Outsider in semifinale
Perchè mai un italiano?

 
4 Luglio 2008 Articolo di Michele Fimiani
Author mug

Dopo Tsonga e Monfils a Londra è stato il turno del tedesco Schuettler. In semifinale negli Slam non arrivano solo i big… Ma cosa hanno questi tennisti in più dei nostri?

Schuettler, Monfils e Tsonga sono tutti più forti di Bolelli? La domanda provocatoria esce istintivamente dalla bocca di un italiano dopo aver assistito qui a Wimbledon alla semifinale senza storia tra il tedesco ex finalista a Melbourne e Rafael Nadal. Per la terza volta su tre, quest’anno alle semifinali dei tornei dello Slam è giunto un outsider.

In Australia il francese Tsonga ha sfruttato un momento di grazia e un servizio formidabile per giungere addirittura ad una incredibile quanto insperata finale con Djokovic. A Parigi è stata la volta di un altro transalpino, Monfils, che aiutato anche dal tifo del suo pubblico ha approfittato dell’eliminazione di Davydenko per imbucarsi tra i primi quattro del torneo.

Qui a Londra il ruolo dell’ospite imprevisto è spettato a Schuettler, che già riuscì in Australia nel 2003 a beneficiare della storica maratona tra Roddick e El Aynaoui per sconfiggere l’americano nei quarti.

A Wimbledon è stato bravo a sfruttare un tabellone a dir poco fortunato. Le teste di serie del suo settore perdevano prima di affrontarlo e lui ha battuto i loro giustizieri. Insomma, giungere fino al venerdì della seconda settimana in un torneo dello Slam non sembra impresa possibile solo a tennisti del calibro di Nadal e Federer. La domanda che viene quindi spontanea porsi e perché l’ultimo italiano a raggiungere questo traguardo sia stato Corrado Barazzutti nell’ormai lontanissimo 1978.

Sicuramente la componente “fortuna” ha la sua incidenza su questi momentanei exploit, ma dobbiamo ricordare allo stesso tempo le volte in cui i nostri atleti hanno gettato alle ortiche occasioni d’oro; in quante occasioni nell’arco della carriera Simone Bolelli riavrà la possibilità di giocare un ottavo di finale a Parigi col pur fortissimo Gulbis?

Analizzato il fattore “buona sorte”, non rimane che prendere quindi in considerazione la componente più prettamente tennistica. Non entrando in disquisizioni squisitamente tecniche più adatte al nostro esperto Commentucci, né tanto meno sfiorando scottanti questioni di politica federale, la cosa che più mi lascia perplesso è l’atteggiamento dei nostri tennisti dopo le sconfitte. Pur disponendo in questo momento di un parco giocatori di ottima qualità, primo tra tutti Bolelli… ma senza dimenticare Andreas Seppi, temo (e spero vivamente di sbagliarmi) che i nostri rappresentanti non siano sufficientemente ambiziosi.

Ogni tanto non sarebbe male vedere arrivare nella saletta intervista un nostro atleta con le vene del collo di fuori dalla rabbia e distrutto dalla delusione per una sconfitta. Invece il leit motiv più frequente è quello di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, accontentandosi magari di un terzo turno o complimentandosi con un avversario più forte.

La mentalità nel tennis è tutto, e credo che se a 17 Rafael Nadal invece di vincere il Roland Garros si fosse fermato in semifinale con Federer, invece di accontentarsi dello strepitoso risultato per un ragazzino della sua età, sarebbe uscito dal campo con le lacrime agli occhi e con la convinzione di aver perso comunque una grande occasione. Nessuno pretende ovviamente dai nostri tennisti i risultati del maiorchino, ma ogni tanto sarebbe bello vedere in un nostro conterraneo la stessa rabbia agonistica e la stessa forza mentale che hanno tanti altri colleghi non necessariamente top ten. Chissà quanti dei nostri ragazzi oltre ad allenare la tecnica con il classico coach, si preparano anche psicologicamente con degli specialisti. Ricordate Chardy, la sorpresa dell’ultimo Roland Garros? Il giovane francese ha attorno a lui un’equipe di quasi 10 persone che lo seguono costantemente, tra cui lo psicologo personale, una figura che gli ha permesso di superare un momento buio della sua pur brevissima carriera e che lo aiuta a preparare al meglio dal punto di vista mentale ogni partita. Lo stesso Federer forse qualche match in più con Nadal l’avrebbe vinto, se avesse avuto un aiuto esterno di questo tipo (fermo restando che sono ormai appurate le difficoltà tecniche che lo svizzero incontra quando ha davanti Rafa).

