Santoro e Bjorkman, passione senza fine.
Valorosi come gli spartani delle Termopili.
Sono da esempio per tutti i “giovani viziati”.

 
31 Agosto 2007 Articolo di Giovanni Di Natale
Author mug

di MARCOS

Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio.
La storia insegna che i veri vincitori, talvolta, non sono quelli che hanno la meglio e che le migliori civiltà, talvolta, sbocciano dalle più grandi sconfitte. L’eroica difesa dell’ultimo baluardo, anche se, poi, destinato ad esser conquistato dal nemico, è in grado non solo di entrare nella leggenda, ma anche di rappresentare lo spirito identitario di un popolo; la gloriosa sconfitta spartana alle Termopili non ha solo coinciso con il disperato tentativo di difendere le proprie terre dall’avanzata persiana, ma può anche simbolicamente considerarsi l’epica dimostrazione dell’importanza di uno dei valori fondativi delle civiltà del mondo: senza il consapevole sacrificio per la conquista della libertà, l’uomo non l’avrebbe mai ottenuta.

Murray e Blake non hanno nulla a che spartire con Serse, ma Santoro e Bjorkman hanno incarnato perfettamente lo spirito di quei trecento spartani, fieramente guidati dal valoroso Leonida. Contro pronostico, sfavoriti dall’età e dalla baldanza dei loro avversari, s’immolavano sul campo, gettando il cuore oltre l’ostacolo: forse, sapevano di andare incontro ad una sconfitta, ma, quando si è campioni veri, non importa quel che succederà, importa mettere in campo tutto quel che si ha, tutto quel che si può, per poter uscire dal campo senza alcun rimpianto, tra gli osanna del pubblico sportivo, che profondamente riconosce il valore di un uomo, a prescindere dai suoi risultati e stretti dall’abbraccio dell’avversario vincitore, felice per l’affermazione, ma, ancor più, stupito e sedotto dallo spirito con cui il più debole ha provato a confondere il naturale corso delle cose, cercando di invertirlo.

Andy Murray non sapeva più cosa fare, per scrollarsi di dosso il biondo trentacinquenne svedese: ha impiegato 3 ore e 37 minuti, per portare a termine l’incontro. Bjorkman, le cui rughe ormai profondamente solcano il viso, sta vivendo una seconda primavera, scandita da risultati straordinari per la sua età, còlti, per altro, anche nei tornei dello Slam. La semifinale dell’anno scorso e gli ottavi di quest’anno a Wimbledon, ed ancora gli ottavi all’ultimo Roland Garros testimoniano la positiva caparbietà d’un uomo, che ancora sa divertirsi come un matto, giocando al tennis. Ieri, ha lottato su ogni palla, esaltando la sua migliore caratteristica tecnica: è in grado di percepire prima degli altri, a mio parere, la direzione del colpo avversario; questa straordinaria qualità intuitiva (pari a quella di Agassi, per proporre l’esempio più illustre) lo porta a colpir la palla sempre con buon anticipo, sparigliando le certezze del ritmo avversario.

James Blake, al termine dell’incontro, non voleva più abbandonare la stretta di mano con Fabrice Santoro: continuava a complimetarsi, ad esprimere la sua meraviglia, impressionato da tanta resistenza, orgoglioso d’esser riuscito a battere un uomo di tal coraggio e fiero, sono sicuro, d’esser campione in uno sport in cui, ancora, è forse più toccante l’abbraccio finale dei contendenti, che importante il risultato finale. L’americano ha impiegato 3 ore e 25 minuti per battere il francese, che, nell’ultimo set, claudicante, indurito e sofferente, affidava al suo magico talento, senza cedere di un millimetro, le sue speranze di vittoria. È stato un match di qualità straordinaria, acceso da colpi inusuali, recuperi eccezionali, geometrie variabili, tagli, coperture, finte, controbalzi, fiondate, smorzate, sorrisi e contropiedi.
Non mi capita mai, ma, questa volta, non credevo ai miei occhi.
Bjorkman e Santoro non sono solo esempi per i giovani che si accostano al tennis: lo sono anche per i campioni più giovani, quelli che ancora possono affidare ai loro muscoli ed alla loro elasticità il compito di competere ai massimi livelli.

