Internazionali, Haas dà forfait.
Seppi ammesso in tabellone.
Gli italiani sognano l’impresa:
sulle orme di Panatta e Volandri

 
30 Aprile 2008 Articolo di Roberto Commentucci
Author mug

Da Pistolesi a Nargiso, da Pescosolido a Borroni, riviviamo alcune delle più belle ed emozionanti partite dei nostri giocatori nel torneo di Roma, la grande festa del tennis italiano, in uno degli impianti più suggestivi del mondo.

Diventano tre gli azzurri ammessi di diritto in tabellone. Andreas Seppi si aggiunge a Potito Starace e Filippo Volandri, sfruttando il ritiro di Haas che ieri ha comunicato la propria assenza al Foro Italico.

Ultimora. Assegnate le wild card. Tabellone: Simone Bolelli, Flavio Cipolla, Marat Safin e Gianluca Naso. Qualificazioni: Thomas Fabbiano, Matteo Trevisan, Andrea Arnaboldi e Matteo Marrai. Escluso l’altro ‘89 Daniel Lopez.
Maggio è il più bel mese dell’anno, a Roma. Le giornate si allungano, il sole è caldo e il vento è fresco, l’aria è luminosa e i colori splendono. La città è ruffiana, si pavoneggia del suo fascino millenario. Si mangiano le fragole, e anche la fava fresca con il pecorino. E’ una sinfonia di colori e di sapori. Ma soprattutto, a maggio si va al Foro.
Il Foro è un luogo magico, un giardino incantato, una specie di Paese dei Balocchi dove ancora oggi, nonostante i capelli grigi, corrono senza freni le fantasie di adolescente, i sogni di gloria, le trepidazioni e le speranze. Un luogo dove la genialità degli architetti razionalisti ha creato una scenografia unica: il rosso ardesia dei campi, il bianco abbacinante dei marmi e delle statue, il verde degli ombrosi pini. Al Foro garrisce un eterno tricolore.
E al Foro, quasi in ogni edizione del torneo, c’è un azzurro che si copre di gloria, pur nella mediocrità che da tanto tempo caratterizza il nostro movimento. In trent’anni di vana attesa di un Campione, ne abbiamo visti tanti, di nostri tennisti, tramutarsi da brutti anatroccoli in leoni, al Foro. Alcuni erano talenti fragili e incostanti, altri determinati ma muscolari. Uomini spavaldi e caratteri timidi, atleti tenaci e menti psicolabili. Trent’anni di nostri tennisti ci sono passati davanti agli occhi, in tanti pomeriggi e tante serate passate a fremere, ad incitare, a soffrire. Momenti unici.

Qualcuno ricorderà un venerdì di maggio del 1981. L’ultima grande partita della carriera di Adriano Panatta, che per quasi 3 ore caricò a testa bassa il grande Josè Luis Clerc, sfidando i mortiferi passanti del gaucho come i nostri fantaccini sfidavano le mitraglie austriache sul Carso. Finì per cedere 76 al terzo, Adriano, in un convulso tie break, e Clerc vinse il torneo battendo in finale un acerbo e infortunato Lendl. Quella partita fu forse il canto del cigno della grande squadra azzurra degli anni ’70.

Venne il tempo del rinnovamento generazionale. Davanti ai nostri occhi, sul centrale, c’era un altro Panatta, di nome Claudio. Clone del fratello nello stile, ma più leggero nella palla e dal gioco, per gli anni ‘80, ormai irrimediabilmente obsoleto. Eppure quel giocatore démodé compì una autentica impresa, in quel mercoledì dell’edizione 1984. Il suo back di rovescio e i suoi attacchi temerari ebbero la meglio addirittura su Jimmy Arias, l’americanino campione in carica, da poco sfornato dai laboratori di Bradenton, Florida. Jimmy era il prototipo del tennista moderno, e con la sua Donnay scagliava di diritto dei missili mai visti. Quella partita fu una Battaglia delle Ere dove, forse per l’ultima volta, vinse il Passato.

