Davis: una sfida a colpi di mutande.
Nadal e qualche tic a cui rinunciare

 
21 Novembre 2008 Articolo di Giorgio Spalluto
Author mug

L’ormai collaudata smutandata di Rafa ha ispirato un sito argentino che ha lanciato l’idea di far diventare gli slip di Nadal una bandiera, azzurra per gli argentini, rossa per gli spagnoli. Forse il maiorchino, da numero 1, potrebbe modificare qualcosina della sua “ritualità”

Diciamoci la verità , quel vezzo di sistemarsi la biancheria intima mentre si appresta a servire (e non solo) è una consuetudine che Rafa potrebbe anche risparmiarsi adesso che è salito in vetta al ranking, e che non è più lo sbarbatello di una volta. Qualcuno obietterà che questo come altri gesti (vedi la disposizione in diagonale delle bottigliette al cambio campo o quella di sistemarsi il calzino, il polsino e chi più ne ha più ne metta) è alla base di una ritualità impossibile da modificare e che alla fine risulta, per qualcuno, addirittura decisiva per la tenuta mentale di questi grandi campioni. Rimane il fatto che se si potesse apportare qualche modifica a questa ritualità, un po’ tutti gli appassionati, nostalgici dei gesti bianchi e poco inclini ai gesti pubici, ne trarrebbero giovamento. Così facendo Rafa si eviterebbe gli sfottò e le imitazioni dei suoi colleghi che nello spogliatoio si divertono a prenderlo in giro. Come dimenticare la messa in scena di Soderling, nientepopodimeno che sul centrale di Wimbledon durante un match di terzo turno dello scorso anno, passato alla storia per essersi giocato su un arco di tempo di ben 5 giorni. La colpa non fu, come si potrebbe facilmente supporre, di Rafa e dei suoi tempi biblici (variabili dalle 3 ore in fase approccio alla battuta, alle 7 ore in caso di palla break, con punte di 9 e mezzo nell’eventualità in cui questa capiti nel quinto set) ma del solito Giove Pluvio, la cui autorevolezza non deve essere tale da convincere gli organizzatori di Wimbledon che ormai è tempo che anche nel tempio del tennis si cominci a giocare la domenica di mezzo (o middle Sunday, come la chiamano loro). Un altro esempio di ritualità di cui tutti faremmo volentieri a meno….

Ad inizio quinto set, Robin Soderling - noto ai più per essere uno che gode nel risultare antipatico – decide di cambiare la racchetta mentre il suo avversario è pronto al servizio. Rafa, preso dai suoi soliti tic, era già pronto al lancio di palla, come sempre anticipato dallo sguardo assassino nei confronti del malcapitato avversario sbadigliante all’altro capo del campo. Proprio mentre si accingeva al lancio della palla, il mallorquino si accorgeva dell’assenza di Soderling, impegnato in un cambio della racchetta non proprio dei più celeri (si era nei pressi del cambio palle e forse Robin voleva scimmiottare Federer nel cambio dell’attrezzo). Il mal celato risentimento di Rafa nei confronti dello svedese, legittimava quest’ultimo ad esibirsi nella celebre, indimenticabile smutandatache lasciò di stucco le migliaia di spettatori sugli spalti increduli davanti all’energumeno svedese che, con quella provocazione, era riuscito a dar voce, a suo modo, al pensiero dei più. Ovviamente quel gesto non fece altro che risvegliare l’orgoglio ferito del campione che, punto nel vivo, si ridestò dal torpore travolgendo colui che aveva osato prenderlo per il …… sedere.

Un altro che in tempi più recenti si è permesso di ironizzare sulla gestualità del campione spagnolo è stato il grande talento argentino, Juan Martin del Potro. Il 20enne di Tandil, al termine del quinto e decisivo match di semifinale contro la Russia, sulle ali dell’entusiasmo si lasciò andare ad una frase non proprio elegante, nei confronti del buon Rafa: “A Nadal vamos a sacarle los calzones del orto”. Per chi non fosse a conoscenza dello spagnolo, possiamo dire che l’intendimento di Del Potro era quello di risolvere il problema di una biancheria intima troppo aderente, senza peraltro esplicitare le modalità di una tale risoluzione. Come per Soderling, anche sull’argentino si è abbattuta la punizione “divina” dello spagnolo. A fine settembre, infatti, si è arrestata la serie incredibile di vittorie, da cui era reduce Juan Martin che ha pagato la sua “irriverenza” nei confronti del re iberico, finendo vittima di una serie di infortuni che ne hanno limitato la parte finale della sua stagione. Prima la gastroenterite giapponese poi il problema ad entrambi gli alluci, a causa dello sfregamento del calzino (qui sarebbe troppo facile ironizzare sul fatto che chi di sfregatura ferisce, di sfregatura perisce) e poi il dolorosissimo morso della lingua che lo ha costretto ad interrompere l’allenamento mercoledì scorso.

