I soldati blu che preoccupano Al Qaeda

Di Lorenzo Bianchi
Che Ayman Al Zawahiri, il numero due di Al Qaeda, fosse un terrorista dotato di una visione globale della Jihad, la lotta santa degli islamici radicali e totalitari contro Israele e l’Occidente, lo si sapeva da tempo. Non c’è da sorprendersi che il contingente europeo a intensa presenza italiana che si sta coagulando in Libano sia per i suoi disegni strategici un ostacolo grande come una montagna e che, di conseguenza, i paesi che lo stanno costituendo siano bollati come “nemici dell’Islam”. L’ex medico pediatra egiziano rileva acutamente che la nuova missione Unfiil2 rischia di tagliare il cordone ombelicale che univa gli hezbollah libanesi ai gruppi armati della striscia di Gaza. Per di più proprio in questi giorni i radicali di Hamas hanno chiuso il negoziato per il patto di unità nazionale con il moderato presidente palestinese Abu Mazen e con il suo partito Al Fatah. Anche questa non è una buona notizia per il braccio destro di Osama Bin Laden.
L’esperienza ci ha insegnato che le minacce della rete globale del terrore guidata dal miliardario saudita convertito alla missione di ricostituire la Umma, la comunità politica e religiosa unica di tutti i musulmani, non sono parole al vento.
Mentre si schierano i soldati italiani in Libano, l’incognita di Al Qaeda non deve essere sottovalutata. E’ già noto il nome della cellula che dopo dieci anni di sonno nei giorni scorsi ha dato segni di preoccupante attivismo in Siria. Si chiama Jund Al Sham. E’ una creatura dello scomparso Abu Mussab Al Zarakawi. Ha rivendicato l’attentato che uccise il primo ministro libanese Rafiq Hariri il 14 febbraio del 2005. Domenica scorsa nel centro della città siriana di Aleppo è stata intercettata una cellula che preparava attentati.
L’intelligence italiana dovrà tenere gli occhi molto aperti. Per ora nè la Siria nè gli hezbollah sono intenzionati a concedere spazi di manovra a questo tentacolo del terrorismo sunnita. In particolare il segretario del “Partito di Dio” Hassan Nasrallah sembra aver scelto la politica del profilo basso e dell’unità nazionale. Ma il Medio Oriente ci ha abituato alle sorprese peggiori. Soprattutto quando prendono corpo le svolte che paiono autorizzare una timida speranza di pace.

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