Perchè nessuno va più a rete?
Roberto prova a darci una spiegazione.
Prima il topspin, poi le nuove racchette.
Oggi si va verso una standardizzazione?

 
10 Settembre 2007 Articolo di Roberto Commentucci
Author mug

Premessa

Ascoltando i discorsi degli appassionati, sempre più spesso si sente affermare che il nostro sport non è più spettacolare come una volta, che nessuno va più a rete, che i giocatori moderni non sanno giocare al volo, che la potenza ha ucciso lo spettacolo, e altre affermazioni simili. Quanto c’è di vero nella vox populi?
Effettivamente, se si va a vedere la classifica Atp di qualche anno fa (io ho preso quella di gennaio 1997), si trovano parecchi specialisti del servizio e voleé. Nei primi 50 posti del ranking, tali potevano essere considerati, infatti, Pete Sampras (che certo non sapeva solo seguire il servizio a rete, ma che lo faceva benissimo e spessissimo), Boris Becker, Richard Kraijcek, Todd Martin, Stefan Edberg, Jan Siemerink, Michael Stich, MaliVai Washington, Tim Henman, Mark Woodforde, Mark Philippoussis, Jason Stoltenberg, Todd Woodbridge, Chris Woodruff, Greg Rusedski e Guy Forget. In totale 16 nei primi 50. Quasi uno su 3, e senza considerare giocatori come Ivanisevic e Korda che, pur non essendo attaccanti puri, sapevano fare serve & volley. Scorrendo ancora la classifica del gennaio ‘97, tra il 51° e il 100° posto avremmo incontrato gli australiani Sandon Stolle e Patrick Rafter, lo svedese Bjorkman, il danese Kenneth Carlsen, i cechi Martin Damm e Daniel Vacek, il russo Andrei Olhovsky, il neozelandese Brett Steven. In totale fanno 24 giocatori di serve & volley su 100. Non è necessario fare confronti con la classifica attuale per giungere alla conclusione che nel tennis di dieci anni fa si vedeva molta più gente, rispetto ad oggi, che serviva, si armava di coraggio e si buttava a rete. Cosa è cambiato?
A mio parere, i cambiamenti avvenuti nell’ultimo decennio non sono un fenomeno nuovo, ma costituiscono solo l’ultimo stadio di un processo evolutivo del nostro sport che dura da almeno 30 anni. Una breve descrizione di tale processo è l’argomento di questo articolo.

Gli anni 70. Dai gesti bianchi al top spin.

Fino alla prima metà degli anni ’70, la presa della rete era considerata dalla maggior parte dei tecnici come la strategia migliore per conquistare il punto, anche sulle superfici lente. I manuali dell’epoca dedicavano molta attenzione al perfezionamento dei colpi di approccio (solitamente eseguiti in back) al miglioramento della tecnica del servizio, al posizionamento a rete e all’esecuzione della voleé. Non a caso, i migliori tennisti di quel periodo erano australiani e americani, con la notevole eccezione di quel pazzo talento di Ilie Nastase. Poi arrivò una prima innovazione tecnica: l’adozione da parte di molti giocatori della rotazione in avanti, il top spin. Sulla scia dei successi di Borg e Vilas, molti tennisti iniziarono ad adottare prese più chiuse, aperture più ampie, e ad imprimere rotazioni sempre più accentuate alla palla. Per gli attaccanti, la vita divenne più difficile. La rotazione in top diventava più ostica da controllare, rendendo più problematico effettuare colpi di approccio efficaci. Inoltre, il top spin consentiva al difensore di indirizzare i passanti con angoli prima impossibili, costringendo gli attaccanti ad avvicinarsi sempre più alla rete. Ma a quel punto, il difensore aveva dalla sua un’altra terribile arma: il lob liftato, che iniziò anch’esso a diffondersi verso la fine degli anni ’70, con l’ausilio degli ovali delle nuove racchette, che iniziavano ad ampliarsi grazie al crescente utilizzo di nuovi materiali. Il numero di giocatori di rete iniziò a diminuire, e venne l’onda lunga dei regolaristi, cloni di Sua Maestà Borg (il primo Wilander, Henrik Sundstrom, Joachim Nystrom, Kent Karlsson e tanti altri).

Gli anni 80-90. Fra tecnologia e tecnica.

All’inizio degli anni ‘80, con l’introduzione su vasta scala della grafite, del kevlar, del metallo nella costruzione delle racchette ha inizio una seconda rivoluzione, non tecnica ma tecnologica. Per tutti gli anni ’80 e ’90, abbiamo assistito ad un continuo incremento della potenza dei colpi, accompagnato da un corrispondente aumento della superficie utile del piatto corde. L’impatto di tali innovazioni sul tennis di quegli anni è stato sostanzialmente equilibrato: il difensore poteva passare e pressare da fondo con maggiore forza, ma anche l’attaccante beneficiava dell’incremento di potenza nel servizio e nei colpi di approccio. Il risultato è che abbiamo avuto, per tutto quel periodo, sia grandi attaccanti, come Edberg, Becker, Stich, Kraijcek, Forget, sia grandi giocatori di passante come Lendl, Wilander, Bruguera, Muster.
Da tale contrapposizione è scaturito un deciso incremento della specializzazione per superficie, con una distinzione molto più netta che in passato fra “terraioli” e giocatori da veloce. Questo assetto è durato una quindicina d’anni, ed aveva il suo fascino.
Ma mentre celebravamo il duello fra il passante e la voleé, si stava silenziosamente verificando una nuova, terza rivoluzione, questa volta di natura squisitamente tecnica. Mi riferisco alle progressive modifiche apportate alla tecnica di esecuzione dei colpi (che era rimasta sostanzialmente invariata, a grandi linee, per quasi un secolo) mediante l’utilizzo della biomeccanica applicata. I primi a cambiare le carte in tavola nella tecnica di esecuzione dei gesti fondamentali sono stati gli americani, ispirati da quel grande visionario che è Nick Bollettieri. In sintesi, la sua idea era questa: “se è vero che le racchette sono cambiate così tanto, per quale motivo dobbiamo continuare ad usarle allo stesso modo di un secolo fa? Non è possibile trovare un modo per sfruttarle meglio?” A partire dall’inizio degli anni ’80, gli esperti di biomeccanica iniziarono a produrre simulazioni al computer, che identificarono nuovi modi, più efficaci, di eseguire il dritto, il rovescio ed il servizio, massimizzando il rendimento dei nuovi attrezzi. Il primo, acerbo prodotto della nuova scienza fu un ragazzino americano dal gran dritto, ma per il resto piuttosto limitato: si chiamava Jimmy Arias. E’ stato il primo giocatore a colpire con la tecnica nuova, che gli consentiva, pur non essendo un gigante, di scagliare missili inauditi. Ma durò poco. Poi vennero via via esemplari più perfezionati: gli Aaron Krickstein, i Michael Chang, i Jim Courier, e il più grande di tutti, colui che avrebbe simboleggiato la nascita di un nuovo tipo di giocatore, l’attaccante da fondo campo: Andrè Agassi. Fu allora chiaro a tutti che, per fare il punto, non era affatto necessario andare a rete. La combinazione fra la nuova tecnica e i nuovi materiali consentiva di tirare un vincente con un colpo di rimbalzo dalla linea di fondo, anzi addirittura da uno o due metri fuori dal campo. E questa prerogativa era insegnabile, a disposizione di tutti coloro che avevano un minimo di predisposizione, non era più il privilegio di miracoli della natura, come erano il “kid” di Las Vegas, o gente come Lendl, Connors e Becker.

A quel punto, fu globalizzazione. La nuova tecnica venne studiata, analizzata, vivisezionata, perfezionata e infine adottata in tutte le scuole tennis del mondo (tranne che in Italia, dove abbiamo iniziato, ahimè, per ultimi o quasi). Praticamente tutti i giocatori che vengono prodotti oggi nel mondo sono impostati come “attaccanti da fondo campo”.

Il tennis del 2000. Perfezionamento o standardizzazione?

L’incremento di potenza, a tutti i livelli, ha reso sempre più difficile, anche sulle superfici più lente, il gioco difensivo basato sulla pura regolarità: la parola d’ordine è power tennis! E poiché è stato statisticamente provato che il primo dei due giocatori che assume l’iniziativa ha le maggiori probabilità di fare il punto, sono diventati drammaticamente importanti i colpi di inizio gioco, il servizio e la risposta. Ne è scaturita, come conseguenza, la necessità di lavorare in modo molto più scientifico che in passato sulla reattività e sulla velocità dei piedi, per poter fronteggiare le bordate che i giocatori di oggi sono in grado di scagliare. E quindi è stata sviluppata una eccezionale capacità di rispondere al servizio in modo aggressivo.
In questo contesto, il gioco ha raggiunto velocità tali che il servizio & voleé sistematico non è più possibile. Si è infatti alterato l’equilibrio fra tempo e spazio che quella tecnica presupponeva. In passato, la più bassa velocità del servizio e della risposta davano all’ataccante un tempo sufficiente per arrivare a giocare la prima voleè ben dentro il quadrato di battuta. Oggi, se l’avversario riesce ad impattare la risposta, l’attaccante non ha quasi mai scampo, perché non ha abbastanza tempo per raggiungere una buona posizione a rete. Inoltre, anche ammesso che si riesca a giocare la prima voleé, è diventato estremamente difficile difendere la rete. La cosiddetta voleè interlocutoria è diventata quasi sempre un colpo boomerang. Una volta, era sufficiente piazzare la palla nei pressi della riga di fondo, fare due passi avanti per chiudere l’angolo, e si era ragionevolmente sicuri di poter arrivare sul successivo passante, a meno di non avere contro un passatore eccezionale. Adesso la nuova tecnica, i nuovi materiali e il topspin consentono a moltissimi giocatori, anche di livello non eccelso, di tirare passanti vincenti persino da 2 metri fuori dalla riga di fondo. In sostanza è come se il campo, in questi anni, per un attaccante fosse diventato più lungo di due metri (perché non ha più il tempo di arrivare a rete) e più largo di uno (perché non fa in tempo a coprire la rete in ampiezza).