Sicuramente la notizia di Del Potro che si morde la lingua (seppure non in segno di pentimento), deve aver strappato un sorriso anche a Rafa che negli ultimi tempi non ha avuto molti motivi per sorridere. A peggiorargli l’umore, sicuramente ci hanno pensato, nei giorni scorsi, alcuni bontemponi argentini che, ispirati dalla frase incriminata di Del Potro, hanno pensato bene di mettere su, un sito http://www.loscalzonesdenadal.com/ con l’idea di far diventare gli slip di Rafa una bandiera, di colore celeste, in modo da ricordare la bandiera argentina.

Il video che precede l’apertura della home page ripercorre - sulle note di “Eye of Tiger” e sulle immagini di Djokovic che si esibisce nella sua indimenticabile imitazione di Rafa agli US Open 2007 - la ben nota vicenda, mostrando il video originale in cui Del Potro affermò l’ormai celebre frase. A conclusione del video, un messaggio inquietante: “6000 mutande sventoleranno a Mar del Plata”. Insomma dall’Argentina sembra nascere una nuova moda che, ne siamo certi, insidierà da vicino la fastidiosissima consuetudine di quegli enormi sponsorizzatissimi “preservativi” (come è solito chiamarli Clerici) che infestano le tribune degli incontri di Davis e non.
Infine, sempre nel video, un appello a scegliere lo slip della propria squadra “elige tu calzon”. Eh sì perché i simpatici bontemponi di cui sopra, hanno pensato anche ai tifosi avversari invitandoli, a loro volta, a munirsi di una mutanda di colore rosso, questa volta. Le strade di Mar del Plata sono da giorni invase di enormi slip che si affacciano dai balconi, e di tifosi che sventolano l’originale vessillo al grido “Vamos vamos Argentina, vamos vamos a ganar”.

A questo punto, per chiudere una stagione, giunta evidentemente….alla frutta, non ci resta che vedere la Ivanovic, in tribuna accanto al Presidente della Federazione Spagnola (un altro a cui i giocatori spagnoli toglierebbero le mutande, e forse non solo quelle) con in mano uno slip rosso per il suo Fernando Verdasco. Che immagine romantica!

Collegamenti sponsorizzati


32 Commenti a “Davis: una sfida a colpi di mutande.
Nadal e qualche tic a cui rinunciare”

  1. jan scrive:

    Ma siamo proprio sicuri che solo la “stagione” sia giunta “evidentemente… alla frutta”?

    Come diceva Oscar Wilde, “non importa cosa dite di me. L’importante è che ne parliate”.
    Rafa sarà protagonista anche a Mar del Plata.
    E questo a dimostrazione di quale personaggio forte egli sia. Non ricordo nessun atleta “assente” che sia stato tanto “presente” in una gara di nessuno sport.
    La superficie è stata scelta appositamente per lui, il pubblico è con la mente rivolta a lui, il tifo di tutto il mondo è a sostegno dell’Argentina o della Spagna, a seconda che si sia nadaliani oppure no, le bandiere a forma di mutanda prendono spunto dal suo gesto, le canzoni sono dedicate a lui, i siti intenet cercano di esorcizzarlo anche se lui è senza ombra di dubbio in Spagna.

    Il tutto a dimostrazione che in pochissimi anni Nadal è diventato non solo un campione in grado di raggiungere risultati mai raggiunti da nessuno prima di lui (Roland Garros, Wimbledon e Olimpiadi vinti nel giro di un paio di mesi su 3 superfici diverse), ma anche una personalità così forte da essere sempre al centro dell’attenzione e distogliere l’interesse dai protagonisti dell’evento i quali per avere un po’ di luce si attaccano alle mutande di Nadal.
    A proposito che bel titolo per un libro “Le mutande di Nadal”. Se solo ci fosse qualcuno in grado di scriverlo.