Forse quella dello “strizza cervelli” rimane una figura sulla quale in molti hanno ancora riserve e perplessità, ma credo che col passare del tempo ogni tennista che voglia sfondare ad alti livelli dovrà avere accanto una presenza del genere. Sempre che non si consideri un risultato più che soddisfacente l’ingresso tra i primi quaranta del mondo.

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9 Commenti a “Outsider in semifinale
Perchè mai un italiano?”

  1. Flavio D'Ulivo scrive:

    Non credo che il problema sia di ambizione nè di occasioni sprecate. Forse a Seppi mancano carattere e ambizione? Si allena come un matto, gira il mondo tutto l’anno come tutti, è di una serietà assoluta e ha più o meno la stessa faccia sia in caso di vittoria che di sconfitta. E’ carattere e basta. Bolelli non mi pare meno serio e ambizioso, Volandri poi non ne parliamo. E le occasioni sprecate quali e quante sarebbero? Non mi pare di registrare un’ occasione tipo Panatta- Duprè ad ogni slam. Il fatto è che se avessimo una decina di Bolelli e Seppi, come i francesi, i tedeschi e gli spagnoli hanno (ad esempio) allora prima o poi qualcuno si inserirebbe. Dirò di più: io non vorrei un finalista in un major, per quanto bellissimo e auspicabile sia. Vorrei sempre due dei nostri nella seconda settimana per due anni di fila. E non sempre gli stessi ovviamente. Allora vuol dire che abbiamo lavorato bene. Poi vedrete che qualche talento si arrampicherà su di loro per balzare ancora più in alto

  2. andrew scrive:

    Schuettler, Monfils e Tsonga più forti di Bolelli?

    Tsonga anche di un bel po’…

    come fare ad aiutare i tennisti italiani?

    ABOLIZIONE DI OGNI COMPETIZIONE A SQUADRE TRA CIRCOLI ORGANIZZATA DALLA FIT.

  3. enzo cherici scrive:

    Intanto cerchiamo di rispondere alla prima domanda del nostro Fimiani. Schuettler, Monfils e Tsonga sono più forti di Bolelli? La risposta non può che essere articolata. Non ho dubbi per quanto riguarda Tsonga: ha qualità tecniche, fisiche e mentali decisamente superiori a quelle del nostro pur bravo atleta. Per Schuettler e Monfils occorre fare alcuni distinguo. Dal punto di vista tecnico credo che Simone non abbia alcunché da invidiare a questi due tennisti. Monfils è decisamente superiore a livello atletico e ancora un pò nel servizio, ma per il resto prendo Bolelli tutta la vita. Il problema - e mi ricollego a quanto diceva Michele nel suo pezzo - è l’approccio mentale. Qui siamo in presenza di giocatori che hanno dimostrato di saper vincere partite importanti. Un pizzico di fortuna nelle varie imprese non guasta mai, ma Tsonga in Australia ha fatto fuori gente come Murray, Gasquet, Yoyzhny e Nadal, prima di cedere a Djokovic in una lottatissima finale. Alla faccia della fortuna! Lo stesso Monfils a Parigi avrà anche beneficiato dell’uscita di Davydenko, ma è pur vero che poi lui ha fatto fuori colui che lo aveva eliminato (Lijubicic) e sconfitto nei quarti David Ferrer, un tipetto da prendere con le molle. Schuettler a Wimbledon avrà anche avuto un tabellone non impossibile, ma ha comunque dovuto battere gente come Blake e Tipsarevic per arrivare in semifinale. Insomma, essere outsider è una cosa, imbucati un’altra ben differente. Questo per dire che se vuoi fare l’exploit, non ti puoi poi permettere di perdere al terzo turno del Roland Garros contro Llodra, non certo uno scarso, ma pur sempre uno che sulla terra non vanta risultati di rilievo e che sempre vorresti affrontare in un terzo turno d’uno slam. La soluzione? Non la conosco, non sono un mago. Mi sento però di dire che non è con atteggiamenti iper protettivi che si aiutano questi giocatori a crescere. D’accordo con una crescita per gradi, ma se nel frattempo si portassero a casa quelle partite “da vincere” (compresa quella contro Davydenko a Miami) non sarebbe affatto male.