Questo spiega ciò che si vede oggi: i giocatori che seguono a rete la battuta lo fanno solo dopo aver tirato servizi spaventosi, tali da impedire all’avversario di impattare la risposta (Karlovic, a volte Roddick, lo stesso Mirny, ora Isner). In quasi tutti i casi si tratta di giocatori che abbinano una statura molto elevata ad una eccellente meccanica di battuta. Ma si tratta di un modo di interpretare il serve & volley ben diverso - e secondo me assai meno affascinante - di quello che conoscevamo.

Da queste constatazioni, i tecnici hanno tratto la necessità di dotare i giocatori di colpi fondamentali sempre più potenti, e di assegnare alla voleé solo il ruolo di colpo conclusivo, da eseguire dopo aver preparato a dovere le condizioni per impedire all’avversario di tirare il passante con i piedi fermi. La conseguenza è che i giovani non vengono più impostati come attaccanti puri, e quindi credo che dovremo rassegnarci alla sparizione di questo tipo di interpreti. Al contrario, si afferma sempre più il modello di giocatore “a tutto campo”, in grado di tenere l’iniziativa nello scambio, di giocare vincenti da fondo, ma anche di andarsi a prendere il punto a rete dopo aver adeguatamente sbilanciato l’avversario. E’ forse per questo che qualcuno afferma che i giocatori di oggi “sono tutti uguali” e “tirano solo botte”.

Inoltre, gli eccessi di specializzazione per superficie che si sono avuti negli anni ’90 hanno portato gli organizzatori dei tornei, negli ultimi 4-5 anni, a cercare di rendere più simili, per quanto possibile, le condizioni di gioco fra le varie superfici: la terra rossa è diventata più compatta e più veloce, anche grazie all’utilizzo di palle molto leggere. Al contrario, l’erba, il cemento e il sintetico sono diventati meno rapidi, per cercare di attenuare l’incidenza debordante del servizio e rendere il gioco meno spezzettato e più spettacolare. Anche questo fattore ha portato ad una progressiva omologazione delle caratteristiche tecniche dei giocatori.

Quale futuro?

Nel tempo in cui viviamo si sta probabilmente verificando una ulteriore rivoluzione, di cui si sono accorti solo gli osservatori più attenti. Si tratta di questo. Proprio perché ormai la potenza è a disposizione di tutti, e tutti sanno tirare forte, sempre più spesso la differenza ad alto livello la si fa con la capacità di variare il gioco: le caratteristiche vincenti sembrano essere divenute l’abilità nel proporre variazioni di ritmo, di effetto e di angolo, nonché la capacità di attaccare in controtempo e di giocare palle corte, che sono ritornate efficaci, dal momento che nel tennis di oggi, in fase difensiva, si è spesso costretti a giocare ben lontani dalla riga di fondo.

Gli esponenti più rappresentativi di questo nuovo modello di giocatore sono, a mio avviso, i giovani Djokovic, Murray e Baghdatis. Tecnicamente, il colpo che secondo me meglio riassume l’evoluzione del gioco è il loro rovescio: tutti e tre sono impostati bimani, per poter rispondere aggressivo e anticipare la palla che sale; ma tutti sanno staccare bene la mano, usare il back, giocare la palla corta, trovare angolazioni strette ed effettuare attacchi in controtempo.

Insomma, si tratta di uno spettacolo diverso. Ma a mio modesto avviso la qualità degli attori sta salendo sempre più e, a guardar bene, il divertimento non manca. Buon tennis a tutti.

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56 Commenti a “Perchè nessuno va più a rete?
Roberto prova a darci una spiegazione.
Prima il topspin, poi le nuove racchette.
Oggi si va verso una standardizzazione?”

  1. Stefano Grazia scrive:

    Grande roberto. Provocazione visionaria: e se il futuro fosse la scomparsa del rovescio? In una grande Academy in florida cominceranno ad allevarsi fin dall’età di tre anni bambini ambidestri che tirano dritti sia con la destra che con la sinistra…

  2. Enzo Cherici scrive:

    Bellissimo articolo Roberto, molto interessante. Qull’argomento, volevo riportare anche un passo dell’intervista post-match di Federer, che credo spieghi, se non tutto, molto:

    D: Credi di essere un tennista decisamente migliore rispetto ad alcuni anni fa. Se sì, puoi dirci in che misura?

    R: Beh, quando avevo l’età di Djokovic giocavo in maniera diversa. Usavo il “chip and charge”, un po’ di “serve and volley”; in pratica, giocavo come i miei idoli: Becker, Edberg, Sampras. Loro facevano così, e quindi pensavo che avrei dovuto fare nella stessa maniera. Poi ho capito che il gioco stava rallentando, con l’arrivo di una nuova serie di incordature, che permetteva risposte e passanti più agevoli. In un certo senso, diventata più difficile essere giocatori d’attacco.
    Ma nello stesso tempo, mi ha aiutato, perchè ora possiedo un gioco di attacco, volèe solide, diverse opportunità di gioco. E’ un bene aver giocato in quel modo, da giovane, mi ha fornito più opzioni.

  3. giorgio scrive:

    Hai detto tutto tu, caro Roberto. L’unica cosa che mi permetto di aggiungere e che mi sembra di evincere, è che, a mio parere, l’evoluzione del gioco del tennis, che così bene hai descritto, ha portato negli anni ad un progressivo abbandono del gioco di rete, a prescindere dalla recente “lentezza” delle superfici.
    In altri termini, sei d’accordo con me, quando sostengo (da tempo) che, non è variando la lunghezza dell’erba di Wimbledon o il diametro delle palle, che ritorneremo ad avere una rinascita del serve & volley?

  4. marcos scrive:

    ottimo, roberto…ottimo e stimolante.

    sono daccordo: siamo in un gran periodo per il tennis!

  5. Freddo scrive:

    Oltre alle nuove corde (piu’ delle nuove rachette) il gioco e’ stato rallentato dalle palle che adesso sono piu’ grandi. Ricordate le dichiarazioni a wibledon di Bjorkman due anni fa? Hanno fatto le palle piu’ grande di 1/5 rispetto a prima ad occhio non si vede ma le palle sono piu’ diffficili da spingere anche la tecnica e quindi cambiata maggiore aperture e appoggi bassi piu’ esasperati per poter spingere di piu’.
    Chi giocava solo 5 o 6 anni fa e prova a giocare adesso notera che e’ molto piu’ difficile fare dei colpi vincenti o andare a rete . In parte e’ un compromesso per arginare la potenza dei giocatori, quanti aces farebbe roddick con le palle di prima??? ma chiaramente penalizzano i giocatori di rete…

  6. Miguel Seabra scrive:

    Grande Roberto!

    Ma… MaliVai Washington?!

  7. Piero Pardini scrive:

    Roberto concordo pienamente con la tua analisi.

  8. olm scrive:

    Bel post, e vorrei sottolineare l’anacronismo di chi privilegia il numero di discese a rete come indicatore di bel gioco. Come spiegato benissimo nel post, non c’e’ piu’ correlazione tra gioco d’attacco e discese a rete, mi sembra che un indice molto più significativo del bel gioco sia la percentuale di vincenti sui colpi giocati. Oggi stiamo stabilmente intorno al 30%, cioè un punto su 3 si conclude con un vincente. Non ho statistiche di 20-30 anni fa, ma il mio ricordo è che le percentuali fossero più basse, e tanti incontri più noiosi.

  9. Pallock scrive:

    Rispondo alla provocazione di Stefano Grazia. In un certo senso è già così: nell’esecuzione del rovescio a due mani (per un destro) si insegna che il braccio che spinge è il sinistro dunque, lo si può vedere anche come un dritto “mancino” a due mani.

  10. Marcello scrive:

    Riguardo all’erba di Wimbledon c’è un interessantissimo articolo su Tennis Italiano di questo mese.

    A mio parere è stata la stortura peggiore cambiare quella superficie, perchè fino al 2004 era l’unico luogo dove si vedva qualche volèè, adesso il rimbalzo è “predictable” molto più rispetto a prima, l’hanno notato in tanti.

    Chiaro che non ritornerebbe il serve&volley, però vedere a Church Road la stessa erba che c’è al Queen’s Club sarebbe tutto molto più avvicente.

    Riguardo alle altre superfici, gli unici a non essersi snaturati sono i cari,odiati, Yankee che ormai da quasi un ventennio usano nei loro tornei il DecoTurf…ho apprezzato con piacere invece la scelta degli organizzatori dell’ Australian Open di velocizzare la superficie sostituendo lo scomodissimo e decrepito rebound Ace al più moderno e assai più rapido Cushion pro

  11. vincenzo torzillo scrive:

    Me lo chiedo da molto,penso che la scusa delle Racchette e del Top Spin,non regga molto,sicuramente è diventata più difficile la vita degli attaccanti,ma volere è potere,credo sia una questione di fondo e che derivi dall’ignoranza dei Maestri che impostano i ragazzini tutti nello stesso modo.
    Nei pochi casi in cui vediamo dei classici giocatori “serve and volley”,c’è difficoltà negli avversari,che non sono più abituati a giocare 100 passanti un un match e quindi per me sarebbe una validissima variante.
    Serve una sorta di “RESISTENZA TENNISTICA” e io me ne faccio carico!!
    Se volete possiamo parlarne anche sul mio Blog:
    http://amoilserveandvolley.sport-blog.it

  12. andrea scrive:

    bellissima analisi, molto utile per comprendere sia l’evoluzione sia per provare a capire quale potrà essere il futuro.
    io ci vedo un parallelo con un altro bellissimo sport, il rugby, dove negli ultimi anni la caratura atletica dei giocatori e la preparazione tattica sono cresciute in modo pazzesco ma, al di là delle nostalgie, senza penalizzare il gioco che è diventato estremamente veloce e spettacolare, con fasi statiche che danno origine ad improvvise aperture etc.

