Marocchina denuncia il marito che la picchia. Proteggiamola!

Di Lorenzo Bianchi
E’ lecito sperare che questa volta si faccia sul serio? Una donna marocchina ha avuto il coraggio di denunciare il marito. Ha dichiarato alle forze dell’ordine che da anni la picchiava. Ha spiegato che da quando ha preso l’abitudine di avvicinarsi ubriaco al talamo coniugale lei ha proclamato lo sciopero del sesso. Il momento è delicato. Un tabù è stato infranto. In nome dei diritti della persona e di quella parità fra uomo e donna che l’Islam, la religione dei due coniugi, non riconosce. Il versetto 34 della Sura IV, quella dedicata all’altra metà del cielo, è chiaro: “Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perchè spendono (per esse) i loro beni. Ammonite quelle di cui temete l’insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele”.
La decisione impervia della madre di due figli dovrebbe essere assistita dalle istituzioni in maniera efficace. Abbiamo davanti agli occhi l’orribile e vergognoso precedente di Hina Salem, la ragazza di origine pachistana uccisa dal clan familiare perché voleva vivere come le sue coetanee italiane. La sua solitudine non può e non deve ripetersi. Gli organi dello Stato debbono collaborare per garantire protezione alla giovane che ha avuto il coraggio di rompere il silenzio. La comunità alla quale appartiene non ha nessun diritto di risucchiarla e di imporle un codice di comportamento autoritario e maschilista derivato, per di più, da un’interpretazione statica ed estremista del Corano. Lo stesso sito conservatore “Islam on line”, strenuo assertore del velo femminile, afferma che secondo la tradizione musulmana maggioritaria la reproba ribelle può essere colpita solo con il “siwak”, il bastoncino per pulirsi i denti.
ORA LO STATO deve fare la sua parte. In caso contrario perderà una battaglia cruciale per la sua credibilità e per la sua stabilità negli anni che ci stanno davanti. E la comunità islamica ha l’obbligo di accettare formalmente e pubblicamente quei valori universali di libertà, giustizia e parità degli individui che sono alla base della nostra Repubblica. L’alternativa è che si rinchiuda in isole separate che non possono essere tollerate.

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