Roddick come Safin
Non sarà mai il vicerè di Federer
E Gilbert può sorridere

 
9 Marzo 2007 Articolo di Fabio Ferremi
Author mug

La sconfitta in semifinale ad Indian Wells apre la crisi di Andy Roddick. Una sconfitta, quella contro Nadal, forse peggiore della batosta presa in Australia dal Re del Tennis, di quei soli 6 games racimolati in tre set che avevano seppellito definitivamente le speranze di competere con Federer. Una sconfitta che mina anche una delle speranze che Andy poteva ancora coltivare, quella di essere quantomeno il viceré sul cemento, la superficie sulla quale si è tennisticamente formato e quella che gli ha dato le maggiori soddisfazioni.
Posto in partenza che, quando si ha davanti qualcuno il cui bilancio slam sulla superficie dal 2004 ad oggi recita un parziale in progress di 46 vittorie ad una sola sconfitta, si gioca essenzialmente per la seconda piazza, essere il numero due significa quantomeno essere pronto a pigliarsi quello che residua quando il re è stanco,deconcentrato o si imbatte nella giornata no. E’ quello che fece a Miami 2004 l’ Andy migliore, quello sotto la tutela di Gilbert. Quello che pareva riavviato a fare sotto l’egida di Jimmy Connors a Cincinnati lo scorso anno. Speranze che Rafa Nadal ha spazzato via in due rapidi set, inducendo tutti a chiedersi se sia Federer l’unico vero complesso di Andy o se invece il ragazzone di Omaha non soffra di un complesso di inferiorità più vasto, esteso a tutti quelli che lo precedono non solo in classifica ma quanto a sicurezza nei propri mezzi.
Un complesso che porta ad una parziale svalutazione della finale raggiunta a New York lo scorso Settembre: è vero che in finale si vide per due set il migliore Andy possibile, e se quelle tre palle break del terzo set non fossero state sciaguratamente sprecate forse oggi narreremmo una storia diversa, ma va anche detto che Roddick nel cammino verso la finale si era trovato un tabellone autostradale. Il discontinuo Verdasco (col quale era sotto di un break ad inizio 5° set) , Becker, uno Hewitt stancato dalla maratona con Gasquet e ben diverso da quello 2004-2005,e ,soprattutto, si era giovato del mancato confronto con Nadal in semifinale, confronto evitato grazie al sontuoso rovescio e alle geometrie di un Mikhail Youzhny in versione deluxe . Certo, ragionare col senno del poi è esercizio facile, e non è difficile ipotizzare che col Nadal a corto di benzina di quel settembre e il Roddick che pareva rivitalizzato dal cambio di coach l’esito di quella semifinale sarebbe stato diverso da quello del match di tre giorni fa. Ma non esiste neanche la controprova, e poichè possiamo limitarci ad analizzare quello che vediamo,la teoria di un Andy sempre più a disagio non solo col Re ma anche con chi gli è più vicino, oltre a quella di chi vede sempre più sfumare “l’effetto Connors”, pare sempre più fondata.
Un Roddick a disagio mentale, oltre che tattico, che si incarta, che sbaglia praticamente tutto lo sbagliabile, coi grandi, perchè non sicurissimo già col resto del mondo. Anche la sua versione migliore, quella estate americana 2003 che infilava la tripletta Canadian Open-Cincinnati-Us Open, era ben lungi dal dare la sensazione dell’ingiocabilità su cemento. Doveva fronteggiare un MP a Toronto prima di battere un Federer non ancora entrato a pieno regime nel suo ruolo di monarca assoluto, subire per due set una lezione di tennis da David Nalbandian a NY prima di riemergere, doveva comunque battagliare con Ljubicic, Fish, Mirnyi. La spuntava grazie alle sue armi migliori, ad un servizio col quale otteneva quasi 80 punti diretti in semifinale allo US Open, ad una condizione mentale, di sicurezza in se stesso eccezionale dovuta anche alle grandi capacità di motivatore di Gilbert, ma non raggiungeva certo i vertici toccati su questa superficie da altri giocatori. Senza citare i mostri sacri, ma limitandosi all’ultimo decennio, il Korda dell’ Australian Open 1998, il Rios e il Rafter dello stesso anno, il Safin del 2000, il Gonzalez dell’ultimo Australian Open, persino Hewitt hanno mostrato picchi di qualità tennistica superiori a quelli di Roddick a livello medio-alto.
