USA: la Davis sì, l’egemonia no.
Dominava in altri tempi
Proprio come l’Australia che fu

 
2 Dicembre 2007 Articolo di Ubaldo Scanagatta
Author mug

 Americani e australiani hanno vinto 60 Coppe, ma Roddick e Blake trionfando a Portland (9 set a 1) non meritano però di esser considerati campioni del mondo. Una gara fascinosa quanto anacronistica. 

Non c’è stato bisogno della terza giornata di USA-Russia perché a Portland, nell’Oregon, venisse assegnata la Coppa Davis 2007. 3-0 per gli americani, con la strada spianata già venerdì dal successo di Roddick in tre set su Tursunov, di Blake in quattro su Youzhny fino al cesello finale del doppio vinto in tre set dai due identici gemelli Bryan, dopo che Mike aveva tirato l’ultimo servizio e Bob l’ultima volee a suggellare un 7-6,6-4,6-2 che suggellava la loro netta superiorità sul semi-improvvisato duo Davydenko-Andreev.

Ma gli Stati Uniti che hanno vinto così nettamente la loro Coppa Davis n.32, cedendo un solo set nella finale, non sono più la potenza dominante del tennis come erano invece stati a lungo, quando i loro tradizionali antagonisti erano i grandi australiani (vittoriosi in 28 edizioni della Coppa coniata da Dwigth Davis nel 1900 nella famosa gioielleria di Boston “Shreve&Low&Crump”).

Insomma yankees e aussies hanno vinto molto di più del 50 per cento delle Coppe Davis disputate, ma se il tennis australiano è in crisi da un pezzo e Lleyton Hewitt (n.21) non è nemmeno un top-20, e Luczak e Guccione sono solo n.80 e n.93, sono passati 4 anni dacchè un tennista americano, Andy Roddick oggi n.6 del mondo e per breve tempo n.1, ha vinto uno Slam (l’US Open 2003). E quest’anno nessuno americano è giunto in finale ai quattro tornei che contano, gli Slam.

Il n.2 del team vincente, il “nero-bianco” James Blake, padre di colore, madre bionda, un anno fa era salito fino al quarto posto delle classifiche mondiali, ma è ridisceso a n.13 e nei tornei degli Slam non ha mai raggiunto in carriera neppure lo straccio di una semifinale.

Insomma, una volta di più si potrebbe sottolineare che la Coppa Davis, manifestazione fascinosa se ce n’è una anche se per vincerla può bastare un giocatore e mezzo (o forse proprio per quello), non rispecchia davvero la consistenza di un movimento tennistico. Due anni fa la finale fu Slovacchia-Croazia, non certo due nazioni leader. E per l’appunto questo è, anzi, l’anno in cui gli americani hanno meno giocatori di sempre nei primi 100: appena sette (solo due più degli italiani!). Nel 1982 ne avevano 40!

Ma fra qualche anno pochi se lo ricorderanno. Quello USA è un successo di squadra, con gli stessi giocatori che da anni hanno formato un team affiatato. Per Roddick “questo risultato vale quanto tutti quelli che ho raggiunto in carriera, mi consente di scrivere il mio nome laddove l’hanno messo i più grandi tennisti americani di sempre, Sampras, Agassi, McEnroe, Smith, Olmeto, Kramer…” E giù una sfilza di nomi quasi infinita. Solo che quelli dominavano la loro epoca e, beati loro, non dovevano fare i conti con uno svizzero di nome Roger Federer.

Collegamenti sponsorizzati


10 Commenti a “USA: la Davis sì, l’egemonia no.
Dominava in altri tempi
Proprio come l’Australia che fu”

  1. raffaele caterino scrive:

    ……io è qualche anno che vedo partite di veramente basso livello….safin-acasuso….roddick-tursunov…..il doppio della russia poi……c’è oggettivamente qualcosa che non va, a me sembra la coppa di scorta per giocatori insoddisfatti che cercano soddisfazioni altrove. l’unica verità è che al giorno d’oggi fare bene negli slam per i giocatori neanche è affiancabile a un successo in davis.

  2. Giovanni Spezzioli scrive:

    La coppa Davis ha ormai perso importanza da un pezzo, pur di prendermi qualche critica non esito a dire che già quella vinta da noi nel 1976 era una competizione di rango inferiore. l’avvento del professionismo e una formula ormai logora hanno tagliato le gambe a questa manifestazione di cui si occupa solo l’ITF ormai estromessa da ogni decisione nelle altre grandi competizioni.

    E’ bello comunque vedere che ci sia comunque un team unito che si sacrifichi abbastanza anche per la Davis nonostante gli impegni pressanti del Tour.

    Gli Stati Uniti, come l’ Australia non dominano più, ma quale altra nazione ha la capacità di diventarne l’ “erede tennistica” io per adesso non la vedo e a partire dal dopoguerra i titoli dello slam conquistati degli statunitensi continuano a primeggiare rispetto alle altre nazioni, in seconda posizione c’è l tramontata Australia e in terza ben distaccata dai due primati c’è la Svezia unica nazione europea (e Luca spero sia contento) che ha veramente avuto la possibilità di dominare il tennis, ma l’ultimo sussulto è stato Edberg e da lì il buio.

