La malinconica dissolvenza
di James Blake

 
28 Aprile 2009 Articolo di Andrea Scanzi
Author mug

Pioggia e vento per il primo giorno del torneo. Programma dimezzato. Cipolla e Starace subito fuori. Gradinate evacuate nel timore che cadessero pini e tendoni. Murray compare in sala stampa e prova a sorridere (senza riuscirsi). Djokovic si allena dispesando sorrisi prefabbricati (come da Fiorello il giorno prima). Kiefer tenta una palla corta che cade fantozzianamente a mezzo metro dai suoi piedi. E l’ex top ten americano, novello Arthur Ashe, abbandona il torneo a bordo di una vettura portabagagli, come una borsa vecchia.

Assistere a un torneo di tennis avendo l’accredito ma non il desk in sala stampa, è un po’ come farsi regalare un Bricco Appiani del ‘97 senza avere il cavatappi: un godimento ipotetico. Puoi guardare, ma non scrivere (se non sulla carta appoggiati alla schiena di Federico Ferrero, che però ha marcato visita).

Ieri apertura degli Internazionali d’Italia. Pubblico delle medie occasioni. A vedere Cipolla-Cilic, match inaugurale sul Centrale Pietrangeli, c’erano meno persone che a un comizio di Rotondi. Malinconia portami via. Colpa del match, non così stimolante nonostante la presenza del Rincoglionitore (ahinoi in ferie), e del tempo. La nebbia agli irti colli piovigginando saliva, ma ieri più che piovigginare sembrava l’Apocalisse. Forse era una difesa naturale, biologica e vegetativa, all’imminente avvento di Seppi-Querrey, accattivante come un tortura medioevale. L’incontro, come tutti quelli dalle 17 in giù di ieri, è slittato a oggi. Dovrò trovare un impegno per quando sarà, magari un Tipsarevic-Acasuso sul campo 4, sfida tra dostevskiani gattusiani e gigolò barbuti (sembra impossibile ma Acasuso va via come il pane: garantiscono le hostess degli alberghi capitolini).

Va be’. Parliamo di tennis giocato, cioè parliamo poco. Cipolla non è sceso in campo, letteralmente terrorizzato dalla martirizzazione subita due settimane prima a Montecarlo, ancora da Marin Cilic, classico pollo di allevamento (cit) croato genere Ancic, servizio dritto e movenze giraffesche: inaccettabile. Troppo solido, troppo potente e troppo noioso per farsi irretire da Cipolla (non è Tursunov). Il romano tascabile ha retto due giochi, poteva andare 2-0 e servizio e non c’è andato: lì è finito tutto. Addio patria.

In sala stampa ho provato a chiedergli se credesse ancora di poter entrare nei 100; Flavio ha risposto di sì, ma era più confuso e depresso di un elettore di sinistra. Credici Cips, nei 100 sono stati anche Pashanski e Di Mauro: nulla è impossibile.

Dopo di lui, ancora sul Pietrangeli, ennesimo Golgota italico con Potito Starace, che pure a Barcellona era sembrato in ripresa. Invece, due set a zero e subito a casa con Albert Montanes, sorta di Bruguera più brutto e meno forte (vi ho messo paura? Era necessario).

Il match si è rivelato di squisita bruttezza. Il vento soffiava incarognito e la terra battuta volava come bagnoschiuma sul pubblico (cioè noi). Notato, tra gli altri, il “Bufalo” della serie Romanzo Criminale: ho sperato che da un momento all’altro risolvesse il match da par suo, con sagacia romanesca e spicci modi, ma non è andato al di là di quale - timido - Daje Poto.

Starace, dopo aver scansato qualche palla break, è andato 5-1 nel tie del primo. Qui, da bravo italiano, si è incartato. Ha avuto due set point, sprecandone uno - sull’8-7 - in maniera sciagurata. Ovviamente ha poi perso set e match, sbracando e devastando racchette.

