La rincorsa affannosa dei troppi errori commessi in Afganistan

Chi volesse capire che cosa non ha funzionato in Afganistan potrebbe leggere lo stupendo articolo di Nelofer Pazira, l’attrice indiana di origine afgana che ha interpretato “Viaggio a Kandahar”. E’ tornata nella città che fu la capitale del mullah Omar in agosto per un reportage televisivo. Sei mesi prima, raccontava, i talebani erano riapparsi e le costruzioni si erano bloccate. Il suo interprete Hikmat ha distrutto le lettere di raccomandazione e gli accrediti ricevuti dai giornalisti. Il fratello di Hikmat, che aveva lavorato come cameraman, ha cancellato ogni ripresa, ogni cd e ogni nastro nel quale comparivano soldati statunitensi. Una società indiana che aveva costruito la strada che collega Kandahar a Spin Boldak si è fatta di nebbia appena si è diffusa la voce che l’esercito pachistano stava aiutando i talebani che volevano tornare a Kandahar. Hikmat ha messo in salvo la famiglia. L’ha portata a Quetta, in Pakistan. Nel quartiere di Koshal Mena, a poca distanza dal centro, un medico, il dottor Aziz, è fuggito con il favore delle tenebre. I talebani avevano appeso a uno stipite della sua porta un bigliettino che annunciava “rovinose conseguenze” se non avesse lasciato il suo impiego governativo e se non avesse ritirato i figli dalla scuola. Nella provincia di Helmand mani ignote hanno attaccato al muro di una moschea una controtaglia talebana che promette mille dollari a chiunque consegnerà la testa di un dipendente dell’amministrazione del presidente Karzaj o di uno straniero. Wali, dipendente part time della società di telefonia mobile Roshan, racconta che ora i contadini permettono ai talebani di dormire nelle loro case.
L’altro viaggio significativo è quello dell’inviato del Corriere Andrea Nicastro nel villaggio nel quale furono uccisi, nel 2001, Maria Grazia Cutuli e Julio Fuentes. Si chiama Sorobi, è sulla strada fra Jalalabad e Kabul. L’unica novità è che la via di comunicazione ora è asfaltata. Gul Rose, un ex comandante militare alleato dei talebani, distilla il suo scetticismo. Certo, racconta, ho consegnato le armi, “ma non quelle buone”. Per i ferri vecchi ha incassato 300 dollari a pezzo. Alla fine gli hanno consegnato una tessera sulla quale campeggia la scritta Ddr, ovvero disarmato. Confessa che voleva buttarla e che poi ha cambiato idea: “E’ l’unica cosa che veramente vale”. Dimostra che sa maneggiare le armi. Può tornare utile. “Magari la prossima volta che ci vediamo sarò diventato talebano”, confida candidamente al reporter.
Un capo militare tagiko, Mohammed Shirkas, descrive una emorragia di armi e di uomini dalle aree governative a quelle controllate dagli ex studenti delle scuole coraniche: “Pagano duecento dollari al mese, più il vitto e le armi”. A Musa Qala, nella provincia di Helmand, area di fiorente coltivazione del papavero per il mercato dell’eroina, l’esperimento inglese di affidare la città agli anziani è stato un disastro. In ottobre i militari di Sua Maestà avevano siglato un’intesa che prevedeva un ritiro dei seguaci del mullah Omar nei villaggi circostanti assolutamente simmetrico al ripiegamento delle truppe del Regno Unito, da mesi sotto assedio. Musa Qala era stata affidata agli anziani capi della comunità tribale e a una polizia reclutata in loco. Un raid aereo della Nato nel quale è stato ucciso il fratello del mullah Abdul Ghafoor ha cambiato le carte in tavola. Il comandante talebano il primo febbraio si è presentato alla testa di un folto commando dotato di un bullldozer. Tutti gli agenti sono stati disarmati e arrestati assieme agli anziani. Una parte degli uffici pubblici del distretto è stata demolita. Su quel poco che si è salvato Ghafoor ha fatto ammainare la bandiera afgana e ha ordinato che venisse issato il vessillo talebano. Poco dopo si è dileguato, evidentemente appagato dalla dimostrazione di potenza, portandosi dietro, a mo’ di bottino, tutti i mezzi di offesa dei governativi. I poliziotti e gli anziani sono stati rilasciati.