    Sta di fatto che gli Stati Uniti rimangono un paese che ama e ha voglia di tennis, perchè nonostante tutte le teorie e i calcoli ricordiamoci che sul suolo americano ci sono 5 fra i tornei più prestigiosi del tour, che sono organizzati in modo impeccabile e che garantiscono indici di pubblico assai più costanti (e soddisfacenti) rispetto a quelli europei. Che poi non ci siano i McEnroe, i Connors, i Courier, i Chang, i Sampras e gli Agassi che dominano il tennis per quasi 20 anni mi sembra una situazione piuttosto ordinaria, forse ci avevano abituato un po’ troppo bene.

  3. Avec Double Cordage scrive:

    questo è un signor articolo!

  4. marcos scrive:

    proprio vero, ubaldo.

    d’altronde, son proprio le cose anacronistiche, talvolta, ad affascinare l’uomo.

    non capita solo nel tennis che a vincere sia uno sportivo, che non rappresenti il vertice di quello sport: la grecia, qualche anno fa, vinse l’europeo di calcio!

    in questo senso, la lettura potrebbe essere positiva: sono spesso le sorprese ad esser maggiormente ricordate.

  5. claapo scrive:

    beh a guardare il singolare Roddick e Tursunov mi sono un pò avvilito del gioco mediocre dimostrato da entrambi i contendenti.La volè di Tursunov è da 2.1 se non ancora di meno e vedere come lo ha strapazzato un Roddick, che veramente non può dire più molto per quanto riguarda i primi del Ranking, mi ha convinto ancora di più sul fatto, che la Coppa Davis ha l’estrema necessità di una revisione della formula.

  6. Avec Double Cordage scrive:

    @Giovanni Spezzioli

    se non sbaglio anche gli slam sono organizzati sotto la cappa ITF e da quando “garand slam cup” e “atp world championships” sono state fuse in “masters cup” è una “coproduzione” ATP - ITF quindi non è cosi emarignata come sembrerebbe questa ITF. non capisco bene per quale motivo tengono la coppa davis in questo stato, è quasi come se la fifa favorisse la coppa uefa a discapito dei mondiali

  7. Giovanni Spezzioli scrive:

    ADC formalmente è tutto vero…però io penso che l’ITF negli slam abbia poca voce in capitolo, ormai contano solo i “board” degli organizzatori che trattano con chi rappresenta i giocatori ossia l’ATP. Comunque l’ITF che aveva promesso fuoco e fiamme per il declasssamento di MonteCarlo e Amburgo (con la pubblica presa di posizione del presidente Ricci-Bitti a favore di quest’ultimo alla premiazione di Federer, forse non rendendosi conto che così parlando avrebbe potuto danneggiare indirettamente il torneo romano) ma alla fine DeVilliers e soci hanno tirato dritto con buona pace dell’ITF e con l’assenso di Tiriac e Paserell, due tipi che nel tennis mondiale contano veramente.

  8. Francesco da Lugano scrive:

    L’anacronismo è, per definizione, un “intruso”. Il paradosso di trovarsi in un periodo storico che non gli appartiene. Ok, la Davis appartiene a questa categoria. Negli anni non è riuscita a diventare quello che per la vela è la America’s Cup. Il trofeo più prestigioso. La ragione è, come direbbe Tommasi, da ricercare nel fatto che il tennis rimane un sport essenzialmente individuale. Wimbledon viene prima dell’Insalatiera.

    Ma questo “paradosso” conserva un grande fascino. E’ un’opinione personale, ma credo sia condivisa dalla maggior parte degli amanti del tennis. Il tennis è abitudinario. Ogni anno si gioca sempre nei soliti posti: New York, Parigi, Londra, Melbourne, ecc. Ed è giusto così. La tradizione è anche la sua forza. C’è un qualcosa di “proverbiale” nelle fragole di Wimbledon, o nella presenza dei Ranieri al Master di Montecarlo. Diventano così canoni identificativi anche al di fuori degli appassionati di tennis.

    La Coppa Davis diviene perciò una rottura con la routine. in finale, molto spesso arrivano a disputarla giocatori di seconda fascia, come Tursunov, o come Hrbaty. Il livello tecnico scende, ma spesso aumenta la curiosità. E spesso la curiosità ha il pregio della clemenza, specie sulle discese a rete dello stesso Tursunov, o sul gioco da doppista di Davydenko.

    E poi si gioca in città diverse, dando una piccola ventata di freschezza. Portland, Bratislava, Santiago nel Cile o Siviglia per un weekend nella loro storia sono state al centro dell’universo tennistico. Un fenomeno positivo.

  9. daniela 51 scrive:

    Mi spiace non aver vissuto l’atmosfera delle precedenti Coppe (come 1976).
    Dal momento che il tennis è uno sport individuale i giocatori di alta classifica non sempre si rendono disponibili a giocarla, così escono dei match tipo Roddick-Tursunov che non ha entusiasmato, ma soprattutto sembrava già
    scontato il risultato.Poi la Rai non ha neanche trasmesso le ultime due partite,
    sapete se sono state giocate?
    Saluti a tutti

  10. karlovic 80 scrive:

    @ daniela 51,il risultato finale e stato 4-1 per gli usa.ecco i risultati degli ultimi singolari,andreev-b.bryan 6-3 7-6,blake-tursunov 1-6 6-3 7-5.

Scrivi un commento