Onu: l’Italia è con Ban sul clima
ONU. “Il pianeta si scalda. Qualcuno ne dubita, ma non dobbiamo rassegnarci: dobbiamo intervenire”. Con queste parole Romano Prodi, il presidente del Consiglio, ha aperto il suo intervento al vertice delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico.
Prodi davanti al Palazzo di Vetro
“E’ fondamentale – ha detto - essere consapevoli che problemi globali come quello di cui stiamo parlando richiedono soluzioni anch’esse globali: soluzioni condivise. Non possono quindi che essere le
Nazioni Unite la cornice di riferimento del nostro agire”.
Concetti simili erano stati espressi poco prima dal Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki Moon. “Una trattativa che nasce sotto la bandiera delle Nazioni Unite è l’unica possibilità di concertare un’azione globale”, aveva sottolineato Ban, che evidentemente non ha ancora digerito la scelta da parte di George W. Bush di aprire una serie di negoziati paralleli sullo stessa tema. Giovedì e venerdì la Casa Bianca ospiterà infatti una due giorni sull’ambiente, ristretta alle sedici nazioni maggiormente responsabili dell’inquinamento globale. Il timore è che questo binario alternativo di trattative possa tagliare le gambe ai negoziati targati Onu, anche se gli eco-ottimisti vedono per la prima volta in questi colloqui aggiuntivi la conferma di un impegno globale per fermare la catastrofe.
Il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, anche lui a New York, si è augurato che gli Usa, uno dei Paesi a non aver ratificato il protocollo di Kyoto, sfrutti l’opportunità “per rimettersi in pista”.
Nell’aula dell’Assemblea Generale si sono succeduti al microfono più di 70 leader da tutto il mondo. L’obiettivo della più grande assise tematica mai organizzata dall’Onu era, come ha spiegato a più riprese Ban, “gettare le basi di un futuro protocollo internazionale” che sarà discusso in dicembre a Bali e che dovrebbe essere più severo e condiviso di quello di Kyoto in scadenza nel 2012.
Oltre a Prodi, ha parlato anche Nicolas Sarkozy, capo di Stato francese, che si è detto pronto a vendere, a chi lo volesse, il nucleare civile del proprio Paese. Ma le vere star dell’evento sono state Arnold Schwarzenegger, governatore della California, e Al Gore, ex vice presidente degli Stati Uniti. ‘Schwarzy’, noto per il suo l’impegno nella salvaguardia ambientale, ha spronato i colleghi “ad agire ora”. Lui ha gia dato l’esempio, con la decisione (a dire la verità poco apprezzata dalla Casa Bianca) di ridurre del 25 per cento le emissioni in California entro il 2020. “E’ giunta l’ora – ha detto - di smettere di guardare al protocollo di Kyoto, bisogna andare avanti. La California sta spingendo gli Stati Uniti verso l’azione”, marcando così la distanza che lo separa dalla politica di George W. Bush sull’ambiente. L’ex vicepresidente degli Usa, invece, ha suonato una serie di campanelli di allarme, legati soprattutto alla questione idrica, e tra questi ha citato “il Po in Italia: un fiume in pericolo”.
George W. Bush si è limitato a partecipare alla cena conclusiva, e sul podio è salita a parlare Condoleezza Rice, il segretario di Stato. Secondo alcuni analisti, Bush vorrebbe convincere gli altri Paesi inquinatori a ridurre “volontariamente” le emissioni dei gas che contribuiscono a produrre l’effetto serra, partendo dal principio che non esiste una ricetta unica: “ogni economia ha un mix diverso di produzione di energia”. Si tratta dello stesso principio che ha impedito al G8 in Germania, nel giugno scorso, di giungere a un accordo sulla riduzione delle emissioni, nonostante la grande spinta in questa direzione della padrona di casa, il cancelliere tedesco Angela Merkel. Allineate sulla linea di Washington anche Gran Bretagna, Cina, India e Russia, che, poco attratte dall’idea di ridurre il volume delle emissioni, hanno deciso di inviare in Assemblea Generale delegazioni di medio o basso livello.
Da quando Ban Ki Moon siede sulla poltrona del Segretario Generale dell’Onu, vincere la sfida del cambiamento climatico è diventata una delle sue priorità assolute. Se l’effetto serra, la desertificazione, l’impoverimento delle risorse idriche, lo scioglimento dei ghiacciai, e la deforestazione non verranno fermati, i problemi connessi a questi fenomeni potrebbero presto rappresentare una seria minaccia alla crescita e alla stabilità in molti Paesi.
Il prossimo appuntamento rimane quindi Bali. Dal 3 al 14 dicembre si saprà se dalle parole si passerà ai fatti, o se il fiato caldo che i leader di mezzo mondo hanno profuso nell’aula dell’Assemblea Generale durante i loro discorsi ha solamente contribuito a innalzare la temperatura del pianeta.
Di Luca Bolognini
e Giampaolo Pioli