  4. siglomane scrive:

    Come dare torto al buon Fimiani? Sarò ripetitivo, sarò di una schiettezza brutale: se nei Top Ten ci è entrato uno come Schuettler, se uno come Schuettler va in semifinale Slam, ne consegue che anche molti tennisti italiani degli ultimi 30 anni avrebbero DOVUTO ottenere almeno gli stessi risultati. E che almeno 2 azzurri attuali hanno il dovere morale di raggiungere questo traguardo. Poiché non è accaduto e non accadrà nulla di tutto questo, ogni volta che penseremo a Schuettler potremo capire quanto siamo miserabili in questo sport.

  5. Mauro M. scrive:

    È statisticamente impossibile che anche in Italia non nasca un campione dello stampo di Federer, Nadal, Becker, Graf, Sampras, ecc.
    Il problema sta tutto nell’importanza che viene data a un certo sport in un certo Paese. Per fare un esempio sciistico, in Austria vengono fuori più talenti che in qualsiasi altro paese perché lì lo sci è sport nazionale.
    Dal mio osservatorio privilegiato di prof. di scuola superiore che ascolta i ragazzi e si interezza di ciò che fanno nel tempo libero, ribadisco che la percentuale di coloro che praticano il tennis (o anche solo ne parlano) è risibile rispetto a quella di chi pratica calcio o lo segue solo da tifoso.
    Sono quindi giunto alla conclusione che qui in Italia il nostro Federer già c’è, solo che probabilmente sta correndo dietro a un pallone……….

  6. Roberto Commentucci scrive:

    Credo che sia necessario fare un po’ di distinzioni. Ovviamente, il motivo principale, profondo, per cui non abbiamo avuto giocatori nelle semi degli slam negli ultimi 30 anni è che per un mucchio di ragioni (il principale essendo la fallimentare presidenza Galgani) non abbiamo avuto un movimento quantitativamente e qualitativamente all’altezza delle potenzialità sportive del nostro paese. Dopo la fine dell’era Panatta, abbiamo avuto pochi giocatori in grado di entrare nei 100, e questi pochi non erano dotati di grandi qualità. Qualcuno, più talentuoso,mancava di continuità o aveva lacune fisiche e/o caratteriali, (Canè, Camporese, Nargiso) qualcun altro, più solido e costante, non era dotato di sufficiente classe (Furlan, Gaudenzi, Cancellotti). Nonostante questa qualità modesta, alcuni exploit, qualche quarto di finale, lo abbiamo raggiunto, con Caratti in Australia, Furlan a Parigi, Sanguinetti a Wimbledon. Certo, è davvero troppo poco.
    L’osservazione di Michele,sulla presunta mancanza di grinta, sulla accettazione troppo benevola delle sconfitte da parte dei nostri, è però molto acuta. Io la spiego in un altro modo. Non è questione di carattere del singolo tennista. (E comunque fra un Canè che perde al primo turno a Roma e per la rabbia demolisce le fioriere del ForoItalico, e un Bolelli che perde da Llodra ma fa buon viso a cattiva sorte, si rimbocca le maniche e continua a lavorare e ad allenarsi come un mulo,con un impegno sconosciuto ai suoi nevrastenici predecessori e concittadini, io mi prendo tutta la vita il secondo). Il problema però è di fondo: è la generalizzata mancanza di ambizione che per lunghi anni ha connotato il nostro movimento, che ormai, dopo tanti decenni di batoste, non riusciva più nemmeno a concepire di poter pensare in grande. Prendete Volandri o Starace. Sono entrati nei primi 30, l’anno scorso, e si sono sentiti come dei mendicanti ad un banchetto, mancando della fiducia in se stessi necessaria per imparare a giocare e a vincere anche sul veloce. E’ per questo che fanno ben sperare affermazioni come quelle di Bolelli “lavoro per entrare fra i primi 10” o quelle di Sartori, coach di Seppi “per il 2008 il nostro obiettivo è portare Andreas fra i primi 20-30 del mondo. Poi, il prossimo anno, continuando a lavorare, proveremo l’attacco ai top 10“ o quelle di Riccardo Piatti “Fognini ha le qualità tecniche e fisiche per entrare nei primi 15“. Per lunghissimi anni, i giocatori italiani e i loro coach non hanno nemmeno osato pensarci, ad entrare nei primi 10. E la loro programmazione a lungo termine e cultura del lavoro era coerente con le loro piccole ambizioni. I nostri tre giovani invece sono diversi. Giocano sempre i tornei più importanti, su ogni superficie,contro i migliori, senza paura. E cercano di impare dalle loro sconfitte. Non so se Bolelli, Seppi e Fognini ci riusciranno, a diventare dei top 10. Personalmente, credo di no. Ma sicuramente, avranno indicato la strada giusta agli altri. E chi verrà dopo di loro (i Trevisan, i Miccini, i Quinzi?) non avrà davanti a se un terreno vergine, una jungla inesplorata, ma riconoscerà la via già tracciata: troverà in chi li ha preceduti un valido appoggio, e potrà arrampicarsi sulle loro spalle, per salire ancora più in alto. Forza, ragazzi, la strada è quella giusta.

