Clima: nuova emergenza all’Onu
ONU - Il surriscaldamento della Terra, la mancanza di acqua e la corsa alle ultime riserve disponibili rischiano di creare non solo cambiamenti climatici, ma anche gravi problemi alla sicurezza e alla stabilità internazionale. La Gran Bretagna ha chiesto con una lettera alle Nazioni Unite di aprire un immediato dibattito per intervenire con urgenza nelle zone a maggior rischio di crisi. Il 17 aprile, si terrà così una speciale riunione del Consiglio di Sicurezza alla quale parteciperà per l’Italia il sottosegretario agli esteri con delega per l’Onu, Bobo Craxi.
Rischi di esodi di massa, annessioni di territori per il controllo delle sorgenti con conseguenti conflitti regionali in aree in via di sviluppo sono i maggiori allarmi che hanno motivato la richiesta inglese di trasferire su un piano politico internazionale l’intera questione ambientale, fino a ora affidata alla valutazione degli esperti.
L’accelerazione del dibattito è stata chiesta anche dal segretario generale Ban Ki Moon che aprirà i lavori consapevole della differenza di posizione degli stati membri, a partire dagli Usa che, come noto, pur essendo responsabili del 36,1% delle emissioni di CO2 non intendono ratificare il protocollo di Kyoto, considerato ancora l’ultimo argine contro l’avvicinarsi di una catastrofe globale.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental panel o climate change) il termostato del mondo si è rotto ed è difficile non provare qualche brivido.
A partire dagli anni Settanta sono state eseguite più di 29mila rilevazioni scientifiche sul cambiamento climatico. Dal loro studio è emerso che nell’89 per cento dei casi il cambiamento fisico e biologico dei sistemi è dovuto all’innalzarsi della temperatura.
“Basta osservare la situazione di nevi, ghiacci e permafrost – c’è scritto nel documento – per capire come i sistemi naturali siano stati colpiti. Il permafrost è sempre più instabile e questo comporta un aumento delle frane nelle regioni montane. Il surriscaldamento dei fiumi e dei laghi, inoltre, si ripercuote gravemente sulla qualità dell’acqua”.
Le mezze stagioni, per la gioia delle Cassandre dei luoghi comuni, sono destinate a sparire. “Il recente surriscaldamento – prosegue il rapporto – provocherà seri cambiamenti: la primavera arriverà prima e gli uccelli anticiperanno la loro migrazione”.
E la colpa è tutta nostra. Se nel passato i cambiamenti climatici erano causa di cicli naturali, questa volta la responsabilità ricade unicamente sulle spalle degli uomini. “Molti modelli di studio – continua il documento - dimostrano come ci sia un collegamento diretto tra il mutamento del clima e il riscaldamento provocato dall’uomo”. Insomma, il mondo ha la febbre e il virus che l’ha provocata siamo noi. E, amaro paradosso, siamo i primi a subirne le conseguenze, come dimostrano i casi di canicola in Europa degli scorsi anni.
Secondo il rapporto dell’Ipcc, verso il 2050 in alcune regioni la disponibilità di acqua diminuirà dal 10 al 30 per cento. Le precipitazioni violente si faranno sempre più frequenti, così come le inondazioni e gli allagamenti. Dal 20 al 30 per cento delle specie animali e vegetali esistenti si estingueranno. La temperatura media crescerà di 1,5-2,5 gradi. L’alta concentrazione di biossido di carbonio nell’atmosfera provocherà seri cambiamenti, con conseguenze estremamente negative sulla biodiversità.
In Africa entro il 2020 da 75 a 250 milioni di persone faticheranno per trovare anche solo un bicchiere d’acqua, con conseguenze disastrose sull’agricoltura.
In Europa crescerà il rischio di allagamenti. Spagna, Italia e Grecia soffriranno particolarmente per la siccità, fenomeno che ridurrà il turismo e la produttività dei campi nelle zone colpite.
Giampaolo Pioli
Luca Bolognini