Caso Calipari, scatto d’orgoglio bello ma inutile

di Lorenzo Bianchi

La Procura romana ha deciso di mettere sotto processo il soldato che sparò. ma la fine del nostro 007 rischia di rimanere un mistero.
La Procura romana ha deciso che non era possibile mettere una pietra tombale sull’uccisione di Nicola Calipari. Di fronte alla ‘ferrea’ volontà statunitense di impedire che i soldati americani vengano processati da altri paesi per i loro comportamenti nelle missioni all’estero c’erano solo due strade.

La prima era abbozzare, come accadde dopo la sciagura del Cermis, bevendo fino in fondo il calice dell’impotenza.

La seconda via è quella scelta dai pubblici accusatori di Roma e cioè l’individuazione di un appiglio giuridico che permetta di giudicare in contumacia, l’unico responsabile identificato, il soldato scelto Mario Lozano, militare del Sessantanovesimo reggimento di fanteria della Guardia Nazionale basato a New York.

Non è un passo decisivo sul piano concreto, ma qualcuno potrà sostenere che i magistrati italiani non hanno piegato la testa di fronte al potente alleato del loro paese. Detto questo, la sparatoria che ha provocato la fine di quel valoroso servitore dello stato rischia di restare un mistero.

Nessuna parte in causa ha interesse ad illuminare in pieno l’accaduto. In barba alle ferme convinzioni dell’alleato nordamericano, l’Italia ha trattato per la liberazione dei suoi ostaggi.

Per questa precisa ragione Andrea Carpani, il funzionario del Sismi al volante della Toyota Corolla che stava trasportando Giuliana Sgrena verso la salvezza, nel comunicare a Palazzo Chigi il successo della missione non poteva pronunciare il nome della giornalista. «Siamo in tre», ha detto laconico ai suoi interlocutori. Roma aveva qualcosa da nascondere a Washington.

Ma anche gli americani non sono per nulla trasparenti. Il posto di blocco mobile al quale apparteneva Lozano avrebbe dovuto proteggere il viaggio alla volta dello scalo dell’ ambasciatore John Negroponte, che quella sera cenò all’aeroporto. Il diplomatico era arrivato da tempo a destinazione per una strada diversa, ma i soldati non furono ritirati, come chiedeva da oltre un quarto d’ora il responsabile dell’unità. L’ufficiale temeva, a ragione, di diventare un facile bersaglio dei terroristi con il calare delle tenebre.
I dettagli sono inquietanti. Il nodo è intricato. E’ improbabile che qualcuno sia in grado di scioglierlo, né ora, né in futuro.

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