Darfur: Mia Farrow strappa una promessa al Sudan

New York – E chi l’ha detto che le stelle di Hollywood si interessino solo al cachet? Alcune di loro quando si lanciano in politica riescono persino a strappare qualche concessione a un ambasciatore di un paese in guerra.

“Dobbiamo portare la pace in Sudan. Il massacro nel Darfur deve finire. Khartoum deve accettare la risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, ha detto Mia Farrow, ambasciatrice dell’Unicef assieme ad altri attori del calibro di Gorge Clooney e Matt Damon, intervenendo ieri a un convegno di esperti organizzato dall’agenzia Reuters a New York.

Abdalmahmood Abdalhaleem, ambasciatore del Sudan al Palazzo di Vetro, non si e’ spinto fino a tanto, ma ha annunciato l’impegno del suo paese a cessare il fuoco non appena i ribelli che si oppongono al governo di Al Bashir decideranno di sedersi attorno a un tavolo per trattare. “Attualmente ci sono dai 14 ai 19 gruppi armati – ha spiegato il diplomatico africano - che impediscono la pace. Pace che inseguiamo con tutte le nostre forze”. Abdalhaleem ha poi puntato il dito contro le sanzioni imposte a Khartoum, perché “con il loro peso prendono per fame i nostri fratelli, incoraggiandoli a imbracciare il fucile gli uni contro gli altri”.



Mia Farrow visita il Darfur

John Prendergast, consigliere per il Gruppo di controllo internazionale, ha ironizzato sulle parole dell’ambasciatore. “Ha ragione Abdalhaleem, bisogna smettere di parlare di sanzioni. Bisogna cominciare a farle rispettare! La situazione negli ultimi anni si è pericolosamente deteriorata. Tanto che è lo stesso governo a rifornire di armi i ribelli, affinché si uccidano tra di loro“. Il diplomatico sudanese si e’ mostrato parecchio imbarazzato dall’accusa. “Non importa – ha replicato – come questi gruppi ottengano le munizioni, quello che conta è convincerli a interrompere le ostilità”.

Le vittime del conflitto, scatenatosi nel 2003, ammonterebbero a 200mila, ma la parola di genocidio per il diplomatico sudanese resta tabù. “Non abbiamo mai avuto l’intenzione di eliminare sistematicamente nessuna delle tribù presenti sul nostro territorio. Di certo non ci aiuta a ristabilire un clima di stabilità quella che Stati Uniti e Gran Bretagna chiamano missione di pace, ma che in realtà è un tentativo di impossessarsi delle risorse strategiche del Paese senza destare troppi sospetti”. Chiamata in causa, l’inviata del Dipartimento di Stato Americano in Sudan, Lauren Landis, non è rimasta con le mani in mano. “Gli Stati Uniti – ha risposto – sono una delle nazioni piu’ attive nel tentativo di ristabilire la pace nel Darfur. Tutti i campi che ospitano i funzionari delle Nazioni Unite sono stati costruiti da noi”.

In ogni caso la missione di pace votata dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza, che prevede l’impiego di una forza ibrida di 20mila soldati, - nonostante le speranze di Mia Farrow - resta una chimera. “Dobbiamo risolvere il problema da soli. Al massimo - ha concluso Abdalalheem - potremmo accettare che alle truppe dell’Unione Africana, che sono circa 7mila, si uniscano 3mila unita’ delle Nazioni Unite”.

Luca Bolognini

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