La nostra scuola cercava faticosamente di adeguarsi al nuovo credo: basta con l’impugnatura continental, bisogna insegnare il top spin. La nostra risposta al cambiamento ce l’avevamo a pochi metri l’anno dopo, in una sessione serale. Uno spavaldo ragazzino di Monteverde, tale Claudio Pistolesi, Campione del Mondo juniores, affrontava impavido un Centrale gremito e un avversario da far tremare i polsi: lo svedese Henrik Sundstrom, numero 5 del mondo, grande rovescio, palla pesantissima. Claudio, incredibilmente, tenne botta per tutto il primo set. Reggeva gli scambi, accelerava con il diritto, correva come un pazzo. Si arrivò al tie break, e il nostro, con due botte a sventaglio, si procurò un set point, sul suo servizio, fra la sorpresa generale. L’esuberanza del diciottenne lo portò a scegliere un rischioso serve&volley, cercando la sorpresa. La sua volee di diritto in contropiede, a campo aperto, uscì di pochi centimetri, e con essa se ne andò la partita. Ma fu bello, esserci.

Avevamo in rampa di lancio un altro adolescente, che in materia di serve&volley ne sapeva molto più di Pistolesi. Più incostante del romano ma ben più talentuoso, si chiamava Diego Nargiso, napoletano di Montecarlo, e di lì a poco avrebbe vinto il titolo juniores a Wimbledon. Altra sessione serale, altro avversario impossibile. Nientemeno che Emilio Sanchez, un Pari di Spagna, da sfidare per giunta in condizioni ambientali (umidità serale, campo allentato e palle pesanti) davvero nemiche del tennis di attacco. Eppure, quel ragazzino presuntuoso ebbe il coraggio di uscire dalla trincea per tutta la partita, fece serve&volley costante, prima e seconda, contro l’incredulo spagnolo. E a forza di servizi mancini e volee vincenti, in entrambi i set si arrampicò fino al tie break, che impreziosì di tocchi sopraffini, esaltando la folla. Sul match point, quell’impertinente si permise di giocare lo schema Drobny: risposta con palla corta seguita a rete. Emilio, uno dei più veloci giocatori del mondo, si avventò furibondo, toccò di là con il rovescio, ma si vide scavalcato da un irridente lob al volo. Schiumante rabbia, lo spagnolo tornò indietro, fulmineo, e in giravolta sfogò la sua frustrazione in un passante di diritto assassino. Fu punito da una perfetta stop volley in allungo. Il boato dello stadio, le statue ancora lo ricordano. Emilio, sempre sorridente, quella sera uscì dal campo che barcollava, come un pugile suonato.

Stefano Pescosolido, tranquillo ragazzo ciociaro, di Arce, aveva un gioco meno spettacolare di quello di Nargiso, ma non meno elegante, tecnica cristallina e rovescio sontuoso. Senza l’anemia mediterranea di cui soffriva, che lo costringeva a pause agonistiche che a noi, ignari, parevano inspiegabili, avrebbe certo raccolto molto di più, in carriera. Ma come dimenticare quel mercoledì pomeriggio, secondo turno dell’edizione 1994, quando da fondo campo arrivò a dominare sul ritmo un certo Andre Agassi? Andreino, palleggiava spavaldo, incrociava il suo diritto su quello di Stefano. Tra lo stupore generale, il ciociaro non arretrò di un passo, tenne duro, il braccio velocissimo, il polso ferreo, e fu un tripudio di scambi fiammeggianti, violentissimi. Ad un certo punto, durante un cambio di campo, uno spettatore osò dire ad alta voce quel che tutti stavano pensando: “Ahò’, ma oggi Pesco tira più forte de Agassi…”. E il nostro, a metà del terzo set, colse il break decisivo. C’era mezza provincia di Frosinone al Foro, quel giorno.
Negli anni successivi, le imprese si fecero più rare. Il livello del torneo saliva sempre di più, mentre la qualità dei nostri giocatori calava.
Assistemmo ancora agli incredibili exploit di uno strano tennista milanese, tale Corrado Borroni, capelli lunghi e rovescio fulminante, che al Foro si tramutava da oscuro pedalatore da challenger in castigatore seriale dello zar Evgeny Kafelnikov. Poi per lungo tempo, più nulla.