  13. Pietro scrive:

    Pezzo molto interessante, complimenti. Io non sono così convinto che - soprattutto rendendo più veloci le superfici - non si potrebbe ancora giocare a rete con ottimi risultati, ma il percorso che hai disegnato è assolutamente corretto. Con una battuta, potremmo dire che è Borg l’origine di tutti i mali :-).

    Però, da nostalgico del gioco di volo, ho anche l’impressione che “costruire” degli sparabordate in serie sia più facile che non tirare su giocatori dal tennis classico e su questo si adagi chi insegna. In fondo, prima con Sampras e poi con Federer, sono quasi quindici anni che il numero uno è un giocatore d’impostazione classica, eppure se vai nei circoli vedi tutti i ragazzini che “nadaleggiano” e maestri che insegnano a usare la racchetta come una clava.

    Vabbé, insomma, torniamo alle racchette di legno e… aridatece Panatta e Gerulaitis! ;-)

  14. Paolo scrive:

    Sono d’accordo, però perchè a Wimbledon 2001 Rafter e Ivanisevic giocarono una finale “classica”, come classico tennis da erba fu quello della famosa partita tra Federer e Sampras?

    E’ vero che la trasformazione del tennis è stata progressiva e nasce molto tempo fa, come è vero che prima il top spin e poi i materiali hanno determinato questa trasformazione, ma c’era così bisogno in questi ultimi anni di omologare anche le superfici?

    E’ molto probabile che la specializzazione a cui siamo stati abituati in parte negli anni 80 e poi in tutti gli anni 90 fosse comunque destinata a sparire, però temo che scegliendo anno dopo anno di aggiungere ai cambiamenti “naturali” del tennis cambiamenti “artificiali” come le palle più grosse o le superfici più lente si finisca con l’accelerare ulteriormente quel processo.

    In fondo, quando Federer faceva serve and volley o quando si giocava la finale di Wimbledon tra Rafter e Ivanisevic non era un secolo fa, ma solo pochi anni; è chiaro che se oggi sull’erba di Wimbledon la palla rimbalza 40 centimetri più alta nemmeno uno che sa farlo si sente invogliato ad andare a prendersi il punto a rete (a meno che, come succede per alcuni, non sia l’unica cosa che sa fare bene).

  15. Marco scrive:

    Articolo veramente interessante. L’unica parte che mi lascia perplesso è quella che riguarda il futuro del tennis, sempre più spettacolare e avvincente.
    Sono d’accordo solo in parte: attualmente è vero che vi sono giocatori come Djokovic, Murray, Baghdatis e naturalmente Federer che sono in grado di esprimere un tennis molto vario e fatto di continui cambi di ritmo,tuttavia la maggior parte dei primi 100 giocatori esprime un gioco piuttosto standardizzato fatto di continue “bordate” da fondo, il gioco del “chi tira più forte”.
    L’essere in grado di esprimere un tennis del genere, sinonimo di spettacolarità, è nelle mani di pochi talenti mentre il resto del gruppo resta omologato ad un tennis di pura potenza e forza fisica.
    Negli anni novanta per esprimere un tennis divertente non era necessario essere per forza dei fenomeni; come scritto nell’articolo di Roberto erano molti i giocatori di serve & volley in grado di dar luogo a partite molto avvincenti.
    La differenza che osservo tra il tennis di oggi e quello degli anni 90 è quindi questa: oggi per esprimere un tennis vario e divertente, di fronte ad avversari che tirano siluri incredibili, bisogna essere veramente giocatori di talento. In passato le cose erano diverse.
    Anche giocatori come Mark Woodforde, Mark Philippoussis, Jason Stoltenberg, Todd Woodbridge, Chris Woodruff, Greg Rusedski, pur non essendo dei fenomeni, proprio in virtù delle loro caratteristiche di gioco, potevano dar vita a match molto avvincenti.
    Il numero di partite che si caratterizzavano quindi per varietà di gioco e di colpi era molto più elevato di quanto non lo sia oggi e lo sarà in futuro.

  16. marino scrive:

    a me sembra che oltre a tutto lo spiegone tecnico, sacrosanto, c’è da aggiungere che il tennis è un “mestiere” ben pagato a tutti gli effetti. e dove c’è un facile spargimento di denaro si agevola un abbassamento della qualità. solo un esempio: quest’anno una giocatrice russa, la myskina, ha giocato SOLO (e perso) due incontri e ha portato a casa quasi più soldi di me in un anno. che dite, val la pena fare il tennista di terza fascia che non va mai a rete? ;-)

  17. Giovanni scrive:

    è un articolo veramente inetressante…complimenti!

  18. Stefano scrive:

    Il Signor Roberto Lombardi…..sempre il numero 1.
    Il fatto che si giochi sempre poco a rete e piu a fondo….il problema nasce….da una Super velocità dei colpi, dalla attrezzatura sempre piu tecnologica, e da una preparazione atletica molto intensiva…..

    Domanda?
    Si trovera una tecnica ho un modo per far rinascere la Tecnica dell’serve & volley in qusto tennis moderno?

  19. marco napo. scrive:

    ma guarda un gran periodo per il tennis?
    da quando tempo seguite questo sport?
    non fatemi ridere o piangere ,se tutti giocano in omologazione e magari qualcuno ogni tanto grazie a un pizzico di tecnica e visione in piu per non dire intelligenza risulta vincente me lo chiamate grande spettacolo?
    oppure è grande sport perche c’è federer che vince tutto ?
    l’articolo è otttimo le conclusioni un po meno .
    e speriamo di non vedere i karlovic sempre piu in auge.
    un saludos……..

  20. francesco scrive:

    condivisibile in toto l’articolo di roberto.
    Il peccato originale, che è diventato anche il punto di non ritorno, come sanno tutti, è l’evoluzione dei materiali delle racchette, e su questi non si è, per motivi commerciali di diffusione del tennis, voluto o potuto intervenire, a differenza del baseball. E’ vero, come dice giorgio,che campi più veloci o palline più piccole non porterebbero alla rinascita del S & V, ma l’aver rallentato i campi o ingrandito le palline aggrava il male. Come ha scritto Higueras in questi giorni, oggi non si avverte più in maniera drastica il cambiamento di superficie, es dal rosso all’erba ( se diminuiscono gli specialisti, aumenta la competitività all’interno di ogni singolo torneo, quindi è più difficile vincere, tennis quindi meno bello, ma più difficile, onore maggiore a Roger)
    Chiaro che la soluzione ideale, probabilmente improponibile, sarebbe quella di standardizzare le racchette dal punto di vista dei materiali, lunghezza,dimensioni dell’ovale, spessore del frame ( che so, max 22 mm). Secondo voi sarebbe possibile un parziale ritorno indietro ?
    Mi pare assurdo che anzichè modificare un elemento del gioco, la racchetta, si cambino a capocchia ora le superfici, poi le palline, un domani magari le regole ( servizio senza staccare i piedi da terra, una palla di servizio, innalzamento della rete, visto che il tennis sarà sport per giganti, come osservava sul Sunday Times di 10 giorni fa Pat Cash, modifica del punteggio e cretinate varie). Vero che il business si basa sulla vendita dell’attrezzo al maggior numero di persone possibile, ma se così facendo si uccidesse o si snaturasse il tennis in maniera definitiva ?
    Dopotutto non si possono arrestare l’evoluzione biologica del genere umano o il miglioramento del l’alimentazione, o delle metodiche di allenamento, incluso il gonfiarsi di muscoli in palestra. L’unica variabile su cui intervenire resta l’interfaccia fra giocatore e gioco, cioè l’attrezzo. E’ l’uovo di Colombo, lo so.
    Fra il telaio in legno e la racchetta progettata ed elaborata nei laboratori della Nasa, magari con il chip incorporato, ci saranno pure delle differenze !!!

  21. Marco scrive:

    1)Volandri ha perso al 1°turno dell’ “importantissimo” torneo di Bucarest, non è più il numero 1 del tennis italiano, sinceramente chi se ne frega!!!
    2)Non credo ai miei occhi!!! Davydenko,dopo le fatiche degli us open, è di nuovo in campo a Beijing, ma non è umano!!! Quanti tornei gioca l’anno? 100!!!
    Ah, una riflessione, probabilmente Nadal nella sua preparazione fisico-atletica dovrebbe prendere esempio dal russo che, pur giocando moltissimi tornei,riesce quasi sempre ad esprimersi al meglio.
    3)Starace sta perdendo a Bucarest e anche qui chi se ne frega!!!

  22. pibla scrive:

    …da manuale Roberto, da manuale…
    Un saluto a tutti!!

  23. roberto scrive:

    Ringrazio tutti di cuore per i complimenti, ma soprattutto per l’attenzione con cui avete letto il mio lunghissimo polpettone: se ne desume che siete proprio appassionati!

    Vorrei aggiungere qualche altra piccola considerazione al dibattito:

    1. ho trovato molto interessante quanto scritto da olm: la qualità di una partita non si desume dal numero di discese a rete, ma dalla percentuale di punti vincenti rispetto a quelli giocati, e c’è unanime concordia, fra i tecnici, che questo indicatore è salito negli ultimi anni. In linea di massima è vero, ma con un importante distinguo: quanti di questi punti vincenti in più rispetto al passato sono aces di servizio, non propriamente spettacolari quando diventano troppi?