Quando, al termine dell’incontro, lo speaker ha deciso di urlare il nome di Fabrice Santoro, per invitarlo al centro del campo a raccogliere il saluto del pubblico in delirio, allora mi sono commosso.

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11 Commenti a “Santoro e Bjorkman, passione senza fine.
Valorosi come gli spartani delle Termopili.
Sono da esempio per tutti i “giovani viziati”.”

  1. marco napo. scrive:

    in questo articolo epresso e detto in modalità quasi leggendarie da vera epopea c’è tutto quello che un appassionato o sportivo cerca nello sport o in una partita di tennis.
    caro marcos credo che tu abbia visto il film trecento…:)
    la mia nostalgia del passato è proprio in quello che tu definisci tennis eroico e d’altri tempi .giocato con atletismo ,ma soprattutto con classe ,personalità,estro,intelligenza, intuizione andando al di là dei limiti umani anche se per una sola partita ,games …….

  2. Enzo Cherici scrive:

    Non ce l’ho fatta a vedere Santoro causa orario impossibile. Sono stato molto in dubbio nel Fanta Us Open prima di pronosticare Blake, cui ho deciso di dare alla fine la mia preferenza, ma il transalpino ha venduto carissima la pellaccia!
    Invece mi sono goduto Bjorkman e mentre me lo gustavo ammirato, mi sono passate per la testa tutte le osservazioni di Marcos. Tra l’altrro, se non erro, lo svedese è giunto almeno ai quarti in tutti i tornei dello Slam (correggetemi se sbaglio). Chapeau!

    PS Ho rivisto ieri un ottimo T. Johansson: il rovescio va che è un piacere. Secondo me almeno un set a Roddick (miracolato contro Acasuso) lo strappa.

  3. Olimar scrive:

    e anche io nel leggerti, Marcos!

    rapito dalle tue parole, mi piace pensare che però non siano farina del tuo sacco, ma che tu stesso ti sia fatto strumento di qualcosa di “altro”: di quella fierezza, di quella pervicacia, ma anche di quella allegria e divertimento; in definitiva di quella passione che ha animato gli “eroi” Santoro e Bjorkman.

    Ed essa si è servita della tua penna per arrivare fino a me, e colpirmi.
    E commuovermi.

  4. maxgarros scrive:

    Trovo giusta la vittoria di Blake, per il torneo, per gli americani ma soprattutto per James che ha sempre un atteggiamento corretto oltre che una indubbia eccellenza tennistica; tuttavia il Mago Fabrice ha lasciato ancora una volta un segno positivo.
    Certo, molti non apprezzeranno il suo modo di giocare, dà l’impressione di essere più un giocoliere che un tennista ma ogni suo match è un insieme di imprevedibilità, di tenacia, di giocate impensabili ma anche di grande atletismo e ottima tecnica; tutti si divertono ai suoi incontri, pubblico e telespettatori, tranne sicuramente il suo avversario (memorabili le partite con Safin che spesso avrebbe voluto incenerirlo)!!
    Speriamo di vederlo ancora a questi livelli nella prossima stagione.

    saluti a tutti

  5. agoz scrive:

    ciao marcos.
    sono estremamente contento che qualcun altro oltre a me abbia potuto apprezzare la qualità e le emozioni che questo fantastico match è riuscito a regalarci.
    come scrivevo in un altro post, mi sono davvero esaltato quando un santoro zoppicante per i crampi nel 5° set attaccava disperatamente con tutte le risposte, per altro mai così profonde, venendo a rete contro la prima di blake….bellissimo…
    Complimenti per i tuoi post, a presto,
    agoz

  6. thomas yancey scrive:

    La civiltà è tutto ciò che i vecchi riescono a preservare dalle cariche furenti dei giovani utopisti. Bjorkman e Santoro rappresentano un nobile esempio della più autentica cultura del tennis.