  2. VENUS scrive:

    Sono molto meravigliato che si possa farne un can can simile per un paio di mutande. Del resto ci si attacca a queste cose solo quando si sa di essere dei giocatori secondari. Nadal non deve assolutamente dimostrare niente a nessuno, e poi negli anni 2000 penso che non ci si debba scandalizzare che qulcuno si aggiusta gli slip ormai i gesti bianchi sono remoti e sono sicuro che nessuno degli appasionati è poi così disturbato da questo tic di Nadal. Purtroppo all’Argentina non resta che vincere la coppa Davis ma il caro Signor Del Potro (anche se a me piace molto come giocatore) dovrebbe dimostrare qualcosa in più prima di parlare. Certo ha vinto 4 tornei di fila ma 3 dei quali quando la maggior parte dei big era alle Olimpiadi. Staremo a vedere il prossimo anno. Ma io penso che l’uscita di Del Potro sia stata dettata dalla giovinezza e dall’euforia. Chi certo non merita di essere giustificato è il Signor Soederling, giocatore cafone e villano. Di certo la figura dello sciocco l’ha fatta lui a Wimbledon e non certo Nadal sempre molto corretto con i suoi avversari. Per quanto riguarda Nole ancora peggio perchè pretende di sfottere gli altri giocatori e poi di essere anche ben voluto. Mi chiedo se mai nessuno gli abbia mai insegnato cosa sono le buone maniere. Invece di fare il pagliaccio da quattro soldi è meglio che si concentri un pò di più in campo e che limiti la sua malcelata arroganza ed alterigia. Infine vorrei dire che certo sarebbe meglio parlare di tennis e non di queste sciocchezze ed il fatto che sia stato scritto un tale articolo vuol dire che si fa più attenzione alle cose secondarie e non a quelle principali come il gioco vero e proprio.

  3. Supermad scrive:

    Vabbè che c’è di male nei tic di Nadal…ognuno ha le sue fisse…sarebbe molto più ridicolo se Rafa, invece di sistemarsi le mutande nel posteriore, si toccasse in continuazione il pacco anteriore (passatemi il termine) ;)

    Cmq i tic sono straordinari. Roddick che si tocca 5000 volte il cappellino e che si sistema assiduamente la maglietta nella zona delle spalle. Djokovic che prima di servire batte la palla per terra 20 volte. Gonzalez che a un certo punto impazzisce e distrugge racchette. Stepanek che quando fa punto inizia a corricchiare come un mentecatto…

  4. andrea girelli scrive:

    Non sono proprio d’accordo con quanto commentato da Venus.Nadal, in quanto a correttezza non è che vada poi tanto meglio di Soederling! E sul centrale di Wimbledon, che da sempre ha abituato a gesti bianchi di infinita eleganza, vedere lo spagnolo non curante della tradizione aggiustarsi in modo poco regale le parti intime, un pò di delusione la porta. Il tennis è anche eleganza e ogni anno della storia di Wimbledon è lì a dimostrarcelo. La maleducazione fa parte delle caratteristiche caratteriali di un giocatore e influisce anche sulle partite giocate in campo. Come ricordava l’ottimo Spalluto, nel match contro lo svedese, sia la lentezza nel servizio di Nadal,che i suoi rituali ai limiti del maniacale e l’inconcepibile “smutandata” hanno contribuito a far perdere la testa a Soederling e a cambiare l’esito di una partita che poteva andare diversamente.

  5. chloe de lissier scrive:

    la ripetizione sistematica di questa faccenda delle mutande di nadal suona simile a quegli impulsi coprolalici tipicamente infantili. se proprio si volevano spendere parole su qualche comportamento in campo di nadal diverso dal mazzolare senza requie le palle, allora penso che la sua tendenza a scriversi appunti sul dorso della mano sinistra sarebbe stato un argomento ben più interessante.

  6. danilo scrive:

    vbv

  7. danilo scrive:

    ragazzi ma che sorta di articoli sono questi???innanzitutto l’ironia che lo scrittore fa sui tempi di nadal non mi pare proprio essere fondata dal momento che tanta tantissima gente sui punti importanti intelligentemente cala in una fase di concentrazione vedi per esempio djokovic…e poi l’argentina è sempre stata piena di tamarri si guardi maradona cos’ha fatto a starace quindi non mi sorprenderei se non si potesse neanche giocare….