Uno spettacolo scarsamente edificante, ma del match in sé si sono accorti in pochi. Erano tutti troppo presi dalla speranza di sopravvivere alla tormenta. Lo stesso Starace, in conferenza stampa, si è lamentato (una volta di più): “Così non si può giocare, così non mi diverto”. Neanche noi (ma le intemperie riguardavano anche Montanes, non è che lo spagnolo giocasse in un magico nowhere dotato di aria condizionata e clima paradisiaco).

Vero è che il vento faceva fischiare il microfono dell’arbitro (con sacramenti allegati di Starace) e smuovere pericolosamente uno dei ciclopici teloni-sponsor issati sulle grige palafitte del Pietrangeli. Ce n’era uno, proprio sopra la Tribuna Stampa, desideroso di staccarsi da un momento all’altro, generando un effetto-domino sui giornalisti stile V2-Day. E’ stato fissato da quattro eroici scalatori, tra l’ilarità dei presenti.

Elena Pero, adorabile voce ancestrale (per quanto seppica) di Sky, è stata tutto il tempo a fissare il telone e non la ragnatela pallettara dei due contendenti, ma va capita: era più eclettico il telone di Starace. Paolo Bertolucci per un po’ ha retto lo scempio, poi si è guardato intorno e sul 4-4 ha detto: “Ma ce l’ha ordinato il dottore di star qua?”. E se n’è andato. Avrei applaudito, se solo le mie mani non fossero state troppo prese dalla ciclicità iraconda dei miei starnuti. C’erano più pioppi che drop shot nell’aria. Ho mendicato in sala stampa antistaminici come neanche il Dottor House col Vicodin. Ubaldo Scanagatta mi ha offerto una caramella al ginseng come palliativo, ma i risultati sono stati sin troppo omeopatici.

Cos’altro dire? Bah, poco. Non è successo niente, e purtroppo non è una citazione. Wawrinka ha facilmente disposto di Kunytsin. Bighellonando tra uno starnuto e l’altro, mi sono imbattuto in Djokovic che si allenava. Dietro ho scorto Andreev e Gulbis: il lettone si muove per frame, è un fermo immagine anche dal vivo.

Djokovic alternava colpi a battutine, dispensando sorrisi prefabbricati e battute prestampate. Non per nulla il giorno prima era stato ospite da Fiorello, in un parossismo di situazionismo (non so cosa ho scritto, ma credo suoni bene).

In sala stampa, senza preavviso, è comparso alle 16 Andy Murray. Per una volta non sembrava pettinato da uno scirocco incazzoso. A un certo punto ha provato a sorridere, ma non c’è riuscito, per la gloria di grandi, piccini e specializzati in ortodonzia.

Nei primi giorni al Foro è bello camminare in una Vallev…, no, ho sbagliato, intendevo dire che è bello camminare spulciando sui campi secondari. Si scorgono spesso perle, di qualsiasi sorta, ora tragicomiche e ora lucenti. Non la seconda, ieri.

Mi aspettavo qualcosa da Troicki-Hanescu, sfida tra il massimalista serbo e il talentuoso Dracula rumeno, ma a metà incontro c’era già voglia nell’aria di spaccare mobili per lenire lo strazio. In passato ho (quasi) parlato bene di Troicki e di ciò chiedo venia, umilmente venia: ho sbagliato, scusate. Troicki esulta nervosamente a ogni punto, ha solo dritto e servizio, la fantasia è quella di Breznev (altro che massimalista) e l’unica cosa fuori-copione sono le scarpette rosse. In più, quando gioca, diventa rubizzo dopo tre secondi come neanche un avventore secolare del Circolo di Fucecchio. Male, malissimo. E ancor peggio Hanescu, da me ammirato la scorsa estate sui tornei rossi europei, apparso però semovente e apatico.

Accanto a loro, si compiva l’ennesimo harakiri del tedesco Kiefer. Solo lui, in un quarto di finale Master Series, poteva avere più braccino di Seppi, consentendogli di fare semifinale ad Amburgo (è a lui che dobbiamo la duratura presenza “abusiva” di Seppi nei 40: grazie).

