Daniele è libero.Un riflessione sul futuro dei reporter

L’incubo è finito. Daniele è libero. Svanite l’emozione e la paura, è il momento della riflessione su queste due settimane. E’ ancora possibile fare i reporter nelle zone a rischio senza essere, per forza, embedded, ossia aggregati a unità militari con tutte le limitazioni che questa posizione comporta? Dobbiamo rinunciare a raccontare? Ormai gli spazi di chi vuole muoversi sul teatro dei conflitti sembrano ridotti al lumicino. Se eviti i proiettili, rischi di diventare facile boccone per la stessa guerriglia che vorresti descrivere, analizzare, capire e far capire ai tuoi lettori. Per l’Afganistan questa è una realtà inedita. Chi si azzarda a uscire dagli accampamenti e dalle basi della Nato diventa una preda indifesa. Per i talebani o per altri combattenti è quasi un invito a nozze. Catturare un reporter inerme, il suo autista e il suo interprete è semplice come bere un bicchier d’acqua. Rischio zero e grandissima illuminazione mediatica. Il comandante Dadullah di turno si trova in mano un asso di briscola da calare sul tavolo. E’ un cascame e un perverso insegnamento della guerriglia irachena.
A questo punto comincia il grande gioco secondo uno schema collaudato. Si chiede il ritiro delle truppe, obiettivo ovviamente irraggiungibile, per ripiegare su traguardi minori, ma significativi. Un riconoscimento politico o scambi di prigionieri. Il diritto di cronaca finisce per scontrarsi con i superiori interessi di un intero paese o addirittura di una potente alleanza politico - militare come la Nato.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna risolvono il conflitto non trattando per l’ostaggio. La stragrande maggioranza degli italiani disapproverebbe drasticamente questa scelta. I governi di Roma (di centro - destra o di centro - sinistra, non fa differenza) sono perfettamente consci degli umori prevalenti e negoziano. Pagano prezzi (economici e di credibilità). E’ successo in Iraq. La situazione si ripete in Afganistan. Il rapimento mette a nudo l’ambivalenza della nostra politica estera. L’Italia schiera soldati, ma non combatte i talebani, almeno ufficialmente. E’ amica degli americani e di Karzai, ma non può restare indifferente alle perentorie, irose richieste del mullah Dadullah che minaccia di “trucidare” il rapito. E’ nel Paese per ricostruire, ma il grosso delle risorse è assorbito dalla spesa per il contingente militare. Che in Iraq non fu dotato per lungo tempo dei necessari elicotteri Mangusta per non sfregiare il connotato “pacifista” della missione “Antica Babilonia”. Di ambiguità si può morire. Se le premesse sono queste, o restiamo a casa noi giornalisti o restano a casa le truppe.

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5 Commenti a “Daniele è libero.Un riflessione sul futuro dei reporter”

  1. ANTONIO scrive:

    sono disgustato,disgustato,disgustato :Questo sig.girnalista festeggiato come un eroe, per meriti relativi alla sua vanità di protagonismo. Questo trionfalismo delle nostre istituzioni che si sono ben guardate dal valutare la gravità di ciò che ne potrà derivare per le ripercussioni internazionali dalla liberazione di terroristi e disinteressandosi del povero interprete tuttora nelle mani dei talebani.Così come potrà mai essere giustificata la morte del povero autista?

  2. massimo scrive:

    Ed eccoci qui tutti felici e contenti per la liberazione di un nostro concittadino e sino a qui che dire.
    Ma, e da qui incominciano le note dolenti, ovvero, cosa ci è costato e non intendo in termini economici, quali ripercussioni avrà.
    Poniamo un esempio, ora i taleban sanno che per ottenere quello che vogliono e sufficiente rapire chichessia, questo non è bene, in oltre perchè stamane è stato arrestato il mediatore, e perchè si sono usati due metri e due misure, la vita umana non vale uguale per tutti, in questo caso pare che la vita di un afgano valga molto meno di quella di un italiano.

  3. Franco Boldrini scrive:

    …un giornalista non può essere un cane sciolto in Afghanistan, deve essere integrato dalle forze militari esistenti nella zona e agire esclu sivamente nei territori indicati dal Comando Militare, altrimenti succedono -ANCORA!- casi come questo, che distruggono operazioni militari come l’arresto di terroristi rimessi in libertà per scambio prigionieri!
    incredibile che ancora succedano queste cose.Il giornalista non diventa un eroe, diviene un mezzo prezioso per la guerriglia-terroristica che ne ricava vantaggi incredibili.
    Franco Boldrini

  4. Meggy scrive:

    Sono felice per il rientro del giornalista Mastrogiacomo, ma molto amareggiata per la feroce ed ingiustificata esecuzione del suo autista e per il fatto che si sono liberati alcuni feroci assassini e che si è così creato un buon precedente ed un facile canale per far scarcerare quanti efferati sostenitori sono stati incarcerati magari a fatica e con spreco di uomini e mezzi.

  5. Massimo scrive:

    E se il prossimo “giornalista” militante rapito in Afghanistan venisse liberato
    in cambio della cessione ai talebani di Prodi ? Molto, molto meglio della li-
    berazione di cinque o sei terroristi islamici nemici giurati dell’ Occidente…

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