Se il Roddick migliore post 2003, come a detta di tutti è stato quello degli ultimi Australian e dell’ Ultimo US, rischia con Verdasco, impiega 5 set per battere Ancic e un Safin in crisi, va quasi sotto due set a zero con Tsonga, come si può pensare che tenga botta con l’Imbattibile? Ci è riuscito nella finale americana giocando a livelli molto superiori a quelli che poteva tenere, ha sfiorato la vittoria al Master (e forse lì, su quei tre match point mancati si è definitivamente interrotta la possibilità di giocarsela con lo svizzero), di più non è riuscito, verosimilmente non può. Che Federer fosse una ossessione per lui già anni fa era cosa di cui si era accorto anche Gilbert. Il divorzio tra i due, oltre che per dissensi col resto della famiglia Roddick e per il fatto che Brad non voleva svolgere il ruolo di preparatore atletico, che non riteneva di sua pertinenza, fu accelerato anche dal fatto che Gilbert aveva fatto intendere ad Andy che Federer giocava su un altro pianeta, che il massimo che si poteva ottenere era giocarsela alla pari con lui se lo svizzero era in modalità OFF. Dura, molto dura da digerire per un Roddick forse convinto dalla finale di Wimbledon 2004, da quell’equilibrio visto per tre set, in cui, in verità, si trovò davanti il Roger meno brillante del suo poker londinese, di potersela realmente sempre giocare. Così, al giocatore grezzo ma efficace che sfruttava i suoi punti di forza del 2003-2004 se ne è sostituito un altro sempre più ossessionato dal desiderio di migliorare i suoi punti deboli per competere col numero uno da giungere al punto non solo di non ottenere alcuni miglioramenti (progressi sul rovescio e da fondo campo evidenti, ma il gioco a rete è sempre rimasto disastroso), ma di perdere anche parzialmente l’efficacia dei suoi colpi migliori. Così, mentre Federer passava di trionfo in trionfo, Roddick perdeva sempre più sicurezza e posizioni, cambiando coach in serie prima che l’arrivo di Connors tamponasse questa emorragia di risultati e sicurezze. Ma l’apporto del valido Jimbo ha dato realmente i risultati sperati? Secondo chi scrive il “ritorno” di Roddick dell’estate 2006 presenta molte similitudini con quello di Safin 2004-2005. Una violenta fiammata destinata ad essere seguita dal silenzio. La differenza non lieve, anzi, ci passa l’Universo, è che per Marat quel ritorno culminò in gloria, con lo scalpo del numero uno e la vittoria australiana, per Andy, che non ha sicuramente la classe ed i colpi del Russo, la finale del settembre scorso pare definitivamente il limite invalicabile, il non plus ultra . Tant’è che da allora non ha più vinto un torneo, e ha perso anche con Nalbandian, Berdych, Gonzalez, Haas, Murray, tutti giocatori che in giornata possono benissimo sostituirlo nel ruolo di vicerè di cui si diceva all’inizio.
Ma allora, se Roddick, come pare certo, non può essere considerato stabilmente il numero due al mondo su cemento, questo numero due esiste realmente? È Nadal, Gonzalez, in futuro Murray o uno qualsiasi di costoro a seconda di stato di forma, tabellone e, condicio sine qua non, che Federer sia fuori dai giochi? è la domanda che giriamo ai lettori di questo Blog.