  8. stefan scrive:

    @ non ci resta che vedere la Ivanovic con in mano uno slip rosso per Fernando Verdasco………….IL SUO

  9. Donato scrive:

    Bene davvero un articolo bellissimo dove si parla di Tennis!!!!!!

  10. Mauro Cappiello scrive:

    Non capisco proprio tanto scandalo di fronte a questo articolo ironico e intelligente. Ogni tanto ci si può anche rilassare con qualcosa di più leggero e non rompersi continuamente la testa con risultati e statistiche. Sono d’accordo con l’autore: un campione della classe di Nadal dovrebbe stare più attento alla sua gestualità, soprattutto quando è in campo. Altrimenti iniziamo pure a metterci le dita nel naso o, peggio ancora, a toccarci i maroni prima che l’avversario batta, per indurlo al doppio fallo.

    @ Venus: io sono uno di quelli che la smutandata di Nadal proprio non la sopporta. Allo stesso modo non sopportavo i continui sputi di Becker con tanto di saliva fatta passare prima sulla lingua e mostrata in diretta a milioni di telespettatori.

  11. Giovanni da Roussillon scrive:

    Visto che dai fondi alle palle, dalle racchette allo stile stesso dei giocatori, tutto si uniformizza, si potrebbe pensare che l’organo (ATP) degli attori introduca (nell’Official Rulebook) l’obbligo per chiunque al porto di speciali brache in tessuto rigido, tipo lega bachelite-alluminio, allo scopo di impedire approcci, sia esterni che dei medesimi interessati. Nessuno sarebbe mai portato a credere che la misura sia adottata per un solo individuo, e oltretutto, qualora occorresse consulenza in sartoria, design o marchio, potremmo indicare un appassionato del blog di competenza comprovata.

  12. jeans scrive:

    sono pienamente d’accordo con jan!! non avrebbe potuto esprimere meglio la realtà dei fatti!!

  13. Giovanni da Roussillon scrive:

    La battuta di Wilde sull’importanza è stata assunta a paradigma dal babbetto della pubblicità, Joseph Göbbels, si sa bene con quali conseguenze. Mi astengo dal portare esempi più recenti perché, di tanto in tanto, non mi viene da ridere.

  14. zio tony scrive:

    grande spagna! mi spiace x juan martin ma chi di smutandata ferisce di smutandata perisce ;-)

  15. zio tony scrive:

    La Armada conquistó Las Malvinas
    Verdasco arrancó el calzón del orto de Acasuso y dio el título a España
    …e chi li tiene più adesso gli spagnoli?… :-)

  16. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Tutto sbagliato, alla fine, caro Jan.
    Io ho seguito gli incontri, parteggianto per un unico grande protagonista, Feliciano Lopez, che ha vinto (quasi) da solo.
    Peace, serve, volley and love a tutti voi….

  17. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Se poi scrivo “parteggianto” invece di “parteggiando” (e colla cadenza calabrese non me la cavo neanche tanto bene), è colpa della tastiera.

  18. jan scrive:

    Tutto merito del geniale Emilio Sanchez, caro Marcelus. Il capitano spagnolo ha saputo convogliare l’aggressività del tifo casalingo su Nadal, sapientemente assente anche come spettatore e, silenziosamente, ha fatto squadra intorno a 2 atleti solitamente offuscati da Rafa.
    L’attenzione di tutti rivolta all’infortunio di Nadal, nessuno teneva presente che Verdasco in agosto aveva sfiorato i top 10 e che Lopez sul veloce se la cava benino.

  19. chloe de lissier scrive:

    mi fa piacere rivedere i tuoi post, jan. se c’è un giocatore per cui non tiferei mai (ad eccezione di djokovic, che quanto ad antipatia per me è imbattibile) questo è sicuramente nadal. non rivolgerei la parola nemmeno a verdasco e men che meno a lopez. l’unico della squadra spagnola che mi è del tutto indifferente è ferrer. tutto ciò dovrebbe far ritenere che io abbia fatto un tifo sfegatato per gli argentini. sbagliato. sono stata ben contenta che le abbiano buscate: presuntuosi, chiacchieroni e senza coraggio, al di là delle buffonate e delle guapperie da balera.
    come vedi, il tuo teorema sul tifo pro o contro nadal non è esatto.
    mi permetto anche di dirti che il titolo “le mutande di nadal” potrebbe andare bene forse in una pubblicità della “linidor”. ma, onestamente, è stomachevole. ma può darsi che qualche scrittoruncolo assai trash potrebbe anche essere tentato.