Kiefer è uno dei tanti orteghiani pleonastici del circuito. Per carità, è stato nei 10, ha vinto partite importanti, in confronto a un Melzer (oh mamma mia) è Rod Laver, ma la sua insipienza agonistica arreca fastidio all’umanità. Ieri con Juan Monaco, argentino dal lungo crine e corto stile, non poteva che perdere. Ma c’è modo e modo. Kiefer si è fatto asfaltare con odiosa supponenza, andando a rete a casaccio e tentando qua e là pietosi drop shot. Sul finire di match - durato sette secondi, comprese le pause ai box - ha disegnato una palla corta da fondo campo mortagli tra i piedi. Non vedevo simile florilegio estetico dai tempi di Claudio Panatta.

Poco dopo, sui campi secondari, comparivano all’improvviso transenne e fascette bianco-rosse, stile scena del delitto: stava arrivando Gil Grissom? No, stavano giocando Gimeno-Traver (voto 1) e Youzhny. Solo che il pubblico era stato evacuato: troppo vento, timore quindi che dai pini cadessero rami e pigne. Gimeno-Traver e Youzhny hanno così giocato per un po’ a porte chiuse, in irreale solitudine, senza che nessuno potesse osservarli: ed è stato meglio per tutti.

Da segnalare la vittoria su Chela (insostenibile) di Christophe Rochus, fratello gemello debole (ma neanche tanto) di Olivier, che ogni quattro anni ha folate di tennis vero (2005, 2009). Chris sta facendo una buona annata, ma suscita fatalmente tenerezza, perché non ha punch e impiega il doppio di fatica per conquistare un quindici. E’ poi una delle vittime sacrificali preferite di Nadal, che suole demolirlo con malcelata sagacia (anche adesso non so cosa ho scritto, ma l’allitterazione fa sempre un bell’effetto)

L’istantanea del giorno è però un’altra. Riguarda James Blake, Arthur Ashe in diminutio, che di suo detesta la terra rossa (come quasi tutti gli americani) e in più è ormai al crepuscolo della carriera. In un amen è andato sotto 0-5 con il romeno Crivoi- avessi detto Kuerten. E’ risalito 5-5, ma ha poi perso in due set. A quel punto è venuto in sala stampa, allegro come un ballerino di break dance a un summit sulla mazurka, e nessuno - dico nessuno - se lo è filato. Quindi è andato via. Direte: a piedi. No. E’ stato caricato, spalle al guidatore, in una sorta di montacarichi semovente a quattro ruote: da top ten a bagaglio indesiderato. Ingobbito, gli occhi gonfi di allergia (e frustrazione), minimamente considerato dal formichio di appassionanti (scarsamente) brulicante. Si è allontanato dalla visuale che pareva la fine di un film muto. Non si uccidono così anche i cavalli?

Resta da dire che oggi sono in programma 712 partite e se ne giocheranno meno della metà, perché i guru delle nuvole prevedono tormenta e tormento. Sul Pietrangeli apertura alle 13 (SkySport 3) con Bolelli-Kohlschreiber. Vincerà il primo (salvo suicidi). Sul campo 1, terzo match Fognini-Volandri e quarto Gasquet-Tsonga (non fate battute). Scorgo sul court 3 Benneteau-Melzer, quintessenza del match inutile, e a seguire una Almagro-Gulbis che potrebbe regalare nevrastenie assortite. L’incontro serale è Djokovic-Montanes e sarà bellissimo perderselo.

A domani, e che qualcuno mi consigli un pusher bravo di antistaminici

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7 Commenti a “La malinconica dissolvenza
di James Blake”

  1. Archipedro scrive:

    Dietro all’irridente caricatura di questi tennisti ci sono, sembra banale ricordarlo, degli esseri umani…
    La prima cosa che ho pensato, leggendo (casualmente) queste righe sagaci, é che il giorno che mio figlio dovesse mai frequentare quei luoghi, ma non credo proprio :-), dovrà necessariamente avere le spalle molto larghe… perché effettivamente le parole, a volte, sanno fare molto male…