  7. FEDERICO scrive:

    CARO MARCOS SRCIVI DAVVERO BENE,E HAI DIPINTO COME POCHI DUE SPLENDIDI INCONTRI.
    IN REALTà SANTORO E LO SVEDESONE SONO GLI ULTIMI CROCIATI DI UN TENNIS CHE NON C’è PIù.UN TESSIS CHE SI GIOCAVA CON LE MANI E LA TESTA,E NON COL BAZZUCA E IL MARTELLO.
    RODDIK CON LA RACCHETTA IN LEGNO NON SAREBBE TRA I PRIMI CENTO,SANTORO SAREBBE TOP TEN.

  8. roberto scrive:

    marcos, il vate.
    Non ho i visto i match che hai a tuo modo raccontato, preso prima da passioni tanto nazionalistiche quanto autolesioniste, e poi da Morfeo.
    Ma è sempre un piacere leggerti.

    thomas, raffinato, disincantato pessimista.
    La civiltà esiste perché i vecchi la preservano, selezionando il meglio di ciò che di nuovo viene portato dalle cariche furenti dei giovani utopisti, senza i quali la civiltà scomparirebbe nella stagnazione.
    E’ un tema interessante, su cui ritorneremo.

  9. marcos scrive:

    è stupendo poter condividere la stessa passione con persone di grande sensibilità: per questo, vi ringrazio molto!

    la passione mia t’ha commosso con la penna, olimar…
    …tu m’hai commosso con la tastiera!

  10. ivan scrive:

    complimenti Marcos: un post veramente ben scritto e che gronda autenticità e partecipazione da ogni sua riga. Sposso pienamente il tuo riconoscimento ai due vecchi leoni, in particolare a Fabrice che ha dovuto aspettare proprio il finale della sua carriera per cogliersi alcune importanti soddisfazioni e veder maturare pienamente il suo talento, oltre che esserne riconosciuto. Ricordo che avevi scritto già mesi fa un breve post elogio al buon Fabrizio, come lo chiamavi tu, allora impegnato contro Simon: era altrettanto buono e convincente. Proseguendo con la schiettezza: mi convince di meno il paragone con le Termopili, dacché Sparta non era esattamente Atene e le libertà erano sotto torchio… sì si difendeva la propria condizione di uomini liberi, ma si riconosceva anche l’unico ethnos che legava le diverse città stato greche (sia chiaro che non la intendo in termini di scontro di civiltà Oriente-Occidente). Capisco l’intento del paragone, ma non vorrei che la cosa fosse un po’ buttata anche sul conflitto generazionale, anche perché i cambiamenti non sono né positivi né negativi, in quanto si acquisisce qualcosa e si perde altro… per cui oggi vincono quelli più adatti, senza continuamente ritornare alla disputa Borg-Federer e racchetta di legno vs. grafite.
    Comunque complimenti Marcos: ottimo post

  11. marcos scrive:

    ho cercato di evitare in ogni modo che, nel mio pezzo, si potesse intendere la difesa di leonida dagli attacchi di serse come la difesa dell’occidente dall’oriente. ciò che volevo significare, infatti, era che, talvolta, nella memoria rimangono più le eroiche sconfitte delle scontate vittorie, anche ove si trattasse, magari, della vittoria di un titolo del grande slam.

    nel mio articolo non volevo trattare della differenza tra sparta ed atene: noi siamo certo più figli di pericle che di leonida. ma atene e sparta, in quella guerra, erano alleate, non nemiche. erano alleate per difendere l’intero territerio dalle mire espansionistiche dei persiani. quella volta, toccò a leonida immolarsi in una grande sconfitta (per altro tradito all’ultimo da un suo uomo) e non alle flotte ateniesi. solo per questo, ho paragonato santoro e bjorkman allo spartano leonida: per aver perduto con enorme coraggio e mirevole dignità.
    anche l’unione sovietica non era gran terra di libertà…ma si ricorda ancor oggi il valore degli uomini e delle donne russe sotto assedio a leningrado. lottavano per mantenere le loro terre libere dagli invasori, essendo essi stessi per niente liberi.
    del conflitto generazionale, semmai, ne parleremo un’altra volta: nel mio pezzo si parla d’età avanzata e di baldanza giovanile, ma non ho messo l’una contro l’altra!

    grazie ivan!

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