gestire le nuove materie assegnate. Tema che, nelle dovute proporzioni, si pone anche per la rinnovata fioritura delle Province a cui ha fatto riferimento lo stesso presidente di Confindustria.
Se aggiungiamo poi il finanziamento pubblico ai partiti, eliminato a furor di popolo da un referendum nel 1993 e oggi più forte di prima, e i contributi pubblici all’editoria di partiti e sedicenti movimenti politici, la situazione diventa davvero insostenibile, a fronte di una crisi che rende difficile immaginare prospettive alle giovani generazioni che, caso unico dal dopoguerra in poi, corrono il rischio di essere più povere dei loro padri. Montezemolo non lasci cadere l’argomento e lo riproponga costantemente, costituendo un gruppo di studio e di monitoraggio sui costi della democrazia. Potrebbe essere una buona idea, tanto per cominciare.

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