  20. jan scrive:

    Cara cloe, prima di tutto grazie.

    Su Nadal e il tifo pro o contro Spagna potrei dire che il tifo è irrazionale. Istintualmente si associa Nadal ai colori spagnoli. Molti detestano Nadal e con lui quindi anche la sua squadra, tanto da tifare Argentina. Tu potresti essere quell’eccezione che conferma la regola. Comunque nei teoremi non ci sono eccezioni. Dal che si deduce che il mio non è un teorema.

    Beh, il titolo le mutande di Nadal non è poi tanto peggio del titolo del libro di Rossana Campo edito da Feltrinelli In principio erano le mutande. Devo ammettere che non trovo particolarmente coinvolgenti titoli di libri dove compaiano nomi d’indumenti più o meno intimi, tipo Il cappello di Rembrandt o Le scarpe di Jack Keruac o I pantaloni di Pitagora.
    Però Le mutande di Nadal potrebbe adattarsi benissimo a un saggio di psicologia in cui si dipani l’ossessione nello sport, il gesto coattivo, il rapporto tra tic e rendimento agonistico, le cause dell’insorgere di un’abitudine e di cosa questa abitudine diventi compensazione.
    Ma potrebbe Le mutande di Nadal adattarsi anche a un libro di narrativa, dove le mutande diventano simbolo di ciò che è nascosto nella vita di un atleta oppure sono la quotidianità banale di un campione che vive una vita invidiata. Quasi quasi ne proteggo i diritti d’autore.
    Poi, uno scrittore trash può rovinare perfino un titolo tipo La ricerca del tempo perduto e uno scrittore sublime può, al contrario, nobilitare anche Le mutande di Nadal.

  21. stefano grazia scrive:

    A me come titolo Le Mutande di Nadal piaceva, soprattutto come titolo di narrativa, e indipendentemente dall’interesse che avevo per l’argomento. In più anche come scrive Jan non mi dispiace.
    Nel suo disprezzo per il popolo bue e per noi trovo talvolta che Chloe continui a scambiare l’ironia col sarcasmo …

  22. Giovanni da Roussillon scrive:

    Tutti facciamo parte del popolo. Buoi e non buoi. E’ però vero che i secondi sono purtroppo tristemente assai numerosi, visti dai non buoi. Com’è altrettanto vero che i buoi vedono i loro dissimili e non li capiscono. Poi, anziché chiedergli spiegazioni, nella frustrazione si mettono a incornare. La natura.
    Ed allora ecco fiorire il filone della nuova letteratura bovina.
    Juan Martin, tra ossessione e slip ostili
    Attriti volventi
    Edipo imbracato
    Trebisonda: sulla via della sete
    La palla nel tennis e nei commenti
    Nelle diverse postfazioni didattiche saranno evidenziate le difficoltà di annettere tra gli istinti primordiali il senso di nazione e di bandiera.

  23. Giovanni da Roussillon scrive:

    Errata corrige.
    Sono incorso in un lapsus interessante: “E’ però vero che i secondi…”. Confuso e divertito, credo appartenere alla frangia di popolo pronta a consolarsi con la citazione sulla beatitudine degli ultimi che saranno i primi (vedi anche, a riprova, il successo recente del duo Lopez-Verdasco).

  24. chloe de lissier scrive:

    jan scrive bene, è vero. possiede anche una pacatezza di giudizio e una profondità di osservazione ragguardevoli. io ho seguito tutti i suoi scambi epistolari con +pstn+ (in quel luogo che io stessa avevo battezzato “civico 2175″ proprio per la sua peculiarità rispetto alle altre parti del blog).
    mi piace dunque approfondire gli argomenti con interlocutori del suo spessore.
    il tifo. ma è davvero così irrazionale, o forse è la complessità degli elementi che lo determinano a farlo apparire tale? io tifo per federer perché riconosco nei suoi comportamenti e nella sua cifra stilistica molte somiglianze con la mia struttura emotiva e con la mia visione esistenziale. tifando per lui è come se tifassi per me stessa. forse quella che chiamiamo irrazionalità è in fondo una conoscenza poco approfondita di noi stessi (e degli altri). per me l’irrazionalità è la non consapevolezza di un modo di essere o di agire apparentemente irragionevole. ma io so bene perché tifo per uno sportivo o per una squadra.
    tutte le tue considerazioni sul titolo “le mutande di nadal” sono formalmente ineccepibili e anche fondate su qualche argomento logico. ma le mutande di un uomo rimandano a qualcosa di stonato, almeno sotto il profilo letterario. a meno che non si tratti di un’opera assai trasgressiva e originale.
    “il sudore di roddick” oppure “grazia petulante” (qui c’è un’ambiguità di interpretazione interessante) sarebbe titoli di maggiore coinvolgimento e richiamo.