Finché, un paio d’anni fa, qualcosa tornò a muoversi. Una luminosa domenica mattina, nell’ultimo turno delle qualificazioni, vedemmo in campo un lungagnone slavo, la tecnica e la scioltezza del predestinato, che sembrava dovesse fare un sol boccone di un moretto ligure, baricentro basso e piedi rapidi, che se ne stava lì, sfrontato, a sfidare il suo rivale. Fin da bambino, Fabio Fognini ci aveva sempre perso, contro il suo coetaneo Novak Djokovic. Ma quella mattina, c’era nell’aria qualcosa di diverso. C’era una strana elettricità, sulle tribune del campo 6, gremite di gente incuriosita, una piccola folla di appassionati. C’era nell’aria una struggente voglia di qualcosa di bello. Lo slavo era più forte, non si discute. Ma Fabio arrivava dappertutto, lo costringeva a soluzioni rischiose, continuava a picchiargli contro il diritto, il colpo meno sicuro. Una battaglia durissima. Nole pensò di fiaccare il ligure con la sua celebrata palla corta. Ne giocò una, poi un‘altra, un’altra e un’altra ancora. Ma Fabio ci arrivava sempre, leggero, toccava di fino, si prendeva il punto, e poi, con la sfrontatezza di chi ha ambizione, si rivolgeva al pubblico, incitava la folla ad incoraggiarlo. I pini stavano per prendere fuoco. Alla fine, Novak cedette di nervi, si imballò in un diritto a metà rete. Un diciottenne azzurro si conquistava il tabellone principale del Foro passando attraverso le qualificazioni. Il Foro, il luogo magico, aveva compiuto un altro prodigio.

Il resto, con Filippo Volandri che fa il giro d’onore, dando il “cinque” a tutto il pubblico del Centrale, dopo aver battuto Sua Maestà, non vale la pena raccontarlo, è storia di ieri. Ma chi è saggio, sa che la storia si ripete. Sempre.

Tutti al Foro, ragazzi!

E voi? Quali partite giocate al Foro ricordate con più piacere? Quali le delusioni più cocenti?

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20 Commenti a “Internazionali, Haas dà forfait.
Seppi ammesso in tabellone.
Gli italiani sognano l’impresa:
sulle orme di Panatta e Volandri”

  1. teo_82 scrive:

    Nella lista aggiungerei Federico Luzzi nel 2001(vittorie su Clement ed Arazi e sconfitta contro Jacobo Diaz), Davide Scala nel 1997(3T battendo Henman e poi cedendo a Scott Draper), poi due exploit di Santopadre che al Foro battè due top ten(Kucera nel ‘98 e Magnus Norman nel 2001)

    Ricordo anche Dell’Acqua nel 2004 giocare un gran match contro il miglior Massu, all’epoca n.11 del mondo e futuro campione olimpico(perse 6-3 al terzo dopo oltre 3 ore di battaglia).

  2. marcos scrive:

    che bei ricordi…roberto!

  3. enzo cherici scrive:

    Mi pare (mi pare…) che c’era anche una vittoria di Cerro su Connors. O forse me lo sono sognato ;-)
    Comunque, ricordo un sanguinoso quarto di finale del 1979 tra Panatta e Vilas, con Adriano che smarriva 2 match point sul 5-4 al terzo, prima di arrendersi all’argentino (poi sconfitto in uhn memorabile finale dal povero Gerulaitis).
    Ricordo un Wilander-Pistolesi 76 62, con Claudio che aveva avuto ben 2 set point sul suo servizio, prima di arrendersi allo svedese.
    Ricordo anche un Agassi-Pistolesi del 1988 se non erro, giocato in un ground gremito fino all’inverosimile. André aveva il suo mitico calzoncino in jeans e tutti erano lì per ammirare le gesta del giovane fenomeno. ma Claudio non era d’accordo e per almeno un set e mezzo era addirittura superiore, prima di finire sfinito a forza di fare il tergicristallo: 46 64 62.
    Mi piace citare anche il grandissimo match dello scorso anno che Potito Starace ha giocato contro uno straordinario Davydenko. Sconfitto per 7-5 al terzo, Potito ha giocato a livelli ancora più alti del suo primo, straordinario Roland Garros. Ha perso contro un avversario più forte, ma ha dato il 110%. Vorrei vederli sempre così i nostri.