    Povero James Blake… cosa mai avrà fatto per meritarsi un simile epitaffio…

  2. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    La malinconica dissolvenza di Blake, paradigma del tramonto del giocatore tecnico ed istintivo, peraltro mai a suo agio sulla terra battuta, apre una riflessione generale.
    Ribadisco, Scanzi, la contraddizione intrinseca che pervade ogni tuo scritto da due anni a questa parte.
    Non ho capito se tu vuoi denigrare il tennis moderno e i suoi protagonisti (che ci sta) rilevandone la bruttura, o che altro.
    Il fatto è che il tennis del 2000 senza Federer è uno sport molto, molto, molto poco spettacolare, uno sport di grandi gambe, di grandi bicipiti, di nessuna volee’, ecc.
    La dittatura svizzera che tanto ti infastidiva è finita. E adesso? Bello, eh, il torneo di Barcellona?
    Il punto è che, nel tennis tutto gambe, velocità e bicipiti, si è passati da una dittatura ad un’altra,quella del più forte fisicamente, quella spagnola, che non finirà affatto presto, e che dal punto di vista spettacolare, per chi (ripeto) non ha bisogno di miti, e non è tifoso o controtifoso ad ogni costo, è una palla micidiale.
    Poche storie, come dici tu: il più forte è Nadal.
    E ti credo: 23 anni a 28, con questo tipo di tennis, figurarsi.
    Ma la domanda è: e le partite divertenti, senza Federer (anche perdente), dove sono?
    La tua divertente ridicolizzazione dei personaggi (che mi sta molto bene) si sostituisce ad una disamina tecnica che diventa quasi impossibile, in incontri (quasi) tutti uguali tra giocatori tutti uguali.
    Io non tifo Federer, ormai (spero) lo sanno tutti. ma per amore dell’oggettivo, già lo rimpiango.
    Del resto, Borg-Mc Enroe hanno creato antologia, Borg-Connors molto meno, Borg solo al comando al Roland Garros creava noia a molti (non a me, che quella volta tifavo).
    La storia si ripete. Nadal-Federer era OK (sulla terra, fino a due anni fa); Nadal da solo proprio per niente.
    Aspetto Wimbledon, e che il nuovo tetto e la pioggia creino devastanti scivolamenti di palline, irregolarità, rimbalzi incontrollabili.
    Le dittature sono tutte pessime. Anche nel tennis.
    Temo però che Federer abbia ritardato la scoperta della grande magagna, della vittoria delle racchette e dei bicipiti, della prevalenza dei grandi talenti atletici sui grandi talenti tennistici.
    Borg era costretto a fare volee’, per vincere Wimbledon. Questa frase riassume tutto, direi.

  3. KingBM scrive:

    Povero Blake,spero si riprenda al più presto perchè vederlo così mi dispiace.

  4. anto scrive:

    Che tristezza vedere Blake affondare nella red clay contro un crivoi che ha fatto la sua onesta partita.

  5. Renée scrive:

    Sinceramente: io credo che questa volta bisogna davvero complimentarsi con l’autore del post. Riuscire a tirare fuori un pezzo di questa lunghezza, a tratti anche godibile, sul “nulla” che questa due giorni del torneo di Roma ha offerto è davvero roba da grandi oratori.
    Del resto, lo stesso Scanzi riesce a riassumere perfettamente la propria funzione con una boutade, che ripete per ben due volte: “non so cosa ho detto, ma suona bene”.
    Non credo sia autoironia, piuttosto autocompiacimento… in ogni caso però, per questa volta, chapeau!

  6. giovanni da roussillon scrive:

    Quattro commenti toccanti in coda a allo sproloquio di un confuso. Ma allora la vostra Italia non è ancora del tutto affondata. Archipedro, KingBM e Anto sono nobili. E Marcelus ha senso estetico invidiabile.

  7. An inconvenient truth scrive:

    E che dire della cupio dissolvi di scanzi, un tempo re incontrastato dell’Hit Parade di questo Blog? 6 miseri posts… Sara’ opportuno cominciare ad attaccare la Dittatura di Nadal per fare un po’ di audience…

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