  25. chloe de lissier scrive:

    “sarebbero titoli”, ovviamente.

  26. jan scrive:

    Chloe, l’essere umano è sempre ben dispoto alle lodi, quindi cercherò di non evitare la tentazione dell’autocompiacimento.
    Comunque sì, era uno spazio bello quello del Civico 2175.

    Mi rassegno all’idea che il titolo Le mutande di Nadal non acchiappi tanto consenso da parte tua.

    Arriviamo all’irrazionalità del tifo. Se si è riusciti a comprendere il processo della fotosintesi clorofilliana, a maggior ragione non dovrebbe essere complicatissimo capire il perché ciascuno scelga un particolare atleta o una particolare squadra da tifare (o scelga proprio di non tifare).
    Ma quando parlo di irrazionalità del tifo, non intendo solo le motivazioni che mi portano a preferire Federer invece di Nadal o la Roma invece della Lazio. Parlo del perché poi il tifo generi una serie di conseguenze che nulla hanno a che fare con la logica.
    Una volta appurato che mi piace di più Federer perché in lui io proietto meglio i miei ideali di sportività, agonismo, armonia, completezza, rigore, limpidezza, poi tutto il resto non appartiene più alla mia ragione. Con la mia ragione io non vorrei soffrire se lui perde e invece soffro, con la mia ragione non vorrei far dipendere la mia giornata da un suo risultato e invece accade, non vorrei arrivare ad odiare i suoi più diretti rivali e invece odio, non vorrei privarmi di vedere in diretta i suoi match più incerti e invece registro per vedere dopo (in caso di vittoria), non vorrei tifare Svizzera alle Olimpiadi (perfino nelle gare di mountain bike)e invece tifo Svizzera. Il tutto per dire che il tifo, vocabolo che deriva dal greco typhos, febbre, è appunto una di quelle febbri strane da Dottor House. E, per quanto possa io darmi molte spegazioni logiche, poi alla prova dei fatti, mi trovo a tifare Acasuso dato che, tifando Federer, non sopporto Nadal e di conseguenza la Spagna. Insomma la strada da Federer ad Acasuso non è la più breve e la meno tortuosa, posso esserne consapevole, ma non posso evitarla. La consapevolezza non è sufficiente a evitare comportamenti, atteggiamenti, emozioni in un certo senso negativi.

  27. chloe de lissier scrive:

    d’accordo, jan. mi pare di capire, in sostanza, che, seppure identificate le ragioni del tifo, le conseguenze di questa nostra febbre sono molto meno gestibili. di qui l’irrazionalità di cui parli. a me sembra inevitabile che ogni scelta comporti una conseguenza. se tengo per federer e nadal lo batte è naturale che ci stia male (e prima che qualche gigione lo dica, lo anticipo io: è capitato troppe volte). ma in ciò non c’è nulla d’illogico o irrazionale: il dolore appartiene alla stessa famiglia del piacere. se non voglio soffrire mi distacco, come gli asceti. non posso pretendere di gioire senza rischiare il dolore.
    che poi noi si sia un coacervo impressionante e inconoscibile di fattori è fuor di dubbio. a noi essere umani piace l’illusione che il nostro “cuore” (altri parlano di coscienza) non sia vincolato alla fine da nulla, perché questo presupposto ci garantisce paradossalmente l’idea di possedere il libero arbitrio. in questo modo torniamo a farci sedurre dal concetto di avere una coscienza immateriale, un nucleo di sostanza impalpabile che vive dentro di noi ed è fonte misteriosissima di libertà. un fantasma nella macchina, come dice dennett. è impossibile comprendere pur solo parzialmente la complessità di fattori che ci ha prodotti. Certamente ciascuno è il risultato di qualche milione d’anni di interrelazioni fra un numero spropositato di esseri viventi. aggiungiamo a questo regole sociali introiettate, consuetudini familiari, complicità con gli altri appartenenti al nostro gruppo: insomma, un ventaglio smisurato di predisposizioni innate e di orientamenti culturali.
    come si può parlare allora di consapevolezza compiuta? dal mio punto di vista personale il vero grande problema è imparare ad adattarsi, comprendere che non possiamo sfuggire al gioco dell’esistenza e accettarlo di buon grado. altrimenti il conto sarà assai salato.