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7 Commenti a “Roddick come Safin
Non sarà mai il vicerè di Federer
E Gilbert può sorridere”

  1. marcos scrive:

    i miei complimenti: un’analisi estesa e completa.

    sono del parere che i contorni del secondo gradino del podio cementizio non siano così ben delineati da contenere solo un giocatore.
    quest’anno (potrei anche essere smentito), saranno in molti a raggiungere grandi risultati sul cemento: berdych, djokovic, roddick, murray, blake, ljubo, gonzalez, haas, davydenko e gasquet.
    manca all’appello nalbandian: credo che abbia finito di stupirci sul cemento.
    con curiosità, attendo querrey e becker.

    marcos

    ps. simone bolelli ha battuto nel turno decisivo delle quali di miami kendrick: evviva!

  2. Stefano Grazia scrive:

    Tutto sommato non puoi che dispiacerti per Andy: si capisce che è un ragazzo, un campione, che sta toccando con mano che non solo probabilmente non potrà mai essere un Numero Uno, ma nemmeno il Numero Due… E’ dura da accettare per chi ha coltivato la convinzione di poter essere il Migliore…mi ricorda Steve McQueen in The Cincinnati Kid, e per chi ha letto il libro oltre che aver visto il film, il paragone è ancora forse più calzante…Così come Agassi a un certo punto avrà dovuto accettare dentro di sè che Sampras era più forte di lui, almeno nelle Finali di uno Slam…A volte penso a quanto sia meglio essere, a parte il conto in banca, un top 20-30 che un Candidato alla Grandezza, se poi questa Grandezza non arriva o non arriva nella misura in cui te l’aspettavi…Dispiace anche perchè un Beautiful Loser come Andy è raro vederlo: i suoi commenti a caldo dopo le sconfitte a Wimbledon con Roger erano genuinamente simpatici e ti facevano quasi dispiacere che avesse perso anche se fino a 5′ prima avevi spudoratamente tifato per Roger…Ho assistito ad una sua intervista su ESPN dove rimbrottava alcuni ottusi giornalisti americani che “lo rimproveravano” di non battere Federer accusandoli di non averlo mai nemmeno visto giocare perchè troppo impegnati a dissertare delle stronzate quotidiane dei vari giocatori di basket,football o baseball (un po’ come succede durante la settimana da noi col calcio, dove conta di più il resoconto di un allenamento della Sampdoria che quello della finale di Seppi) e infine il suo capolavoro in sala stampa agli Aussie Open… Una volta che Roger avrà conquistato il Grande Slam, farò il tifo per Roddick, spero proprio che vinca un altro Slam…L’unica sua pecca: aver liquidato in malo modo Gilbert. Non credo che gli avrebbe fatto vincere gli USOPEN ma non mi è piaciuto il modo con cui si son lasciati.

  3. Dan scrive:

    Articolo bellissimo, completo.

    Forse a Roddick concedo qualche altro piazzamento, in fondo il carattere e l’orgoglio sono quelli del lottatore, Safin ha forse un meno rigido sistema di priorità.

    Concordo poi su quel 2004: l’illusione di una rivalità con Federer, per quanto breve, ha forse minato per sempre la fiducia di Roddick, a disagio nel ruolo di inseguitore, così inadatto alla sua personalità.