    2. non sono del tutto d’accordo con francesco, sul fatto che il punto di non ritorno, la cusa di tutti i mali, sia stata l’adozione delle nuove racchette: secondo me, esse hanno anzi in un certo senso “salvato” lo spettacolo, almeno sulla terra rossa, all’inizio degli anni ‘80, quando i regolaristi stavano dominando le competizioni offrendoci partite noiosissime fatte solo di resistenza fisica(ricordo una finale di Montecarlo fra Wilander e Nystrom francamente inguardabile…). Da questo punto di vista l’incremento di potenza è stato fondamentale perché ha consentito di uscire dalla spirale del tennis di pura regolarità, fatto di lunghissimi lob carichi di top spin, che si vedeva allora e che oggi, fortunatamente, non si vede più nemmeno a livello ITF femminile.

    3. Ho notato che pochi di voi hanno posto l’accento sul cambiamento a mio avviso più radicale: quello apportato alla tecnica di esecuzione dei colpi, che costituisce, a mio parere, il vero punto di non ritorno. Ancora alla fine degli anni ‘80, sarebbe stato probabilmente ancora possibile tornare alle racchette di legno, perché quasi tutti i giocatori dell’epoca usavano una tecnica compatibile con i vecchi attrezzi. Oggi, se mettiamo in mano ad un ragazzino della SAT la mia vecchia maxima de luxe, quel ragazzino non riuscirebbe a far passare la metà campo ai suoi dritti, e credo che più o meno lo stesso con alcune rarissime eccezioni, succederebbe anche ai giocatori professionisti di oggi, che dovrebbero adottare le vecchie impugnature classiche, cosa per loro impossibile. Inoltre, quando ad un ragazzino hai insegnato ad impugnare il dritto come si fa oggi, è difficile che lo stesso ragazzino, una volta sceso a rete, trovi il modo di cambiare quell’impugnatura in una classica “continental”, che lo metta in grado di giocare voleé efficaci.

    4. A mio parere, oggi come oggi, l’unico accorgimento concretamente praticabile per riavere dei giocatori di serve & volley sarebbe quello di alzare di qualche centimetro l’altezza della rete, in modo da rendere più problematica l’esecuzione dei passanti e delle risposte. Questo “riaccorcerebbe” e “ristringerebbe” il campo, di fatto allungatosi e allargatosi a danno degli attaccanti, e consentirebbe di riadottare anche sull’erba le vecchie palline, più piccole, senza che si abbiano valanghe di aces.

    Grazie ancora a tutti.

  24. Enzo Cherici scrive:

    È chiaro che il gioco evolve, inevitabile. Se in meglio o in peggio, questo sta al gusto d’ognuno. La generazione abituata ad ammirare le gesta dei Laver e dei Rosewall, quando s’è vista comparire Borg se lo guardava come un marziano. E questo chi è? Ma come gioca? Ha vinto Parigi e tutti a dire “ma con questo gioco non vincerà mai Wimbledon”. Sappiamo tutti come è andata. Poi è arrivato il dritto di Lendl, che a mio avviso ha segnato un altro momento di grande importanza nell’evoluzione del tennis. Finché non è comparso Agassi. E tutto si è scompaginato di nuovo.
    Allora cosa significa possedere un “gioco spettacolare”? Lo è solo chi va a rete? Agassi lo era o no? È giusto citare tutti i grandi del passato nel servizio-volée, ma va anche detto che lo erano nella misura in cui esistevano grandi regolaristi e passatori. Era meglio un match Lendl-McEnroe o Sampras-Rafter? Questione di gusti, ovvio. Ma è anche vero che un conto è fronteggiare il passante di un Lendl o di un Borg, altra cosa quello di un Sampras, di un Rafter o di un Edberg.
    Come scritto nell’articolo, Agassi ha segnato un momento di non ritorno. Grazie ai materiali, alle palle, alle accordature, s’è presa coscienza che non è più necessario andare a rete per giocare d’attacco. Giocoforza, credo che per il futuro dovremo attenderci molti più Djokovic che Sampras.
    Per finire, pensavo a quale fosse il mio match ideale. Mi sono venute in mente tante ipotesi, senza peraltro arrivare ad una soluzione definitiva. Borg-McEnroe; Lendl-Becker; Sampras-Agassi; Federer-Nadal? Di sicuro so quale NON È (non sono) il mio match ideale: Becker-Edberg; Sampras-Rafter; Ivanisevic-Rafter. Insomma, deve esserci una contrapposizione di stili, il solo grande volleatore non basta. Almeno per me ;-)

  25. Nikolik scrive:

    Roberto ha veramente ragione quando premette che “nel tennis di dieci anni fa si vedeva molta più gente, rispetto ad oggi, che serviva, si armava di coraggio e si buttava a rete”.
    Questa premessa è tanto più evidente se si lascia stare, per un attimo, il tennis professionistico e ci si mette a vedere come giocano i ragazzini nel mio (e vostro) circolo. Giocano tutti in questo modo, cioè da “attaccanti da fondo campo”, come dice Roberto. E’ proprio così che insegnano adesso a giocare.
    Se tutti giocano a questo modo, curando i fondamentali in questo modo maniacale e potente, è chiaro che, come dice Roberto ” il gioco ha raggiunto velocità tali che il servizio & voleé sistematico non è più possibile”.
    E’ verissimo, infatti, che “la più bassa velocità del servizio e della risposta davano all’attaccante un tempo sufficiente per arrivare a giocare la prima voleè ben dentro il quadrato di battuta”.
    Quindi, non solo ora c’è un’attenzione spaventosa per i fondamentali, ma è proprio cambiato il modo di servire: una volta cercavi di mettere dentro una buona prima palla di servizio, era importantissimo avere un’alta percentuale di buone prime palle. Mi ricordo che Wilander, in una finale (al Roland Garros o agli US Open? Ma chi se lo ricorda più…), mise dentro il 90% di prime palle di servizio. Si cercava un buon servizio, per comandare il gioco e, se eri capace, per prendere una buona posizione a rete. Non si cercava l’ace. Poteva arrivare, ma non si cercava. Si cercava la buona prima palla di servizio.
    Ora è l’opposto esatto: si cerca l’ace e, se va male, viene fuori una buona prima palla di servizio. Si cerca l’ace anche con la seconda palla. E, poi, dopo la risposta, bordate di diritto o rovescio da fondo campo.
    La nuova tecnica si vede bene anche dalle parole di Bollettieri riportate da Ubaldo in altra parte di questo Blog, commentando il gioco del nostro Trevisan. Bollettieri diceva: ha il servizio migliore di tutti, peccato che non venga a rete a chiudere il punto.
    Ecco di cosa si lamentava Bollettieri: che non venisse a rete, ma solo per chiudere il punto. Ecco, nel 2007 devi venire a rete solo per chiudere il punto, solo quando devi andare all’incasso del tuo precedente gioco di potenza a fondocampo o del servizio, solo per dare il colpo di grazia.
    Ecco, quindi, che è bellissima l’intuizione di Giorgio Kuznetsov, che condivido in pieno, quando dice che il problema (se di problema si tratta) è di natura squisitamente tecnica e che il progressivo abbandono del gioco di rete non c’entra nulla, o c’entra poco, con la recente lentezza delle superfici e che non è variando la lunghezza dell’erba di Wimbledon o il diametro delle palle, che ritorneremo ad avere una rinascita del serve & volley.
    Giorgio Kuznetsov non sa nulla di teste di serie, ma è geniale quando parla di tennis e, in questo caso, sono completamente d’accordo con lui, ha colto nel segno.
    Anzi, io vado oltre Kuznetsov, e dico che la recente lentezza delle superfici è dovuta proprio a questo nuovo modo di giocare, in pratica sono state le superfici a diventare più lente, più “uguali” tra loro per adeguarsi al nuovo modo di giocare, alla nuova tecnica, e non l’opposto.
    Ma, comunque, delle cause poco mi interessa: mi interessa invece il futuro e ancora una volta ha ragione Roberto, quando dice che la differenza ad alto livello la si farà con la capacità di variare il gioco, di proporre variazioni di ritmo, di effetto e di angolo, nonché la capacità di attaccare in controtempo e di giocare palle corte, e anche Marco, laddove quest’ultimo ha aggiunto che, per fare tutto ciò, che ormai nessuno fa più, bisognerà essere veramente giocatori di talento.
    Io penso che soprattutto la palla corta dovrà essere riscoperta, perchè, oltre al fatto che tutti giocano più indietro, come ha detto Roberto, nessuno oggi sa più correre in avanti, che è una corsa nettamente diversa da quella laterale, in cui tutti oggi eccellono.
    Quindi, bravissimo Roberto e anche bravissimo a Giorgio Kuznetsov.
    Giorgio, occupati solo di vero tennis e di tecnica, di cui sei esperto, lascia perdere le teste di serie.

  26. luca scrive:

    E’ possibile vedere l’evoluzione - o involuzione a seconda dei punti di vista - del tennis facendo giocare Federer e Djokovic con la Wilson Jack Kramer Autograph - rimessa in produzione a 400 $ - con palline tradizionali, su tre superfici identiche a quelle di 25 anni fa . Filmare, e confrontare con un Borg / McEnroe del 1980.
    Sono proprio curioso di vedere se qualcuno si azzarda ancora a dire che Federer avrebbe battuto Borg e McEnroe. In quelle condizioni, Federer non faceva due games a set con quei due fenomeni. Altro che 12 slam: non avrebbe visto proprio la palla.
    Diciamo che il tennis attuale è una disciplina sportiva sensibilmente differente da quella di 25 anni fa.

  27. Paolo scrive:

    Francesco, quoto il tuo intervento ma non è facile oggi agire sul capitolo racchette, i buoi come si suol dire sono già scappati. Certo, si potrebbe cercare di arginare il problema mettendo dei paletti, ad esempio dicendo che al di là delle dimensioni o dei profili o del peso raggiunto dalle racchette fino ad oggi non si può più andare; in buona sostanza, si lascia inalterato ciò che è stato realizzato e si mettono dei paletti per il futuro, tanto le case produttrici i soldi li fanno lo stesso. E’ fattibile? Non lo so, è un argomento molto complesso.