  28. stefano grazia scrive:

    chloe & jan:
    “orpo!”

    No, scherzi a parte: bellissimo scambio … suddai, venite a scribacchiare qualche cosa (una frase, un cenno, un rigo appena) anche da noi, a G&F…non vi meritiamo, siamo un’accozzaglia di lamentosi e un po’ bifolchi, ma e’ proprio per questo che abbiamo tanto bisogno di gente come voi…

  29. jan scrive:

    Caro Stefano, fin quando sparo sentenze su Federer e Nadal, in fondo faccio un po’ di speculazione innocua.
    Voi invece fate sul serio. Avete obiettivi pratici da raggiungere, sia se ambite a fare di vostro figlio un campione, sia se semplicemente, come alcuni di voi, mirate a dare al bambino-ragazzo un’educazione completa, solida, generosa.
    Ho la sensazione che commentando da voi la mia tentazione sarebbe quella di “moraleggiare”, dato che ciascuno è bravissimo a sapere come allevare i figli degli altri. Partendo da questa “consapevolezza”, accetto il tuo invito.

  30. zio tony scrive:

    Incredibile!… cose da non credere…perfino dalle ceneri delle mutande di nadal è nata una discussione molto gradevole e profonda :-o … complimenti sinceri a cloeh e jan, leggervi é stato un piacere!
    P.s.x jan: guardare una partita registrata pur sapendo che il proprio eroe ha perso è uno dei suplizi + duri da sopportare x un tifoso…io non mi sono mai tirato indietro ma è veramente terribile!

  31. stefano grazia scrive:

    zio tony (e Jan): siccome io da tifoso sono convinto di portare “sfiga” ai miei beniamini e in particolare ad Agassi, mi registravo le partite e me le guardavo SOLO dopo che aveva vinto SE aveva vinto…Inqualificabile lo so ma ho potuto accettare l’ineluttabilita’ del fato solo dopo che Andre’ aveva messo qualche Slam in saccoccia perche’ altrimenti subivo troppo le avversita’ del destino come una somma ingiustizia o la sconfitta di Agassi al RG per due volte di seguito da giocatori come Gomez e Courier come,se vogliamo, la dimostrazione che dio non esiste. C’e’ voluta la vittoria in 5 sets su Medvedev…
    Mi ricordo d’aver visto in differita con mia moglie a MAUI (!!!) la vittoria a W nel 92…io mi ero svegliato nella notte e avevo visto un trafiletto sulla CNN che diceva che Agassi aveva vinto al quinto…Non l’ho detto a mia moglie e insieme ci siam visti il match e io soffrivo e piangevo come se fossi in diretta…solo dopo molti anni ho trovato il coraggio di dirle la verita’…(Poi me l’ero fatrta registrare anche in Italia da mia sorella: mitica la battuta di Tommasi alla vista di Agassi piangente dopo la vittoria: Guada Agassi…Poveraccio! Da far vedere per anni e anni ai propri figli…)
    E comunque se mai dovranno scrivere un libro e fare un film su un tennista, su chi mai lo faranno? Su Sampras? Su Federer? Dove la trovate una storia come quella di Andre Agassi, dal padre pugile e croupier a Steffi Graf passando per la Brooks …

  32. Marcelus Edberg Wallace scrive:

    Beh, certo che un libro su Edberg sarebbe bianco……
    Vile, Stefano Grazia, vile! Tutte in diretta me le sono viste, anche Edberg-Chang 1989, ed è stata durissima; pure tutto US Open 1992, detto il torneo delle rimonte impossibili (oppure, da me, semplicemente IL TORNEO), e lì ho finito le batterie.
    Anche Edberg, per la verità.

Scrivi un commento