Iran, mano tesa per dividere i grandi

di Lorenzo Bianchi
Il gioco a rimpiattino dell’Iran continua. La risposta al pacchetto delle cinque grandi potenze mondiali (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, integrate dalla Germania) è in apparenza una mano tesa. Potrebbe essere una svolta, se la guida spirituale Alì Khamenei non avesse appena detto con didascalica chiarezza che la Repubblica Islamica delll’Iran “A Dio piacendo ha preso la sua decisione sul caso dell’energia atomica e continuerà a percorrere quel sentiero con pazienza e con forza”. Traduzione: l’arricchimento dell’uranio cominciato il 9 aprile nell’impianto sotterraneo di Natanz non verrà interrotto il 31 agosto come vorrebbe il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
In realtà la mossa iraniana è soprattutto uno stratagemma che tende a dividere il campo dei Grandi. Sui sei due, la Russia e la Cina, sono certamente contrari a sanzioni dure contro la teocrazia. Il campo occidentale, Stati Uniti in testa, si troverà spiazzato dall’annunciata disponibilità di Teheran a riannodare il filo del dialogo. E’ facile immaginare che all’interno dei 5 più 1 comincerà un dibattito segreto, ma aspro. Il compromesso al ribasso potrebbe essere i buffetti simbolici come il rifiuto dei visti di viaggio agli alti papaveri del regime e il congelamento di conti correnti all’estero già ridotti al minimo dai prudenti ayatollah. Ma per una volta proprio il colpo di piuma potrebbe essere un approccio più saggio della diplomazia muscolare che ha registrato fallimenti a catena.
La teocrazia è suddivisa in tre filoni. L’ala tecnocratica, guidata da Rafsanjani, sogna di imitare il modello cinese, i religiosi conservatori si arroccano attorno a Khamenei e i militari populisti, radunati sotto l’ala di Ahmadinejad, inseguono l’egemonia sul mondo islamico. Compattarli sarebbe un errore strategico, una trappola che l’Occidente deve evitare. Anche perché può provocare la cacciata degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, le antenne della comunità internazionale. In fondo sarebbe un grande favore a chi ha deciso che il nucleare fatto in casa è la bandiera vincente dell’Iran.

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