L’Afganistan si sta trasformando rapidamente nell’occasione perduta delle Nazioni Unite e dell’Occidente. La massiccia riduzione di uomini e di mezzi provocata dalla guerra irachena è stata un errore difficile da correggere. Sembra che solo ora il presidente Bush abbia capito che “dove finisce una strada ci sono i talebani”. In colpevole ritardo ha stanziato 12 miliardi di dollari per le opere civili.
Nel 2006 la produzione dell’oppio è cresciuta del 49 per cento rispetto all’anno precedente. «Prima non sapevamo fare altro che coltivare i papaveri, guadagnavamo molto di più. Ora ci hanno detto che è proibito. Finché ci aiutano con le sementi e assicurando l’elettricità posso andare avanti con i cetrioli e con le melanzane. Ma durerà?». Mahmad Naim, un contadino della provincia meridionale di Helmand, ha affidato questo suo dubbio a un intervistatore delle Nazioni Unite. L’organizzazione umanitaria del governo statunitense Usaid versa quattro dollari al giorno agli ex coltivatori. L’obolo non compensa il mancato guadagno. Il papavero viene pagato il quadruplo del grano o degli ortaggi. Per questa ragione, argomenta Beth Dunford, la funzionaria dell’ Usaid responsabile delle coltivazioni alternative, si deve aggiungere la «coercizione, il rischio del taglio del raccolto, una presenza massiccia della polizia». Non sembra che questa politica sia stata vincente.
Mohammed Daud, il governatore di Helmand, ha le idee assolutamente chiare: «I grandi trafficanti di droga sono il nostro nemico. Finanziano i talebani e li riforniscono di armi. Dobbiamo colpirli. Il sessanta per cento dei contadini qui coltiva l’oppio». Un’inchiesta delle Nazioni Unite ha portato allo scoperto i loro umori. Il 37 per cento si dedica al papavero per soddisfare i bisogni fondamentali. Il 29 per cento indica come motivazione della scelta i prezzi elevati. Non tutti sono indigenti e disperati.Il 6,6 per cento cresce l’oppio per comprarsi l’auto o la televisione.
I signori della guerra hanno rialzato la testa. Si sentono sulla cresta dell’onda. Fino al punto di organizzare una manifestazione di massa nello stadio di Kabul per far passare al presidente Hamid Karzai qualsiasi tentazione di non promulgare la legge sull’amnistia che dovrebbe salvarli dai processi per i crimini che hanno commesso. L’aumento di militari deciso dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dall’ Australia ha tutto il sapore del pentimento tardivo. Ritorna alla ribalta la questione dei “caveat”, i divieti di usare le truppe sul caldissimo fronte meridionale (e contro i risorti talebani) adottati da Italia, Spagna e Germania. Il consigliere americano per la sicurezza Stephen Hadley è stato limpido: “Vogliamo portare sicurezza all’Afganistan nella sua globalità. Questo è il piano che abbiamo concordato. Richiede di spostare le truppe con flessibilità ovunque e ogni volta che sia necessario”. C’è questa esigenza dietro la lettera che i sei ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Romania, Olanda, Australia e Canada hanno inviato all’esecutivo italiano. Qualche “aiutino” silente gli italiani lo hanno già dato. Passaggi sui grandi elicotteri Chinook ai marines in momenti di difficoltà, la recente riconquista di Bakwa caduta in mani talebane, una partecipazione, ufficialmente smentita, in settembre alla vasta retata di studenti coranici denominata operazione “Wyconda Pincer”. Ma agli alleati non basta più. Nelle prossime settimane l’Occidente si gioca tutto. Il governo è caduto sull’Afganistan. C’è da dubitare che possa cedere di un solo millimetro.