    Argomento superfici: mi sono espresso più volte su questo, ripeto che secondo me le superfici devono restare diverse perchè la storia del tennis è questa e perchè superfici diverse esaltano caratteristiche diverse. C’è chi si adatta, c’è chi sa giocare bene solo sulla terra, c’è chi sa fare benissimo serve and volley e vorrebbe giocare solo sull’erba, ci sono i campioni che trovano un modo per vincere più o meno dappertutto (salvo magari avere una bestia nera, una superficie su cui purtroppo non vincono mai). Oggi il campione è quello che nell’ambito di un tennis sempre più simile a se stesso sa trovare variazioni, di angoli e di effetti come giustamente scritto da Roberto, ma preferivo l’epoca in cui si vedevano giocatori diversi con caratteristiche diverse, che giocavano a tennis in modo diverso su superfici diverse. Qui tornare indietro non è impossibile, basta ad esempio che a Wimbledon ci sia la stessa erba che c’è al Queen’s, e magari su quell’erba Roger Federer che è capace di farlo torna a giocare facendo serve and volley e chip and charge. Uniformare le superfici è un errore, è antistorico e soprattutto temo che abbia in primis motivazioni economiche: gli organizzatori dei tornei vogliono vedere in fondo sempre e comunque i migliori, perchè portano più spettatori e più soldi, anche a costo di modificare a questo scopo le condizioni di gioco.

    Capitolo servizio: posto che tornare indietro con i materiali è impossibile, è comunque evidente che su superfici veloci il servizio è fin troppo determinante (d’altronde questo è un argomento di cui si parla da anni). Qualche anno fa si tirava a 190-200 e arrivare ai 210-215 era considerato straordinario, oggi si tira a 200-210 e c’è chi arriva spesso ai 230 e più. Tra le tante soluzioni, alcune delle quali avrebbero un impatto eccessivo e fondamentalmente ingiustificato anche sulle altre fasi del gioco, mi sento di sostenere l’accorciamento dell’area del servizio. Non servirebbe tanto, basterebbe qualche centimetro, chi serve bene potrebbe continuare a usare quel colpo come un’arma determinante ma al tempo stesso si vedrebbero servizi un po’ meno rapidi, più arrotati, e magari perchè no addirittura finalizzati ad andare a giocare la volée come facevano i campioni del passato. Secondo voi potrebbe funzionare?

  28. Olimar scrive:

    stanotte stavo scrivendo bel bello, e poi ho perso tutto!
    Ero il primo, adesso molte cose sono state dette, ma tant’è!

    Mi ero complimentato e mi complimento con Roberto per l’ottimo, completo e circostanziato articolo, che però non manca anche di “visione” per il futuro oltre che di ottima analisi del passato.

    Una ulteriore chiave di lettura (come qualcuno ha sottolineato) ce l’ha fornita lo stesso Roger Federer nella intervista pubblicata subito prima di questo argomento, quando dice che anch’egli ha abbandonato il serve & volley perchè meno redditizio da quando sono cambiate le incordature.

    Questi cambiamenti, uniti a quelli relativi a campi e palline, sono stati introdotti secondo me per limitare gli specialisti del “serve & basta” ossia i cosiddetti “bombardieri”. I vari Stich, Ivanisevic e poi Roddick, hanno un po’ impaurito l’ambiente, in quanto con loro di tennis se ne vedeva oggettivamente poco.

    Il problema in realtà fu arginato, ma portò con sé delle controindicazioni. In luogo dei “grandi battitori” hanno giovato dei cambiamenti i “grandi ribattitori” (e fin qui nulla di grave per lo spettacolo a mio modo di vedere), ma soprattutto l’omologazione delle superfici ha portato ad un appiattimento di tattiche e tecniche di gioco, producendo tanti giocatori bravi a correre e sparare in tutte le direzioni.
    Di qui la ricerca più spasmodica del vincente e cose già scritte da chi mi precede.

    Sono d’accordo però anche sulla “visione” di Roberto sul futuro del nostro sport, ed in questo mi differenzio da qualcuno, perchè anch’io come lui vedo un tennis che, dopo un oggettivo momento buio, si evolve e si trasforma nelle tecniche e tattiche, scoprendone di nuove e riscoprendone di vecchie.

    Sempre Federer offre la chiave del ragionamento quando dice quel gioco del s&v praticato da giovane oggi gli dà la possibilità di avere più opzioni e più soluzioni in campo.

    E’ certo perché quando si arriva che quasi tutti i top 100 del mondo sono capaci di sparare col bazooka da fondo campo, per vincere, per eccellere, devi inventarti cose nuove.

    Federer è stato il primo, maggiore esponente del “giocatore a tutto campo”, che ha trascinato forse i nuovi campioni a trovare nuove idee per avvicinarlo
    Lo stesso Nadal, maggiore esponente del “power tennis” , per provare a migliorarsi, fa un maggior uso della palla corta e del back di rovescio e non di rado viene a rete a raccogliere il risultato delle sue randellate.

    Djokovic e Murray sono maestri nel variare il gioco, la velocità di palla, e nel trovare angoli strettissimi e inimmaginabili fino a poco tempo fa.

    Hai ragione Roberto, si rivedono più discese a rete, le palle corte, i lob (Haas ce ne ha fatti vedere due stupendi di seguito, vero Marcos?), angoli e soluzioni nuove…
    Oddio, per la verità Roberto, di attacchi in controtempo ne vedo ancora pochini: ad esempio un Davydenko, se ne utilizzasse con frequenza, se la giocherebbe per il trono del n. 1 a mio avviso.

    E qui mi sovviene nuovamente un mio vecchio pallino: quel Miroslav Mecir così “moderno” nel suo gioco, così “avanti” per il suo tempo. Oggi forse gli mancherebbe solo un pizzico di potenza, ma la sua capacità di arrivare sempre perfettamente sulla palla (aaah gattone!!), i suoi attacchi quasi esclusivamente in controtempo, i suoi angoli impossibili trovati in tutte le posizioni, financo quella centrale, ne farebbero ancora oggi un modernissimo giocatore dei nostri tempi…

    Insomma a mio avviso stiamo assistendo ad una evoluzione in positivo del nostro sport, con l’avvento di nuovi interpreti che per distinguersi e primeggiare portano innovazione e spettacolo nel tennis.
    Forse il serve and volley “puro” come ce lo ricordiamo è morto davvero, ma il nuovo tennis che ci aspetta non mi dispiace per nulla!

  29. Stefano Grazia scrive:

    stefano, roberto non è Lombardi ma Commentucci…A meno che non sia un nickname, e ci abbia ingannati tutti…ma roberto è un aficionado del blo, un tifoso dell’italtennis comunque e dovunque e soprattuttoun grandissimo conoscitore del tennis giovanile

  30. Paolo scrive:

    Sono d’accordissimo con te Roberto sul fatto che il cambiamento più importante ci sia stato dal punto di vista tecnico, il fatto è che questo cambiamento non ci sarebbe stato se prima non ci fossero stati sviluppi e cambiamenti importanti nei materiali. E’ chiaro che nel momento in cui ci sono stati c’è stato chi ha capito di poterli sfruttare e ha iniziato a insegnare a giocare a tennis in modo diverso, e così all’inizio è cambiato il, modo di tenere in mano la racchetta, poi il modo di colpire la palla, poi il modo di posizionare il proprio corpo durante il colpo (soprattutto per quello che riguarda il dritto) e così via. In questo penso siamo tutti d’accordo nel dire che Borg e Agassi siano stati i simboli dei due momenti più importanti in cui questo cambiamento è avvenuto.

    Detto questo, e posto che a me il tennis attuale piace comunque molto (e sono anche d’accordissimo con te nel dire che c’è stato un periodo in cui certe partite tra regolaristi erano inguardabili), mi sembra che purtroppo ci si sia avviati da qualche tempo verso un tennis nel quale inevitabilmente la volée diventerà quasi inutile, già adesso molti la considerano come una specie di retaggio del passato e guardano a quei pochi che praticano un gioco di rete come a giocatori divertenti che però è meglio se perdono dopo 2 o 3 turni al massimo. Verrà un tempo in cui le volée non si insegneranno nemmeno più? Io temo di sì, perchè è vero come dici che la grandezza di un campione in questo tennis in cui tutti tirano forte sta nel trovare variazioni e soluzioni particolari per fare il punto, ma è anche vero che tra queste soluzioni è difficile che se ne scelga una che se adottata ti mette davanti al rischio di essere impallinato da un passante tirato a 200 all’ora. Federer è l’unico campione del tennis attuale che oltre a saper fare bene tutto il resto sappia anche giocare a rete, ma quante volte ci va?

    Io onestamente credo che qualcosa lo si debba fare, e rispondendo a chi sostiene (giustamente) che se oggi si gioca in questo modo la colpa non è del rallentamento delle superfici, a queste stess persone chiedo: come mai su un’erba come quella di Wimbledon fino a 4-5 anni fa si vedeva ancora una partita di solo serve-and volley tra Federer e Sampras? Ora, è vero che i giocatori di rete pian piano sono spariti proprio perchè da anni si insegna un altro tipo di tennis, ma almeno a quelli che ci sono (tra cui teoricamente c’è anche il più forte di tutti) vogliamo dare la possibilità di giocare anche in quel modo su una superficie che lo permetta o che addirittura lo renda necessario? E’ chiaro che se sull’erba di Wimbledon la palla va più piano e rimbalza più alta che sul cemento di Montreal, nessuno (a patto che sappia fare altro) si sognerà di giocarsi le sue chance andando a rete, perchè suicidarsi sportivamente?