  4. Roberto Commentucci scrive:

    Ci sei andato vicino, Enzo. Era il 1989, quando Massimo Cierro, paziente regolarista napoletano, passò il primo turno battendo un qualificato peruviano, tale Carlos Di Laura. Massimo, scaramantico come molti partenopei, non aveva neppure guardato il tabellone. Quando gli dissero che al turno successivo avrebbe incontrato quel Monumento di Jimmy Connors, non stava più nella pelle. Lo incrociai, nei vialetti del ground, che passeggiava, solitario, e ripeteva fra se e se: “Cierr ‘e Napule contro Jimmy Connors!…” “Cierr ‘e Napule contro Jimmy Connors!…”. Era in esaltazione.
    Match programmato nella umidissima sessione serale, con campi lentissimi. Le condizioni di gioco e le caratteristiche tecniche di Cierro erano difficilissime per il vecchio Jimbo: Cierro era leggerino nel peso di palla, ma si muoveva benissimo e possedeva un bellissimo rovescio in back, dal rimbalzo molto basso, che ovviamente indirizzò per tutta la partita contro il diritto di Jimbo, che già aveva 37 primavere. Mi colpì la forza agonistica e mentale di Connors: perse il primo set al tie break, giocando da cani. Ma non fece una piega, continuò a piegare le ginocchia, a scavare dal terreno quegli stracci bagnati, con il suo diritto inesorabilmente piatto, il braccio disteso. Si piegava così tanto, che aveva le ginocchia sporche di terra rossa, Jimbo. E alla fine, impose la sua superiore potenza, schiantando alla distanza il suo 25enne avversario. Finì 67 63 62, dopo oltre 2 ore e mezza di gioco. Pochi giocatori possedevano la mostruosa voglia di vincere, sempre e comunque, che animava Jimmy Connors. Unico.

  5. enzo cherici scrive:

    Ecco vedi, vado troppo a memoria e rischio di non essere preciso! Ricordavo un qualcosa di eclatante, ma purtroppo il finale era “leggermente” diverso. Spero di aver riportato esattamente almeno gli altri miei ricordi ;-)

  6. Roberto Commentucci scrive:

    Assolutamente Enzo, perfetto. Pistola nel 1988 era reduce dal suo più grande exploit, i quarti a Montecarlo battendo Wilander. Contro Agassi partì carico come una molla, resistendo eroicamente negli scambi. Solo che Andreino aveva troppo più anticipo di lui e Claudio fece tanti di quei chilometri che finì totalmente prosciugato. Il match girò sul 4 pari del secondo set: 15-30, servizio Agassi, sulla seconda dell’americano Claudio, già stanco, prende il coraggio a 4 mani e tira un dirittone a sventaglio vincente. Un tale, a fianco a me, si alza e fa il coach, urlando: “A Claudio, e daje… Ce l’hai sto dritto… Tiralo!…” E Pistolesi di rimando: “Si te pare facile co’ questo… Voi venì a giocà te?”. Applauso lunghissimo.
    Purtroppo Andrè giocando da campione annullò le due palle break e poi Pistola finì la benzina.
    Su Starace contro Davydenko sono d’accordo, credo che quella sia stata la migliore prestazione della carriera di Potito. Noi eravamo tutti ubriachi per la vittoria che Volandri aveva appena ottenuto con Federer, ma a mente fredda ora possiamo dire che il match di Potito fu giocato ad un livello molto più alto.

  7. alberto scrive:

    Tutti ricordi belli. Ne ho condivisi tanti anche io di quelli che racconante. Ricordo una grande prestazione di un giovane, Paolo Pambianco. Fece un paio di turni dopo essersi qualificato, credo. Mi rinfrescate la memoria.

    E poi, invece, ricordo uno dei momenti peggiori della mia carriera di tifoso del mito Paolo Cané: 6-0 6-0, da Anders Jarryd. con conseguente distruzione del parco fiori a bordo campo.