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5 Commenti a “La rincorsa affannosa dei troppi errori commessi in Afganistan”

  1. brunoderoma scrive:

    Ci sono segni inequivocabili in Asia, Africa, Sud America ed ovviamente nel Medio Oriente, che le popolazioni locali, o chi per loro, stanche di vedere persone ed istituzioni che non riflettono la loro cultura od il loro modo di vivere, hanno deciso di usare drastiche misure per forzare l’abbandono della loro terra ai “non appartenenti”. Eppure ci si vuol far credere che questa gente vede con favore l’ingerenza occidentale nella loro patria. Questi problemi non esistevano prima che ci facessero bere le meraviglie della globalizzazione e della democrazia a tutti i costi. Ogni nazione deve risolvere i suoi problemi da sola, senza interessati aiuti esterni. Tutti a casa e vediamo che succede.
    Bruno Brugnoletti

  2. Paolo Del Vecchio scrive:

    La situazione Afgana si complica sempre di più e la criminosa strategia degli statunitensi mette a serio rischio l’integrità fisica dei soldati italiani.
    In questo contesto non sarebbe scandaloso ritirare il nostro apparato militare, impegnandoci solo: nei programmi di sminamento del paese e nel supporto alla creazione del sistema giudiziario.
    Alla luce degli ultimi eventi, il voto contrario alla politica estera di Dalema di Rossi e Turigliatto appare sempre più convincente e motivato.

    Mi chiedo quanti Italiani debbano morire in afganistan prima che il governo Prodi o il suo successore decidano di ritirare le nostre truppe d’occupazione coloniale.
    L’appartenza alla Nato non ci obbliga ad avallare e condividere tutte le nefandezze che essa compie per compiacere Bush.

  3. Raistlin84 scrive:

    La mercificazione della democrazia come bene esportabile è già un errore, sempre volendo ostinarsi a dire che sia questo il vero motivo delle guerre intrapese dai “soliti noti”, la democrazia ma ancor maggiormente la libertà, non possono esportate e impiantate dal nulla. Ogni popolo deve raggiungerle, sicuramente gli altri stati possono aiutare queste popolazioni ad ottenere certi diritti fondamentali… Ma dubito che bombe a grapppolo, mine anti-uomo, uranio impoverito, sevizie e torture siano indice di progresso sociale e culturale.
    Le ultime guerre sono la più grande sconfitta dell’occidente, pensiamo di esser illuminati, superiori culturalmente… e poi come gli aiutiamo a nel loro percorso di democratizazione??? Con le bombe! Allora siamo esattamente come loro, l’unica differenza è che noi siamo più ricchi e potenti militarmente, niente di più, le torture fatte dai marines americani sui civili sono come quelle fatte dai talebani, quindi di nuovo ci dobbiamo scontrare con la realtà che ci sta urlando che siamo peggio dei loro dittatori, perchè i civili subiscono le medesime torture, per lo meno con i talebani le case non venivano bombardate.
    Ma c’è molto altro come: guerre non dichiarate… poichè nessuna nazione hai mai dichiarato guerra ad Afghanistan o Iraq, quindi teoricamente questi stati avrebbero dovuto considerarci terroristi… Alla fine la farsa della guerra al terrore di Bush ci ha trasformato tutti negli aguzzini di milioni di persone, tanto che ci meravigliamo quando al telegiornale non sentiamo la decina di persone uccise da un attentato in Iraq o “uccise per sbaglio” dai marines.

    La cosa migliore è ritirare le truppe pagare economicamente i danni causati [il valore sarebbe infinito poichè qualunque vita non ha prezzo], e donare tecnologie per lo sviluppo… E’ inutile donare i sacchi di farina, quando è finita non può esser riprodotta… Ma invece no, le tecnologie le teniamo strette…è l’unica cosa che per ora ci differenzia…

  4. Marco Guasti scrive:

    Fosse successo agli Usa nel 1941 oggi saremmo nazisti

  5. Maurizio Fulignati scrive:

    Se si dovesse dar credito ai commenti pacifisti qui sopra tutta l’Europa , non solo l’Italia , oggi sarebbe nazista , quant’e’ corta la memoria……..

    La storia si ripete , sembra di assistere alla caduta dell’impero Romano quando i pasciuti patrizi rifiutavano di inviare i propri figli in difesa di quei lontani confini dai barbari invasori , confini che difendevano i loro principi , i loro valori , i loro ideali e anche , perche’ no , le loro sudate conquiste .

    Il grasso occidente sembra non se la senta piu’ di rischiare la vita dei propri figli in difesa delle sue conquiste sociali , culturali ed economiche e si rifugia in un comodo pacifismo cieco arrendendosi di fatto a quei lupi che , presto o tardi , arriveranno e li decapiteranno imponendo il loro credo ed il loro modello di societa’ .

    Come ebbe modo di dire in altra occasione un noto e discusso personaggio :

    ” io non ci sto’ ! ”

    ………..e per fortuna la pensano come me milioni di italiani , di occidentali cristiani e non , e anche di mussulmani , loro prime vittime di quelle molteplici Jihad scatenate sulle loro teste .

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