    Ultima considerazione, Roberto, sulla tua soluzione per rendere la potenza dei colpi meno determinante e restringere un po’ il campo favorendo gli attaccanti: l’effetto si sentirebbe certamente, ma non credi che assisteremmo a cambiamenti eccessivi? Si giocherebbe ancora di più in top spin, i colpi in back ne risulterebbero sfavoriti, io invece torno sull’idea di accorciare l’area del servizio. Faccio un esempio: Wimbledon, area del servizio più corta di tot centimetri, superficie “old style” e palline di dimensioni standard, non credi che si potrebbe tornare a vedere un tennis d’attacco (in cui chiaramente si tira forte ma chi si difende è comunque sfavorito dal fatto che la palla rimbalza poco) al tempo stesso senza che il servizio sia così devastante e così determinante nell’economia del gioco.

    Un saluto.

  31. Stefano Grazia scrive:

    Sono d’accordo con Olimar e soprattutto non rimpiango il passato: il serve & volley di Stich e Becker nella famigerata finale di Wimbledon non è che fosse poi tutto sto gran spettacolo del tennis così come non lo erano gli 86 palleggi fra Vilas e Borg da fondo o gli Arrotini degli anni 70…O anche non mi sono mai divertito troppo a vedere gli aces di Ivanisevic se non fosse che Goran era uno spettacolo in se stesso, mitica la sua vittoria a Wimbledon anche se purtroppo l’ha ottenuta contro chi avrebbe meritato forse più di lui di vincere almeno una volta sull’erba, Rafter…Come dicono tutti, lo spettacolo nasce dalla contrapposizione degli stili: Agassi contro Becker o Sampras, Borg contro Mac, Federer contro Nadal(se Fed si decidesse a scendere più a rete), la Henin contro tutte le altre (David vs Goliath)… A me poi piaceva da matti Marcelino Rios…Ma mi esalto lo stesso a vedere il guerriero Hewitt…insomma, se uno vuole di tennis entusiasmante per un motivo o per l’altro ce n’è, ce n’è ora e ce n’è stato anche in un recente passato…cosa vuol dire infatti che il bel tennis è solo il gioco al volo? Non lo è anche un passante in corsa di Grosjean, un pallonetto liftato di hewitt, una smorzata di Coria, un rovescio lungo linea di Gasquet? Posso però capire il discorso di Francesco: avrebbero dovuto fare come nel baseball americano dove gli amateur possono giocare con mazze di metallo o di materiali vari più potenti mentre i professionisti giocano con mazze con determinate caratteristiche…Forse bisognerebbe fare qualche passo indietro e se non necessariamente tornare al legno (e ai 70 palleggi mortiferi degli arrotini) trovare una via di mezzo…Le Donne invece dall’abbandono della racchetta di legno credo abbiano avuto vantaggio e il loro gioco si è sveltito e divenuto più spettacolare (Lea Pericoli non sarà d’accordo,temo) Ma ritornando ad Olimar e a Mecir, che dire…speriamo dunque in Murray, l’unico che mi sembra possa fare delcontrotempo un’arma letale…l’avevamo già detto, mi sembra, peccato che quest’anno se ne sia andato, colpa l’infortunio al polso, ma chissà che il prossimo lo scozzese e gasquet non ci facciano sognare… E aggiungo un nome nuovo:Donald Young (anche se ahimè temo che farà più sconquassi John Isner…che è un gran bravo ragazzo e merita anche di riuscire, e inoltre ha completato o quasi gli studi, ma vedermi 10 aces di seguito non è quello che chiamo tennis eccitante…a meno di non essere un parente stretto di chi li fa)

  32. marcos scrive:

    la proposta di roberto di alzare la rete mi preoccupa. non perchè sia contrario alle innovazioni tecniche: materiali, corde, palline, scarpe, sottofondi dei campi…tutto è cambiato negli ultimi ventanni e non mi son sentito ferito. mi preoccupa perchè, se si alzasse la rete, i tennisti alti unoesettantacinque avrebbero il nastro sul pomo d’adamo! mi preoccupa perchè, in fondo, sarebbero avvantaggiati gli ipermuscolati, in grado di frustare la palla con top da tremila giri al minuto: se si alzasse la rete, infatti, nadal manco s’accorgerebbe…già lui normalmente tira passanti che superano il nastro di 30/50 centimetri; mi preoccupa perchè verrebbero castigati coloro che ancora riescono a passare grazie alla velocità d’esecuzione del colpo, tirato a fil di rete…verrebbe penalizzato, ad esempio, il passante rovescio di gasquet. se si alzasse la rete, qualche tennista, già in difficoltà col servizio, dovrebbe cambiar mestiere. se si alzasse la rete, sarebbe ancor più un tennis per giganti e superdotati.
    oggi m’e capitato di assistere ad un paio di games in un torneo di seconda categoria: a parte che tirano fiondate mostruose…’sti ragazzi di sedici/diciottanni sono tutti marcantoni, perfetti per fare i corazzieri!

    ad olimar. non sei il solo ad aver pensato al gatto: giusto la notte scorsa, appena letto l’articolo dell’ottimo commentucci (omen nomen), intorno all’una, ho messo già qualcosa…

  33. Matteo scrive:

    carissimo luca leggendo il tuo intervento che riporto:

    “Sono proprio curioso di vedere se qualcuno si azzarda ancora a dire che Federer avrebbe battuto Borg e McEnroe. In quelle condizioni, Federer non faceva due games a set con quei due fenomeni. Altro che 12 slam: non avrebbe visto proprio la palla.”

    mi viene da dire: ma che ne sai? che certezze hai? parli per antipatia di federer o perchè credi di poter decretare il risultato di partite di fantatennis?!?
    il discorso mi sembra un pò stupido e quanto mai superfluo…(con tutto il rispetto). Paragonare giocatori racchette avversari campi palline ecc di epoche diverse non credo sia compito che NESSUNO possa fare nè tantomeno che valga la pena di fare..è un giochino non supportato da alcun dato, da alcuna statistica e da nessuna prova (ci fosse stata almeno una partita tra i 2!!!)! non è necessario decretare il migliore di tutti i tempi e non solo non è necessario, ma è impossibile! ognuno vive nel suo tempo, si adatta a avversari palline racchette campi ecc! poi con tutto che non mi sta seimpatico, non credo di poter negare come fai tu che Federer sia un fenomeno! ma lo vedi come gioca?
    se si vogliono dare giudizi in base a simpatie, passioni, sensazioni, ben vengano! se si vuole paragonare Roger a Rafa Novak ecc ben venga! ma perdere il senso della sportività proponendo tesi fantasiose mi sembra un pò azzardato!
    Concordo che il tennis sia diverso da quello di 25 anni fa, ma questo non vuol dire nulla! Magari Borg con queste racchette campi avversari tipo di gioco ecc sarebbe stato numero 100 del mondo, magari numero 1! Però credo vada restituitto alla sue epoca e vada apprezzato in quel contesto!

  34. Enzo Cherici scrive:

    Luca, ma Borg e McEnroe sono nati con quel tipo di racchetta in mano, Federer e i giocatori attuali no. E come ha spiegato ottimamente Roberto nel suo post di replica, l’eveluzione tecnologica degli attrezzi ha anche portato a modificare la tecnica nel portare i colpi. Allora che senso ha rinnovare ogni volta questa polemica sulla (presunta) mancata abilità dei giocatori moderni con le racchette di legno? Se Federer fosse nato negli anni ‘80 avrebbe avuto un senso e sono certo che col talento che possiede sarebbe stato comunque uno dei top player. Ma non si può pretendere di mettergli in mano oggi una Wilson Jack Kramer Autograph e pretendere che il suo gioco sia lo stesso. Non mi sembra un paragone calzante.
    All’epoca tutti giocavano con quel tipo di racchetta, oggi tutti giocano con le racchette attuali. nessuno ha vantaggi, ma nemmeno svantaggi. È così che si fanno i confronti. Non stiamo parlando mica di Moser che vinceva il Giro perché aveva, lui solo, le ruote lenticolari e guadagnava a cronometro 3 secondi a chilometro. I confronti possono farsi sui trofei vinti, e non mi sembra che tra Borg e Federer ci sia questa grande differenza. Anzi.

  35. Stefano Grazia scrive:

    I confronti fra giocatori che hanno vinto molti slams si fanno anche sulla completezza e spettacolarità del gioco e non mi sembra che da questo punto di vista Borg ne possa uscire vincitore, ANZI!!!!!