  8. Emiliano Faeti scrive:

    Ciao Alberto, l’exploit “floreale” di Canè fu nel 1991 dopo la sconfitta in 3 set contro Hlasek, ero sul centrale a vedere la partita.
    Il cappotto rimediato con Jarryd fu al secondo turno del 1988, al primo turno Canè aveva battuto a fatica il campione mondiale juniores 1987 (Jason Stoltenberg). Paolo Pambianco (fliglio d’arte, il papà Arnaldo, ciclista, vinse il giro d’Italia nel 1961) mi risulta che non si sia mai qualificato per il tabellone principale degli Internazionali.

  9. Roberto Commentucci scrive:

    Segnalo intanto che Giacomo Miccini è stato sconfitto 62 62 da Stefano Ianni, giocatore intorno alla 250a posizione nel ranking, nel secondo turno del future di Aosta.
    Sconfitta ovviamente prevedibile.
    Giacomo ora giocherà juniores fino a Wimbledon, per poi tornare a tentare la via del circuito future nei tornei sul cemento dell’estate americana.

  10. pibla scrive:

    Tutti fantastici ricordi, ma credo che le emozioni dell’anno passato li superino tutti, Volandri, con tutto il bene ed il male che si può pensare di lui, l’anno passato ci ha regalato tre giorni da sogno (Gasquet, Federer, Berdych) e non un isolato exploit, Potito, dopo aver battuto Ferrero (hai detto poco) ha combattuto fantasticamente contro un super Davydenko perdendo solo di misura e dentro di me continuo a muovergli il bonario rimprovero di non aver cercato di variare un pochino di più il gioco nel terzo set, quando ormai era già a corto di energie, portando Davydenko a venire un pò di più nei pressi della rete dove quel giorno era palesemente a disagio invece di accettare di fare a pallate da fondo fino allo sfinimento, comunque grandissimi entrambi e, onestamente, impresa difficilissima, se non impossibile, da ripetere quest’anno, quantomeno nelle stesse proporzioni.
    In ogni caso, TUTTI AL FORO E FORZA ITALIANI, FATECI SOGNARE!!!!

  11. Pietro scrive:

    La vittoria di “Panattino” su Arias nell’84 è per me un ricordo particolarmente lieto, visto che quel giorno misi per la prima volta piede al Foro. Lo stesso giorno Ocleppo superò Leconte 6-4/6-4. Sempre quell’anno ricordo anche che Cancellotti batté Wilander. Nell’85 il già citato Cierro portò al terzo anche Guillermo Vilas. Negli anni seguenti Camporese vinse un paio di buoni match contro Ivanisevic e Mecir.

  12. pibla scrive:

    ….e comunque giustissimo pensare al Foro che tutti noi aspettiamo impazientemente, ma attenzione, un passo alla volta, perché già questa settimana a Monaco potrebbe venir fuori qualcosa di bello per i nostri….

  13. Daniele Flavi scrive:

    grande robby……che ricordi…che bei tempi…….tra tennis, foro ed università……….mamma mia è meglio non pensarci….

  14. daniela scrive:

    Beh, castigatore “seriale” di Kafelnikov, Borroni, mica tanto, l’ha battuto una volta sola.

  15. antonio scrive:

    belissimi ricordi ma e’ ora che un italiano lo vinca sto torneo

  16. AlePeccia scrive:

    Segnalo intanto che Naso ha perso con Mathieu concedendo la belleza di 17 palle break ma salvandone 15 penso che una WC per il MD a Roma se lo merita.

  17. Roberto Commentucci scrive:

    Come riportato in testa al pezzo, sono ufficiali le Wild Card. Tabellone:
    Cipolla, Bolelli, Safin, Naso.
    Qualificazioni:
    Trevisan, Fabbiano, Arnaboldi, Marrai,
    Matteo Marrai un po’ a sorpresa prende il posto che sembrava spettasse all’altro ‘89 Daniel Lopez, che ha iniziato molto male la stagione.
    Marrai, un ‘86 in ascesa, è reduce dalla qualificazione ottenuta al torneo di Barcellona.

  18. pibla scrive:

    E’ sempre brutto dire “l’avevo detto”……però di Marrai wc per le quali…….l’avevo detto!!!!!

  19. riccardo101 scrive:

    Mai mossa piu azzeccata fu Marrai al posto di Lopez!

  20. salvatore milanese scrive:

    grande roby!!

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