    Dan

  4. Fabio F. scrive:

    Io credo che Roddick abbia sopravvalutato se stesso: non tanto nel 2003, paradossalmente, quanto l’anno seguente. E abbia avertito la pressione di una nazione che dopo decenni di Connors, Mc Enroe, Agassi e Sampras sente sempre il bisogno di un campione, di un personaggio in grado di primeggiare,di essere uomo copertina. E sopravvalutandosi si sia illuso di poter divenire un tennista completo, in grado di gareggiare con federer.
    Limare i propri difetti è cosa buona e giusta, ma se ciò comporta un sacrificio ai propri punti deboli lo è di meno. Si vince, o si fa quello che si può fare, grazie alle proprie forze, non grazie alle proprie debolezze.
    Già 2 anni fa l’avvento di Nadal scalfì il suo ruolo di numero due. Temporaneamente, almeno su cemento, riacquisito a NY lo scorso anno per essere poi perso sabato a casa sua.
    Il parallelo con Agassi-Sampras è valido concettualmente, ma per il resto,dati e ricordi visivi alla mano, non c’è confronto: Andrè ha battuto Pete 2 volte su 5 confronti, Andy Roger non lo ha mai battuto; 1 volta sola, nel suo momento migliore (76 al terzo..) e mai in slam o master.
    La frustrazione di avere davanti Sampras non ha impedito ad Andrè di scrivere comunque la storia del tennis, infilandosi negli spazi dove pete non arrivava e riuscendo anche a batterlo (Australia, ad es). Roddick ha vissuto la sua “Federer-mania” in maniera ancora più sofferta, cercando l’impossibile, lo stravolgimento.

  5. roberto p. scrive:

    Ultimamente mi ha mosso a simpatia, anche se non dimentico l’atteggiamento tenuto con Bracciali a Wimbledon 2005, ho quasi fatto il tifo per lui ( preferivo Murray ) a Indian Wells, e non mi aspettavo che perdesse con Nadal nè tanto meno in modo così secco; ciò nonostante le lacune tecniche sono pesanti e sono d’accordo sul fatto che a volte voler migliorare i punti deboli ( rovescio e gioco a rete ) possa portare a distrarsi sui propri punti di forza ( servizio e dritto ); un bel dilemma insomma cosa fare? si deve cercare di migliorare o no?
    E’ sempre molto apprezzabile nelle interviste, forse non per l’acume, ma certamente per la spontaneità e la relativa simpatia; ricordo un’intervista dopo un incontro con Federer a Wimbledon in cui un giornalista gli accennava ad una sua rivalità ( sportiva ) con Roger e lui: “Mi piacerebbe che ci fosse; è che dovrei cominciare a batterlo qualche volta.”

  6. stoppardi scrive:

    sinceramente anche io trovo che il confronto con agassi sia valido concettualmente (così ovunque vi sia un numero 1 ed un numero2)
    ma che poi in pratica sia forse improponibile…
    agassi ha vinto 8 slam, perso svariate finali in grandi slam…ha perso diverse volte da sampras ma ha scritto pagine che resteranno nella storia di questo sport…e poi come ho scritto altrove in questo blog non scordiamoci che agassi NON è vissuto di solo tennis a differenza di pistol pete e federer…il kid nella sua carriera ha avuto pause, dubbi, incertezze , infortuni …tutto ciò pareva mettere fine alla sua carriera ed invece lui è sempre tornato a primeggiare grazie ad un talento che il buon roddick,poveretto, non ha…
    io penso che agassi sia stato un predestinato mentre andy è un buon giocatore ma non un grandissimo…vedo piu’ safin in tale veste anche se la testa non accompagna i notevoli mezzi che ha…
    insomma …secondo me non è roddick che puo’ vantare la palma di sfidante a re roger…vedo meglio nadal ed i vari murray e giovanotti rampanti…infatti in 1/2 finale avevo dato nadal in due sets…troppo piu’ killer lo spagnolo…

    saluti

  7. Giovanni Di Natale scrive:

    Nadal ha avuto la sfortuna (che tra 50 anni diventerà fortuna, quando avrà sulle ginocchia i nipoti) di diventare numero 1 troppo presto. Senza averne le doti, soprattutto mentali. Federer è un mostro perchè convive benissimo con la tensione di “dover sempre vincere”, di dover “essere sempre il migliore”.
    Un motivetto che adesso risuona nelle orecchie di Roddick, un fastidioso fischio che non può aiutarlo a migliorare. Ma che lo mette di fronte ogni giorno di fronte ad un fallimento, che in fondo fallimento non è. Per tornare a vincere un torneo dello Slam deve riuscire a riscoprirsi outsider e non favorito.

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