  36. thomas yancey scrive:

    Ho letto considerazioni molto interessanti e ho anche imparato nuove cose. Ringrazio perciò voi tutti, escludendo i fanatici e quelli che fanno di ogni cosa una questione personale.
    Il mio parere di appassionato entusiasta dai tempi di Rosewall e Laver è che il tennis, come tutte le cose della vita, sia andato sempre progredendo. Semplicemente perché il tempo sottrae molte cose ma aggiunge sicuramente conoscenza. Un ingegnere, un medico, un architetto e anche un filosofo hanno più elementi a disposizione per percorrere le strade della ricerca e del sapere. E pure per ottenere risultati migliori. Basta confrontare le aspettative generali di vita, tutti i mezzi in ogni ambito che noi abbiamo a disposizione e quelli invece nelle mani dei nostri padri. Il mondo non regredisce. A molti passatisti sembra che tutto peggiori solo perché la natura umana teme i cambiamenti e soprattutto perché ogni cosa si consuma con il passare del tempo. Confondono quindi l’inevitabile deterioramento del nostro pianeta e delle condizioni di vita correlate con una regressione determinata dall’etica o dal decadimento delle qualità umane. Gli uomini con il tempo migliorano complessivamente, sempre, seppure con un andamento ciclico delle progressioni. Perché ogni giorno diminuisce la loro ignoranza. Certo, occorrerebbero fantastilioni di anni prima che imparassero a non farsi fregare dai propri impulsi. Ma chi conosce il futuro?
    Trovo molto più divertente e spettacolare il tennis giocato in questi tempi che quello di una volta. Oggi magari ci sono parecchi ace, ma nel passato la quantità di noiosissimi punti risolti in tre colpi era impressionante. Per fare un esempio comunque paradigmatico della grandissima bellezza e spettacolarità del tennis moderno basta rivedere i 45 colpi giocati da Hewitt e Federer, a Indian Wells nel 2005, durante un punto importante del terzo gioco del secondo set : c’è tutto quello che si può fare su un campo di tennis, ogni tipo di colpo e di soluzione. Ed è solo un esempio fra i tantissimi.
    Li ho visti giocare quasi tutti i campioni del passato, ad iniziare dagli anni Cinquanta. Ma, credetemi, non mi sono mai divertito come negli ultimi anni. Per me il gioco e le regole continuano ad andar bene anche così come sono. Gli ace, seppure quando sono ripetuti, hanno una loro spettacolarità e aiutano tutti i giocatori a crescere in qualità nel rispondere e nell’imparare ad adottare strategie conseguenti. Ma se proprio si volesse limitare l’incidenza del servizio nel gioco, allora forse la soluzione potrebbe essere l’eliminazione della possibilità di servire la seconda palla. Se si riflette, concedere la seconda palla di servizio significa accettare l’opportunità che un errore non incida sul punteggio e dunque sul gioco. Mi pare una debolezza che uno sport quasi perfetto come il tennis dovrebbe rifiutare nella concezione, prima ancora che nella prassi.

  37. luca scrive:

    Rispondo a Enzo e Matteo. Ho semplicemente ipotizzato condizioni analoghe per i due giocatori di vetta attuali e per i due giocatori omologhi del 1980. E’ un ragionamento asettico.
    Io mi ricordo come fosse adesso cosa capitava a chiunque dovesse affrontare il miglior Borg : erano delle punizioni.
    Ho 40 incontri registrati dello Svedese, e molti incontri con McEnroe, dal 1980 al 1982.
    Tanti si sono accapigliati sulla presunta superiorità di Federer sui campioni del passato. Bene, che giochi a parità di condizioni, si registri, e si confronti con il migliore giocatore del 1980. C’è forse il pericolo di perdere sponsorizzazioni nel confronto con Borg ?

  38. Raffaele scrive:

    Bell’articolo bravo Roberto.
    Ciao ND

  39. flexible scrive:

    purtroppo non ho la possibilità di seguire i tornei over, quelli in cui mc borg, leconte, sampras, muster ecc, si dilettano a giocare CON LE RACCHETTE NUOVE. Ok, sono pochi quelli della generazione vecchie racchette e ok sono i più “anziani” però ho l’impressione che pur non potendo usare quelle partite come testo scentifico delle indicazioni interessanti si potrebbero avere, cioè come colpicono quelli nati con la tecnica del legno?
    qualcuno ha elementi da fornire?

  40. olm scrive:

    Io non sono un tennista, perdo sempre. Ma conosco un po’ il nuoto. Bene, nel nuoto non si discute su chi sia il più grande nuotatore di tutti i tempi. E’ Mark Spitzer, per la sua impresa straordinaria alle olimpiadi del 1972, 7 ori, 7 record mondiali. Bene, quei tempi oggi sono circa i tempi limite di qualificazione ai campionati italiani, cioè tempi che fanno i sedicenni di seconda fascia. Lo sport va avanti. Certo, può capitare che un record duri anni. Ma guardate la decima o la ventesima prestazione. Migliora sempre di anno in anno, inesorabilmente. E questo accade in tutti gli sport.

    E’ assurdo che questa realtà venga negata per il tennis da così tanti e che si propongano confronti tra giocatori di epoche diverse. Va bene parlare del servizio di Sampras, ma Borg oggi non passerebbe un turno in nessun challenger, terra compresa, e questo non toglie niente al campione. La ragione è quella che sottolinea roberto, e tanti altri nel post: tecnica evoluta enormemente, alimentazione, preparazione, training mentale. In secondo piano racchette, superfici, che si sono evoluti secondo me funzionalmente alla evoluzione del tennis professionistico. Mi ricordo che quando alla fine degli anni ‘80 sono uscite le racchette wide-body, si è cercato di presentarle come armi buone per i dilettanti, terribili per i professionisti. Sappiamo come è andata.

    Io in giro non vedo tanti bombardieri. Vedo tanti punti costruiti con intelligenza, cercando di sfruttare punti deboli dell’avversario e di portare lo schema su uno dei propri punti di forza, e la cosa è in continua evoluzione. Vedere per esempio come Djokovic volge a proprio vantaggio il dritto ad uscire. Da certi commenti invece si potrebbe pensare che oggi il tennis è fatto di pallate centrali sempre più forti fino a che uno non sbaglia.

    L’intervista di Federer è stata come sempre illuminante: sta dicendo che gli sembra di avere una dimensione in più nel gioco a scacchi che sta diventando il tennis perchè ha potuto permettersi di affinare un gioco di volo, cosa che i giocatori attuali non hanno più tempo od occasione di fare. Siccome però Federer non è l’unico intelligente, altri stanno cercando di aggiungere questa dimensione al loro gioco, vedi per esempio l’evoluzione di Nadal. Questo non porterà mai al serve&volley ovviamente, l’obiettivo è aggiungere un’altro tipo di end-game ad un gioco prevalentemente dal fondo.

    Insomma, si parla di problemi, ma davvero vi annoiate oggi a guardare il tennis? A me sembra un gioco enormemente migliorato come spettacolo, alla pari del rugby, citato da andrea più sopra. E anche il fatto che la superficie non incida più tanto sui risultati, non è un vantaggio? L’alternativa non sarebbe una diminizione della competizione, come nei tempi tristi in cui la terra era quasi un altro sport? O anche il fatto che oggi servizio e risposta siano più equilibrati come possibilità ed efficacia, grazie al miglioramento della tecnica ed al rallentamento delle superfici, non è un forse un bene?

    La nostalgia mi sembra giustificata, ma solo per il carisma infinito di certe figure e la magia di certe partite, che forse fanno parte però di un periodo irripetibile. La carriera professionistica di un tennista top inizia a 12 anni, come possono questi bambini diventare i personaggi di un tempo? Facendo la stessa vita, come fanno a non assomigliarsi? Dimentichiamo i contrasti Panatta Borg McEnroe Gerulaitis. I giocatori oggi sono macchine ottimizzate per vincere e quindi fatalmente simili tra di loro. Evviva Djokovic quindi, anche se penso che Federer si freghi le mani a vederlo distratto, magari anche solo un poco, tra imitazioni, audizioni teatrali, Sharapova ecc. ecc.

  41. flexible scrive:

    ah, un ultima cosa.
    Amorini miei abbiate fede nel dio del tennis che ogni tot si poggia su di un ragazzo e che, visto il relativamente basso scarto di età tra lui e chi, daloscente o pre, prende una racchetta, col solo esempio genera emuli.
    Adesso tento una mediazione del dibattito.
    E’ vero che con un’altra testa, o fede, molti attaccanti puri per attitudine potrebbero primeggiare, o fare la loro bella carriera anche oggi, il problema è che sto benedetto campo più lungo (e rete più larga), causa materiali, è ancora più lungo (e più larga) quando si ha tredici-quindici anni, e quindi temo che la falce della selezione si faccia a livello giovanile.
    La cultura dell’aspetta, sbaglia e cresci, cioè investi con rischio è ormai tramontata in tutti i campi, eppure il tennis ha una caratteristica favolosa, la meritocrazia, se vinci, non importa quando, vai avanti. Chissà che il dio del tennis non stia preparando una rivoluzione “decentrata” alla faccia di tutti i superprofessionisti che ruotano attorno al tennis e ci regali soprese di peones venuti dalla periferia, magari spinosi che però un bum, una volé e ciao, alla faccia della fatica, perchè vincere così non so se sia più divertente ma sicuramente è meno faticoso, e si dura di più…

  42. Enzo Cherici scrive:

    Ho il blog bloccato da stamattina. Solo io o anche voi?

  43. Enzo Cherici scrive:

    Scusa Luca, ma non ti rendi conto che Borg è nato con la racchetta di legno in mano mentre Federer, forse, l’ha vista solo nei filmati d’epoca? E questa ti sembra “parita di condizioni”? Non scherziamo!