  7. Mauro M. scrive:

    Caro Commentucci,
    le sue considerazioni sono sicuramente condivisibili, ma per me il problema più grave resta quello della visibilità del tennis. Temo però che voi, pagati come siete per assistere ai grandi tornei, non riuscirete mai a capirlo…
    Nel nostro Paese - le piaccia o no - non c’è nessuna cultura tennistica e lo dimostra il fatto che siamo probabilmente l’unica nazione occidentale in cui non è andato in onda neanche un minuto di Wimbledon in chiaro, mentre in Francia, ad esempio, Canal+ offriva tre ore al giorno di diretta.
    In Germania, poi, anche quest’anno la DSF ha offerto ampi scorci in chiaro del torneo (stavolta in differita), per non parlare della BBC in Inghilterra, mentre noi non riusciamo a mostrare più nella sua interezza neppure il torneo di casa nostra!
    È ovvio che non si può dare tutta la colpa a Sky, perché in realtà le altre televisioni se ne fregano altamente del tennis e basta vedere il trattamento osceno che l’emittente milanese Italia 1 ha riservato alle finali dal Foro Italico per trasmettere l’ovvia festa scudetto dell’Inter!
    Peraltro, all’inizio degli anni novanta Tele+ fece un errore gravissimo a sottrarre di colpo al pubblico tutto il grande tennis dopo l’overdose degli anni precedenti e mi amareggia molto che una persona del calibro di Rino Tommasi non abbia mai percepito minimamente il problema.
    Del resto, in un Paese in cui i notiziari sportivi, anche in questo periodo di pausa, dedicano le aperture sempre e solo al calcio, trastullandosi con il calcio mercato, il tennis non può che essere sempre più moribondo…

  8. siglomane scrive:

    Cari Mauro M. e Roberto Commentucci, come vorrei che aveste ragione…
    Ma se voi aveste ragione significherebbe che negli ultimi 30 anni decine di altri Paesi, in cui il tennis conta poco in tutti i sensi, hanno fatto le magre figure dell’Italia. E invece no. Escludendo pochissimi Paesi (per lo più del Terzo o Quarto Mondo), SOLO l’Italia si è distinta per risultati risibili. Mai una donna in semifinale Slam dal 1954, mai un uomo in semifinale dal 1978. Nessuna donna italiana vincitrice di un Master Series, nessun uomo dal 1976 (e nessun finalista dal 1978!). Chi - ripeto, chi - ha fatto peggio di noi?
    E allora vuol dire che c’entrano ben poco sia la Federazione sia i singoli tennisti. Vuol dire che è una questione di sfiga atavica, di tara genetica, di permanente eccezione alle regolae della statistica.
    Questo, che piaccia o no, è l’unico motivo che spiega perché, nel tennis, siamo lo zimbello del mondo.

  9. Flavio D'Ulivo scrive:

    Siglomane ha parzialmente ragione, perchè è vero che Bagdathis, Murray, Gulbis o altri che non sto a citare potevano nascere qui, invece che a Cipro, Scozia o Lettonia.
    Tuttavia è la media che è scandalosa in rapporto alla popolazione, le strutture, il numero di maestri, di dirigenti, di mesi di bel tempo e di tradizione.
    E quì la sfiga non c’entra.
    Dovremmo avere un atleta fisso nei quarti\ottavi di ogni master series e nella seconda settimana dei major (uomini e donne).
    Invece…

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