  44. luca scrive:

    Basta così; ogni volta è polemica sul sesso degli angeli.
    Federer è il campione di questi anni che nobilita la disciplina : è evidente come la luce del sole. I suoi risultati parlano da soli.
    In una mia precedente e mail ho ipotizzato un incontro fra i due più forti giocatori attuali con una Wilson Jack Kramer Autograph - reintrodotta sul mercato - palline tradizionali, campi con identico terreno a quelli del 1980 ( o giù di lì : non mi sembra che in quel periodo giocasse a tennis l’homo Neanderthaliensis !! ); filmare e confrontare con Borg / McEnroe dello stesso anno: tutto qui. Non mi sembra di aver scritto nulla di sconvolgente.
    Personalmente, guarderei un Federer / Nadal ( o Djokovic ) con simili attrezzi molto volentieri. Potrebbe essere una cartina di tornasole sull’effettiva evoluzione del tennis a parità di condizioni. Non penso che Federer e Nadal siano realmente impossibilitati da allenarsi per raggiungere una sufficiente confidenza con quelle condizioni di gioco. Che poi manchi loro la motivazione è un’altra cosa.
    Cosa c’entra Mark Spitz con questa ipotetica - e praticabilissima - partita non so. Il confronto in questo caso non regge : il nuoto è una differente disciplina

  45. Stefano Grazia scrive:

    andrea, da vecchio rugbista mi fa piacere che tu apprezzi il rugby ma ti devo informare che il rugby che vedi oggi è solo lontano parente di quello che si giocava ai miei tempi,30 anni fa…c’è stato il passaggio al professionismo che ha cambiato tutto ma sono state cambiate alcune regole che hanno velocizzato il gioco e reso meno importante il calcio tattico, che rendeva molto noiose certe partite,del mediano d’apertura … alla Dominguez,per intenderci. E’ vero che c’è poi una enorme differenza fra il Rugby dell’Emisfero Nord e quello dell’Emisfero Sud con tornei vibranti (Super 14, Tri Nations) che francamente fanno impallidire il Sei Nazioni…. L’Inghilterra ha vinto la scorsa Coppa del Mondo con un gioco antico ancora celebrato dai tradizionalisti ma il gioco degli All Blacks Neozelandesi e dei Wallabies Australiani (e inmisura minore degli Spriingboks Sudafricani)è tutto un’altra cosae, ricordato solo a sprazzi dal Galles di due anni fa… Nel Rugby hanno cambiato le regole anche nel punteggio: meta di 5 punti (anni fa era di 3, poi di 4) e anche, nei tornei, 4 punti per la vittoria, 2 per il pareggio, 1 punto di bonus se segni più di 4 mete… Nel Tennis l’unico grande vero cambiamento è stato il tie break. E onestamente spero che resti l’unico anche se non disdegno,come ho detto, invece un intervento sui materiali. In effetti, posso anche concordare con Yancey sul ridurre a una le due palle del servizio, ma preferirei un intervento sulle racchette (che non devono tornare al legno,ovvio, altrimenti sai che noia…),sulle palle,sulle misure del campo più che sul punteggio o il format del gioco. Quel che è stato giusto nel rugby (e ci sarebbe anche daridurre tutto il tempo perso nei calci di punizione e magari permettere il tiro da tre punti solo a quelli dentro i 22) non credo debba essere permesso nel tennis per non privarlo della sua UNICITA’. In questo,e forse solo in questo (non certo nel vestire in bianco a Wimbledon) mi sento tradizionalista.

  46. Stefano Grazia scrive:

    roberto, ero andato a rileggermi tutti i post e l’attenzione mi è capitata su un tuo passo: “Oggi, se mettiamo in mano ad un ragazzino della SAT la mia vecchia maxima de luxe, quel ragazzino non riuscirebbe a far passare la metà campo ai suoi dritti”…non essere così severo con le giovani generazioni…Quest’estate ho messo in mano a mio figlio Nicholas,10 anni, la mia vecchia Maxima, incordata per l’ultima volta almeno 25 anni fa, e quello sciagurato giocava quasi meglio che con la sua Babolat Junior (ora cambiata con una Head Extreme dello sponsor)…Devo dire che mi ha sorpreso ma forse ha ragione chi scriveva, e mi sembra fosse il mio compagno d’armi (nella guerra delle tds) Nikolic, che oggi curando in misura maniacale i fondamentali …ti permettono anche di saper giocare con una racchetta di legno! Poi mio figlio si era innamorato dell’idea e voleva fare sempre il riscaldamento con la Maxima (gli avevo detto che lo faceva ogni tanto anche Federer, non so se è solo un mito,leggenda o verità). Confermo invece che se ci gioco io non la mando di là…Quindi, per carità, nel boom del tennis l’importanza delle nuove racchette è stata fondamentale.

  47. roberto scrive:

    Apprezzo moltissimo il post di thomas yancey, lui sempre pessimista e crepuscolare, e stavlta invece intonato alle magnifiche sorti e progressive dell’umanità, attraverso l’accrescimento del sapere.

    Mi viene in mente un dialogo de “Il nome della rosa” di Umberto Eco, un libro che mi ha dato molto:

    L’allievo, Adso, novizio benedettino, fa notare a Guglielmo, in un momento di sconforto, che i loro sforzi investigativi sono vani, senza speranza, e che in fondo è naturale che sia così, perché l’umanità è in bassi tempi, ed essi, uomini del loro tempo, non sono altro che dei nani.
    Al che Guglielmo risponde:

    “Si Adso, siamo dei nani, ma abbiamo dalla nostra, attraverso lo studio e i libri, la sapienza e l’esperienza dei nostri antenati. Siamo nani, ma camminiamo sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto”…

    Credo che si presti molto bene al concetto che voleva esprimere thomas, e che condivido totalmente.

  48. Ronnie scrive:

    Luca avrai anche la foto di Borg sul comodino e la tazza del water gialloblù secondo me. Il disco dopo un pò si rompe. Diamo a Borg vent’anni e venti chili in meno e la Wilson di Federer,allora. Per te farebbe senz’altro il vuoto scommetto. Ma forse, e ripeto forse, manchi un pò di obiettività. Il tuo mi pare fanatismo allo stato puro. Mi pare che nessuno si azzardi a screditare il tennista Borg ma tu senti sempre la necessità, qualunque sia l’argomento del post, di screditare lo svizzero. Poi però dici che sono sport diversi, quindi tutti i discorsi pro-Orso fatti prima e dopo diventano inutili. Però alla fine contano i numeri giusto? E sono chiaramente a favore di Borg mi pare. Beh se c’è una cosa che non è opinabile sono proprio quelli. Ce li puoi postare, con estrema cortesia, questi numerononi? Perchè mi sa proprio che quelli dei quali ero a conoscenza io sono errati. E non sono mica l’unico….che strano…

  49. Stefano Grazia scrive:

    andrea, se hai visto -ahimè-la partita italia-romania hai capito esattamente il senso di quel che scrivevo, la differenza fra rugby dell’emisfero sud e dell’emisfero nord… E insomma, il rugby è bello se giocato bene, esattamente come il tennis, ed è molto brutto quando giocato come l’hanno giocato oggi Italia e Romania.

  50. roberto scrive:

    Beh, Stefano, mi complimento con il tuo Nicholas, che evidentemente, è stato impostato con una impugnatura di dritto non troppo chiusa e che ha un buon occhio sulla palla. Tuttavia temo che tuo figlio sia una mosca bianca… Nel mio circolo, per scherzo, abbiamo provato a giocare con le racchette di legno e i ragazzini dell’agonistica, poverini, dopo un po’, all’ennesima palla scheggiata hanno smesso per disperazione…

    Rispondo anche a flexible, che invece si poneva il problema opposto: come si trovano i vecchi campioni, abituati al legno, con le nuove racchette? Ho visto alcune partite del Tour of Champions al Foro e devo dire che non se la cavano affatto male. Tuttavia il punto è un’altro. La tecnica che usano le vecchie glorie, i giocatori degli anni ‘70, non consente loro di massimizzare il rendimento dei nuovi attrezzi, a differenza di quello che fanno i giocatori delle epoche successive.

  51. marcos scrive:

    nel mio minimo, confermo l’ultima di roberto.

    pur non essendo una vecchia gloria, sono passato dal legno e, dopo una lunga evoluzione, son finito con una babolat giallo e nera: ammetto, confrontandomi a nadal, di non riuscire a massimizzare il rendimento del nuovo attrezzo, ma, col legno, ancora me la cavicchio.

    hai voglia a cambiar l’impugnatura…continental si nasce e si rimane!

  52. marcos scrive:

    completo il ragionamento di guglielmo: tanti nani, messi uno sopra l’altro, superano i più alti giganti. quando questi, infatti, provano a sormontarsi, per ergersi in colonna, crollano miserevolmente, schiacciati dal loro straordinario peso, disarticolati dalla loro eccessiva individuale altezza.

    nel suo giudice, de andrè chiarisce con sua metafora le potenziali facoltà dei nani, che per nulla si distinguono dalle potenziali facoltà dell’uomo, alto quanto vuole, ma così piccolo se misurato da solo sullo sfondo del tempo.

    come l’uomo, per crescere, anche il tennis s’affida all’evoluzione: siano passi da nani o passi da giganti, noi proviamo a misurarli, per anticiparne il traguardo. ora, e ne convengo, commentucci immagina che il traguardo sia costituito dalle variazioni durante il gioco. i migliori maestri proveranno ad insegnarle ai migliori allievi.
    anche il tennis, però, è soggetto a variabili incontrollabili…e meno male: quel rovescio lì, a gasquet, non l’ha insegnato nessuno!

  53. luca scrive:

    Rispondo a Ronnie. Ho sì la foto di Borg - inginocchiato a Wimbledon dopo la vittoria su Connors nel 1978 - in camera, ma ho elogiato senza mezzi termini Federer.
    Non capisco cosa ci sia di così scandaloso - sanitari gialloblu a parte - in un Federer / Nadal con attrezzi tradizionali

  54. Stefano Grazia scrive:

    Non capisco cosa ci sia di così scandaloso - sanitari gialloblu a parte - in un Federer / Nadal con attrezzi tradizionali

    Ma cosa proverebbe? Che Federer è superiore di più a Nadal con la racchetta di legno che con quella in grafite o liquidmetal o microgel? Cosa c’entra Borg? Borg ha dominato la sua epoca perchè fisicamente era una spanna sopra a tutti: FISICAMENTE, non tecnicamente credo… Ora fisicamente sono tutti molto più preparati: credo farebbe più fatica Borg nato in quest’epoca che Roger nato in quella precedente… Non credo che Borg si divertirebbe troppo con Nadal sul rosso…

  55. Federico Ferrero scrive:

    Ciao a tutti,
    d’accordo con Roberto. Fatto salvo Chris Woodruff: tutto era tranne uno specialista della volée. Forse - avendo citato Woodforde - è un semplice lapsus: magari Todd Woodbridge?

  56. federico scrive:

    Ma se Raikonnen corresse con la macchina di Fangio saprebbe farla partire?

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